Il Pastore bello
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Il Pastore bello
Il Pastore bello Il pastore quando ha condotto fuori le sue pecore cammina innanzi loro e le pecore lo seguono. Un estraneo invece non lo seguiranno ( Gv. 10,1-10) Prudentemente resteremo nelle retrovie per mandare allo sbaraglio gli altri e per farci i nostri conti per sopravvivere ? Oppure oseremo “ camminare innanzi “ in avanguardia, senza timori di ladri e briganti appostati nella notte, disposti a rischiare tutto per tutto pur di aprire per gli uomini le porte dell’ aurora di una terra più abitabile? Il cristiano sa che davanti a sé, a precederlo, non ha altri che Gesù Cristo. E’ Lui il Pastore grande su cui fissare il proprio sguardo, da cui ascoltare, nel sacrario interiore della coscienza la voce e, decisamente seguirlo. Non c’è nessun altro a cui accodarsi, dietro cui rifugiarsi, da cui attendersi la grazia della vita. Cristo, Egli solo, è il Pastore della Chiesa. Coloro ai quali viene attribuita l'autorità nella Chiesa, tendono a prendere importanza eccessiva agli occhi di coloro per i quali dovrebbero essere i "servi". La Chiesa esiste quando tra di noi è presente Gesù, il risorto, che solo può donare la vita di Dio. Verso la fine del sec.I, quando l'appellativo di "pastori" era largamente diffuso per i responsabili delle Chiese, l'insistenza di Giovanni sul fatto che Gesù è il solo pastore buono e che tutti gli altri sono ladri e mentitori, rappresenta una precisa sfida: le pecore devono ascoltare solo il pastore divino. E per Giovanni, non si tratta di una questione astratta: la passione che traspare dalle sue parole, rivela quanto sia forte il rischio di dimenticare la insostituibile presenza di Gesù, vivo, a favore di autorità che invece farebbero scadere la comunità cristiana a livello di qualsiasi altra organizzazione umana. Risorto, Egli ci è contemporaneo nel quotidiano vivere esercitando tra di noi la sua missione pastorale. Come il gregge per il pastore, così noi uomini siamo per Lui la sua ricchezza, il suo valore primo. Siamo il motivo della sua gioia e della sua vita. Siamo con Lui, camminiamo con Lui, mangiamo con Lui. Anzi in tutto ci precede, perché ci ama, e noi gli apparteniamo. Estranei con Lui non lo siamo proprio, mai. E se ci perdiamo andandocene lontano, accendiamo in Lui un desiderio più vivo di riaverci. C’è una familiarità affettuosa con cui Egli ascolta la mia voce. Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Non l'anonimato del gregge, ma nella sua bocca il mio nome proprio, il nome dell'affetto, dell'unicità, dell'intimità, pronunciato come nessun altro sa fare. E le conduce fuori le sue pecore. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, pastore di libertà e di fiducia. E cammina davanti ad esse. Non un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade, è davanti e non alle spalle. Non un pastore che pungola, incalza, rimprovera per farsi seguire ma uno che precede, e seduce con il suo andare, affascina con il suo esempio: pastore di futuro. E ci sorprende Gesù con quella conclusione: Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza . Sì, in abbondanza. Non solo la vita necessaria, non solo la vita indispensabile, non solo quel respiro, quel minimo per tirare a campare. No, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva, vita che dirompe gli argini e sconfina, uno scialo di vita. La parola immensa e breve è «vita». Cuore del Vangelo. Parola indimenticabile. Vocazione di Dio e vocazione dell'uomo. Non ci interessa un divino che non faccia anche fiorire l'umano. Un Dio cui non corrisponda il rigoglio dell'umano non merita che ad esso ci dedichiamo. Una parola , come a Pietro, Egli ripete incessantemente: “ Mi ami tu più di costoro? “. Osiamo allora la fiducia del cuore per dirgli con tutta l’anima “ Si, Signore, Tu sai tutto, Tu sai che io ti amo “ L’amore per il Cristo resta nei nostri cuori sempre più grande di ogni nostro rinnegamento. Purtroppo riusciamo a voler bene molto male, ma è vero che in fondo al buio più profondo, viviamo ancora per un amore che resta in noi. Avere il coraggio di confessarglielo, al Cristo, è ascoltare da Lui la parola “ pasci il mio gregge “. A causa dell’amore per il Cristo ogni uomo riceve, in una sua misura, un incarico pastorale. Qualcuno viene a noi affidato e noi diventiamo responsabili di altri. Tanto più grande sarà l’amore per il Cristo, tanto più grande sarà la forza con cui ci coinvolgeremo con la storia degli uomini assumendo la responsabilità del pastore. Certo, nessun pastore potrà mai illudersi di dare ciò che egli non è. Solo chi, senza badare alla sua pigra sopravvivenza, saprà uscire fuori dagli “ accampamenti “ per trasformare i deserti in spazi aperti di vita, sarà capace di donare agli altri il coraggio di credere ancora che molto è possibile. Tu, o Cristo, tu conduci il tuo popolo come un pastore il suo gregge. Tu, Il Vivente risorto, tu ci nutri della tua Parola che è luce ai nostri passi. Tu ci disseti alle sorgenti che ridanno vigore al nostro camminare. Tu ci ami dandoci la tua vita, come un pane per la nostra fame, un calice di vino per la nostra sete di festa. Tu ci precedi per aprirci il cammino, tu ci segui per proteggerci le spalle, tu ci accompagni per sorreggere le nostre stanchezze. Tu cammini al nostro fianco e l’anima si apre allo stupore della tua amicizia.