Tesi Danzaterapia e Disabilità di Lucia Taietti

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Tesi Danzaterapia e Disabilità di Lucia Taietti
INDICE
Introduzione ...................................................................................................... 1
Prima Parte
Capitolo 1- Dalla danza alla terapia: storia della Danzaterapia .................... 3
1.1 Le origini ................................................................................................... 4
1.2 I primi danzaterapisti: Chace, Schoop, Whitehouse ................................. 9
1.3 Gli sviluppi e la situazione italiana .......................................................... 13
Capitolo 2- La DanzaMovimentoTerapia ...................................................... 21
2.1 Definizione e obiettivi .............................................................................. 21
2.2 Le tecniche di DanzaMovimentoTerapia ................................................ 26
2.2.1 Movimento Autentico, Laban Movement Analysis e analisi del
movimento di Kestenberg .......................................................................... 26
2.2.2 Dall’Expression Primitive alla Danzamovimentoterapia espressivo
relazionale (DMT-ER) e psicodinamica...................................................... 34
2.2.3 Danzamovimentoterapia Integrata (DMTI) ........................................ 46
2.2.4 Danzaterapia secondo Maria Fux ..................................................... 47
Seconda Parte
Capitolo 3- La Danzaterapia applicata alla patologia .................................. 61
3.1 Ambiti di applicazione della danzaterapia ............................................... 62
3.2 Le classificazioni della disabilità .............................................................. 65
3.3 Disabilità, movimento e danza ................................................................ 72
3.3.1 L’importanza della danzaterapia per il soggetto disabile .................. 72
3.3.2 Il movimento come risposta emozionale dell’individuo e l’esperienza
creativa ...................................................................................................... 76
3.3.3 La danzaterapia come risorsa per l’integrazione scolastica
del disabile ................................................................................................. 79
3.4 Riflessioni metodologiche per la danzaterapia con persone disabili ........... 81
Capitolo 4- Dalla teoria alla pratica ............................................................... 93
4.1Incontri di danzaterapia per soggetti con disabilità intellettiva-relazionale . 93
4.1.1 Danzamovimentoterapia con Moira Zappella .................................... 99
4.1.2 Il Laboratorio “Ri-creazione” con Francesca Durante ..................... 103
4.2 Esperienza personale di danzaterapia con metodo Fux ........................... 107
Conclusioni ................................................................................................... 115
Bibliografia.................................................................................................... 117
Sitografia ....................................................................................................... 122
Fonti immagini .............................................................................................. 123
Introduzione
“…è il sentimento del danzare che conta: non la scoperta di quello che i loro corpi non
sono capaci di fare, ma di quello che riescono a fare, di quello che è naturalmente alla loro
portata, il sentimento di gioia, ritmo ed energia che spetta loro di diritto.”
(Harris Chaiklin)
La scelta di sviluppare il tema della danzaterapia nasce dalla volontà di far incontrare tre
campi di interesse personale: la sfera del movimento, il mondo dell’arte e il settore della
disabilità.
Apparentemente lontani gli uni dagli altri, tali ambiti, in realtà, si amalgamano in un
binomio efficace: la danzaterapia.
Essa coniuga arte e movimento creando un valido strumento che agisce sulle disabilità più
diverse.
Dal momento in cui siamo concepiti al momento della nostra morte siamo immersi nel
flusso del movimento.
Non una parola, non un pensiero prendono forma senza essere accompagnati da un
movimento, per quanto sottile, del nostro corpo. Così il corpo porta i suoi significati e dice
la sua storia.
Il movimento molto spesso viene però dato per scontato, lasciato al suo funzionamento
automatico e non considerato nel suo valore.
Attraverso la danza si può recuperare il senso di ogni gesto, agire sulla sfera emotiva,
sociale e cognitiva, stimolare la propria creatività e ritrovare il benessere psico-fisico.
L’intento di questa tesi è quello di fornire una chiave di lettura del movimento attraverso
l’illustrazione e l’analisi del concetto di danzaterapia e delle sue modalità applicative, in
modo particolare nel settore della disabilità.
La danzaterapia è infatti una disciplina che non si limita ad un’analisi oggettiva delle abilità
e delle inabilità motorie e ad una proposta di esercizi da ripetere meccanicamente; essa
dà la possibilità di procedere verso uno studio globale della persona, ricorrendo alla
gestualità e al movimento propri di ogni individuo per il recupero delle potenzialità perse o
nascoste.
Durante le sedute di danzaterapia, la persona riscopre il piacere funzionale del
movimento; affina le funzioni psicomotorie (come l’equilibrio, la rapidità, la precisione, la
coordinazione e la sincronizzazione del gesto, l’orientamento spazio-temporale, la
motricità globale, la potenza muscolare e la mobilità); consolida il proprio schema
corporeo; sviluppa la simbolizzazione corporea attraverso l’attività ludica; ristruttura in
modo positivo la propria immagine corporea grazie all’ambiente rassicurante e favorevole
che si viene a creare.
Il presente elaborato vuole dunque essere uno strumento volto a creare un atteggiamento
nuovo nei confronti del movimento, della danza, del corpo, della disabilità e della
riabilitazione.
L’elaborato è composto di due parti.
Nella prima parte si è ripercorsa la storia della danza alla ricerca delle origini della
danzaterapia e dei suoi precursori. Successivamente, esaminato il concetto di
danzaterapia, si è elaborato un excursus sulle tecniche esistenti e in particolare su quelle
presenti nel panorama italiano.
Nella seconda parte, dopo aver individuato gli ambiti di applicazione della danzaterapia, si
sono analizzati alcuni aspetti della riabilitazione e della terapia psico-corporea attraverso
la danza dei diversamente abili.
Partendo dal tema della disabilità si sono poi approfonditi gli effetti del movimento
sull’aspetto motivazionale, emotivo, espressivo e psicologico.
Per concludere si sono descritte esperienze personali di incontro con la danzaterapia in
cui, da un lato si è sperimentata l’esplorazione del linguaggio del corpo, dall’altro si è
potuto constatare il miglioramento dell’espressività corporea e relazionale dei soggetti
disabili che hanno frequentato i corsi.
4.1.1 Danzamovimentoterapia con Moira Zappella
Questo laboratorio si tiene tutti i giovedì dalle 11.15 alle 12.25 al Centro
Opportunità e Movimento di Milano. Essendo rivolto a persone con un deficit
cognitivo-comportamentale medio-grave è importante che siano presenti alcuni
educatori, per poter aiutare in caso di difficoltà con l’utente.
La costituzione del gruppo da settembre ad oggi è stata piuttosto altalenante: i
fondi tagliati al comune e ai CDD, alcune motivazioni di organizzazione del
tempo dedicato ad attività extra, le problematiche personali del soggetto non
permettono ai disabili una costante possibilità di prender parte agli incontri.
Tra i componenti del gruppo ci sono persone che hanno importanti inabilità
motorie, dovute sia a malformazioni fisiche che di provenienza psichica; ciò non
impedisce l’autonomia generale nel muoversi e il rimanere in gruppo rispettando
le regole di base. Essi frequentano il laboratorio da diversi anni e, col tempo,
hanno migliorato molto il loro aspetto motorio e corporeo grazie alla
danzaterapia.
Attraverso il processo creativo e l’ampliamento del repertorio di movimento
individuale questa pratica genera un’esperienza globale per ognuno, che è al
tempo stesso corporea, psichica e relazionale; si cerca di ristabilire un contatto
con la realtà del proprio corpo, con il Sé e con l’altro.
Il principale obiettivo degli incontri è quello di valorizzare le risorse della persona,
dando la possibilità di esprimersi attraverso il movimento in modo nuovo e
condiviso.
Il lavoro si svolge all’interno di uno spazio accogliente e sicuro, con il supporto
della musica e di oggetti quali palle, stoffe e piccoli strumenti musicali. Vengono
proposti semplici rituali di apertura e conclusione, atti a promuovere un senso di
fiducia, continuità e appartenenza al gruppo. L’attività si propone di avvicinare i
partecipanti alla realtà del proprio corpo per rafforzare il senso della corporeità e
dei confini e di valorizzare la creatività personale, attraverso il potere espressivo
del movimento e della danza. La condivisione dei propri vissuti all’interno del
gruppo consente, laddove è possibile, di potersi esprimere anche a livello
verbale. Le principali aree di intervento riguardano pertanto la comunicazione e
l’integrazione psicomotoria.
Il mio ruolo di tirocinante è consistito in una partecipazione attiva agli incontri, e
non in una semplice osservazione da uditrice: questo per non modificare il
setting e non destabilizzare il gruppo con una figura esterna che disturbasse in
qualche modo l’andamento della terapia.
L’inserimento è stato preceduto da un colloquio individuale con la terapeuta
Moira Zappella e dall’avviso al gruppo prima del mio arrivo.
Prendendo parte a varie sedute ho potuto verificare come la danzaterapia, in
questo caso quella ad orientamento psicodinamico, può essere applicata a
diversi soggetti che presentano difficoltà psichiche e fisiche.
Insieme a Moira ho osservato il gruppo e, attraverso un confronto con lei, sono
riuscita a capire quali sono stati i progressi dei singoli componenti negli anni, nei
mesi e nelle settimane.
I risultati effettivi di un percorso di danzaterapia ci vengono riportati soprattutto
dagli educatori dei CDD: è nella vita quotidiana che emergono gli effetti più
importanti sul comportamento di una persona.
Le informazioni complete sul loro vissuto e sulle loro patologie sono difficili da
recuperare. I CDD non forniscono, per questioni di privacy, le cartelle cliniche di
ogni utente; la danzaterapista si basa su ciò che gli educatori raccontano, ma le
storie spesso sono lacunose.
L’incontro si struttura in questo modo: dopo una prima fase di accoglienza del
gruppo in cui ciascuno rientra in sintonia con lo spazio, ormai conosciuto, e
riprende la relazione, là dove l’aveva lasciata la volta prima, con la
danzaterapista, con me, con gli educatori e con i compagni, ci si siede tutti in un
cerchio e si inizia con un giro di parole in cui ognuno dice ciò che si sente. Per
•
Da una conversazione con Moira Zappella, Milano, 2011.
far sì che la verbalizzazione non diventi eccessivamente dispersiva essa viene
guidata e condotta da Moira.
Successivamente si procede con una fase di riscaldamento in cui si ritrova il
contatto con il proprio corpo attraverso delle gestualità proposte dal singolo e poi
riprodotte dal gruppo (ad esempio tutti suggeriscono varie modalità di “stirarsi”,
per risvegliare i muscoli).
L’attivazione muscolare si completa alzandosi in piedi e producendo dei
movimenti che vengono ripetuti dai partecipanti e ampliati dalla conduttrice. Ogni
parte del corpo viene mossa e nominata seguendo un ordine non confusivo
(dalla testa ai piedi o viceversa).
Dopo che ciascuno è ritornato ad avere possesso del proprio corpo e dei propri
gesti (per quanto sia fattibile), subentra l’attività centrale, guidata da Moira, che
consiste in differenti proposte a seconda del clima emotivo del gruppo, come per
esempio: il contatto fisico con l’altro, l’esplorazione nello spazio, la ricerca di un
ritmo, lavori a gruppi alternati, lavori a coppie etc. L’attività può essere modificata
a seconda della risposta degli utenti. Ci si avvicina verso la fine dell’incontro con
una danza libera in tutto lo spazio, in cerchio, o a coppie.
Un passaggio importante è quello che la conduttrice chiama “il dare un nome ai
gesti”: ognuno infatti è chiamato a dire che cosa gli evoca il movimento che
propone (emozione, verbo, oggetto, animale); questo esercizio richiede un
notevole sforzo mentale e non tutti riescono a ragionarci e dare una risposta.
L’ora si conclude con la verbalizzazione delle emozioni e delle sensazioni
riguardo al vissuto dell’esperienza svolta.
A questo corso partecipano circa sette persone disabili: ognuno con la sua storia,
le sue difficoltà e le sue conquiste.
Durante questa esperienza ho avuto modo di osservare gli atteggiamenti di tutti.
Il comportamento che più mi ha colpito è stato quello di M., una donna con grave
disabilità cognitiva, difficoltà motorie notevoli e incapacità di articolare un
linguaggio chiaro.
Il primo incontro con lei non è stato facile: era difficile incontrare il suo sguardo,
se ne stava seduta rannicchiata su sé stessa; il suo corpo presentava forti
tensioni muscolari aggiunte ad alcune stereotipie e la sua mente era ben lontana
dalla quella stanza. Sembrava essere in un mondo a sé.
Le sue risposte, al tentativo della danzaterapista di riportarla nel gruppo, sono
migliorate, grazie alle proposte di coinvolgimento, di accoglienza e di movimento
seguite da rinforzi positivi.
Il percorso della scoperta delle varie parti del corpo, del loro movimento possibile
e della ricerca di gesti personali è andato di pari passo alla ricerca della relazione
con l’altro.
Grazie ad esercizi di apertura del corpo e di incontri dello sguardo oggi M. riesce
a guardarmi ed esplorare uno spazio che va al di là del suo personale.
Quando esce dalla sua chiusura diventa così sorprendente: si esprime con
gestualità e forme del corpo che vogliono comunicare il suo esserci, la sua voglia
di essere riconosciuta (chiedendo la mia approvazione con sguardo e vocalizzi),
l’amicizia che la lega a una compagna in particolare, la sua determinazione e la
sua forza.
Nonostante il lavoro da attuare su di lei sia ancora lungo e difficile si vedono i
primi miglioramenti e quel che è più importante è vedere sorrisi sulla sua bocca
ed entusiasmo nei suo occhi: si sente valorizzata e considerata parte integrante
del gruppo.
4.1.2 Il laboratorio “Ri-creazione” con Francesca Durante
Il laboratorio di Danzamovimentoterapia “Ri-creazione” si tiene tutti i venerdì
dalle 10.00 alle 11.00 al centro Opportunità e movimento ed è condotto dalla dmt
Francesca Durante.
È rivolto a persone con deficit cognitivo-comportamentale medio che hanno una
discreta/buona mobilità e un discreto livello cognitivo; con difficoltà a relazionarsi
con gli altri (difficoltà a gestire le emozioni, vissuti proiettivi, iperattività,
inibizione...).
Attraverso proposte legate al movimento e alla danza, uno degli obiettivi
prefissati è quello di arricchire l’immagine corporea, nutrendo l’autostima e
ampliando gli schemi motori abituali.
In questo contesto si lavora sulla relazione con l’altro, in una cornice ludica e
piacevole, cercando di elaborare le difficoltà relazionali con l’aiuto del gruppo; si
vuole dare spazio inoltre ad un’apertura al mondo emotivo-immaginale di
ciascuno e ad una sua condivisione.
Le proposte vanno verso l’apertura della dimensione creativa e simbolica della
danza come “arte che cura”.
Come per il gruppo di danzaterapia del giovedì, anche in questo laboratorio il mio
inserimento è stato il medesimo.
Partecipando all’attività ho potuto osservare come le richieste di danza e
movimento siano state più elevate rispetto al gruppo della dmt Moira, poiché il
livello generale degli utenti è meno grave.
L’insegnante propone una struttura di incontro di questo tipo:
-
Il cerchio iniziale: si parte con un saluto ritmico, in cui si nomina ogni
partecipante. Gli obiettivi in questa fase consistono nel fondare il gruppo,
introdurre il nuovo canale comunicativo, non verbale, basato su musica e
movimento e nel sentirsi riconosciuti dagli altri.
-
Il riscaldamento: qui vengono proposti vari esercizi, a volte più tecnici, a
volte più liberi, di attivazione e percezione delle varie parti del corpo, favorendo
una loro consapevolezza.
-
La parte centrale: viene presentato un tema ogni volta diverso da
sviluppare ed esplorare.
-
La fase finale di ogni incontro prevede una rielaborazione e una
presentazione agli altri del proprio lavoro esplorativo. Ciò avviene con varie
•
Da una conversazione con Francesca Durante, Milano, 2011.
modalità: in sottogruppi, o individualmente, ognuno ha la possibilità di essere
guardato dagli altri, riconosciuto e, in ultima analisi, gratificato e nutrito nella
propria immagine di sé.
-
La
verbalizzazione
finale:
è
uno
strumento
importante
per
la
danzaterapista perché permette di capire il gruppo, a livello cognitivo e logico.
Rispettando i livelli cognitivi di ognuno, questo momento mira ad attivare la
consapevolezza e la memoria di ciò che prima sul piano corporeo si è fatto. È
utile per cercare di cogliere il legame tra ciò che si è osservato e percepito e ciò
che ogni persona dice di avere vissuto come piacevole o spiacevole (cosa non
sempre corrispondente). È un momento fondamentale anche per il gruppo
perché dà spazio a feedback reciproci, tra compagni, a livello verbale.
I temi finora esplorati sono stati: la relazione con l’altro partendo dallo sguardo
per poi arrivare al contatto corporeo a coppie e in gruppo, l’esplorazione e
l’occupazione dello spazio, il muovere diverse parti del corpo a ritmo, danze
intervallate da momenti di stop e lavori a terra.
In questa prima parte dell’anno si dà spazio all’accoglienza e all’osservazione,
dove l’intento della conduttrice è quello di creare un codice non verbale condiviso
e far sì che si formi un senso di appartenenza al gruppo cercando di smembrare i
gruppi già esistenti. È una fase in cui si attua l’osservazione iniziale degli utenti e
la valutazione degli obiettivi.
Francesca si trova di fronte a un gruppo nuovo, rispetto al corso dell’anno
precedente: una parte degli utenti è all’inizio del percorso di danzaterapia, l’altra
parte è già da un anno che vi partecipa.
Ella ha il difficile compito di guidare l’incontro e intanto porsi in ascolto di ogni
singola persona: osserva i movimenti prevalenti e abituali, individua le eventuali
stereotipie, le modalità relazionali, le risposte alle varie proposte di movimento.
Per stilare un programma con obiettivi specifici adeguati deve prima darsi il
tempo di osservare i nuovi partecipanti, le dinamiche e i vissuti prevalenti nel
gruppo. Un altro aspetto importante è confrontarsi con le aspettative degli
educatori, poiché questa attività di DMT è inserita in un progetto educativo
individuale (PEI) già avviato nei CDD. Questo aspetto di lavoro di rete e di
comunicazione con il personale educativo è molto importante, nonché delicato. È
fondamentale anche reperire informazioni di base sui disabili presenti, di tipo
diagnostico, ma anche legate alla situazione familiare. Francesca utilizza per
questo scopo schede di presentazione degli utenti e schede di osservazione e
verifica, da compilare a carico degli educatori. A fine anno è previsto un incontro
con ogni CDD per parlare del percorso fatto e valutarlo insieme.
.
Solo nella seconda fase del processo terapeutico (seconda parte dell’anno) si
lavorerà su obiettivi mirati e calibrati per ogni esigenza.
Il gruppo del laboratorio “Ri-creazione” è numeroso e al suo interno vige un clima
generalmente positivo. Ognuno con le sue potenzialità contribuisce al buon
funzionamento dell’attività.
Come nel corso di Moira anche qui ci sono state persone che mi hanno coinvolto
particolarmente. È il caso di R., una ragazza affetta da sindrome di down che
pratica la DMT dallo scorso anno.
Non ha particolari problematiche motorie e ha grande abilità e fluidità di
movimento. L’incontro con lei è stato piuttosto diplomatico e tranquillo.
Ha colto la mia attenzione il suo modo di stare nel gruppo.
Durante il percorso danzaterapeutico ho notato in lei delle difficoltà di tipo
relazionale.
R. fatica a porsi in una condizione di apertura verso l’altro. È molto concentrata
su di sé e ha la tendenza a fissarsi in un’idea propria senza entrare veramente in
relazione con i compagni. Nei lavori a coppie cerca di stare spesso e volentieri
con la sua educatrice. Rifiuta di seguire alcune proposte della danzaterapista.
Nel gruppo tende a portare vissuti e ricordi legati ad elementi della propria vita
non sempre pertinenti al contesto.
Mi incuriosisce questa sua modalità di affrontare la seduta.
Parlandone con Francesca ho avuto la conferma delle mie impressioni.
Purtroppo di R. non abbiamo molte informazioni; il centro da cui proviene non ha
compilato le schede di presentazione dello scorso anno, ma si è detto disponibile
a consegnarlo per questo anno; sarebbe utile capire qual è la sua situazione
familiare, come si delinea il rapporto con la madre e conoscere un po’ meglio il
suo vissuto personale.
Uno degli obiettivi che la conduttrice si prefigge con lei è la canalizzazione del
movimento per favorire un ordine mentale e non rischiare che, attraverso la
danza, essa si perda nel suo mondo. R. pratica danzaterapia da più di un anno.
Nel corso del tempo c’è stato qualche progresso, ma il percorso dovrà continuare
a rimanere costante e occorrerà lavorare su questi aspetti attraverso il
movimento.

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