Van Nistelrooy, Coppi e Jack London

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Van Nistelrooy, Coppi e Jack London
Van Nistelrooy, Coppi e Jack London - Massimo Fini
Nella partita d'esordio perduta contro i mai deludenti danesini di Morten Olsen (il più grande
libero di tutti i tempi, volto scolpito nella pietra come quello dei marinai scandinavi dei racconti di
Jack London e che si possono incontrare ancora a Fayal, la penultima delle Azzorre verso le
Americhe, da Peter, un locale pieno di fumo, di birra e di messaggi che, attaccati alle pareti, si
scambiano, un anno per l'altro, i navigatori che in solitaria attraversano l'oceano) all'Olanda
avrebbe fatto molto comodo avere Ruud Van Nistelrooy al centro dell'attacco al posto del pur
classico Van Persie che però centravanti non è. Ma Van Niestelrooy si era ormai ritirato pochi
giorni prima degli Europei.
Chiunque mastichi anche solo un po' di calcio europeo sa bene chi è Van Nistelrooy. Siccome
però non è mai venuto a giocare in Italia (per fortuna, per me sarebbe stata una sofferenza
intollerabile vederlo con le maglie del Milan o dell'Inter o della Juve) e noi siamo di un
provincialismo penoso, in tutto e in special modo nello sport (il giorno della finale di Coppa fra
Bayern e Chelsea La Gazzetta mise la notizia della partita in 15ª pagina, prima venivano il
calcio-mercato della Juventus, le solite stronzate di Galliani, il campionato di B, anzi di BWin),
voglio qui raccontare la storia di Ruud e del mio amore per lui.
Cominciamo dalle cifre: 360 gol, in poco più di 500 partite, una media di due gol ogni tre match.
In Europa è stato il bomber più prolifico di tutti i tempi (i campionati sudamericani non contano,
da quelle parti si segna a grappoli). Quando giocava nel Madrid i giornali spagnoli avevano
calcolato che su tre tiri in porta di Van Nistelrooy uno era gol. Perciò quando gli arrivava la palla
i tifosi madrilisti (come del resto già prima quelli del Manchester) cominciavano a battere i piedi
e a ritmare “Ruud!Ruud!Ruud!” sentendo il profumo del gol. E' stato capocannoniere in Olanda
(Psv), in Inghilterra (Manchester United), 'picici' in Spagna (Real). In Coppa dei Campioni, con
60 reti su 81 partite è secondo solo a Raul che ne ha segnate 71 ma su un numero di partite
molto superiore, 144. Media Van Nistelrooy: 0,72, media Raul: 0,44. Solo gli immensi Di
Stefano, la 'saeta rubia', e Puskas, come media, hanno fatto meglio: 49 su 58 il primo, media
0,83, 36 su 41 il secondo, media 0,87, ma su un numero di partite molto minore, ed è
ovviamente più facile, e in un calcio di altri tempi. Quella capra odiosa di Inzaghi (cui Galliani,
per confondere le acque, attribuisce, come se fossero state segnate in Coppa dei Campioni
anche le reti realizzate in Coppa Uefa e altre ridicole competizioni tipo le Coppe fra i vincitori di
Coppa, cose che possono interessare solo a Berlusconi) ha questo score: 50 su 85 partite,
media del tutto rispettabile ma lontanissima da Van Nistelrooy.
Mi innamorai di Ruud Van Nistelrooy in una partita del Manchester di Coppa Campioni. Non lo
conoscevo. Lui era ai limiti dell'area, viso alla porta. Gli arrivò un lancio da dietro di quaranta
metri. Ruud si voltò un attimo, la frazione di un attimo, si fece scavalcare dal pallone, lo
agganciò col collo del piede destro e, al volo, lo scaraventò in rete. Un gol di una bellezza e di
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una difficoltà impressionanti, più di quello, pur meraviglioso, di Marco Van Basten nella finale
degli Europei dell'88 contro la Russia. Anche Van Basten, in una posizione molto defilata, colpì
al volo e mandò il pallone a incrociare nell'angolo opposto. Ma Marco poteva vedere il pallone,
Ruud no.
Devo dire che la mia passione per Van Nistelrooy nacque anche per motivi del tutto irrazionali.
A me hanno sempre affascinato i nomi lunghi dei calciatori o dei ciclisti olandesi e belgi. Negli
anni '50 quando ero ragazzino tutti tifavano per Coppi e Bartali o, al peggio, Magni. Io tenevo
per Rik Van Steenbergen (Rick Van Steenbergen, Ruud Van Nistelrooy, la sentite la musica
con quella doppia e o quella doppia u che permettono di prolungare il suono all’infinito?). Per la
verità non c'era solo il nome. Tre volte campione del mondo, battè Coppi all'inseguimento, al
Vigorelli di Milano, Van Steenbergen è stato il più grande velocista di sempre. In volata era
imbattibile. Attizzò la mia fantasia di ragazzo il fatto che mio padre che dirigeva un giornale del
pomeriggio, Il Corriere Lombardo, quando al Giro o al Tour si profilava un arrivo in gruppo
faceva preparare in tipografia già il piombo: 1° RIK VAN STEENBERGEN, per guadagnare
tempo sui concorrenti, La Notte e L'Informazione.
Ma torniamo a Ruud. Mi è sempre piaciuto come uomo, oltre che come atleta. Una persona
molto dolce, fuori dal campo. Quando passò dallo United al Madrid il caso volle che sua moglie
stesse per partorire il loro primo figlio proprio il giorno della prima di campionato. Chiese a
Capello il permesso di non giocare per assisterla. Mossa azzardata che poteva costargli cara
perchè Capello è, notoriamente, un 'sergente di ferro' e poi vai a sapere: se chi lo sostituiva
faceva un paio di gol, per Ruud, anche se si chiamava Van Nistelrooy ed era costato 31 milioni
di euro, c'era il rischio della panca. Capello comunque diede l'ok. Ma la moglie partorì prima del
previsto. Ruud si precipitò, trafelato, al campo d'allenamento la mattina della partita. Capello lo
guardò negli occhi e disse: “Tu oggi giochi”. Ruud lo ripagò con una tripletta e al primo gol si
mise a correre come un pazzo per il campo facendo il segno della culla, inaugurando un gesto
che sarebbe poi stato imitato da parecchi giocatori fra cui Francesco Totti. Capello, con un Real
pieno di brocchi, con due soli altri fuoriclasse, il portiere Iker Casillas, ('San Iker' che ha salvato
la Spagna anche domenica nella partita contro l'Italia) e Sergio Ramos, a centrocampo a
dettare i passaggi c'era Diarrà, nemmeno Lassen, l'altro, aveva capito che doveva puntare tutto
su Van Nistelrooy, che gli fece vincere lo scudetto. Come lo avrebbe fatto vincere l'anno dopo a
Shuster con una formazione immutata. Capello pur così severo e burbero, non riusciva a
nascondere la sua predilezione per Ruud, tanto che Cassano polemizzando con l'allenatore, sia
pur nel suo modo giocoso e fanciullesco, disse non senza qualche ragione: “Tutte le volte che
vinciamo è merito di Ruud, quando perdiamo è sempre colpa nostra”. E Capello non gliela
perdonò.
Uomo dolce, dicevo. Solo l'odioso Cristiano Ronaldo potè fargli perdere, una volta, la pazienza.
Negli ultimi anni in cui era a Manchester Van Nistelrooy giocava insieme all’allora giovanissimo
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Ronaldo . Van Nistelrooy, bel ragazzo, piantato, alto circa 1 e 85, pattina sul pallone con la
facilità di un giocatore dal baricentro basso ed è uno di quei centravanti, come Van Basten, di
cui capisci che è un fuoriclasse anche quando fa un passaggio indietro di tre metri. Vede la
porta come nessuno ma vede anche gli altri. Non è solo un fromboliere assassino, narciso e
innamorato di se, è un generoso. Se vedeva Ronaldo in una posizione che riteneva più
favorevole della sua gli passava sempre la palla (mi ricordo, fra gli altri, questo. Ruud era
defilato sulla destra con un terzino davanti a due metri. Colpo sotto , morbido pallonetto a
scavalcare il difensore servizio perfetto a Ronaldo, perfettamente libero in mezzo all'area, che
segnò. Sono colpi che i grandi campioni rendono facili, ma che sono in realtà rari e difficilissimi,
di cui era maestro il maestro di tutti i maestri, Franz Beckenbauer, il Kaiser). Ronaldo invece
non passava mai la palla a Van Nistelrooy. Finchè un giorno, in allenamento, Ruud si stufò,
mollò un cazzotto a Ronaldo, lo mandò per le terre e disse: “E adesso vai a piangere dal tuo
babbo portoghese”. E anche questa è una tacca a suo favore.
Van Nistelrooy non è stato molto fortunato in carriera. Quando era al Psv, ancora molto
giovane, ebbe un gravissimo infortunio al ginocchio destro che lo tenne fuori un anno. Ma sir
Alex Ferguson, nonostante tutte le incognite, lo volle ugualmente al Manchester avendo intuito
l’enorme talento del ragazzo. Lo stesso infortunio si ripeterà otto anni dopo, nel novembre del
2008, all’inizio della sua terza stagione nel Real. Ma la vera sfortuna di Van Nistelrooy è stata di
aver trovato, quando era nel pieno della sua carriera, come Commissario tecnico della
nazionale olandese Marco Van Basten. Van Basten lo detestava, temeva che potesse oscurare
la sua fama. Ai Mondiali del 2006 nella terza partita, decisiva, del girone di qualificazione agli
ottavi, contro il Portogallo, non lo schierò preferendogli Kujt che è un ottimo giocatore di fascia e
di movimento ma non è un centravanti. A mezz’ora dalla fine l’Olanda perdeva 1 – 0, il che
voleva dire eliminazione. Tutti si aspettavano che Van Basten facesse entrare Van Nistelrooy.
Ma i minuti passavano e non succedeva niente. Intanto Kuyt, solo davanti al portiere, era
riuscito a mangiarsi, come suol dirsi, un gol fatto. Finalmente a venti minuti dalla fine l’allenatore
decise il cambio. E chi fece entrare? Venegoor of Hesselink, un aristocratico più adatto alle
partite di polo che a quelle di calcio. Uno sfregio a Eupalla avrebbe detto Gioan Brera, una
bestemmia, un delitto. E così l’Olanda, che era fra le favorite, perse l’ennesima occasione di
vincere un mondiale come era già successo alla ‘grande Olanda’, l’ Olanda hippy dei Neeskens,
dei Cruiyff, dei Resembrink, dei Riisbergen, dei Van Hanegem, dei Rep, dei Krol. Ma a Monaco
i tedeschi, che tra l’altro potevano contare su Beckenbauer e Breitner, ebbero il vantaggio di
giocare in casa, così come l’Argentina quattro anni dopo, ma in quest’ultimo caso fu una rapina
a mano armata perché gli argentini picchiarono dall’inizio alla fine (Neeskens fu costretto a
giocare dal primo minuto col braccio attaccato al corpo per una entrata assassina del terzino
Tarantini che nel calcio di oggi gli sarebbe costata la squalifica per un anno). Nel 2006 invece
l’Olanda perse solo per la livida cocciutaggine del suo allenatore. Dopo quello scempio Van
Bommel disse a Van Basten: “Finchè tu sarai il C.T. io non giocherò più in Nazionale”. E
mantenne la parola. Per gli Europei del 2008 Van Nistelrooy accettò le scuse di Van Basten e
rientrò. L’Olanda vinse facilmente il girone iniziale e il primo gol, proprio agli azzurri, lo segnò
Ruud che fulmineo, di punta, col suo piedone taglia 45, precedette e beffò i nostri difensori (finì
4-0 o 4-1 non mi ricordo perché vado a memoria e non uso il troppo facile Internet). Nel turno
successivo l’Olanda, enormemente superiore, si trovava di fronte la modesta Russia di Gus
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Hiddink. Ma Hiddink (che è riuscito a portare a una semifinale mondiale anche la Corea) è uno
dei migliori allenatori del mondo e per novanta minuti uccellò i disorientati ragazzi di Van
Basten, messi in campo in modo canino. Arshavin scorrazzava per il campo come fosse il futuro
Messi. Al 90° si era ancora sull’ 1-0 per la Russia. Ma all’ultimo minuto, su un corner, l’Olanda
trovò il pareggio con un guizzo del “suo grande attaccante” come disse il telecronista. Un gol
che poteva cambiare l’inerzia della partita. Ma fra Hiddink e Van Basten, come allenatori c’è la
differenza che passa fra un purosangue e un cavallo dell’ottava di San Siro. Anche nei
supplementari i russi ridicolizzarono gli olandesi. Finì 4-1 e Van Nistelrooy perse l’ultima
occasione di vincere un trofeo internazionale e quel ‘pallone d’oro’ che si sarebbe meritato.
Nel 2008 era per il terzo anno al Madrid. Aveva cominciato benissimo, come sempre: 10 gol in
11 partite. Ma ci fu il secondo infortunio. Stagione finita. E anche la prima parte di quella
successiva. Intanto al Real erano arrivati nuovi giovani campioni, fra cui Cristiano Ronaldo. Alla
terza o quarta partita l’allenatore, Pellegrini, per provare le condizioni di Ruud lo mandò in
campo nei venti minuti finali. Fece segnare subito un gol al povero Benzema che nessuno, a
cominciare da Cristiano Ronaldo, si degnava di servire e poi segnò lui. Io balzai in piedi urlando
“Ruud!” ma il grido mi si strozzò in gola perché proprio in quell’azione il ragazzo si era fatto
male di nuovo. Non esultò per il gol. Zoppicava vistosamente. Un infortunio alla caviglia, questa
volta, molto meno grave ma che voleva dire un paio di altri mesi di stop. Intanto il Real di
Ronaldo volava. Per Van Nistelrooy non c’era più posto. Decise di passare all’Amburgo. La
società organizzò per lui una cerimonia d’addio al Bernabeu prima della partita col Malaga.
Seguo il calcio da 64 anni e non mi ricordo di un precedente del genere. Questi giubilei si fanno
quando un giocatore molto amato chiude la carriera (o va al Cosmos, il che fa lo stesso) non
quando passa a una squadra avversaria . Contro il Malaga Cristiano Ronaldo segnò due gol.
Ma la Gazzetta titolò: “Ma il Bernabeu è tutto per Van Nistelrooy”. Scriveva il cronista, Filippo
Maria Ricci: “Gli ultras hanno inneggiato a lungo Van Nistelrooy che aveva salutato il Bernabeu
prima dell’inizio e che torna fuori alla fine per rispondere alla chiamata dei tifosi. Per i nuovi eroi
ci sarà tempo. Al momento si pensa ai vecchi”. Fu il suo canto del cigno.
Le stagioni all’Amburgo e, soprattutto, quest’anno, al Malaga sono state una pena. Si vedeva
che il ragazzo non aveva più forza nelle gambe. I suoi tiri erano sempre precisi e intelligenti ma
il portiere parava ‘miracolosamente’.Ma che miracoli. In altri tempi non ci sarebbero stati: il
portiere sarebbe finito in porta col pallone. Al Malaga l’allenatore, ancora Pellegrini (era arrivato
anche lui alla corte dell’Emiro del Quatar proprietario della società, il calcio è fatto di corsi,
ricorsi, coincidenze) gli faceva giocare solo qualche spicciolo del secondo tempo. Ed io per
settanta, ottanta minuti il venerdì o il sabato, stavo a guardare alla Tv una partita di cui non mi
importava niente, una squadra di cui non mi importava niente contro la quale anzi gufavo
perché prendesse subito un gol nella speranza, piuttosto nell’illusione, che l’allenatore fosse
spinto ad anticipare l’ingresso di Van Nistelrooy. Mi accontentavo di vederlo entrare in campo e
toccare qualche pallone. E a volte nemmeno quello. La mia fidanzata non si capacitava che io
perdessi in quel modo il mio tempo, che mi tormentassi così per un uomo che non ho mai
conosciuto, che non ho mai visto se non in televisione. Ma le donne, oltre a non capire nulla di
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calcio (tornino a studiare ‘economia domestica’ come ai tempi della mia giovinezza) non sono in
grado di concepire le passioni gratuite, astratte, totalmente a fondo perduto. Son troppo
concrete.
Quest’anno Ruud Van Nistelrooy ha segnato quattro gol, una miseria per uno che era abituato a
farne, fra Campionato, Coppa, Nazionale, una quarantina a stagione. Ma adesso il ritiro lo
restituisce alla sua gloria e al Tempo.
Massimo Fini
Libero, 13 giugno 2012
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