Un aforisma al giorno 2
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Un aforisma al giorno 2
Federazione Italiana Bancari e Assicurativi via Modena, 5 – 00184 Roma – tel. 06-4746351 / fax 06-4746136 e-mail: [email protected] sito web: www.fiba.it Aderente alla UNI (Union Network International), alla CES (Confederazione Europea dei Sindacati) e alla CISL Internazionale RASSEGNA STAMPA LLU UN NEED DÌÌ 77 FFEEB BB BR RA AIIO O 22001111 Un aforisma al giorno _________________________ 2 L Liibbeerrttàà dd’’iim mpprreessaa,, iin ncceen nttiivvii,, SSu udd ee ccaassaa C Coossìì iill ppiiaan noo ppeerr rriillaan ncciiaarree ll’’eeccoon noom miiaa.............................................................................. 33 R Room maan nii:: FFiiaatt ddeevvee rreessttaarree u un naa m mu ullttiin naazziioon naallee iittaalliiaan naa ............................ 55 IIll g goovveerrn noo cch hiiaam maa M Maarrcch hiioon nn nee V Veerrttiiccee ccoon n pprreem miieerr ee m miin niissttrrii........................................................................................................ 66 L Laa FFiiaatt vveerrssoo ggllii SSttaattii U Un niittii iill pprreem miieerr ccoon nvvooccaa M Maarrcch hiioon nn nee .............. 77 G Gaaffffee ccoon nO Obbaam maa ddii SSeerrggiioo ll’’aam meerriiccaan noo ddeeffiin niissccee ““uussuurraaii”” ii ssu uooii pprreessttiittii,, ppooii ssii ssccu ussaa.......................................................... 88 G Goovveerrn noo rraasssseeggn naattoo:: ttiim moon nee aa D Deettrrooiitt m maa cch hiieeddeerreem moo ggaarraan nzziiee ssu uT Toorriin noo........................................................................................ 99 Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina1 UN AFORISMA AL GIORNO a cura di “eater communications” “ l’ educazione è un tesoro che nessuno potrà venderti e nessuno potrà rubarti! ” (proverbio tibetano) Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina2 CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 ddii M Maarriioo SSeennssiinnii Libertà d’impresa, incentivi, Sud e casa Così il piano per rilanciare l’economia Mercoledì il pacchetto sul tavolo del Consiglio dei ministri ROMA — Si arricchisce il menu del piano scossa per l’economia che il premier, Silvio Berlusconi, porterà mercoledì sul tavolo del Consiglio dei ministri Accanto alla riforma dell’articolo 41 della Costituzione (e del 118), e al rispolvero del Piano casa, il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, potrebbe portare un decreto per la riforma degli incentivi alle attività economiche e il riassetto degli enti deputati all’internazionalizzazione delle imprese. Mentre, per dare un segno concreto di rilancio del Piano per il Sud, già varato, il governo potrebbe dare già mercoledì il via libera alla realizzazione di alcune grandi opere, come l’Alta velocità ferroviaria (Bari-Napoli, Palermo-Messina), nuovi lotti della Salerno Reggio e il completamento della Olbia-Sassari. Grandi opere Sono infrastrutture immediatamente cantierabili e il lavoro di preparazione è già stato fatto. In questi mesi il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha lavorato insieme al titolare dell’economia, Giulio Tremonti, per fare l’inventario delle risorse a disposizione. Tra i fondi europei e il Fondo per le aree sottosviluppate, il Piano Sud può contare su 80 miliardi di euro. Ma sono sulla carta, e soprattutto, nelle mani delle Regioni, con le quali Fitto ha ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro, puntando alla riprogrammazione degli interventi e soprattutto sulla loro concentrazione. I settori di intervento sono stati individuati. Scuola e formazione, legalità, sicurezza, ricerca, innovazione, cui si aggiunge tutto il capitolo degli incentivi alle imprese, che il ministro Romani sta riorganizzando. Nuovi stimoli L’obiettivo è quello di eliminare le oltre 30 leggi che regolano gli aiuti pubblici alle imprese (ce ne sono 100 nazionali e 1.400 regionali!) e riordinarli in tre filoni: quelli automatici (crediti d’imposta e voucher), quelli legati al finanziamento di programmi specifici e quelli destinati agli accordi negoziali per i grandi progetti di ristrutturazione. Alle imprese verrebbe garantito un accesso assai più semplice ai fondi, con domande semplificate e procedure di erogazione più rapide, e circa metà di tutte le risorse a disposizione sarebbero riservate per legge alle piccole e medie imprese. Non si esclude che il ministero dello Sviluppo possa presentare mercoledì anche il nuovo assetto degli enti pubblici che curano l’internazionalizzazione delle imprese, con la riforma dell’Ice e l’alleggerimento della sua struttura estera, che verrebbe collegata alle ambasciate. Sul tavolo di Romani, poi, c’è sempre la legge annuale per le liberalizzazioni, con la quale dovrebbero almeno essere recepite le sollecitazioni d’intervento dell’Antitrust su alcuni settori economici. Sgravi fiscali Del Piano Sud immaginato da Silvio Berlusconi fanno parte anche gli sgravi fiscali per la creazione di nuove imprese. Si tratterà di dare attuazione al decreto del luglio scorso, che permette alle Regioni di ridurre, fino ad azzerarla, l’Irap per le nuove iniziative economiche. Per concedere gli incentivi, che potranno avere anche la forma di detrazioni e deduzioni di imposta, tuttavia, le Regioni dovranno ricorrere ai fondi del proprio bilancio. Sempre mercoledì, poi, il governo potrebbe approvare un disegno di legge delega per ridefinire i meccanismi di deducibilità dell’Irap dalle imposte sui redditi. Per ridare impulso all’attivit à e c o n o m i c a (l’obiettivo dichiarato è quello di arrivare a una crescita economica del 3-4%nei prossimi cinque anni), Silvio Berlusconi punta soprattutto sul Piano casa. Molte Regioni hanno messo paletti agli ampliamenti delle abitazioni, ma anche per la crisi economica, che fa scarseggiare le risorse, le domande per l’avvio dei cantieri sono pochissime, salvo in Veneto e in Sardegna. Impegni sulla casa Il governo lavora su un nuovo modello di legge regionale da presentare al vaglio dei governatori, ma per tirare fuori il Piano dalle secche, Berlusconi punta anche a una forte campagna di comunicazione e di convincimento degli amministratori locali. Come del resto fece già a Sesto San Giovanni, facendo giurare a tutti i candidati governatori del centro destra «l’immediata attuazione del piano casa finora ostacolata dalRassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina3 la sinistra» . Il cardine del piano «scossa » resta, tuttavia, il nuovo articolo 41 della Costituzione sulla libertà d’impresa. Secondo il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, rovesciare l’impostazione attuale, arrivando al principio che «è tutto permesso salvo ciò che non è esplicitamente vietato» , significherebbe «una vera e propria rivoluzione» . Costituzione liberale Il nuovo articolo 41 avrebbe tutt’altro che valenza virtuale o psicologica. Consentirebbe di reinterpretare secondo i nuovi principi la normativa esistente, e dunque di disapplicare tutte le leggi vigenti che ne risultano in conflitto. Il testo del disegno di legge di riforma costituzionale è ancora all’esame dei giuristi di Palazzo Chigi. Nelle ultime riunioni ci si è orientati sul «restauro» dell’attuale articolo 41, più che sulla sua riscrittura. La garanzia di libertà prevista dal primo comma non riguarderebbe più «l’iniziativa economica privata» , ma «l’attività economica privata» . E salterebbe il terzo comma, secondo il quale «la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali» , considerato troppo dirigistico. Possibile che il ddl punti anche alla modifica dell’articolo 118, specificando che Regioni ed Enti locali «garantiscono» , e non più «favoriscono» l'autonoma iniziativa per lo svolgimento di attività di interesse generale. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina4 CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 ddii SStteeffaanniiaa TTaam mbbuurreellloo Romani: Fiat deve restare una multinazionale italiana Il titolare dello Sviluppo: puntiamo sull’industria e l’auto è un settore strategico ROMA— Paolo Romani, ministro per lo Sviluppo economico, si dice ottimista sul futuro italiano della Fiat. Anche perché parte da un punto fermo: «La testa della casa automobilistica deve restare a Torino» dice. E poi spiega che per lui e per il governo «testa» significa non solo la direzione generale «ma anche il centro delle decisioni sui programmi e sulle strategie» . La Fiat insomma dovrà continuare a essere «una multinazionale italiana» . Cosa dire allora delle notizie che arrivano dagli Usa? Lo scenario di una fusione tra l’industria torinese e l’americana Chrysler con conseguente spostamento della stanza dei bottoni a Detroit è una cosa da fantarealtà? Il ministro ha pochi dubbi a proposito anche se, afferma, occorre fare tutte le verifiche del caso e ottenere tutti i chiarimenti necessari. «Ho sentito Sergio Marchionne al telefono, e mi ha detto che sono solo battute» , rivela Romani aggiungendo che comunque la questione sarà al centro di colloqui non solo telefonici non appena il manager farà rientro in Italia. In agenda ci sono già due appuntamenti: quello già previsto la prossima settimana per firmare l’accordo di programma per lo stabilimento di Termini Imerese e quello di Palazzo Chigi, appena annunciato e deciso per chiarire appunto l’intera situazione. «Ne ho parlato con Letta e Berlusconi e abbiamo concordato che sulla questione deve intervenire il governo al massimo livello» riferisce. È troppo importante, afferma, per non occuparsene con tutte le forze in campo. Già perché, spiega ancora il ministro, il governo ha scelto la sua politica industriale, «ha deciso di fare come la Germania e di conservare, potenziandola, la produzione manifatturiera» . In quest’ottica «l’industria dell’auto per l’Italia è strategica» e la Fiat «dovrà coniugare» il suo sviluppo di multinazionale alla conquista dei mercati mondiali con tale impostazione. Sergio Marchionne, prosegue Romani, ha ottenuto quello che aveva chiesto, nuove relazioni industriali e la soluzione del problema dello stabilimento di Termini Imerese che «il governo e la Regione Sicilia hanno risolto senza provocare contrasti sociali» . L’esecutivo cioè per l’insediamento siciliano «ha fatto fino in fondo la sua parte come doveva» , spiega ancora Romani. È ovvio quindi aspettarsi che la Fiat faccia la sua di parte. E cioè gli investimenti programmati, l’aumento di vetture prodotte, le nuove piattaforme i restyling. In pratica, continua il ministro, dall’amministratore delegato del gruppo il governo vorrà sapere «come saranno spalmati» gli investimenti italiani perché in base al progetto di Fabbrica Italia «la Fiat avrà nel nostro Paese più dipendenti di prima, produrrà più di prima, movimenterà un indotto del 10%e sarà quindi un fattore fondamentale dell’economia» . Preoccupato che qualcosa vada storto? «Non vedo perché, io comunque sono ottimista di natura» dice il ministro. «E poi prima Marchionne si lamentava perché in Italia secondo lui si dava più peso alla demagogia che agli investimenti. O perché i media amplificavano i contrasti sindacali. Ma ora mi pare che il clima sia cambiato» . Per prima cosa, comunque, aggiunge Romani, bisogna chiudere il dossier di Termini Imerese, che è stato il problema più grosso da risolvere. «Abbiamo fissato per il 16 febbraio la firma dell’accordo di programma ed è ovvio e scontato che la Fiat sia presente e partecipi a tutti i passaggi. In fondo lo stabilimento sarà suo fino alla fine dell’anno» , dice il ministro. Che poi si sofferma sulla scelta dell’Italia di concentrarsi sull’industria manifatturiera, sulla scia della Germania. «Non c’è solo l’auto, ma anche il tessile, l’alimentare, il meccanico e il chimico sui cui stiamo lavorando» , afferma ponendo l’accento proprio sulla chimica e sulla soluzione raggiunta per Porto Marghera, dove è previsto un investimento di 220 milioni da parte di un fondo svizzero nell’ambito dell’acquisizione dei tre stabilimenti ex Vynils e per quelli di Porto Torres, dove l’Eni investirà per produrre energia verde 450 milioni. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina5 CCOORRRRIIEERREE DDEELLLLAA SSEERRAA sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 Il governo chiama Marchionne Vertice con premier e ministri Confronto su ipotesi di trasferimento e programma di investimenti ROMA — Sul caso Fiat scenderà in campo il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il premier incontrerà infatti l’amministratore delegato della casa automobilistica, Sergio Marchionne, per chiarire l’ipotesi arrivata dagli Usa di un trasferimento a Detroit del quartier generale del gruppo diventato italoamericano con l’acquisizione della Chrysler. La data non è stata fissata ma, considerati gli impegni della squadra del governo— oltre a Berlusconi parteciperanno al confronto i ministri dell’Economia, Giulio Tremonti, dello Sviluppo, Paolo Romani, e del Lavoro, Maurizio Sacconi e il sottosegretario alla Presidenza Gianni Letta — dovrebbe essere tra venerdì sera e domenica prossimi. A chiedere una convocazione del manager a Palazzo Chigi ieri era stato anche il leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro, secondo il quale il governo dovrebbe rivolgere «tre semplici domande» a Marchionne. E cioè «qual è nel dettaglio il piano industriale per tutti gli stabilimenti italiani. Dove prenderà la Fiat i soldi per arrivare al 51%in Chrysler e cosa ne farà degli ulteriori 4 miliardi chiesti al sistema bancario italiano» . Ieri intanto il ministro Sacconi è tornato a tranquillizzare sulle reali intenzioni della Fiat negando che ci sia l’intento di fare trasferimenti americani. Ma i sindacati, Cgil in testa, sono preoccupati e non si fidano delle rassicurazioni del presidente del gruppo, John Elkann, il quale sabato aveva spiegato al sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, che ci saranno più centri direzionali nelle aree dove c'è una forte presenza di mercato. «Dire che l'azienda avrà più teste può essere al contrario un modo per ammettere i progetti di esodo dall'Italia» ha affermato Vincenzo Scudiere, segretario confederale della Cgil, per il quale le parole di Marchionne e di Elkann «preoccupano anche di più di altre. Nessuno conosce ancora il piano industriale della Fiat e ora spetta solo al governo italiano chiederne conto all'amministratore delegato del Lingotto» . Più disteso il commento del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, che non condivide i timori della Cgil. «La Fiat sei anni fa era morta, oggi si è ripresa, è diventata una multinazionale ed è chiaro che avrà la testa un po'in Europa e un po'in Usa» , ha affermato pur rilevando che Marchionne deve comunque chiarire che «le funzioni vitali» della Fiat resteranno a Torino. Dove il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota ha sostenuto che il Lingotto crede «in Torino e nella possibilità di avere lì le produzioni, non soltanto gli uffici di rappresentanza, ma gli stabilimenti con gente che lavora» . Sempre sul fronte sindacale il segretario generale dell'Ugl, Giovanni Centrella, ha invece chiesto che «dopo il presidente del Consiglio, Marchionne incontri anche i sindacati, insieme a tutto il governo per chiarire definitivamente il futuro del Gruppo Fiat nel nostro Paese e i dettagli del progetto Fabbrica Italia» . S. Ta. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina6 llaa RReeppuubbbblliiccaa sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 ddii PPAAOOLLOO GGRRIISSEERRII La Fiat verso gli Stati Uniti il premier convoca Marchionne Cgil pessimista: l’ad non ci tranquillizza affatto TORINO. - Il governo convoca Marchionne per chiarimenti. Un incontro cui sta lavorando in queste ore il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Una scelta in qualche modo obbligata eppure senza precedenti. L´ad del Lingotto aveva varcato la soglia di palazzo Chigi il 22 dicembre del 2009 per illustrare al governo il piano di rilancio degli stabilimenti italiani. Ma allora il clima era decisamente diverso. Non c´era ancora stato il braccio di ferro su Pomigliano e non erano nemmeno all´orizzonte le lacerazioni del referendum di Mirafiori. Marchionne nell´occasione aveva presentato «un piano di investimenti da 8 miliardi per il 2010 e il 2011 in Italia». La data del nuovo incontro verrà decisa nelle prossime ore. Molto dipende dall´agenda dell´amministratore delegato. Che dovrebbe giungere in Italia venerdì mattina direttamente da Detroit. Certamente la riunione dovrà svolgersi a Palazzo Chigi e dovrebbe vedere, accanto a Berlusconi e Letta, la partecipazione di alcuni ministri: da quello dello Sviluppo, Paolo Romani, a quello del Lavoro, Maurizio Sacconi, a quello dell´Economia, Giulio Tremonti. La stessa composizione del tavolo dice che il governo è preoccupato dalla sortita di Marchionne in America sul fatto che una fusione tra Fiat e Chrysler potrebbe far nascere una società unica con il quartier generale negli Usa. Le dichiarazioni di John Elkann, fatte due giorni fa al sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, e confermate ieri dal presidente del Piemonte, Roberto Cota, non sembrano rassicurare troppo. «Non ci sarà un solo centro direzionale - sostiene il presidente del Lingotto - ma diversi luoghi di comando nelle diverse aree del mondo». L´ipotesi lascia diffidenti i sindacati: «Diffondere l´idea di una Fiat con tante teste - dice il segretario della Cgil, Vincenzo Scudiere - rischia di essere un modo elegante per annunciare l´esodo del quartier generale dall´Italia». Sulla stessa lunghezza d´onda il commento della Fiom: «Dire che la nuova società avrà tante teste - sostiene Giorgio Airaudo - è come pensare a un giornale con due prime pagine. In tutte le aziende del mondo il quartier generale è uno solo». Anche chi, come il leader della Cisl Raffaele Bonanni, ha sostenuto con forza il progetto di Marchionne in Italia, ammette che «un chiarimento è necessario». Anche se Bonanni si augura «che sia la solita bolla mediatica»: «In ogni caso - dice al Tg3 - non credo che Marchionne lascerà l´Italia». Per il leader dell´Ugl, Giovanni Centrella, «dopo aver incontrato Berlusconi e i ministri, è giusto che Marchionne veda anche i sindacati». In ogni caso dopo la riunione di fine settimana con il governo, l´amministratore delegato del Lingotto parlerà il 15 febbraio a Montecitorio per illustrare il piano di fabbrica Italia alla Commissione attività produttive della Camera. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina7 llaa RReeppuubbbblliiccaa sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 ddaall nnoossttrroo ccoorrrriissppoonnddeennttee FFEEDDEERRIICCOO RRAAM MPPIINNII Marchionne ha usato la parola “shyster”, che ha un sapore antisemita. “Mi rincresce, il termine era inappropriato” Gaffe con Obama di Sergio l’americano definisce “usurai”i suoi prestiti, poi si scusa “Quei prestiti, da usura, sono una spina nel fianco di cui voglio liberarmi il prima possibile”. Poi la rettifica: “Mi rincresce, considero quella parola inappropriata. I tassi erano giustificati all’ epoca, oggi sono superiori alle condizioni di mercato” NEW YORK - Sergio Marchionne chiede scusa a Barack Obama, per aver deprecato gli alti tassi d´interesse imposti dall´Amministrazione Usa sui suoi prestiti alla Chrysler. Si chiude così l´altro incidente provocato dalla "galeotta" conferenza di San Francisco, la stessa convention dei concessionari dove il chief executive aveva ventilato la possibilità di trasferire qui in America il quartier generale dell´intero gruppo Chrysler-Fiat. Le pronte scuse al governo di Washington hanno evitato che si aprisse un nuovo fronte: Marchionne non può permettersi uno screzio con Obama che a tutt´oggi è uno dei suoi maggiori azionisti. In seguito alla bancarotta e al salvataggio di Stato, il governo americano possiede una quota di capitale del 9,2% e quello canadese il 2,3%. Inoltre Marchionne è ancora in cerca di crediti dallo Stato. La Chrysler ha chiesto al Dipartimento dell´Energia nuovi prestiti pari a 3,5 miliardi di dollari per finanziare lo sviluppo di motori più "puliti" e a minor consumo di carburanti fossili. Il ministero non ha ancora risposto a quella richiesta. Dunque marcia indietro e tante scuse a Washington, per aver definito i suoi prestiti «una spina nel fianco di cui voglio liberarmi al più presto», e soprattutto avergli appioppato l´aggettivo "shyster". Un termine che secondo il dizionario descrive "politici senza scrupoli, affaristi fraudolenti". Già abbastanza offensivo così. Inoltre se riferito al mondo del credito evoca inevitabilmente la figura dell´usuraio e come tale «può tingersi di anti-semitismo», come ha subito rilevato il New York Times costringendo un portavoce della Fiat a smentire «ogni interpretazione antisemita». Nel frattempo sul sito del gruppo erano già apparse le sentite scuse del chief executive. «Ho usato un termine che ha sollevato preoccupazioni - si legge nella dichiarazione di Marchionne - con riferimento ai tassi sui prestiti pubblici. Mi rincresce e considero quel termine inappropriato». Lungi dal comportarsi come usurai, l´ad ha ricordato "con gratitudine" che i due governi americano e canadese fornirono "un´assistenza finanziaria cruciale" per la sopravvivenza dell´azienda in una fase in cui i banchieri si erano defilati. «Essendo gli unici disposti a sobbarcarsi il rischio legato al salvataggio della Chrysler - ha ricordato Marchionne - i due governi imposero dei tassi d´interesse che, pur essendo giustificati a quell´epoca, oggi sono superiori alle condizioni di mercato». Di qui l´urgenza di ripagare quei prestiti "alla prima opportunità". I crediti in questione, erogati dai governi nel 2008 e 2009, sono di 5,8 miliardi di dollari per gli Usa e 1,3 miliardi per il Canada. Il tasso medio è dell´11%, con punte anche superiori, che per alcune tranches arrivano al 20%. Tassi elevati, ma lo stesso Marchionne ha ammesso che «all´epoca il sistema bancario era praticamente chiuso, e a noi non avrebbe fatto credito neppure un Seven-Eleven» (catena di mini-market diffusi anche nelle stazioni di servizio, ndr). Nel 2010 la Chrysler ha pagato 1,23 miliardi di interessi passivi sui suoi debiti, e questa è la causa principale del bilancio in rosso con cui si è chiuso l´esercizio. Marchionne ha contattato Goldman Sachs e altre banche per organizzare un rifinanziamento a condizioni meno onerose, prima di lanciare il collocamento in Borsa previsto nella seconda metà di quest´anno. Il Tesoro Usa non ha commentato l´uscita di Marchionne, né prima né dopo le scuse. E´ noto che Obama attende con impazienza il collocamento in Borsa per uscire dal ruolo di azionista e recuperare, possibilmente con profitto, i finanziamenti erogati. Nella stessa posizione si trova il sindacato metalmeccanico Uaw, il cui fondo-pensione ha una quota ancora superiore (due terzi del capitale) ma intende dismetterla con il collocamento per rifinanziare le prestazioni previdenziali e sanitarie ai lavoratori Chrysler. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina8 llaa RReeppuubbbblliiccaa sseezz.. EEccoonnoom miiaa –– LLUUNNEEDDÌÌ,, 77 FFEEBBBBRRAAIIOO 22001111 ddii RROOBBEERRTTOO M MAANNIIAA Governo rassegnato: timone a Detroit ma chiederemo garanzie su Torino “In Italia resti almeno il centro direzionale europeo” È chiaro anche all´esecutivo che Fiat-Chrysler sarà una società con sede legale in Usa Chrysler sarà una società americana. Avrà negli States la sua sede legale, applicherà le leggi di quel paese. Per molti analisti era scontato che sarebbe finita così fin dai primi passi del matrimonio tra i due gruppi automobilistici. Ma adesso se n´è praticamente convinto anche il governo italiano. Quasi rassegnato. La mossa di Palazzo Chigi di convocare Marchionne alla fine della settimana significa questo. E dà il senso di un cambio di rotta e pure di nuovi scenari, industriali, sindacali e politici. Perché l´iniziativa di chiamare a Roma il manager italo-candese non si inserisce solo in quella specie di nuovo corso, suggerito al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dal direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, che vedrebbe l´economia al centro dell´azione di governo (mercoledì è previsto il varo del cosiddetto piano per la crescita), ma nasconde la preoccupazione vera che Torino, la città della Fiat e dell´auto italiana, diventi periferia di Detroit. Marginale, insomma. Uno smacco anche per un governo che ha fatto dell´assenza della "vecchia" politica industriale dal sapore dirigista quasi un vanto. «Non siamo preoccupati più di tanto», ridimensionava ieri sera il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che in questa partita ha deciso di giocare un ruolo chiave. È lui - e non il titolare dello Sviluppo, Paolo Romani, cui spetterebbe istituzionalmente - che si è precipitato a chiamare Marchionne dopo le dichiarazioni rilasciate dal manager a San Francisco dalle quali si capiva chiaramente che la centralità di Torino nel futuro Fiat-Chrysler non ci sarà. Nella telefonata dell´altro ieri con Sacconi, Marchionne ha esposto il progetto dei quattro head-quarter o centri direzionali e progettuali mondiali (Detroit per l´America settentrionale, il Brasile per l´America meridionale, l´Italia per l´Europa, e uno asiatico per l´estremo oriente), ma non ha affatto garantito che il nuovo gruppo multinazionale proseguirà ad avere la sua sede legale a Torino. Ha confermato, piuttosto, quello che aveva detto in California: «La base della nuova società (frutto della fusione Fiat-Chrysler) potrebbe essere qui». Ecco. D´altra parte il salvataggio della Chrysler potrebbe avere una serie di conseguenze sul piano finanziario e su quello legale da imporre la sede negli Stati Uniti. Oltreché il fatto che gli americani mal vedrebbero un´acquisizione da parte di un gruppo straniero. E, dunque, chi - dopo quella telefonata partita dall´Italia verso gli States - ha avuto modo di parlare in privato con Sacconi sa anche che il ministro trevigiano si è convinto che l´ipotesi americana sia molto concreta, quasi scontata. Se, al contrario, avesse avuto rassicurazioni sul futuro "italiano" della Fiat, non avrebbe certo organizzato con il sottosegretario Gianni Letta la convocazione di Marchionne. Ora il problema per il governo è ottenere certezze sulla missioni non solo produttive ma anche direzionali e progettuali di Torino. Perché, insomma, stia in Italia l´head-quarter per l´area e il mercato dell´Europa e anche dei paesi emergenti del nord Africa. «È molto probabile che sia così - dice Giuseppe Berta, storico dell´industria alla Bocconi - ma non è scontato». Ed è proprio questo che teme il governo: che il futuro di Torino non sia scontato. C´è il timore che gli scontri durissimi che ci sono stati prima a Pomigliano e poi a Mirafiori, possa portare Marchionne (seccato e infastidito anche per la ridda di polemiche seguite dalle sue dichiarazioni californiane) a spostare addirittura tutto in Polonia, in quella Tichy che oggi con un solo stabilimento produce quanto le quattro fabbriche della Penisola. Una multinazionale - come la Fiat - non può escluderlo. Sono solo ipotesi. Tuttavia è certo che una volta stabilizzata la sede legale negli Stati Uniti, in Italia si importerebbe il "modello brasiliano" con un centro direzionale molto leggero per definire le strategie produttive e di marketing per quel mercato. Un vero ridimensionamento per Torino. Ma per vincolare Marchionne, il governo Berlusconi sa di avere poche armi a disposizione. «Non ci sono soldi», ripete come un mantra il ministro Tremonti. E senza soldi è difficile mettere in campo politiche a sostegno dell´industria. Sacconi parla di «politiche di contesto», di regole per favorire le attività industriali, anche per «consolidare» le scelte di Marchionne per Fabbrica Italia. Che il governo in extremis ha deciso di abbracciare. Questo rivendicherà l´esecutivo davanti a Marchionne nella prossima riunione di Palazzo Chigi. Troppo poco per impedire che la nascente multinazionale FiatChrysler abbia sede a Auburn Hills, contea di Oakland, Stato del Michigan, Stati Uniti d´America. Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina9 La Fiba-Cisl Vi augura una giornata serena!! Arrivederci a domani 8 per una nuova rassegna stampa! Rassegna Stampa del giorno 7 FEBBRAIO 2011 Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007 pagina10