Le vicende storiche del restauro de L`ultima cena leonardesca

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Le vicende storiche del restauro de L`ultima cena leonardesca
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Le vicende storiche del restauro de L’ultima cena leonardesca
Il restauro dell'Ultima Cena di Leonardo è già oggetto di "culto" e di dibattito tra addetti ai lavori. Una giornata
di studi è stata promossa dall'Accademia dei Lincei a Roma, un'altra dalla Harvard University Center for Italian
Renaissance Studies a Firenze. Dopo ventun'anni di lavori l'opera vinciana "adorata" dai milanesi fin dal Cinquecento e
osannata in tutto il mondo sta per essere restituita nel suo splendore, almeno in quello umanamente possibile.
La conclusione dei lavori assomiglia ad un bollettino di guerra con tanti vittoriosi strateghi, 35 per l'esattezza, tra
restauratori, università, sovrintendenze, Istituto centrale di restauro e sponsor Olivetti. Sui 45 metri quadrati di dipinto
vinciano e sulla struttura che lo ospita, l'ex refettorio di Santa Maria delle Grazie a Milano, si sono consumate negli anni
tra il '77 e il '99, 50.000 ore di lavoro, sono servite almeno 60 indagini scientifiche con monitoraggi, che si annunciano
permanenti, sulla statica della parete su cui è dipinta l'Ultima Cena, miracolosamente scampata ma resa fragile dal
bombardamento del '43, sul microclima e la qualità dell'aria che respirano Gesù e i suoi apostoli.
La restauratrice dell'opera, Pinin Brambilla Barcilon, ha più volte ripetuto: «E' stato un privilegio unico lavorare
sul dipinto di Leonardo, una conquista lenta, severa per recuperare frammento dopo frammento, ciò che dell'originale
era sopravvissuto ad almeno sette restauri, alcuni dannosissimi, con strati di colle, stucchi e pitture che offuscavano
irrimediabilmente il "Cenacolo"». La relazione dei lavori di Pinin Brambilla Barcilon verrà pubblicata dalla casa
editrice Electa.
Il risultato di quest'opera, unica al mondo, è la restituzione della forma, dei colori, dell'intensità dei volti e della
modernità di Leonardo. Tra le tante vittorie che il lungo lavoro sull'opera vinciana comporta c'è anche quella della
scuola italiana di restauro, il cui primato internazionale riceve una nuova conferma. Il restauro del "Cenacolo" non
sarebbe stato possibile fuori dall'Italia.
E' il primo intervento al mondo che si rivolge in modo massiccio anche all'ambiente circostante invertendo l'iter
normale dei restauri che sino ad oggi ha considerato l'opera senza valutare le conseguenze dell'ambiente sul manufatto.
Questa cura per l'ambiente dovrebbe essere una prassi normale in un paese come l'Italia dove la maggior parte delle
opere stanno fuori dai musei. L'altra grande novità del ventennale restauro è l'essere riusciti ad individuare con esattezza
la tecnica impiegata da Leonardo, premessa essenziale per restituire una leggibilità dell'opera il più vicina possibile
all'originale. Sino ad oggi si sapeva che il "Cenacolo" era dipinto a secco.
Oggi, grazie a sofisticate indagini scientifiche, sappiamo anche che l'artista impiegò una tempera grassa fatta di
olio e uovo e non colla come si pensava. Questa tecnica era sconosciuta ai tempi di Leonardo che stese anche,
sull'ultimo strato di intonaco, della biacca, che è il bianco più luminoso che esista in pittura, in grado di dare quella
particolare e inimitabile luminosità ai volti e alle figure dell'Ultima Cena. Quanto alla linea seguita di "intervento
critico", tipica della tradizione italiana, sarebbe stato sbagliato seguire le due opposte tendenze, entrambe "estremiste",
che prevalgono all'estero.
L'una "ricostruttiva", anche a rischio di falsificare e deformare il tutto, punta al rifacimento di ciò che manca per
restituire un'immagine fisicamente integra dell'opera. L'altra, opposta, è quella "filologica"; preservare solo i frammenti
dell'originale buttando tutto il resto. Nel caso dell'Ultima Cena ciò avrebbe significato cancellare d'un colpo arazzi e
soffitto del Seicento e del Settecento, praticamente il 40 per cento della pittura. La tecnica italiana, difficile, e per questo
poco seguita, è invece quella di "suggerire" le figure mancanti senza agganci tonali o neutri, ma intervenendo
ricostruendo la trama mancante con leggeri tratti reversibili di acquerello (rigatino), evitando così alle figure originali di
navigare nel vuoto. Le polemiche che provenivano dall'estero erano quasi tutte da non addetti ai lavori, per lo più da
artisti o storici dell'arte. Critiche ormai alle spalle, forse suggerite da invidia per la solida posizione italiana in un
mercato internazionale che fa gola a molti.
Il 27 maggio 2000 a Milano c'è stata l’apertura del cenacolo: successivamente sono cominciate le visite,
rigorosamente programmate per gruppi di 25 persone alla volta che dovranno passare attraverso camere-filtro
aspirapolvere. All'interno sensori, luci fredde, controllo dell'umidità e della temperatura garantiranno la longevità
dell'opera attraverso il monitoraggio dell'ambiente ormai bonificato
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L'ultimo
restauro
Iniziato nel 1978 e terminato nel 1999, il recente restauro ha inteso recuperare la pittura originale di
Leonardo completamente alterata dai precedenti interventi: si trattava quindi di affrontare le numerose
problematiche relative al dipinto, da quelle puramente estetiche a quelle strettamente connesse
all'ambiente per preservarlo da un degrado futuro, proteggendolo dalle polveri, dai vapori e dall'umidità
che risultavano essere le cause principali del continuo degrado.
Per raggiungere tale scopo è stato installato un sofisticato sistema di filtraggio dell'aria che impedisce
l'entrata e di conseguenza l'accumulo di tutte le sostanze inquinanti nel Refettorio. Il restauro ha
coinvolto i due organismi istituzionali milanesi responsabili della conservazione del Cenacolo: la
Soprintendenza per i Beni Architettonici e il Paesaggio di Milano, che si è occupata del museo e
dell'ambiente e quellaper il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico cui è stato affidato il
restauro della pellicola pittorica. Entrambe le Soprintendenze hanno operato in stretta collaborazione
con l'Istituto Centrale del Restauro e con istituzioni straniere, cercando di utilizzare le conoscenze e gli
strumenti messi a disposizione della cultura scientifica più avanzata nel settore.
Il delicatissimo intervento pittorico, sostenuto economicamente dalla società Olivetti, ed eseguito da
Pinin Brambilla Barcilon è stato preceduto da ricerche filologiche e storiche oltre che da approfonditi
studi e analisi che permettessero di mettere a punto il giusto sistema operativo in grado di effettuare la
completa pulitura del dipinto senza intaccare la fragile pellicola pittorica. I risultati sono straordinari:
sono riemersi brani pittorici originali che, se pur frammentari, permettono di avvicinarci al vero
Leonardo e in particolare al suo colore e al suo disegno. Di impressionante bellezza i profili e le mani
di Giacomo, Filippo e Matteo.
Vicende storiche
Il Cenacolo fu probabilmente iniziato nel 1494 e in mancanza di documenti (gli archivi del convento
sono andati distrutti) si è portati a considerare che nel 1497 l'opera era quasi terminata. Infatti Luca
Pacioli, nella lettera dedicatoria della sua "Divina Proportione" in data 9 febbraio 1498, informa che il
Cenacolo è finito e che costituisce una delle massime espressioni artistiche di Milano.
Ben presto però, a venti anni circa dall'ultimazione, il dipinto comincia a mostrare segni evidenti di
degrado legati in parte alla tecnica adottata da Leonardo: la tempera, se da un lato gli aveva permesso di
lavorare con la massima libertà, dall'altro risultava un materiale molto fragile in presenza di umidità.
Le testimonianze sul degrado del celebre dipinto iniziano nel 1517 con Antonio De Beatis e si
susseguono ininterrotte fino all'intervento del pittore Michelangelo Bellotti nel 1726 con cui ha inizio
una lunga serie di restauri o meglio dei tentativi di porre rimedio ai problemi della celebre opera.
Interventi di consolidamento furono quelli di Luigi Cavenaghi eseguiti nel 1901 e nel 1908 e di Oreste
Silvestri, nel 1924, che fissa tutti i bordi pericolanti con stucchi nerastri. Tra il 1951 e il 1954 il dipinto
viene restaurato da Mauro Pelliccioli che consolida ancora una volta la superficie e ripristina la cromia
senza però rimuovere le antiche ridipinture.
Il degrado però non si arresta, anzi inquinamento e smog provocano l'annerimento della pittura. Dal
1978 al 1999 viene eseguito da Pinin Brambilla Barcilon il lungo e delicato restauro.
L'Ultima Cena
di Leonardo
La realizzazione dell'Ultima Cena si inserisce nell'ambito dell'ampio rinnovamento artistico e culturale,
patrocinato da Ludovico il Moro, che dal 1490 si sviluppa a Milano coinvolgendo in pieno il Convento
di Santa Maria delle Grazie. Nel 1495, mentre Donato Montorfano sta ultimando la Crocifissione nel
Refettorio, Leonardo riceve l'incarico dal Duca di decorare la parete di fronte con l'Ultima Cena;
commissione documentata dagli stemmi che compaiono all'interno di ghirlande vegetali nelle quattro
lunette al di sopra della "Cena" e che ricordano appunto i nomi di Ludovico, Beatrice e dei loro figli.
L'elaborazione del Cenacolo è abbastanza lenta, nonostante le sollecitazioni del Moro e del priore:
Leonardo impiega, infatti, circa quattro anni (1494-1498) utilizzando una tecnica a secco, cioè a
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tempera, come se si trattasse di una grande tavola (4,60x8,80m). Per prima cosa decide di non affidarsi
alla consolidata tecnica dell'affresco, che pur offrendo garanzie per la conservazione, impone il rispetto
del tempo nella stesura; ha invece bisogno della massima libertà nella fase esecutiva per correggere,
modificare e ottenere particolari effetti cromatici. Inoltre la tecnica dell'affresco non si concilia con il
suo bizzarro temperamento che lo porta ad alternare periodi di intensa attività ad altri di completo
riposo, come testimonia il racconto di Matteo Bandello che è ospite dei padri al convento e lo vede
spesso al lavoro.
Benché il tema del Cenacolo fosse raffigurazione tradizionale dei refettori conventuali ed in particolare
quelli fiorentini (da ricordare i capolavori di Taddeo Gaddi, di Beato Angelico, di Andrea del Castagno
e del Ghirlandaio) l'Ultima Cena è presentata da Leonardo in forma completamente innovativa: non
solo è modificata radicalmente l'impostazione della scena, ma la novità più assoluta è data
dall'impressionante realismo con cui è narrato l'episodio evangelico.
In quest´opera Leonardo rappresenta le emozioni dei protagonisti della storia, Gesù e gli Apostoli. Sappiamo che per il
pittore è molto importante illustrare i ”moti dell'animo”: nel suo Trattato della Pittura scrive che il bravo pittore deve
saper rappresentare non solo l'aspetto esteriore dell'uomo ma anche i suoi pensieri, le sue emozioni; la prima cosa non è
difficile da fare, ma la seconda sì, perché pensieri ed emozioni si devono rendere con i gesti e gli atteggiamenti (Lo bono
pittore ha da dipingere due cose principali, cioè l∋homo e il concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo
difficile perché s∋ha a figurare con gesti e movimenti delle membra).
Per questo motivo Leonardo decide di rappresentare il momento successivo alle parole di Gesù "Uno di voi mi tradirà". È
il momento più drammatico della Cena: ogni apostolo si domanda, e domanda agli altri, chi può essere il traditore.
Leonardo si concentra sull'effetto che le parole di Gesù provocano sugli apostoli, sulla loro reazione: proprio per questo
cambia il modo di rappresentare la scena rispetto agli artisti precedenti.
Prendiamo ad esempio l'Ultima Cena di Andrea del
Castagno (1450): Giuda, il traditore, è rappresentato,
da solo, davanti alla tavola mentre gli altri apostoli, e
Gesù, sono tutti dall'altro lato, uno accanto all'altro.
La scena è solenne, ma non particolarmente
drammatica.
Invece Leonardo rappresenta Giuda in mezzo agli altri apostoli e organizza quattro gruppi di tre figure ai lati di Gesù, che
sta al centro. Gesù e Giuda sono gli unici immobili e calmi, diversamente dagli altri che sono agitati e sconvolti: solo loro
due sanno la verità. Giuda è anche l'unica figura del dipinto in ombra. La scena è molto drammatica.
Per la descrizione ci aiutiamo con una
copia del Cenacolo dipinta nel 1520 dal
Giampietrino. Cominciamo da sinistra.
Il primo gruppo è formato da tre
personaggi in piedi: Bartolomeo,
Giacomo
Minore e Andrea. Bartolomeo ha le mani poggiate sul tavolo e si tende con il corpo verso Cristo: dà l'impressione non
voler credere alle terribili parole che ha sentito e chiede come una conferma. Giacomo Minore poggia una mano sul
braccio di Andrea, e con l'altra tocca la spalla di Pietro, nel gruppo successivo. Andrea sta fermo al suo posto e solleva
in alto le mani con i palmi rivolti all'esterno, come per allontanare da sé i sospetti.
Nel secondo gruppo troviamo Pietro, Giuda e Giovanni. Giovanni, uomo di carattere tranquillo, ascolta in silenzio le
parole che Pietro sussurra nel suo orecchio; Pietro ha in mano un coltello e reagisce con rabbia alle parole di Cristo.
Giuda è isolato, con il gomito destro poggiato sul tavolo.
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Il terzo gruppo è composto da Tommaso, Giacomo
Maggiore e Filippo. Giacomo è seduto ed allarga le
braccia: con il suo gesto vuole dimostrare che non ha
niente da nascondere. Tommaso, con il dito teso, si piega
verso Cristo: la sua caratteristica è quella di mettere sempre in dubbio le parole degli altri. Filippo è in piedi,
con le mani sul petto in segno di innocenza.
Nel quarto gruppo ci sono Matteo, Simone e Taddeo. Matteo tende le braccia verso Cristo, ma il busto ed il
viso sono rivolti all'indietro, verso Simone e Taddeo, come per comunicare la sua angoscia; Taddeo è
rappresentato con le mani aperte verso l'alto, per manifestare la sua meraviglia. Leonardo fa capire il carattere
di ogni apostolo e come ognuno di loro reagisce alla stessa situazione emotiva in modo diverso, in base al suo
diverso carattere: è veramente l'applicazione della sua teoria dei moti dell'animo.
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