Che modeste queste squadre

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Che modeste queste squadre
Che modeste queste squadre - Massimo Fini
Lo scrivo ora, prima delle semifinali e della finale, a scanso di equivoci. Questi Campionati del
mondo, così ben organizzati dalla Germania (noblesse oblige) e da Franz Beckenbauer, così
ordinati, con un pubblico tanto disciplinato, sono i più modesti che mi sia capitato di vedere dal
1954 (Pelè, Didì, Vavà) in poi. Su 32 squadre che si sono presentate non si è rivelato un solo
giovane talento, a parte, forse, il francese Ribery. Il pompatissimo Messi - che peraltro ha
giocato pochissimo - è uno che rischia di essere già rovinato dalle precoci lodi che gli sono
state tributate e dall'abusato paragone con Maradona: si è innamorato di se stesso e ha
dimenticato che il calcio è un gioco dove, prima o poi, più prima che poi, bisogna passare la
palla. L'Africa nera, che da qualche tempo è serbatoio di elementi talentuosi, questa volta non
ha offerto nulla di interessante. Kolo Tourè, il difensore più veloce e dai riflessi più rapidi del
mondo, non è una novità, gioca in Europa, nell'Arsenal, dal 2002. Fra le squadre europee va a
finire che i giovani di più sicuro avvenire sono due svizzeri, Senderos e Tranquillo Barnetta. Il
che è tutto dire (tra l'altro la Svizzera è uscita dal torneo senza subire un gol, cosa che dice
bene sulla sua difesa e sulla sua organizzazione di gioco, ma malissimo sugli attacchi altrui).
Tutti i celebrati campioni, da Ronaldinho a Ronaldo a Crespo a Figo a Lampard a Gerrard a
Beckham a Henry a Totti (eh sì, non basta un rigore per far primavera) hanno deluso, chi più chi
meno. Altri, come Ruud Van Nistelrooy e Trezeguet, non sono stati fatti nemmeno giocare.
Capocannoniere è il tedesco Klose, che era un giocatore modesto quattro anni fa e lo è
rimasto.E che, alla fine, il miglior giocatore del torneo risulti Zinedine Zidane (peraltro sontuoso
nelle partite con la Spagna e, soprattutto, col Brasile), che ha 34 anni suonati, la dice lunga sul
livello di questi mondiali. Gli allenatori delle nazionali più importanti, impantanati nei loro
schemi, si sono distinti soprattutto per le decisioni cervellotiche. Peraltro erano così poco sicuri
delle loro squadre che hanno giocato quasi tutti a una punta. Tranne Van Basten che ne ha
schierate tre, togliendo però la migliore. Meglio si sono comportati i trainer di squadre modeste,
Hiddink, Khun, La Volpe (Australia, Svizzera, Messico) che sapevano di dover far legna con
quel poco che avevano. La migliore organizzazione di gioco l'ha mostrata la Svizzera (non è
colpa di Khun se non ha attaccanti) e anche questo non è un buon segno, pur con tutto il
rispetto per gli elvetici. Alcuni match sono stati tesi ed emozionanti, per l'importanza della posta
in palio, ma non si è vista una sola bella partita, con squadre che facevano gioco, da una parte
e dall'altra. Si sono viste solo alcune mattanze, come quella dell'Argentina sulla Serbia (6-0)
che ha illuso molto sulla consistenza della squadra di Pekerman, dimenticando che i serbi sono
pazzi: se hanno voglia di giocare possono battere chiunque, ma se non ne hanno voglia si
trasformano in una squadra materasso che subito un gol, viene presa da una voluttuosa voglia
di sconfitta, possibilmente la più umiliante possibile, il che sta perfettamente nel carattere del
popolo slavo, orgoglioso e masochista insieme, anzi masochista proprio perché orgoglioso,
come il principe Stavrohin ne «I Demoni» di Dostoevskij. Le quattro squadre rimaste in lizza,
Germania, Portogallo, Francia e Italia, sono tutte modeste. I tedeschi schierano la loro peggio
Nazionale di tutti i tempi. Se sono arrivati fin qui è perché si gioca in Germania e, soprattutto,
perché sono tedeschi e loro, per mediocre che sia la squadra, in semifinale o in finale ci
arrivano sempre, come è avvenuto anche negli ultimi Mondiali dove, benché quasi inguardabili,
se la giocarono con il Brasile. Ma questo succederebbe anche se al posto di undici giocatori
schierassero undici portieri d'albergo. Il Portogallo è il solito Portogallo, stucchevole,
noiosissimo: una ragnatela infinita di passaggi, tic-toc, sperando di arrivare ai rigori. La Francia
è vecchia. In quanto all'Italia si è trovata davanti un'autostrada spianata. Nel girone iniziale
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l'unica squadra un po' competitiva era la Cechia, ma, con noi, ha dovuto giocare in dieci. Negli
ottavi abbiamo incontrato una cenerentola del calcio mondiale, l'Australia, fatta di pedatori
entusiasti e volonterosi, ma ignari di calcio, che solo il genio di Hiddink (l'unico, vero, grande
allenatore in pista, col suo modestissimo Psv ha fatto soffrire le migliori squadre europee, a
cominciare dal Milan) ha trasformato in qualcosa di simile a una squadra. E per batterla
abbiamo avuto bisogno di un rigore, inventato e regalato all'ultimo minuto. Nei quarti, mentre si
giocavano Germania-Argentina, Brasile-Francia, Inghilterra-Portogallo, abbiamo avuto
l'Ucraina, la più debole del lotto, che vi era arrivata in modo fortunoso e rocambolesco, dopo
aver buscato quattro gol dalla Spagna. E sull'uno a zero per noi siamo stati graziati da una
traversa e da un salvataggio sulla linea (i due miracoli di Buffon non vanno messi in conto
perché il portiere fa parte della squadra). Di tutto questo, naturalmente, da noi non si è tenuto
conto, elevando peana al gioco di una squadra che è ritornata, più o meno, al vecchio
«catenaccio all'italiana». Particolarmente irritanti sono stati i commentatori, sia di Sky che di
Raiuno: parziali, faziosi, incapaci di un minimo di distacco, sleali (quando un giocatore della
Cechia è stato espulso Fabio Caressa si è messo a gridare, esultante e irridente: «Sotto la
doccia! Sotto la doccia! Sotto la doccia!», dimentico di ogni fari play sportivo; una performance
volgarissima per un telecronista che, quando non segue l'Italia, è molto bravo). Ora abbiamo la
Germania che, storicamente, è il nostro avversario ideale, perché fra forza fisica nordica e
astuzia latina è quasi sempre quest'ultima a prevalere. Ed è quindi assai probabile che
alzeremo la coppa. Ma il vincitore più giusto e più degno di questi Mondiali modestissimi non è
l'Italia - non lo dico per spregio, ma proprio per rispetto alla nostra grande tradizione - ma la
squadra che lo rappresenta meglio, la più eminente mediocrità del lotto: il Portogallo.
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