Lo sfruttamento criminale del minore

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Lo sfruttamento criminale del minore
La calunnia
di William Wyler
Sinossi
Due amiche, Karen e Martha, appena laureate, incoraggiate da una ricca signora, Amelia Tilford,
fondano una scuola in una casa di campagna nel New England. Giunte sul luogo, le ragazze conoscono il
dottor Joseph Cardin, detto Joe, di cui si invaghiscono entrambe, anche se l’uomo pare fin da subito
prediligere Karen. Inaugurata la scuola, le lezioni si svolgono in un’atmosfera ovattata, disturbata soltanto
dalla molestia inopportuna dell’invadente zia di Martha, Lily Mortar, che funge da insegnante, e dai
capricci viziati di Mary Tilford, nipote della signora che aveva benedetto l’ipotesi della scuola. Una notte,
aspettando Karen, alla quale ha chiesto di sposarlo, Joe si addormenta improvvisamente nella stanza di
Martha. La scena è osservata dalla perfida Mary che utilizza ciò che ha visto per creare un caso che
porterà al fallimento la scuola: informata dalla nipote, Amelia Tilford ritira la nipote e fa in modo che i
genitori delle altre bambine facciano altrettanto, lasciando la scuola priva di allieve. Nell’inevitabile
processo che segue lo scandalo, Karen, Joe e Martha provano a difendersi dalla calunnia. Purtroppo l’esito
dell’udienza è negativo e, per di più, spinge Karen a dubitare dei sentimenti di Joe e quest’ultimo a
trasferirsi a Vienna. Sarà Martha, dopo aver parlato con Rosalie, una compagna di Mary da lei plagiata per
testimoniare a suo favore, a riportare in alto l’onore suo e dei suoi due amici, smascherando il
comportamento di Mary di fronte alla signora Tilford. Quest’ultima rimarrà sola con il rimorso di aver
causato la chiusura della scuola, mentre finalmente Karen potrà raggiungere Joe a Vienna per coronare la
storia d’amore senza che nessuna ombra più la turbi.
Presentazione critica
Introduzione al film
Un artigiano dell’immagine
William Wyler, tedesco di nascita e americano di adozione quanto di professione, è sempre stato un
regista dai grandi risultati commerciali, ma dalla discutibile considerazione critica, sulla quale ha sempre
pesato l’idea che il regista non fosse un autore a tutto tondo, ma solo un abile artigiano capace di narrare
storie spesso tratte da soggetti preesistenti (drammi, romanzi), ma di non caratterizzare i suoi racconti di
quella riconoscibilità che contraddistingue l’opera di un maestro. A prescindere dalle sentenze – anche se
non unanimi – della pubblicistica specializzata, ciò che rimane di Wyler nella storia del cinema è una
grande cura per l’immagine e per gli aspetti tecnici del film: notevole appare, infatti, l’attenzione alla
disposizione scenografica e ai tagli delle inquadrature, che, insieme alle condizioni di luce e alla
profondità di campo predisposte dal grande direttore della fotografia Gregg Toland (che diventerà ancora
più famoso quando inizierà a lavorare con Orson Welles), ne hanno fatto l’aspetto distintivo di un cinema
considerato hollywoodiano nel senso pregnante del termine. Grande attenzione alla forza della storia
narrata, quindi, ed esemplare regolarità nella messa in scena, condotta con estrema concentrazione sulla
leggibilità di ogni singola scena, tassello di una narrazione che si evolve in base allo sviluppo di più unità
realizzate in modo altrettanto disciplinato. Nel corso della sua lunga carriera, Wyler ha affrontato molti
generi diversi, tutti con la stessa costanza rappresentativa, non risentendo assolutamente del mutamento
di consuetudini o tonalità: dopo l’apprendistato alla Universal in cui, prima degli anni Trenta, realizzò una
lunga serie di brevi film western dalle ambizioni modeste, il regista ha dimostrato le sue capacità in
differenti campi, dal melodramma (La figlia del vento, 1938; La voce nella tempesta, 1939) alla commedia
(Vacanze romane, 1953), dal western di maggiori ambizioni (il lungo e vigoroso Il grande paese, 1958) al
dramma di impianto civile (I migliori anni della nostra vita, 1946, sul reinserimento dei reduci dal conflitto
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La calunnia – scheda critica
bellico), passando anche per il film in costume (è suo il kolossal Ben Hur, 1959). La calunnia, di cui lo
stesso Wyler ha realizzato un remake nel 1962 dal titolo Quelle due, appartiene al periodo più fecondo del
regista, il quale, tuttavia, ebbe problemi con la censura, perché il testo originale di Lillian Hellman
adombrava un velato legame omosessuale tra le due amiche che nel film è completamente cancellato a
favore dell’oscurità che cala sull’amore eterosessuale, più consono ai tempi in cui il film fece la sua
comparsa.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
La doppia natura dell’infanzia
«La calunnia è un venticello…», cantava eufemisticamente il maligno don Basilio ne Il barbiere di
Siviglia di Rossini preannunciando i suoi atti contro il conte Almaviva. La calunnia del film di William
Wyler, invece, è un vento sferzante e rovinoso che si abbatte con inaudita violenza su due oneste ragazze
fondatrici di una scuola femminile nel New England in base ad un equivoco letto deliberatamente con
inaudita malignità da una perfida e viziata ragazzina (l’attrice che interpretò Mary, Bonita Granville,
ottenne per la sua isterica interpretazione una nomination all’Oscar 1937). Mary, mostrata spesso
attraverso primi piani che ne ingigantiscono la grinta mefistofelica di autentica operatrice del caos
(soprattutto nelle reazioni verso le insegnanti quando è sbugiardata per la sua falsità e nei confronti delle
compagne quando inarca arcignamente le sopracciglia per minacciare violente azioni repressive),
rappresenta la personificazione narrativa della ragazza di buona famiglia viziata, sempre pronta a fare ciò
che desidera in funzione di un chiaro e vantaggioso tornaconto finale. Già dalla sua comparsa,
nell’automobile della nonna Amelia Tilford, la fanciulla mostra il suo carattere estremamente fastidioso e
capriccioso obiettando a quelle che sono le decisioni della signora Tilford. Il carattere spigoloso e
dichiaratamente ipocrita di Mary è poi ribadito più volte prima della sua accusa alla morale delle due
insegnanti e del conseguente ricatto verso la più debole ed indifesa compagna Rosalie: in un’occasione, in
classe, è smascherata da Martha, mentre finge propria una perfetta traduzione copiata in un testo di uno
studioso, in un’altra evenienza, è Karen a svelare la sua falsa generosità nel donare un mazzo di fiori
(raccolti dai rifiuti) con cui intende farsi perdonare il gratuito ritardo alle lezioni di Lily Mortar, zia di
Martha. In entrambi i casi è messo in rilevo come non sia la furbizia di Mary ad emergere nei confronti
delle due giovani insegnanti (l'una e l'altra, infatti, mettono a nudo la sua falsità mostrandosi accorte e
scaltre), bensì la perversità di una ragazza abituata a creare il disordine come condizione privilegiata per
far emergere la sua personalità prepotente e malvagia. Gli atti condotti da Mary, infatti, le sue parole, le
sue gratuite accuse e gli attacchi proditorii nei confronti di insegnanti e compagne soltanto
superficialmente possono essere considerati delle azioni difensive per non incorrere nelle loro
reprimende, in realtà sono disposizioni gratuite condotte attraverso una glaciale cattiveria con la
deliberata intenzione di nuocere al prossimo. E così lo schiaffo secco che la cameriera della signora
Tilford, Agatha, vibra all’indirizzo della ragazza, poco prima di relegarla nella sua stanza in segno di
punizione, assume la duplice valenza di sanzione per la colpa commessa e umiliazione indotta da una
sottoposta all’alterigia con cui Mary ha sempre ambito differenziarsi.
L’infanzia si riscatta, almeno parzialmente, con la figura di Rosalie, bugiarda per costrizione, vessata
per carattere, pentita per integrità. Nel corso del processo, obbligata a testimoniare il falso dal ricatto di
Mary (che l’accusa di aver rubato un bracciale ad una loro compagna e la minaccia di farla arrestare),
Rosalie mette suo malgrado alle strette le due insegnanti costringendole alla resa e alla chiusura della
scuola. In un secondo momento prova a redimersi (dopo un’altra minaccia, quella di Martha) andando a
raccontare la sua verità, per troppo tempo rimasta occultata, alla madre. Forse non un vero processo
catartico, ma almeno il segno che – se si seguono buoni consigli – si possono compiere azioni che non
costringono a mettere all’angolo la propria coscienza.
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La calunnia – scheda critica
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Insieme al suo remake, datato 1962 e intitolato Quelle due, in cui diventa più esplicita la velata
componente omosessuale completamente espunta da questa versione, La calunnia rappresenta uno studio
accurato della psicologia infantile in relazione al sovvertimento di quelle che sono le credenze e i luoghi
comuni sulla sua presunta purezza ed ingenuità. Il film di Wyler diventa di estrema importanza, di
conseguenza, nel caso si voglia portare avanti l’analisi delle modalità di rappresentazione dei minori e si
vogliano evidenziare le false generalizzazioni presenti in molte narrazioni (letterarie, teatrali o
cinematografiche che siano).
Giampiero Frasca
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