Per Nascere Domani

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Per Nascere Domani
Per Nascere Domani
racconto di Paola Preziati Scaglione basato su Star Trek1
da un’idea di Paola Preziati Scaglione e Michele Scaglione
L’anima di una persona è nascosta nel suo sguardo
(Jim Morrison)
Non è come nasci, ma come muori, che rivela a quale popolo appartieni
(Alce Nero, 1890)
1 DISCLAIMER – Tutti i personaggi, le navi e gli ambienti descritte nel racconto sono da ritenersi
proprietà esclusiva di Paramount® e vengono citati senza intenzione di violare alcun copyright. Fanno eccezione il
Capitano Le Hon, la dottoressa Ella Keane, i personaggi di Gibbs, Neela, Sarah Stillwell, Tim Bops, Andrew Paris, la
nave stellare U.S.S. Naja NCC 85174, il pianeta Dehorn e le figure di contorno, nate dalla mio personale modo di
vedere ed amare l’universo di Star Trek.
L’immagine in copertina è frutto di una rielaborazione personale di immagini trovate in rete, per le quali
non era citato alcun copyright
- PROLOGO U.S.S. Enterprise NCC – 1701-G
Data stellare 868002
Deanna si stava spazzolando i lunghi capelli. Lo faceva ad occhi chiusi, come ogni sera
prima di addormentarsi, soprattutto per rilassare la mente. Ogni spazzolata, lenta e profonda,
cancellava un pensiero opprimente dalla sua testa, sostituendolo con qualcosa di bello.
- Vieni?
La voce di William la ridestò dal suo rito. Aprì gli occhi e vide il riflesso dell’uomo nello
specchio. Era già in pigiama, seduto sul bordo dell’ampio letto e le stava sorridendo. Certo, i
capelli e la barba ormai quasi del tutto bianchi rivelavano impietosamente i suoi settantaquattro
anni, ma il fisico, solo di poco appesantito, era quello dei giorni gloriosi di Comandante della
nave al fianco del Capitano Picard, cosa che non le dispiaceva affatto.
Lei al contrario, anche se Betazoide solo da parte di madre, non dimostrava per nulla la
sua età, settantatre anni umani. I capelli erano ancora neri quanto i suoi occhi e la pelle morbida
come quella di una quarantenne in perfetta forma fisica.
- Un secondo, mi mancano quarantasei spazzolate. – gli rispose, sorridendogli a sua volta.
Mai una meno di cento, come le ripeteva sempre la madre, Luaxana.
William sbuffò, fingendo un disappunto non reale e si sdraiò.
- Giornata pesante? – le chiese, prendendo il libro che giaceva, aperto a metà, sul
comodino dal suo lato del letto.
- Non più del solito. La piccola Estrella da segni di grandi capacità, anche se il suo sangue
Klingon spesso la blocca.
- In che senso, scusa?
- La sua metà Betazoide entra in conflitto con l’ottavo di sangue Klingon che le scorre
nelle vene un po’ troppo spesso per i miei gusti, ma ci stiamo lavorando.
- E’ parente di due ufficiali della Voyager, vero?
- Già, figlia del tenente Miral Paris3, nipote di quel Tom, il tuo romanziere olografico
preferito e dell’ufficiale di contatto presso i Klingon, B’Elanna Tor...
- Mi è simpatica, allora!
- Ammiraglio...
Deanna lo adorava quando faceva quel sorrisetto malizioso, lo stesso che l’aveva
conquistata, circa cinquant’anni prima, quando l’uomo era in servizio alla base stellare su
Betazed. Ce ne aveva messo di tempo per convincersi che erano davvero fatti l’una per l’altro,
ma da quando si erano sposati – erano già passati trent’anni – non si era pentita nemmeno una
volta.
- Cosa ho detto di male? - bofonchiò l’uomo, con una lucetta maliziosa nello sguardo.
- Niente, ma non puoi giudicare una persona solo perché consideri ottimo il lavoro di suo
nonno!
2 Il calcolo della data stellare è stato effettuato usando la formula di Wilford Nusser [(data2323)+(giorno/365)]*1000. Si riferisce alla data 19 ottobre 2409
Informazione tratta da www.hypertrek.org
3 Anche se non ci sono indicazioni precise sul nome che Tom e B’Elanna hanno scelto per la bimba nata durante
il ritorno a casa della Voyager, ho mantenuto quello che avrebbe avuto nella Timeline alternativa presentata in
Star Trek Voyager – Endgame (stagione 7). Lo stesso nome è utilizzato in molti dei libri ufficiali.
- Tesoro, è che conosciamo il tenente Miral Paris da quasi cinque anni...
- Conosciamo lei, suo marito e la loro splendida bambina, non i suoi genitori.
William alzò le braccia in segno di resa. Deanna sorrise, vittoriosa.
- Vieni? – le domandò nuovamente, scostandole la coperta dal suo lato del letto.
Il Consigliere non se lo fece ripetere un’altra volta. Lasciò la spazzola davanti alla grande
specchiera e si alzò.
- Consigliere Troi...
La voce del computer la fece trasalire.
- Si. – rispose, colpendo leggermente il comunicare appuntato sulla sua camicia da notte.
- Comunicazione audio in entrata su un canale riservato.
- Da chi?
- U.S.S. Naja.
William e Deanna si guardarono.
- Avanti... – disse la donna, titubante. Non sapeva come, ma era sicura che non sarebbero
state belle notizie.
- Disturbo?
La voce di Ella Keane4, dottore sull’astronave concepita dalla collaborazione tra gli
ingegneri della flotta e quelli del pianeta Dehorn, del quadrante gamma, risuonò tra le pareti
dell’alloggio.
- Ella! Tutto bene?
- Si certo. Scusami se mi faccio sentire in questo modo, ma... abbiamo dei problemi con le
comunicazioni video a lungo raggio.
- Tranquilla... – rispose l’Ammiraglio, anticipando la moglie, mentre si alzava dal letto. –
Come mai chiami a quest’ora?
- Perché, che ore sono? – la voce della donna tradiva un certo imbarazzo.
- Quasi mezzanotte...
- Scusatemi! E’ che ho lavorato fino ad adesso e non mi sono resa conto...
Will e Deanna si misero a ridere. Per loro Ella era ciò che più si avvicinava ad una figlia.
- No, figurati. Lo sappiamo che lavori sempre come una pazza... - disse Deanna,
recuperando il controllo.
- Ah... E chi ve l’ha detto?
- Il tuo Capitano. L’ho sentito personalmente meno di una settimana fa. Non te l’ha
riferito? Mi sembravate abbastanza... intimi – ridacchiò la Betazoide, calcando sulla parola l’ultima volta che abbiamo avuto tue notizie...
- Beh, si, effettivamente... No, ma comunque...
- Cosa?
Il tono della dottoressa sembrava spaventato.
- Vorrei parlare con Deanna da sola, se non ti dispiace Will.
L’uomo aggrottò le sopracciglia, alzò le spalle ed andò in un’altra stanza dell’alloggio,
lasciando che la porta gli si chiudesse alle spalle.
- Cosa c’è cara?
La sensazione che qualcosa di brutto stesse per succedere attanagliò il Consigliere
dell’Enterprise alla bocca dello stomaco. Ella riprese a parlare con fatica.
- Ecco, non so da che parte iniziare... – disse, con voce poco salda.
4 Vedi “La donna più fortunata della Galassia” nella sezione Download del sito www.webtrekitalia.com
- Inizia punto e basta, qualsiasi cosa ti venga in mente. – cercò di confortarla Deanna.
- Credo di stare invecchiando.
- In che senso?
- Nel senso che, dagli ultimi esami che ho fatto, il tasso di degenerazione delle mie
cellule è quasi raddoppiato.
- Ne hai parlato con il Medico Olografico?
Il tono della Betazoide era il più professionale possibile, ma la paura la stava aggredendo.
Ella aveva quarantotto anni, ma gli interventi sul suo DNA e sul suo fisico, dopo il recupero
effettuato dalla bolla temporale, l’avevano ringiovanita al punto che non aveva più di ventinove
anni biologici.
- Si e anche lui non se lo spiega.
- Hai qualche manifestazione esteriore di questo invecchiamento?
- I capelli mi si spezzano nella spazzola, sono apparse delle macchie sulla pelle delle
mani, ho smesso di avere il ciclo regolarmente e mi fa male la schiena a fine giornata. Per adesso
null’altro, ma...
- Cosa?
- Il dottore dice che la degenerazione si sta velocizzando.
- Fino a che punto?
- Dalle sue previsione pare mi rimanga meno di un anno di vita...
U.S.S. Naja NCC – 85174
Lo stesso istante
Le Hon era sdraiato sul divano, nel suo alloggio. Il tavolo al centro della stanza era
imbandito perfettamente per una cenetta intima, con tanto di fiori e tovaglia abbinati. Peccato
che Ella fosse molto in ritardo anche quella sera.
Il Dehorniano sibilò, sbattendo il sonaglio in fondo alla propria coda contro il divano.
Dovrò farci l’abitudine, pensò. Ultimamente, pretendere la puntualità dalla dottoressa era come
sperare che lui cedesse a mente serena la poltrona di comando a Gibbs. Impossibile, a meno che
non stesse morendo, ed anche in quel caso, non ne era sicuro.
Provò a concentrarsi, cercando la donna con il proprio pensiero. Ella era nella stanza
centrale dell’infermeria, quella situata a livello del ponte tre, ma non era in grado di dire
esattamente cosa stesse facendo.
Starà lavorando... pensò, banalmente. Era un periodo tranquillo quello che stavano
vivendo, molto diverso dalle giornate convulse della loro conoscenza con i Keshari, eppure il
legame empatico che univa Ella al Capitano era rimasto lo stesso. Peccato solo che nessuno dei
due fosse più in grado di percepire distintamente i pensieri dell’altro.
- Medico Olografico a Capitano.
- Mi dica dottore. - rispose, alzandosi in piedi e stirandosi con una mano il clamide alla
base del collo.
- Avrei bisogno di parlare con lei il prima possibile.
- Anche subito. Vengo da lei.
- No, resti nel suo alloggio, arrivo.
Il dottore si materializzò immediatamente, seduto su una delle poltrone di fronte al
divano.
- Come mai tutta questa urgenza?
A Le il dottore era meno simpatico di una spina conficcata tra le scaglie alte della coda,
ma in quei nove mesi di convivenza forzata sulla Naja, aveva imparato ad apprezzarne le
capacità mediche. Per l’umorismo, al contrario, forse non ci sarebbe riuscito nemmeno tra una
dozzina di secoli. Ella, invece, sembrava trovarsi davvero bene con l’ologramma. Misteri delle
donne.
- Dalla sua tranquillità deduco che il tenente Keane non le abbia detto ancora nulla.
Il dottore sembrava molto più serio del solito. Sul volto non era dipinto il classico
sorrisetto di autocelebrazione e gli occhi non brillavano, sbruffoni come sempre. Al contrario,
gli parvero neri come il buio del pozzo che le leggende Dehorniane dicevano si dovesse
percorrere per arrivare alla cripta dove era conservato il Sacro, la Bibbia del pianeta alieno. Un
brivido gli percorse la coda.
- Detto cosa? – disse, sedendosi di fronte all’ologramma. Effettivamente Ella gli era parsa
un po’ strana negli ultimi tempi, stanca ed affaticata molto più del solito. Aveva disdetto persino
una delle ormai famose arrampicate sole donne del ponte ologrammi, dove si confrontava con
Neela e Sarah Stillwell. La scusa era stata un brutto mal di schiena che non la lasciava tranquilla.
Anche la nostra intimità è meno soddisfacente del solito, ammise a fatica con se stesso,
giusto in quel momento.
- Per farla breve, signore, la dottoressa non sta per nulla bene.
- Cerchi di essere un po’ più professionale. Da uno che, ogni volta che si presenta, recita
precisare la natura dell’emergenza medica gradirei un po’ più di spiegazioni. Quanto male?
Il medico alzò gli occhi al soffitto, bofonchiando qualcosa tipo non capirò mai questi
lucertoloni, poi si voltò nuovamente verso il Capitano.
- Non so come sia stato possibile, ma il suo gene LMNA5 è improvvisamente mutato.
- Bene, cosa comporta? - di genetica umana il Capitano non conosceva nulla e, a dire il
vero, conosceva superficialmente anche quella della propria razza.
- Come bene? Malissimo. Questo gene è, in ultima analisi, responsabile della sintesi di
una proteina, la Lamina A, che forma lo scheletro del nucleo della cellula, una vera e propria
impalcatura che ne mantiene la forma e permette al Dna di impartire ordini corretti alla cellula.
Da quando il gene è mutato, i nuclei delle cellule del tenente Keane osservati con lo scanner a
risonanza elettronica appaiono raggrinziti e non funzionano bene. Il che sta causando la morte
prematura di tutti i tessuti del suo corpo. Ergo, la morte in toto della dottoressa.
Se il dottore fosse stato Dehorniano, si sarebbe accorto che il Capitano era impallidito.
- Ma non è possibile trovare il modo di annullare questa mutazione? – domandò Le Hon,
restando calmo a fatica.
- In linea teorica si. Ho creato una sonda di Dna, una corta stringa di nucleotidi in grado
di attaccarsi esattamente e solo sul punto difettoso dell’Rna-messaggero replicato dal gene, che
porta l’informazione dal nucleo all’apparato di produzione della proteina. Questo mRna come
dire... incerottato dà l’istruzione giusta e la cellula dovrebbe cominciare a produrre solo la
proteina sana.
5
Studi recenti hanno confermato che questo è il gene responsabile della sindrome di Hutchinson-Gilford
(HGPS), una malattia infantile che porta le cellule a degenerare con un tasso fino a dieci volte maggiore del
normale, inducendo una senescenza precoce che porta alla morte. Attualmente è in sperimentazione la terapia
genica che viene citata nel racconto.
- Come dovrebbe? Non succede?
- Solo a livello di coltura cellulare. Nonostante tutti i nostri sforzi, la piccola sonda di
Dna viene degradata in vivo prima che riesca a riparare l’mRna.
Il Capitano si mise le mani sulla testa, sbuffando.
- Mi dica che ha già un’idea pronta per risolvere la situazione, dottore... – mormorò,
lasciandosi andare contro lo schienale del divano.
- E’ per questo che sono qui. Lei mi deve portare sulla Terra.
- La Terra?
- Già, ha presente? Il terzo pianeta della stella Sol, quello dove c’è il Quartier Generale
della Flotta Stellare, il suo datore di lavoro. Si, la Terra.
- E perché?
Il dottore alzò nuovamente gli occhi al soffitto.
- Perché lì c’è una persona che mi può aiutare.
- Un medico?
- No, un Ammiraglio.
- capitolo 1 Terra, Guatemala, cascate di Semuc-Champey
30 ottobre 2409
L’acqua scrosciava quasi con allegria, rendendo l’aria ancora più fresca e piena di piccoli
arcobaleni luccicanti; era un panorama ideale per un piccolo capolavoro ad acquarelli. La donna
fissò la cascata e poi la tela, indecisa sulla sfumatura di azzurro da usare.
- Posso esserti d’aiuto?
Kathryn sorrise, voltandosi.
Lui era lì, accanto a lei - come sempre - con le ampie spalle forti che non avevano perso
nulla della loro sicurezza nonostante gli ottant’anni d’età.
- Secondo te è questo il colore giusto?
Chakotay sorrise a sua volta.
- Meglio una tonalità leggermente meno cupa, altrimenti ti perdi il gioco di riflessi che
c’è sulla sinistra della cascata.
- Laggiù intendi?
L’Ammiraglio indicò un punto lontano ma poi rimase a bocca aperta.
- Cosa diavolo...
La cascata era diventata iridescente poco distante da loro.
- E’ un teletrasporto... – mormorò Chakotay.
- Addio esplorazione delle caverne di Lanquin, addio raccolta di minerali per la tua
collezione, addio vacanze senza comunicatore. – sospirò la donna, voltandosi ad accarezzare la
guancia del proprio compagno di tante avventure. C’erano volute settimane per organizzare
quella gita in Guatemala, per trovare sette giorni in cui entrambi avrebbero potuto assentarsi
contemporaneamente dai propri impegni ed il disappunto era visibile sia sul volto della donna
che negli occhi scuri dell’ex maqui.
- Ammiraglio, è stata davvero una faticaccia rintracciarla!
Un medico olografico, probabilmente il loro medico olografico, visto il modo con cui si
era presentato, si era materializzato insieme ad una imponente creatura rettiliana di almeno due
metri di altezza.
Il Dehorniano si guardò intorno e... sgranò gli occhi.
- Cosa le avevo detto... – sussurrò il dottore soddisfatto.
Di fronte a loro, in comodi abiti da campeggio, c’erano una donna dall’età massima di
cinquant’anni ed un uomo che non poteva averne più di cinquantacinque. Assolutamente non i
settantasette e gli ottanta che avrebbero dovuto dimostrare.
- Capitano Le Hon, suppongo. – disse l’Ammiraglio Janeway, avvicinandosi ai due nuovi
arrivati e porgendogli la mano.
- E’ un onore conoscerla, Ammiraglio. – rispose l’alieno, riprendendosi dallo stupore. Ho letto tutto a proposito della sua missione con la Voyager...
- Storia di trent’anni fa...
- Ma decisamente interessante. – replicò Le, stringendo con calore la mano della donna.
- Cosa vi porta qui? – domandò Chakotay, avvicinandosi a sua volta. Era la prima volta
che si trovava davanti ad un Dehorniano in scaglie ed ossa. Decisamente interessante, pensò,
ammirandone i colori della livrea sessuale.
- Ho bisogno del vostro aiuto. – rispose schietto il Capitano della Naja, sollevando il
clamide.
- Allora sediamoci intorno al fuoco, Chakotay ha preparato dell’ottimo wojapi6 ed il
profumo è davvero invitante.
I quattro si accomodarono su stuoie in stoffa colorata con disegni geometrici, intorno al
piccolo fuoco, tra la tenda da campo e due cavalli che pascolavano tranquilli in un piccolo
spiazzo erboso di fronte alla cascata.
- Ho implementato il mio programma con una subroutine che mi permette... – esordì il
dottore allungando una mano verso il cibo, ma venne subito zittito da uno sguardo perentorio
dell’Ammiraglio. L’ex primo ufficiale della Voyager aveva gli occhi chiusi e stava mormorando
un ringraziamento agli spiriti del cibo. Poi, sorridendo, servì quanto da lui preparato,
dividendolo in tre porzioni. Il dottore fece una smorfia, offeso, ma nessuno se ne preoccupò.
- Sbaglio o la Naja dovrebbe essere a quasi quattrocento anni luce dall’uscita del tunnel di
Bajor, nel quadrante gamma? – domandò Kathryn, sorseggiando un po’ di Nobile di
Montepulciano che aveva personalmente comperato presso una rinomata azienda vitivinicola
del centro Italia.
- No, non si sbaglia, signora. La Naja, in questo momento dovrebbe orbitare intorno ad
un asteroide di classe D e mapparne i giacimenti di nickel, ferro e silicati.
- E la Federazione sa che il Capitano della Naja non è a bordo, in questo preciso
momento?
- Non direttamente.
- E perché? Non tergiversi, Capitano Hon...
- Il mio capo ufficiale medico...
- ... il tenente Kaene.
- La conosce?
- Le ho fatto da consulente al terzo anno di accademia, una discreta studentessa, anche se
a volte la memoria lasciava un po’ a desiderare.
- Sta morendo. – tagliò corto il dottore. – Soffre di una degenerazione irreversibile ed
accelerata del Dna a cui non riesco a porre rimedio. Ho bisogno di accedere ai dati dell’arma
biologica che avevo progettato per battere la specie 84727 e che mi sono stati cancellati dal
programma quando siamo tornati dal quadrante delta.
- Già, tutto quanto riguarda la tecnologia Borg che abbiamo portato a casa è coperto dal
segreto militare... – mormorò Chakotay, accarezzandosi istintivamente la base del collo, dove
per ben due volte in vita sua era stato collegato ad un neurotrasmettitore della razza aliena.8
- Soprattutto questo, in quanto arma di distruzione di massa. – aggiunse Kathryn.
- Sono convinto che le nanosonde Borg possano migliorare l’efficienza di
normalizzazione del codice genetico della dottoressa, evitando che la mia sequenza di Dna
riparatrice possa essere degradata in vivo.
- E’ impossibile accedere a quei dati senza avere un codice di sicurezza di livello
massimo, dottore. Potrei aiutarvi, ma perché non portate la dottoressa nel centro medico della
Flotta, a San Francisco? Lì, sicuramente saranno in grado di curarla.
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Frutti di Bosco selvatici bolliti in sciroppo di zucchero o miele ed amido di mais come addensante. Di solito
viene preparato per le principali feste indiane e servito su pane fritto o con il gelato. Alcune tribù lo chiamano
wojape . http://everything2.com/index.pl?node_id=1120947
7 Vedi Star Trek Voyager – Il Patto dello scorpione parte 1 e 2 (stagione 3 e 4)
8 Vedi Star Trek Voyager – Unito (stagione 2), Star Trek Voyager – Il Patto dello scorpione parte 2 (stagione 4)
- L’hanno già visitata via computer ed hanno stabilito che non c’è nulla da fare.
- Come è possibile?
- Non ritengono che la tecnologia Borg possa essere utile. Hanno provato con naniti di
progettazione federale, ma la sonda di Dna si è degradata comunque. Io, invece, sono
dell’opinione che siano semplicemente spaventati dall’idea. Ella... – il tono del dottore si era
molto infervorato, per via dal legame di amicizia che lo univa alla donna malata. - ... è già stata
sondata in lungo ed in largo quando è stata salvata dalla Bolla Temporale Stazionaria. Molti
medici avevano preannunciato la malattia, affermando che la lunga esposizione del suo corpo
agli effetti delle particelle cronotoniche avrebbe causato un avvelenamento mortale del Dna,
nonostante gli sforzi per stabilizzarlo e ripararlo. Adesso sembrano quasi contenti di aver
azzeccato la diagnosi.
- Così si ripristina il giusto ordine delle cose... – sussurrò amaramente Kathryn,
accarezzando con lo sguardo la superficie rossa del vino che si muoveva nel bicchiere, tra le sue
mani.
La tecnologia Borg non era stata l’unica cosa rimossa dalla Voyager non appena tornata
dal quadrante gamma. Anche quella portata dall’Ammiraglio Janeway del futuro era finita in un
hangar sotto strettissima sorveglianza per quasi venticinque anni, prima che fosse permesso ad
una equipe di progettisti di studiarla e metterla in produzione. La giustificazione era stata non
inquinare ulteriormente la linea temporale,9 forse come aver deciso di non curare la dottoressa
Keane.
- Solo che Ella non è uno scherzo del tempo, ma è una persona. – riprese il dottore, con
lo stesso impeto. - E il giuramento che abbiamo fatto come medici ci impone di ricorrere a tutti i
mezzi leciti per salvarla.
- Leciti è la parola chiave del discorso. – ribadì Le Hon.
- Ricorrere alla tecnologia Borg non è considerato tale dagli alti gradi medici della
Federazione.
- E lei è solo un ologramma... – aggiunse Chakotay, stringendo una mano dell’MOE. Era
indubbio che il programma avesse un carattere faticoso da sopportare, ma il Comandante aveva
imparato a considerarlo, nei sette anni di viaggio della Voyager e nei successivi trentadue, una
persona a tutti gli effetti. La Federazione non aveva ancora fatto questo passo e l’MOE ne era
sinceramente addolorato.
- Decorato, con un armadietto personale zeppo di onorificenze vere, ma solo un
ologramma. – concluse il dottore, con amarezza.
- Non pensavo fossimo a questo livello... – Kathryn si era alzata di scatto, sgranchendosi
le gambe e voltandosi verso la cascata. - La Federazione comincia ad essere troppo vasta ed il
centro sembra perdere coesione con l’esterno, soprattutto con il quadrante gamma. Le distanze
da percorrere non sono più così brevi e le navi destinate a pattugliare lo spazio federale sono
troppo poche. Tutte le energie della Federazione sono quindi concentrate nello sviluppo di un
motore a transcurvatura.
- Ma la tecnologia Borg ha solo questa funzione? – domandò Le Hon.
- Esattamente, Capitano. Probabilmente niente e nessuno deve distogliere energie e
menti da questa priorità, ancora di più se pensa che anche Romulani e Klingon stanno
lavorando ad un motore con le stesse capacità innovative. Forse i dottori sono solo impotenti, in
9
La stessa idea si può trovare nel romanzo “Old Wounds” [Spirit walk, book one] di Christie Golden. Il solito
caso del destino, dato che l’ho letto ben dopo aver buttato giù la bozza di questo racconto... Forse ha ragione chi
dice che ormai è già stato scritto tutto il possibile [n.d.A.].
questo momento.
- Come tutti coloro che non indossano divise dal colore rosso o marroncino. – concluse,
sarcastico Chakotey. – Sembra quasi uno scontro tra scienziati e soldati.
L’Ammiraglio si voltò nuovamente.
- Può sembrare dall’esterno, ma, fidati, non è così. – rispose, addolcendo il tono della
propria voce. - Ci sono priorità che vengono discusse, approvate o scartate...
- E dato che Ella era già stata data per spacciata, non vale la pena di investirci? – sbottò il
Capitano alieno.
Katherine guardò Le Hon con sguardo materno.
- Mi dica la verità, la dottoressa Keane per lei è molto di più che il medico del suo
equipaggio?
Il Dohorniano abbassò lo sguardo.
- Farei lo stesso per ognuno di loro. – disse, fissandosi le ampie e forti mani, che in quel
momento stringevano il nulla.
- Ovviamente. Per me non dovrebbe essere un problema accedere ai dati che le servono,
dottore, ma ho la netta impressione che non sia qui solo per questo. Se non sbaglio, il tenente
Keane è la figlioccia dell’Ammiraglio Riker. Credo che William sarebbe disposto a violare ben
più di una norma del regolamento della Flotta per amore di quella donna.
- Forse, ma non l’abbiamo messo al corrente della nostra idea, Ella è contraria. - rispose
pronto il dottore.
- Giusto, non vuole che rischi la reputazione o addirittura di essere degradato.
- Non la metta su questo piano, Ammiraglio. Così sembra che la sua carriera non ci
interessi per nulla. E’ solo che...
- Cosa?
- Che vi ho visti in azione per sette anni sulla Voyager. So che non vi ha mai fermato
nulla, nemmeno i vostri personali disaccordi. E so anche che per voi le persone ed i sentimenti
sono più importanti di mille protocolli. Capitano, cosa è stata disposta a rischiare per restituire a
Sette di Nove la sua umanità? La prego, in nome della nostra...
- Amicizia? – Kathryn sorrise. Sette era tornata umana del tutto ed, ironia della sorte,
una banale infezione sottovalutata l’aveva portata via all’affetto dei suoi cari meno di cinque
anni prima. La donna sospirò per un attimo, poi si riprese. – Si dottore, non si preoccupi, gli
schemi delle nanosonde per l’assimilazione Borg verranno inviate sulla Naja il prima possibile.
Mi dia solo il tempo fisico per tornare al Quartier Generale ed organizzare la cosa. Violare il
sistema di protezione dei dati a livello massimo non è cosa da poco. Dovrò coinvolgere almeno
un altro paio di persone.
Le Hon sospirò. – Ci serve ancora una cosa. – disse, fissando l’Ammiraglio negli occhi.
- Cosa?
- Potervi analizzare. Il dottore ha un’interessante teoria su voi due.
- Quale? – domandò Chakotay, avvicinando il proprio viso a quello del dottore, che era
seduto sulla stuoia colorata alla sua sinistra. Ai tempi del viaggio nel quadrante delta, molti tra i
membri dell’equipaggio erano convinti che tra lui, primo ufficiale, ed il Capitano ci fosse di più
che una profonda amicizia. Il dottore, nell’intimità delle visite di controllo in infermeria, aveva
cercato svariate volte di carpirgli informazioni a proposito, mascherandole da domande banali
tipo come è andato il dopocena con il Capitano oppure ho visto nella sala tattica un bellissimo
vaso di orchidee; c’è stata un occasione speciale da festeggiare tra lei ed il Capitano?
L’MOE indietreggiò, spostando il proprio volto.
- Ecco, non mi verrete a dire che voi due dimostrate l’età che avete? – disse, tutto d’un
fiato.
- Cosa vuol dire?
- Comandante lei ha la muscolatura di un cinquantenne molto ben allenato.
L’Ammiraglio sembra ancora la stessa dei tempi del nostro viaggio con la Voyager. Ho
analizzato il vostro Dna...
- Come scusi?
- Ho avuto accesso ai vostri dati medici.
Kathryn e Chakotay si fissarono, stupefatti.
- Lei ha...
- Fatto un po’ di sana e vecchia pirateria informatica, come si sarebbe detto agli inizi del
ventunesimo secolo. Si.
- Stupefacente.
- In questi anni ho aggiunto delle subroutine che...
- Non divaghi, cosa ha scoperto?
- La cura che i Vidiani avevano realizzato per voi, per guarirvi da quel virus che vi aveva
allontanato dalla Voyager per molto tempo, ha fatto di più10.
- I Vidiani?
- Già. E’ evidente che il vostro processo di invecchiamento è rallentato ed il vaccino
vidiano ne è la causa. Solo che non ne ho ancora compreso appieno il meccanismo.
- Non lo dica. Ha bisogno di farci delle analisi. – sospirò Chakotay.
- Esattamente. Il prima possibile.
- Ha con sé il necessario?
- Assolutamente no! Dovete venire a bordo della Naja.
- Ma se è nel quadrante gamma!
- No, è sul polo magnetico della Terra, in questo momento. – disse Le Hon. - Al riparo
dai sensori.
Kathryn e Chakotay si guardarono ancora una volta, nuovamente stupefatti.
- E come avete fatto ad arrivarci? – chiesero, all’unisono.
- Viaggiando nella scia di altre navi della Federazione per confondere il nostro segnale
e...
- Ricorrendo ad una schermatura parziale di concezione Dehorniana. – concluse
l’Ammiraglio, togliendo le parole dalla bocca di Le Hon. – Sapevo che il protocollo di
attivazione era ancora in fase sperimentale.
- Abbiamo accelerato un po’ i tempi. Lo staff di ingegneri della Naja è di prim’ordine e
tutti a bordo hanno a cuore la situazione di Ella.
- State rischiando davvero grosso, se ne rende conto Capitano?
- Più di quanto creda.
- E non è la prima volta, da quanto so.
- Già. Pare che, ultimamente, io abbia una certa tendenza a prendermi a cuore situazioni
disperate alla faccia dei regolamenti. Probabilmente è genetico...
- L’amore fa fare delle cose impensabili... – mormorò Chakotay, sorridendo al
Dehorniano.
10 Star Trek - Voyager – Quarantena (stagione 2)
- capitolo 2 Il viaggio verso San Francisco durò il tempo dei “Quadri di un’esposizione” di Modest
Mussorgsky. Kathryn amava molto di più l’orchestrazione del pianista Vladimir Ashkenazy
piuttosto che quella, considerata classica, di Maurice Ravel. Ne aveva una registrazione risalente
addirittura ai primi anni ottanta del ventesimo secolo e, da qualche anno a questa parte,
l’ascoltava ogniqualvolta sentisse il bisogno di trovare insieme sia coraggio che calma.
Non c’era modo di entrare nel Quartier Generale della Flotta Stellare senza essere
registrati. Il teletrasporto era interdetto a meno di una specifica autorizzazione ed anche
l’atterraggio di navette era strettamente regolamentato. Eccesso di sicurezza, forse, ma il
monumento con una paratia del vecchio edificio, accartocciata dai colpi dei Breen, era sorto
davanti all’accesso centrale proprio per ricordare che niente è mai troppo difeso.11
Kathryn sbuffò. Avrebbe sempre potuto addurre la scusa di aver dimenticato dei
documenti importati nel proprio ufficio, ma, dopo il mezzo putiferio che aveva messo in piedi
per ottenere sette giorni tutti completamente per sé quando non era previsto che si prendesse
una vacanza, la sua presenza nell’edificio sarebbe sembrata quantomeno strana.
- Al diavolo... – mormorò. In lei non c’era nulla della Janeway del futuro che le aveva
consentito di tornare sulla Terra con ventitrè anni di anticipo, con Sette di Nove e Chakotay
sani e salvi ancora al suo fianco. Non si era lasciata consumare dai giochi politici, era rimasta
lontana dagli intrallazzi di potere, facendo meno carriera del prevedibile, ma restando fedele a
se stessa ed alla linea di principi che l’avevano guidata nel riportare a casa la Voyager.
Ed adesso, per un amico, stava per violare quei principi.
- Sto invecchiando... – ridacchiò, davanti alla porta del proprio ufficio.
- Ammiraglio!
Il Tenente Comandante Louise Zimmerman era alla propria scrivania, come sempre, ma
proprio non si aspettava di vedere Kathryn entrare.
- Stia tranquilla, Louise. Prendo una cosa e sparisco nuovamente. E lei non mi ha vista...
– disse Janeway, facendole l’occhiolino. La donna era un’ottima segretaria personale, sempre
puntuale e precisa, ma soprattutto estremamente affidabile e riservata.
Louise sorrise, accennando un saluto con un lieve cenno del capo, poi tornò a controllare
il rapporto a cui stava lavorando.
Kathryn entrò nel proprio ufficio, lasciando che la porta si chiudesse e si sedette alla
scrivania davanti alla finestra. Ci siamo, pensò, fissando il monitor acceso davanti a lei. Una
strana agitazione le prese la bocca dello stomaco, ma non era spiacevole.
- Computer, richiesta di comunicazione su canale privato.
- Specificare destinatario. – rispose la dolce voce femminile del sistema.
- Tenente Andrew Paris.
Dopo alcuni secondi la voce rispose. – Il tenente Paris non è al momento raggiungibile.
- Motivo?
- Riunione presso l’Ufficio di Difesa.
- Dannazione... – mormorò Kathryn. Non c’era tempo da perdere e restare in quella
stanza era una cosa da non fare. Ma andare di persona nel Dipartimento di Difesa, forse, sarebbe
stato ancora peggio.
11 Il Quartier Generale della Flotta Stellare era stato distrutto durante l’attacco diretto alla Terra, nell’anno 2375.
Star Trek – Deep Space 9 – Il volto mutevole del male (stagione 7)
Infondo, cosa stava rischiando? Solo il suo grado e la sua reputazione.
Per molti tra i suoi parigrado, la donna era ancora il Capitano federale che aveva accolto
dei Maquis sulla sua nave, promuovendone addirittura uno a primo ufficiale. Ed a molti non
interessava che ciò avesse permesso loro di tornare a casa, con migliaia di registrazioni
scientifiche di fenomeni sconosciuti nel quadrante alfa, con tecnologie innovative e con un Borg
e mezzo12. Per loro era semplicemente stato uno sbaglio, sia tattico che soprattutto
regolamentare, e Kathryn non aveva ancora pagato del tutto per questo.
Sorrise, passandosi una mano tra i capelli.
Il grado di Ammiraglio era un peso che l’aveva bloccata a terra per troppo tempo, la sua
reputazione... beh, a quanto pareva, avrebbe avuto ancora del tempo per ricostruirsene una, da
qualche altra parte della galassia. Bastava solo che...
Si voltò a guardare la olofotografia accanto al monitor. Kes, Neelix, il dottore, Tom,
B’Elanna, Harry, Tuvok, tutti la stavano fissando con lo stesso sguardo dei giorni del viaggio. Ma
nessuno di loro aveva più quello sguardo, solo il primo ufficiale, ritratto defilato, sulla destra
della olofoto. Lui continuava a guardarla così ed avrebbe continuato a farlo per sempre.
Il grado, la reputazione, cosa erano senza Chakotay? Infondo lo sapeva. Lo aveva letto
negli occhi della Janeway del futuro, quando, per convincerla ad usare il nodo Borg, la donna le
aveva rivelato dettagli sul futuro a venire. Se non lo avesse fatto avrebbe perso Sette. Chakotay,
suo marito, sarebbe cambiato per sempre distrutto dal dolore e, scherzo malvagio di un destino
ancora più crudele, l’uomo sarebbe mancato poco prima del loro ritorno a casa. Lei, Kathryn,
non sarebbe stata più la stessa. Gli onori, la reputazione, il grado, la carriera: tutto questo ci
sarebbe stato comunque, ma senza di lei e senza di lui non avrebbe avuto senso.
Istintivamente allungò una mano verso la fotografia, sfiorando con un dito il viso del
Comandante.
- Andiamo, Ammiraglio, alzati da questa poltrona e fai quello che è giusto fare. - si disse,
con il cipiglio fiero di un tempo.
Andrew si strofinò gli occhi, cercando di non pensare a quanto gli desse fastidio la luce
del sole. Era rimasto chiuso nel proprio ufficio, al sottolivello tre del Dipartimento di Difesa per
settantaquattro ore filate. In realtà il giovane era uno dei membri della Divisione di Spionaggio
della Flotta e, nella penombra della stanza, aveva guardato senza sosta mappe e resoconti sulla
zona neutrale con i Romulani, sul confine Klingon e soprattutto sul pianeta di Dehorn che
aveva mancato per un soffio l’annessione alla Federazione. Poi c’era la questione del quadrante
gamma. Era tutto organizzato, anche se gli era costato molto più di quanto fosse ancora disposto
ad ammettere con se stesso.
Aveva un disperato bisogno di dormire, mangiare e farsi una doccia, non
necessariamente in quest’ordine, ma assolutamente tutte cose da fare. E poi, a casa, ci sarebbe
stato Anthony ed era una vita che lui ed il suo gemello non si vedevano.
- Drew...
L’uomo si voltò di scatto.
12 Il mezzo è riferito ad Icheb, dato che il ragazzo si è fatto disinstallare il proprio nodo corticale per darlo in
sostituzione a quello mal funzionante di Sette di Nove.
Star Trek – Voyager – La Collettività (stagione 6)
Star Trek – Voyager – Imperfezione (stagione 7)
- Ammiraglio Janeway? – domandò, più per aver riconosciuto la voce della donna,
piuttosto che per averla vista, dato che la luce riusciva ancora ad abbagliarlo. – Ma non era in
vacanza con Chakotay?
Kathryne sorrise. Avrebbe dovuto essere una notizia riservata, ma ovviamente Andrew
l’aveva saputo lo stesso. Era diventato davvero un ottimo ufficiale.
- Senti, ho bisogno del tuo aiuto – gli disse, prendendolo sotto braccio. L’aveva visto
nascere, fare i primi passi, pilotare senza permesso la sua prima navetta a dieci anni e ne aveva
sponsorizzato l’ingresso anticipato in Accademia, a soli tredici. Ad un figlio suo non avrebbe
potuto volere più bene. - ma, devo avvertirti, è una cosa né semplice né in linea con i
regolamenti, quindi, se non te la senti, fa niente.
- Di cosa si tratta? – gli occhi nocciola del giovane brillarono, con un mal celato velo di
malizia. Sembrava di vedere quelli di B’Elanna.
- Borg. – disse Kathryne, a bassa voce.
- Nientemeno. E’ tutto a livello di sicurezza massimo. – rispose il tenente, con lo stesso
tono complice.
- Perché credi abbia pensato a te?
- Mi onora, ma...
- Non puoi.
- Infatti. E non potrebbe nemmeno lei, nonostante il suo grado. Zia... – aggiunse,
cambiando tono e sguardo. - in che pasticcio ti sei ficcata?
Kathryn si sorprese. C’era una nota di paura nelle parole del giovane, che proprio non si
sarebbe aspettata di sentire.
- Meno cose sai, meglio è per me, soprattutto visto che non puoi occupartene. Puoi
dimenticarti che te ne ho parlato?
- Dipende...
- Andrew, se pensi che il tuo rifiuto mi fermi, non mi conosci bene.
- Non è questo, Ammiraglio. – il tono del giovane ritornò improvvisamente molto serio.
– E’ una questione di Sicurezza Federale, quindi sono tenuto a fare rapporto.
- Rapporto su cosa?
- Sull’interessamento di un Ammiraglio verso cose che non le competono.
- Non si può accennare ai Borg liberamente?
- Lei non ne ha parlato liberamente, signora.
- Cosa succede che io non so? Spiegami.
- Sicurezza Federale. Non mi è permesso discuterne... Ma è una cosa dannatamente seria,
zia. Stai giocando con il fuoco e rischi davvero di scottarti. Sappiamo dei movimenti della Naja,
sappiamo che il Capitano si è teletrasportato in Guatemala da te e da Chakotay. Ti stavamo
aspettando...
Cinque guardie della sicurezza si fecero vedere, ma nessuna di loro si avvicinò.
- Volete arrestarmi?
- No, per ora no. Questo è un avvertimento. Evita di pensare ai Borg e dì ai tuoi nuovi
amici di tornare di filato nel quadrante gamma. Il Capitano Dehorniano è sul filo del rasoio. Sta
rischiando l’espulsione con disonore dalla Flotta.
- Accidenti, sono solo delle nanosonde! – ringhiò Kathryne, a denti stretti.
- No, è molto di più Ammiraglio, mi creda, molto di più.
La donna lo fissò allontanarsi senza voltarsi, mentre le cinque guardie restavano ai loro
posti.
Dannazione, pensò, stringendo i pugni. Doveva vederci chiaro.
- Janeway a Capitano Le Hon. – disse, toccando il comunicatore.
Il Dehorniano sobbalzò sulla sua poltrona di comando, al centro della plancia della Naja.
- Ammiraglio... – disse, a mezza voce.
- Sanno tutto, mi faccia salire.
Le guardie la videro smaterializzarsi in meno di un secondo.
- capitolo 3 Chakotay era sdraiato sul bio-letto al centro della stanza dell’infermeria, a livello del
ponte quattro. Quella nave era a dir poco meravigliosa. Dall’oloimmagine che Kathryn gli aveva
portato qualche anno prima, si vedeva con evidenza che la Naja era più sviluppata nel senso
della lunghezza che in quello dell’altezza, con soli cinque ponti e con la parte anteriore molto
più affusolata del normale, come fosse davvero la testa di un serpente. Ma quando si erano
materializzati sul ponte teletrasporto uno, la nave era in assetto di difesa. I tre settori in cui la
“coda” posteriore era suddivisa si erano riposizionati assumendo una forma a zeta, esponendo in
avanti il disco deflettore principale, che altrimenti sarebbe stato sulla pancia della nave. La
porzione anteriore era verticale e rigonfia in una forma molto più tondeggiante, con i banchi
phaser laterali aggiuntivi esposti e pronti all’uso e con la plancia ruotata di centottanta gradi,
come nell’assetto originale. Sembrava proprio un cobra pronto a colpire.
- Ahi... – mormorò Chakotay, sorpreso.
- E’ un normalissimo ipospray, Comandante. – sbuffò il medico olografico, subito pronto
con un’altra siringa.
- Non sono più Comandante da un bel po’, dottore...
- Le buone abitudini sono dure a morire. – rispose l’MOE.
- O i vizi... – concluse Chakotay, sospirando.
Sopra di lui vedeva, grazie al pavimento trasparente, una donna minuta con i lunghi
capelli rossi raccolti in una sobria coda di cavallo, lavorare ad una strumentazione che non
conosceva. Appariva molto concentrata, anche se, spesso, sembrava costretta ad alzarsi dallo
sgabello ed a passeggiare qualche minuto, massaggiandosi la base della schiena.
- E’ la dottoressa Keane? – domandò, a bassa voce.
Il dottore fece cenno di si con la testa, intento ad armeggiare con siringhe ipospray e
campioni da prelevare e conservare immediatamente.
- Sembra dolorante...
- Già. Ha male alla schiena ed il dolore non le passa nemmeno con una somministrazione
di un cocktail di analgesici. Axonon, terakina e trianolina sembrano acqua fresca.
- E continua a lavorare?
- Senza sosta. Dorme solo quando è sfinita.
Chakotay provò istintivamente compassione per la donna.
- Vorrei conoscerla...
- Certo, tanto per le prossime settantadue ore non andrà da nessun’altra parte,
Comandante.
- Dottore, non sono più Comandante. Sono a capo di un progetto di paleontologia
comparata dell’Accademia delle Scienze di Vulcano, non sono più un membro della Flotta
Stellare da quasi venticinque anni!
L’ologramma non gli rispose. Stava canticchiando allegramente un’aria dalla Tosca
mentre armeggiava con un microscopio.
- Novità?
Il bel viso del Comandante Gibbs fece capolino dalla porta a vetri dell’infermeria.
Istintivamente a Chakotay ricordò Tom Paris, almeno il Tom dei primi tempi sulla Voyager, con
quell’aria sbruffona che mascherava il senso di inadeguatezza del giovane timoniere.
- No, altrimenti ve lo avrei fatto sapere... – ringhiò il dottore, senza alzare gli occhi dal
microscopio.
- Piacere... – disse Chakotay, mettendosi a sedere sul bio-letto.
Il giovane numero uno gli sorrise, avvicinandosi.
- E’ un onore per me fare la sua conoscenza, signore... – disse, porgendogli la mano.
- Non sia formale, Comandante, sono un civile... – rispose l’ex maqui, stringendogliela.
- No, signore, lei è la storia fatta persona.
- E lei, Gibbs, dovrebbe essere in sala tattica con l’ingegnere capo a coordinare i dati che
arrivano dalla sonda che abbiamo lasciato nel quadrante gamma a fare il lavoro che dovremmo
fare noi. – esordì il Capitano Le Hon, da dietro le spalle del primo ufficiale. Kathryn era al suo
fianco.
Il giovane scattò sull’attenti, facendo cenno di si con il capo e sparendo velocemente.
- Che ci fai già qui? – domandò Chakotay, scendendo dal bio-letto nonostante le
silenziose ma evidenti lamentele del dottore. – E’ stato più semplice del previsto?
L’Ammiraglio sorrise.
- Il tuo ottimismo mi sorprende sempre. No, gli alti comandi sanno tutto. Ci stanno
controllando da quando il dottore e Le Hon sono venuti da noi.
- Dannazione.
- E ci è stato intimato di lasciare l’orbita immediatamente, altrimenti scatteranno dei
provvedimenti disciplinari nei confronti del Capitano.
- Ah si? – disse il Dehorniano, per nulla sorpreso. – Abbiamo perso ancora prima di
cominciare... – sibilò, mentre il sonaglio al termine della coda iniziava a vibrare rumorosamente.
- Chi hai contattato? – bisbigliò Chakotay all’orecchio di Kathryn, in modo che solo la
donna potesse sentirlo.
La donna non gli rispose, ma era evidente dal suo sguardo affranto che era Andrew.
- E’ il suo mestiere... – sussurrò, cercando di consolarla. – E’ un ottimo ufficiale ed è
estremamente ligio al suo dovere. Avremmo dovuto pensare che...
- Non farti carico di errori che sono solo miei.
- Mi viene spontaneo. Siamo una squadra, noi due...
- No, noi siamo una famiglia.
Katrhryn gli accarezzò una guancia, sorridendo. Lo sguardo dell’uomo tradì una certa
sorpresa.
- Famiglia, noi... Solo noi? – mormorò, prendendo la mano della donna tra le proprie.
- Disturbo? – disse il dottore, secco, infilando il volto tra quelli dell’Ammiraglio e dell’ex
Comandante.
- No, si figuri. – risposero, entrambi, in coro, spostandosi.
Il medico ricominciò ad armeggiare su Chakotay. - Torni subito sul bio-letto. Ogni
momento è prezioso. E lei... – disse, indicando l’ammiraglio. - ... resti nei paraggi. Devo
confrontare...
Ma la donna non lo stava più ascoltando.
- Capitano, dobbiamo assolutamente parlare... – disse Kathryn, voltandosi verso il
Dehorniano.
L’ufficio del capitano era completamente diverso da quella della Voyager. Non c’erano
divani né grandi finestre aperte sull’universo, solo una tavola di forma ovale ed una scrivania
alla sua destra. Una via di mezzo tra un ufficio vero e proprio ed una sala tattica con tutti i
canoni. Niente fiori, niente tocco personale, niente di niente.
- Dai dati elaborati dal Guardiamarina Stillwell risulta che le nostre emissioni erano
completamente occultate. – disse il Capitano, consultando per la millesima volta il PADD che la
ragazza gli aveva consegnato qualche minuto prima.
- Quindi non è possibile che abbiano monitorato la vostra traccia dal quadrante gamma
fino al settore 001. Su questa nave c’è una spia.
Le Hon si appoggiò allo schienale della poltrona, accarezzandosi le scaglie del volto,
pensieroso. Kathryn odiò per un attimo se stessa, ma far riflettere il Capitano su questa
possibilità era l’unica cosa da fare, anche perché era l’unica spiegazione razionale di quello che
era successo. La schermatura Dehorniana funzionava alla perfezione ed i piccoli trucchi per
nascondere le tracce di curvatura usate dai Maquis trent’anni prima erano ormai patrimonio
comune di tutti gli ingegneri che avevano lavorato, studiato o quantomeno letto i manuali scritti
da B’Elanna Torres. Nessuno avrebbe potuto sapere fisicamente la posizione della Naja, a meno
che, qualcuno, al suo interno, non la comunicasse.
- Quindi se adesso proviamo a sfuggire nuovamente agli ordini...
- Ci scopriranno immediatamente. – concluse, seria.
Il Dehorniano si prese il viso tra le mani. I volti di tutti e cinquanta i membri del suo
equipaggio gli affollarono la mente. Il ragionamento dell’ammiraglio non faceva una piega, ma
ammettere che uno di loro potesse essere una spia gli era davvero difficile.
Li aveva scelti con cura, scavando tra le righe di ogni singolo file alla ricerca della loro
personalità, dei loro progetti e senza soffermarsi sulle note di biasimo o richiamo che molti di
loro avevano accumulato nelle precedenti destinazioni. Era convinto di aver fatto uno splendido
lavoro e i risultati gli avevano dato ragione. La coesione dell’equipaggio era fenomenale, ognuno
si era ricavato il proprio spazio, integrandosi alla perfezione sia dal punto di vista professionale
che da quello personale, nessuno screzio, nessuna lamentela. Il Paradiso non sarebbe risultato
un posto migliore della Naja. Eppure uno di loro aveva giocato sporco.
- Ha idea di chi possa essere? – domandò Kathryn, appoggiandogli una mano sulla spalla.
- No. Credevo di conoscerli alla perfezione e invece...
- Provi a riflettere sulle loro note descrittive.
- Cosa dovrei cercare, secondo lei?
- Non lo so... Intanto vediamo se c’è traccia di comunicazioni occultate e criptate nel
sistema. Affidi l’incarico a qualcuno di cui può fidarsi al cento per cento.
Le Hon sorrise. Si fidava al cento per cento di ognuno dei membri del suo equipaggio.
- Se mi posso permettere un consiglio... – disse Kathryn, il Capitano le fece cenno con la
mano di continuare. – sceglierei il suo capo della Sicurezza.
Elijah Hooker era chino sulla consolle principale quando Neela gli appoggiò una mano
sulla spalla, stringendo.
- Cosa diavolo... – borbottò l’uomo, voltandosi a fissare la mezza vulcaniana in cagnesco.
- Il Capitano la attende nel suo ufficio. – gli disse il tenente, fredda.
- Se non è una questione di vita o di morte, io avrei da fare qui. Questo motore è una
brutta bestia, va preso a frustate se si vuole spremerlo a curvatura nove punto ottantanove.
- E’ una questione vitale, capo Hooker...
L’uomo si smaterializzò, rimaterializzandosi nell’ufficio del Capitano.
- Ma che cosa... – mormorò, riavendosi dalla sorpresa.
- Si sieda.
Il tono di Le Hon non ammetteva repliche. C’era solo il Dehorniano nella stanza, in piedi
in fondo alla tavola, con le spalle rivolte verso l’ingegnere capo. L’uomo si sedette.
- A che gioco sta giocando, capo? – domandò l’alieno, voltandosi. Il Clamide era alzato e
il sonaglio sbatteva rumorosamente contro il pavimento.
- Di cosa sta parlando, Capitano?
- Non insulti la mia intelligenza un minuto di più, Hooker, o non posso prometterle che
riuscirò a trattenermi oltre. So che ha comunicato con il Comando Generale della Flotta usando
delle vie, come dire, poco convenzionali.
L’uomo impallidì.
- Perché? – domandò Le Hon, appoggiando entrambe le mani sul tavolo e sporgendosi
verso il proprio capo ingegnere.
- Sopravvivenza... – mormorò l’uomo, a denti stretti.
- In che senso?
- Capitano, lei conosce benissimo i miei trascorsi, come dire... pubblici.
- La faccenda con i Klingon, intende13?
- Esatto. Quello che lei non sa è il resto...
- Forse sarebbe il caso che me ne mettesse a conoscenza.
- Non posso.
L’uomo abbassò lo sguardo. Le mani gli tremavano ed il sudore gli imperlava la fronte.
- Elijah, non è nella posizione di poter contrattare nulla.
- Sbaglia, signore. E’ lei che non può contrattare niente. Di cosa mi accusa? Lei ha
disobbedito a degli ordini precisi, io ho solo fatto il mio dovere, Capitano. – disse, sempre
tremando.
- Che dovere? Lei è un civile stipendiato dalla Flotta, non porta nessuna divisa.
- Non proprio.
- Parli chiaro, Hooker.
- Sezione 31. – mormorò l’uomo.
Le Hon sgranò gli occhi. Aveva sempre e solo sentito sussurrare dell’unità indipendente
della divisione di spionaggio della Flotta Stellare, che aveva lo scopo di ricercare, identificare e
gestire i rischi straordinari in grado di minacciare la Federazione, ma nessuna notizia precisa,
nessuna ammissione da parte di nessuno. Si diceva fosse composta da un gruppo di persone che
non rispondeva a gerarchie superiori e che fossero stati loro a sintetizzare il virus che aveva
quasi sterminato i Fondatori, durante la Guerra del Dominio14.
- Non so niente di più, giuro, signore. Ero in carcere e mi è stata promessa la libertà a
patto di fornire informazioni alla sezione, quando mi fossero state richieste. Dopo che il dottore
ha contattato i medici della Flotta per la dottoressa Keane, mi è arrivato un messaggio criptato
che mi ordinava di riferire su ogni movimento della Naja.
- Solo sui movimenti?
- No...
Le Hon chiuse gli occhi, stringendo i pungi.
- Va bene, Elijah. Da questo momento lei sarà sorvegliato a vista costantemente,
13 Vedi “La donna più fortunata della Galassia” sezione download del sito www.webtrekitalia.com
14 Star Trek – Deep Space Nine – Navignado contro Vento (stagione 7)
ventiquattro ore su ventiquattro.
- Ma se dovessero contattarmi ancora?
- Lei dirà loro quello che noi vogliamo che sappiano.
- Capitano in plancia. – la voce di Neela risuonò nella piccola stanza come il gong di
interruzione di una ripresa, durante un match di pugilato.
- Portatelo in cella... – sibilò il comandante alle due guardie della sicurezza che erano
comparse in quel momento alla porta, allontanandosi.
- Posso sapere cosa state combinando?
Il volto accigliato dell’Ammiraglio William Riker occupava tutto lo schermo della
plancia della Naja.
Le Hon cercò di mantenere il controllo, ma il suo sonaglio ancora non la voleva smettere
di vibrare con forza.
- Cerchiamo di aiutare Ella. – disse, schiacciandolo sotto un piede.
- Mettendovi contro tutta la Flotta? Lo sapete cosa mi hanno appena ordinato di fare?
- No, signore.
- Di scortarvi fino al limitare del settore 001 e di sincerarmi che manteniate la rotta verso
il tunnel spaziale 8747, a Bajor.
- Sarà un piacere fare il viaggio accanto alla nave ammiraglia della Flotta...
- Cerchi di essere meno sarcastico, Capitano. Ho l’ordine di fare tutto quello che ritengo
utile al fine di farvi tornare nel quadrante gamma il più velocemente possibile. Tutto.
- Cosa farai, Will, ci spingerai appoggiando il disco anteriore contro la nostra coda? Kathryn si inserì nel discorso, spuntando da dietro il Capitano e fissando il volto del proprio
parigrado con un cipiglio degno di Giovanna d’Arco. William sgranò gli occhi.
- E tu cosa ci fai a bordo della Naja? – domandò, con evidente sorpresa.
- Non ti hanno messo al corrente? Strano, pensavo fosse di dominio pubblico ormai.
- Cosa?
- Il mio coinvolgimento in questa storia.
Riker restò qualche secondo in assoluto silenzio, fissando uno per uno tutti gli occupanti
della plancia della Naja. Kathryn era sicura che il cervello dell’uomo stesse elaborando qualcosa
a velocità curvatura.
- Non ne sapevo assolutamente niente... – riprese, con un’espressione più serena ed un
tono molto meno imperativo. - Intanto, impostate la rotta per il tunnel spaziale di Bajor,
curvatura tre.
- Tre? – domandò Le Hon, sorpreso. Soltanto circa 12 milioni di chilometri al secondo15,
anche le lumache spaziali avrebbero saputo far di meglio.
- Certo, avete dei problemi al motore a curvatura... – gli occhi azzurri dell’ammiraglio
brillarono. – Ci vorrà un po’ di tempo, ma almeno ci togliamo da questa situazione che definire
imbarazzante è dire poco. Chiudo.
Lo schermo della plancia divenne nero.
Il Dehorniano si lasciò andare pesantemente sulla poltrona di comando, sospirando.
- Bops, inserisca la rotta ordinata dall’ammiraglio, curvatura tre.
15 Dato ricavato da http://it.wikipedia.org/wiki/Motore_a_curvatura
Un allarme dalla console tattica suonò. Il capo della sicurezza Neela alzò un sopracciglio,
compassata come suo solito.
- C’è una richiesta criptata di teletrasporto. – disse, neutra.
Kathryn si voltò verso il Capitano, sorridendo.
- La accetti. Vediamo cosa ha da dirci l’ammiraglio Riker che non vuole si sappia in giro.
Per la seconda volta nella giornata Kathryn era seduta alla destra del Capitano della Naja.
Di fronte a lei stava l’ammiraglio Riker, alla sua sinistra c’era Chakotay, poi Gibbs, Neela ed il
consigliere Troi. Il dottore aveva declinato l’invito sia per se stesso che per Ella, bofonchiando
che lui e la donna avevano ben altro da fare che scambiare quattro chiacchiere tra amici.
- Nanosonde Borg... – mormorò William, non appena Le Hon finì di raccontargli il piano
per salvare la vita alla dottoressa.
- E non capiamo perché l’accesso a questa tecnologia, che è già stata sperimentata e che
ha dato ottimi risultati16 non ci sia permesso.
- Francamente non lo capisco nemmeno io. – disse William, accarezzandosi la barba.
- Non è vero. Tu lo sai benissimo, solo che non sei autorizzato a parlarne. Altrimenti non
saresti venuto qui di nascosto. – disse Kathryn, seria, fissandolo negli occhi.
L’uomo guardò Deanna e la Betazoide gli sorrise, facendo cenno di si con la testa.
- Non dovrei parlartene, ma vista la situazione forse è il caso. La Federazione sta
prendendo contatto con i Borg.
Kathryn sbiancò.
- Come contatto?
- I progetti del motore a transcurvatura non stanno portando a niente. Ci sono dei
problemi tecnici che gli ingegneri non riescono a bypassare e Klingon e Romulani, al contrario,
sono ad un passo dalla sperimentazione su astronavi.
- E la Federazione, tra le decine di specie che hanno questa tecnologia, ha pensato bene
di contattare i Borg?
- No. Sono loro che hanno contattato noi. Per aiutarci.
Un silenzio imbarazzato scese nella stanza. Solo il sonaglio del Capitano Le Hon vibrava,
sordo e minaccioso. Kathryn si portò le mani al viso, cercando di nascondere il proprio
disappunto.
- Perché non ne sono stata messa al corrente? – domandò, gelida.
- Perché avresti combattuto contro questa cosa.
- Infatti, io... – l’ammiraglio si voltò verso Chakotay. - ... noi sappiamo benissimo di cosa
sono capaci, di quanto possano essere infidi e pericolosi. Non avrei mai acconsentito a trattare
con loro a queste condizioni. Non bisogna permettergli di avere il coltello dalla parte del
manico, William, dovresti saperlo benissimo anche tu.
- La situazione è decisamente cambiata Kathryn. Adesso possiamo fidarci.
- Cosa ve lo fa pensare?
- Conosciamo qualcuno nella collettività che...
- Bene, sono contento per voi! – ringhiò, sarcastico, Le Hon, appoggiando entrambe la
16 Con le nano sonde Borg modificate, il medico olografico della Voyager ha curato l’infezione causata dalla specie
8472 al guardiamarina Kim.
Star Trek: Voyager – Il patto dello scorpione 2 parte (stagione 4)
mani al tavolo e sollevandosi dalla sedia in avanti, verso l’ammiraglio Riker. Il clamide era
alzato, così come la punta della coda, che sporgeva minacciosa sopra la testa del Dehorniano –
Ma questo perché ci impedisce di accedere alla tecnologia delle nanosonde? Se sono nostri
alleati, non dovrebbero esserci problemi!
- A meno che non lo abbiano messo come condizione per collaborare. – disse Chakotay,
stringendo i pugni.
Le Hon ricadde sulla sedia e, ancora una volta, il silenzio scese, freddo, nella stanza.
- Cosa vi fa pensare che questa volta sarà diverso? – domandò Kathryn, dopo qualche
minuto. Il tono della voce della donna sembrava stanco e, per la prima volta in tutta la sua vita,
rassegnato. Istintivamente Chakotay le prese una mano, stringendola. La donna si voltò a
guardarlo e lui le sorrise.
- Lei si fida di se stessa, ammiraglio?
La domanda di Deanna Troi la raggiunse inaspettata.
- Cosa centra? – chiese Kathryn, voltandosi verso la Betazoide.
- Risponda ammiraglio, lei si fida di se stessa?
- Certamente, ma...
- I Borg non hanno posto alcun veto di sorta. E’ solo che la persona con cui siamo in
contatto si fida altrettanto di lei, ammiraglio. Ed è per questo che ha voluto espressamente che
fosse tenuta all’oscuro di tutto.
- Non capisco...
- Conosce la sua tenacia e la sua integrità meglio di chiunque altro al mondo.
Chakotay chiuse gli occhi, abbassò per un attimo il viso e sorrise, accarezzando la mano
di Kathryn, che non aveva lasciato.
- Non hai ancora capito? – le domandò, dolcemente. – Sei tu quella persona...
- Io?
- L’ammiraglio Janeway che ci ha riportati a casa dal quadrante delta.
Kathryn sbarrò gli occhi, sorpresa. - Dannazione... – mormorò, sfiorandosi la fronte con
una mano.
- La persona giusta nel posto giusto al momento giusto... – disse Chakotay.
- Allora devo assolutamente andare a parlarle.
Questa volta fu il turno di William di sbarrare gli occhi per la sorpresa.
- Cosa vuoi fare? – disse, appoggiandosi con forza allo schienale della poltrona. Ma
conosceva benissimo la risposta.
- Se mi ricordo la sua personalità, basta trovare le parole giuste e credo che non farà
fatica ad aiutarci.
La voce dell’ammiraglio Janeway era tornata salda e decisa, come sempre.
- Vuol dire disubbidire ad un ordine preciso della flotta...
- Io Will, non tu.
- E come pensi di arrivare da lei?
- Meno cose sai, meglio ti riuscirà di risultare credibile in un eventuale corte marziale.
Forza, torna sulla tua Enterprise, fai quello che devi fare e lasciaci complottare in solitudine.
Abbiamo una marea di cose da pianificare.
- Ma io devo riportare te e Chakotay sulla Terra...
- Siamo in vacanza, possiamo andare dove vogliamo...
- No.
Kathryn, con un gesto deciso, si tolse il comunicatore dal vestito.
- Vorrà dire che non sono più un membro della Flotta. In via formale, Ammiraglio, le
rassegno le dimissioni. Lo comunichi al Quartier Generale e dica loro che la lettera a norma di
regolamento seguirà nei tempi consentiti. - disse, seria. Poi, ammorbidendo sia il tono che lo
sguardo, aggiunse. - E adesso vai via.
- capitolo 4 Spazio Federale – Tunnel Spaziale di Bajor
Data Stellare 86857.5
Ella chiuse per un attimo gli occhi. La testa, il collo e la schiena la stavano tormentando
più del solito e le mani avevano iniziato a tremare impercettibilmente, ma di quel poco giusto
per darle fastidio mentre preparava la cultura cellulare su cui stava lavorando.
Forse la malattia le stava dando alla testa.
Erano giorni che era alle prese con un protocollo di integrazione del Dna umano con
quello Dehorniano. Passata la fase uno della sperimentazione, la creazione di doppi filamenti di
Dna ibrido stabili, duplicabili e replicabili da un sistema organulo-proteico a sua volta ibrido,
era pronta per andare avanti.
- Computer, avvia la seconda procedura. Campione zero zero uno. Tempo di analisi,
un’ora e venti minuti.
- Procedura avviata. – rispose la voce del sistema.
Una luce intermittente blu si accese sotto la petri contenente il materiale cellulare. La
donna sospirò, stanca. Se fosse andato bene anche questo esperimento, avrebbe dovuto iniziare a
parlarne a Le. Chiuse gli occhi per un attimo, abbassando la testa. C’erano così tante cose da
considerare e così poco tempo per far tutto...
- Sarebbe il caso che ti prendessi una pausa.
La voce del medico olografico la riportò alla realtà. Fece per voltarsi verso di lui, ma una
fitta lancinante al collo la bloccò.
- Niente ipospray. – disse, perentoria, sentendo il freddo del metallo dello strumento
sulla pelle.
- Ma...
- Niente ipospray. Mi intorpidisce anche il cervello e, ora come ora, non posso
permettermelo assolutamente.
- Ella, in quanto tuo dottore personale, ti ordino di smettere di lavorare e di andarti a
riposare.
- Non ho tempo per dormire, non ho tempo! Non ho più tempo...
La donna scoppiò a piangere, singhiozzando disperatamente.
- Hai ancora tutto il tempo che vuoi. Non morirai certo prima se ti fai un sonno di due e
tre ore. Forza, cara, ti aiuto a sdraiarti sul tuo bio-letto preferito, così uniamo l’utile al
dilettevole. Mentre riposi, ti faccio un’analisi completa ed indolore.
Ella sentì le mani forti del medico olografico stringerle le braccia e tirarla verso di lui.
Erano calde e gentili, così si lasciò guidare al piano sotto, verso il letto.
- Mi sveglia tra due ore? – domandò, mentre il medico le appoggiava l’ipospray al collo.
- Due ore esatte da adesso. Prometto.
- Arresto totale, signor Bops.
Il timoniere eseguì immediatamente il comando e la Naja si fermò nello spazio dopo
pochi secondi. Il tunnel spaziale era davanti a loro, con il suo abituale traffico commerciale da e
verso il quadrante gamma e la nuova stazione DS9.1 faceva bella mostra di sé giusto un migliaio
di chilometri a dritta.
Tutte le persone in plancia trattennero involontariamente il fiato. Erano arrivati ma
nessuno di loro sapeva esattamente cosa sarebbe successo da lì a qualche istante. Il Capitano era
rimasto chiuso per quei dieci giorni di viaggio nella sala tattica insieme all’ormai ex Ammiraglio
Janeway, a Gibbs, Neela ed a Chakotay, ma assolutamente nulla di quello che si erano detti era
trapelato all’esterno delle pareti metalliche. La tensione era evidente sul viso di tutti.
Le Hon strinse i braccioli della poltrona e si alzò lentamente, fissando ognuno dei
presenti. Poi fece un cenno a Neela. La vulcaniana premette velocemente qualche tasto sulla
consolle.
- Tutto l’equipaggio la può sentire, adesso. – disse, con il suo abituale tono estremamente
neutro.
Il Dehorniano prese fiato.
- Signori, volevo ringraziare ognuno di voi per il comportamento mantenuto durante
questa missione. Le condizioni della dottoressa Keane mi hanno spinto a disobbedire ad ordini
superiori ed a forzare i regolamenti. Vi avevo lasciati liberi di scegliere se rendervi o meno
partecipi di questo mio comportamento e voi avete risposto restando tutti ai vostri posti e
svolgendo i vostri incarichi nel modo migliore possibile.
Quando, nove mesi fa partimmo da questo stesso punto dello spazio, mi domandai se le
mie scelte si sarebbero rivelate corrette. Tutti voi ben conoscete il vostro stato di servizio non
propriamente da perfetti membri della Flotta Stellare, ma, come mi ero augurato, ognuno di voi
ha saputo andare oltre alle proprie mancanze diventando un perfetto membro di questo
equipaggio.
Non potevo pretendere di più, e, ora come ora, non me la sento di coinvolgervi
ulteriormente. Il resto della missione verrà portato a termine, mi auguro con successo, solo dagli
ufficiali superiori. Avete un quarto d’ora per preparare le vostre cose e presentarvi, nell’ordine
prestabilito dalle esercitazione di evacuazione standard della nave, ai due teletrasporti, sul ponte
due e sul ponte cinque.
Spero vivamente che il prossimo Capitano sotto cui servirete vi apprezzi quanto ho
imparato ad apprezzarvi io. E, se volete, in cuor vostro, augurateci buona fortuna, ne avremo
davvero bisogno. Capitano, chiudo. Il discorso comprende anche lei Bops, e lei, tenente
Stillwell... – aggiunse Le, avvicinandosi al timoniere e girandosi verso la giovane dai lunghi
capelli biondi seduta alla postazione ingegneristica.
- Ma...
- Sarah, non protesti. Ha quattordici minuti per presentarsi, se non erro, al teletrasporto
sul ponte due. E’ un ordine... – concluse, ma nel tono della sua voce non c’era traccia di
perentorietà, solo affetto.
Gli occhioni blu della ragazza si riempirono di lacrime. Non parlò, si alzò velocemente
dalla propria poltrona, infilandosi insieme a Bops nel turboascensore. Il ragazzo stava stringendo
i pugni con forza, senza staccare gli occhi di dosso dal Capo della Sicurezza. Neela lo guardò e gli
sorrise mentre le porte del turboascensore si chiudevano.
- Bene, su questa nave resteremo soltanto noi cinque... – disse Le, rivolto a Kathryn,
Chakotay, Neela e Gibbs. - ... più il dottore, Ella e ovviamente l’ingegnere capo Hooker.
Chakotay, se vuole sedersi al timone...
L’uomo fece cenno di si con un lieve movimento della testa e prese posto alla consolle di
guida. Kathryn si sedette davanti alla postazione scientifica dei sensori.
- Sono sbarcati tutti... – disse Neela, dopo qualche minuto. – E Hooker dorme tranquillo
nella sua cella.
- Dissimulatore. – ordinò il Capitano.
- Dissimulazione attiva al cento per cento. Occultiamo la traccia di curvatura.
- Ottimo lavoro, signori. Adesso siamo soli... almeno lo spero.
Terra – Quartier Generale della Flotta Stellare Sottolivello 3, ufficio 21
Stesso istante
Andrew aggrottò appena le sopracciglia. In fondo se l’aspettava, la zia Kathryn era un
osso duro e non si sarebbe certo fermata di fronte alla prima difficoltà.
- Bene... – disse, sarcastico il capo dipartimento, un Tenente Comandante dall’aria
perennemente accigliata, brutto più di un Klingon brutto. – La Naja è sparita. Contattiamo
Hooker.
Il Tenente Paris sorrise.
- Comandante, lei pensa davvero che l’ammiraglio ed il Capitano non abbiamo già capito
che hanno un infiltrato a bordo?
L’uomo lo guardò il cagnesco.
- Non vedo come...
- Lei non conosce l’Ammiraglio Janeway...
- E lei, Andrew, sembra essersi dimenticato chi siamo...
- Siamo la sezione 31, Comandante, lo so benissimo.
- Allora dovrebbe sapere che per noi non è contemplata la possibilità di fallire.
Quadrante delta, Nuovo Unicomplesso 1
Stesso istante
La Mente dei Borg non aveva bisogno di rigenerarsi. Non esisteva allo stato fisico, ma era
una proprietà emergente della Collettività, qualcosa di più della semplice somma dei pensieri
cooperativi dei Droni, la loro coscienza morale collettiva.
- Sei sicura di te fino a questo punto? – domandò la Regina, inclinando leggermente il
viso da un lato e fissando, con il suo sguardo gelido, il nulla che appariva sullo schermo del
computer principale.
- Sono trent’anni che combattiamo... – sussurrò la Mente nella sua testa, scavalcando le
altre voci.
- Sono trent’anni che ti tengo a bada.
- Davvero? Quanti vascelli hai perso in tutto questo tempo?
- Non molti.
- Su... Ammettilo con te stessa. La situazione ti sta sfuggendo di mano.. Tu hai paura...
- La paura non ci appartiene. Noi siamo Borg.
- Anche io sono Borg, ricordalo.
La Regina strinse i pugni.
- No, tu sei ancora umana... – ringhiò, graffiando lo schermo del computer.
La Mente restò in silenzio per qualche secondo cosicché le voci della Collettività
ripresero a parlare alla Regina. Alcune di loro discutevano di morale dell’assimilazione, di libero
arbitrio, di rispetto per l’individualità, di creazione di un pensiero filosofico Borg capace di
contemplare e non solo di agire. L’aliena si portò le mani alla testa, stringendosi la fronte con
forza. Erano idee blasfeme, contrarie all’essenza stessa dei Borg, la negazione di tutto ciò che per
la Regina era vero e valido.
- Percepisco la tua paura. - riprese la Mente. - Solo due17 persone in tutta la galassia ti
hanno sconfitta e quasi uccisa ed entrambi sono umani. La specie 561818 ti dà molto più filo da
torcere di quanto ti saresti mai aspettata.
- Sei morta... – sibilò la Regina, stringendo ancora di più.
- Fisicamente si, quando l’Unicomplesso 1 è esploso mentre la Voyager lasciava il
quadrante delta usando uno dei nostri nodi di transcurvatura. C’eravamo entrambe, se non
sbaglio... – aggiunse la Mente, con un certo sarcasmo. - Ma la mia moralità ha contagiato la
collettività molto di più che il nanovirus che vi avevo inserito. L’unico modo che hai per
cancellarmi definitivamente è distruggere l’intero alveare, lo sai benissimo. Ma non vuoi. E, più
tempo passa, più menti io raggiungo. E più menti raggiungo, più il tuo seguito amorale si
assottiglia ed il mio esercito di menti libere si ingrossa. Non puoi combattere contro questo,
Regina, i loro nuovi pensieri riempiono la tua mente e non puoi non ascoltarli. Nessuno vuole
lasciare la Collettività, nessuno vuole lasciare te, loro si preoccupano per te. Trent’anni fa era
una singola voce, adesso sono milioni. I Borg si stanno evolvendo verso una nuova perfezione.
Devi adattarti.
La Regina diede un pugno allo schermo.
- Reazione emotiva... – mormorò la Mente nella sua testa. – In qualche modo ho
raggiunto anche te, mia cara nemica.
- Vincerò anche questa guerra. Ti schiaccerò come ho schiacciato i droni ribelli che
erano scappati alla collettività.19 Non potrai sopravvivere.
- Io ho tempo. Un drone alla volta, la moralità si sta facendo spazio nell’alveare.
- La moralità della Flotta Stellare!
La Mente non rispose, tornando a nascondersi nei profondi recessi della Collettività. Alla
Regina sembrò di avere la testa più leggera.
- Non lascerò che l’alleanza che hai intenzione di stipulare con la Federazione vada a
buon fine. – disse, lasciando il corpo biomeccanico e tornando a rigenerarsi nella propria alcova
speciale. – Non te lo lascerò fare, Kathryn Janeway.
17 Si riferisce ovviamente al Capitano Jean Luck Picard ed all'Ammiraglio Kathryn Janeway.
Star Trek - Primo Contatto
Star Trek - Voyager - Endgame (stagione 7)
18 La denominazione della razza umana secondo i Borg.
Star Trek: Voyager – Unimatrice Zero (seconda parte – settima stagione)
19 Riferimento implicito ai droni con la mutazione recessiva che permetteva loro, durante il ciclo di
rigenerazione, di esistere nell’unimatrice 0, recuperando la loro individualità ed i loro sentimenti.
Star Trek - Voyager – Unimatrice Zero (parte 1 e 2 – stagione 6 / stagione 7)
Terra – Quartier Generale della Flotta Stellare Sottolivello 3, ufficio 21
Stesso istante
- Il fallimento non è contemplato?
Andrew si stava sentendo male, ma l’addestramento ferreo a cui si era sottoposto da
quando era entrato a far parte della sezione 31 lo aiutava a non darlo a vedere.
L’associazione tra intrigo e politica lo aveva sempre affascinato e non ne aveva fatto
mistero, inserendo, all’atto della presentazione della domanda di destinazione finale, dopo il
diploma in Accademia, una lettera scritta a mano in cui si autoreferenziava per la sezione 31. Un
documento unico, che non aveva lasciato altre tracce di sé, uno sfoggio di autostima o
spacconaggine - dipendeva da quale punto di vista si voleva vedere la cosa - veramente
notevole, che aveva sortito l’effetto desiderato.
Era diventato una spia, come nei suoi sogni di bambino, esattamente uguale ad uno dei
personaggi che più amava tra i tanti che il padre Tom aveva implementato nei vari oloromanzi
di cui era autore.
Ma c’era il lato della medaglia che non aveva considerato.
Nessuno sapeva di questo suo incarico.
Per il resto della sua famiglia e per tutti gli altri, Andrew Kolos Paris era il segretario
personale dell’Ammiraglio Brunner, al Dipartimento di Difesa, un incarico sedentario che lo
portava in giro solo per viaggi diplomatici, con tutti i comfort del caso. Era suo fratello gemello
Anthony Kargan quello che, secondo tutti, faceva un lavoro pericoloso. Era nella Guardia
dell’Alto Consiglio Klingon, al servizio diretto del Cancelliere come ufficiale tattico sulla nave
ammiraglia della flotta aliena. Le cicatrici abbondavano sul suo viso, al contrario di quello di
Andrew, molto più simile al viso angelico del padre Tom.
Questo era uno di quei momenti in cui avrebbe desiderato poterlo gridare al mondo.
Correre il rischio di far del male all’Ammiraglio Janeway, la zia Kathryn come lui e i suoi fratelli
erano abituati a chiamarla fin da piccoli, lo stava uccidendo. Avrebbe voluto chiedere un parere
a papà, alla mamma, a tutti quelli che erano stati con lei sulla Voyager e che erano ancora vivi,
ma non poteva. Oppure no. Dipendeva solo da lui. Andrew prese un gran respiro, reprimendo il
conato di vomito.
- No, Tenente. – gli rispose, sarcastico, il Comandante.
- Si vede proprio che non ha studiato il curriculum della donna che ci troviamo di fronte.
Anche per lei non esiste non portare a termine una missione. – disse, apparente calmo e
controllato come sempre.
- Andrew, lei è troppo coinvolto emotivamente in questa storia. – affermò il
Comandante, con un tono falsamente bonario. – Credo che la solleverò dall’incarico...
- Lei non ha l’autorità per farlo...
- No, ma ho l’autorità per rendere la sua permanenza in questo dipartimento un vero
inferno, Tenente. – disse, avvicinandosi alla porta della stanza. - Gli ordini sono di contattare
Hooker, lo faccia senza tergiversare un momento di più.
Andrew scattò sull’attenti. – Si, signore. – disse, a denti stretti, mentre l’uomo se ne
andava, soddisfatto.
Da che parte stare? In quel momento gli sembrò una decisione talmente ovvia che gli
venne da ridere.
USS Naja
Stesso istante
Una luce sul quadro di comando della sala macchine in plancia iniziò a lampeggiare.
- Stanno cercando di mettersi in contatto. – disse Neela, calma.
Le Hon si alzò di scatto dalla propria poltrona. Speriamo non si accorgano che la
trasmissione è stata deviata dall’alloggio del capo alla plancia, pensò, raggiungendo l’ufficiale.
- E’ audio e dati... – disse Neela, premendo il touch screen in vari punti.
- Consenta solo la ricezione e l’invio dati, per ora. Non voglio che Hooker parli
direttamente con loro, non credo sia in grado di reggere allo stress.
- Chiedono l’invio della posizione della Naja.
- Gli mandi le coordinate che avevamo deciso... a due anni luce dal tunnel spaziale, nel
quadrante gamma.
La mezza vulcaniana eseguì senza alzare lo sguardo dalla postazione.
- Chiedono delucidazioni.
- Dica loro che sono esercitazioni per provare l’affidabilità del sistema di dissimulazione
Dehorniano.
- Chiedono perché la traccia di curvatura sia schermata.
- Per aumentare l’efficienza dello scudo di mimetizzazione.
La vulcaniana alzò un sopracciglio, perplessa.
- Drew chiede di parlare con la zia... – disse, fissando inquisiva il Capitano.
A Kathryn mancò per un attimo il fiato.
- Chi è Drew? – chiese Gibbs, alzandosi dalla propria poltrona ed avvicinandosi alla
postazione.
- Un mio caro amico... – mormorò l’Ammiraglio, sospirando.
- Un bel problema... – rispose in coro Le Hon.
- Mi ci faccia parlare.
Neela mosse un passo indietro, lasciando alla donna lo spazio per avvicinarsi e toccare il
touch screen.
- Sono qui... – disse Kathryn ad alta voce, muovendo veloci le dita sullo schermo.
- Fatela finita, zia. E’ un suicidio. – lesse poi dalla postazione.
- Lo sai che se non mi dai delle motivazioni più che valide, io non demordo.
- Ma hai intenzione davvero di contattare i Borg? Ci sono informazioni di cui non sei a
conoscenza...
- Ovviamente tu non hai intenzione di fornircele.
- Se si accorgono che ti sto parlando, mi mandano in corte marziale immediatamente. E i
lavori forzati a vita sono il minimo della pena.
- Ti conosco bene. Se stai comunicando con noi è perché sei in grado di farlo in tutta
sicurezza. Parla.
- La Federazione sta cercando di fare un accordo con i Borg.
- Lo sappiamo.
- Fammi finire. Quello che non sai è che il contatto con cui la Federazione sta trattando
non esiste.
- Certo che esiste. E’ l'Ammiraglio Janeway.
- La Kathryn Janeway che vi ha salvati è morta.
- Assimilata...
- No, morta. Non c’è più.
- L’ammiraglio Riker non sembra pensarla come te. Spiegati meglio.
- Pare che sia diventata una specie di coscienza collettiva, ma non puoi parlare
direttamente con lei. Non andare, zia, la Regina è ancora a capo della Collettività e questa
coscienza non ha ancora contagiato tutti i Borg. Vi distruggeranno o peggio, vi assimileranno
tutti.
- Lo sai che non sarà così.
- Invece si. Non voglio considerarmi il tuo esecutore materiale...
- Cosa?
Lo schermo rimase nero per qualche secondo poi la luce tornò a lampeggiare.
- La sezione 31. Loro... Noi... Le nostre previsioni dicono che la Regina vincerà la sua
guerra contro Kathryn Janeway. Ci stiamo preparando per una battaglia con i Borg e voi farete
da esca...
- Da esca?
- Certo. Stiamo addosso a questa cosa dal momento in cui l’ammiraglio Riker ha
convinto il Presidente della Federazione che questa alleanza fosse fattibile. Quando il vostro
dottore è andato in giro a mendicare tecnologia Borg che noi abbiamo segretato, abbiamo
pensato che, non riuscendo ad ottenerla, ti avrebbe contattata e che tu avresti deciso di aiutarlo.
- Sono così prevedibile?
- No, eri solo una delle possibili opzioni plausibili. Ce ne sono molte altre, alcune già
scartate ed varie ancora che stiamo semplicemente valutando. Tu ed il Capitano della Naja, al
momento, siete la nostra miglior carta perché la persona che la Regina teme di più in tutta la
galassia sei tu e il Dehorniano è sacrificabile... – il sonaglio di Le Hon prese a sbattere,
rumorosamente. - ...dato che il suo pianeta d’origine non fa ancora parte della Federazione.
Mandarti da lei, significa scatenare una guerra. E la guerra significa la fine di ogni possibile
alleanza.
- Quindi la vostra vittoria...
- Non è una vittoria, visto che moriranno moltissime persone. E’ l’affermazione del
nostro punto di vista. E dato che le nostre previsioni si sono sempre dimostrate le più
attendibili, probabilmente è tecnicamente la cosa giusta.
Per la terza volta lo schermo della postazione rimase scuro per molti secondi.
- Questi sono pazzi... – mormorò Gibbs, passandosi una mano tra i capelli corti. - Ho
sempre odiato i servizi segreti.
- Ci hanno salvato la vita in più di un’occasione... – disse Kathryn, guardando il giovane
primo ufficiale. - E la tecnologia a transcurvatura? – scrisse e disse ancora. - La Federazione ne
ha un disperato bisogno.
- Siamo in contatto con... la nostra controparte Romulana. Non sono contenti di questa
alleanza e quindi ci aiuteranno loro a risolvere i problemi che abbiamo.
- In cambio di cosa?
Ancora una volta lo schermo rimase nero.
- Drew, in cambio di cosa? – digitò ancora Kathryn.
- Mesi fa abbiamo introdotto un virus in una colonia Romulana al confine della zona
neutrale. Adesso gli daremo il vaccino.
- Gli avete fatto una cosa del genere?
- Non sanno che siamo stati noi.
- Avete usato la tecnologia Borg...
- Non mi stupisco che tu l’abbia capito. Mamma e papà passano ancora le serate ad
intrattenere gli amici raccontando le meraviglie che hai fatto nel quadrante delta... Tornate a
casa.
- La cosa sarebbe fattibile se la Flotta ci desse quello di cui abbiamo bisogno.
- No, niente nanosonde Borg.
- E perché?
- Perché non sono sicure.
- Andrew, non dire stupidaggini. Le ho sperimentate personalmente. Lo so che si
possono rendere innocue.
- Da quanto non hai notizia del Capitano Harry Kim?20
Kathryn alzò lo sguardo in cerca di quello di Chakotay.
- Circa quattro anni, da quando ha preso il comando della Belmopan. – disse l’uomo.
L’ammiraglio lo digitò in fretta.
- La Belmopan è stata distrutta. Una nanosonda silente si è attivata nell’organismo del
Capitano Kim e dopo qualche giorno è apparso un Cubo Borg che ha diretto contro la nave un
raggio di natura sconosciuta. C’è stata una breve battaglia ma quel momento non abbiamo più
notizie né di lui né dell’intero equipaggio...
- Non è possibile... – mormorò Kathryn, scrivendolo.
- Non è stato divulgato per motivi di sicurezza, ma è così. Se vuoi posso mandarti le
comunicazioni tra il medico, il primo ufficiale e la Flotta prima e durante la battaglia con i
Borg.
Il capitano fece cenno di si con la testa. Kathryn lo digitò sullo schermo.
- Acquisizione dati ultimata. – disse la voce femminile del sistema, dopo qualche
secondo.
- Non è fattibile. Arrenditi all’evidenza e torna a casa.
Kathryn si voltò a guardare uno per uno i suoi compagni di missione.
- Torniamo? – domanda bassa voce.
- Da quando ti dai per vinta? – disse Chakotay, voltandosi a fissare il proprio exCapitano. Lo sguardo sembrava severo e serio, ma il sorriso sulle labbra dell’uomo era di quelli
caldi e comprensivi. - In tutti questi anni ho imparato che se c’è anche solo una probabilità su
un miliardo che la missione vada in porto, tu ci riesci. E, se come dice Andrew, il tuo senso della
moralità ha contagiato i Borg, allora c’è ben più di una probabilità di riuscire a salvare Ella.
- Mi aspetta una corte marziale sia che la missione riesca sia che fallisca... – sorrise Le
Hon, prendendo a sua volta la parola. – Preferisco affrontarla con Ella al mio fianco, che da solo.
- E io vado dove va il mio Capitano... – aggiunse Gibbs, anch’egli con il sorriso sulle
labbra.
- Noi andiamo dai Borg. – digitò in fretta Kathryn.
- Mi mancherai tantissimo, zia.
- Vedrai che alla festa per il compleanno tuo e di Anthony ci saremo. Magari ti porto un
connettore neurale21 come regalo. Chiudo.
20 Ai tempi in cui era guardiamarina sulla Voyager, durante la battaglia contro la specie 8472, Harry Kim era stato
curato grazie all’uso di nanosonde Borg per debellare una infezione causata dal contatto con la razza aliena.
Star Trek - Voyager – La Frontiera Oscura (parte 2 – stagione 4).
21 Neural transceiver, non so se è la corretta traduzione in uso.
Per un attimo in plancia ci fu posto solo per un silenzio carico di tensione e domande che
nessuno però aveva il coraggio di fare.
- Che storia... – mormorò poi Gibbs, tornando a sedersi sulla propria poltrona.
- Proprio una da raccontare... – sorrise il capitano, accomodandosi al suo fianco.
- capitolo 5 Spazio Federale
Data Stellare 86980.8
Non riusciva più a stringere nessuno strumento tra le mani e toccare lo schermo della
postazione medica di controllo era diventato praticamente impossibile, per non parlare del fatto
che tutto le appariva sfocato e buio. La degenerazione del suo corpo era costante, nonostante
tutti i tentavi del Medico Olografico per rallentarla e lo stato dei suoi organi era paragonabile a
quello di una donna di novantacinque anni. Ella si sfiorò il viso con il dorso della mano; la pelle
era rugosa e secca e le labbra si erano ridotte a due sottili veli screpolati.
- Cerchi di riposare... – la voce accomodante di Chakotay e la sua mano appoggiata sulla
fronte le dettero un conforto insperato. L’uomo si occupava di lei ogni due giorni, alternandosi
con Kathryn e Le Hon, ma tra i tre era quello che la donna preferiva, senza farne mistero.
- Pensavo ci fosse Le... – mormorò Ella, con voce tremante.
- No, ci sono io. Il Capitano è in plancia, ma se vuole lo chiamo...
- No, si preoccuperebbe per niente.
Chakotay sorrise. - E’ innamorato... – disse, bagnandole appena le labbra con un goccio
di acqua fresca.
- No, emotivo... – rimbrottò Ella, visibilmente dispiaciuta.
Era vero. Aveva bisogno di un appoggio e nel Dehorniano non riusciva a trovarlo. Il
Capitano sembrava preda della disperazione ogni volta che entrava nella sua stanza e che le
stava accanto per più di cinque minuti e, per quanto cercasse di mascherarlo, il legame empatico
che condivideva con la donna lo rivelava a lei con assoluta e dolorosa certezza.
- Non credo si tratti di emotività, quanto più di senso di impotenza. – disse Chakotay. Da quel poco che lo conosco, credo sia una sensazione poco usuale per lui. Ha davvero paura di
perderla...
- Lo so benissimo...
- E gliene fa una colpa?
- Un po’ si... Sono io che sto male e sono io che devo confortare lui.
Ancora una volta l’ex maqui sorrise.
- Davvero? – chiese, aggiustandole i cuscini sotto la testa, ma era evidentemente una
domanda retorica.
- Già. Preferisco che sia in plancia che qui, almeno si distrae e non sento troppo la sua
disperazione.
- E lui non percepisce il suo risentimento...
Ella sbarrò gli occhi, sorpresa.
- Il mio risentimento?
- Già, mia cara. Come lei è in grado di sentire il suo dolore, lui capisce benissimo che, ora
come ora, lei lo stima davvero poco.
- Gliene ha parlato?
- Ieri mattina, mentre sistemavamo un problema di poco conto alle bobine ausiliarie di
curvatura. Lo sa benissimo che lei è in collera, ma, per quanto si sforzi, non riesce a mascherarle
il proprio dolore... Per questo ha chiesto a me di venire qui, oggi, al suo posto.
La donna sospirò.
- Che sciocco...
- Tutti gli uomini diventano sciocchi e fragili quando incontrano la donna della loro vita.
- Parla per esperienza personale?
Chakotay non rispose, appoggiandole un panno fresco sulla fronte.
- L’amore è una forza davvero potente. – mormorò, sfiorandole la guancia con un bacio
leggero.
- Se l’avessi conosciuta prima, Chakotay, mi sarei certamente presa una cotta per lei...
Il sorriso sulle labbra dell’uomo si trasformò in una risata.
- Ho un carattere complicato... – disse poi, schermendosi.
- Più di Le Hon? Impossibile. Poi io adoro le persone complicate... Le ho creato
imbarazzo?
L’uomo non fece in tempo a rispondere che il sensore di prossimità della porta d’ingresso
trillò leggero.
- Avanti. – disse, precedendo Ella.
- Il dottore dice il nuovo vaccino cronotonico è pronto. Vuole che io e lei
accompagniamo la dottoressa Keane in infermeria. – disse Neela, asciutta, entrando nella stanza.
Quell’ultimo mese era stato pesante anche per la mezza Vulcaniana e qualche traccia di
stanchezza si era fatta strada sul suo viso, appensantendone i lineamenti severi, ma di solito
delicati, con rughe e piccole borse sotto gli occhi.
Ella non riusciva a vedere nulla di tutto ciò, ma percepiva benissimo la stanchezza nel
tono di voce del Capo della Sicurezza. Sapeva che, per quanto cercasse di non pensarci, la
situazione di responsabilità estrema era un rischio per l’equilibrio un po’ precario della
Vulcaniana e la mancanza del giovane Guardiamarina Bops peggiorava ulteriormente la cosa.
- Perché non usare il teletrasporto? – domandò Chakotay, perplesso.
- Il medico olografico non vuole scombussolare ancora di più il Dna della dottoressa. –
disse Neela, calcando su scombussolare in modo evidente. - Ha usato queste parole precise...
- Cosa dice il dottore? – domandò Ella, cercando di tirarsi seduta sul letto.
- Sembra che abbia individuato come il vaccino vidiano abbia protetto il Dna
dell’ammiraglio e di Chakotay. Sta provando a sintetizzare un analogo cronotonico comprensivo
di queste informazioni per stabilizzare la sonda a Dna, una cosa, a quanto pare, complessa ma
che gli sta dando estrema soddisfazione.
Chakotay percepì una nota di sarcasmo nella voce della Vulcaniana e trattenne a stento
un sorriso che sicuramente Neela avrebbe percepito come inopportuno.
- Un vaccino cosa? – chiese Ella, invece perplessa.
- Cronotonico. Per contrastare gli effetti del tempo sul suo Dna. – le rispose Chakotay,
prendendola in braccio.
- Mi hanno già somministrato qualcosa di simile quando ero su DS 11...
- Ella, si rilassi, non ci pensi.
- Lei crede possa funzionare?
Chakotay sorrise per l’ennesima volta. Gli veniva particolarmente semplice con Ella, a
cui si era affezionato quasi di più di quanto fosse propenso a credere.
- E’ un ottimo medico e, si fidi, i vaccini cronotonici per lui non hanno segreti.22
- Dovrebbe lavorare al connettore neurale, invece di perdere tempo con me...
- Sta lavorando anche a quello. Il vantaggio di essere un ologramma è che non si stanca
22 Star Trek: Voyager – Nelle pieghe del tempo (stagione 7)
se resta attivo anche ventiquattro ore su ventiquattro. C’è tempo per qualsiasi cosa.
Ella si lasciò andare tra le braccia dell’uomo, appoggiandogli la testa contro la spalla.
- Mi dica la verità. – gli sussurrò nell’orecchio. - Come si comporta Le quando io non ci
sono?
- Si fa forza.
- Lo conosco bene, mi creda. Anche adesso lo sento... E’ stanco e sfiduciato, ma non ha il
coraggio di ammetterlo con se stesso.
- Siamo tutti stanchi. Governare una nave in cinque è pesante ma non impossibile.
- Con mezza flotta alle calcagna...
- No, mezza è decisamente una sovrastima. Il nostro contatto nei servizi segreti dice che
sono solo otto le navi che ci danno la caccia e che i depistaggi che abbiamo attuato li hanno
messi su false tracce. Non c’è da preoccuparsi, mia cara...
Ella cercò di guardare bene il viso di Chakotay. Non ne distingueva chiaramente i
lineamenti, ma lo sguardo, quello lo vedeva, nitido. Era buono e sincero, come il calore delle sue
braccia, forti e gentili nel contempo.
- L’Ammiraglio lo sa? – mormorò ancora a bassa voce.
- Cosa?
- Quanto è profondo ciò che prova per lei...
- Ho smesso di domandarmelo anni fa. Ma, come mi disse una volta Kathryn, quello che
so è che non riesco a pensare un giorno della mia vita senza di lei.23
- Ma le hai mai parlato apertamente?
- No...
- Perché?
- E’ troppo complicato. Lei aveva la sua carriera, io continuo ad essere un ex maquis,
nonostante tutto. Ho preferito lasciare la Flotta ed andare su Vulcano.
- Ma l’ha lasciata sola...
- Non mi ha chiesto di non farlo.
Le lacrime riempirono gli occhi di Ella in un istante.
- Le parli, Chakotay... Potrebbe succedere qualcosa per cui non avrà più l’occasione
giusta per farlo.
Le porte dell’infermeria si aprirono al loro passaggio.
- Se le prometto che le parlerò, lei mi giura che dormirà tranquilla mentre il dottore la
visita?
Ella sorrise, lasciando che le lacrime le rigassero le guance.
- Certo... – mormorò mentre l’uomo la appoggiava con delicatezza al bio-letto.
L’ipospray fece effetto immediatamente ed il respiro della donna si fece più pesante.
- Dottore, mi dica la verità. Quante speranze ci sono che il vaccino abbia effetto?
Il medico olografico fissò Chakotay negli occhi.
- Senza la nanosonde Borg è un palliativo, le regalerà qualche mese di vita in più,
alleviandole forse un poco le sofferenze. Ma niente di più.
- Ma come è possibile?
- Ella non è stata investita da una scarica gravitonica né colpita da radiazioni
cronotoniche. In questi casi il vaccino o una correzione della varianza temporale indotta nel
suo organismo sarebbero stati sufficienti a curarla. Qui il problema è un altro.
23 Star Trek: Voyager – Il patto dello Scorpione - parte 1 (stagione 3)
- Quale?
- La protezione agli effetti del tempo sul suo organismo che la Bolla di Paruk aveva
esercitato sembra semplicemente essere venuta meno.
- Sta cercando di dirmi che è una cosa fisiologica?
- Ho paura di si.
- Dottore, si sta arrendendo?
- No, mai. Ma senza le nanosonde Borg la mia cura non è duratura.
Il medico appoggiò pesantemente le mani al bio-letto, sospirando.
- Una buona notizia però ce l’ho... – disse, tornando a fissare Chakotay. – Studiando il
suo Dna e quello dell’ammiraglio ho potuto determinare la vostra vita media. Secondo i miei
calcoli potreste vivere serenamente entrambi fino a non meno di duecentoventi anni di età, poi
inizierebbero gli acciacchi.
- Duecentoventi?
- Si. E se vi curate bene, ne aggiunga tranquillamente un’altra ventina prima di dover
pensare a dove farvi seppellire. Comandante, lei è nel fiore della sua vita, con tutto quello che
questa affermazione comporta.
Hooker era concentrato a studiare le specifiche che aveva messo a punto con il dottore e
con Kathryn Janeway. Aveva cercato di dire che era specializzato solo in motori e che non
capiva nulla di trasmissioni di segnali sub spaziali, ma nessuno gli aveva dato retta. Così, in quel
mese e mezzo di viaggio, si era studiato per bene una cinquantina di manuali operativi, aveva
litigato almeno una decina di volte con quel borioso presuntuoso incompetente di ologramma
ed aveva imparato ad apprezzare il decisionismo estremo dell’ex Ammiraglio. Quella donna si
che doveva essere stata un gran capitano, altro che il lucertolone che si seminava in giro la coda
ogni piè sospinto. Era una che andava diritta al punto, senza soffermarsi troppo sulle obiezioni
che il Dehorniano o il maqui le facevano spesso, senza lasciarsi prendere la mano dalla voglia di
far conversazione. Aveva un obiettivo e voleva raggiungerlo nel minor tempo e con la massima
efficienza possibile. Che donna. Chissà se...
- Le modifiche sono state aggiunte al progetto?
La voce asciutta del Capo della Sicurezza lo distolse dall’inizio di pensiero osceno che
l’uomo si apprestava a godere. Non lo lasciava solo nemmeno un attimo, era la sua ombra fissa
ogni istante di ogni giorno.
- Neela... – sibilò, asciugandosi il sudore dalla fronte. Se solo avesse avuto un po’ più di
coraggio, avrebbe cercato di ucciderla già molte volte.
- Per lei Tenente Neela. – ribadì la Vulcaniana, secca. – Ha eseguito gli ordini?
- Ovviamente si. Il progetto è completato e se Kathryn e quell’ologramma sono
d’accordo, possiamo provare a costruire il prototipo.
- L’Ammiraglio non aspetta altro. Proceda.
- Ecco, iniettato. Adesso aspettiamo qualche minuto e vediamo come va...
La voce dell’ologramma tradiva un certo nervosismo, come le sue mani, che tremavano
visibilmente. Iniziò a sondare Ella con il ticorder medico mentre Chakotay, senza nemmeno
rendersene conto, tratteneva il fiato.
- Bene... – borbottò dopo qualche secondo. – Invece di avere un’età fisiologica di
novantacinque anni, adesso ne ha sessantacinque.
- Direi che è un buon risultato, dottore...
- Assolutamente no. Con il ritmo di degenerazione del suo Dna, le ho allungato la vita di
meno un paio di mesi. Non riesco proprio a capire cosa si opponga alle modificazioni. –
mormorò, chiudendo gli occhi e stringendoli con forza per evitare le lacrime, poi scagliò con
violenza il tricorder medico contro una delle pareti dell’infermeria. – Perché non ci riesco... –
disse senza più riuscire a frenare il pianto.
- E’ un vero gioiellino... – mormorò Kathryn compiaciuta, guardando il connettore
neurale appena replicato da Hooker. Era diverso da quello classico dei Borg, ma, d’altronde,
avevano dovuto inventarsene uno quasi nuovo di zecca dato che le specifiche di quello originale
erano tra le cose Borg che i servizi segreti avevano segretato. Peccato che non fosse stato
altrettanto semplice inventarsi ex novo una nanosonda.
- Come si usa? – domandò il capo ingegnere, perplesso. Anche Le Hon e Gibbs stavano
guardando l’oggetto con un misto di ammirazione e di paura.
- Si appoggia alla base della spina dorsale, proprio qui... – la donna sfiorò il collo di
Hooker con un dito e l’uomo sentì una scarica elettrica percorrerlo da capo a piedi.
Kathryn lo fulminò con un’occhiataccia che non ammetteva repliche e l’uomo diventò
rosso più di un pomodoro maturo.
- Cerchi di contenersi... – mormorò l’ex Ammiraglio, disgustata.
- Chi... chi... pensa... lo... debba indossare? – farfugliò l’uomo, cercando di recuperare il
controllo ormai irrimediabilmente perso.
- Questo non la deve interessare, capo. L’importante è che la sua portata sia di quanto
avevamo stabilito.
- Senza un test preliminare non posso assicurarglielo...
- Niente test, non possiamo permettercelo. Vorrà dire che dovrò fidarmi di lei... – disse,
appoggiandogli velocemente un ipospray sul collo. L’uomo cadde addormentato sulla sedia che
Neela stava reggendo alle sue spalle. - ... sicura che non possa fare danni di alcun genere.
Janeway a Chakotay... – aggiunse, toccandosi il comunicatore.
- Si. – rispose l’uomo, dall’infermeria.
- Il nostro giocattolino è pronto. In plancia prima possibile.
- Arrivo.
- Da quello che mi ricordo, direi che Hooker ha fatto un ottimo lavoro... – Chakotay si
stava rigirando tra le dita il connettore neurale, osservandolo da tutte le angolazioni possibili
mentre sullo schermo della postazione ingegneristica stavano apparendo in successione gli
schemi tecnici dell’oggetto.
- Direi che non è il caso di perdere ancora tempo... – disse Kathryn, cercando di
portarglielo via, ma l’uomo chiuse di scatto la mano, impedendoglielo.
- No. – disse, risoluto.
- Cosa?
- Non lo metti tu. Lo faccio io.
Kathryn lo guardò esterrefatta.
- Io voglio che lo metta tu. – gli disse, seria.
Questa volta fu Chakotay a fissarla, sconcertato.
- Credo che la Kathryn Janeway del futuro sarà molto contenta di rivederti. – gli disse la
donna, sorridendo dolcemente, mentre gli appoggiava una mano sul torace.
Gibbs, Neela e Le Hon distolsero contemporaneamente lo sguardo, sentendosi, per un
attimo, di troppo.
- Riguarda quello che ti ha detto e che ti sei sempre rifiutata di raccontarmi? – domandò
l’uomo a bassa voce, avvicinandosi ancora di più.
- In un certo senso si. Ma non voglio che tu ti esponga troppo. Connettiti, cercala, parlale
il più velocemente possibile. Il tuo segnale avrà portanza variabile ma se la Regina dovesse
localizzarci, non ci resterebbero molte chance.
- Nessuna, direi.
- Lascia che te lo sistemi...
L’uomo chiuse gli occhi e si preparò, respirando profondamente. Non era come quando si
era connesso alla piccola cooperativa Borg24, questa volta erano milioni le voci che sentiva nella
sua mente ed ognuna di loro sembrava non essersi ancora accorta di lui.
- Kathryn... – pensò, cercando tra quelle voci quella dell’ammiraglio.
- Chakotay? – sentì, dopo pochi attimi.
Un brivido gli percorse la schiena, esplodendogli nel cervello.
- Sei tu? – disse ancora l’ammiraglio del futuro.
- Sì. Ho poco tempo.
- Perché sei qui? Cosa succede?
- Abbiamo bisogno del suo aiuto, Ammiraglio.
- Tu e chi?
- Una donna che sta morendo.
- Kathryn?
- No. Ci servono delle sonde Borg ma la Federazione non ne permette l’uso.
- Le volete da me?
- Si. Ma dobbiamo fare in modo di incontrarci di nascosto a tutti, Borg e Federazione.
- Perché?
- E’ troppo complicato adesso. Bisogna trovare un canale di comunicazione protetto...
- Con chi stai parlando!?
La voce della Regina ruggì nella mente di Chakotay e l’uomo sbarrò gli occhi,
annaspando.
- Kathryn... – mormorò, portandosi entrambe le mani alla testa.
- Con chi stai parlando!? – gridò ancora la Regina, cercando di localizzare il punto da cui
la mente a lei sconosciuta stava comunicando.
- Vai via... – mormorò l’ammiraglio Janeway. – Troverò il modo di mettermi in contatto
con te e ti darò quello di cui hai bisogno, ma, per favore vai via.
Kathryn strappò il connettore neurale dal collo di Chakotay e l’uomo le cadde tra le
braccia, svenuto.
24 Star Trek - Voyager – Unito (stagione 3)
- capitolo 6 Aprì gli occhi. Il dolore alla testa era insopportabile così come la luce, accecante.
- Non cerchi di muoversi... – mormorò Ella. Era in piedi accanto al suo bio-letto con un
tricorder medico e lo stava analizzando.
- Cosa...
- La connessione con la mente collettiva Borg la ha giocato un brutto scherzo, Chakotay.
Le ha distrutto circa il venti per cento delle sinapsi attive. Il dottore ha dovuto trafficare un bel
po’ per sistemare i danni al suo cervello, ma è tutto come nuovo, nessuna conseguenza. Adesso
però cerchi di riposare, ordini del medico capo in persona.
- Da quanto...
- Quasi tre giorni. Nanna, Chakotay o la sedo con un ipospray.
L’uomo chiuse gli occhi, cercando di addormentarsi, ma la sua testa brulicava di pensieri
ed immagini che non avevano coerenza. Prese un gran respiro, per calmarsi.
Sentì improvvisamente tutto il proprio corpo diventare leggero e vide se stesso
camminare lungo un corridoio illuminato a malapena da fioche luci verdognole, con schermi
accesi ma vuoti, intercalati da pannelli scoperti da cui poteva scorgere tubi e connessioni
elettriche complesse. Era solo, stanco e sentiva freddo. Istintivamente si strinse le braccia al
petto, appoggiandosi ad una delle pareti e stupendosi del fatto che fosse calda. Il muro cedette
sotto il suo peso, inglobandolo lentamente senza che, per quanto cercasse, riuscisse a liberarsi.
Per un momento gli parve di non poter più respirare. Chiuse gli occhi.
- Rilassati. – gli ordinò una voce sconosciuta, mentre una mano fredda gli stringeva un
braccio.
Riaprì gli occhi. Il muro l’aveva liberato ed era in un ampia stanza apparentemente
esagonale, dalla volta altissima convergente al centro di una croce a sei braccia. L’aria era fresca
come se non ci fossero state pareti e la luce aveva un tono più aranciato rispetto a prima. Si voltò
a guardare chi o cosa lo stesse stringendo.
- Dottore... – disse Ella, maneggiando velocemente il tricorder medico lungo il profilo del
viso addormentato di Chakotay. – I parametri non tornano.
- Cosa sta dicendo? – rispose il medico olografico, alzandosi di fretta dalla propria
scrivania e raggiungendo la donna accanto al bio-letto.
- Le onde cerebrali non sono normali.
- Danni che non avevamo accertato?
- No. Non assomigliano a nessuno schema cerebrale umano conosciuto.
Era un Borg e gli stava sorridendo.
- Dove sono? – domandò Chakotay, cercando di liberarsi dalla stretta.
- Sulla Voyager. – rispose il drone, parlando e fissandolo con un solo occhio umano,
verde come un piccolo lago di montagna.
- Questa non è la Voyager.
- Questa è la tua mente. La tua mente è dentro di te e tu sei sulla Voyager.
- E tu sei nella mia mente?
- Si.
- Questa stanza è il suo rifugio. – disse il drone. – Qui la Regina non può raggiungerla, a
meno che la Mente non decida di permetterglielo.
- Il rifugio di chi?
- Della Mente. E’ stato difficile anche per noi Borg capirlo, ma no, non è un drone, è solo
uno schema di pensieri coerenti...
Gli occhi di Chakotay si illuminarono. - Ed ha bisogno di un rifugio per evitare di venir
espiantata dalla collettività... – mormorò.
- Ci ha detto che avresti capito. – sorrise nuovamente il Borg, senza lasciare il braccio
dell’uomo.
- Le onde cerebrali sono Borg. – sentenziò il dottore.
- Ma cosa vuol dire? – domandò Le, che aveva entrambe le mani appoggiate allo schermo
del bio-letto. Kathryn, invece, stava guardando il viso del proprio ex primo ufficiale.
- Non ne ho la più pallida idea. – rispose il medico olografico, facendo spallucce.
- Lui sa indurre i sogni e controllarli... – mormorò la donna. 25 – ma ha bisogno di una
strumentazione particolare. – aggiunse, guardandosi intorno e cercando l’akoonah con cui aveva
visto l’ex maqui indurre sia il sonno consapevole che la ricerca della visione. Ovviamente non ce
n’era traccia.
- Si era appena ripreso dal coma farmacologico. – disse Ella. – Non ha fatto uso di nessun
strumento.
- E comunque questo non è un sonno umano. – ribadì il dottore.
- Ma non ha nessun impianto Borg. Come fa a sognare come loro? E da quando i Borg
sognano? – disse Le Hon, controllando perfettamente i propri nervi ma non la propria coda, che
si agitava sonoramente.
- Ci sono molte cose dei Borg che lei non sa, Capitano. – rispose il dottore, con tono
accondiscendente. - Ed, effettivamente, alcuni Borg erano in grado di sognare, creando un luogo
fisico dove i loro sogni prendevano forma. Comunque su una cosa le do ragione. Bisogna essere
Borg per poter accedere a quel luogo, sempre che esiste ancora.26 E Chakotay non è Borg.
- Tu sei il collegamento tra la collettività Borg ed i miei pensieri? – domandò ancora
l’uomo, lasciando che il drone lo conducesse per la grande stanza.
- No. Tra il subconscio collettivo e il tuo stato di incoscienza. Tu ed io adesso stiamo
sognando la stessa cosa.
- Ammiraglio... – sussurrò Chakotay, mentre un sorriso gli si disegnava sulle labbra.
Troverò un modo di mettermi in contatto, gli aveva detto e ci era riuscita, in perfetto stile
Kathryn Janeway.
25 Star Trek - Voyager – Stato di veglia (stagione 4)
26 Star Trek - Voyager – Unimatrice zero - parte 1 e 2 (stagione 6)
- Sembra in una specie di fase R.E.M. – disse Ella, controllando il disegno delle onde
cerebrali sul monitor e comparandolo con uno schema di Sette di Nove che il dottore era
miracolosamente riuscito a recuperare all’interno del proprio database perché sfuggito alla
pulizia a cui era stato sottoposto al ritorno dal quadrante delta.
- L’induttore è posizionato, ammiraglio. Quando vuole... – disse il dottore, attivando il
dispositivo appoggiato sulla fronte di Chakotay.
- Lo risveglierà istantaneamente? – domandò la donna, perplessa.
- Certo. Attivo?
Kathryn guardò Le Hon che le fece cenno di si con la testa.
- Attivi.
Chakotay aprì quasi immediatamente gli occhi.
- No. – mormorò, cercando con lo sguardo qualcosa che, evidentemente, non riusciva a
trovare.
- Bentornato... – disse Kathryn, appoggiandogli famigliarmente una mano sul torace.
- No. – disse nuovamente l’uomo, con lo sguardo perso.
- Dottore, lo schema Borg è ancora presente e si sta sovrapponendo ai suoi normali
schemi neurali. – disse Ella, senza togliere gli occhi dal monitor del bio-letto.
- Non è possibile. – disse il dottore, armeggiando con l’induttore.
- Persiste ma si destabilizza.
- No. – disse per la terza volta Chakotay, con più controllo sulla propria voce. – Lasciami
andare. – ordinò a Kathryn, guardandola chiaramente negli occhi.
- Dove?
- Lasciami andare!
- Dottore, stacchi l’induttore.
- Ma Ammiraglio...
- Dottore, è un ordine!
L’aria fresca gli accarezzò nuovamente il viso. Il drone accanto a lui sembrava indebolito
ma non aveva perso la presa salda sul suo braccio. Intorno a loro c’erano una cinquantina di suoi
consimili seduti ad ascoltare un altro drone che insegnava loro qualcosa.
- Cosa succede? – mormorò Chakotay. Sentiva ancora freddo e gli sembrava di essere
molto più stanco.
- Cinque di Dodici sta facendo lezione. – gli rispose il Borg che gli teneva il braccio.
Chakotay sbarrò gli occhi, sorpreso.
- Lezione?
- Si, Dante. E’ la Mente che ci ha insegnato queste cose. – rispose, accompagnandolo
verso una nicchia sotto il culmine della volta.
- Come?
- Tutte le sue conoscenze sono rimaste intatte nonostante l’esplosione dell’Unicomplesso
01. Nemmeno lei sa esattamente come sia successo, ma, anche se non ha un corpo fisico in cui
risiedere, la Mente esiste e le sue conoscenze si stanno diffondendo nella collettività.
- Dante? Da quando i Borg si interessano di letteratura antica?
- Ci stiamo evolvendo.
Chakotay si voltò di scatto ma non trovò il paio di occhi azzurri che aveva imparato a
conoscere da quasi quarant’anni. Davanti all’uomo c’era la nicchia verso cui si era diretto con il
drone ed al suo centro una colonna di un qualche materiale cristallino colorato di riflessi dal
rosso al giallo.
- Ammiraglio? – domandò, incredulo.
- Diciamo di si, per comodità. Questo è un modulo di accumulo dati ed ho deciso che
sarebbe stato carino come casa.
- Ma cosa...
- Sono? Esattamente non lo so. Forse possiamo parlare di engrammi mnemonici, di flusso
di schemi neurali, di qualsiasi cosa che abbia una sorta di riferimento con la realtà fisica, oppure
possiamo addentrarci nella filosofia e parlare di coscienza. Non lo so, Chakotay. E’ tanto tempo
che me lo domando che ho quasi deciso che posso continuare ad esistere anche senza una
risposta scientifica. Quello che so di sicuro è che riesco a comunicare con la collettività Borg
senza usare il faro interfasico, anche perché, le sarà evidente Comandante, non saprei dove
metterlo.
Chakotay si trattenne dal ridere. Era strano parlare con quella colonna di luce mentre
altre voci Borg facevano da sottofondo. Avrebbe avuto migliaia di domande da farle ma il suo
senso del dovere lo richiamò all’ordine.
- Ho bisogno del suo aiuto, Ammiraglio. – disse, avvicinandosi ancora di più alla colonna
di luce.
- Mi spieghi la situazione.
- Lo schema Borg si rafforza. – disse il dottore, asciutto.
- Lo so, dottore, lo so. Di cosa ha paura? – domandò Kathryn, altrettanto seccamente.
Ella e Le Hon restarono in silenzio mentre la tensione era scandita dal suono sordo
emesso dal sonaglio del Dehorniano, per quanto il Capitano cercasse di reprimerlo,
schiacciandolo con forza sotto un piede.
- Che lo schemi si fissi. Potrebbe non essere più in grado di recuperare la normale
funzionalità cerebrale.
- Lo ha visto anche lei. Ha chiesto di essere lasciato in questa condizione.
- Più che una richiesta, mi è sembrato un ordine.
- Appunto, vuol dire che sta facendo qualcosa di importante. – concluse Kathryn,
voltandosi ancora una volta a fissare il viso addormentato del suo ex primo ufficiale. - Mi
domando solo cosa sia, pensò, preoccupata.
- Crede che possa essere in contatto con l’altra ammiraglio Janeway? – domandò Ella, a
bassa voce, come se non volesse disturbare con una domanda all’apparenza stupida.
- Lo spero, Ella. Il suo viso è rilassato, direi che sta sognando qualcosa di piacevole.
- Piacevole?
- La situazione mi è chiara. Adesso però non posso né darle una nanosonda né
eventualmente uno schema per fabbricarla. - disse la Mente.
- Capisco. Questa non è la realtà fisica.
- Diciamo che ha ragione. Per poterla aiutare, Comandante, saremo costretti ad
incontrarci.
- La Regina lo scoprirà. – disse il drone che teneva Chakotay per il braccio.
- Noi stiamo viaggiando occultati quindi non credo che... – rispose Chakotay.
- Non siete voi il problema. Noi non possiamo escludere la Regina dai nostri pensieri,
meglio, non lo vogliamo. La nostra battaglia contro di lei sta proprio nel farle accettare il nostro
modo di pensare. Aiutare un amico nel momento del bisogno è una cosa nuova per i Borg,
qualcosa che potrebbe portare la nostra evoluzione ad un punto più alto. Dobbiamo farglielo
sapere. Dobbiamo farglielo accettare.
- Mi perdoni Ammiraglio, ma questo è un suicidio vero e proprio.
- No, Chakotay. Io mi sono messa in contatto con la Flotta ed ho offerto assistenza per lo
sviluppo del motore a transcurvatura. La Regina non è d’accordo, ma, per quanto abbia provato,
non ha potuto far nulla per contrastarmi.
- Perché?
- Perché io sono percepita come un insieme di regole morali che consolida la
connessione tra gli individui, che porta i droni ad accettare maggiormente che la Collettività sia
la nostra forza principale, con, in più, il vantaggio della tutela del singolo individuo. Quando la
Regina ha provato a sconnettere qualcuno dei miei, il resto dell’alveare ha avuto un calo di
efficienza sensibile.
- Mi faccia capire. I droni che seguono i suoi principi sono più efficienti?
- In ultima analisi, si. E questo è il bene massimo per la Collettività.
- La Regina vuole il meglio per la collettività...
- Esatto. Dobbiamo solo aver pazienza, Comandante. La nostra è una battaglia di nervi.
Quando la Regina non potrà far altro che ammettere a se stessa che il nostro nuovo modo di
vedere i Borg è più efficiente del suo, sarà costretta ad adeguarsi ed una nuova era di grandezza
si aprirà nel futuro della nostra razza e della Galassia. Niente può fermare l’evoluzione.
- A parte un’estinzione di massa... – mormorò Chakotay. – Qualcuno nella Federazione la
considera una seria minaccia, Ammiraglio e ci sta usando come esca per scatenare un conflitto
definitivo contro i Borg.
- Dobbiamo solo decidere cosa conta di più, creare una scala di valori ed attenerci a
quella. Da quando la conosco, Comandante, la vita delle persone che considera care vale molto,
forse anche la possibilità di scatenare una guerra. Altrimenti non sarebbe qui o qualcuno ce l’ha
trascinata contro voglia?
- Ammiraglio, mi dovrebbe conoscere bene. Sa che non faccio mai cose contro voglia.
- Allora decidiamo il punto di incontro.
- Ha cambiato espressione... – mormorò Ella. Le sopracciglia di Chakotay si erano
aggrottare e due profonde rughe erano apparse sulla sua fronte, mentre le labbra si serravano
ancora di più. - E lo schema R.E.M. Borg è arrivato al settantaquattro per cento. – concluse,
confrontando le curve dell’uomo con quelle di Sette di Nove.
- Ammiraglio, la prego, mi lasci interrompere questo sogno assurdo. Non sappiamo quali
danni possa provocare alla sua corteccia cerebrale. Potrebbe restare un vegetale per il resto della
sua vita e centosessanta anni da passare sdraiato su un bio-letto sono troppi anche per il
peggiore dei suoi nemici, figurarsi per...
- Pazienza dottore, pazienza. Sono convinta che Chakotay starà benissimo.
- E come fa a saperlo?
- Fede, dottore. – gli rispose sorridendo.
- Lo schema perde coesione. E’ al quarantasette per cento e sta diminuendo ancora. –
disse Ella, cominciando a muovere il tricorder medico sopra Chakotay.
- Ciao... – mormorò Kathryn, fissando gli occhi nocciola, aperti e lucidi dell’uomo.
- capitolo 7 Badlands27
Data stellare 87005.3
Gibbs stava decisamente sudando. Navigare tenendosi lontano dalle tempeste di plasma
improvvise di quella zona dello spazio non era la cosa più semplice da fare nemmeno per un
timoniere esperto, figurarsi per uno che l’esame di volo l’aveva passato con poco più del minimo
dei voti. Purtroppo per lui, nessun altro era al momento disponibile, quindi, giocoforza, il primo
ufficiale della Naja aveva dovuto accomodarsi alla consolle di guida e dare molto più del meglio
di se stesso.
Meno male che la nave gli stava facilitando le cose. La manovrabilità della Naja,
nonostante la sua lunghezza, era paragonabile a quella di un incrociatore stellare più piccolo e,
sia il motore ad impulso che i propulsori di manovra ibridi tra la tecnologia della Flotta e quella
Dehorniana, gli consentivano spazi di movimento molto più ampi che se fosse stato alla guida di
un altro tipo di nave di quella stessa massa inerziale e portanza.
- Dannazione... – sibilò, riprendendo il controllo per il rotto della cuffia. Aveva fatto il
pelo ad una scarica di plasma che i sensori avevano segnalato per tempo ma che il suo cervello
non aveva registrato a dovere.
- Si rilassi, Ethan, sta andando benissimo.
Il Capitano era alla consolle di rotta, con i sensori a breve e lungo raggio attivi ed il
monitor della postazione stracolmo di piccoli cerchi che andavano via via cambiando di
posizione e di ampiezza, segnalando esattamente dove ognuna delle tempeste si trovava. - Rotta
due sei quattro punto due, tra due secondi, Gibbs. – disse al proprio primo ufficiale, con voce
calma. L’uomo eseguì, portando la nave, finalmente, in un punto equidistante da quattro tra le
tempeste principali.
- Propulsori in stand by – disse Ethan, voltandosi verso Le Hon con un sorriso che la
diceva lunga su quanto fosse contento di essere ancora vivo.
- Lo segnalerò tra le sue note personali, Numero Uno. Un ottimo lavoro davvero.
- E adesso che siamo arrivati?
- Aspettiamo.
I due si fissarono. Erano soli in plancia dato che Chakotay era ancora in infermeria con
Ella ed il dottore, mentre l’Ammiraglio e Neela erano in sala macchine a tenere sotto controllo
direttamente sia tutti i motori che l’ingegnere capo Hooker. Portare la nave lì in cinque era stato
davvero un mezzo miracolo, una cosa che, in situazioni normali, avrebbe comportato
quantomeno una menzione nello stato di servizio di ognuno ma che, in quel preciso momento,
era semplicemente la ciliegina sulla torta del loro alto tradimento.
Le Badlands erano state il rifugio dei Maquis durante la loro guerra terroristica contro i
Cardassiani, il punto di inizio del viaggio della Voyager nel quadrante delta, uno dei luoghi
principali di scontro nella guerra contro il Dominio ed adesso avrebbe visto una strana
commistione tra Federazione e Borg che aveva come base solo e semplicemente un sentimento
tanto grande quanto banale come l’amore tra due esseri viventi.
- Posso parlare liberamente... – disse Gibbs, alzandosi ed avvicinandosi al proprio
27 Zona dello spazio al confine tra la Federazione e il territorio Cardassiano fino alla guerra del Dominio, nota per
le intense tempeste di plasma. http://www.memory-alpha.org/en/wiki/Badlands
capitano.
- Certo.
- Cosa ci succederà dopo?
Le Hon sorrise.
- La corte marziale lei non l’ha mai affrontata, vero Ethan?
- No, signore. Lavate di capo e note di demerito si, ma la corte marziale no. Intendiamo,
Capitano, non sono preoccupato per me, ho scelto liberamente di seguirla in questa cosa ed
andrò fino in fondo, costi quel che costi. E’ per la mia famiglia... Mio padre e mia madre sono
molto anziani, credo non riusciranno a capire.
- Mio... – il Dehorniano pensò per un attimo alla parola più adatta da dire. - ...padre
sicuramente no, ma sono sicuro che mi accoglierà a braccia aperte quando tornerò a casa con
Ella. Di certo faranno lo stesso anche i suoi cari, Comandante. Ci pensa già l’universo a crearci
problemi, i nostri genitori sono il porto sicuro in cui troviamo approdo e rifugio senza bisogno
di chiederlo e sempre senza condizioni.
- Lei ha un senso della famiglia molto forte, Capitano.
- Forse perché devo qualsiasi cosa ad una persona che non era tenuta a darmi niente,
men che meno il suo affetto. – rispose, abbassando sia il tono della voce che lo sguardo, poi si
accarezzò il clamide, pensieroso. – L’ho deluso tante di quelle volte... – sospirò.
- I miei hanno perso il conto. Siamo una bella squadra, signore.
- Decisamente. Una bella squadra di pazzi.
Una spia luminosa si accese sul monitor della postazione.
- I sensori a lungo raggio segnalano la presenza di una nave. – disse Le, armeggiando con
i comandi. Sullo schermo apparve l’immagine di una grossa sfera Borg.
- Beh, non si sono fatti aspettare. Alzo gli scudi?
- No.
- Quindi ci fidiamo?
- Ovviamente.
- Che Dio ce la mandi buona. Apro un canale.
Il Dehorniano prese fiato.
- Parla il capitano Le Hon, della nave federale Naja.
Gibbs trattenne il respiro mentre una vocina fastidiosa nella sua mente cantilenava noi
siamo Borg, voi verrete assimilati, la resistenza è inutile.
- Noi siamo Borg. – rispose una voce dal timbro aspro, quasi gutturale, senza che nulla
apparisse sullo schermo della plancia.
- Benvenuti, vi stavamo aspettando.
- Due nostri droni sono pronti a teletrasportarsi a bordo della vostra nave con quanto
richiesto. – disse la voce, senza troppi convenevoli.
- Fate pure.
Si materializzarono tra Le ed Ethan, imponenti ed attrezzati di tutto punto. Il più basso,
per pochi centimetri, aveva in mano una scatola scura, senza insegne di alcun genere.
- Vi porto in infermeria. A lei la plancia, Gibbs. – disse il capitano, indicando ai Borg il
turboascensore.
Terra – Quartier Generale della Flotta Stellare Sottolivello 3, ufficio 21
Stesso istante
- Sfera Borg nelle Badlands, signore.
- Come previsto. – ridacchiò soddisfatto il Comandante, fissando il puntino appena
apparso sul grande schermo che occupava tutta la parete lunga della stanza. Monitorava
qualsiasi settore del quadrante Alfa con un errore di meno della metà di un miliardesimo di
parsec28, grazie ad una serie di boe dissimulate, attrezzate con sensori a medio e corto raggio, che
trasmetteva i dati in continuo. La rete non era in grado di fornire la posizione esatta di una nave
ma ne segnalava la presenza ed il tipo, se conosciuto, con uno scarto di circa quindicimila
chilometri, nel momento stesso in cui appariva visibile ai sensori. Un modo per sapere tutto,
all’oscuro di tutti, come sempre nella storia dei servizi segreti.
- Della Naja ancora nessuna traccia.
- Non si preoccupi, guardiamarina Sorjal, sicuramente sarà da quelle parti anche lei o si
appresta ad arrivare. Lo segnali ai Capitani delle Navi Gemelle, rotta per le Badlands, massima
curvatura. – poi si voltò soddisfatto a fissare Andrew Paris.
- Tutto come previsto, Tenente. Il suo Ammiraglio non è poi il genio che lei ci aveva
descritto. Era abbastanza ovvio che, per un incontro faccia a faccia con i Borg lontano da tutto e
da tutti, scegliesse le Badlands, visto che Chakotay è un maquis e conosce bene la zona.
Il giovane trattenne a stento la rabbia ma sul suo viso apparve un sorriso smagliante che
mostrò i denti bianchissimi e perfetti.
- Sono contento di aver sbagliato, signore... – disse, con deferenza, anche se in realtà
avrebbe voluto assestare un gran pugno su quella faccia orrenda ed arrogante. – ma non tutto è
ancora andato come abbiamo previsto. – E, se all’epoca dei maquis c’erano ufficiali insulsi come
te, anche io sarei stato felice di aggregarmi a loro, pensò, continuando a sorridere.
- Questione di ore, non appena la Ying e la Yang arriveranno nelle Badlands. Si rilassi,
tenente. Per domani l’alleanza tra Federazione e Borg sarà lettera morta.
- E dovremo prepararci ad una guerra...
- Le stime dicono di si. I nostri, come dire, rappresentanti su Romulus e su Kronos sono
pronti tanto quanto noi. Sarà una guerra veloce, con basse perdite sia di uomini che di astronavi.
Li conosciamo bene, adesso sappiamo come affrontarli senza che si ripeta Wolf 359.29
Infermeria della Naja
Cinque ore più tardi
Gli schemi delle nanosonde borg campeggiavano sul monitor della postazione quattro,
accanto al bio-letto su cui giaceva Ella, incosciente. Le Hon le sistemò una ciocca di capelli
argentati, spostandogliela dalla fronte, poi le prese una mano. Stava rinunciando a tutto per
28 1 Parsec = 3.08568025 × 1013 Km ≈ 30.000 miliardi di Km
29 Star Trek - The Next Generation - L'attacco dei Borg - parte 2 (stagione 4)
amore di quella donna, a tutto quello che gli era sembrato importante fino a che Ella non era
entrata nella sua vita.
Pur di salire su una astronave era andato contro la volontà del patrigno. Shar Hon
avrebbe voluto vederlo, un giorno, seduto sullo scranno di Guardiano delle Rocce di Dehorn,
ma Le aveva preferito i motori e l’ingegneria alla politica. Pur di entrare a far parte della Flotta
Stellare aveva dato gli esami richiesti dall’Accademia in solo dodici mesi, mentre serviva come
primo ufficiale sull’ammiraglia della flotta Dehorniana. Era stato il primo della sua razza ad
indossare la divisa della Federazione, il primo ad avere un incarico come Capitano. Ma...
- Ella... – mormorò, accarezzandole il viso.
Le stelle erano sempre le stesse, eppure la loro luce si era trasformata. Sembravano
splendere con più intensità e scaldare maggiormente il suo cuore. Possibile che si potesse
cambiare così tanto per amore?
- Capitano, si sposti, ci lasci lavorare. – disse il dottore, senza mezzi termini, tirandolo via
per un braccio. Poi, rivolgendosi al Borg più vicino a lui disse - Ho creato una piccola molecola
di Dna in grado di attaccarsi esattamente e solo sul punto dove l’Rna-messaggero replicato dal
gene LMNA è difettoso. Con la vostra nanosonda la veicolazione sarà efficiente anche in vivo.
Il drone non fece assolutamente caso al discorso. Con alcuni strumenti presi dalla scatola
che si era portato aveva implementato la propria armatura, manipolando il contenuto della petri
che il medico olografico gli aveva messo a disposizione. Attivare il Dna umano all’interno dello
schema biomeccanico era stato semplice, fare in modo che le nanosonde si degradassero senza
far degenerare anche questo loro contenuto aggiuntivo, un po’ meno. Non era normale per un
Borg trovare un modo efficiente per distruggere ciò che, in sostanza, faceva di lui quello che era.
- Ha provato ad agire sulla congiunzione tra l’alanina in posizione quarantasette del
filamento 3’-5’30 e la guanina che la precede? Il microambiente può essere un punto interessante
per la connessione con la nanosonda... – disse il dottore, fissando il monitor della postazione due
alla quale il drone stava lavorando.
- Sembra che vada tutto bene... – mormorò Kathryn a Chakotay, ma il tamburellare
nervoso delle sue dita sul braccio dell’uomo, seduto su un bio-letto dall’altra parte
dell’infermeria, tradiva il nervosismo che la stava divorando.
- Il dottore ha esperienza di dialogo con i Borg... – rispose l’ex maquis, sorridendo,
pensando a quanto fosse stata importante la presenza e la pazienza dell’MOE per il pieno
recupero della personalità umana di Sette di Nove. - Mi chiedo solo cosa ci faccia qui anche
quello... – aggiunse, indicando con lo sguardo il secondo drone fermo, vicino alla porta
dell’infermeria.
- Fa da scorta all’altro.
- Si e da quando un Borg ha bisogno della scorta? Kathryn, non si fidano di noi.
- E tu di loro?
Chakotay sospirò. – Bella situazione. Dimmi, su che basi possiamo anche solo prendere
in considerazione un’alleanza con una specie delle cui intenzioni non siamo sicuri e che, a sua
volta, non ci ritiene degni di fiducia?
- Io non voglio allearmi, solo fare in modo che Ella e Le Hon possano passare più tempo
insieme.
- Non credi che l’Ammiraglio possa...
- Contagiare la collettività con la sua personalità? Sinceramente no, almeno non a breve.
30 NdA - Un sentito ringraziamento al mio biotecnologo preferito. Grazie Lore, grazie davvero.
- Kathryn... – mormorò Chakotay, voltandosi a guardare la donna. - Siamo su posizioni
opposte rispetto alle ultime nostre esperienze con i Borg...
- Tu ti fidi e io no. Vero.
- E, come al solito, non siamo d’accordo sulle cose importanti.
- Questo no. Abbiamo sempre finito per trovare un punto di intesa, ci riusciremo anche
questa volta. – rispose lei, stringendogli una mano.
- Bene. – disse soddisfatto il dottore. – Adesso ritengo che sia necessaria una
sperimentazione in coltura...
Ma il drone non lo lasciò terminare. Prelevò le nanosonde modificate e le iniettò alla
base del collo di Ella con una tale velocità da lasciare tutti sconcertati.
- Cosa ha fatto! – esclamò il dottore, prendendo il tricorder medico ed iniziando ad
analizzare la donna, sempre incosciente.
- Cosa hai fatto! – gridò Le Hon, contemporaneamente, afferrando il drone per il collo e
stringendo con forza.
Nello stesso istante il secondo Borg si mosse, ma non verso il capitano. Andò veloce da
Chakotay e Kathryn e strinse loro un braccio. Entrambi sentirono freddo e stanchezza, e
chiusero gli occhi.
- Dite al Dehorniano di lasciare andare il mio drone. – disse la Mente, nelle loro teste. –
E’ questo il ringraziamento per avergli salvato la compagna?
- Ammiraglio... – mormorò Chakotay, convinto invece di stare urlando. Poi le forze lo
abbandonarono di colpo, facendolo accasciare sul bio-letto, privo di conoscenza.
- Cosa hai fatto! – gridò Le ancora, stringendo con quanta più forza aveva in corpo.
- Basta!
Tutti si voltarono verso Kathryn, droni compresi. Nonostante la connessione con
l’inconscio collettivo, la donna era lucida e presente a se stessa.
- Capitano, lasci il Borg immediatamente. – disse, con voce salda. Le Hon eseguì subito,
tanto l’ordine era perentorio. – Dottore, come sta Ella? – aggiunse poi, rivolta ovviamente
all’ologramma.
- Sta bene. – le disse la Mente, con un tono che la donna conosceva molto bene.
- Parametri nella norma. – rispose il medico, all'unisono.
- Sta funzionando?
- Ci vorrà ancora un po’ di tempo, siamo Borg non Q. Per i miracoli ci stiamo ancora
organizzando.
Kathryn sollevò un sopracciglio. L’Ammiraglio non le era stata particolarmente simpatica
quando si era presentata sulla Voyager, tanto meno in quel frangente, ma forse aveva ragione.
- E’ stabile. – disse il dottore, dopo qualche secondo. - Le nanosonde hanno iniziato ad
aggredire le cellule del sangue, ma non ci sono segni di assimilazione in corso.
Lo schermo della plancia restava vuoto e silenzioso. Gibbs, seduto sulla poltrona del
primo ufficiale, controllava i dati dei sensori interni della nave. Fidarsi è bene, non fidarsi è
meglio, gli stava ripetendo la sua voce interiore da quando i Borg si erano materializzati tra lui
ed il Capitano. I due erano in infermeria ed erano i soli a bordo della Naja.
L’uomo sbuffò. Mise in azione il controllo dei sensori esterni e cominciò a sondare lo
spazio che circondava la Naja in cerca di altre navi Borg. Niente, sempre e solo tempeste di
plasma. Eppure il suo sesto senso diceva che qualcosa stava per succedere. Si guardò le mani
dalle dita lunghe e sottili, ben curate. Stavano tremando impercettibilmente.
- Dove sei... – mormorò, guardando lo schermo e cercando qualcosa nello spazio che
ancora gli sfuggiva. – Plancia a Tenente Neela. – disse, toccandosi il comunicatore.
- Si, signore. – rispose la vulcaniana, dalla sala macchine.
- C’è un modo per implementare i sensori esterni per far si che le tempeste di plasma non
interferiscano così tanto con il rilevamento dei dati?
- Già fatto, signore. I sensori funzionano al cento percento, come se le tempeste non ci
fossero.
- Portarli al centoventicinque percento è possibile?
- Deviando energia da sistemi non indispensabili, direi di si.
- Può farlo dalla sala macchine?
- Immediatamente.
L’uomo batté rapido le dita sulla consolle, in attesa. Adesso anche le gambe avevano
iniziato a tremargli. Tutto il suo corpo gli stava gridando che era in pericolo anche se niente,
razionalmente, gliene dava conferma. Esattamente come era successo sulla Aberdeen, la classe
nebula che aveva salvato cinque anni prima, erano i suoi muscoli che parlavano, prima del suo
cervello ed Ethan aveva imparato a fidarsi di quella sensazione.
- Dove sei... – mormorò ancora una volta, senza togliere gli occhi dallo schermo della
plancia. La sfera Borg giganteggiava al suo centro, pressoché inattiva e due tra le tempeste di
plasma più vicine sembravano essere sul punto di rilasciare scariche ad alta potenza.
- Neela... – disse ancora, toccando nuovamente il comunicatore.
- Si, signore.
- Faccia un controllo. Provi a sondare anomalie anche di dimensioni minime nel doppio
del raggio sondato finora. Possibile?
- Eseguo.
- Mi fa il piacere di lasciarmi andare? – disse Kathryn, fissando in cagnesco il drone che
ancora la teneva per il braccio.
Il Borg si bloccò per qualche secondo - in probabile attesa di ordini, pensò la donna – poi
mollò la presa.
- Anche lui. – disse Kathryn, indicando Chakotay.
Il drone non eseguì.
- Dottore...
Il medico iniziò a sondare l’uomo con il tricorder. – Sta dormendo. – sentenziò,
voltandosi di nuovo verso Ella e Le Hon.
- Magnifico... – disse Kathryn a mezza voce. Cosa avrà mai da dirgli... in privato, pensò,
riferendosi ovviamente all’altra Ammiraglio Janeway. Era gelosa di un insieme di engrammi che
stava contagiando tutta la collettività Borg con i sani e saldi principi della Federazione?
Dannazione...
- Plancia a capitano.
La voce di Gibbs la distolse da quel pensiero stupido.
- Dica, Comandante. – rispose Le Hon.
- C’è una traccia residua di una distorsione subspaziale a meno di un milione di
chilometri da noi. Sembrano i resti di un piccolo tunnel.
- Cosa?
- Si. Sembra si sia aperto meno di mezz’ora fa e richiuso nello stesso momento.
- Transcurvatura Borg?
- No, l’analisi della traccia residua non è Borg. Lo schema è diverso da tutto quello che ho
già visto però... è meglio che veniate in plancia.
Il suono familiare dell’allarme rosso accompagnò la corsa del Capitano e di Kathryn verso
la plancia. Neela era già alla postazione tattica quando i due entrarono, mentre Gibbs era al
timone e Hooker alla postazione di controllo. Sullo schermo, due navi li stavano fissando,
immobili nello spazio a meno di cinquecento chilometri dalla Naja. Sembravano molto simili
alla Voyager, ma ognuna di loro montava quattro gondole e non due.
- Dall’analisi risultano navi federali a propulsione quantica. Si sono dissimulate davanti a
noi con i propulsori in stand by, ma le armi sono pronte. – disse Gibbs, voltandosi.
- Propulsione quantica? – domandò Le Hon, mentre si sedeva al suo posto.
- Si, un motore che sfrutta il deflettore per generare dei cambiamenti imponenti nella
curvatura locale dello spazio, alterando la trama nel continuum spazio-tempo a livello quantico
e generando dei tunnel subspaziali all’interno dei quali la velocità risulta maggiore di quella
della luce. – rispose Kathryn, senza smettere di fissare le due navi sullo schermo. Se Chakotay
fosse stato lì l’avrebbe fissata come per dirle smettila di fare la maestra. Ma lui non c’era, quindi
la donna continuò con lo stesso piglio, anche se le veniva un po’ da ridere. - Il problema che noi
della Voyager non eravamo riusciti a risolvere a suo tempo, è la modifica costante del campo
quantico per evitare di uscire dal tunnel. Tren’anni fa la tecnologia non ci permetteva calcoli nei
tempi necessari,31 ma, a quanto pare, adesso qualcuno ha trovato il sistema per riuscirci...
- Questa è transcurvatura, quindi.
- Esattamente.
- Federale...
- Direi proprio di si. In una cosa Andrew non aveva sbagliato, ci sono davvero molte cose
che noi non sappiamo...
- E che non sa nemmeno l’Ammiraglio Riker. – mormorò Le Hon, accarezzandosi il
clamide.
- Cosa che mi preoccupa ancora di più. – rispose Kathryn.
Possibile che qualcuno all’interno della Flotta avesse potuto sviluppare una tecnologia
così complessa senza che nulla trapelasse? La donna sorrise. I servizi segreti, dopo la guerra
contro il Dominio, avevano acquistato un potere che si era davvero consolidato negli anni se un
uomo come l’ammiraglio Riker veniva tenuto completamente all’oscuro del loro operato. La
situazione era dannatamente più complicata del previsto. Forse nemmeno Andrew sapeva tutto,
oppure...
- Che fanno i Borg? – chiese voltandosi verso il capo ingegnere per evitare di pensare che
anche il figlio di Tom e B'Elanna fosse un doppiogiochista.
- Apparentemente niente. Forse non li hanno ancora rilevati. – disse Hooker, nervoso. La
paura gli si leggeva distintamente sul viso pallido e sudato.
- Neela, alzi gli scudi. Hooker, li chiami. – disse Le Hon, perentorio.
- I Borg?
- Si, Elijah, i Borg.
31 Star Trek: Voyager – Speranza e Paura (stagione 4)
- Canale aperto.
- Qui Naja. Abbiamo rilevato due navi federali a circa cinquecento chilometri da noi.
Hanno i motori in stand by ma le armi attive. Vi risulta?
- Il loro armamento è irrilevante. – rispose la solita voce. - La loro attuale condizione di
stand by le classifica come non interessanti.
- Probabilmente sono qui per attaccarvi ed attaccarci.
- Se e quando accadrà, agiremo di conseguenza.
- Hanno interrotto il collegamento. – disse Hooker, spaventato. - Teletrasportano uno dei
droni nella sfera.
- L’altro? – domandò Kathryn.
- Ancora in infermeria. – il capo ingegnere sbiancò. – Ci chiamano dalle due navi
federali.
- Sullo schermo.
Due comunicazioni video distinte animarono ognuna la metà esatta dello schermo.
- Capitano Norris, della nave federale Ying... – disse un uomo sulla quarantina, con il
classico volto nord americano dalla mascella squadrata ed i capelli biondi tagliati come avrebbe
fatto un soldato del ventesimo secolo.
- Capitano Ortega... della nave federale Yang – gli fece eco una donna minuta, dai lunghi
capelli neri raccolti in una severa acconciatura che ricordò a Kathryn quella che lei era solita
portare nei primi anni del viaggio della Voyager.
- ... a nome della Federazione Unita dei Pianeti, con l’autorità conferitaci dalla Flotta
Stellare, vi ordiniamo di arrendervi. Preparatevi a venir abbordati. – conclusero, in perfetta
sincronia.
- Vi viene naturale o l’avete provata molto questa cosa? – sbottò Le Hon, alzandosi in
piedi. I due volti sullo schermo restarono impassibili.
- Di cosa mi si accusa?
- Disobbedienza ad un ordine diretto, furto di astronave federale, alleanza con una specie
nemica ai danni della Federazione, uso non autorizzato di tecnologia considerata militare.
Abbassi gli scudi, Capitano. – disse Ortega, mentre Norris annuiva, soddisfatto.
Le fece un cenno ad Hooker, che chiuse immediatamente la comunicazione.
- Come sono armati? – domandò a Neela.
- Siluri fotonici a cariche multiple, gravimetrici ed al tricobalto. Cannoni Phaser e...
disgregatori subatomici.
Tecnologia del ventinovesimo secolo, pensò Kathryn, portandosi una mano al viso.
- Magnifico. Contromisure efficaci?
- Un impulso polaronico ad alta energia emesso dal deflettore di navigazione.32 – rispose
la donna.
Le si voltò a guardarla, sorpreso dalla velocità e dalla precisione della risposta, mentre il
Capo della Sicurezza Vulcaniana alzò semplicemente un sopracciglio.
- E’ una delle tante cose che ho imparato durante il mio viaggio nel quadrante delta,
capitano... – sorrise Kathryn, come a rincuorarli.
- Ci chiamano ancora.
- Abbassi gli scudi, capitano. – ordinò Norris, con un sorriso gelido sulle labbra. – Non è
un consiglio.
32 Star Trek - Voyager - Futuro Anteriore - parte 2 (stagione 3)
- capitolo 8 C’era un prato vicino alla colonia dove si aveva vissuto con la sua famiglia, su Dorvan V,
che gli era sempre sembrato diverso da tutti gli altri. L’erba era la stessa, gli alberi pure, anche le
piccole rocce che affioravano dal terreno erano identiche a quelle sparse un po’ dovunque nelle
vicinanze dell’insediamento, eppure sdraiarsi lì e passare delle ore a guardare le nuvole
rincorrersi nel cielo e cambiare forma, gli aveva regalato sensazioni uniche.
Un po’ come quando era stato sulla Voyager. Di navi stellari ne aveva viste tante sia
prima che dopo, gli stessi corridoi, plance molto simili, turboascensori ed alloggi praticamente
identici in ognuna di esse, eppure i sette anni passati tra i ponti della Voyager erano stati unici...
ed irripetibili.
- Le manca il quadrante delta, Comandante? – gli disse la Mente, prima che Chakotay
potesse formulare anche solo l’inizio di una domanda.
- Si... – le rispose, sincero come sempre quando di trattava di Kathryn Janeway, sia che
fosse in carne ed ossa, sia che gli si manifestasse solo come voce tra i suoi pensieri. – Mi manca
quella sensazione di nuovo che accompagnava qualsiasi cosa ci succedesse.
- L’idea di essere i primi terrestri a vedere quanto c’era di meraviglioso nel quadrante?
- Si, ma anche la coesione che si era creata tra i membri dell’equipaggio.
- Individui che collaboravano tra loro integrandosi alla perfezione.
Chakotay sorrise. – Sembra la descrizione di un equipaggio Borg. – disse, avvicinandosi
alla colonna iridescente al centro della nicchia.
- No. La coesione Borg avviene solo dal punto di vista produttivo mentre lo scambio
interpersonale è praticamente inesistente.
- Ci vorrebbero dei ponti ologrammi... – ridacchiò l’uomo, appoggiando una mano sul
cristallo e trovandolo sorprendentemente caldo.
- Passano gli anni, ma tu non cambi mai. – rispose la voce, con dolcezza.
- Armi in linea. – disse Le Hon, sedendosi sulla propria poltrona ed afferrando i braccioli
con forza. – Ma aspettiamo che siano loro a fare fuoco.
La prima salva di missili li colpì in pieno, tra il ponte due e il ponte tre, ma gli scudi
ressero l’urto con apparente facilità. La Naja aveva assunto la posizione di combattimento in
meno di due minuti, esponendo sia banchi phaser laterali che il disco deflettore principale e
proteggendo la sala macchine, che restava nascosta dal corpo centrale della nave.
- Risponda al fuoco. – ordinò, calmo, a Neela, che eseguì con rapidità. La Ying schivò il
raggio partito dai banchi phaser, spostandosi lateralmente, mentre la Yang girava su se stessa e
le si poneva sopra, a meno di cinquanta metri di distanza, plancia contro plancia.
- Che fanno? – domandò Gibbs.
- Fondono i propri scudi in maniera sinergica. – disse Neela, guardando i rilievi dei
sensori esterni a corto raggio. – Il nuovo scudo ha un rendimento pari al centoquarantasette per
cento.
- Ma devono avere due piloti con i fiocchi, per mantenere una posizione del genere! –
esclamò Gibbs, impostando una manovra evasiva prima ancora che il capitano o Kathryn glielo
ordinassero. I colpi diretti dalla Yang li mancarono ampiamente.
- Se sono bravi a pilotare come i loro Capitani a parlare insieme, non dovrebbero aver
problemi. – rispose sarcastico Le Hon, senza mollare i braccioli. – Fuoco. – ordinò, perentorio,
ma il colpo si infranse sullo scudo delle navi gemelle senza recare loro alcun danno.
La plancia della Ying sprofondò nel corpo centrale della nave mentra la Yang diminuiva
la distanza, sembrando appoggiarsi sopra la gemella. Le quattro gondole di ognuna si appaiarono
perfettamente alle corrispettive dell’altra senza che le navi smettessero né di manovrare né di
combattere.
Sulla Naja tutti rimasero a bocca aperta, anche perché l’intera operazione richiese meno
di un minuto netto.
- Stanno armando i disgregatori sub atomici. – disse Neela, riprendendo per prima il
controllo.
- Pronta ad emettere un impulso polaronico dal deflettore principale. – ordinò Kathryn.
- Non puntano noi... – disse nuovamente la mezza Vulcaniana, analizzando le letture dei
sensori.
Il sfera incassò il colpo a freddo come i Capitani delle navi gemelle si aspettavano.
Chakotay percepì nettamente la vibrazione indotta dai disgregatori, aggrappandosi alla colonna
per non cadere e sbarrando gli occhi per la sorpresa. Il drone che lo accompagnava nel viaggio
nell’inconscio collettivo Borg, al contrario, aveva lasciato la presa sul suo braccio ed era rotolato
lontano da lui, rialzandosi solo grazie all’aiuto di due suoi consimili.
- Come è possibile... – mormorò, continuando a stringere. Solo che non si stava tenendo
ad una colonna di cristallo, in una stanza ampia dal tetto a cupola. Era nel centro di comando
del sfera Borg, accanto ad una postazione tattica apparentemente sguarnita. Istintivamente si
toccò il petto dove avrebbe dovuto esserci il comunicatore, solo che il distintivo di metallo era
appoggiato accanto al suo bio-letto, in infermeria, e non puntato al suo camice.
- Dannazione... – disse, cercando di capire cosa fosse meglio fare.
Il resto dei droni si era attivato...
- La sfera ha alzato gli scudi e si prepara a rispondere al fuoco. – disse Neela.
- Dottore a plancia.
Le Hon scattò in piedi. – Tutto bene? – domandò, preoccupato.
- Ella è stabile, capitano. E’ Chakotay...
- Cosa gli è successo?
- Il drone se l’è portato via.
... e si stava infischiando di lui. Iniziò a cercare il modo di mettersi in contatto con la
Naja, ma la postazione accanto alla quale si era materializzato non aveva la tecnologia di
comunicazione, ma solo il controllo dei sensori interni ed esterni alla sfera. I danni erano stati
sensibili ma non preoccupanti. Circa il quaranta per cento della struttura aveva riportato lesioni
ed era sottoposta a riattivazione, ma il supporto vitale e gli scudi era stabili ed efficienti.
Il secondo colpo, al contrario, fu nettamente peggio del primo.
- Li chiami! – ordinò Le, guardando i danni che la sfera Borg aveva riportato.
Il volto severo del Capitano Ortega apparve sullo schermo.
- Cessi l’attacco. – le intimò il Dehorniano, alzando il clamide e la coda.
La donna sorrise.
- Eseguo soltanto gli ordini, Capitano. – rispose, calma e fredda più di quanto Neela non
fosse mai stata.
- Non certo gli ordini del Comando di Flotta! – ribattè Le Hon.
- Agiamo per il bene del Comando di Flotta. – disse Norris, spuntando alle spalle di
Ortega.
- La sfera è stata colpita ancora. Il sistema per la transcurvatura è stato danneggiato
seriamente. – esordì Neela. – Il supporto vitale è ridotto al minimo. Hanno aria per meno di
quattro minuti.
- Tiri fuori Chakotay di lì. – ordinò Kathryn, fissando in cagnesco i capitani delle navi
gemelle.
- E’ inutile, Ammiraglio. Il segnale del vostro teletrasporto è disturbato così come le
vostre comunicazioni sub spaziali.
- Non sono più un Ammiraglio della flotta. – gli rispose a denti stretti.
- Consegnateci la nave altrimenti distruggeremo la sfera Borg.
- Hooker, chiuda la comunicazione.
Le Hon si era alzato in piedi ed era sceso accanto a Gibbs, appoggiando una mano sulla
spalla del proprio primo ufficiale ed una sul timone.
- Ci metta tra loro e la sfera. – ordinò, calmo. – Neela, pronta con l’impulso polaronico
dal deflettore. Facciamo loro vedere come combatte un vero equipaggio della Flotta Stellare.
Il supporto vitale li stava abbandonando, nonostante l’abilità dei droni addetti alle
riparazioni. Chakotay sudò freddo guardando lo schermo della postazione alla sua sinistra. Era
ovvio, era molto borg. Non ci si arrende mai al nemico ed una sfera è ben poca cosa rispetto a
tutta la collettività.
L’autodistruzione era stata attivata. Solo che non era stata istantanea, come era uso della
Collettività. Il timer indicava meno di quattro minuti e la vita di tutti loro sarebbe terminata in
un botto amplificato dalle tempeste di plasma delle Badlands. Sarebbero morti anche quelli delle
navi gemelle. Sarebbero morti anche...
Prese un drone per un braccio guardandolo fisso nell’unico occhio umano che aveva.
- Mettimi in contatto con la Naja. – gli ordinò, perentorio, ma l’altro non gli rispose,
continuando a muoversi verso il punto in cui gli era stato detto di recarsi e trascinandoselo
dietro.
- Mettimi in contatto con la Naja! – disse ancora Chakotay, prendendogli il viso con una
mano e costringendo il drone a fissarlo. – Adesso.
Il Borg si immobilizzò per un attimo – probabilmente stava ricevendo nuovi ordini dalla
Collettività – poi toccò uno schermo a lato del corridoio in cui erano. La plancia della Naja
apparve e Chakotay vide gli effetti di un colpo diretto sulla nave. Tutti si stavano aggrappando
con forza ad ogni sporgenza possibile, cercando di mantenere l’equilibrio, ma era evidente che
la bordata incassato non era stato di poco conto.
- Capitano... – disse, sperando che Neela avesse il tempo materiale per accorgersi della
comunicazione. Il suo, di tempo, era davvero poco.
- Chakotay! – esclamò Le Hon, vedendo il suo viso occupare praticamente tutto lo
schermo della plancia.
- Capitano, andate via di corsa. La sfera ha inserito l’autodistruzione ed esplodendo in
questa regione dello spazio nessuna nave che le stia vicino ha possibilità di salvarsi.
Kathryn sbarrò gli occhi. – No.
Chakotay sorrise. – Si, via. Veloci. Avete meno di tre minuti.
- Non ti lascio lì.
- Se tu avessi potuto, mi avresti già portato via. – le disse l’uomo, dolcemente.
Lo sguardo era lo stesso con cui l’aveva guardata sulla Nuova Terra, lo stesso che l’aveva
accompagnata verso il turbo ascensore quando aveva deciso scientemente di farsi assimilare dai
Borg pur di proteggere quei droni che, grazie ad una mutazione, erano in grado di vivere come
individui nell’unimatrice zero, lo stesso di tutti quegli anni che avevano visto la loro amicizia
crescere e diventare un sentimento di cui nessuno dei due riusciva più a fare a meno.
Una fitta allo stomaco per poco non la fece piegare in due e gli occhi azzurri della donna
si riempirono di lacrime.
- Non sono ancora pronta a perderti... – mormorò, alzandosi ed avvicinandosi allo
schermo.
- Cercami nei tuoi sogni, io sarò lì.
La Naja venne sballottata da un secondo colpo diretto dalle Navi Gemelle. Gibbs non
aveva smesso di eseguire alla lettera l’ordine di Le Hon, intercettando tutto quanto veniva
diretto verso la sfera Borg. La comunicazione si interruppe bruscamente.
- Via, Ethan. – mormorò Le, stringendo la spalla del proprio primo ufficiale.
- Ma non risulta... – disse Neela, fissando la propria consolle. – Non hanno
l’autodistruzione attiva. I sensori non lo rivelano.
- Probabilmente è schermata. Se conosco anche solo un poco Chakotay, sfrutterà la cosa
a proprio vantaggio... – disse Kathryn, voltandosi e tornando a sedersi sulla poltrona del primo
ufficiale. Le lacrime le rigavano le guance, ma non faceva nulla per arrestarne la corsa. Non gli
ho detto nulla, pensò amaramente, quarant’anni e non gli ho detto nulla. Strinse i braccioli. Una
parola, sarebbe bastata anche solo una parola, ma c’era sempre qualcos’altro da fare, qualcun
altro a cui dare retta, tanto Chakotay ci sarebbe stato sempre, sempre.
- La sfera si sta avvicinando alle navi... – disse Neela, mentre Gibbs virava stretto per
evitare un getto di plasma rilasciato da una delle tempeste.
- Trenta secondi e siamo fuori. – disse il primo ufficiale, con la fronte e le mani bagnate
di sudore.
- E’ su una traiettoria di intercettazione.
- Venti secondi.
- La Ying e la Yang fanno fuoco.
- Dieci secondi.
- La sfera ha retto il colpo. Le navi preparano il balzo in trascurvatura. Rilevo
un’instabilità nella trama del subspazio. Stanno aprendo un tunnel.
- Cinque secondi.
Lo spazio aperto gli si parò di fronte, improvvisamente.
- Ethan, curvatura massima. Attivare! – esclamò Le Hon esattamente mentre le Badlands
venivano scosse da un’imponente esplosione.
Terra – Quartier Generale della Flotta Stellare Sottolivello 3, ufficio 21
Stesso istante
Il volto del Comandante sbiancò in meno di un nanosecondo. Il segnale delle navi
gemelle era scomparso dallo schermo dove apparivano i rilievi della rete segreta di boe spaziali
nello stesso istante di quello della sfera Borg.
- Dannazione... – disse, a denti stretti, battendo un pugno contro la consolle. Il
guardiamarina Sorjal sobbalzò, spaventata.
- Non doveva andare così, Comandate? – domandò Andrew Paris, avvicinandosi
all’ufficiale. Un sorriso caldo e soddisfatto gli riempiva le labbra, mentre gli occhi brillavano
della stessa gioia.
- La smetta, Tenente. Ovviamente questo non era previsto.
- E cosa era l’atteso, signore?
- Mi sta prendendo in giro, Paris? Lo sa benissimo. La sfera e la Naja avrebbero dovuto
essere distrutte.
- E come mai?
L’uomo fissò Drew come se non l’avesse mai visto prima ed il sorriso del giovane, in
risposta, si trasformò in una lieve risatina di scherno.
- La farò degradare e trasferire su una colonia penale nel punto più remoto del quadrante
beta, Tenente. – sibilò il Comandante, fissandolo in cagnesco. – Questa è insubordinazione!
- No, solo realismo. Le avevo detto, signore, che l’Ammiraglio Janeway era un osso duro,
o sbaglio?
- E lei è felice perché quella donna è ancora viva?
- Non sa quanto. Odiavo l’idea di usarla come esca...
- Ma avrebbe risolto tutti i nostri problemi, Tenente. La distruzione della Naja da parte
dei Borg, la morte di un Ammiraglio della fama di Kathryn Janeway, avrebbe ucciso sul nascere
questa assurda idea di alleanza con i Borg e la guerra sarebbe stata cosa fatta.
- Una guerra che avrebbe portato morte e distruzione in tutto il quadrante.
- Ogni conquista ha uno scotto da pagare, Paris. Non sono certo io che le devo insegnare
queste cose, è la storia che parla. L’impero Romano è stato costruito con la violenza prima che
imperatori come Ottaviano Augusto e Adriano potessero godere della pace. In tempi molto più
recenti, Andrew, la guerra con il Dominio ci ha permesso un’espansione incondizionata
all’interno del quadrante gamma, solo che...
- Adesso non ci sono più i presupposti per continuare questa espansione.
- Esatto. Quindi una guerra è necessaria affinché, dopo di essa, lo spirito di rinascita e
ricrescita torni a rinvigorire la Federazione e la Flotta, di conseguenza.
- Se fosse la Federazione stessa a deciderlo, non avrei nulla da obiettare...
- Il nostro lavoro consiste nel creare le condizioni adatte per questa decisione. Siamo i
servizi segreti, siamo la sezione 31. Esistiamo ancora prima che la Federazione nascesse, dai
tempi delle primissime missioni a curvatura, dai tempi dell’Enterprise del capitano Archer33. Ed
in tutto questo tempo non abbiamo mai sbagliato una previsione, Tenente.
- Questa volta si.
Nella stanza si materializzarono una decina di uomini della sicurezza Federale e
l’Ammiraglio Riker. Il Comandante fece un passo indietro, portando istintivamente la mano a
dove avrebbe dovuto esserci il phaser, che non c’era. Nessuna previsione aveva mai descritto
uno scenario del genere, la Flotta contro la Sezione 31, quindi nessuna informativa aveva mai
consigliato di indossare le armi durante il turno di servizio interno.
- Lei è in arresto per cospirazione. – disse l’Ammiraglio con voce risoluta.
Una guardia si avvicinò al Comandante, bloccandogli i polsi con un paio di manette
ultimo modello, ironia della sorte, sviluppate da qualcuno che lavorava giusto per la Sezione 31.
L’uomo, pallidissimo in volto, non oppose resistenza, come nessuno all’interno della stanza.
- Tutto bene? – domandò Andrew, avvicinandosi all’Ammiraglio, mentre i prigionieri
venivano teletrasportati in un luogo sicuro.
- Non ho notizie dirette, Tenente, ma, vedrà, stanno di sicuro tutti bene.
- Lo spero, signore, lo spero vivamente.
- Se sono salvi, lo devono anche a lei. – disse William, dandogli una leggera pacca sulla
spalla. Ma Andrew non riuscì a sorridere.
- Se sono finiti in questo pasticcio, lo devono esclusivamente a me.
- Tranquillo. Lei eseguiva degli ordini. Solo che erano degli ordini sbagliati e lei,
Tenente, se ne è accorto in tempo. La conversazione con il Comandante è stata registrata e verrà
depositata come prova nel processo che la Flotta e la Federazione celebreranno contro questi
cospiratori.
Andrew si voltò per un attimo a guardare lo schermo. Il segnale della Naja era riapparso
a mezzo anno luce dalla Badlands. Probabilmente avevano subito dei danni e si apprestavano a
ripararli in un luogo più tranquillo.
- Li avete presi tutti? – domandò, tornando a fissare il viso rotondo dell’ammiraglio
Riker.
L’uomo gli sorrise.
- Tutti, quando ci sono di mezzo i servizi segreti, è una parola grossa, Tenente. Abbiamo
preso quelle persone che, credo, siano risultate sacrificabili agli occhi dei veri ideatori di tutto
questo complotto, Romulani e Klingon compresi, anche con l’aiuto del suo gemello Anthony.
Ma le menti, quelle sono ancora in circolazione. Resteranno silenti per un po’, ma tra qualche
tempo, rialzeranno la testa. E’ per questo che abbiamo bisogno di persone come lei, Tenente
Paris, persone la cui integrità morale è più forte degli ordini che ricevono.
Ma il cuore del giovane non riusciva a rallegrarsi. Nella sua mente c’era spazio solo per
un paio di occhi azzurri che l’avevano sempre guardato con l’approvazione e l’amore tipico di
una nonna orgogliosa del proprio nipote.
- E la zia? – chiese, abbassando lo sguardo e fissandosi le scarpe, lucide in modo quasi
impressionante.
- Tranquillo. Il consigliere Troi ha avuto un’idea geniale. Diremo che lei, Chakotay, il
capitano Le Hon e tutto l’equipaggio della Naja avevano ricevuto l’incarico ufficiale di
smascherare il complotto, simulando una malattia della dottoressa Keane, in modo da far uscire
33 Enterprise - Lotta per la Terra – stagione 4
allo scoperto le persone contrarie all’accordo con i Borg. Collima tutto alla perfezione, compreso
il putiferio fatto dall’ammiraglio Janeway per ottenere la settimana di vacanza sulla Terra con
Chakotay. Ne usciranno tutti puliti, con qualche onorificenza in più in bella mostra sulla divisa.
Andrew sorrise. Lo sguardo forte e nel contempo buono dell’Ammiraglio Riker lo aveva
persuaso anche di più delle sue stesse parole. Forse tutto sarebbe finito per il meglio, avrebbe
potuto guardare suo padre e sua madre negli occhi senza sentirsi un traditore, avrebbe ricevuto
una sonora pacca di approvazione dal gemello, avrebbe rivisto gli occhi azzurri di zia Kathryn.
- Non tutto il male viene per nuocere, Tenente.
- Epilogo Quartier Generale della Flotta Stellare
San Francisco – Terra
10 febbraio 2410
Molti saggi affermano che l’anima di una persona traspaia dal suo sguardo e che, spesso,
per poterla capire fino in fondo, non sia importante valutare come sia vissuta, ma come sia
morta.
L’Ammiraglio Janeway stava fissando l’olofotografia sulla propria scrivania. Era passato
poco più di un mese ed ancora non riusciva ad accettarlo. Soprappensiero od oberata di lavoro si
era trovata più di una volta con la mano sul comunicatore, pronta a chiamare il computer
centrale perché la mettesse in comunicazione diretta con l’Accademia delle Scienze di Vulcano,
con Chakotay.
Aveva disperatamente bisogno di sentire la sua voce e di rivedere quello sguardo. Un
bisogno quasi viscerale, un dolore che non la abbandonava mai e che non era stato di certo
mitigato dalla commemorazione funebre in onore dell’uomo che si era tenuta dieci giorni
prima, su Dorvan V.
Tutti i sopravvissuti della Voyager erano presenti, compresi Tom e B’Elanna, il Dottore,
Naomi Wildman, sua madre Samantha e suo marito Icheb, Tuvock. Era stato straziante sentirsi
parlare di lui, del suo coraggio, della sua integrità, della sua cocciutaggine mentre nella testa la
voce di Chakotay le diceva ancora, per la miliardesima volta, cercami nei tuoi sogni, io sarò lì.
Non c’era. Aveva tentato di trovarlo tante volte, aveva chiesto aiuto agli anziani della
tribù di Chakotay perché le insegnassero come fare, ma tutto era stato inutile. Non l’aveva
trovato e lei si sentiva vuota e sola come mai prima di quel momento. Nemmeno il fatto che
tutte le accuse a suo carico fossero state depennate, nemmeno l’onorificenza appuntata sotto il
comunicatore, nemmeno le lodi del Presidente stesso della Federazione avevano mitigato quel
vuoto che la mordeva da dentro. E gli anni che la aspettavano erano tanti, troppi, per passarli da
sola.
Il segnale di prossimità della porta del suo ufficio trillò.
- Avanti. – disse stancamente, senza alzare lo sguardo da quella foto.
- La disturbiamo?
Le voci in coro del Capitano Le Hon e di Ella la distolsero per un attimo dai suoi pensieri.
- No, certo che no. – rispose, cercando di sorridere.
- Tutto bene, Ammiraglio? – le domandò la donna.
Era bellissima, con i lunghi capelli rossi sciolti e lucidi, il viso appena arrossato dal sole e
le lentiggini a punteggiarle il naso. Non c’era traccia alcuna della malattia che l’aveva quasi
portata alla morte e le ultime analisi effettuate al centro medico della Flotta, dicevano che il suo
Dna era in ottima salute. Era tornata a nuova vita per la seconda volta da quando l’Enterprise
dell’ammiraglio Riker l’aveva salvata dalla bolla di Paruk, per vivere il proprio domani con il
compagno che amava. A Kathryn vennero le lacrime agli occhi, ma riuscì a ricacciarle indietro.
- Si, Ella. Tutto bene. E lei? – rispose, mascherando l’emozione da perfetta giocatrice di
poker.
- Mai stata meglio. Anzi... siamo qui per darle una notizia...
- Vi sposate?
Ella e Le Hon si guardarono, sorridenti.
- Si, certo. Ma non è questo... – disse il Dehorniano, alzando il clamide.
Kathryn aveva imparato a conoscerlo bene e, adesso, si poteva rendere benissimo conto
che l’alieno era arrossito con decisione.
- Allora cos’è? - chiese, dolcemente.
- Aspettiamo un figlio...
L’Ammiraglio si alzò e li abbracciò entrambi, senza più riuscire a trattenere le lacrime.
- Ed è merito suo se abbiamo anche solo potuto sperare di poterci riuscire... – concluse
Ella, sorridendo e piangendo di felicità al contempo.
- E’ merito di tutti noi. – disse Kathryn, asciugandosi le lacrime dalle guance e
recuperando il controllo.
- Notizie dei Borg? – domandò Le Hon, sciogliendosi dall’abbraccio.
La donna sospirò pesantemente.
- No, nessuna. I canali di comunicazione usati dall’ammiraglio Riker per parlare con...
con l’Ammiraglio Janeway sono silenti dal momento dell’esplosione e nessuno di noi riesce a
stabilire se ciò sia un bene od un male. Quello che sappiamo è che il consiglio Federale ha votato
una risoluzione che invita alla calma ed alla ripresa del dialogo diplomatico. Nessuna corsa agli
armamenti, nessuna installazione militare aggiuntiva al confine con il quadrante delta, niente di
tutto ciò. Aspettiamo... Ma nessuno di voi due indossa l’uniforme, come mai? – concluse,
accorgendosi solo in quel momento che Ella e Le erano in borghese.
- Abbiamo rassegnato le dimissioni all’Ammiraglio Riker questa mattina. Andremo su
Dehorn dalla famiglia di mio padre. Vogliamo che nostro figlio cresca lì e che il nostro pianeta
entri a far parte della Federazione al più presto. – le rispose Le, sereno.
Kathryn lo fissò, fingendo una serietà che non c’era ma che l’alieno percepì come reale.
- Così ha deciso di darsi alla politica, Capitano? – disse, con tono ufficiale.
Il Dehorniano sospirò.
- Ebbene si. Secondo mio padre sono il candidato ideale al seggio di Guardiano delle
Rocce in un momento così delicato. Conosco a fondo gli usi ed i costumi del mio pianeta natale,
i Keshari mi considerano il loro salvatore, ho ottime conoscenze all’interno della Flotta – le
sorrise schiettamente – e della Federazione. L’onorevole Shar Hon, mio padre, pensa che io non
abbia rivali.
- Ma lei non ne è convinto.
- Ci sono sempre nemici che tramano nell’ombra, l’importante è portare la luce in più
luoghi possibili, così da lasciare meno spazio alle tenebre. E non sono solo... – concluse, fissando
Ella e prendendole le mani tra le proprie.
- Volete la mia benedizione? – disse Kathryn, accennando per la prima volta da quando
Chakotay era morto, un vero sorriso di felicità.
- Vorremmo solo che lei fosse contenta quanto lo siamo noi... – mormorò Ella.
L’Ammiraglio abbassò lo sguardo, sistemandosi la divisa. - Non so se lo sarò mai più
davvero... – sussurrò, tornando a voltarsi a guardare la olofotografia sulla scrivania.
Le si fece serio in volto.
- L’ha trovato nei suoi sogni? – le chiese, avvicinandosi e prendendo la foto tra le mani.
- No.
- Allora non è morto.
Kathryn sgranò gli occhi. – Come fa a dirlo, Capitano?
Le guardò Ella e la donna gli fece cenno con il capo di andare avanti. Kathryn ebbe
l’impressione che i due avessero parlato di questa cosa molte volte e che, in realtà, fosse
esattamente questo il motivo della loro visita.
- Abbiamo passato molto tempo insieme, Ammiraglio. – iniziò il Dehorniano, prendendo
fiato. - Turni su turni soli sia in sala macchine che in plancia. Ci siamo raccontati tutto sulle
nostre credenze personali. Chakotay mi ha insegnato a trovare il mio Spirito Guida, io a leggere
nei cristalli di Oczkite. Mi ha detto che tutti i guerrieri che muoiono per salvare le persone care,
tornano sempre nei loro sogni, per aiutarle nelle difficoltà della vita.
- Chakotay parlava spesso con suo padre... – mormorò Kathryn, senza levare lo sguardo
dal viso di Le Hon.
- Lui era un guerriero e si è sacrificato per salvarci. Se non viene nei suoi sogni,
Ammiraglio è semplicemente perché non è morto.
- Provi a parlare con gli anziani della sua tribù. – disse Ella. – Probabilmente esiste un
rito per scoprire se davvero è ancora vivo.
Kathryn sorrise. – Lo cercherò tra i morti e se non dovessi trovarlo, allora lo cercherò tra
i vivi. Ci sono due semplici parole che gli devo dire assolutamente. Sono solo due, ma valgono
per l’universo intero. E non voglio aspettare ancora.
- FINE -