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LA RETTIFICA DEI COSTI IN OPERAZIONI TRA SOCIETÀ CONSOLIDATE:
SIMMETRIA DEI VALORI IMPONIBILI E NEUTRALITÀ DELL’ACCERTAMENTO
SOMMARIO: 1. PREMESSE INTERPRETATIVE E METODOLOGICHE – 2. LA FATTISPECIE ESAMINATA E I RELATIVI
PROFILI DI CRITICITÀ – 3. LE QUESTIONI DI DIRITTO IMPLICATE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA – 4.
LA SOLUZIONE OFFERTA DALLA SENTENZA ANALIZZATA – 5. ANALISI DELLA SENTENZA IN BASE AL SISTEMA
POSITIVO E SVILUPPI INTERPRETATIVI; 5.1. I caratteri morfologici del modello d’imposizione di gruppo; 5.2. Le
conseguenze sul piano dell’accertamento tributario.
1. PREMESSE INTERPRETATIVE E METODOLOGICHE
Il problema dell’accertamento tributario sugli imponibili derivanti da operazioni economiche realizzate da società aderenti al consolidato fiscale è
certamente uno dei più intricati e complessi, poiché
risente della costruzione di un modello di tassazione,
quello di gruppo, irriducibile ad uno schema unitario
ed organico. Basti considerare la disciplina articolata e sequenziale prevista dall’art. 127 del D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917, nel regolare il regime
di responsabilità delle società consolidate e consolidante, in fase di accertamento, che è costruita secondo una progressione per cerchi concentrici, per
rendersi conto di quali livelli di problemi si pongano all’interprete e all’operatore in questa particolare
materia. Ne consegue, pertanto, che per affrontare
correttamente e risolvere il problema delle rettifiche
operate su operazioni economiche intercorse tra società consolidate, il comune bagaglio di nozioni e lo
strumentario consueto, modellato sull’accertamento
di un’impresa uti singula, si rivelano parziali ed insufficienti, dovendo essere integrato dai meccanismi
di modulazione ed attuazione del prelievo tipici del
consolidato fiscale.
In estrema sintesi, i tratti connotativi di tale modello possono essere così individuati:
(i) sul piano della ripartizione della soggettività
passiva tra consolidate e consolidante:
– le società consolidate sono soggetti passivi dell’accertamento, ma solo per un primo grado di determinazione dell’imponibile,
– mentre, la società consolidante è soggetto passivo
dell’accertamento per un secondo grado di determinazione dell’imponibile ed è l’unico soggetto passivo
d’imposta;
(ii) sul piano del meccanismo di attuazione della
tassazione di gruppo nel consolidato fiscale:
– tra gli imponibili dichiarati dalle consolidate e
la dichiarazione del consolidato vi è un rapporto di
continuità asimmmetrica, nel senso che l’imponibile
di gruppo è la risultante degli imponibili delle società consolidate, ma tale rapporto è anche di non
corrispondenza, nella misura in cui tale risultanza
scaturisce da una somma algebrica e si arricchisce di variazioni occasionate (come nel caso della
rideterminazione della misura degli interessi passivi
deducibili ex art. 96, commi 7 ed 8 del TUIR) od
imposte (come nel caso del regime del riporto delle
perdite prodotte in costanza di consolidato e delle
eccedenze d’imposta, ex art. 118, secondo comma,
del TUIR) dal modello di unificazione impositiva,
– l’unitarietà dell’imposta dovuta e l’esclusività
della consolidante quale soggetto passivo d’imposta,
impongono si risolvere a livello, per così dire, centralistico, i processi di riquantificazione degli imponibili
conseguenti a rettifiche ed accertamenti operati sulle
singole società consolidate.
Avendo presenti queste notazioni basilari, si ritiene
di potere avviare un’analisi, positivamente guidata,
dei problemi che si originano dall’azione di accertamento intrapresa dall’Amministrazione finanziaria
contro taluna delle società consolidate, in vista dell’individuazione delle soluzioni più rispondenti all’assetto normativo particolare e ai principi dell’imposizione in generale.
Nel contesto testé tracciato, non può non essere
segnalata una pronuncia della giurisprudenza tributaria di merito che, tra le prime conosciute, ha
proposto un’impostazione articolata del rapporto tra
regole dell’accertamento tributario e criteri di misurazione del reddito tassabile nella sfera allargata del
consolidato fiscale.
In particolare, la sentenza dell’8 marzo 2010, n. 45,
della Commissione tributaria provinciale di Reggio
Emilia si impone all’attenzione per alcune significative ragioni: perché, innanzitutto, imposta ed affronta
su basi diverse e nuove uno dei problemi sistematici più intricati della nostra legislazione, quello dei
riflessi dell’accertamento tributario sull’imposizione
di gruppo; perché individua una linea interpretativa
semplice e diretta, all’interno di un modello di tassazione difficilmente risolvibile in una sintesi unitaria; e perché, infine, riesce a cogliere le relazioni di
causa-effetto sul piano sostanziale, della misura, cioè,
della capacità contributiva effettivamente colpita dal
tributo, oltre che formale, del modo, cioè, in cui opera la soggettività passiva d’imposta, nel consolidato
fiscale, in fase di soggezione al potere di controllo
e di accertamento del fisco.
Ne è così derivato che, un accertamento operato
dal fisco per rettificare in diminuzione i costi dedotti
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da una società per servizi ricevuti da altra società,
entrambe in regime di consolidato fiscale, sia diventata l’occasione e lo strumento per una riflessione
sullo status giuridico che informa le relazioni intercompany nel consolidato fiscale nazionale e di quali
debbano essere i corretti criteri cui ordinare l’attività
di accertamento tributario, in un contesto governato
dalle regole della tassazione di gruppo.
2. LA FATTISPECIE ESAMINATA E I RELATIVI PROFILI
DI CRITICITÀ
Il caso dedotto in giudizio è, nel suo genere, del
tutto comune, iscrivendosi al diffuso modus procedendi dell’Amministrazione finanziaria, della contestazione, cioè, di costi dedotti dal committente, nel
quale, tuttavia, è trascurata ogni rilevanza per la
concomitante e complementare componente di ricavi realizzati e tassati dal prestatore del servizio.
Sennonché, la peculiarità della vicenda emerge, in
questo caso, a motivo della natura dei rapporti intercorrenti tra committente e prestatore e, soprattutto, dal particolare regime tributario di rilevazione e
misurazione dell’imponibile e dell’imposta correlati
all’operazione contestata. La circostanza che i servizi richiesti e prestati fossero intervenuti tra società
appartenenti al medesimo gruppo, che avevano esercitato l’opzione per il consolidato fiscale nazionale
ex art. 119 del TUIR, non poteva non rimanere senza conseguenze sul piano delle modalità di esercizio dell’azione accertatrice del fisco e dei criteri di
commisurazione dell’imposta, investendo la tematica
giudiziaria delicati profili attinenti alla soggettività
passiva d’imposta e ai fini dell’accertamento, ai criteri d’imputazione del reddito su base frazionata od
unitaria, che risulta obiettivamente difficile ordinare in una trama organica e definita. Difficoltà che
deriva, essenzialmente, dal dovere integrare le regole
di rilevazione e determinazione dell’imponibile, in
capo alle singole società aderenti al consolidato, secondo gli schemi normativi comuni, tutti incentrati
sul rapporto d’imputazione (presupposto-soggetto) uti
singulus e le regole specifiche e derogatorie della tassazione plurisocietaria, che sul presupposto individuale innestano criteri di misurazione plurisoggettivi.
Dunque, la difficoltà di inquadrare e fissare regole di
giudizio per situazioni come quella che si commenta, risiede nella complicata ricerca di un equilibrio
che tenga insieme momenti monosoggettivi e momenti plurisoggettivi, in un processo concepito dal
legislatore per dare rilevanza ai primi mediante la
configurazione dei secondi.
In estrema sintesi, la fattispecie sottoposta all’esame del giudice tributario ha riguardato servizi forniti a livello centralizzato dalla società consolidante
nei confronti di tutte le consolidate. L’ufficio locale
dell’Agenzia delle entrate aveva eccepito il difetto di
inerenza dei servizi ricevuti da una delle consolidate,
rettificando in aumento il relativo imponibile, previo
disconoscimento della deducibilità dei costi sostenuti
per remunerare i servizi della consolidante. A questa
conclusione, per la quale nessuna considerazione è
stata rivolta al particolare meccanismo di calcolo del
«reddito complessivo globale risultante dalla somma
algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati da cia-
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scuna società partecipante al regime del consolidato»
(art. 122 TUIR), la società accertata ha opposto la
parzialità della ricostruzione compiuta, dal momento che la rideterminazione dell’IRES dovuta, in capo
alla consolidante, avrebbe generato un effetto, almeno sul piano economico, di duplicazione di tassazione, nella misura in cui nessuna rilevanza fosse stata
riconosciuta alla componente di ricavi scaturiti dalla
medesima operazione e, tuttavia, conteggiati in aumento in sede di calcolo di quel «reddito complessivo
globale», in cui l’intera operazione era confluita.
3. LE QUESTIONI DI DIRITTO IMPLICATE NELLA RICOSTRUZIONE DELLA VICENDA
Le questioni dibattute per ricostruire l’assetto di
regole e principi in base ai quali definire e trattare
la particolare vicenda hanno riguardato, come anticipato, due ambiti tra loro correlati ma non sovrapponibili:
– da una parte, il rilievo sistematico da attribuire
ai criteri e alle regole che definiscono condizioni e
limiti per la determinazione del reddito d’impresa
– tra cui è, evidentemente, ricompreso il principio di
inerenza –, e che, inserendosi sul piano del rapporto
d’imputazione del presupposto ad un dato soggetto,
si pongono a monte e, potrebbe dirsi, sono pregiudiziali ad ogni considerazione sulla liquidazione e
versamento dell’imposta;
– dall’altra parte, occorre porre la considerazione
del modo in cui, dal presupposto configurato nel suo
riferimento ad un dato soggetto passivo si procede
a rilevarne la consistenza e a farne emergere la sostanza tassabile, allorché vengano in rilievo le regole
della “tassazione di gruppo” (ex art. 117 TUIR), perché, se l’originaria configurazione subisce un qualche
processo di rimodellamento o, comunque, di aggiustamento, da tale processo non si potrebbe prescindere
nell’interpretazione ed applicazione delle regole base.
Certamente la compenetrazione di imponibili che si
realizza nel consolidato non costituisce un evento indifferente sul piano delle regole di determinazione dell’obbligazione tributaria, anche se rimane da definire
la natura di tale variazione e, soprattutto, se essa si
inserisca, modificandola, sul rapporto di imputazione
del reddito (in generale, del risultato imponibile) alla
società che lo ha realizzato. In sostanza, si tratta di
verificare se sia estrapolabile un principio ordinatore
degli imponibili da consolidare, che, sulla falsariga dell’art. 109 del TUIR, definisca regole analoghe a quelle
«generali sui componenti del reddito d’impresa», applicabili alla «somma algebrica dei redditi complessivi
netti», ciascuno dei quali da considerare alla stregua
di frazioni del «reddito complessivo globale».
4. LA SOLUZIONE OFFERTA DALLA SENTENZA ANALIZZATA
La sentenza commentata ha proposto una soluzione, per molti versi, lineare e schematica, preferendo
non addentrarsi nel terreno insidioso, intricato e difficilmente governabile della discussione sui principi
e sulle regole, a partire dalle quali (ri)definire il sistema da cui è retto il consolidato fiscale nazionale
rispetto alle regole comuni.
Piuttosto, il giudice tributario si muove su di un
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piano fenomenico, che parte dalla considerazione di
come opera il sistema del consolidamento fiscale,
per rilevare che le operazioni economiche intercorse
tra società consolidate devono essere configurate alla
stregua di componenti di reddito interni all’unitario
aggregato «corrispondente alla somma algebrica degli
imponibili» (art. 118 TUIR); con la conseguenza che,
nella «determinazione del reddito complessivo globale»,
i costi e i ricavi di un’operazione intercompany devono essere posti su di un piano di pari concorrenza,
che lega inevitabilmente il trattamento e la sorte dei
primi al trattamento ed alla sorte dei secondi.
Da siffatta rappresentazione delle regole interne al
consolidato fiscale, viene fatta derivare dalla Commissione tributaria un obbligo di riassessment dell’imponibile di gruppo; obbligo che si ritiene imposto
dal divieto di doppia imposizione, fissato dall’art. 163
del TUIR. Se, infatti, l’imponibile di gruppo costituisce non un mero “assemblaggio” di autonome porzioni di reddito, da giustapporre senza alcuna riduzione
ad unità, ma, al contrario, un processo di progressiva integrazione, nel quale gli imponibili individuali vengono tradotti e trasformati per «procedere alla
liquidazione dell’imposta di gruppo» ex art. 122 del
TUIR, sembra consequenziale riconoscere che ogni
operazione di rettifica, che tocca uno di tali imponibili individuali economicamente correlato ad un altro, debba rivolgersi all’intera serie di rapporti che
incidono nell’economia della tassazione di gruppo.
Perché, diversamente, si rischierebbe di disarticolare
l’intero sistema normativo, dimenticando che le determinazioni degli imponibili individuali sono operazioni strumentali alla determinazione dell’imponibile
di gruppo e le conseguenze di un accertamento tributario sulla singola consolidata si misurano sempre
sul risultato complessivo di gruppo. Sul gruppo, in
definitiva, incidono anche gli effetti delle operazioni
correlate poste in essere dalle altre società consolidate, il cui rilievo non potrebbe essere escluso od
estromesso, pena la distorsione dei fondamenti stessi
della capacità contributiva tassabile.
In questa prospettiva, la Commissione tributaria di
Reggio Emilia ha potuto, così, rilevare: «Nel caso in
cui venisse riconosciuta la fondatezza dei rilievi dedotti
in giudizio sarebbe pertanto obbligo dell’Agenzia resistente, pena la violazione del divieto della doppia imposizione, e stante la particolare fattispecie esaminata, costi per servizi intercompanies, a minori costi deducibili
accertati in capo alla società utilizzatrice, partecipante
al consolidato, riconoscere minori ricavi imponibili in
capo alla società prestatrice, pure lei partecipante al
consolidato, con conseguente reddito imponibile della
capogruppo, immodificato rispetto a prima».
Data questa configurazione all’assetto dei rapporti
interni al consolidato fiscale, ne discende che, la sostanziale neutralità della rettifica fiscale, conseguente, come si è visto, alla considerazione congiunta
e sistematica di tutti gli elementi concorrenti alla
«liquidazione dell’unica imposta dovuta» (art. 118,
primo comma), sarebbe, allora, tale che non ne deriverebbe «nessun “guadagno” per l’erario e nessun
conseguente interesse concreto dello stesso ad emettere l’avviso impugnato». In altri termini, risolvendosi
l’accertamento dell’Ufficio in un’operazione a somma
zero, per la concorrente rettifica in diminuzione dei
costi e dei ricavi ad essi correlati, verrebbe meno la
giustificazione stessa dell’azione del fisco, operante
nel processo sotto forma di provocatio esercitata dalla notifica dell’avviso di accertamento.
E così: «A tutto ciò consegue la carenza in capo all’attore sostanziale, l’Agenzia resistente, di un interesse
ad agire stante la carenza di una concreta ed attuale
utilità del provvedimento richiesto id est di una pronuncia a lei favorevole».
5. ANALISI DELLA SENTENZA IN BASE AL SISTEMA
POSITIVO E SVILUPPI INTERPRETATIVI
Come si è visto, la sentenza in oggetto pone al
centro della propria decisione un principio di tassazione sostanziale, argomentato dalla simmetria delle
vicende impositive che coinvolgono le società consolidate: nella misura in cui un fenomeno di rilevanza
fiscale riverbera effetti all’interno del gruppo consolidato, la valutazione delle relative conseguenze deve
passare attraverso un riequilibrio di tutte le posizioni
coinvolte, per l’elementare rilievo che l’epicentro «dell’imposta di gruppo» è costituito da una sintesi, «risultante dalla somma algebrica degli imponibili», che
si realizza in capo al «soggetto controllante».
Si tratta a questo punto di analizzare più in dettaglio se e in quale misura la sentenza annotata abbia un sicuro fondamento nel sistema di regole e
principi che governano la tassazione di gruppo, e di
valutarne le conseguenze sulla futura attività accertatrice dell’Amministrazione finanziaria.
5.1. I caratteri morfologici del modello d’imposizione
di gruppo
Nella descrizione positiva il metodo di consolidamento fiscale si realizza nella forma della «determinazione in capo alla società od ente controllante
di un’unica base imponibile per il gruppo di imprese, su opzione facoltativa delle singole società che vi
partecipano ed in misura corrispondente alla somma
algebrica degli imponibili di ciascuna» (così l’art. 4
della legge delega approvata con legge 7 aprile 2003,
n. 80). La riportata previsione si muove, indubbiamente, nella linea di tendenza che individua, oltre i
nessi di collegamento soggettivo tra imprese giuridicamente distinte, l’esistenza di una realtà economica
unitaria, organizzata e gestita “in forma” di gruppo,
ossia mediante una pluralità di articolazioni dotate
ciascuna di autonoma soggettività, considerate, tuttavia, frazioni di una realtà unificante, perché tutte
coordinate da un’unica “regia” imprenditoriale (1).
Non che si addivenga, attraverso la previsione in
(1) Senza entrare nel merito delle numerose questioni sollevate dalla costruzione giuridica del fenomeno in esame, è
sufficiente, in questa sede, rilevare come vi sia una tendenziale
coincidenza di opinioni nell’individuare il carattere qualificante
del gruppo nel requisito della “direzione unitaria”, attraverso
la quale si realizzerebbe la unitarietà della gestione necessaria
per configurare imprese autonome nella “forma” del gruppo.
Si veda, per tutti, GALGANO, Il punto sulla giurisprudenza in
materia di gruppi di società, in Contratto e Impresa, 1991, 97
ss. Tale indirizzo ricostruttivo, è stato, com’è noto, confermato
dalla recente riforma del diritto societario italiano, che ha individuato nell’attività di direzione e coordinamento l’essenziale
tratto individuatore del gruppo di imprese (cfr. il nuovo art.
2497 ss. c.c.).
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rassegna, ad una vera e propria personalizzazione
del gruppo in quanto tale da parte dell’ordinamento
giuridico tributario. Solo si assiste, anche in questo
settore, al tentativo di superare la (apparente) antinomia tra realtà economica e forma giuridica attraverso uno strumento atto ad esprimere il risultato
impositivo globalmente riferibile all’unità economica
sostanziale in cui il gruppo consiste. E che, in una
certa misura, superi, attraverso la compenetrazione
dei risultati parziali, il diaframma giuridico esistente
tra le varie società partecipanti e, in un certo qual
modo, la segmentazione del prelievo con i connessi effetti distorsivi che un’eccessiva frammentazione
della soggettività passiva comporta.
La formazione «di un’unica base imponibile per il
gruppo di imprese ... che vi partecipano» costituisce,
da questo punto di vista, l’espressione di una considerazione unitaria degli assetti impositivi delle singole società coinvolte e mira a creare, sul piano tributario formale, un unico centro d’imputazione del
prelievo, al quale riferire rapporti d’imposta plurimi
geneticamente procedenti dalle singole imprese da
consolidare. Sul piano morfologico va, infatti, rilevato che quella del consolidato fiscale è una fattispecie
bifasica, il cui processo formativo si origina nella
sfera interna delle società singolarmente considerate,
per progredire verso un’unificazione formale destinata a dare rilevanza esterna agli effetti collegati dalle
norme al realizzarsi della fattispecie impositiva. Nel
senso che la fattispecie tributaria se scaturisce dalle
realtà economiche individuali, trovando in ciascuna
di esse il presupposto e la propria base di commisurazione, si manifesta, tuttavia, sul piano effettuale
in capo ad un diverso soggetto, cui si riferisce il
coacervo «degli imponibili di ciascuna».
Si è in presenza, pertanto, non già di una semplice modalità di liquidazione dell’imposta, fondata
sull’operare di compensazioni reciproche fra società
consolidate e fisco, secondo l’approccio tipico del
consolidamento finanziario, bensì di un processo di
commisurazione del tributo costruito sul presupposto della convergenza degli imponibili individuali in
un’unica entità, che manifesta la misura della prestazione impositiva riferibile al «gruppo d’imprese ...
che vi partecipano». Un’entità, per meglio dire, che
manifesta la misura in cui la capacità contributiva individuale assume rilevanza impositiva a livello
consolidato (2).
Tra la determinazione dell’imponibile individuale e
quello di gruppo vi è, perciò, un passaggio che rimodella il parametro di commisurazione del tributo, in
funzione del numero delle società partecipanti e della configurazione dei presupposti in capo a ciascuna di esse realizzatosi. Il risultato non è un nuovo
presupposto d’imposta, bensì una diversa modalità
di rilevazione quantitativa che incide sulla delimitazione della situazione base del tributo.
Per quanto fin qui rilevato, la soluzione adottata
dalla legge delega si colloca a metà strada fra una
(2) Per un maggiore approfondimento sui caratteri costitutivi
e la configurazione positiva del consolidato fiscale nazionale,
si rinvia alla monografia di G. D’ABRUZZO, Il consolidato fiscale
nazionale, in Aspetti internazionali della riforma fiscale, Milano,
2004, 110 ss.
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mera giustapposizione ed una vera e propria fusione
ed assorbimento dei regimi impositivi individuali, risultando l’aggregazione «in capo alla … controllante»
«degli imponibili di ciascuna» il modo per far emergere una composita forma di soggettività (che, per
esigenze classificatorie, potremmo definire formale o
strumentale, in contrapposizione a quella sostanziale,
destinata a denotare i tipi di soggettività costituenti
diretta emanazione della capacità contributiva assunta
a presupposto del tributo) che procede dalle e non in
luogo delle singole «imprese ... che vi partecipano» (3).
In sostanza, non una situazione soggettiva sovrapposta alle altre che specificamente ricorrono nell’attuazione del tributo, bensì una loro risultante, senza che
a tale configurazione l’ordinamento faccia corrispondere una entificazione del gruppo in quanto tale.
Ne deriva un sistema che, pur senza pervenire a
configurare il gruppo come autonomo soggetto passivo tributario (esito quest’ultimo che sarebbe potuto
essere raggiunto qualora si fosse incentrata la tassazione sul risultato economico emergente dal bilancio
consolidato) (4), nondimeno modifica la rilevanza
esterna del presupposto disvelatosi nelle economie
individuali, con ciò modificando l’originaria configurazione della soggettività passiva delle «imprese che
vi partecipano», dando luogo ad una fattispecie impositiva finale diversa, anche qualitativamente, dalla
somma delle sue parti, dovendo «gli imponibili di
ciascuna» essere «rettificati come specificamente previsto» (come dispone la legge delega).
Se l’impostazione adottata dal legislatore delegante
sembra ispirarsi alla Parent Company Theory di origine anglosassone (a motivo della identificazione nella
capogruppo del centro unificante del prelievo), non
si riscontra, tuttavia, alcuna previsione che tenda ad
identificare il “gruppo” con l’unicità dell’impresa, sia
pure esercitata attraverso distinti soggetti (5). Sotto
questo profilo, occorre ribadire che «la determinazione in capo alla ... controllante di un’unica base
(3) In dottrina è stata variamente argomentata la ricostruzione del consolidamento fiscale in termini di meccanismo a
rilevanza procedimentale o strumentale. Si vedano, sul punto,
soprattutto, A. LOVISOLO, Gruppo di imprese e imposizione tributaria, Padova, 1985, 174 ss.; A. GIOVANNINI, I gruppi di società, in
AA.VV., Imposta sul reddito delle persone giuridiche. Imposta locale
sui redditi, in Giur. sist. dir. trib., diretta da F. TESAURO, Torino
1996, 122 ss.; F. GALLO, I gruppi di imprese e il Fisco, in AA.VV.,
Studi in onore di V. Uckmar, Padova, 1997, 577 ss. Naturalmente
il breve spazio riservato alle presenti note non consente alcun
debito approfondimento del delicato problema qualificatorio.
Tuttavia, a noi sembra che il consolidato fiscale, per la funzione
ad esso assegnata e per le forme in cui si esercita, operi una
mediazione, nei confronti del fisco, tra le situazioni manifestative di capacità contributiva disvelatesi nelle economie individuali
e la misura di ricchezza effettivamente colpita da tributo. Non
si tratta, comunque, di sovrapposizione di capacità contributive
multiple, bensì di definizione e calibratura di quelle singole su
base plurisoggettiva. Su ciò cfr. infra nel testo.
(4) Le ragioni del rifiuto di fare del bilancio consolidato
il fondamento di un procedimento di unificazione impositiva
sono state ravvisate nell’onerosità di gestione che l’obbligo di
predisporlo comporterebbe e nella maggiore semplicità applicativa insita nella sommatoria algebrica degli imponibili. Su ciò
cfr. gli Autori citati nella precedente nota.
(5) È estranea, infatti, al consolidato fiscale la finzione di
considerare i rispettivi patrimoni e i risultati di esercizio delle
imprese incluse nel consolidamento come se appartenessero ad
(o fossero quelli di) un’unica impresa.
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imponibile per il gruppo d’imprese … che vi partecipano» non comporta affatto il venir meno dell’alterità
soggettiva delle diverse società consolidate, in quanto
la rilevata reductio ad unitatem si verifica, in linea di
principio, attraverso la semplice sommatoria algebrica di valori imponibili separatamente determinati, in
modo autonomo, in capo alle singole società. Nondimeno, il consolidamento fiscale realizza un’unità
non virtuale bensì reale, perché alla relativa disciplina
corrisponde una modificazione effettiva nei rapporti giuridici facenti capo alle singole imprese, che si
verifica sia sotto il profilo delle regole di configurazione del tributo, dal momento che il referente soggettivo della sua commisurazione diviene la pluralità
delle società partecipanti al consolidato (potremmo
dire, il compendio plurisocietario cui corrisponde la
“somma algebrica” degli imponibili consolidati) (6),
che sotto il profilo delle peculiari regole relative ai
rapporti intercompany, alcune di carattere facoltativo,
altre di carattere obbligatorio.
5.2. Le conseguenze sul piano dell’accertamento tributario
Deve, dunque, rilevarsi che numerosi sono i riferimenti positivi che inducono a ravvisare nel consolidato fiscale un modello in cui il legislatore, nello
strutturare la soggettività passiva IRES, ha elaborato
meccanismi di imputazione delle situazioni imponibili, ispirandosi alla logica dei rapporti economici
normalmente esistenti a livello intersocietario. In particolare, ha previsto travasi di imponibile orizzontali,
ossia tra soggetti IRES, in via diretta ed automatica,
come modalità di determinazione dell’unica imposta
dovuta, in alternativa alle modalità tradizionalmente
consentite in passato (mediante la distribuzione di
dividendi con attribuzione del credito d’imposta, la
svalutazione delle partecipazioni, ecc.).
Questa impostazione ha rilevanti conseguenze sul
piano della soggettività passiva tributaria, per tale
intendendo l’attitudine dell’imposta a colpire la ricchezza complessiva del soggetto. Quando, infatti, la
soggettività viene superata per la rilevanza riconosciuta all’accordo (di consolidamento) delle società
partecipanti, affinché la tassazione avvenga in capo
alla consolidante nella forma «corrispondente alla
somma algebrica dei redditi complessivi netti», la
(6) Compendio che, tuttavia, non si identifica con il soggetto
sul quale viene fatto gravare giuridicamente la prestazione tributaria, individuato, come accennato, nella società controllante.
compenetrazione degli imponibili generati in capo
ad una nuova entità impone, indubbiamente, una
riconsiderazione del concetto stesso di soggettività.
Come abbiamo sottolineato nel precedente paragrafo, la soggettività – e con essa, l’entità che si pone
come effettivo referente dell’azione del fisco – deve
essere, allora, apprezzata non nella sua dimensione
individuale, bensì in quella allargata del gruppo economico che ha esercitato «l’opzione per la tassazione
di gruppo», ex art. 118, primo comma, del TUIR.
Nel caso del consolidato fiscale nazionale, in altri
termini, l’IRES non si proietta su tanti soggetti passivi quanti sono le società che hanno determinato gli
imponibili da assoggettare a tassazione, ma su un
macrosoggetto che catalizza su di sé, ai fini tributari,
tutta la ricchezza prodotta all’interno del gruppo che
ha espresso l’opzione per il consolidato.
Ne consegue, pertanto, che l’azione di accertamento del fisco dovrà essere informata a questa organizzazione dei rapporti che ha preso forma nel consolidato, come del resto risulta confermato sul piano
positivo dalla disciplina della responsabilità, prevista
dall’art. 127 del TUIR.
Se soggetto passivo (principale) della «maggiore imposta accertata» è la controllante, in quanto soggetta
agli obblighi inerenti il calcolo «del reddito complessivo globale risultante dalla dichiarazione di gruppo»
[art. 127, secondo comma, lett. a)], è ancora in capo
alla controllante che dovranno essere accertati gli effetti derivanti dalle rettifiche di imponibili intraprese
dall’Amministrazione finanziaria nei confronti di taluna delle società consolidate. Ed è ancora a livello
del reddito globale di gruppo che dovranno essere
verificati e calcolati gli effetti delle rettifiche compiute verso operazioni economiche intercompany, che, in
quanto integrative di quell’unica misura di capacità
contributiva tassabile voluta dal legislatore, andranno
allora apprezzate nella loro rilevanza e consistenza
complessiva.
In questo senso sono le regole stesse del consolidato fiscale (tra cui la particolare articolazione del regime di responsabilità, costruito in chiave convergente
sulla consolidante, costituita debitrice dell’imposta di
gruppo, come responsabile per debito proprio) a segnare un percorso obbligato, che impone all’Amministrazione finanziaria di improntare l’azione di accertamento al medesimo processo di incorporazione
del particolare nel generale che contraddistingue il
modello di tassazione di gruppo.
Avv. Giovanni D’Abruzzo
Università di Parma
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