Il maiale, amico dell`uomo

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Il maiale, amico dell'uomo
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IL MAIALE
Tessitura
SUS DOMESTICUS.
Mammifero non ruminante
Latte e formaggio
Baco da seta
Alla nascita pesa da 0,7 a 2 kg. Adulto può arrivare a kg.180.
Dimensioni massime: alto mt. 1 - lungo mt. 2.
Può vivere da 10 a 12 anni.
E' allevato per la carne (fresca o lavorata e conservata).
Le razze più diffuse: Large, Wite, Landrace, Durse.
E' onnivoro; mangia di tutto; grufola per terra in cerca di radici,
vermi, insetti, lumache.
La femmina (scrofa) accoppiatasi con il maschio (verro) può
partorire due tre volte l'anno; la gravidanza dura 114 giorni: ad
ogni parto nascono da 6 a 14 maialini che vengono svezzati in
genere all'età di due tre mesi (lattonzoli).
Dopo lo svezzamento i suinetti vengono castrati (magroni) e
comincia l'alimentazione da ingrasso.
Raggiunto il peso di 100/120 Kg. il maiale è pronto per la
macellazione.
CURIOSITA'
Canapa
Grano e pane
Maiale
Granoturco
-Fino a qualche millennio fa il maiale era
un animale selvatico ed era più piccolo e
più scuro di quello odierno.
-Circa 5000 anni fa il maiale cominciò a
farsi catturare dagli uomini e cominciò la
sua domesticazione, diventando una
comoda provvista di carne, essendo molto
semplice e pratico il modo di alimentarlo.
-Nel Medioevo non era raro vederlo per le
vie a fare le veci degli spazzini.
-Del maiale non si butta via niente. Dalla
pelle si ricavano guanti, scarpe, ecc... Con
le setole si fanno spazzole e pennelli, con le
ossa si produce una colla speciale.
In Romagna il maiale veniva allevato nello stalletto o "porcile":
questo non era altro che una piccola e bassa costruzione di pietra,
talvolta fatta di paglia e canne con serraglio all'aperto, vicino al
pollaio, al limitare del cortile.
Il maiale rappresentava un riferimento vitale per la sopravvivenza
e l'economia della famiglia contadina.
Di solito se ne allevava uno per il padrone
del fondo, uno per la famiglia e un terzo per
venderlo.
Molto curata era l'alimentazione del maiale:
raccolta e utilizzo di tanti prodotti
ortofrutticoli, patate, mele, barbabietole,
resti di mensa, avanzi di cucina,
sottoprodotti della molitura cerealicola,
come la crusca, la farina di mais.
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Il tutto una volta o due la settimana veniva trinciato, sminuzzato e
cotto in un grande paiolo di ferro: il pastone detto anche "broda"
veniva servito al maiale un paio di volte al giorno dalla "azdora" e
trangugiato rumorosamente.
Lo stalletto e la specifica buca del letame si facevano sentire per i
loro caratteristici odori anche se quotidianamente il porcile veniva
ripulito e ricoperto di paglia al fine di asciugare il ruvido pavimento
e impedire rovinosi scivoloni per il suino.
Accudire il suino rappresentava un
impegno totale per tutti i giorni dell'anno,
ovviamente anche quelli festivi, senza che
l' "azdora" potesse allontanarsi mai da
casa se non per poche ore.
In Romagna il periodo canonico della uccisione e della pressoché
immediata concia delle carni del maiale, cade con la ricorrenza di
S. Andrea (30 novembre), il periodo finisce, ma non sempre
vengono rispettati gli andamenti stagionali, per S. Antonio Abate
(17 gennaio) protettore sacro degli animali domestici, della stalla,
del cortile; ma è considerato protettore, in particolare, del maiale
tanto da essere conosciuto come "S'Antonio del porco" e nella
iconografia popolare viene raffigurato con accanto un maialino.
L'immaginetta veniva normalmente fissata sulla porta del porcile.
La fase lunare era considerata molto
importante per la macellazione del maiale
(fase di luna calante e luna nuova) così
come veniva rispettato il detto secondo
cui: "se quand t'mez e' porc la dona l'ha e'
su mes, mandla a spass par e' paes" (se
quando uccidi il maiale la donna di casa ha
le mestruazioni mandala a spasso per il
paese).
Quel giorno non si poteva fare né il pane né la pasta, per timore
che la carne potesse lievitare e deperire in breve tempo.
Quando si uccideva il maiale nella casa contadina c'era aria di
festa, ma anche emozione, specialmente per i bambini; per
qualcuno era come se se ne andasse un amico. Il più triste di tutti
era il povero maiale che sembrava avvertire la fine imminente.
Un membro anziano della famiglia si
incaricava della uccisione del maiale e della
concia delle carni oppure veniva chiamato
"e' lardaròl" uno specialista che in quel
periodo dell'anno andava di casa in casa per
uccidere il maiale e conciarne le carni. Lui
dirigeva i lavori e le persone della casa lo
aiutavano.
Nel giorno fissato, le donne sull'aia facevano bollire dell'acqua in
una grossa caldaia; gli uomini, intanto, preparavano il traliccio di
pali al quale avrebbero appeso il corpo del maiale ucciso affinché
potesse essere squartato più agevolmente.
Dal porcile veniva condotto fuori con forza il maiale, portato vicino
al traliccio dove veniva ucciso con un lungo e acuminato coltello
che il macellaio gli piantava nel cuore o nella gola.
Intanto una donna era pronta con un tegame e raccogliere il
sangue che sgorgava dalla ferita dell'animale, per farne poi una
pietanza: "il migliaccio".
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Quando il corpo del maiale appariva
completamente dissanguato veniva
deposto su un fianco, sopra un piano di
assito per essere pelato. Si versava sul
corpo l'acqua bollente e raschiando con un
coltello a lama larga si asportavano le
setole, ripetendo l'operazione anche
sull'altro fianco, facendo attenzione a non
pelare le ultime vertebre della coda, che
venivano recise e gettate sul tetto del
porcile per propiziare la presenza futura di
un altro maiale.
Infine si asportavano gli unghioli, la lingua e la laringe. A questo
punto il corpo del maiale veniva appeso per le zampe posteriori al
traliccio.
Ora lo si apriva con un coltello tagliente
procedendo alla asportazione dei vari
organi: la vescica che ripulita e gonfiata
sarebbe servita per contenere il grasso del
maiale, tutte le interiora. Quindi il
macellaio spaccava con l'accetta il maiale in
due parti che, lavate e staccate dal traliccio,
venivano appese in casa per un giorno o
due. Intanto si rivoltavano, si lavavano e si
salavano le budella che sarebbero servite
per contenere la carne macinata.
Il giorno successivo o l'altro avveniva la selezione delle carni
secondo il tipo di commestibile da farsi, con l'intervento e la guida
del macellaio (norcino).
Il grasso (strutto) liquefatto sul fuoco e
messo nella vescica veniva raffreddato e
messo in cantina mentre i suoi residui
venivano schiacciati con una morsa per
ottenere i ciccioli (grasul).
Si preparavano i prosciutti, la pancetta che, tenuti per quaranta
giorni sotto sale, venivano successivamente appesi in cantina a
una trave; si macinava la carne precedentemente selezionata e la
si insaccava nelle budella preventivamente lavate per preparare le
salsicce, i salami, i cotechini, le coppe, i lombetti che venivano
appesi in cucina a stagionare e successivamente posti sotto cenere
per essere conservati.
Si confezionava il musetto (copa d'testa) facendo bollire in un
pentolone tutte le ossa dalle quali si staccavano i residui di carne
che, bolliti, macinati, conditi, venivano insaccati per essere, poi,
affettati e consumati.
Ricerca curata dall'Associazione culturale La Grama
via della Resistenza, 12
48026 San Pancrazio - RA
Tel. 0544 535033
Fotografie realizzate da Carlo Guberti
e dal Gruppo Audiovideo Pro Loco Russi
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