Lettera in mani sbagliate, processato il postino

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Lettera in mani sbagliate, processato il postino
Trento
l'Adige
IL CASO
Decarli (Uil): per noi nessuna tutela, non possiamo chiedere i documenti
venerdì 25 maggio 2012
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TRUFFA ALL’ASL
Lettera in mani sbagliate,
processato il postino
Accusato di falso e assolto: errore in buona fede
Raccomandata in mani sbagliate e il postino finisce a processo
firma in stampatello. Cosa era
successo lo ricostruisce il giudice Francesco Forlenza nelle
motivazioni della sentenza di
assoluzione: «Egli (il postino,
ndr) si recò in entrambe le occasioni in questo domicilio dove trovò una donna straniera
che non parlava italiano alla
quale spiegò a gesti che doveva consegnare le lettere, e gliele consegnò infatti dopo che lei
ebbe firmato per ricevuta segnandosi a stampatello col no-
me di A... R... Il postino era persuaso che questa donna fosse
la personale destinataria della
missiva, non foss’altro perché
come tale si era firmata, ma nella notifica si annidava l’errore:
il reale destinatario era un’altra persona».
Insomma, un nome incomprensibile per un italiano (non si capiva neppure se il destinatario
fosse maschio o femmina) e
una banale incomprensione
hanno generato un putiferio.
La multa, che ha quel punto risultava notificata ma non pagata, nel frattempo è diventata
molto più salata. Quando finalmente la sanzione è stata notificata al reale destinatario questo è andato su tutte le fruire e
ha querelato il postino. Postino che però non aveva alcuna
colpa. Sentenzia il giudice: «la
vicenda, per quanto curiosa,
va risolta come un caso di errore, che esclude certamente
il dolo». Dunque imputato assolto.
Caso chiuso dunque? Per il portalettere finito nei guai sì, anche perché nel frattempo ha
raggiunto l’agognata pensione.
Ma il problema rimane per i
suoi colleghi. «Siamo tra l’incudine e il martello - dice Lorenzo Decarli della Uil Post - perché non abbiamo gli strumenti per tutelarci: anche se abbiamo la qualifica di messi di Equitalia, e dunque siamo pubblici
ufficiali con le implicazioni penali che questo comporta, non
abbiamo la possibilità di chiedere i documenti alle persone
che ritirano la raccomandata.
Se dicono di essere loro i destinatari noi ci dobbiamo fidare.
Quantomeno l’azienda dovrebbe garantirci la formazione necessaria per affrontare situazioni delicate quali le notifiche
di atti giudiziari. Non è possibile finire a processo per un’incomprensione».
S. D.
Cappelletti, giudice
«Non incompatibile»
Sentenza a ottobre
Il giudice Michele Maria Benini ha respinto con un’ordinanza l’eccezione di incompatibilità sollevata dagli avvocati di Maria Angelica Cappelletti, l’ex funzionaria dell’Azienda sanitaria accusata
di avere sottratto 2,5 milioni
di euro all’ente, attraverso
una maxi truffa sulle pratiche
di rimborso. Il 25 ottobre si
svolgerà dunque il processo
in rito abbreviato: gli avvocati difensori, Vanni Ceola e Sara Morolli, hanno condizionato la scelta del rito all’acquisizione della testimonianza
dell’imputata raccolta nel
procedimento a carico del fratello e del marito. Una richiesta che ha trovato d’accordo
tutte le parte, sia i pm Licia
Scagliarini e Giuseppe De Benedetto, che l’avvocato dell’Azienda sanitaria, Monica
Baggia.
La difesa di Maria Angelica
Cappelletti la scorsa udienza
aveva chiesto che il giudice
faccesse istanza di astensione, ritenendo che fosse già
entrato nel merito della vicenda in occasione del provvedimento con cui dispose il trasferimento della funzionaria
dalla sezione detenuti dell’ospedale ad un altro reparto. A firmare il provvedimenti fu, appunto, il giudice Benini, il quale - sostiene la difesa - non si sarebbe limitato ad
una valutazione medica, ma
si sarebbe espresso anche sul
pericolo di fuga, visto che non
dispose alcuna sorveglianza
né la scarcerazione. Tesi che
accusa e parte civile avevano subito contestato: in occasione del trasferimento in
reparto, dissero, il giudice incaricò Fabio Bonadiman di
valutare se le condizioni della donna fossero compatibili
o meno con il carcere e nel
provvedimento, l’accenno al
pericolo di fuga, sarebbe stato fatto solo sulla base delle
indicazioni mediche.
L2052402
Ha ricevuto una raccomandata sbagliata, sbadataggine che
rischiava di costar cara al portalettere. È la disavventura capitata ad un postino sessantenne delle Giudicarie - ma è un
guaio che potrebbe accadere
anche ad un qualsiasi collega che ha dovuto affrontare un
processo penale con l’accusa
di falso. Imputazione pesante
per un pubblico ufficiale da cui
è stato scagionato dopo aver
dimostrato che il porta lettere
non può chiedere il documento di identità di chi si presume
essere il destinatario di una raccomandata o di atti giudiziari.
E questo espone il personale a
rischi di incomprensioni e persino di comportamenti scorretti di chi magari vuole sottrarsi
alla notifica di una multa.
Il postino, difeso dall’avvocato
Stefano Tomaselli con l’appoggio della Uil Post, era accusato
di falso ideologico in atto pubblico perché «con più azioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso - scriveva la
procura nel capo di imputazione - attestava falsamente in data 18 giugno 2009 e 4 settembre
2009 di aver consegnato due
raccomandate-atti giudiziari al
destinatario...».
Il destinatario macedone in una
querela presentata in seguito
sosteneva di non aver mai ricevuto quelle lettere, nonostante sulla ricevuta ci fosse la sua