50 anni da Kindu - Benvenuto in Manuale di Volo

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50 anni da Kindu - Benvenuto in Manuale di Volo
50 anni da Kindu
Scritto da Franco Di Antonio
Esattamente cinquant'anni fa, tra l’11 ed il 12 novembre 1961, avvenne la prima tragica
esperienza del dopoguerra delle nostre forze armate. Prima di passare alla narrazione dei fatti,
è opportuno, soprattutto per i più giovani, cercare di inquadrare il periodo storico.
L’Italia, reduce dalla seconda guerra mondiale e sottoposta alle severe sanzioni dell’armistizio,
cerca in ogni modo di tornare alla normalità, e il 7 maggio 1947 presenta domanda
d’ammissione alle Nazioni Unite.
A causa dei ripetuti veti dell’Unione Sovietica, il nostro Paese viene finalmente ammesso solo il
14 dicembre 1955, insieme ai paesi satellite dell’Unione Sovietica, grazie alla proposta
presentata dal Canada. All'epoca, l’ONU è retta dal 1953 dallo svedese Dag Hammarskjöld,
che opera talmente bene da essere confermato nel suo mandato.
Il 24 giugno 1960 il Congo dichiara la sua indipendenza dalla forza coloniale del Belgio: viene
eletto presidente della neonata immensa repubblica Joseph Kasavubu, e presidente del
Consiglio dei Ministri Patrice Lumumba, mentre Mobutu Sese Seko è capo di stato maggiore
dell’esercito congolese. Iniziano immediatamente delle azioni di secessione da parte della
regione filo-belga del Katanga (oggi Shaba), guidata da Moïse Tshombe (italianizzato in
Ciombè).
Nel luglio del 1960 le Nazioni Unite decidono per l’intervento, e si mette in campo la missione
ONUC (Operation des Nations Unies au Congo), con la risoluzione numero 143 del Consiglio di
Sicurezza. La guerra fredda influenzerà ulteriormente il contrasto tra le fazioni in campo.
Circa trenta paesi contribuiscono all’invio di quasi ventimila caschi blu. La missione costerà più
di 400 milioni di dollari dell’epoca. Fino a giugno del 1964, fine della missione, cadranno 245
militari e 5 civili.
Da poco ammessa nell'ONU, l'Italia viene chiamata per la prima volta nel dopoguerra a dare il
suo contributo ad una missione delle Nazioni Unite, con il compito di assicurare il trasporto
aereo. Le operazioni iniziano, con la 46^ aerobrigata, il 22 agosto 1960, e termineranno il 19
giugno 1962.
Il 17 gennaio del 1961 Lumumba viene fatto rapire, grazie alla collaborazione del golpista
Mobutu, da Tshombe e assassinato. Il 18 settembre 1961 il Segretario Generale dell’ONU, Dag
Hammarskjöld, tenta di convincere Tshombe a riconciliarsi col governo centrale, però durante il
volo per recarsi a parlare col capo dei secessionisti, trova la morte in un incidente aereo
ababstanza misterioso, causato molto probabilmente da un attentato... è in questo clima che si
verificano i fatti di Kindu.
La Forza Armata in quell’operazione si prodiga oltremodo, lavorando sempre al limite delle
possibilità di uomini e mezzi, e raccogliendo il plauso internazionale. Per la 46^ Aerobrigata,
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l’Operazione Congo, antesignana delle attuali missioni “fuori area” svolte dalle Forze Armate
italiane, proponeva un teatro operativo particolarmente complesso, visto che gli equipaggi
erano costretti a volare per ore senza il supporto delle radioassistenze, con riferimenti
geografici spesso approssimativi e senza adeguate informazioni meteorologiche.
In Congo l’Aeronautica Militare con i suoi Fairchild C-119 Flying Boxcar (ribattezzati in Italia vag
oni volanti
), effettua 2.177 sortite per un totale di 9.165 ore di volo, trasportando 8.100 passeggeri e circa
4.700 tonnellate di materiale. L’Aviazione Militare Italiana perderà 3 velivoli e 21 uomini, un
prezzo altissimo per la sua prima “missione di pace”.
L’11 novembre due aerei, con tredici persone d’equipaggio in tutto, decollano da Leopoldville
per portare rifornimenti ad una guarnigione malese che controlla l’aeroporto di Kindu, in una
zona sconvolta dalle milizie del generale governativo Gizenga, il quale cerca di mettere a ferro
e fuoco la regione secessionista.
Non è previsto che gli aerei si fermino: devono rientrare in giornata giornata, e l'unica sosta
prevista è per scaricare il carico e consumare il rancio. Si è sparsa però la voce che è
imminente un lancio dei temutissimi paracadutisti di Ciombè e le truppe Pakassa, nonostante i
nostri aerei rechino le insegne ONU, si convincono che siano arrivati proprio loro. Sorprendono
gli italiani a mensa del tutto disarmati, li catturano e dopo un linciaggio in piena regola li
finiscono a colpi di mitra. La cittadinanza locale inferocita dalla convinzione che si tratti di
mercenari di Ciombè, vilipende i cadaveri con mutilazioni rituali e ne fa scempio a colpi di
machete.
Soltanto quattro mesi dopo i resti dei martiri della missione di pace saranno recuperati in due
fosse comuni dove furono ricoverati grazie all’impegno di due coraggiosi civili italiani. La
tragedia di quei giorni fu resa ancora più pesante a causa dell’uccisione di un militare volontario
italiano, pochi giorni prima e della perdita di un equipaggio di quattro persone per un incidente
capitato 24 ore dopo ad un altro C-119.
E’ l’11 marzo 1962 quando, in un clima di grande emozione, le salme dei caduti di Kindu
arrivano a Pisa a bordo di un velivolo statunitense con la scorta d’onore di caccia
dell’Aeronautica Militare.
La notizia del brutale massacro dei 13 aviatori colse il Paese di sorpresa. I drammatici
resoconti, le cronache giornalistiche che non risparmiarono i dettagli più raccapriccianti del
massacro, fecero inorridire la Nazione. Il ricordo dell’Eccidio di Kindu è gelosamente custodito
non solo nelle memorie del personale del reparto, ma nel Sacrario eretto grazie al contributo
volontario dei cittadini italiani (organizzato dalla RAI), nel viale d’accesso alla Base Aerea di
Pisa San Giusto.
Da allora in missioni di pace e di assistenza alle popolazioni colpite da calamità naturali sono
caduti numerosi altri uomini della 46^, e la pioggia di medaglie d’oro alla memoria attesta
l’eroico comportamento di questi uomini normali...
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...lo dico con orgoglio, fierezza, dolore e immeritato onore, avendo servito nella
quarantaseiesima: grazie ragazzi!
(12 novembre 2011)
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