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Jeanne Moreau "Mi piace ancora fare scandalo per questo porto in scena Genet"
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18/06/2011 - La Repubblica - LAURA PUTTI
JEANNE MOREAU "MI PIACE ANCORA FARE SCANDALO PER QUESTO PORTO IN
SCENA GENET"
Incontriamo la grande attrice francese che sarà il 26 giugno al Festival dei Due Mondi di
Spoleto con lo spettacolo tratto dal poema "Le condamné à mort" scritto in carcere nel
1942 dal controverso autore
PARIGI - Jeanne Moreau è in piedi, vestita di bianco, sulla sinistra del palco. E´ magrissima, sempre più piccola, quasi si
perde nell´ampia candida giacca. Sul viso un´espressione indurita, fissa, ormai quasi una smorfia. Troppi rammendi o, forse,
semplicemente, la vita. Jeanne Moreau legge (o, come dice lei, "slamma") le parole del poeta; alla sua sinistra Etienne Daho,
celeberrima popstar francese, tutto in nero, le canta. Una band di cinque persone, anch´esse in nero, accompagnano la voce
dell´attrice e quella del cantante in "Le condamné à mort", primo (e unico) lungo poema di Jean Genet divenuto una "lectureconcert". Lo spettacolo, che il 26 arriverà al Festival dei Due Mondi di Spoleto, ha debuttato a Parigi alla fine di novembre,
qualche settimana prima del centesimo anniversario della nascita di Genet. Scritto da Genet a 32 anni, nel 1942 nel carcere di
Fresnes dove scontava una pena per furto e dedicato al giovane assassino Maurice Pilorge ghigliottinato nel 1939, "Le
condamné à mort" fu messo in musica da Hélène Martin, voce di poeti e viaggiatrice esistenzialista nei club della "rive gauche"
negli anni 60. Dell´opera della Martin su Genet, Etienne Daho esegue da tempo un brano, "Sur mon cou", sul mio collo. Sua è
stata l´idea di riproporla per intero e Jeanne Moreau ha accettato con entusiasmo.
L´attrice ha conosciuto bene Genet. Al cinema nel ‘66 ha interpretato "Mademoiselle" di Tony Richardson per il quale lo
scrittore aveva fatto il "trattamento" (e Marguerite Duras la sceneggiatura) e più tardi, nell´82, è stata Lysiane, Madame del
bordello di Brest, in "Querelle" di Fassbinder tratto dal suo romanzo. Ma l´ossessione di Genet per l´erotismo omosessuale dei
marinai, i suoi scadalosi "matelots", era nata nel carcere di Fresnes, ben prima del film, mentre metteva in alessandrini la
passione per il giovane Pilorge, apollineo assassino del suo amante. Un fatto di cronaca che scatenò in lui la poesia e tutta la
sua arte. «In quel momento, in un carcere, Genet diventa poeta. Lì nasce l´arte della sua scrittura, la passione e il rigore per la
parola» dice Jeanne Moreau con quella sua voce unica, adatta alle parole più scabrose, e dio sa se in "Le condamné à mort"
non ne pronuncerà; scandirà per esempio i dodici diversi modi nei quali Genet chiama il sesso maschile: sexe, queue,
membre, bite...
E´ stato un problema, mademoiselle?
«Mai avuto problemi con queste cose. Genet usa la lingua dell´amore e della morte. E´ il linguaggio di un "insoumis", di un
uomo che mai fu sottomesso, e ce ne fossero in mezzo a tutta questa omologazione, in questa paura di dire una parola di più
che vedo attorno a me. Nessuno ha più il gusto vero, profondo, dello scandalo. Io invece lo porto in me».
Che cosa ricorda di Genet?
«L´ho conosciuto negli anni 50. Nel ‘56, quando recitavo "La gatta sul tetto che scotta" di Tennessee Williams, spesso mi
aspettava fuori dal Théâtre Antoine a Parigi. Ce ne andavamo a notte fonda a cena alla Coupole, e lì mi "usava" per
rimorchiare i suoi ragazzi. Era un uomo dolce e generoso, ci divertivamo. Ma aveva anche un lato mascalzone, poteva essere
sgradevole. Non credo che abbia amato le trasposizioni cinematografiche o musicali della sua opera: era troppo rigoroso. Ma
anche molto generoso, tanto da morire povero e solo in una stanza di albergo. Ogni sera, prima di iniziare a leggere "Le
condamné à mort", gli dedico il nostro spettacolo».
Nella versione su cd "Le condamné à mort" dura poco più di 30 minuti. Lo spettacolo sarà così breve?
«Arriveremo a quasi un´ora. Per spiegare il percorso di Genet ho aggiunto una introduzione tratta dal libro scritto da Jean-Paul
Sartre nel 1952: "San Genet, attore e martire". Racconto la sua infanzia, il suo viaggio verso l´inferno e il momento in cui, a
Fresnes, diventa poeta. Iniziò in versi, ma subito dopo si dedicò ai romanzi e alla scrittura teatrale. Dopo "Le condamné à
mort" scrisse soltanto un´altra poesia, ma non così bella».
E´ la sua prima volta al Festival di Spoleto?
«Non come spettatrice. Andai con un gruppo di persone, tra le quali la mia amica Marina Cicogna, a vedere danzare Nureyev
e Margot Fonteyn. Ho bellissimi ricordi».
In "J‘ai dedié ce poême", la sua ultima lettura in "Le condamné à mort", sembra che Genet abbia veramente conosciuto
Filorge....
«Invece no, non lo incontrò mai. Questa è la sua grandezza di poeta. Il fatto di cronaca fu molto famoso e Genet se ne
appropriò. Trovava ingiusta la ghigliottina, che in Francia fu abolita soltanto nel 1981 con l´arrivo dei socialisti e di Mitterrand
presidente. Tengo a dire che quest´anno si celebrano i 50 anni di Amnesty International, quindi della sua lotta contro la pena
di morte nel mondo».
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18/06/2011