Igiene-Disi 5:Igiene-Disi 5 per stampa

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Igiene-Disi 5:Igiene-Disi 5 per stampa
Infestanti occasionali
delle derrate alimentari
legati alla presenza di volatili
A. Negri, L. Pizzetti, M. Pellecchia
INTRODUZIONE
L’insediamento di popolazioni di
uccelli, soprattutto piccioni e passeri,
nelle aree esterne agli stabilimenti alimentari può comportare una serie di
problemi igienico-sanitari da non sottovalutare. Questi volatili, infatti, sono
noti essere portatori di importanti zoonosi, cioè di quelle malattie e infezioni che si trasmettono in natura fra gli
animali vertebrati e l’uomo: ne sono
un esempio l’ornitosi, molte encefaliti,
la malattia di Newcastle o pseudo
peste aviaria, la toxoplasmosi e, in
tempi recenti, l’influenza A (virus
H1N1).
Gli uccelli possono anche veicolare
numerosi ectoparassiti quali pulci,
acari e zecche. Tra queste ultime
ricordiamo Argas reflexus, la zecca
molle dei piccioni, che può trasmettere vari malanni come la febbre Q,
una zoonosi acuta causata da una
Rickettsia. Proprio a tale riguardo,
recentemente è stato segnalato, da
ricercatori svizzeri, un caso di triplice
infestazione nell’uomo da parte della
cimice dei letti (Cimex lectularius),
dell’acaro rosso (Dermanyssus gallinae) e di A. reflexus connesso con
la presenza di siti di nidificazione di
piccioni nei pressi delle abitazioni
(Haag-Wackernagel e Bircher, 2010).
Il guano prodotto dagli uccelli, inoltre,
costituisce un ottimo substrato per la
proliferazione di numerosi funghi e
batteri, fra cui Salmonella; quando gli
escrementi seccano e si sbriciolano,
le polveri con i patogeni vengono trasportate dal vento andando a contaminare l’ambiente circostante.
Sul guano, e in generale sui residui
dell’attività degli uccelli (penne, piume, gusci d’uovo, ecc.), evolvono
anche numerose specie di insetti:
alcune sono da considerarsi veri e
propri “spazzini” e la loro sopravvivenza dipende strettamente dal substrato organico prodotto dai volatili;
altre, invece, sono solo commensali e,
in condizioni opportune, possono spostarsi su altri substrati, anche con
valori nutrizionali molto diversi. Tra
queste ultime, sono annoverati ditteri,
coleotteri e lepidotteri che possono
nutrirsi di alcune derrate normalmente
usate per l’alimentazione umana o
zootecnica.
Dunque le colonie di volatili che si
insediano presso gli edifici adibiti a
magazzino o a ridosso delle industrie
alimentari sono un importante serbatoio di infestanti che, oltre a cibarsi
delle derrate alimentari stesse, possono contaminarle con quei patogeni
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raccolti durante la permanenza sulla
lettiera degli uccelli (Trematerra e
Süss, 2007).
Tralasciando i ditteri, che sicuramente sono le specie più note e per le
quali tanto è già stato scritto, abbiamo scelto di soffermarci su taxa meno
conosciuti ma che comunque sono di
non difficile reperimento all’interno
delle industrie alimentari: a una breve
descrizione morfologica, faranno
seguito cenni di eco-etologia e i principali metodi di lotta per controllare la
presenza di questi indesiderati ospiti.
COLEOTTERI
Alphitobius diaperinus
(Panzer, 1797)
Tenebrionidae
L’alfitobio è una specie che infesta
tipicamente le lettiere degli uccelli,
laddove sono rinvenibili tutti gli stadi
del ciclo vitale del coleottero; di conseguenza, spesso viene segnalato in
grandi numeri negli allevamenti avicoli (Kaufman et al., 2005).
L’adulto è di colore marrone molto
scuro o nero, caratterizzato da lucentezza quasi metallica ed evidenti solchi longitudinali sulle elitre; la sua
lunghezza arriva sino a circa 6,5 mm.
IGIENE ALIMENTI - DISINFESTAZIONE & IGIENE AMBIENTALE
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In natura l’insetto evolve a spese di
piume, penne e carcasse di uccelli.
La larva, di colore bruno giallastro,
una volta raggiunta la maturità si porta in un luogo protetto per impuparsi e
a tale scopo scava una piccola cavità
simile ad una celletta nella lettiera, nel
terreno o nei materiali più disparati
incontrati all’interno degli edifici, come
ad esempio la lana di vetro, il polistirolo o altri isolanti. In presenza di elevate densità di popolazione, le larve
mature ricercano attivamente luoghi di
impupamento sopraelevati, ad esempio lungo i muri perimetrali o i davanzali. Il ciclo di sviluppo, dall’uovo all’adulto, si compie in 35-60 giorni, in
funzione della temperatura.
Nel caso siano presenti colonie di
volatili nei pressi di aziende alimentari o magazzini, occorre prestare particolare attenzione durante le operazioni di rimozione della lettiera. Infatti, gli
alfitobi, che sono buoni volatori, se
disturbati possono spostarsi in volo e
penetrare all’interno degli stabili. In tali
aree, al di fuori dell’ambiente primario,
l’insetto può nutrirsi su granaglie umide e attaccate da muffe, prodotti
macinati e derrate deteriorate; inoltre
esso può attaccare substrati non alimentari quali i materiali usati come
isolanti nell’edilizia. L’ambiente d’elezione di A. diaperinus lo rende potenziale vettore di vari agenti patogeni
che possono contaminare le derrate
con le quali il coleottero viene in contatto: infatti, l’insetto può albergare funghi del genere Aspergillus, alcuni virus
e diversi batteri, come Escherichia coli
e altri appartenenti ai generi Salmonella e Campylobacter. In particolare, nello stadio adulto, l’alfitobio elimina Salmonella con le feci per almeno 28
giorni dopo l’ingestione di cibo contaminato (Bates et al., 2004; Leffer et al.,
2010; Roche et al., 2009). Da individui
di A. diaperinus sono stati anche isolati i cisticerchi dei cestodi aviari Choanotaemia e Railletina, a dimostrazione
del ruolo di questa specie come ospite
intermedio di parassiti intestinali.
La frequente rimozione della lettiera
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altezza (spesso le pupe si trovano proprio sui muri delle zone infestate).
Attagenus unicolor
(Brahm, 1791) - Dermestidae
Alphitobius diaperinus (foto di Johannes
Reibnitz, Museum of Natural History,
Stuttgart)
prodotta dai volatili o l’allontanamento
delle colonie di passeri e piccioni insediate nei pressi (o sui tetti, terrazze e
davanzali) delle aziende alimentari
sono i principali fattori limitanti la possibilità di colonizzazione dei reparti
produttivi da parte dell’alfitobio.
Comunque, in presenza di situazioni
esterne a rischio, è importante condurre accurate ispezioni visive dei locali
laddove si accumulano sfridi di lavorazione o detriti alimentari difficilmente
asportabili, alla ricerca degli individui
adulti; inoltre, l’analisi tassonomica delle catture realizzate da trappole luminose o sui collanti degli elettroinsetticidi può essere un utile metodo di
monitoraggio, in quanto gli adulti di A.
diaperinus sono dotati di fototropismo
positivo e buona capacità di volo.
In caso si rilevasse un focolaio di infestazione, occorre innanzi tutto pianificare pulizie accurate che asportino il
substrato su cui la specie evolve; poi,
secondo il grado di infestazione, vanno
presi in considerazione interventi insetticidi interni ai locali, che possono
essere sia spaziali, con prodotti a base
di piretrine, sia perimetrali utilizzando
piretroidi residuali. In quest’ultimo caso
è necessario irrorare il perimetro dei
locali e le pareti sino a circa 1,5 m di
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L’attageno nero è un piccolo coleottero
(misura da 3 a 5 mm) dalla forma ovoidale e dal colore marrone molto scuro,
quasi nero, con riflessi bruni o rossastri
sulle elitre. Il capo è piccolo e giace
quasi del tutto nascosto dal pronoto.
Le antenne hanno i tre articoli terminali più grandi dei precedenti, con il primo decisamente più espanso; esso è
anche sessualmente dimorfico: nel
maschio, infatti, è lungo più del doppio
rispetto alla femmina.
Gli adulti sono floricoli, cibandosi di
polline, mentre le larve si nutrono, in
natura, di svariati substrati che contengono cheratina: per tale motivo si possono trovare nelle tane di mammiferi e
nei nidi di uccelli, evolvendo su carcasse, peli, penne, piume, ecc. Tali
caratteristiche ecologiche fanno sì che
adulti e stadi larvali possano facilmente essere rinvenuti nella lettiera delle
colonie di volatili insediate nei centri
urbani. Inoltre, la buona capacità di
volo e lo spiccato fototropismo positivo
della specie rendono il suo ingresso
negli edifici piuttosto agevole.
Nelle abitazioni, la larva, dalla caratteristica forma allungata (raggiunge i 13
mm) e dal vistoso ciuffo di setole all’estremità dell’addome, può essere
annoverata tra i classici “infestanti degli
armadi”, attaccando lana, pellicce,
seta, tappeti, ecc. Nelle industrie alimentari, invece, può attaccare un gran
numero di derrate, quali latte in polvere, cereali, farine, pane, pellet per animali, spezie, e così via. All’interno dei
reparti, il suo comportamento lucifugo
le fa preferire le zone poco illuminate o
decisamente in ombra, dove può costituire estesi focolai di infestazione. Il
ciclo vitale è decisamente lungo, protraendosi da quattro mesi a circa un
anno, secondo la temperatura, l’umidità e il tipo di alimento più o meno
nutriente a disposizione delle larve.
IGIENE ALIMENTI - DISINFESTAZIONE & IGIENE AMBIENTALE
LEPIDOTTERI
Tinea pellionella Linnaeus,
1758 - Tineidae
Attagenus unicolor
Nel 2009, gli autori hanno accertato
un’infestazione di A. unicolor in un’industria dolciaria del Nord Italia. Qui gli
attageni sono stati raccolti in diversi
locali nei quali avveniva la miscelazione degli ingredienti in polvere: queste
aree si affacciavano tutte su una vasta
terrazza ove, da anni, si andavano
accumulando i resti organici prodotti
da una colonia di piccioni. In questo
caso è stato semplice ricostruire la
storia della colonizzazione di A. unicolor: la specie era insediata nei nidi e
sulla lettiera prodotta dai volatili; gli
adulti, buoni volatori e dotati di fototropismo positivo, si sono osservati
presso le finestre e le porte di accesso ai locali, probabilmente attirati dalle luci; alcune femmine mature sono
riuscite in seguito a penetrare all’interno dell’edificio originando l’infestazione, che ha poi trovato il substrato
adatto per prosperare.
Il controllo di questo infestante occasionale delle industrie alimentari deve
essere svolto primariamente con azioni barriera e con un’assidua opera di
pulizia, mirata all’asportazione del
substrato alimentare ove possano
evolvere le larve. In seconda battuta,
va valutata l’opportunità di interventi
insetticidi interni ai locali utilizzando le
stesse metodologie indicate per la
specie precedente, A. diaperinus.
La tarma delle pellicce è una piccola
tignola (10 - 14 mm di apertura alare)
che in natura frequenta essenzialmente le tane di mammiferi, i nidi e le
colonie di uccelli, poiché le larve si alimentano per lo più di materiali cheratinosi, non disdegnando però le carcasse di animali morti.
Nel tempo la specie si è adattata a
coabitare negli spazi costruiti dall’uomo, trovando nutrimento sugli indumenti di lana, sulle pellicce e poi su
svariate stoffe. Inoltre, è una nota frequentatrice di musei, dove attacca le
collezioni di pelli, gli animali impagliati, e così via.
Gli adulti possiedono ali anteriori strette e allungate, di color nocciola, con
una fitta marezzatura e due evidenti
macchie scure (una rotonda e una
ellissoidale) al centro; le ali posteriori,
invece, sono uniformemente color
avorio con una frangia molto evidente.
Le larve si proteggono in un astuccio
cilindrico costruito con fili di seta che
inglobano frammenti di lana, peli o
resti di piume, ingrandito di muta in
muta all’aumentare delle dimensioni
corporee. Questi astucci sono particolarmente mimetici e criptici sul substrato frequentato dalle larve, poiché,
nella costruzione, esse impiegano i
resti del pasto abituale: così, se i bruchi stanno cibandosi di lana di color
rosso, anche il loro riparo apparirà
dello stesso colore. Inoltre, gli astucci
servono anche come luogo di impupamento, che avviene sullo stesso
substrato attaccato o in prossimità di
esso.
Il ciclo vitale da uovo ad adulto si
compie in due o tre mesi, secondo le
condizioni di temperatura e umidità; lo
stadio larvale, ad esempio, raggiunge
la durata minima (33 giorni) a 25°C
con il 90% di umidità relativa: parametri che, per fortuna, assai raramen-
Tinea pellionella
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te si verificano in ambiente antropico.
La tarma delle pellicce può prosperare sulla lettiera prodotta dai piccioni
inurbati e, in particolari condizioni,
può penetrare all’interno delle aziende
alimentari. Qui le femmine possono
deporre le uova (una quarantina) su
svariate derrate alimentari, come carne secca, farina di pesce, insaccati,
ecc. A tale proposito, nel recente passato gli autori hanno evidenziato infestazioni di T. pellionella su partite di
stoccafisso (merluzzo seccato) conservate nei reparti pescheria di supermercati del Nord Italia. In quel contesto, non di rado i maschi della tignola
delle pellicce erano finiti nelle trappole collanti innescate con i feromoni di
Plodia interpunctella ed Ephestia
spp.; inoltre, nel corso dell’analisi tassonomica delle catture, individui più
numerosi sono stati trovati sui collanti
delle lampade attiniche collocate sia
nei laboratori della pescheria sia in
prossimità dei banchi vendita.
Il controllo di questo infestante occasionale è piuttosto agevole. Dopo aver
allontanato le derrate colpite, è necessario provvedere ad accurate pulizie
dei locali, con particolare riguardo
agli angoli nascosti dove più facilmente si accumulano detriti alimentari. Gli adulti in volo, infine, possono
essere eliminati con interventi spaziali a base di piretrine.
Niditinea fuscella
(Linnaeus, 1758)
Tineidae
Niditinea fuscella è una tignola di piccole dimensioni (le femmine più grandi raggiungono 17 mm di apertura
alare). Il colore di fondo delle ali anteriori è nocciola chiaro, quasi completamente oscurato da una marezzatura
bruno-nerastra che si addensa a formare alcune macchie nere; tra di
esse, la più evidente è rotondeggiante ed è situata verso l’apice alare. Le
ali posteriori, invece, sono uniformemente di color avorio e munite di una
vistosa frangia.
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accurate), qui ancora una volta disattese, sarebbero state sufficienti a impedire l’ingresso dell’infestante e la sua
proliferazione nei reparti produttivi.
Alessandra Negri, Lorenzo Pizzetti,
Marco Pellecchia
Koiné Consulenze ambientali S.a.s.
Niditinea fuscella
BIBLIOGRAFIA
Al contrario di quanto si potrebbe
immaginare leggendo il nome comune (tarma punteggiata dei panni), in
ambiente antropico questo lepidottero
raramente diviene un infestante dei
tessuti, preferendo derrate come
cereali, crusca, frutta e fiori secchi,
semi in genere, e altri svariati alimenti
essiccati di origine animale o vegetale. In natura N. fuscella viene spesso
trovata nei nidi di uccelli (piccioni,
rondini, passeri), ma la specie è una
presenza ricorrente anche negli allevamenti avicoli; in questi particolari
ambienti le larve si nutrono dei resti
organici prodotti dall’attività degli
uccelli (piume, feci, brandelli di pelle,
avanzi di cibo, carcasse, ecc.). È
recente il ritrovamento di focolai di
infestazione riconducibili a questa
tignola all’interno di alcuni reparti di
un’azienda di prodotti da forno del
Nord Italia. In questo contesto, le larve
di N. fuscella avevano colonizzato
detriti a base di pane in evidente stato di fermentazione che si erano accumulati in zone con elevata umidità e
difficilmente raggiungibili durante le
operazioni di pulizia. Gli adulti venivano attratti dalle lampade attiniche e si
trovavano in gran numero sui collanti:
l’esame tassonomico delle catture ha
facilmente fatto riconoscere l’infestante e localizzato con certezza l’area da
bonificare. Il controllo della tignola
punteggiata è piuttosto agevole e valgono per essa le stesse considerazioni già scritte per T. pellionella.
Ciò che è importante sottolineare è
che le pratiche preventive all’esterno
(allontanamento di una colonia di piccioni) e all’interno dei locali (pulizie
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SETTEMBRE/OTTOBRE 2010
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