2010-2 - parrocchia di Gemona

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2010-2 - parrocchia di Gemona
ANNO LXXVIII - N. 2
GIUGNO 2010
«Io faccio nuove tutte le cose»
Oggi i dati sono i seguenti:
Parrocchie: 374
Parroci:
188
Presbiteri sotto i 40 anni:
15
dai 40 ai 50 anni: 19
dai 50 ai 60 anni: 37
dai 60 ai 70 anni: 92
dai 70 agli 80 anni: 94
oltre gli 80 anni: 64
Totale:
321
Seminaristi: 14
E chi si occuperà dei nostri bambini?
E chi seguirà i nostri giovani?
E chi visiterà le nostre famiglie?
E chi incontrerà i nostri vecchi?
E chi pregherà per i nostri morti?
Non possiamo assolutamente aspettare
il 2020 per cercare una soluzione a questa situazione. Anche per Gemona è
arrivato il tempo per ripensare la propria storia di comunità di fede. Non
possiamo ammirare il “nostro” duomo,
orgogliosi di averlo restaurato e non
sentirci noi comunità di pietre vive che
edificano il tempio vivo dello Spirito.
Non possiamo ammirare il battistero,
gioiello di fede, senza scoprire la
dignità regale, sacerdotale e profetica
FOTO PIGNAT. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE
Da qualche tempo nel mese di giugno,
alla fine dell’anno pastorale, il clero
friulano assieme all’Arcivescovo si
incontra per una pausa di riflessione e
di programmazione.
Quest’anno l’incontro si è svolto a
Lignano. Il tema proposto di quest’anno
è stato: Presbiteri dono di Dio per il
mondo.
Noi preti stiamo riflettendo sul nostro
essere preti oggi, in un mondo che è in
continuo cambiamento, trasformazione,
evoluzione. Un mondo che ignora o trascura i cardini di una fede vissuta nei
secoli, testimoniata dalle generazioni
passate, trasmessa con fedeltà e ricchezza di forme e arte. Un mondo che non
nega l’esistenza storica dell’uomo Gesù, ma semplicemente lo ignora e al
massimo ne ammira alcune proposte di
buone maniere e lo annovera tra i filantropi del passato (un po’ sopravvalutato,
ma comunque finito male). Un mondo
dove la “sacralità” della vita, delle famiglie, delle tradizioni, dell’appartenenza
ad una terra che ha la sua storia di luci e
di ombre, è in profonda crisi.
Mentre i relatori sviluppano i temi con
dovizia di citazioni bibliche e di riferimenti all’oggi e l’Arcivescovo ci presenta la lettera pastorale sull’urgenza di proporre ai nostri ragazzi-giovani la scelta
vocazionale al sacerdozio, noi preti ci
guardiamo attorno e con amarezza constatiamo che il colore dei capelli (di chi
ancora li ha) ricalca i dati anagrafici e il
numero dei sacerdoti operanti in diocesi.
Fra un decennio, sotto i 75 anni (l’età in
cui un sacerdote rassegna le dimissioni), in diocesi saranno in servizio sì e no
un centinaio di preti, impegnati sia sul
territorio sia al centro, nella curia e nei
servizi diocesani. Fra dieci anni circa
trecento parrocchie saranno senza prete!
che ci è stata donata con il battesimo.
Non possiamo dirci cristiani se in noi
non c’è una ricerca della Verità, una frequenza costante all’Eucaristia della
domenica, una trasmissione coerente
della fede ai nostri piccoli, in attento
ascolto della Parola di Dio. Non possiamo aspettarci dal prete (e fra qualche
anno a Gemona ce ne sarà uno, forse
due) tutti quei servizi che finora sono
stati offerti alla comunità!
Ma in tutta questa lettura negativa del
presente bisogna con ottimismo guardare quello che di positivo sta nascendo
nelle nostre coscienze. Stanchi di tante
illusioni, cerchiamo qualcosa che ci
parli di Dio, di eterno, di bello, di ineffabile. Non osiamo ancora chiamarlo
Gesù Cristo, ma ci piacerebbe che
potesse essere Lui la risposta positiva
alle nostre angosce, che potesse essere
Lui, la sua parola, la sua presenza nella
storia, il collante delle nostre comunità.
Occorrono allora annunciatori di una
nuova primavera dello Spirito. Nuovi
profeti come Isaia, che dall’alto delle
torri dei campanili e castelli gridino
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose.
Non ve ne accorgete?».
E allora bisogna che tutti i laici, uomini
e donne, giovani e anziani, si riapproprino del loro ruolo di testimoni. Guardando con amarezza alla moda attuale
dei matrimoni, solo civili, e delle convivenze, le poche coppie sposate in chiesa
dovranno essere lievito e sale della
pastorale familiare di Gemona. E dovranno essere i genitori e i padrini i
primi e più autorevoli educatori della
fede dei loro bambini. E dovranno essere i giovani-adulti gli animatori più
(segue alla pagina successiva)
l’arciprete
monsignor Gastone Candusso
1
E allora, cosa possiamo fare?
«Io faccio nuove tutte le cose»
(dalla pagina precedente)
adatti per simpatia e competenza per i
nostri ragazzi. E dovranno essere gli
adulti che prendono a cuore le situazioni di disagio e sofferenza delle nostre
comunità…
Certamente il prete rimane indispensabile per la comunità cristiana, ma la
comunità deve, con coraggio, assumersi
ruoli e servizi che spettano a lei.
Non so cosa accadrà nei prossimi anni,
ma sono certo che lo Spirito inventerà
con la sua fantasia situazioni inedite,
farà sorgere persone coraggiose, darà
ardore e forza a giovani e famiglie. Lo
Spirito farà ancora grande la Chiesa che
vive, spera e ama nella nostra terra di
Gemona.
E allora, fra qualche tempo, correggeremo il tema dell’incontro di quest’anno.
Non più Presbiteri dono per il mondo,
bensì Presbiteri e comunità cristiana di
Gemona, dono di testimonianza e di
collaborazione per il mondo intero.
l’arciprete
monsignor Gastone Candusso
Che cosa possono fare i laici – uomini e donne, anziani e giovani – per essere veramente testimoni e profeti di una nuova primavera dello Spirito?
Ecco, tra i molti, alcuni spunti per contribuire – anche noi! – a far nuove tutte le
cose:
• I genitori organizzino la domenica, giorno del Signore, in modo che possano
partecipare con i loro bambini alla Messa.
• I genitori dei battezzandi scelgano come padrini/madrine persone che siano testimoni credibili del Vangelo (non conviventi o sposati civilmente: non possono
essere garanti di un sacramento e negarne un altro!).
• Incominciamo a frequentare durante l’anno uno dei tanti incontri di formazione
che la parrocchia propone.
• Rendiamoci disponibili per formare un gruppo di famiglie che organizzino e animino momenti di formazione-condivisione-gioco con figli, nonni, amici (presso
la casa di Forni).
• Giovani adulti che si affianchino ai nostri ragazzi delle superiori nel cammino di
Cresima (gli animatori attuali stanno boccheggiando).
• Aderire al prezioso “Coro 118” (sempre disponibile in mille occasioni!) per animare il canto delle varie liturgie. Attualmente il coro rischia di estinguersi.
• Ascoltare e possibilmente aderire alle tante iniziative che ogni domenica vengono proposte.
• Verificare la possibilità di animare la liturgia della Parola nelle borgate (ovviamente dopo una congrua preparazione).
Sono impegni che ogni cristiano può assumere ed affrontare con serenità, in un
clima di fraterna e generosa collaborazione, nella certezza di poter sempre contare
sulla presenza e sull’ausilio dello Spirito.
l’arciprete
Forni: una casa aperta a tutta Gemona
Ringraciament par don Gastone
Sin partîs in corierute
A lʼinvît di Monsignôr,
Par mangià ʼne pastessute.
Cé speravino di miôr?
Un grant pranzo àn preparât:
Vevin Ruben diretôr,
E di ajût lis femenutis
Chʼa si mèritin lʼonôr!
ʼNe bielissime zomade
Vin passat in compagnie,
Bal e ciante armonicade...
Peciât: ore di la vie.
Ripartîs barsaletant,
Cun che plebe no bessole,
Ma in legrie ringraceant
Sin tornâs a Campagnole!
Il gruppo degli anziani di Campagnola in gita a Forni.
Voleva essere una battuta e invece è stata
presa sul serio: in dicembre sono andato
a fare gli auguri di buon Natale al gruppo anziani di Campagnola e, visto e considerato che avevo due blocchetti della
lotteria in tasca, li ho venduti dicendo
che se avessero vinto qualcosa li avrei
portati in gita a Forni.
E hanno vinto il quarto premio: un
buono spesa di 150 euro presso la
macelleria Contessi. Quindi tutti in gita
2
il 22 maggio nella grande casa di Forni!
Complice il clima gioioso del gruppo, il
pranzo ottimo e abbondante, i giri di
walzer a suon di armonica… insomma:
nessuno voleva tornare a Gemona.
Per convincerli al rientro è stato promesso
un campo per il gruppo anziani di
Campagnola, da lunedì 12 a giovedì 15
luglio, e tantissimi hanno accolto l’invito.
Ma anche le altre borgate possono organizzare qualche giornata di soggiorno
Livute
nella nostra casa.
Il gruppo dell’Azione Cattolica propone
quattro giorni, dal 5 all’8 luglio.
Non si tratta di un ritiro spirituale, ma di
un bellissimo modo di stare assieme,
dimenticando i problemi e i malanni di
salute per godere la solidarietà, l’amicizia e l’armonia del creato.
La stessa esperienza viene proposta
dal 9 all’11 luglio: le iscrizioni in
canonica fino ad esaurimento posti.
50 GIOVANI A FORNI A CONCLUSIONE DI UN PERCORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI
Bolle di ossigeno: accogliere, ascoltare, narrare
L’incontro di Forni ha dato modo di tirare
le somme di un percorso di formazione
per animatori e di programmare i prossimi
impegni. Non sono mancati spunti per
riflessioni personali sui principali temi
trattati durante l’anno. Eccone alcuni.
Accogliere
È la virtù cristiana di chi sa riconoscere la
diversità come una ricchezza, e lascia che la
propria vita venga cambiata dall’incontro
con l’altro. È la virtù di chi sa creare,
inventare uno spazio per l’altro. La virtù di
chi vuole cercare e sa trovare
un linguaggio comune, luoghi e
spazi di condivisione.
È una virtù
dell’arricchimento: che
valorizza e
mette insieme
le reciproche
ricchezze. Lo stile
accogliente chiede
d’esercitare l’amore nell’atto d’accettare
l’altro, di riconoscerlo per tutto quello che
è; comporta di rispettare l’altro, di accoglierlo nella nostra vita e nella nostra casa,
con ospitalità piena e delicata
Accoglienza vuol dire... arricchirci a
vicenda.
Ascoltare
Un esempio?.... Cellulare sempre in tasca,
messaggi continui... sempre fonte di grande
distrazione e di non ascolto verso il prossimo. A volte però l'abitudine o la semplice
curiosità di leggere quella risposta, distoglie
la nostra attenzione e ci pone in uno stato, in
un atteggiamento di non ascolto e di non
rispetto nei confronti degli altri. Anche un
gesto così piccolo, così banale, come resistere a questa tentazione tanto forte, sebbene
non sia molto facile, potrebbe aiutarci a
ridurre la distanza tra noi e in tal modo avvicinarci… anche a Lui.
Narrare
Ci è stato chiesto di pensare dove abbiamo
potuto sentire la presenza del Signore nella
festa di sabato sera che aveva come tema
l’Africa. Ora, per capire ciò, più che concentrarci su ciò che abbiamo fatto, bisogna
partire dalle emozioni e sensazioni suscitate dalle varie attività svolte; esse sono uniche e assolutamente personali, ma hanno un
punto in comune:
sono state provate da persone, da giovani ac corsi
quassù per
fare un’esperienza di
Fede, di comunità e di condivisione. E di certo
non siamo venuti quassù per caso: c’è
Qualcuno che ha pensato a ciascuno di
noi singolarmente, ha messo in ciascuno
dei nostri cuori il desiderio di fare qualcosa
per gli altri, di mettersi al servizio della
comunità di Gemona, aiutando i più piccoli
a crescere. Molti potrebbero dire di essere
venuti fin qua solo per curiosità o per
voglia di stare con gli amici del cuore, ma
alla fine questa è la vocazione che abbiamo ricevuto, magari inconsapevole,
mascherata da termini comuni perché una
chiamata così grande non ha parole che la
possano descrivere. Ed è proprio questo
che ci rende comunità cristiana: un insieme eterogeneo di persone – con personalità, esperienze, limiti
e forze diversi –
accomunate da
una volontà e
da una chiamata che Gesù rivolge a
ciascuno.
Paura
Ho una fortissima paura di parlare
in pubblico: la stessa
paura – credo – che provano i ragazzi che
erano nel gruppo-gioco insieme a me.
È la paura di essere giudicati e di non fare
bene una
cosa; in
questo
caso pensare e poi
spiegare un
gioco ad altri
ragazzi. Però stamattina quando li ho visti contenti e soddisfatti
del loro lavoro, ho capito che quel coraggio aveva un perchè. Vedere i loro sorrisi,
la loro forza nel dire ce l'ho fatta, ho fatto
qualcosa di nuovo, che non avevo mai
provato, di fronte a tutti, è stato prezioso.
Nel coraggio che hanno avuto, lì c'era
Dio.
E Dio c’era anche nella preghiera: in quel
silenzio, in quella luce, in quei meravigliosi gesti lenti ed in particolare nel Padre
Nostro, lì Dio c’era. Quando abbiamo recitato il Padre Nostro io non l'ho detto a
voce alta, ma l'ho sussurrato. Mi sono
dedicata all'ascolto. Sentire quelle voci,
quell'unione di tutti noi che ci tenevamo
per mano: lì c'era il Signore. Quando eravamo una sola anima, un solo cuore. Nelle
cose semplici si trovano le cose più grandi.
Semence di amôr
Signôr, i ûl fâti une prejere
par nô zovins animadôrs.
A nô, che i sin mandâts a contâ di Te
ai piçui par che a imparin a ricognossi
lis maraveis dal to amôr
intai fradis, intal Creât, inta Glesie,
a nô insegne a saveiti cjatâ
in dutis lis robis, piçulis e grandis,
e a savei cjalâ cun sperance ducj i events,
biei e mancul biei:
parceche in dut Tu tu nus sês dongje,
in dut il to amôr a nus condûs
e nuje intal to progjet al è dibant.
Se i savarin vê cheste consapevolece,
che no sin mai dibessoi
parceche Tu tu sês simpri cun nô,
alore i podarin ancje puartâ
cheste biele gnove a chei altris…
E i contarin di Te
e chei fruts che a nus scoltaran
a podaran viodi in nô
une piçule semence dal to amôr.
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IL 2 MAGGIO IN DUOMO UNO STUOLO DI BAMBINI E LE LORO FAMIGLIE
Prima Comunione 2010: solo un episodio?
Dal Vangelo di Matteo: Avvertiti in sogno
di non tornare da Erode, [i Magi] per
un’altra strada fecero ritorno al loro
paese.
Da un Vangelo molto apocrifo di origine
gemonese: I Magi nel XIV secolo, prima
di approdare nella cattedrale di Colonia,
si fermarono a Gemona dove, dall’alto
della facciata del Duomo, continuano ad
osservare e commentare gli eventi ecclesiali della parrocchia.
Anche quest’anno domenica 2 maggio
così borbottavano guardando i settantadue
bambini che commossi entravano in chiesa per la Prima Comunione.
Baldassarre:
«Gaspare, ti ricordi di questi bambini?
Sono stati presentati alla comunità lo scorso novembre».
Gaspare:
«Certamente! Ricordo anche l’inizio del
loro cammino di preparazione a questa
giornata. In seconda elementare erano piccolini, ma sono cresciuti con l’aiuto delle
famiglie e delle catechiste. E ricordo anche
il giorno della loro Prima Confessione.
Erano splendenti nella loro veste bianca
battesimale».
Melchiorre:
«E io so che a Forni, il 10 e 11 aprile, hanno vissuto un fine settimana molto intenso.
Hanno impastato e cotto il pane riflettendo
sugli ingredienti giusti per essere loro stessi un pane fragrante. E poi la paraliturgia
dell’ultima cena con la lavanda dei piedi».
Baldassarre:
«Guarda come sono belli oggi! Sembrano
perfino buoni!».
Gaspare:
«E guarda guarda… Mai visti tante mam4
me e tanti papà entrare in Duomo per la
Messa. Questi bambini oggi hanno fatto
un miracolo!».
Melchiorre:
«Se va avanti così dovremo ampliare il
Duomo».
Intanto il coro dei bambini e giovani intona il canto Siamo arrivati da mille strade
diverse… e inizia la Messa di Prima Comunione.
***
Domenica 30 maggio, fuori onda registriamo il dialogo dei re magi in lingua aramaica con inflessioni celtiche:
Gaspar:
«Ma dulà sono finîs i fruts de Prime
Comunion?».
Baldasar:
«Al è quasi un mês che no ju viôdin a
Messe. No ju varà migo copâts Erode?».
Melchior:
«No, no! A stan benon… ma la domenie e
àn simpri masse robis di fâ e cussì la
Messe e salte».
Gaspar:
«Alore nol covente slargjâ il Domo?».
Baldasar:
«No sta preocupâti. Lis cjadreis dai fruts a
son simpri vueidis e a spietin ch’a tornin.
Sperin che dopo lis vacancis, quant ch’a
laran in cuinte, a podaran vignî a Messe».
Melchior:
«Puar Gjesù! Tante confusion, tante pice
di viodi, di fotografâ. Sbruntâsi par jessi
devant… E cumò mieç Domo vueit».
E nel silenzio del sagrato semivuoto si
sente il sospiro dei due saggi Pense e
Maravèe: «Continuate a seminare con
fiducia e costanza. Anche Gesù ha detto
che il Regno di Dio cresce nella pazienza.
Cresce di giorno e di notte, cresce con la
pioggia e il sole… L’importante è affidarsi
a Lui e affidarli a Lui».
72 FELICITÀ
Elena Anzilutti
Sabrina Aquilani
Valentino Baldassi
Alan Baradel
Andrea Barbano
Kevin Baschino
Anna Berra
Giulia Bierti
Mauro Bierti
Nicola Cantin
Alessia Cargnelutti
Daniel Cargnelutti
Nicole Castellarin
Giacomo Cereghin
Ilaria Cereghin
Riccardo Ceschin
Evelin Colussi
Alessandro Cucchiaro
Thomas Danelutti
Maria De Laurentis
Riccardo Dereani
Stefano Del Missier
Lorenzo Di Giusto
Davide Digianantonio
Anna Ellero
Leonardo Ellero
Martina Ellero
Anna Faleschini
Emiliano Fallilone
Eleonora Fiorini
Giulia Forgiarini
Paolo Forgiarini
Ruben Genoni
Giada Gubiani
Giovanni Laratro
Luna Lepore
Mattia Linossi
Monica Londero
Michela Lostuzzo
Gregorio Macor
Luca Madotto
Maoi Madussi
Riki Madussi
Chiara Marchetti
Davide Marchetti
Emanuele Marchetti
Siria Marchetti
Simone Martina
Marco Marzona
Luca Mazzoleni
Marzio Meot
Megan Palese
Siria Palese
Nicholas Pascolo
Lorenzo Pastrello
Beniamino Perri
Iris Piaquadio
Davide Picco
Gabriele Pischiutti
Emanuele Pittini
Alex Pretto
Alessia Rossi
Davide Rossi
Valentina Rumiz
Arianna Scinto
Thomas Sommaro
Eleonora Stroili
Elia Taverna
Jacopo Urbani
Ellison Vacca
Luca Venudo
Lorenzo Zanella
9 MAGGIO 2010: CELEBRAZIONE DELLA CONFERMAZIONE
Un Sacramento per testimoniare una scelta di vita
Pubblichiamo le parole rivolte ai cresimandi rispettivamente dalla direttrice
del Consiglio Pastorale Parrocchiale e
dagli animatori che li hanno condotti a
questo importante traguardo.
L’arciprete mi ha chiesto di dirvi qualche
parola di benvenuto nella comunità dei cristiani, che è qui a Gemona. Vi dico solo
poche cose. La prima che non avrei mai
pensato d’essere qui a parlare a nome del
Consiglio Pastorale a voi cresimati. Ma lo
Spirito, che continua a vivere nella Chiesa,
ci sorprende con le sue proposte, in altre
parole ci prende in contropiede e poi spetta a ciascuno, in piena libertà, dare la propria risposta. Io ho detto SÌ all’inaspettato
invito ad essere il direttore del Consiglio
Pastorale, anche se mi sento inadeguata.
Anche voi avete risposto SÌ di fronte ad
una scelta. Quella di oggi è una scelta di
vita: essere dei cristiani adulti.
La seconda cosa che desidero esprimervi è
un grande GRAZIE a nome della parrocchia. Grazie del vostro sì, libero e consapevole, alla proposta di un cammino di
fede, percorso assieme agli animatori e
sacerdoti don Gastone, padre Luigi, don
Federico, don Oscar, che vi ha portato qui
oggi a ricevere la Cresima: la vostra personale Pentecoste. Ma oggi è solo una tappa,
o meglio, è una nuova partenza verso una
proposta di vita, quella cristiana, una proposta contro corrente, in un mondo che ci
viene presentato dai media come superficiale, ma in cui in realtà è presente una
vivacità di servizi e di attenzione ai bisogni dell’uomo. La vostra presenza qui è la
conferma di questa vivacità.
Il terzo e ultimo pensiero è: ricordatevi che
non siete mai lasciati soli in questa avventura. La parrocchia continua ad offrirvi gli
incontri del giovedì sera anche nei prossimi anni, con proposte stimolanti per una
crescita personale. Noi cristiani crediamo
che la Chiesa, di cui tutti noi facciamo
parte, o meglio come si legge nella Bibbia,
di cui siamo “ pietre vive” (1 Pt), esiste
nello Spirito, che dona una speciale forza
per testimoniare la fede cristiana, in ogni
tempo e in tutti i luoghi della terra. Lo
Spirito Santo oggi vi ha dato un biglietto
d’ingresso nella comunità, per donare
qualcosa di voi stessi, del vostro tempo,
della vostra creatività, del vostro giovanile
entusiasmo. E non abbiate paura, perché è
la vitalità dello Spirito che dà il coraggio
nell’affermare con orgoglio che siamo cristiani. Con la vostra preziosa testimonianza Gemona sarà migliore, perché crescerà
nella nostra comunità il potenziale d’amore e di servizio, inseriti nel filone di antica
tradizione cristiana di questa città. Gesù
Tutti insieme dopo la Cresima con monsignor Igino Sciff, vicario dell’arcivescovo.
continua ad alitare il suo soffio vitale su di
noi, e ciò di cui abbiamo bisogno, lo
Spirito ce lo dona: dobbiamo averne forte
la consapevolezza.
Termino con questo augurio: lasciatevi
stupire dall’imprevedibilità dello Spirito.
Grazie ragazzi! La comunità cristiana di
Gemona vi accoglie, con simpatia ed affetto, in un simbolico abbraccio.
Adelina Cavallari Fazzini
direttrice del Consiglio Pastorale Parrocchiale
Come animatori sentiamo il desiderio di
ringraziare il Signore per averci messo su
questa strada, che ci ha portati a stare
accanto e a relazionarci, pur con tutti i
nostri limiti, con diversi giovani e ci ha permesso di costruire passo passo un prezioso
rapporto con Lui. Un grazie a chi ha continuato a rimanere vicino a noi, a parlarci,
pensarci, fidarsi, pregare, spendere tempo
con noi e per noi. Grazie a padre Luigi, don
Gastone, don Federico e don Oscar che in
questo percorso ci hanno stimolati, provocati e soprattutto ci hanno portato la loro
testimonianza di fede vissuta nella quotidianità. Un pensiero anche a tutti gli animatori, gli amici, le persone della comunità, i genitori dei ragazzi che non hanno
mancato di farci sentire la loro presenza e il
loro sostegno e sono stati davvero acqua
preziosa sul e per il nostro cammino.
E un grazie e un augurio a voi, ragazzi,
che abbiate ancora voglia di fare metri
insieme, di approfondire e rinnovare il
vostro legame con la fede, di trovare stimoli per giocarvi nella comunità e per la
comunità, continuando a rimanere uniti
ma anche ad aprirvi agli altri, cercando
ECCO I CRESIMATI
Alessio Agnolet
Robert Argenta
Marco Buzzolini
Claudia Carafoli
Ambra Cargnelutti
Debora Cariolato
Martina Cariolato
Simone Carnelutti
Francesca Collini
Manuel Colomba
Mattia Colussi
Rosa Contin
Alessandro Copetti
Lucio Cragnolini
Giulia Cucchiaro
Alberto Della Signora
Bruno Della Vedova
Sandy Del Missier
Marco De Mezzo
Andrea Di Bernardo
Rebecca Di Bernardo
Federico Di Giusto
Martina Goi
Damiano Gurisatti
Valentina Lepore
Francesca Londero
Nicola Londero
Andrea Madile
Arianna Marchetti
Eva Marini
Maria Maroelli
Marta Maschio
Antonella Micossi
Alessia Molino
Sebastian Morales
Mattia Nenis
Francesco Nucci
Federico Palla
Fabio Pascolo
Federico Patat
Simonetta Perini
Federica Piazza
Francesco Piazza
Federica Picco
Laura Picco
Carla Pulsiano
Moira Rosso
Paolo Russian
Matilde Sabidussi
Mauro Sabidussi
Ana Scalera
Alessandro Scinto
Denis Silverio
Andrea Stefani
Debora Stroiazzo
Simone Tonetto
Maria Tonino
Anna Tosetto
Alessandro Varisco
Marta Vidoni
Paolo Zingaro
insieme quella verità che renderà bella,
gioiosa e preziosa la vostra vita. A ognuno
di voi vorremmo riuscire a sussurrare ciò
che Dio vuole dirvi: «Tu sei prezioso ai
miei occhi perché sei degno di stima e io ti
voglio bene!».
Gli animatori
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ALLA SCOPERTA DELLA VERA BELLEZZA, DENTRO DI NOI
Il percorso di quelli di quinta
Con la Comunione si diventa grandi e
noi abbiamo deciso di dedicare del
tempo, accanto allo sport, alla musica,
alla danza, anche a GESÙ continuando
perciò il nostro cammino di catechismo. Siamo dunque ri-partiti in quinta
e abbiamo aderito al progetto della
Diocesi dal titolo Lo pose nel giardino
per ricordare che all’inizio della
Creazione del mondo Dio ci pose nel
giardino dell’Eden e ci affidò il compito di prendercene cura.
Noi della squadra ALFA, (perché A è
l’iniziale di Amici) abbiamo aiutato la
squadra K: quattro Supereroi le cui iniziali formano la parola kalos – bellezza, a contrastare le malefatte del perfido dottor Lecstenio, che si divertiva a
fare del male e non voleva che nessuno fosse contento. Lui era diventato a
poco a poco cattivo, quasi senza accorgersi, perché è più facile, divertente e
soprattutto meno faticoso fare il male.
Piano piano è talmente cambiato che, persino il suo nome, da
Celestino, è diventato
Lecstenio.
Per fargli riscoprire la
bellezza, anche noi
nella prima tappa
abbiamo cercato di
vedere con occhi
nuovi le persone e le
cose che ci circondano
e, con le nostre attività, abbiamo fatto
sbocciare i fiori per
6
realizzare il “nostro” Giardino della
Bellezza.
Siamo partiti partecipando tutti assieme alla veglia di preghiera a Udine. È
stato bello vedere che eravamo in tanti,
tutti uniti nella stessa Avventura.
Prima di Natale, siamo andati a visitare
gli anziani e il centro CSRE con le persone diversamente abili. Assieme a
loro abbiamo potuto vedere e capire
quanto è più importante essere che
apparire.
Per conoscere meglio gli altri e capirli
bisogna andare oltre alle apparenze e
guardare le Qualità, il Cuore che sono
la vera Bellezza. Questo lo abbiamo
capito anche durante l’incontro con la
signora Teresa Zearo che ci ha parlato
della sua avventura con i bambini del
Burundi.
Abbiamo cercato la Bellezza anche
nelle opere d’arte, ammirando nel
Museo del Duomo l’Ostensorio. Per
ve dere tutte le cose
che don Gastone ci
diceva, bisognava
guardare proprio con
attenzione!!
A gennaio, sfidando il
mal tempo, abbiamo
passato un fine settimana a Forni.
Siamo stati premiati:
c’era tanta neve e ci
siamo divertiti a giocare, ballare e capire
meglio che Gesù ci
guarda e ci chiama a
seguirlo. Se sappiamo dire sì ci cambia
la vita perché riusciamo ad essere veramente felici. Sa quali sono le nostre
difficoltà e ci è sempre vicino per aiutarci; Lui vede nel nostro cuore ed è
attento anche ai nostri piccoli gesti.
Queste riflessioni ci hanno permesso di
realizzare il nostro cartellone e far
sbocciare un altro fiore!
Alla sera ci siamo poi ritrovati in cappella e con la Veglia abbiamo visto che
quando ascoltiamo la parola di Gesù e
la mettiamo in pratica, la sua luce ci
illumina e la possiamo donare anche a
chi ci è vicino. Quando le mani accolgono, il cuore ama; e scopro che la
vera gioia è: donare!
I Santi hanno capito che donare dà la
felicità e con la loro vita ci indicano la
strada, come Sant’Antonio che abbiamo conosciuto visitando il nostro
Santuario di Gemona, guidati da padre
Luigi.
Abbiamo cercato di capire cos’è un
desiderio, un desiderio vero, quello che
dà la felicità; e poi abbiamo realizzato
l’acchiappa-desideri per non cadere
nel tranello di Lecstenio! Lui per
imbrogliare regalava a tutti gli occhialieti, gli occhiali per realizzare gratis e
senza sforzo i desideri. Ma era una
trappola perché senza fatica niente di
bello e importante si può realizzare.
Per comprendere che l’impegno e la fatica vengono sempre ripagati alla grande, siamo andati a Sant’Agnese.
Una camminata diversa, con tante attività che ci hanno fatto esclamare: «È
stata proprio una bella fatica!».
Per prepararci alla Pasqua, abbiamo
visto con quanto amore ci ama Gesù e
lo abbiamo confrontato con il nostro.
Abbiamo guardato dentro il nostro
cuore: lo abbiamo donato, così com’è,
a Gesù rappresentandolo su un cartoncino. Tutti i nostri cuori hanno formato
il cuore grande di Gesù che ci ama tutti
e ci dice: «Làsciati amare!». Abbiamo
così risolto l’indovinello “Italsica
Arema” e aiutato la squadra K a vincere le malefatte di Lecstenio durante la
seconda tappa del percorso.
L’Amore vince sempre, lo abbiamo
visto anche nel passaggio di Gesù dalla
morte sulla croce alla nuova vita nel
giardino della resurrezione. Come all’inizio il mondo è stato creato in un giardino, così sempre in un giardino è stato
salvato.
Il seme delle parole sentite, di tutto
quello che è stato fatto e visto con
occhi nuovi, ha fatto fiorire la nostra
bellezza. Per questo ognuno di noi ha
realizzato un fiore che spunta dalle
rocce, perché vogliamo che la nostra
fede – l’amicizia con Dio – sia solida
(segue alla pagina successiva)
CON L’INGRESSO NELLE PARROCCHIE DI OSPEDALETTO E CAMPOLESSI
Triplice incarico a don Federico
La chiesa di San Marco, stracolma di
fedeli di Campolessi, di Ospedaletto e
della nostra pieve, ha accolto domenica
11 aprile don Federico Grosso che ha
fatto il suo ingresso quale parroco delle
due borgate gemonesi, rinnovando il suo
impegno di obbedienza sacerdotale all’arcivescovo e presiedendo la solenne messa
d’insediamento.
Come i nostri lettori ricorderanno, dopo
la partenza di don Maurizio Stefanutti destinato al santuario di Lourdes, don
Federico, pur mantenendo il suo incarico
di vicario arcipretale nella nostra pieve,
ha assunto anche la cura pastorale delle
altre due parrocchie, ponendo le basi per
un’azione pastorale comune.
Ciò non significa – e lo ha ribadito nel suo
intervento monsignor arciprete che a nome
dell’arcivescovo ha immesso don Federico
nella sua nuova funzione – fondere le tre
realtà gemonesi per costituire un’unica
super-parrocchia, annullando quelle minori: si tratta invece di imparare, ancora più di
quanto già accade, a coordinarsi e a camminare insieme, a proporsi obiettivi comuni, a mettere assieme le forze.
Il nuovo pastore è stato accolto dalle rappresentanze delle due parrocchie che, per bocca
dei direttori dei Consigli pastorali, hanno
espresso il più caloroso benvenuto affermando che le comunità di Lessi e di Ospedaletto
«intendono cogliere l'opportunità e la sfida di
collaborare insieme e di collaborare con lei,
condividendo i progetti e affrontando unite le
difficoltà che si presenteranno». L’obiettivo è
quello di divenire «una comunità unica, che
accoglie nella nuova guida spirituale la persona a cui fare riferimento per un tempo che
tutti ci auguriamo lungo; che vuole trovare in
lei il pastore, il sacerdote al quale rivolgersi
con fiducia».
Nella sua appassionata omelia (nella
foto) don Federico ha innanzi tutto chiesto al Signore che questa esperienza sia
accompagnata dalla sua grazia ma ha sottolineato che toccherà alle comunità dei
fedeli impegnarsi a «cambiare in modo
radicale il nostro stile parrocchiale. La
situazione, che abbiamo sempre considerato futuribile, di comunità cristiane che
vivono quasi completamente senza preti,
è infatti ormai alle porte e ci interpella:
fra non molto in tutta Gemona forse si
riuscirà a garantire solo le messe nelle tre
chiese parrocchiali – duomo, Campolessi
e Ospedaletto – e per il resto... chissà».
Come reagire a questa situazione?
«Senz’altro occorre chiedere allo Spirito
– ha continuato don Federico – che ci
spinga ad agire e che stimoli la fantasia di
tutti i fedeli per un coinvolgimento diretto
nella gestione della parrocchia. Non so se
sia opportuno aspettare che siano gli
eventi a costringerci a cambiare le cose:
forse è più utile mettersi nella direzione
giusta fin da subito, dando alle cose le
precedenze che meritano».
Il percorso
giardini realizzati ma voi, ragazzi, per
Dio siete quelli più preziosi e se vi guardate negli occhi scoprirete la bellezza
incarnata – fatta carne. La vera bellezza è
quella che è dentro ognuno di noi».
Anche Lecstenio piano piano guardando nel suo cuore ha trovato: Costanza,
Entu sia smo, Lavoro, Educazione,
Studio, Tranquillità, Impegno, Novità,
Ottimi smo: erano le qualità di
Celestino.
Per non farle morire, ma farle crescere
gli è venuta voglia di impegnarsi per
cambiare e ritornare ad essere il buon
Celestino!
È stato entusiasmante anche il momento della premiazione; quanta attesa,
quanti sospiri nel vedere gli altri premiati e poi, quando non ci speravamo
più, ecco chiamare tra i top five anche
il nostro gruppo. Tra tutti siamo arrivati
quarti con il premio Per un pelo e possiamo dire: «è stata proprio una bella
fatica!».
(dalla pagina precedente)
proprio come la casa sulla roccia e ci
accompagni nel cammino della vita.
Questo è il significato dell’Arcobaleno
che abbiamo realizzato. Ogni volta che
lo vedremo dopo il temporale, ricorderemo il patto d’amore tra Dio e ciascuno di noi.
Per concludere questo percorso, domenica 16 maggio abbiamo partecipato
alla bellissima festa di Kalopolis. Qui
abbiamo sperimentato la vera gioia
lasciandoci coinvolgere da balli, canti,
giochi, storie.
Eravamo in tantissimi gruppi che rappresentavano i ragazzi di tutta la nostra
Diocesi. Vederci tutti assieme ci ha
fatto sentire Chiesa viva.
Molto bello è stato anche l’incontro con
don Ivan che ci ha detto: «Sono belli i
«Per le comunità cristiane – ha concluso
don Federico – certamente la messa è la
priorità assoluta, e poco importa se ce l'ho
sotto casa o se devo andare a cercarla
dove viene celebrata».
Ma ai cristiani oggi viene chiesto «di farsi
carico anche delle difficoltà che sta attraversando la Chiesa intera, sotto un tiro
incrociato di critiche e di accuse, alcune
giustificate, altre meno. E senza rimpiangere antichi privilegi, occorre prendere
coscienza di ciò che è veramente fondamentale, come fecero i discepoli, annichiliti dalla condanna e dall’esecuzione del
loro Maestro: seppero intraprendere la
strada dell'annuncio e della testimonianza
di Colui che, disprezzato e reietto dagli
uomini, con le sue piaghe ha guarito l'umanità intera».
Al termine della messa, prima dell’incontro conviviale nella sala parrocchiale, il
sindaco di Gemona, Paolo Urbani, con un
gesto ricco di profondi significati, ha voluto donare a don Federico un tallero di
Maria Teresa, con l’auspicio che il suo
ministero vada a beneficio dell’intera
comunità gemonese.
Da 60 anni insieme
Nella stessa data e nello stesso luogo di sessant’anni fa i coniugi Elisa e Aldo Forgiarini, circondati dai familiari e dagli amici,
hanno voluto ricordare le loro nozze celebrate in duomo il 4 marzo 1950.
Agli sposi di diamante le congratulazioni
per l’invidiabile traguardo raggiunto e
l’augurio di poter festeggiare ancora tanti
anniversari insieme.
7
A FORNI CON LE FAMIGLIE DEI BAMBINI DEL PRIMO ANNO DI CATECHISMO
Chi ben comincia è alla metà dell’opera
Il 24 ed il 25 aprile si è svolto il primo
fine settimana a Forni Avoltri per le
famiglie dei bambini del primo anno di
catechismo (che frequentano la seconda
elementare).
18 famiglie (per un totale di 45 persone
sabato e 65 domenica), hanno partecipato
all'iniziativa.
Uno splendido sole ha fatto da cornice
alle attività, pensate appositamente per
far star bene tutti e per far scoprire a chi
ancora non le conosceva tutte le risorse,
soprattutto umane, su cui può contare la
parrocchia durante i campi estivi ed i ritiri
in montagna.
Ecco il racconto dei genitori:
Nel cartellone che un papà ha spontaneamente scritto riportando i commenti di ciascuno al termine dell'esperienza a Forni, si
possono trovare tante belle parole, tra cui:
costruttiva, coinvolgente, luminosa, emozionante, fortemente voluta, nostra!
Abbiamo fatto bene, dunque, a lanciarci
con entusiasmo in quest'avventura. Tutto
ciò che è stato presentato durante l'anno
dalle catechiste (ci riferiamo in particolare alle riunioni per noi grandi) ci è
piaciuto, per cui non è stato difficile avere
fiducia anche in questo progetto.
Volevamo soddisfare il desiderio dei nostri figli e invece, a posteriori, siamo noi
che dobbiamo ringraziare loro che ci
hanno dato la possibilità (grazie al loro
catechismo) di scoprire questo stile
nuovo di vivere la comunità.
I modi di fare il campeggio sono cambiati: ora possiamo contare su molte
comodità e tecnologie che 25 anni fa –
cioè quando alcuni di noi prendevano
parte ai primi campi estivi parrocchiali
dopo il terremoto – non c'erano…Ma una
cosa non è cambiata: il modo di STARE
INSIEME.
I due giorni dedicati ai nostri bambini,
anzi alle nostre famiglie, hanno significato ancora più del semplice passare
qualche ora in compagnia. Non è stata
solo l’occasione per fare festa, per ricordarci che basta poco per rallegrare l'atmosfera e sentirsi alleggeriti dal peso
della routine.
La cosa più bella è stata che pur non
sapendo molto l'uno dell'altro, ci siamo,
dopo tanto tempo, sentiti accolti.
Mamme, papà, nonni, sacerdote, animatrici, catechiste, cuoche e bambini… davvero una bella compagnia, variegata in
tutti i sensi, ma che si è subito dimostrata
compatta nel desiderio di condivisione.
La buona riuscita di questo mini-campo
famiglie non è solo dovuta alla casa
nuova, così spaziosa, né agli incantevoli
luoghi che circondano l'abitazione.
Il merito è soprattutto delle emozioni genuine che sono nate dall'incontro tra tutti
noi durante la passeggiata, le sane mangiate, le chiacchierate, i momenti di gioco
e soprattutto di preghiera.
In particolare ricordiamo il dolce risveglio di domenica mattina e l'intenso
momento della Santa Messa, che abbiamo vissuto come un risveglio dei cuori.
Abbiamo avuto l'opportunità di parlare a
tu per tu con le catechiste, mentre i bimbi
giocavano e si divertivano con le bravissime Simonetta, Claudia e Anna.
Qualche genitore ha raccontato come il
proprio figlio ha vissuto questi primi
mesi di catechismo: diverse ma molto
positive le esperienze, che hanno sottolineato la gioia e la serenità con cui i bambini hanno intrapreso questo percorso.
Sicuramente giornate come queste rinsaldano il legame con la comunità e fanno
sentire anche noi adulti, come i nostri
figli, parte di una Chiesa viva.
È proprio vero ciò che abbiamo scritto
sul cartellone: abbiamo sentito questa
esperienza nostra e siamo sicuri che,
quando torneremo a Forni Avoltri in
estate, vivremo un'esperienza ancora più
bella!
+
La Comunità di S. Maria Assunta
grata per i doni spirituali
ricevuti da
Monsignor Luciano Felice
e da
Don Giovanni Zearo
innalza al Signore una preghiera
affettuosa e riconoscente
affinché li accolga nella pace
e nella gloria eterna.
Voce Amica li ricorderà nel prossimo numero
8
In alto: una parte dei partecipanti. Qui sopra: tre papà in un momento di relax e... l’affetto
per l’animatrice Claudia letteralmente sommersa in un abbraccio gioioso.
LE RELAZIONI E I CONTATTI CON LE MISSIONI “SORELLE” IN INDIA, BOLIVIA E BURUNDI
Brevi dal Gruppo Missionario
Martedì 25 maggio, nella sala riunioni
della canonica, il gruppo missionario ha
incontrato padre Push Panadam, amico
della Parrocchia oramai da alcuni anni.
Con la sua grande energia, padre Push è
riuscito a costruire una salda rete di contatti con alcune comunità friulane, tra cui
Gemona, con lo scopo di creare un altrettanto saldo legame tra i ragazzi a cui lui si
dedica in India e noi.
In questa sua visita, padre Push ci ha
aggiornati sullo stato di avanzamento del
suo ultimo progetto: una scuola-convitto
che ospiterà 40 bambini
le cui famiglie versano in
condizioni disagiate.
Ci ha molto colpiti sapere che sono arrivate centinaia di richieste di iscrizione alla scuola e che
quindi non tutti potranno
accedervi. Il nostro
impegno per sostenere le
iniziative di padre Push
continuerà senza sosta,
in modo che lui possa
entro il minor tempo
possibile ospitare nuovi ragazzi e dar loro
la certezza di un futuro migliore.
L’incontro è stato anche l’occasione per
festeggiare i 40 anni di sacerdozio di padre
Push, che ringraziamo di cuore per il grande
esempio di missionarietà che dà a tutti noi.
Gemona e Morochata,
cominciato due anni fa
con “l’adozione“ di questo villaggio della diocesi
di monsignor Tito Solari.
L’arcivescovo, che si
trova in Italia per una
permanenza che si protrarrà fino al 18 ottobre,
verrà presto a trovarci
per illustrare i frutti del
nostro lavoro in aiuto al
piccolo centro.
Morochata, isolato paesello
sull’altipiano, ha già realizzato molto grazie al sostegno
della nostra parrocchia: ha
acquistato un mezzo di trasporto di seconda mano per
permettere al sacerdote di
raggiungere il villaggio (che
dista 4 ore da Cochabamba,
sede della diocesi) e ha
ristrutturato una stanza del
centro giovanile.
Monsignor Solari, missionario salesiano, è da 36 anni in
Bolivia e vi è andato a patto di rimanerci
tutta la vita, per gettare ponti di fraternità
ed amicizia che uniscono i popoli, per
creare – come lui stesso dice – “una grande famiglia: sogno di Dio e sfida per ogni
cittadino“.
“Las golondrinas nunca migran de
Cochabamba” (le rondini non vanno mai
via da Cochabamba): è un noto detto per
sottolineare il clima di eterna primavera di
cui gode il distretto boliviano. Noi godiamo soprattutto della primavera spirituale
che ci offre il bellissimo gemellaggio tra
Mercoledì 9 giugno, una rappresentanza
del Gruppo Missionario ha incontrato don
Protasio, missionario burundese, che proprio in questo periodo è in visita in Friuli.
Dopo la celebrazione della santa messa nella
chiesa di Santa Lucia, don Protasio si è intrattenuto per rispondere alle nostre domande
sulla situazione della sua parrocchia a Kaninija.
Ci ha raccontato che in questo anno di festeggiamenti per
il suo 25° anniversario di
ordinamento sacerdotale,
sono successe tante cose.
Cose belle ed importanti, che
lo hanno portato a riflettere
molto sul suo ruolo. «Non
sono sacerdote per me stesso,
bensì vivo il mio essere prete
come un dono per gli altri».
Ha poi continuato: «Il termometro della
Chiesa è il senso di missionarietà presente
in ogni comunità cristiana. Noi a Kaninija
abbiamo percepito, misurato ed imparato
il vostro senso di missionarietà!».
Con il ricavato delle offerte raccolte qui
l’anno scorso, don Protasio ha potuto ingrandire l’orfanotrofio, gestito dalle Suore
Missionarie della Carità di Madre Teresa
che ospita 120 bambini; ha costruito un
santuario dedicato alla Madonna e ha progettato e realizzato un impianto di bio-gas
per poter cucinare. Infatti, avendo già
sfruttato tutte le risorse lignee del territorio, lui e i suoi parrocchiani hanno pensato
di utilizzare una fonte abbondante di energia (il letame, tanto per intenderci) in attesa che i boschi si rinnovino. Dovremmo
imparare noi da loro!
Ci ha inoltre illustrato il progetto della sua
diocesi, che prevede l’autofinanziamento
per ogni parrocchia; in quest’ottica è nata
l’idea di creare una casa d’accoglienza, per
ospitare in cambio di una piccola cifra
chiunque visiti la comunità di Kaninija.
Speriamo di poter essere presto anche noi
ospiti di don Protasio!
G.M.P.
Don Protasio con i bimbi dell’orfanatrofio
di Kaninija e, a destra, con alcuni amici del
Gruppo Missionario Parrocchiale.
In alto: monsignor Solari e padre Push.
9
AFFINCHÉ L’AMORE NELLA FAMIGLIA SIA SEMPRE UN GENEROSO DONO DI SÉ
Novità nei “rosari” di Maggio
Quest’anno le borgate (compreso il
Duomo) sono state invitate ad una iniziativa: ospitare nella propria chiesa, secondo
un opportuno calendario settimanale, la
statua lignea della Madonna che apparteneva alla chiesa eretta nel Seicento in
località Loreto, anticamente chiamata
Roburetum (= bosco di farnie, una sorta di
querce) da cui il friulano Loreit poi italianizzato in Loreto. La chiesa, distrutta dal
terremoto del 1976, era stata edificata tra
il 1660 ed il 1680 ad imitazione della
Santa Casa di Loreto, ed apparteneva alla
famiglia Abrami, passata poi in proprietà
alla famiglia De Carli e dalla stessa donata alla parrocchia. La statua (foto a lato,
durante la sosta nella chiesa di San
Valentino), opera dell’inizio del XX secolo, è copia della Madonna Nera che si
venera nel santuario della Casa di Loreto.
La sua particolarità è il volto scuro perchè
rappresenta quanto è citato nel Cantico
dei Cantici, dove la protagonista dice:
«Bruna sono, ma bella» e più avanti,
rivolgendosi alle amiche: «Non state a
guardare che sono bruna perchè mi ha
abbronzato il sole» (Ct 1,5-6). E quel sole
è la raffigurazione di Dio.
Queste parole sono all’origine del fenomeno delle Madonne Nere venerate a
Loreto, Czestochowa, Terlizzi e forse
anche in Friuli, a Castelmonte. Sulla testa
della Madonna e di Gesù sono poste due
corone di metallo argentato, realizzate a
traforo e sbalzo, che recano una firma
incisa a mano: Eugenio Pascuttino di
10
Gimona, opera del XVII secolo.
Con questa peregrinatio mariana, che
speriamo porti positività e sia riproposta
negli anni futuri, si vuol richiamare quel
valore e quel sentimento di speranza che
accomunava i rosari di maggio di una
volta: come tanti figli desiderosi della protezione materna, dai bambini agli anziani,
in un’armonia di umiltà e pace, le borgate
erano ben attente a non trascurare questi
incontri con la Madre Maria, eccelsa
mediatrice presso il Figlio.
Il fare un pezzo di strada assieme, l’incontrarsi nei più o meno piccoli sagrati scambiandosi, prima e dopo rosario, un mandi
e qualche pettegolezzo, la partecipazione
numerosa, il senso di appartenere e formare una piccola comunità, dipingono un
quadro di vera fede, di vita umile e semplice, che sarebbe straordinario nei colori
di quelle serate di maggio, nei mille particolari e nelle tante sfumature come una
vera e propria opera d’arte ma che, purtroppo, rischia di appartenere solo al passato e nei ricordi dei nostri vecchi.
Un quadro ben diverso, quello di oggi, in
cui altri impegni e soprattutto un’altra
madre ha un richiamo più forte: la televisione.
Soprattutto si avverte la mancanza dei bambini (ma in qualche borgata, come mostra la
foto scattata nella chiesetta di via Venuti, in
Taboga, si sono visti, e speriamo che l’anno
prossimo sia accolto l’invito, loro rivolto, di
partecipare al rosario del venerdì, in Duomo) e, di fatto, i Pater, Ave e Gloria sono
spesso voce solo dei
fedelissimi adulti e
anziani ancora saldi
nel tradizionale appuntamento con la
Vergine Madre.
Ci manca la presenza e la voce di coloro che sono il futuro
e con loro anche
quella spontaneità e
animosità che li
caratterizzava quando, usciti tra i primi
da chiesa, schizzavano via, chi di qua,
chi di là, per un po’
di divertimento, prima di rientrare a
casa (quanta vita, in
Godo, attorno alla
fontana di Silans!).
Tempi distanti, quel-
li, per vari motivi ma principalmente perché ci si sentiva più bisognosi di Dio, consapevoli di poter usufruire dell’intercessione di Maria e conseguentemente più
ricchi di speranza.
Oggi, probabilmente, tra comodità e qualcos’altro, ci sentiamo già soddisfatti di noi
stessi per cui la preghiera a cosa serve?
Facciamo da soli e preferiamo, alle abitudini e tradizioni di una volta, una fede fai
da te e tendiamo ad emarginare quei valori morali e spirituali che costituivano il
perno delle famiglie gemonesi. Ma non è
mai troppo tardi per fermarsi, leggere i
segni dei tempi e, anziché sorvolare su
essi, meditarli, come Maria, nei nostri
cuori, per poter operare di conseguenza in
vista di un futuro che possa parlare ancora
di speranza e salvezza.
Iniziamo, allora, dai nostri rosari, da
Maria che sempre veglia su di noi col suo
amore di Mamma con la stessa premurosa
attenzione delle nozze di Cana di Galilea
e che, nell’essere stata prescelta Madre
del Salvatore, ci invita a queste parole:
«Fate tutto quello che vi dirà» (Gv 2,5).
Maria ci chiama! Corriamo in tanti da Lei
ed incontreremo suo Figlio Gesù.
Paolo e Paola
A SCOPRIRE L’ IMPRONTA DI GESÙ
In Terra Santa
È difficile cercare di sintetizzare in un
breve articolo quanto in noi ha suscitato
questo viaggio-pellegrinaggio in terra
santa… tali e tanti sono stati i momenti,
le emozioni, le riflessioni personali, intime o condivise col gruppo.
Chi eravamo alla partenza? Un gruppo
eterogeneo di una quarantina di persone
di Gemona, Osoppo, Artegna, Udine…
Alcuni erano amici, altri si conoscevano
appena, l’età era abbastanza avanzata
con solo alcuni più giovani e c’era la presenza fresca e vivace di un tredicenne.
Quali erano le nostre aspettative alla
partenza?
Sicuramente attesa e curiosità... andavamo in un paese di cui avevamo due
diversi tipi di informazione: quella derivante dalla nostra fede, e quella dell’informazione che ci forniva invece i
dettagli su una zona di guerra.
E noi... che ci andavamo a fare? Che
cosa cercavamo ?
Probabilmente volevamo scoprire in
questa terra l’impronta di Gesù… lo
volevamo trovare, sentire che la sua presenza era ancora lì, pronta a sostenere il
nostro cammino o a indicare la via
migliore per fare la volontà del Padre...
Abbiamo camminato e viaggiato in corriera, accompagnati da una guida locale
preparata e sensibile (israeliano, palestinese, cristiano). In lui, Hussam, si concentravano parte di tutte quelle contraddizioni che rendono quel paese ricco di
umanità in un continuo e quotidiano confronto di fedi, abitudini, esigenze diverse e
spesso inconciliabili.
Abbiamo guardato
spesso in atteggiamento critico luoghi per
noi sacri, lottizzati fra
le diverse chiese cristiane, spazi-proprietà
delimitati da muri e
cancelli controllati,
luoghi in cui era evidente una distinzione
fra un dentro e un
fuori... fra un nostro e
un loro.
Ma in ciascuno di questi luoghi le parole di
don Gastone e della
nostra guida riuscivano a riportare il nostro
pensiero e la nostra attenzione alla
verità.
Il primo impatto è avvenuto alla basilica
dell’Annunciazione a Nazareth: in cerchio, al centro della chiesa – quel silenzio
ravvivato dai nostri canti e preghiere – ma
in cui ci sentivamo soli o, meglio, in sintonia con Maria che per prima aveva saputo
rispondere SÌ, senza troppi se o ma.
Momento forte è stata anche la sosta nel
cortile della chiesa di Canaa, dove la
proposta di don Gastone di rinnovare le
Tutti i partecipanti a Gerusalemme alla Spianata delle Moschee, davanti alla moschea
Cupola della Roccia. In alto: canto natalizio a Betlemme nella chiesa della Natività e
momento di preghiera a Gerusalemme sul monte degli Ulivi.
promesse matrimoniali ci ha lasciato
inizialmente perplessi... Come!? Molti,
fra noi, di lustri ne avevano già abbastanza alle spalle!
Invece dal ricordo del primo miracolo
pubblico di Cristo durante un matrimonio, in un momento di gioia e di festa,
siamo passati a riflettere sul nostro rapporto affettivo e relazionale con la persona che in questi anni ci è vissuta
accanto.
Che dire poi del santuario delle Beatitudini, inserito in un ambiente quasi
idilliaco, all’ombra degli alberi secolari,
dall’alto di una collina che spaziava sul
paesaggio della Galilea, risuonavano le
sue Parole: beati... beati...
E ci chiedevamo come mai le parole giustizia, pace non sembrassero assurde in
questo paese in cui tre religioni, due
popoli sembrano non trovare la capacità
di parlarsi e di superare le differenze. Ma
poi non è la stessa realtà delle nostre
comunità? Non usiamo muri e bombe,
ma gli steccati esistono e la nostra incapacità di dialogo si fa sempre più evidente: quindi dobbiamo dire che le parole di
Cristo sul monte erano utopie?
Lassù non parevano tali, anzi il vento che
ci soffiava alle spalle sembrava suggerire
che quanto da Lui affermato non solo era
possibile, ma reale: bastava volerlo!
Ed è nella quotidianità del nostro impegno che vedremo se le forti parole delle
Beatitudini riescono a migliorare pure il
nostro modo di rapportarci agli altri.
Silvana, Chiara, Giovanna.
11
UN VIAGGIO A TORINO E UNA VISITA A BERGAMO E ALLA CASA DI PAPA GIOVANNI XXIII
L’ostensione della sacra sindone
Quarantacinque giorni di ostensione: venerdì 14 maggio eravamo presenti anche noi: abbiamo avuto la
possibilità di soffermarci a pregare
per qualche minuto e riflettere
davanti alla reliquia più importante
della cristianità.
Reliquia e non icona perché non è
opera della mano dell’uomo ma
della mano di Dio.
Sono stati momenti e sensazioni
indescrivibiIi, momenti che lasciano
il segno, emozioni che non dimenticheremo mai.
Il nostro gruppo di pellegrini ci ha
visto accompagnati da monsignor
Gastone e dalle amate catechiste
Antonietta e Lucia che ormai da
cinque anni ci accompagnano in
modo costruttivo e propositivo in
questo continuo procedere alla
ricerca, spesso inconscia, di cogliere le occasioni più pregnanti per
stare assieme, con i nostri figli e
con i nostri cari, per trarne nuova
energia interiore, per rinnovare lo
spirito, costruire insieme.
Anche questo pellegrinaggio ci ha
aiutato a prendere le distanze dal
rumore della vita quotidiana.
Non era, il nostro solito gruppo, al
completo: la necessità di concretizzare il pellegrinaggio in tempi
molto rapidi, la brevissima durata e
l’utilizzo di giornate normalmente
dedicate alla scuola ed al lavoro ci
hanno impedito di coinvolgere tutti
e di questo, che ci duole, ci scusiamo.
Abbiamo però pensato a tutti perché
abbiamo colto l’occasione per porre
le basi dell’usuale pellegrinaggio di
fine agosto che avrà la meta più
significativa a Torino.
Il nostro viaggio lampo è stato preceduto da una serata di informazione e di condivisione, con la proiezione a Salcons di un interessante
filmato che ci ha consentito di mettere in ordine notizie ed informazioni che non tutti avevamo presenti in
modo coerente.
La sindone evangelica è il lenzuolo
(segue alla pagina accanto)
La sindone esposta e, in alto, il particolare del volto. A fianco: l’artistica cupola della cappella del Guarini che normalmente ospita il sacro
lenzuolo nel duomo di Torino. Nella pagina accanto: il giardino e il gruppo di pellegrini nella casa di papa Roncalli a Sotto il Monte.
12
(segue dalla pagina accanto)
(sindon in greco) nel quale, secondo
la narrazione degli evangelisti, fu
avvolto il corpo di Gesù al momento della sua deposizione nel sepolcro, dopo la morte in croce.
Secondo i sindonologi autenticistici
– gli studiosi, cioé, che ritengono la
sindone autentica – il lenzuolo della
deposizione coincide con la sindone
di Torino, anche se non vi sono
prove irrefutabili al riguardo: infatti,
mentre tutti gli storici sono d’accordo nel ritenere documentata con
sufficiente certezza la storia della
Sindone di Torino a partire dalla
metà del XIV secolo, non vi è
accordo sulla sua storia precedente
e sulla sua autenticità.
Comunque questa immagine, misteriosa per la scienza – sfida per l’intelligenza, come l’ha definita
Giovanni Paolo II – è per i credenti
il grande attestato della passione di
Cristo: il corpo ed il volto dell’uomo della sindone riportano, con
impressionante chiarezza, i segni di
quelle sofferenze cui fu sottoposto
Gesù, così come ci sono state tramandate dalla testimonianza dei
Vangeli.
Per noi credenti la Sindone è oggi
richiamo forte a contemplare, nel-
Anagrafe parrocchiale
BATTESIMI
3 DʼAronco Giulia di Michele e Perosa
Anna, n. il 9.10.09 batt. il 21.2.10
4 De Corti Gaia di Andrea e Merluzzi Caterina, n. il 15.8.09 batt. il 21.2.10
5 Pecoraro Elisa di Gabriele e Carisello
Roberta, n. il 23.12.09 batt. il 21.2.10
6 Londero Caterina Anna di Gabriele e
Bianco Alberta, n. il 21.7.09 batt. il 17.4.10
7 Scolaris Sara di Michele e Kogoi Giusi, n.
il 2.12.05 batt. il 17.4.10
MATRIMONI
1 Del Torre Francesco – Cugini
Francesca sposati in Duomo lʼ1.5.10
2 Contessi Manuel – Tranchi Daniela sposati in Duomo il 22.5.10
3 Cragnolini Lucio – Tonino Maria
Angela sposati in Duomo il 29.5.10
4 Brollo Luca – Anzil Stefania sposati in
Duomo il 29.5.10
DEFUNTI
15 Favaro Maria ved. Nardi di anni 90 il
20.2.10
16 Cargnelutti Maria ved. Federico di anni
84 il 21.2.10
17 Forgiarini Ida ved. Contessi di anni 90 il
23.2.10
18 Urbani Mario di anni 73 il 9.3.10
19 Zamboni suor Ausilia di anni 88 il
14.3.10
20 Marinelli Edmondo di anni 86 il 15.3.10
21 Sangoi Giorgio di anni 45 il 16.3.10
22 Urbani Carlo di anni 74 il 19.3.10
23 Ursella Maria Ermacora di anni 66 il
20.3.10
24 Bizi Ida ved. Copetti di anni 103 il
24.3.10
25 Forgiarini Rita ved. Madile di anni 79 il
24.3.10
26 Forgiarini Celso di anni 68 il 26.3.10
27 Lestuzzi Andreina Padovan di anni 56
lʼ11.4.10
28 Bertossi Maria ved. Patat di anni 83 il
17.4.10
29 Morandini Anna ved. Melchior di anni
90 il 20.4.10
30 Forgiarini Alessandro di anni 69 il
23.4.10
31 Del Fabro Severino di anni 95 il 29.4.10
32 Bizi Impervio di anni 81 il 2.5.10
33 Venturini Assunta ved. Ursella di anni
97 il 6.5.10
34 Buzzi Quintina ved. Peccol di anni 89
lʼ8.5.10
35 Cracogna Fiorina Copetti di anni 80
lʼ11.5.10
36 Contessi Ida ved. Baldassi di anni 85 il
13.5.10
37 Marini Anna Russian di anni 79 il 20.5.10
Carlo Urbani
n. 30.10.1935 m. 19.03.2010
l’immagine, il dolore di ogni uomo,
le sofferenze a cui spesso non sappiamo neppure dare un nome. Ma
di fronte alla Sindone la preghiera,
come la riflessione, è anche provocata alla speranza. Speranza di una
vita senza dolore e speranza nell’amore fraterno degli uomini, speranza di gioia che ci accomuna nella
fede in Cristo.
***
Questi, frutto delle emozioni vissute, i pensieri che ci hanno accompagnato durante il viaggio di ritorno,
incapaci com’eravamo di trovare le
parole adatte ad esternare con compiutezza i nostri sentimenti e consapevoli dei limiti umani dinnanzi ad
un mistero così coinvolgente.
Al rientro ancora assonati, increduli, frastornati dalle emozioni del
giorno precedente, abbiamo ricercato un mondo più consono alle
nostre modeste abitudini. Un
ambiente familiare in cui ritrovarci
pur arricchiti dalle esperienze ed
emozioni vissute.
Cosa di più sereno e distensivo che
respirare l’aria semplice e genuina
della casa del Papa Buono, il pontefice Giovanni XXIII, a Sotto il
Monte?
Lì ci siamo ritrovati assieme ai
nostri cari, alle nostre famiglie
anche con quella di monsignor
Gastone: la sorella Pina, il nipote e
la deliziosa piccola Benedetta ci
hanno accompagnato e ci hanno
consentito di trascorrere qualche
ora in piacevole compagnia.
Ci siamo lasciati con un cordiale
arrivederci a Gemona dove stavamo andando a concludere anche
questo eccezionale pellegrinaggio
di primavera, in attesa di quello,
ormai prossimo, dell’estate.
Enzo
13
FOTO PIGNAT. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE
Santa Maria la Bella
Riprendiamo per concluderla la storia della
chiesetta di Santa Maria la Bella che avevamo interrotto, nell’ultimo numero di Voce
Amica, con la notizia di un’ipotetica ricostruzione, nel 1366, a seguito della probabile distruzione del sacro edificio causata dal
terremoto del 1348.
Ma prima di riprendere il discorso ci
pare doveroso ricordare, con rimpianto
e affetto, Maria Ursella Ermacora,
scomparsa il 20 marzo scorso, proprio
tra i giorni di stampa e quelli di distribuzione di Voce Amica nelle nostre case.
Ci pare doveroso perché Maria era – è –
l’anima del comitato popolare “Tornìn a
fâle su”, nato per non lasciar cadere
nell’oblio la chiesetta di Santa Maria la
Bella come, purtroppo, è accaduto ad
altri edifici, di culto e no, che avevano
un posto insostituibile nel panorama –
fisico ma soprattutto spirituale, sentimentale e civico – della nostra città.
A lei, ma anche a quanti insistono nel
lavorare per rimarginare le lacerazioni
ancora aperte dopo il 1976, dedichiamo
questo piccolo lavoro di rammento storico.
Dunque: la chiesa, cinta da un nastro –
cerato come uno stoppino, pensa il
Baldissera – viene riconsacrata e riaperta
al culto. È probabile che i muri perimetrali vengano ricostruiti sulle fondazioni
precedenti e che quindi l’aula e il presbiterio mantengano le stesse dimensioni di
prima. La chiesa, comunque, dispone di
beni che fruttano rendite sufficienti a
mantenere un sacerdote officiante mentre alle spese di gestione e a quelle di
dotazione delle suppellettili liturgiche
pensano i fedeli della minuscola comunità di Maniaglia ma anche quelli della
città: nel 1367, ad esempio, Jacopo della
Massaria lascia con testamento il contributo di una marca di denari per la fusione della campana e suo figlio Michele
assegna una donazione di eguale valore
per i lavori; donna Flora Carbone –
sorella di pre’ Nicolutto, al tempo vicario del pievano di Gemona Marquardo di
Randek e suo successore nel 1392 – dona alla chiesa, nel 1387, l’argento necessario a far un calice e dieci anni più tardi
mastro Henrico tessitore di Fusea, con
bottega a Gemona, lascia alla chiesa la
rendita di un terreno purché la sua morte
vi venga ricordata ogni anno con una
messa di suffragio.
L’assegnazione di proprietà dirette e di
rendite si fece evidentemente consistente
tanto che la loro amministrazione, affidata dapprima ai cappellani del duomo,
passò sul finire del ’300, ad un cameraro
(= amministratore) di nomina comunale.
Il motivo di tante elargizioni va forse
individuato nel fatto che la chiesa, già in
quei tempi, ospitasse un’ancona o un
altare dedicato a Sant’Anna, la mamma
della Vergine, particolarmente venerata
dalle gestanti e dalle partorienti e,
comunque, nell’immaginario popolare
di tutta Europa, nel XIV secolo, nonna
amorevole del Bambino Gesù.
Ma la devozione a Sant’Anna potrebbe
anche essere una piccola conferma della
originaria dedicazione della chiesa alla
Maddalena. Maria la Bella, festeggiata
il 22 luglio, potrebbe esser stata sostituita da una santa meno problematica come
Sant’Anna, che la Chiesa festeggia il 26
dello stesso mese. E ciò potrebbe essere
ac caduto quan do i Templari vennero
soppressi da papa Clemente V, sobillato
dal re di Francia Filippo IV il Bello, e i
loro beni dispersi (1312).
Ma, si sa: queste, se non si troveranno
prove documentarie, non sono altro che
fantasie.
È invece certezza la crescita delle prebende della chiesa nei decenni successivi anche derivanti da beni collocati fuori
Gemona tanto che nel 1479 due sacerdoti, che vantavano contemporaneamente
la titolarietà delle stesse, non trovarono
di meglio che rivolgersi al giudizio
patriarcale per dirimere la lite.
Sul finire del ’400 la storia della chiesa
incrocia quella di Paul Enzperger, un
torvo mercante di Stiria, da alcuni anni
esercente a Gemona, più volte accusato
di minacce ed estorsioni a danno di mercanti concorrenti e dei loro trasportatori.
Forse ravveduto – altre volte Gemona
accoglie il pentimento di individui dalla
condotta non proprio limpida e ne fa dei
magistrati di grande prestigio – sul finire
del 1491 viene nominato cameraro di
Santa Maria la Bella, forse dopo aver
acquistato il ronco a monte per mettere
in sicurezza la chiesa o dopo aver curato
un qualche restauro del sacro edificio. E
il fatto potrebbe essere stato ricordato
dalla lapide, posta sul muro del terrapieno, che recitava:
LAVS
DEO
PAV LVS.ENZPER
GER.DE.STEYR
FOTEGAR.I.GLEMONA
M.CCCC.L.XXXX
L’iscrizione risulta interessante anche
per un altro motivo: Paolo Enzberger si
dice fontegaro in Gemona ma il termine
è utilizzato impropriamente: un fondaco,
a Gemona, non sarà mai istituito, così
almeno risulta fino ad ora.
Già i primi anni del secolo seguente si
mostrarono nefasti: dopo le tensioni
diplomatiche degli anni precedenti, nel
1508 scoppiarono le ostilità tra la Serenissima e la Lega di Cambrai – dopo il
1510, con un ribaltamento degli schieramenti, tra Venezia e l’Im pero – che
durarono fino al 1516 e che ebbero il
Friuli come campo di battaglia. Più volte
Gemona passò in possesso di uno o dell’altro dei contendenti che spesso la trattarono come preda imponendo pesantissime taglie e dal 1515 al 1518 la città
perse anche i proventi del Niederlech
che Venezia, grata degli aiuti di Gerolamo Savorgnan, dirottò su Osoppo.
Ma il peggio accadde nel 1511 quando,
come dice il Chronicon glemonense del
Mullione, alla ventesima ora del 26
marzo, 28 di luna, si scatenò un terribile
terremoto che devastò ogni contrada
[del Friuli] e soprattutto Gemona dove
distrusse un numero incalcolabile di abitazioni (...) Delle chiese di Santa Maria
la Bella e di San Biagio, crollate su se
stesse, non rimase pietra su pietra. Ci
furono diversi morti (...) Rovinarono
anche le mura fortificate (...) e la torre
dell’orologio [del castello].
E l’anno dopo, alle tragedie della guerra
e del terremoto si aggiunse il terribile
flagello della peste che angosciò
Gemona con un altissimo numero di vittime: 390, su una popolazione complessiva non superiore a 3000 abitanti!
Vista la durissima situazione, dobbiamo
pensare che la ricostruzione della città
sia avvenuta lentamente e che quella di
Santa Maria la Bella sia stata ritardata
negli anni. Tuttavia i lavori devono essere iniziati prima del 1528 (tale data,
affiancata da tre stemmi, si trovava scolpita sugli stipiti della porta) e completati
entro la metà del secolo se è da attribuirsi a Gian Paolo Thanner – come pensa il
Marchetti – l’affresco della Madonna
con il Bambino, riaffiorato dagli intonaci
nel 1940.
È probabile che la chiesa abbia assunto
in quell’occasione la forma che conosce(segue alla pagina successiva)
15
vamo, con quel portico singolare, aperto
lateralmente da due fornici a tutto sesto
e frontalmente da un fornice più piccolo,
da cui si inquadrava armoniosamente
Gemona (foto a p. 1); con le capriate a
vista sull’aula e con le volte a crociera
sul presbiterio, forse allungato rispetto al
precedente.
Anche nel secolo successivo si fecero
dei lavori a cura non più di un cameraro
ma del sacerdote rettore: Vincenzo
Lugaro dipinse la pala di un altare laterale dedicato a Sant’Anna (Sant’Anna e
San Gioacchino, la Sacra Famiglia, San
Giovanni Battista e angeli). La pala, firmata e datata 1612 e recante il nome del
committente, il rettore don Pietro
Leporeo – Lepore, diremmo oggi –, fu
in seguito inserita in un altare a portale,
opera dell’altarista gemonese Gerolamo
Comuzzo, completato con una predella
dipinta da Melchior Widmar con gli episodi dell’Annunciazione, dell’Annuncio
a Gioacchino della prossima paternità,
dell’Incontro tra Gioacchino e Anna e la
rappresentazione dello Spirito Santo.
La parte superiore dell’altare con la pala
e la predella sono attualmente ospitate
nella cappella battesimale del duomo.
Il rettore Leporeo curò anche la costruzione del piccolo campanile a vela, una
pietra del quale recava inciso il suo
stemma (una piccola lepre), la sigla del
nome e l’anno di costruzione (1614). La
stessa data era incisa sulla campana che
sarà requisita tre secoli dopo, durante
l’invasione del 1917.
Dal punto di vista religioso e devozionale la chiesa assunse in quel secolo un
ruolo importante per i fedeli gemonesi:
papa Paolo V concesse nel 1618 un’indulgenza a quanti vi si sarebbero recati a
pregare devotamente il giorno dell’Annunciazione. E anche nel secolo successivo (1739) un altro papa, Clemente XII,
conferì a Gemona la facoltà di celebrare
il Giubileo delle sette chiese, indetto
straordinariamente quell’anno. Con tale
privilegio i fedeli avrebbero potuto lucrare le stesse indulgenze dei pellegrini
recatisi a Roma in visita devozionale
alle sette basiliche maggiori della città
eterna, purché partecipassero, il venerdì
santo, in commemorazione dei sette
dolori della Madonna, e il 2 luglio,
ricorrenza della visita della Vergine a
Santa Elisabetta, ad una processione
che, partendo dal duomo, faceva sosta
nella chiesa di Santa Maria di Fossale, a
Santa Maria la Bella, Madonna della
Salute (Maniaglia), Annunziata di Taboga, Madonna di Loreto e Madonna
della Pace (Gleseute).
Notizie dei privilegi menzionati si hanno
rispettivamente in una bolla papale dell’Archivio arcivescovile di Udine e nelle
16
annotazioni del registro del
rettore Tommaso Passavolante (1714-1752; Archivio
Comune di Gemona), reperite dal Comitato per la ricostruzione.
Nel suo Libro delle Elemosine ritrovate nella Chiesa di
Santa Maria la Bella pre’
Tommaso annota per quasi
un quarantennio le entrate –
offerte in denaro o in natura,
di preferenza galletta di casa
(bozzoli di seta) – e le spese
ordinarie e quelle della manutenzione straordinaria, rese
necessarie sia per i danneggiamenti da intemperie sia
per le effrazioni di ladri, ladruncoli e marioli; e non trascura di ricordare accadimenti portentosi – il velo della
statua della Madonna (al tempo vestita con
abiti di tessuto), spostandosi da solo, va a
coprire l’intera figura del Bambino – che
in qualche modo alimentano fedi, speranze
e... carità.
Passano gli anni e, dopo la costruzione
della chiesetta della Madonna della Salute, nel cuore di Maniaglia, all’inizio
del ’700, per Santa Maria la Bella viene
un po’ meno la consuetudine delle funzioni e delle messe festive e conseguentemente delle offerte dei fedeli.
Inesorabilmente, nell’Ottocento, la chiesa invecchia e s’impolvera e ammuffisce, con macchie di umido che s’estendono sempre di più sulle pareti dell’aula
e del portico.
Dopo Caporetto le portano via anche la
campana. Non basta che nel 1921 gliela
sostituiscano con un’altra, oltretutto più
piccola: la chiesa oramai si apre solamente per la sagra di Sant’Anna e per
qualche rara messa domenicale.
Poi, nel 1931, un terremoto di poco conto la mette a soqquadro e sarà salvata
solo con le arpe che la incatenano.
Quelli che seguono sono anni di miserie e
fatiche; e, dopo, vengono le annate della
pazzia, con la guerra sulla porta di casa...
È in qul frangente che, incredibilmente,
avviene la rinascita di Santa Maria la
Bella: nel breve prato a fianco della chiesa viene allestita una postazione contraerea e il portico, previa otturazione dei fornici, adibito a dormitorio. I militi, quasi
tutti gemonesi, per non stare con le mani
in mano – gli aerei nemici, per fortuna,
non passano ancora – decidono di medicare le magagne dell’edificio e un po’ per
mantenere in forma i loro mestieri, un po’
per guadagnare qualche merito – non si
sa mai – ripassano il tetto, rifanno le
malte interne, intagliano legni e marmi,
decorano e dipingono, recuperano un
altare ligneo e due statue un tempo a
Sant’Agnese, imbiancano l’aula e puliFOTO BRISIGHELLI. G.C. ARCHIVIO FOTOGRAFICO MUSEI CIVICI UDINE
(dalla pagina precedente)
scono le capriate, modellano e fondono
candelieri e lampade, rifanno l’altare con
il paliotto abbellito da un’Annunciazione.
I lavori (foto in alto) destano l’ammirazione di tutti e resteranno un bell’esempio della generosa sensibilità degli esecutori: Bonitti falegname, Londero e Venturini muratori, Rizzi scultore e Pittini
pittore. A quest’ultimo, Giovanni Pittini,
si deve il progetto complessivo dell’intervento e l’esecuzione degli affreschi nei
fianchi del presbiterio (Annunciazione e
Visita a Santa Elisabetta).
Dopo la fine della guerra, anche per
Santa Maria la Bella la vita riprende, pur
se fioca: qualche messa, qualche novena, qualche rosario, qualche sagra... fino
a quel maggio del 1976...
***
Qualcuno, dopo, salverà il salvabile e alzerà la campana a segnare l’antico sedime. I volontari dell’Associazione Ostermann metteranno mano a cercarne le
tracce e – che sia del fontegaro stiriano?
– scopriranno anche una sepoltura...
Qualcuno sogna ancora Santa Maria la
Bella.
Fer
Periodico parrocchi ale fondato nel 1933
Proprietà: Pieve di Santa Maria Assunta
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Direttore resp. Mauro Vale – Aut. Tribunale
Tolmezzo n. 163 del 04-04-2006 – Stampa: Arti
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