Mona Lisa Lucca it

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Arte Terapia con i bambini ospedalizzati in oncologia pediatrica
a cura di Mona Lisa Tina
Introduzione
La relazione illustra l’esperienza di Open Studio di arte terapia, rivolta ai piccoli pazienti
e alle loro mamme, ospitate presso le case di accoglienza AGEOP di Bologna, svolta
in Casa Arcobaleno, poco fuori le mura di Porta Castiglione. All’inizio si era pensato ad
uno spazio creativo e di gioco solo per i bambini, ma si è deciso di coinvolgere da
subito anche quelle mamme che desideravano prendervi parte, in quanto potevano
diventare preziose e rassicuranti presenze dell’esperienza complessiva.
Il progetto, che prevedeva dieci incontri di Open Studio di un’ora e mezza ciascuno, ha
avuto inizio il 19 Marzo e si è concluso il 21 Giugno del 2012.
Gli incontri si sono succeduti, con cadenza settimanale, ogni giovedì dalle 16.30 alle
18.00, nell’ex cappella della Casa, spazio che accoglie, tra l’altro, le attività ricreative di
“Lettura delle fiabe”, per i bimbi e di “Yoga”, per le mamme.
Data la particolarità della situazione e l’imprevedibilità del decorso della malattia dei
piccoli pazienti, in pre e post trapianto, si è pensato di proporre la soluzione dell’Open
Studio, aderendo il più possibile alle specifiche esigenze del contesto.
Questo setting infatti è particolarmente predisposto ad accogliere in modo libero e
creativo, per il tempo che ciascuno desidera – fosse soltanto per un quarto d’ora o per
la durata totale del laboratorio – chiunque decida di lasciare un segno o un’immagine
simbolica del proprio stato emotivo e degli incontri umani avvenuti all’interno di quel
particolare laboratorio. La flessibilità di assetto terapeutico dell’Open Studio ha
permesso inoltre ai piccoli pazienti di scegliere di partecipare nello stesso pomeriggio a
più di una attività: sia a quella di arte terapia, sia a quella di gioco, tempo permettendo,
nel bellissimo parco che circonda la Casa, abbandonando momentaneamente il
laboratorio per ritornarvi successivamente, magari per realizzare una seconda opera.
L’Open Studio è un intervento particolarmente vitalizzante e creativo in cui ciascun
partecipante “è solo ma in gruppo”: lavora liberamente per conto proprio, ma con la
sicurezza di essere parte di un gruppo. L’obiettivo è di dare priorità alla dimensione
espressiva, offrendo a ciascuno, per il tempo desiderato, un rifugio silenzioso e
stimolante dove poter sviluppare le proprie capacità immaginative ed esprimere, dove
possibile, pensieri ed emozioni del proprio mondo interiore.
Perciò il progetto di arte terapia in Casa Arcobaleno è nato con il desiderio e l’obiettivo
di promuovere il contenimento di particolari stati emotivi, durante il lungo periodo di
degenza del bambino ospedalizzato e della sua mamma, offrendo loro un terreno
sicuro dove poterli esprimere ed elaborare. L’uso graduale e mirato dei materiali
artistici ha stimolato il processo creativo, facilitando la produzione delle immagini
simboliche e significative del mondo interno di ciascuno. Lo spazio dell’arte terapia si è
proposto come una sorta di rifugio popolato da colori e immagini, dove il bambino ha
potuto creare attivamente, comunicando e condividendo le sue emozioni in assenza di
giudizio, ed ha permesso anche alle mamme di allentare, per il tempo del laboratorio,
le dolorose tensioni emotive suscitate dalla complessa e delicatissima condizione di
salute del proprio piccolo. Nella condivisione creativa con il gruppo, l’arte terapia ha
favorito un clima empatico ed accogliente molto importante per ampliare i confini del
presente della malattia. Inoltre, ha cercato di contribuire a creare autostima e a far
emergere le risorse spontanee del bambino, integrandosi al progetto terapeutico
generale.
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Prima di entrare nel vivo dell’esperienza attraverso una selezione delle immagini più
significative (in realtà sono tutte straordinarie e simboliche, ma per una questione di
spazio mi limito a mostrarne solo una parte – anche in funzione di un’ipotesi “creativa”,
cioè quella di raccoglierle in un unico testo, che si potrebbe definire, a tutti gli effetti,
“libro d’artista), devo dire che è stato molto importante il continuo confronto con Giulia,
responsabile Casa Arcobaleno, prima e dopo ogni laboratorio, al fine di rendere più
efficiente ed integrato il mio intervento al progetto di cura complessivo.
Paesaggi emotivi in Open Studio: immagini, forme e colori
Il confronto costante con Giulia ha permesso di preparare ogni laboratorio ad hoc,
aggiungendo o togliendo qualcosa ai materiali artistici di base, già parte integrante
dello svolgimento degli incontri di arte terapia, come fogli di ogni dimensione e
supporto, pennarelli, pastelli, acquerelli, acrilici, cere, gessetti e riviste per collage, tutte
cose in gran parte generosamente offerte dall’Associazione AGEOP. Ogni incontro
infatti è stato pensato e preparato tenendo presente informazioni specifiche relative
allo stato di salute e alle condizioni psichiche dei piccoli pazienti, al numero dei
partecipanti e all’età, in modo da offrire un contenitore trasformativo e creativo il più
possibile adatto ad accogliere le esigenze emotive e psicologiche di ognuno.
Il servizio di trasporto, messo a disposizione dell’Associazione, ha consentito di
accompagnare in Casa Arcobaleno i piccoli pazienti e le loro mamme, dislocati nelle
quattro case di accoglienza per la durata della loro permanenza a Bologna, e di
riaccompagnarli successivamente, una volta terminata l’attività.
In Open Studio i bambini e le mamme sono stati invitati a scegliere i materiali artistici
che più stimolavano la loro fantasia, esortandoli a non lasciarsi condizionare troppo
dalla forma estetica del prodotto finale, affidandosi all’arte terapeuta nel delicato
viaggio del personale processo creativo. Per allentare le inibizioni e le resistenze
psicologiche, soprattutto degli adulti, sono state proposte alcune tecniche facilitanti,
come lo scarabocchio o il collage. La tecnica personale ed il proprio stile espressivo
hanno permesso di produrre le opere come efficaci ponti di comunicazione, al di là
della difficoltà della comprensione della lingua parlata, essendo molti di loro stranieri,
provenienti da altri Paesi europei o del Mediterraneo. In alcuni casi, invece, è stato
proprio il piccolo paziente a fare da tramite: conoscendo bene anche la nostra lingua,
ha favorito nel setting un clima interculturale arricchente e stimolante.
L’uso dell’immagine ha permesso alle mamme non solo di contenere stati emotivi di
separazione e di ansia, legati al doloroso percorso della malattia oncologica del proprio
bambino e al distacco forzato dagli altri figli e membri della famiglia, ma ha offerto la
possibilità di dare forma a queste emozioni, condividerle con gli altri partecipanti e
alleggerirsi un po’ attraverso il confronto emotivo con il gruppo.
Infatti, una volta completati i lavori, si è cercato di osservarli e commentarli tutti insieme
liberamente, anche attraverso l’uso del feedback, che non è mai però un giudizio
estetico o un tentativo di interpretazione psicologica. Ciò ha permesso di esprimere
delle riflessioni ulteriori sugli elementi simbolici comuni ai lavori di ciascuno,
valorizzando le differenze individuali e culturali come senso profondo dell’intera
esperienza. Spesso le mamme e qualche volta i papà hanno realizzato nelle loro
immagini paesaggi rasserenanti, con distese di prati e fiori, fiumi e frutti maturi (figg.1,
2); altre volte di animali domestici; i bambini invece, accanto ai pulcini o ai cerbiatti
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hanno inserito, con la tecnica del collage, la sagoma di qualche felino o rapace
minaccioso (figg. 3,4). In molte immagini emerge l’elemento della casa (figg. 5, 6, 7),
forse ricordando la propria che sono stati costretti ad abbandonare, o del mare (fig. 8)
come parte integrante del paesaggio della terra di provenienza. Qualcuno ha scelto
invece di ritagliare, strappare, spezzettare i materiali artistici e i supporti, per poi
incollare, riunire e riparare (fig. 9). Anche Il tema del corpo prende forma nei disegni, in
sembianze originali, talvolta mostruose, di alieno e di fantasma. Possiamo pensare che
la stessa malattia possa essere rappresentata dal bambino come un “mostro” o una
punizione, il che ci condurrebbe a un vissuto di alienazione e diversità che i piccoli
pazienti ospedalizzati vivono rispetto ai loro coetanei. Possiamo inoltre ipotizzare un
senso di estraneità nei confronti del proprio corpo, la cui rappresentazione interna,
oltre a mutare, viene seriamente compromessa dalla malattia. Numerose sono anche
le immagini di supereroi e angeli (figg. 10,11) a cui vengono attribuiti poteri illimitati,
come a rinforzare le proprie difese e a rassicurarsi di poter fronteggiare
adeguatamente l'esperienza traumatica. Qualche volta le mamme hanno espresso
sentimenti di disagio e scontentezza osservando nei disegni dei propri piccoli l’uso di
colori scuri, macchie e strappi, la cui visione rimandava loro immagini tristi e sensazioni
difficili da tollerare. Tuttavia, pur ritenendoli “brutti” e non adatti a essere esposti,
invece di buttarli, si è pensato di riporli in una cartellina dove poterli custodire e di tanto
in tanto consultare, magari come stimolo ulteriore per la realizzazione di una nuova
immagine (figg.12, 13, 14).
Spesso si è proposto di dare un titolo al lavoro, favorendo anche un momento di libera
associazione. L’attenzione con cui le opere sono state guardate e commentate ha
stimolato poi nuovi processi creativi. Infine tutti i partecipanti, in modo libero e
spontaneo, hanno installato alle pareti della stanza i propri manufatti, creando per
ciascuna famiglia, un vero e proprio angolo artistico personalizzato. E ora l’ex Cappella
della Casa Arcobaleno appare come una vera e propria galleria d’arte! (figg.15, 16,
17).
Conclusioni
L’esperienza creativa ed estetica in un contesto protetto come quello dell’arte terapia,
anche nella dimensione complessa e delicata che riguarda i bambini che si
sottopongono a terapie oncologiche, che li vede ospiti, insieme ai loro famigliari,
all’interno delle case di accoglienza AGEOP, dove trascorrono da una settimana a un
anno, ha offerto uno spazio dove poter accogliere emozioni difficilissime da
“metabolizzare”. L’Open Studio ha consentito a questi dolorosi vissuti, collegati
soprattutto al sentimento d’impotenza di fronte alla malattia, di trovare il luogo dove
esternarli e fargli prendere forma, dando ad ognuno la possibilità di accettare e
sviluppare nuove risorse adattative. L’attività di Open Studio si è posta l’obiettivo di
aiutare il processo di cura e di migliorare la qualità della vita delle famiglie e dei loro
piccoli, sostenendo la dimensione espressivo-comunicativa come modalità riparativa di
un’esperienza potenzialmente tanto traumatica e dolorosa. Si è cercato di aiutare
ciascuno a trovare in sé le proprie risorse psichiche per resistere alla pressione interna
che ogni malattia genera, poiché a volte la difficile ricerca di significato di
un’esperienza dolorosa può lasciare una persona vuota e come privata dei propri
sentimenti. Ecco che il contatto con gli altri, possibile nell’ambiente protetto e
rigenerante dell’Open Studio, ha facilitato il confronto tra i partecipanti e i loro diversi
modi di affrontare la malattia, alimentando una dimensione di scambio creativo e
vitalizzante. Per i bambini, come per le mamme, l’arte terapia ha offerto un terreno
sicuro dove poter alleggerire ed elaborare, in modo ludico e creativo, le emozioni
dolorose dei vissuti della malattia oncologica. Bisogna ricordare infine che l’Open
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studio è stato proposto con una connotazione quasi “materna”, nel clima accogliente,
libero e fecondo di trasformazioni emotive importanti. La flessibilità dell’assetto
terapeutico è stata la soluzione più efficace, permettendo ad ogni paziente di entrare
ed uscire dalla stanza con libertà, seguendo le sue capacità di concentrazione, le sue
motivazioni, i suoi tempi interiori. Pur nella sua delicatezza, è stata un’esperienza
molto arricchente, fatta di scambi emotivi forti e di straordinaria umanità e dolcezza, e
spero di aver accolto, nella loro urgenza, le emozioni di tutti i bimbi e di tutte le mamme
che ho avuto il dono di incontrare.
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