Brand abbigliamento: prove di economia circolare

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Brand abbigliamento: prove di economia circolare
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di Silvia Ricci (Porta la sporta)
Utilizzando le risorse
più volte, facendole
ruotare tramite
il riutilizzo e il riciclo,
l’intero sistema
ne guadagna.
All’estero, alcune
marche lo stanno
sperimentando,
ma qualcosa succede
anche in Italia
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20 maggio 2013
&
ambiando il modo in cui produciamo e progettiamo i beni di largo consumo si potrebbe ridurre
il consumo di materie prime e di
conseguenza la produzione di rifiuti, e risparmiando qualcosa come 700 miliardi
di dollari all’anno. Se poi si considera che il
settore dei beni di largo consumo assorbe
circa il 60 % della spesa totale dei consumatori e “produce” il 75% dei rifiuti urbani,
è evidente che ogni piccolo cambiamento
improntato all’eco-efficacia adottato dalla
maggioranza delle aziende può portare a
grandi risultati globali. Invece, nel modello
economico attuale accade che una percentuale fra il 60 e l’80% delle risorse venga
sprecata. Sono alcune delle stime e dei dati
contenuti nel rapporto “Towards the circular
economy”, commissionato alla McKinsey,
dalla Ellen MacArthur Foundation con lo
scopo di diffondere i benefici dell’economia circolare.L’edizione 2013 riporta alcuni esempi concreti del settore dei prodotti
alimentari e bevande, dei prodotti tessili,
e dell’imballaggio che insieme rappresentano l’80% del mercato totale dei beni di
largo consumo. Vediamone alcuni
JEFF JOHNSON © PATAGONIA, INC.
I N D U S T R I A
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Un esempio originale legato a questo concetto è la linea Mud Jeans dell’imprenditore olandese Bert van Son che permette
di avere in leasing un paio di jeans, uomo
o donna. Praticamente un paio di jeans
viene ceduto con accordo tipo leasing che
prevede un pagamento iniziale di 20 euro
a cui seguono dei pagamenti automatici a
cinque euro al mese per un anno. Alla fine dei dodici mesi si hanno tre opzioni a
disposizione: rendere il jeans recuperando
la somma iniziale, scambiarlo con un paio
nuovo pagando 7,50 euro (e iniziare i 12
mesi di rateizzazione mensile), oppure pagare 20 euro di deposito per tenerlo per più
tempo. Ritornando il capo definitivamente si ottengono 20 euro di sconto su un
altro acquisto. Chi invece acquista i jeans
“tradizionalmente” riceve sempre i 20 euro
di sconto quando riporta il capo. Durante
i 12 mesi di leasing si ha anche diritto ad
una riparazione gratis qualora si presenti la
necessità. La convenienza per l’azienda è
nel lungo termine, nella conquista e fidelizzazione di nuovi clienti e nel recupero del
tessile che viene impiegato per nuovi capi.
I N D U S T R I A
I jeans sono realizzati in un
cotone bio proveniente dalla
Turchia piuttosto costoso e di
difficile reperimento. Inoltre,
siccome la produzione del
cotone è molto impattante
e richiede parecchia acqua
(in media di 8.500 litri d’acqua per un solo paio di jeans,
secondo il WWF) anche per
il cotone bio è importante
utilizzare fibra riciclata. Per il
momento ne viene impiegata
una percentuale del 40% con
la prospettiva di arrivare al
50%. Una parte di fibra vergine resta insostituibile per il
processo di filatura .
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Parlando di imprenditori che vanno verso
un’economia circolare non si può non citare The Common Threads (foto nella pagina
a fianco, ndr), l’iniziativa pionieristica lanciata da Patagonia nell’autunno del 2011.
L’azienda incoraggia i propri clienti a seguire
le quattro R di Ridurre, Riparare, Riutilizzare e Riciclare. Ce n’è anche una quinta, in
realtà,“Reimagine”, che è un appello e un
auspicio allo stesso tempo: “Ri-immagina”
insieme a noi un futuro dove poter prendere
dalla natura soltanto quello che la stessa
riesce a rigenerare. Common Threads offre riparazioni a prezzi modici in dieci giorni
(dal gennaio 2012 sono stati gestiti oltre
26 mila pezzi), la possibilità di
rivendere i capi attraverso un
canale di eBay o Patagonia.
com e il ritiro dell’usato. Patagonia destina l’1% del proprio
fatturato alle associazioni ambientaliste.
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Puma è stata la prima azienda
a ottenere la certificazione Cradle to Cradle (C2C) con la linea
InCycle ancora non disponibile in Italia. La nuova collezione
utilizza materiali omogenei per
garantire che siano completamente riciclabili al termine del
loro ciclo di vita. Secondo il calcolo dell’impronta ambientale sviluppato da Puma denominato Product Environmental Profit &
Loss Account (PUMA Product E P&L) questi prodotti hanno un impatto ambientale
ridotto di un terzo rispetto ai loro omologhi
convenzionali. Puma ha installato contenitori in-store per raccogliere scarpe usate,
abbigliamento e accessori di qualsiasi marca, come parte del suo programma “Bring
Me Back”, che attua in collaborazione con I:
CO, una società internazionale che promuove programmi di riciclaggio a cui aderiscono
diverse marche note. In Italia il programma
è attivo nei Puma Store di Milano e Roma.
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A sua volta, H&M con l’iniziativa Long live to
Avere in leasing un paio di jeans, uomo o donna: è questa l’idea legata alla linea Mud Jeans di Bert van Son
QUALCHE DATO SUL CONSUMO
(E SPRECO) DI TESSILE
Secondo le stime dell’EPAEnvironmental Protection Agency- nel
2010 sono stati gettati via negli Stati
Uniti oltre 12 milioni di tonnellate di
abbigliamento, calzature e altri prodotti
tessili. Di queste 12 tonnellate l’85%
è finito in discarica e ogni residente
degli Stati Uniti vi ha contribuito con
una “produzione” media di circa 32
kg/anno. Il Rapporto ‘L’Italia del riciclo
2010” dalla Fondazione Sviluppo
Sostenibile, riportando i dati di uno
studio dell’Università di Copenaghen,
stima per l’Europa un consumo annuo
di abiti, accessori e prodotti tessili
pari a circa 10 kg l’anno per abitante.
In Italia, la raccolta la differenziata
della frazione tessile ammonta a
meno meno di 1,5 Kg per abitante, un
dato ben distante dai 7 kg/anno per
abitante raccolto in Germania.
Lo scorso anno è stato firmato un
accordo tra Anci e Conau (Consorzio
Nazionale Abiti e Accessori usati) per
raggiungere l’obiettivo di raccolta di
3-5 kg/abitante/anno, pari a circa
240.000 tonnellate complessive.
fashion (foto a centro pagina, ndr) incentiva
la consegna di abiti usati con un buono da
5£ (la valuta e l’importo dipende dai Paesi)
da scontare su acquisti successivi superiori
ai 30£ per ogni borsa di indumenti usati
consegnata. Il tessile raccolto da H&M negli Usa viene consegnato a Global Green,
affiliato a Green Cross International che
utilizza i proventi derivati dalla rivendita del
materiale per progetti a favore di comunità
colpite da eventi catastrofici connessi al
riscaldamento climatico. Partner europeo
è invece I:CO, lo stesso partner di Puma.
H&M è il primo retailer che, a partire dal mese di febbraio 2013, estende l’iniziativa in
tutti i 48 mercati internazionali in cui opera,
Italia compresa. Il buono da noi ammonta a
cinque euro e viene scontato su una spesa
minima di 40 euro. North Face ha lanciato
invece “Clothes The Loop” in dieci store di
Chicago, New York, San Francisco e Seattle.
La consegna di abiti e/o calzature usate
(max una consegna al giorno) viene premiata con un bonus di dieci dollari scontabile su acquisti successivi. L’abbigliamento
raccolto viene inviato ad un centro di riciclo
dove viene suddiviso in 400 categorie per
essere riusato o riciclato per dare vita ad
altri prodotti o indumenti. Anche qui i proventi vanno ad un ente no profit.•
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