2010

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2010
CIPA
CENTRO
ITALIANO DI
PSICOLOGIA
ANALITICA
IAAP
International
Association
for Analytical
Psychology
«Come un campo lasciato a maggese».
Il luogo della creatività psicologica
in Jung e Masud Khan
Accettella dr. Michele
CIPA
CENTRO
IAAP
International
Association
ITALIANO DI
PSICOLOGIA
ANALITICA
for Analytical
Psychology
«Come un campo lasciato a maggese1». Il luogo della
creatività psicologia in Jung e Masud Khan.
L‟ozio è il cominciamento di ogni psicologia.
(F. Nietzsche, Il crepuscolo degli idoli)
Si è vivi e reali soltanto nella propria solitudine.
(Masud Khan, Trasgressioni)
La mia coscienza è come un occhio che accoglie in sé gli spazi più lontani, ma il non-Io psichico è ciò che riempie aspazialmente questo
spazio. E queste immagini non sono pallide ombre, ma determinanti
psichiche potentemente attive.
(Carl G. Jung, Prefazione a W. M. Kranefeldt, “La psicoanalisi”)
approfondimento tematico
Essere «come un campo lasciato a maggese» significa vivere «uno
stato transizionale dell‟esperienza, un modo di essere caratterizzato
da una quiete vigile e da una consapevolezza ricettiva, desta e sensibile» (Khan 1983, p. 198). È questo il luogo della sensibilità, e
della creatività, un luogo dove si dà possibilità di ascoltare sé stessi;
è un luogo dell‟intimità dove si rende creativa primariamente la relazione sia col proprio Sé, sia con l‟altro da sé. La dimensione psichica del maggese, descritta da Masud Khan, è quella data dalla
possibilità di «disporre di uno spazio privato non integrato e di
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Khan 1983, pp. 198-204.
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“restare ozioso”» (Khan 1983, p. 200). È questa la dimensione psichica di un “ozio creativo” che sta a rappresentare lo stato del gioco, vissuto nel contatto con il proprio vero Sé. Definisce un aspetto
privato del Sé, non strutturato, senza conflitto, passivamente ricettivo e labile: un rifugio nell‟intimità della persona dove agisce e si
dà espressione alla creatività della psiche. Ha a che fare dunque,
con la possibilità di creare, di consentire al nuovo di essere. Allo
stesso modo rappresenta «un‟abilità dell‟Io […] una normale funzione dell‟Io, che è al servizio dell‟individuo» (Khan 1983, p. 199).
Lo “stato del maggese” implica una certa capacità di rilassamento corporeo (Khan 1989, p. 193), un certo grado di disponibilità al rilassamento fisico: pre-requisito fondante l‟ozio mentale.
Tendenzialmente si avvicina agli stati potenziali dell‟autoerotismo,
e tiene all‟attesa, in termini pre-costitutivi, poiché solo «Colui che
attende trova. La non-attesa garantisce la non-scoperta» (Khan
1989, p. 208). Dal corpo allora, proviene questa dimensione
dell‟“ozio del maggese”, dall‟Io-pelle – potremmo dire con Didier
Anzieu (1985) –, da quella precoce esperienza dell‟Io che è sensibilità corporea, nel passaggio dalla non integrazione delle percezioni
corpo, alla crasi rappresentativa di un Io psichico. L‟attenzione è
posta, quindi, sul sentire, elemento centrale proprio dell‟Io-corpo.
Da questa finestra sensoriale e dall‟amplificazione attentiva posta
sulle sensazioni corporee, si apre la dimensione dell‟ascolto riflessivo che definisce lo stato pre-costituivo il “maggese” di Khan.
L‟altro poi, la presenza stessa dell‟altro, diventa, in questo stato,
indispensabile. La legittimità del vissuto corporeo, il proprio stato
interiore, deve verificarsi in presenza dell‟altro, che ne può riconoscere a buon titolo l‟esistenza. La presenza dell‟altro è ciò che dona
all‟esperienza sensibile il rispecchiamento necessario affinché possa
essere ri-flesso uno stato dell‟intimità che, diversamente, sarebbe
soltanto fantasticato. La concretizzazione, e forse – per così dire –
la catarsi sensibile, di un vissuto del Sé autentico, attende
un‟alterità disponibile e accogliente per potersi definire, e da qui
rendersi ri-flessivo, ossia, rappresentabile e, dunque, assimilabile
psichicamente.
Come funzione appartenente all‟Io, lo stato del maggese, tiene a
quel tempo ritratto dall‟urto affettivo-relazionale con la realtà esterna che, sospeso, si rivolge all‟autorganizzazione della psiche e
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alle sue rappresentazioni. Si dà tempo di quiete alla “gestazione”
costruttiva delle emozioni, attraverso lo spazio dell‟immagine.
Nuove elaborazioni e aggiustamenti degli elementi psichici si strutturano a partire da questo stato transizionale. Non si tratta di una
dimensione solipsistica, ma di una dimensione che ristruttura soprattutto gli spazi ed i tempi interni-esterni dell‟uomo, attraverso
l‟ausilio e la presenza dell‟altro. Da questo punto di vista evolutivo,
«la capacità di essere “come un campo lasciato a maggese” è una
componente essenziale del processo mediante il quale l‟individuo
diventa una “persona”» (Khan 1983, p. 199). Appartiene come
dimensione al silenzio, alla spontaneità e alla produzione grafica:
sono «stati transizionali di esperienza visiva» – dice Khan (1983, p.
202) –, vissuti a diretto contatto con sé stessi:
È un nutrimento dell‟Io, una condizione preparatoria. Costituisce un substrato energetico per la maggior parte dei nostri sforzi creativi, e creando uno
stato psicologico di non-integrazione e animazione sospesa (che è l‟opposto
del funzionamento mentale organizzato) permette quell‟embriogenesi di esperienze interiori che distingue la vera creatività dalla produttività ossessiva
(Khan 1983, p. 201).
Il suo costruirsi, nel tempo, come dimensione e spazio psichico,
trae fondamento strutturante dalla relazione con l‟altro. La sua base fondativa è data dalla matrice delle relazioni che fanno da integrante psichico costruttivo dell‟Io. Da questo sostrato psichico (il
terreno dell‟Io) si lascia agire un prodotto psichico nuovo, che va a
rassodare e a ridestare, creativamente, l‟intera psiche. Per realizzarsi, s‟intende, questo stato psichico abbisogna di una profonda accettazione di sé, di tolleranza per lo stare e l‟esperire la propria e
più personale solitudine.
Questo spazio psichico, inteso come uno stare con sé stessi, veicola tipicamente l‟accesso alla propria autenticità. Rappresentato
da «stati transizionali dell’esperienza», questi si identificano come
«stati potenziali nella cui quiete silenziosa può germogliare
un’autentica esperienza di Sé» (Gazzillo & Silvestri 2008, p. 181). Esistono, pertanto, in questo momento d‟intima ri-flessione interiore,
movimenti psichici creativi che ri-organizzano le esperienze relazionali, fornendo un momento dedicato alla rappresentazione, alla ricostruzione del mondo esterno in figurazioni interiori. Di più, tale
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esperienza di sé, legittima la costruzione di nuovi modelli costruttivi
e, per questo, creativi del proprio senso di sé: costruzione e ricostruzione psichica diventano i processi fondativi dello stato ozioso del maggese:
Il “restare oziosi” è una modalità di esperienza che permette il costituirsi di
uno spazio potenziale in cui la persona può transitare dall‟essere allo sperimentare se stessa in una condizione interiore che permettere l‟emergere del
desiderio, dell‟interesse, del movimento o dell‟idea spontanea e personale
(Gazzillo & Silvestri 2008, pp. 181-2).
È questa dunque, una zona transizionale – per riprendere Winnicott
(1971) (cfr. Fonagy & Turner 2003, pp. 176 e sgg.) – ove si contatta la dimensione psichica della creatività e, con essa, della simbolizzazione. Qui si produce quella possibilità dialogica tra il me e il
non-me nella sua tipicità inconscia. Su questo terreno vive lo spazio
della creatività simbolica (cfr. Trevi 1988, p. 37) di un inconscio
«autenticamente creativo, capace di produzioni immaginali, di forme narrative e pensieri relazionati all‟intero organismo psichico ma
dotati di carattere innovativo» (Trevi & Innamorati 2000, pp. 945). Appartiene all‟ambiente dell‟holding (cfr. Winnicott 1965), dove
si può creare e sviluppare una certa tolleranza dell’ambivalenza, e
dove le antinomie psichiche possono coesistere condividendo il medesimo momento situazionale. Da un lato allora, lo stato del maggese apporta ri-costruzioni rappresentative sui fenomeni
dell‟esperienza diurna, dall‟altra diviene luogo dell‟esistenza possibile come co-costruzione dialogica e simbolica.
Da quest‟ultimo punto di vista, la coscienza agisce promuovendo e contattando uno stato del “come se”, compiendo cioè un tentativo di relazione con l‟alterità dell‟inconscio. È dunque, il fine teleologico della psiche che si incontra in quel dato momento, innescato attraverso l‟espressione di una creatività che attraversa il simbolo e diviene processo autentico (cfr. Pieri 1998, Lemma: „creazione’), scevro cioè di ogni connotato ri-costruttivo di contenuti psichici da rappresentare e sistematizzare (il processo “rassodante”):
ciò che si raggiunge è l‟attivazione di un luogo psichico di per sé
soltanto creativo. Su questa linea teorica d‟idea,
Lo scopo principale della situazione analitica diventa quindi offrire al paziente uno spazio privato sorvegliato […] dall‟altro, in cui poter semplicemente
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essere, senza reagire a stimolazione potenzialmente alienati, fare esperienza
di ciò che si è e articolare simbolicamente questa esperienza (Gazzillo & Silvestri 2008, p. 182).
Da questo angolo d‟analisi allora, questo “fare esperienza di ciò
che si è” riprende, in primis, un momento elementare dello psichico
definito nel processo istintuale della riflessione intesa questa, come
«essenza e ricchezza della psiche umana» (Jung 1937, p. 136) poiché appartiene allo stato predispondente la trasformazione psichica.
Per Jung il termine “riflessione” (reflexio) non si riferisce tanto ad
un atto mentale, quanto piuttosto ad un vero e proprio comportamento. È indicato tipicamente come:
[…] un atto spirituale in senso contrario al corso delle natura, cioè un fermarsi, un riconoscersi, un “proiettare immagine”, un intimo riferimento e
una spiegazione con l‟oggetto contemplato. Riflessione si deve qui intendere
come un atto del divenire cosciente (Jung 1942/1948, p. 157, n. 9).
In questo senso, la psicologia, o forse meglio, il farsi della psiche,
appartiene all‟«atto di vedere» (Jung 1944, p. 18), ossia, a quella
dimensione che Masud Khan chiama appunto “lasciarsi a maggese”, in cui la rappresentazione della realtà esterna e i vissuti che accompagna (urti affettivi), afferrano la dimensione creativa e simbolica della psiche, attraverso un contatto creativo di contenuti inconsci. Diversamente però, poiché la creatività – dalle parole di Jung –
[…] che ha le sue radici nell‟indeterminatezza dell‟inconscio, è chiusa in eterno alla conoscenza umana [sarà] sempre soltanto possibile descriverla nelle
sue manifestazioni, intuirla, ma mai coglierla interamente (Jung 1930a, p.
360).
Così, ciò che possiamo contemplare sono soltanto le produzioni
creative e simboliche della psiche su un livello costante di “come
se”, mai definitivamente esaustive in termini descrittivi, né tantomeno completamente possibili di conoscenza poiché, in parte sono
composti da elementi altri dalla coscienza (appartenenti
all‟inconscio). Lo stare “come un campo lasciato a maggese” allora,
definisce questo luogo della psiche in cui si dà riposo e sistemazione
agli urti conoscitivi della realtà esperenziale, dai quali si può rigenerare il terreno psichico per accogliere nuove produzioni creative,
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nuove soluzioni di sviluppo della personalità, nuove trasformazioni,
attraverso un contagio controllato con i contenuti espressivi del
proprio vero Sé.
Bibliografia
Anzieu, D. (1985). La Moi-peau. Paris: Dunod. Trad. it. L’Io-pelle. Roma: Borla: 1995.
Fonagy, P. & Turner, M. (2003). Psychoanalytic Theories. Perspectives from developmental Psychopathology. London: Whurr Pubblisher Ltd. Trad. it. Psicopatologia evolutiva. Le teorie psicoanalitiche. Milano: Raffaello Cortina, 2005.
Gazzillo, F. & Silvestri, M. (2008). Sua maestà Masud Khan. Vita e opere di uno psicoanalista pakistano a Londra. Milano: Raffaello Cortina.
Jung, C.G. (1930a). Psychologie und Dichtung. In E. Ermatinger, Philosophie der Literaturwissenschaft. Berlino: Junker und Dünnhaupt Verlag. Trad. it. Psicologia e poesia.
In Opere, vol. 10*, pp. 355-78. Torino: Bollati Boringhieri, 1998.
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(1930b). Prefazione a W.M. Kranefeldt, “La Psicoanalisi”. In Opere, vol. 4, pp.
343-53. Torino: Bollati Boringhieri, 1998.
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(1937). Factors Determining Human Behavior. In Harvard Tercentenary Conference
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umano. In Opere, vol. 8, pp. 131-43. Torino: Bollati Boringhieri, 2000.
–
(1942/1948). Zur Psychologie der Trinitätsidee. In Psychologische Abhandlungen,
vol. 6. Trad. it. Saggio di esposizione psicologica del dogma della trinità. In Opere,
vol. 11, pp. 115-94. Torino: Bollati Boringhieri, 2000.
–
(1944). Psychologie und Alchimie. Olten: Walter-Verlag. Trad. it. Psicologia e alchimia. In Opere, vol. 12. Torino: Bollati Boringhieri, 1995.
Khan, M. (1983). Hidden Selves. London: The Hogarth Press & The Institute of PsychoAnalysis. Trad. it. I Sé nascosti. Teoria e pratica psicoanalitica. Torino: Bollati Boringhieri, 2006.
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(1989). The Long Wait and the Other Psychoanalytic Narratives. New York: Summit Book. Trad. it. Trasgressioni. Torino: Bollati Boringhieri, 1992.
Nietzsche, F. (1889). Götzen-Dämmerung oder Wie man mit dem Hammer philosophirt.
Liepzig: Naumann. Trad. it. Crepuscolo degli idoli ovvero come si filosofa col martello. Milano: Adelphi, 2007.
Pieri, P.F. (1998). Dizionario junghiano. Torino: Bollati Boringhieri.
Trevi, M. (1988). L’altra lettura di Jung. Milano: Raffaello Cortina.
Trevi, M. & Innamorati, M. (2000). Riprendere Jung. Torino: Bollati Boringhieri.
Winnicott, D.W. (1965). The Maturational Processes and the Facilitating Environment:
Studies in the Theory of the Emotional Development. London: Hogarth Press & The
Institute of Psycho-Analysis. Trad. it. Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando, 2007.
–
(1971). Playing and Reality. London: Tavistock. Trad. it. Gioco e realtà. Roma:
Armando, 2001.
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