rac - racconti a colori

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rac - racconti a colori
cianopenspace.com
Prima Edizione: dicembre 2014
© cianopenspace.com 2014 Questo libro è dedicato a tutti i miei amici, a cui devo le pagine più belle della mia vita,
quando non la vita stessa.
Argento
Cinzia Del Bue legge Argento Accaddero cose assai strane nella Clinica del Dr. Pollack.
Il Dottor Pollack aveva rinchiuso nelle microstanze del suo asettico castello,
centinaia di esseri minori affetti da una anomala mutazione encodemica che li rendeva
sempre più debilitati e inabili a compiere le loro quotidiane attività.
Assieme alla sua equipe composta di audaci sperimentatori, cominciò a mettere a punto
un cocktail chimico, che secondo i suoi calcoli avrebbe presto restituito agli esseri minori la
loro piena integrità.
Cominciarono così a somministrare alle piccole cavie dosi sempre più elevate di preparati
chimici avanzatissimi ma ancora in fase sperimentale.
In particolare vi era un composto denominato kemikortizer , che a loro avviso poteva fare
miracoli.
Erano esseri dotti e superiori, avevano grande esperienza ed erano assai pieni di se', al
contrario di quei minuscoli pazienti, che si sentivano persi, ogni giorno il loro grido di
dolore pareva inascoltato.
Va precisato che gli esseri superiori si dividevano in medicon e parental, i primi avevano
funzione di cura del protocollo chimico, i secondi erano i tutorial del progetto indottrinale
supremo.
Gli E.M. 59/61, questo il loro nome in codice, venivano sistemati in singole e sterili
microstanze bianchissime, tenuti in vita anche grazie a possenti respiratori artificiali pronti
a soccorrere all'evenienza una eventuale crisi respiratoria.
Dopo un lungo lavoro in laboratorio i medicon erano riusciti a sintetizzare il Kemikortizer,
era giunto il momento di somministrarlo agli esseri minori per testarne l'effetto.
Cominciarono così ad iniettarlo a tutti i soggetti in cura, le dosi iniziali erano già
elevatissime.
Gli E.M. 59/61 sembrarono da subito reagire correttamente alla somministrazione chimica,
in una seconda fase però cominciarono ad intervenire effetti non previsti...
Gran parte degli esseri minori cominciò progressivamente una mutazione, iniziarono a
perdere frammenti di tessuto cutaneo, a divenire deformi gonfiandosi a dismisura e a
riempirsi di pustole evidenti e dolorose su lingua, petto e braccia.
Gli vennero apposti anche infusori meccanici di endokarina, inseriti in sotto cutanea per
via venosa. Improvvisamente, nelle sere successive, si spensero una decina di E.M., i partental si
scagliarono contro i medicon con veemenza.
Nei giorni successivi gli esseri minori che resistettero cominciarono lentamente a
migliorare.
La ritrovata energia convinse k7, uno tra i più irrequieti degli E.M. a prendere l'iniziativa,
forzando la porta della sua micro camera ed eludendo la sorveglianza, grazie anche
all'aiuto di un parental e di un medicon, riuscì ad uscire, dirigendosi poi verso le stanze
degli altri piccoli compagni per liberarli. A sua insaputa, in un'altra ala del castello, k24 era riuscito nella stessa operazione.
Nel giro di poche ore i minori erano tutti liberi e, trascinandosi dietro gli infusori, si
diressero in gruppo verso i medicon e li raggiunsero nella loro sala riunioni.
gli E.M. 59/61 erano 90 contro i 10 dell'equipe, i parental erano confinati in una terza ala e
non si resero conto di ciò che stava avvenendo.
90 esseri glabri, sanguinolenti, tumefatti, arrabbiati ed affamati, misero all'angolo i medicon
e cominciarono a dettare le loro condizioni:
Camerate collettive, sale ricreative, e il permesso di intonare a squarciagola rime
sconcissime!
i medicon esitarono, ma i parental, nel frattempo sopraggiunti sembravano possibilisti.
Dopo un breve conciliabolo, sotto lo sguardo aggressivo e minaccioso degli E.M. 59/61, il il Dr. Pollack, il più saggio nonché direttore, prese la parole ed esclamò: "va bene!"
Accolsero tutte le richieste, a patto di continuare il protocollo di cura.
"ah un ultima cosa!" intervenne d'improvviso k7, "vorremmo anche dei nomi normali, che
ne dite?"
Da allora le cure cominciarono a fare il loro effetto, i protocolli vennero migliorati, così
come la convivenza nel castello. La gran parte degli E.M. 59/61 si salvò e oggi, Alex (k24), Dave (k7) e tutti gli altri stanno
vivendo il loro tempo portando a tutti il loro esempio.
Senza quel protocollo non ce l'avrebbero mai fatta, ma senza l'insegnamento degli E.M.
59/61 non si sarebbero cancellate le inutili sofferenze, i composti chimici non avrebbero di
certo funzionato con egual efficacia, la mutazione non sarebbe regredita.
Ora vi lascio, che qui alla clinica stanno per cominciare i tornei di biliardino, nascondino e
play station tra minori e medicon, con i partental che fanno i giudici...
Avrò cura di tenervi informati sul risultato, la partita non è ancora finita... Ma ora c'è gioco
di squadra.
Io sono Lou (k6).
Rosso
Una sera me ne stavo a sedere sul letto della mia stanza nel mio appartamento, in pieno
centro. Era un momento importante della mia vita; dovevo prendere una decisione.
Convivenza o libertà totale e assoluta?
Immaginavo che Patty attendesse con ansia la mia risposta, e tutto sommato il pensiero
che lei fosse in tirella per me non mi dispiaceva.
Sapevo però anche che non avrebbe accettato una mia risposta negativa, e che l'avrei
persa.
Pensai che una scelta del genere non andava fatta in fretta…
Quanto avevo lottato per fuggire dai miei e dalla provincia, per vivere in città e sentirmi
finalmente libero, non capivo se difendere ad oltranza questa scelta fosse infantile oppure
decisamente saggio.
Avvertivo il pericolo, essere di nuovo in gabbia, di nuovo condividere spazi e intimità.
D’accordo, si parlava di un‘intimità di certo anche piacevole, Patty mi piaceva molto, ma la
parte migliore l’avevo già, senza tutte le scocciature del dopo e del prima!
E poi, cosa provavo veramente per Patty, e di fronte alla scelta tra amare lei o la mia
libertà avrei saputo scegliere?
Erano oramai passati otto anni da quando Massimo si era trasferito in città, la prima
grande svolta della sua vita, e due da quando si era messo con Patrizia, (o, come diceva
lei, che lo aveva scelto, si sa, che sono sempre le donne a scegliere...) insomma, i tempi
sembravano maturi per dare una svolta alla loro vita.
Oltre a lavorare in un supermercato del mio quartiere , ancora suonavo il basso, un Cimar
imitazione Fender Precision comprato usato, nei Quadrophenia Jam.
Frequentavo regolarmente i centri sociali, dove spesso suonavamo, di certo il timore di
ridurre la mia attività musicale e le mie frequentazioni condizionava la mia scelta, anche
perché Patty non frequentava gli stessi posti o la stessa gente.
Si conobbero nel Discount dove Massimo lavorava, nel tardo pomeriggio quasi all'ora di
chiusura... lui stava sistemando sugli scaffali alcune lattine di pelati, inavvertitamente si
tagliò e cacciò un urlo, seguito a ruota da un nome gridato invano... Questo attirò
l'attenzione di Patrizia che essendo infermiera fu guidata dall'istinto e recuperata la
cassetta di pronto soccorso lo medicò, presentandosi a Lui, che la ringraziò...
Parlammo a lungo, o meglio, lei parlava e io ascoltavo e guardavo, incantato, i suoi occhi,
la sua bocca, le sue… La guardai tutta, insomma… Quando fu oramai passata una
mezz'ora, la riaccompagnai alla macchina, la ringraziai di nuovo per le sue premure e,
baciandoci, ci salutammo.
Il mattino dopo presi il primo autobus utile per tornare nella mia provincia, ero seduto
vicino al finestrino, pioveva fortissimo, il finestrino appannato dal mio fiato, e intanto
ascoltavo gli Smiths… Per lui non esisteva situazione più dolce e struggente.
Please please please let me get what i want - The Smiths
... e pensai a Patty.
Dovevo recuperare delle cose che erano rimaste a casa dei miei vecchi, non mi trattenni
molto, entro il pomeriggio dovevo essere di nuovo in città per andare al lavoro e la sera
avrei dovuto incontrare i miei amici.
Anno Uno
Il lavoro - anno uno
svegliarsi alle cinque, indossare un camice, caricare e scaricare casse di alimenti imballati,
col muletto, inventariare, immagazzinare, poi di corsa in corsia.
Si sentiva un operaio a tutti gli effetti, come lo era sua mamma prima di andare in
pensione, ma il suo sindacato sembrava non accorgersene, la loro priorità sembrava
essere difendere i metalmeccanici o il pubblico impiego, in blocco, parando il culo ai
fannulloni e fottendosene di ragazzi negli iper o nei call center. Sarà vero che molti iscritti
al sindacato votano lega, ma è vero anche che alcuni nostri dirigenti sono, più che
funzionari, funzionali a un regime decadente come il nostro...
Abitavo poco distante e mi piaceva attraversare la città a piedi, adoravo passeggiare ogni
mattina per le strade di città per andare al lavoro, e sentirmi un vero dandy di città.
Il profumo del forno sotto casa che si mischia col puzzo di smog, un filo di nebbia che ti
entra nelle ossa e nel frattempo si fa giorno, e tanti di quei rumori che mi divertivo a
canticchiarci sopra come fosse la base di un pezzo hip-hip.
Appena imboccavo il viale principale, cominciavano i portici e vedevi un intera città che si
svegliava assieme a te, non mi sono mai sentito solo qui, mi sentivo dentro un grande
abbraccio collettivo.
E col tempo imparai a segnare i punti fermi del mio percorso, il primo caffè al bar dei
cinesi, il ragazzo all'imbocco dei portici che ti rifila la free press, i primi tempi me ne
liberavo dopo due metri al primo cestino, ma poi imparai ad apprezzare l'essenzialità di un
giornale composto di sole e asciutte agenzie, un sacco di notizie in più e di pappole in
meno.
Discount di zona, la mia seconda casa, tra prodotti, casalinghe frustrate, piacioni di
periferia ed extracomunitari...
Ogni mattina si rivelava un mondo variopinto dietro quella serranda, un capannone di latta
si popolava ogni giorno di vita pulsante, vera e povera, in tutti i sensi, carne viva in
scatola..
Oggi è un mondo proletario in Technicolor!
Uno spettacolo multisensoriale, visivo, sonoro, ma pure (e parecchio) olfattivo, e quante
volte mi perdevo a fantasticare di un'avventura multirazziale con Damla (già nel nome un
auspicio?), una splendida ragazza turca che veniva sempre sola a fare la spesa...
La felicità non ha prezzo, e mica sempre vero, e quando passavo tra gli scaffali per
etichettare i prodotti e mi imbattevo in Damla, chinata mentre sceglieva una passata di
pomodoro, che alzava la testa e mi sorrideva, beh, se non era felicità, somigliava bene.
Non è poi un caso che il mio ricordo di Damla sia così lucido, non è che transitassero orde
di gnocche, tra i cartoni umidi e abbandonati nelle corsie.
Tutto questo prima che Patrizia si materializzasse, in quel tardo pomeriggio di marzo, ai
suoi occhi. Rimase comunque intatta la sua grande passione per il suo lavoro e,
soprattutto per i “suoi” clienti...
A volte mi soffermavo a fissare le file alle casse, che spettacolo!
Ecco la classifica dei cinque clienti più “inculenti”:
5. il segretario di quartiere del club azzurro di Forza Italia. Secondo me, l'avesse saputo il capo nano che faceva spesa in un discount come il
nostro, lo licenziava in tronco, lui non era così insopportabile ma dato il ruolo lo
detestavo in partenza.
4. Quello che guardava il giornaletto porno come se fosse il Corriere della Sera ma
che se gli dicevi qualcosa negava, e scappava dall'uscita d'emergenza. Ma era poi uno solo?...
3. l'innamorato della cassiera bona, Elena, che poi non era tutto quel granché, ma
lui ne andava matto e se anche l'altra cassa era libera lui si faceva la fila per esser
servito da lei e per donarle, ogni volta, un mazzo di fiori, un libro, un rossetto, un
pensiero... Lei, con gentilezza rifiutava sempre, ma dietro di lui partivano, spintoni,
sputi, insulti: “ooooh Valentino... e muoviti! Seguito da una serie di fantasiose
bestemmie che non sto qui a riportare... La gente si era “spazientita”...
2. il rappresentante sindacale della Uil (Unione Insignificanti Lavoratori), che voleva
far spesa gratis! Entrava, pontificava sulle tecniche commerciali, parlava come
fosse un esperto poi partiva: “ce l'abbiamo una pasta buona?, ce l'abbiamo un
detersivo efficace?”... Ma come ce l'abbiamo? Ma chi cazzo sei tu?... Ce l'abbiamo
un sindacalista cretino? Sì, quello c'era!
1. La Signora calabrese, sarà stata 180 kg, che con linguaggio sincopato urlava
ogni volta la sua disperazione perché non riusciva a passare nello spazio della
cassa per pagare: “Cortesementeeeeeeeeeeee!!!”. Maledetta se cambiava supermercato. ogni volta si incastrava e dovevamo
impegnarci per buttarla fuori!
Gli amici - anno uno
Alle 10 di quella sera eravamo tutti riuniti dentro “La Frontiera”, il nostro abituale punto di
ritrovo, fatto di alcol e di riflessione.
Davanti a un buon vino parlavo coi miei amici di Patty, dello strano incontro, del seguito,
del colpo di fulmine. Claudio intervenne per primo: “sì, sì, ma l’hai scopata almeno?”, Hog,
più concreto: “ma state già insieme?”, Stecco: “non è che ti fai infinocchiare un’altra volta
eh?” subito appoggiato con esplicita espressione di approvazione da Terno.
Al mio rientro a casa ne parlai anche a Big. Big vive e lavora in un'altra città, quindi non ci
si vede granché, ma spesso la sera si chiacchiera tramite il PC lui era molto contento per
me, pensava che avessi bisogno di quella storia e pensava che la meritassi, ero d’accordo
con lui.
L’interrogativo sollevato da Hog non era di certo risolto, fino a che punto potevamo
considerarci già una coppia, servivano di certo altre conferme. Un'ora e dieci. Il tempo che l’aspettai sotto casa sua per uscirci, la sera successiva, mi
sembrò un sufficiente segnale di conferma del nostro rapporto. Andammo alla “Taverna di
Mario” dove tranquilli si può chiacchierare in intimità. Non ebbi il problema di trovare
argomenti per la conversazione perché venni inondato da un fiume in piena!
Cazzo quanto parla questa, fu la prima cosa che pensai, ma c’era qualcosa che la
rendeva irresistibile ai miei occhi...
La delicatezza dei suoi gesti, contrapposta ai 200 WATT CON SUBWOOFER DI
POTENZA DELLA SUA VOCE, mi stordì da subito. Gioco, partita, incontro!
Noi - anno uno
Massimo non era certo un latin lover, e prima di Patrizia aveva avuto solo un'altra storia
seria e una prima volta di quelle che non si scorderanno proprio mai.
Fu un'amica della zia a iniziarlo alle gioie del sesso, lui aveva 19 anni da pochi giorni, lei
43, lui era una frana, lei se lo lavorò a dovere, con la scusa che le ricordava il suo povero
marito, morto da pochi anni.
Carla era una donna ancora piacente, con la sua permanente bionda, i fianchi abbondanti,
il seno piccolo. Carla era ninfomane.
Quel pomeriggio estivo in cui Massimo accettò uno dei "caldi" inviti dell'amica di zia, lui
non fece in tempo ad entrare in casa che lei glielo aveva già preso in bocca e poi,
afferrandolo per il "manico" lo trascinò sul suo letto invitandolo a sodomizzarla
ripetutamente. Urlava, si dimenava, faceva sbattere con violenza la testiera del letto in legno, che tutto il
condominio sentisse quanto godeva. Alla quarta richiesta consecutiva Massimo, ormai svuotato di ogni energia, si riallacciò
velocemente i jeans e scappò.
Quella situazione non si ripeté più.
Solo un'altra volta Massimo si presentò alla sua porta, spinto dagli ormoni e da quella
situazione tanto più simile a uno di quei squallidi film porno amatoriali di cui si nutrì nella
sua adolescenza, che non ad un'avventura, ma arrivato al pianerottolo del terzo piano di
quel condominio ci ripensò e se ne torno a casa.
Massimo rimase traumatizzato da quell'iniziazione ”strappata” con la forza e agevolata
dalla fame d'esperienza e fu grazie a Catia che la superò.
Si conobbero al loro paese, si conoscevano da tempo, ma mai i loro sguardi si erano
incrociati con quel mix di ardori e timidezze tipici di chi si attrae.
Un giorno questo avvenne, si incrociarono mentre facevano jogging e da quel momento
cominciò il loro percorso comune, che sarebbe proseguito, tra ostacoli vari, per due anni
circa.
Fu Massimo a lasciarla, forse perché amava troppo la sua indipendenza, e probabilmente
perché Catia lo conosceva assai bene e ne sottolineava spesso i più evidenti difetti...
Ma era proprio questo continuo sottolineare solo ogni suo difetto, vero o presunto, a fargli
credere che non ci fosse vera passione in quella storia. Per quanto, Catia e Massimo passarono bei momenti insieme.
In particolare un Natale, tra regali e coccole, forse il momento più intimo e caldo della loro
storia.
Entrambi serbavano un buon ricordo di quel periodo, dolce retrogusto maturato col tempo,
e ogni tanto ancora si sentivano via sms.
Cominciai a vedere Patty, turni permettendo, in modo regolare, serate alterne, telefonate e
messaggi frequenti, reciproche passioni rispettate anche se tenute a distanza dall'altro...
Ma soprattutto c'era qualcosa che fino a quel momento non avevo mai sentito così forte,
tutta una roba che chiamarla amore forse era un po' troppo, ma era qualcosa che faceva
proprio stare bene!
Sentivo che anche per Patty era qualcosa di simile.
Conobbi la famiglia di Patty in un'occasione un poco particolare... Il Funerale dello Zio
Carlo.
Fugaci strette di mano, rapidi scambi di sguardi poi... Il silenzio.
In prima fila le donne anziane di famiglia, inginocchiate, che stritolavano il rosario.
A fianco i figli, la moglie, i nipoti scocciati, i genitori di Patty.
In terza fila noi, con tutta la cugineria, silenziosa o che farfugliava preghiere.
La chiesa era gremita, Zio Carlo era persona conosciuta e stimata, il prete stava per
prendere la parola quando... Squilla un cellulare!
Ci provo, giuro ci ho provato, non farlo, non farlo, non farlo ma... Scoppiai a ridere, quando
mi resi conto che il cellulare suonava da dentro la bara!!! Lo aveva perso uno dei ragazzi
delle pompe funebri, mentre sistemava lo zio... Patty mi fulminò, stavo rischiando la vita...
Ma fui salvato dal fatto che la risata contagiò irrimediabilmente mezza chiesa, il prete
stesso trattenne a stento un sorriso...
Recuperato il cellulare la cerimonia riprese regolarmente e io potei tirare un sospiro di
sollievo, però non mi ero mai divertito tanto a un funerale.
Patrizia gli confidò poi che Zio Carlo era benvoluto proprio per il suo carattere scherzoso e
guascone, per questo a molti sembrò proprio un suo scherzo e un bel modo per salutarlo,
con una grassa risata.
La musica - anno uno
La mia umile dimora era un rifugio ideale per un aspirante musicista, i miei vicini erano
due vecchi signori entrambi sordi, potevo strimpellare il mio basso a piacimento. Io
suonavo oramai da 20 anni e con il mio arrivo in città avevo trovato nuovi stimoli, nuovi
amici con cui suonare e tanti locali da bazzicare, cosa si poteva volere di più? All’inizio ero un poco spaesato, ma il fatto che altri due dei Quadrophenia Jam mi
avessero seguito, trasferendosi pure loro fu di grande aiuto, il resto lo fece la musica,
comune passione in quei luoghi.
Cartoni da uova alle pareti e finestrini dai quali potevamo intravedere i piedi dei passanti,
cassette di acqua e vino vuote su cui erano poggiati il mio cubo Montarbo e il valvolare
con testata di Chuck. Una vecchia batteria, un vecchio mixer e 2 microfoni rubati alla
scuola di musica del mio paese. Tanto bastava a me, Chuck, Bluto e Jon, per credere di
essere una vera band. Dio, underground lo eravamo visto che suonavamo in uno
scantinato... Sotto l'appartamento del nonno (sordo pure lui!) di un'amica. Prove fissate ogni domenica, tra le 15 e le 19. Patty non si entusiasmava granché per le mie performance, ogni volta che suonavo lei se
ne usciva con una scusa che aveva già un impegno, staccava tardi, era stanca, insomma,
mi avrà visto suonare due volte da quando ci siamo messi insieme… E questa cosa mi fa
incazzare da matti, che vorrei tanto coinvolgerla in questa mia passione.
Ricordo ancora benissimo la nostra prima esibizione di quell'anno in città, al CAN! Circolo Arci Noto, minuscolo e caldissimo, in tutti i sensi. Era aprile.
Il palco era una pecca di cemento alta 3 cm, cominciammo alla grande e io, preso
dall’entusiasmo mi gettai tra il pubblico con un salto alla Fosbury… Era il secondo
pezzo… Chiamarono un’ambulanza, concerto finito, 10 giorni di prognosi, avevo salvato il
basso, ma non le mie parti basse, mi sentii le palle in gola! Neanche si trattasse di un romanzo, fu Patty a prendersi cura di me, ero finito giusto
giusto nel suo reparto. Si prese un bello spavento e, dolcemente mi sgridò:
“Devi fare più attenzione, non devi esagerare che poi rischi di farti male per davvero,
guardati lì…”
Patrizia non amava particolarmente il rock, non amava per niente i centri sociali e, dopo un
annetto, Massimo cominciava a sospettare non amasse granché neanche i suoi amici.
Le vacanze - anno uno
In quel primo anno assieme Massimo e Patrizia non presero in considerazione la
possibilità di fare le vacanze insieme, almeno in principio...
Quell'anno in ferie ci andai da solo, come avevo già fatto nei 3 anni precedenti.
Amavo il mare, amavo andarci da solo, stare per i cazzi miei, solitario, senza obblighi
d'orario o convivenza forzata con amicizie balneari a macchietta, tipo il commenda
milanese, il burino romano o il veneto leghista, anche se, devo dire, mi divertivo ad
osservarli... Osservare gli altri senza che nessuno ti chieda dove sono e quanto costano i
fiocchi d'avena o la ricotta, era un gran sollievo.
Soggiornavo in una pensione a 2 stelle, dove si dormiva male e mangiavo con lentezza
sino all'ultima fetta biscottata di cartone, dopotutto doveva riempirmi sino a sera.
Anche le due stelle erano di cartone, la “Pensione Di Giorgio” cadeva praticamente a
pezzi, la gestione era familiare, una signora cicciotta, tracagnotta e molto cordiale, sulla
sessantina con accento romagnolo e la figlia zitella (questo lo supponevo io...), un poco
acida e scostante, sembrava ce l'avesse col mondo, Di Giorgio neanche una traccia, ma
non osai mai chiedere alla signora che fine avesse fatto il Signor Giorgio.
Certo quell'atmosfera da vacanza proletaria mi piaceva un sacco e ne andavo fiero, le
stanze erano comunque quasi tutte occupate, per lo più da famiglie, ero quasi un corpo
estraneo nella mia doppia adeguata a singola.
Una vacanza ben lontana da quelle dei vent'anni, che avevo fatto in posti simili, riempiti
però, in quell'occasione, da mandrie di ragazzotti con l'ormone in orbita!
Occupammo la “Pensione Vanna”, due piani, una compagnia per piano, un pannetto di
fumo scadente per camera e poi il popper fottuto al sexy shop che faceva sballare e ci
sentivamo un tot fighi! Ma torniamo a Noi...
Al mattino mi alzavo presto per andare a camminare in lungomare, short, scarpe da
ginnastica, musica nelle orecchie...
Il sole basso che si specchiava sul mare, nelle pause tra una canzone e l'altra, un
sottofondo sottile di acque docili, gli donava la certezza che la serenità e la felicità ti
attraversano continuamente ma che il frastuono, le vibrazioni forti del malessere
quotidiano le sovrastano dandoci l'illusione dell'impotenza. Val la pena di togliersi gli
auricolari della sofferenza, ogni tanto. Spegnere i dolori e non noi stessi.
Lo sguardo passava poi, rinfrancato, sulla fauna marittima di inizio giornata.
La "signorina" di 50 anni, portati malissimo, incrociata mentre di corsetta procedeva in
senso opposto al mio, che ti fissava, coi sottotitoli: "guarda che son mica stata sempre
così, da giovane ero un gran bel bocconcino e me la sono spassata".
Poi fu la volta della quarantenne palestrata, degna di un paginone centrale per "lesbo
mese", del “fustacchiotto” con cagnolino carino al seguito, della coppia di anziane in
precario equilibrio... Certo ogni tanto staccava da queste oniriche visioni per gustarsi di nuovo
marina, la visione del mare in bassa marea, ancora dormiente.
E poi via di nuovo...
la brezza
La figlia che portava l'anziana mamma al mare, le apriva lo sdraio nel punto più caldo della
terra, un rapido saluto poi la fuga, con la speranza di recuperarne la salma in serata.
I bagnini col rastrello, con l'aiutante che apriva gli ombrelloni, una signora su di uno sdraio
tentava di fare stretching, sembrava un enorme ragnaccio avvinghiato su se stesso... e
quello piegato a cercare chissà quale rarità di conchiglia, che non era uno, bensì una
squadra di invasati raccoglitori di conchiglie e granchi, armati di sportina, coi piedi a mollo,
li fissavo col sole negli occhi: che sagome! Al termine della passeggiata rientravo al due stelle (mi piace chiamarlo così, come una
discoteca delle mie parti, di quand'ero piccolo) per la ricca colazione.
Il resto delle giornate lo usavo per ascoltare musica in riva al mare. Preziosi quei giorni per
ascoltare gli album collezionati durante l'ultima stagione, me li bevevo proprio, che
pacchia!
Portavo con me anche i numeri di “Mucchio Selvaggio” e “Rockstar” dell'ultimo anno, e su
quelle letture avrei costruito, poi, le mie future playlist e gli spunti per le canzoni dei
“Quadrophenia Jam”
Gli altri del gruppo erano già tutti accasati, di conseguenza, le nostre vacanze erano
separate.... E pensavo a Patty, tanto!
Non volevo dirmelo ma mi mancava un sacco, e mi mancava non averla lì con me, che da
soli si sta' anche bene per un po' ma se a casa c'è una persona che adori, dopo poco ti
prende la smania di averla lì con te.
La sera mi rifugiavo sul tetto di quella pensione ad ascoltar la radio!
In realtà Massimo non si riferiva a una vera radio, era l'effetto che faceva la musica che
arrivava da hotel e pensioni vicine, che mischiavano suoni e atmosfere; da sinistra Elvis,
da dietro “romagna mia”, da destra “Disco inferno” e davanti “Samba Pa Ti".
Aggiungete che era molto vicino al mare e che l'infrangersi delle onde sugli scogli
sembrava imitare il fruscio che fa la radio non ben sintonizzata... Si sdraiò per terra,
ridendone da solo, felice, come solo un cretino sa' d'essere.
Anno Due
Noi - anno due
Il secondo anno assieme arrivò giusto giusto per annunciarmi l'intenzione di Patty di fare
nuove esperienze, esercitare la propria professione in zone di guerra coi progetti
ospedalieri delle ONG.
Non che fosse una cosa imprevedibile vista la vocazione, l'anima e la sensibilità di Patty,
ma sinceramente, l'idea di allontanarmi da lei proprio quando cominciavamo a rendere più
stabile il nostro rapporto mi infastidiva eccome, e ogni volta che lei mi vomitava addosso il
suo entusiasmo per la partenza, io mi incazzavo, e sbuffavo, e smadonnavo.
Aveva già progettato tutto, l'aspettativa all'ospedale, i voli, i contatti, per giunta avevo
dovuto assecondare ogni sua richiesta, fare tutti i giri per lei, tra banche, poste, Urp, e
dovevo pure fare la faccia di quello contento! E alla fine il 15 di marzo partì. Erano solo tre
mesi, a me sembrarono un'eternità.
Le prime notti dopo la sua partenza non chiusi occhio, preoccupazione ma soprattutto
gelosia e senso del possesso, immaginavo quanti altri ragazzi interessanti avrebbe
conosciuto. E io lì fermo al palo ad aspettare. Arca se mi giravano le balle!
Gli amici - anno due
Non vi sarà difficile immaginare quanto gli amici infierirono su Massimo per la partenza di
Patrizia...
Già non c'era gran sintonia tra i miei amici e Patty, quale più bella occasione per i miei
amici...
Dall'evergreen "le figlie di Maria..." alle più fantasiose teorie di cornificazioni multiple.
In realtà mi facevano una gran compagnia quelle merdose attenzioni, ne ridevo volentieri
proprio per non pensarci troppo e farne un chiodo fisso.
A distanza di un mese dalla partenza di Patty, io compivo gli anni e cosa ti vanno a
combinare quei coglionazzi dei miei amici? Mi regalarono un biglietto aereo per
raggiungerla.
Non me l'aspettavo, ne fui colpito e commosso, mi dimostrarono una volta di più di essere
degli unici e meravigliosi cazzoni di amici.
Le vacanze - anno due
Così potremmo dire che quella fu la nostra prima "vacanza" insieme.
Romantica vacanza in zona di guerra!
Chiamarlo avventuroso sarebbe ridurre il viaggio ad una escursione con Avventure nel
Mondo, appena messo piede sul territorio rimasi bloccato assieme ad altri italiani e solo grazie ad un giornalista che mi spacciò per suo collaboratore potei ripartire dopo 12
ore per la capitale. Cazzo, se non è una prova d'amore questa...
La cosa fu resa ancor più folle dal fatto che non avvisai Patty del mio arrivo...
Ma si sa' l'amore fa miracoli, e appena Patty mi vide rischiò di svenire dalla gioia.
A seguire Patrizia provò tutti gli stati d'animo conosciuti, perché Massimo arrivò senza
prenotazioni in un posto lontano dall'essere turistico. La direzione dell'ospedale era
furiosa, per l'incoscienza e per la superficialità della "mattata" di Massimo...
Dopo aver chiarito qualche piccola incomprensione trovai alloggio in una delle camere del
personale ospedaliero e mi misi a disposizione per qualsiasi bisogno.
Mi fu utile la mia esperienza di magazziniere, c'erano un sacco di cose da sballottare,
l'attività ospedaliera era frenetica e durissima, non solo fisicamente, vedere così tanti
bambini feriti e stravolti è qualcosa di tremendo.
Restai una settimana e poco più, e mi bastò per rendermi conto della vitaccia che questi
operatori facevano, e del valore del loro impegno.
Cresceva in me oltre l'affetto per Patty un'infinita stima per il suo entusiasmo, le sue
premure...
Fu doloroso salutare tutti quanti, figuriamoci salutare Patty, ma era giunta l'ora di tornare a
casa.
Il rientro fu qualcosa di più tranquillo, gestito dai responsabili dell'ospedale, ma al mio
arrivo a casa si aprì un grande vuoto, capì che quella esperienza non me la sarei più
levata da dosso, e che era poi giusto così.
Il lavoro - anno due
Non era stato facile strappare le ferie per andare a trovare Patty, e me le fecero pesare a
dovere, al mio ritorno mi piazzarono una settimana di turni super mattutini, che iniziavano
alle 4.
la cosa non mi disturbò più di tanto, il mio pensiero era rivolto più al tempo che mi
separava dal ritorno di Patty e alle mie paranoie amorose.
D'altra parte il suo lavoro, ripetitivo e stancante, lo portava ad evadere mentalmente e ad
alimentare la sua ansia affettiva, non fu dunque un ritorno facile, ma alle porte c'erano ben
tre date dei Quadrophenia Jam, e la musica per Massimo non era certo un semplice
pagliativo...
La musica - anno due
Per fortuna ci entrarono ben 3 date per i Quadrophenia Jam, due in città ed una terza
fuori, verso il mare. La prima era in una osteria in pieno centro, gestita da un amico di
Chuck che definirei "Osteria militante", decidemmo così per l'occasione di mettere in
scaletta diversi pezzi dei Redskins, mi piaceva un casino il loro soul militante e urlato, fu
una bella serata, e quella scelta si rivelò azzeccata. Jon era carichissimo, lui si sentiva il
leader della band e si spolmonò urlando e correndo intorno a quel cesso di palco, Bluto
picchiava sulla batteria come un forsennato, Chuck come sempre aveva la distorsione a
manetta... Io me ne stavo bello rigido a cercare di tenere il tempo.
L'Osteria Rossa, questo il suo fantasioso nome, era un posto caldo in tutti i sensi, non ci si
respirava e il pubblico era scatenato. Alle pareti i ritratti di Che Guevara, Lenin, Gramsci, le
bandiere con la falce e martello, all'ingresso c'era anche un mezzo busto di krusciov.
Attaccammo con la cover di Lean on me.
Lean on me - Redskins
Fu un successone, avevamo fatto la nostra porca figura e ci richiamarono per un bis due
settimane dopo.
Pensammo di cambiare di nuovo scaletta ma senza stravolgerla, tenemmo i Redskins ma
aggiungemmo due cover dei Ramones, una di queste scatenò un pogo infernale.
Pet sematary - Ramones
Era "Pet Sematary" un tripudio!
Ma proprio nel massimo dell'entusiasmo, mi prese una specie di rabbia, un'altra occasione
in cui avrei voluto condividere la mia gioia con Patty era andata sprecata, io ero felice
come un bambino e lei era mille miglia distante... Forse mi dava da fare il pensiero che
potevo essere felice anche senza lei? Anzi che grazie alla libertà gentilmente offerta
dall'ONG, lo potevo essere di più?
Per la terza data, la carovana (composta dalla punto di Jon e dalla Regata Familiare di
Chuck) partì verso le 18, io quel giorno staccavo dal lavoro alle 16 quindi zero problemi.
Eravamo euforici, carichi a mina dopo le due splendide serata all'Osteria Rossa ci
sentivamo tostissimi. Alle 19.30 eravamo al Pagoda. Il tempo di scaricare gli strumenti,
fare una specie di Sound Check, farsi consegnare il borderò e via sul palco a far bordello.
Stessa scaletta dell'ultimo live all'Osteria, stessa carica e...
Stessi pensieri.
Ancora pochi giorni e Patrizia sarebbe tornata...
Ancora Noi - anno 2
Giornale sportivo tra le mani, sala d'attesa dell'aeroporto, dentro ancora l'adrenalina delle
tre serate mischiata con l'ansia per il ritorno di Patty.
Quando la vidi, però, non esitai un momento, scattai in piedi per abbracciarla, fortissimo!
Massimo non trovò il modo di confessare a Patrizia quei dubbi, ma forse non sbagliò... Quante cose avevamo da dirci, non aprimmo bocca per tutta la durata del viaggio, ma
giunti a casa sua, una volta sistemate le valige, Patty tornò ad essere quella che
conoscevo, mi fece la cronistoria completa, dal momento in cui m'imbarcai per tornare sino
al suo arrivo in aeroporto, giuro che ad un certo punto cercai se sulla schiena c'era un
tasto per spegnerla... La spensi abbracciandola forte, in fondo l'adoravo anche per questo.
Nonostante le si leggesse il grande entusiasmo per l'esperienza fatta, la sentii
sinceramente contenta di essere tornata e di potermi riabbracciare, non vedevo ombre in
lei, questo aumentava il mio disagio, mischiato al senso di colpa.
Però decisi di mettere da parte quei dubbi, e di concentrarmi sull'essere di nuovo vicini.
Passai tutto il viaggio di ritorno a casa scervellandomi su ciò che non le avevo detto.
La sera, verso le 22 tornai a prenderla per andare a berci qualcosa in una delle osterie del
centro.
Il tempo di sederci e partì un fiume di parole dalla boccuccia delicata di Patty, dalle quali
avevo capito quel poco che mi interessava.
Come al solito non avevo capito una beneamata mazza? Mi confessò il suo disagio per
non aver sentito la mia mancanza... cioè, mi aveva rubato le parole... e i sentimenti...
A quel punto avrei potuto vuotare il sacco pure io, e invece no, feci l'offeso: "dopo tutto
quello che ho fatto per te, il viaggio... " pipipì, papapà...
"OOOOOHHHH STAVO SCHERZANDO!!! hai presente quella cosa che dici che io non
faccio mai abbastanza? beh adesso l'ho fatta!"
Che tempismo... e subito dopo mi strinse forte e mi baciò, davanti a tutti, un'altra di quelle
cose che lei non faceva mai... Mi guardai intorno, facendo il gallo! Che stronzo sono
(pensai), l'amavo.
Così arriviamo al 20 giugno di quell'anno coi ragazzi che sembrano, alla fine, aver
rinforzato il loro legame, i loro sentimenti. Quella giusta dose d'ironia scaturita quasi naturalmente da Patrizia era segno di crescita e
attenzione verso Massimo, che sembrò convincersi della profondità dei suoi (di lui)
sentimenti.
Estate - anno 2
Quindi in quell'anno non ci fu una vera vacanza, passammo l'estate in città, assieme.
La musica non fece da terzo incomodo, non rimediammo altre date coi Quadrophenia
Jam, anche perché Jon e Bluto si fecero l'intera estate all'estero, Jon a Londra, Bluto in
Israele.
La nostra città offriva un sacco di eventi, Patty mise a punto un calendario che faceva lo
slalom speciale fra i suoi e i miei turni.
A me toccarono serate di poesia, reading, musica etnica, ma lei dovette stringere i denti e
"papparsi" un meeting di giovani gruppi hardcore ed un festival Punk di vecchie glorie.
Sino a qui sarebbe stato un pareggio, ma poi dovetti assistere all'esibizione di una cover
band degli Stadio...
Avevano però, col tempo, maturato passioni comuni, che in quell'estate coltivarono con
grande piacere. I mercatini, le mostre d'arte e il cinema. Fu Patrizia a coinvolgere Massimo
per quanto riguardava arte e cinema, lui le trasmise la passione per i mercatini.
Fu in quell'estate che Patty si mise in testa di fare l'esame per prendere il patentino di
cineoperatrice di sala, lei già collaborava alla programmazione estiva d'Essai, faceva parte
del Circolo del Cinema
"Alleniano". L'esame era previsto a fine settembre ed era intenzionata a prepararsi a
dovere.
Affiancò il proiezionista del cinema comunale per fare un poco di pratica, Io la seguivo da vicino andando pure io in cabina di proiezione, ero molto fiero di lei.
La galleria d'arte aveva organizzato una importante mostra collettiva sui reporter in zone di
guerra, andammo a vederla e rivederla per tre volte, era vasta ed emozionante.
Nel mio quartiere si ripeteva ogni estate il "MercatiNotte", per tutto luglio/agosto, ogni
mercoledì sera. Io ci andavo sempre, soprattutto per raccattare vinili, ma c'era veramente
di tutto, io e Patty ci separavamo all'ingresso e di solito finivamo sempre per ritrovarci alla
bancarella delle locandine di cinema senza che ci dessimo mai appuntamento.
Lo dico convinto, fu una gran bella estate e di questo gran merito andava a Patty.
Epilogo
Patty era stata chiara, "se vogliamo costruire qualcosa di nostro, di vero e profondo
dobbiamo fare questo passo, l'alternativa è cercare altrove la nostra felicità e di certo non
assieme"
Dall'autunno del nostro secondo anno insieme le cose si erano complicate.
Questa sua uscita rosicchiò pian piano tante certezze, questa determinazione, questa
durezza, mi spaventarono, resero ancor più incerti i miei sentimenti.
Lei era disposta a rinunciare alla sua libertà per me, e io? Ero pronto a fare altrettanto? Mentre Patty mi metteva all'angolo, io sentivo l'istinto a divincolarmi, a fuggire, ma perché
fuggire da una possibile felicità?
La bella estate passata assieme non bastò a fugare i miei dubbi, come se i nostri momenti
insieme fossero solo una piacevole, momentanea, fuga dalla mia libertà, che poi era dolce
ritrovare.
Al contempo Patty sarebbe stata la miglior compagna che io potessi desiderare.
Oramai il tempo dei dubbi si era esaurito e non restava che scegliere.
Una sms per chiedere a Patty se potevo passare da lei e via...
Il nostro futuro era lì... Pronto ad attenderci.
Siete davvero convinti sia così importante svelare come andò a finire? O non è forse
sufficiente che vi dica che sono felici entrambi? (E se ne volete sapere di più basterà fare
un salto al supermarket dove lavora Massimo... No? Ogni 30 euro di spesa una sportina di
cazzi vostri è in omaggio!)
Blu (officina)
Forse una delle mie grandi fortune è quella di essere cresciuto in un casermone popolare,
di fronte alla cantina sociale, in un paesino comunista della bassa padana, proprio di
fianco al grande teatro-cinema, in una famiglia proletaria e volitiva.
Abitavamo al “Casermon”
A contarle bene sono ben più di una le mie fortune, e messe tutte insieme fanno la loro
porca figura..
"Al Casermon”,
era popolato da
e s s e r i
straordinari,
fantastici, che
neanche in
“Guerre Stellari”
o nei cartoni
giapponesi ce li
trovavi. A ghera al
“Cartol” che
quend
al
turneva a cà col
trator dala
campegna al
s b r a i e v a
“Imeldee, dio
boia, bota
denter” e le la
rispundeva “ca't
gnes
un
chencher brot
vilen ignurent!”
La “Teresa Cla
Bala” che la
sbraghereva da
matena a sira, e
la saieva tòt ed
tòt. Po' a ghera
Sisar ch'al
gheva semper
al baston e na
bicicleta strena
con tre rodi, la
Pileta invece la vireva la porta tot'al volti cà paseva un quelchidon per la schela, insoma,
un gren bel cundumeni...
Nel paese sotto ogni casa c'era un filosso, con le donne anziane che se la raccontavano,
e che quando passavi si fermavano di parlare, che sembrava sempre che parlassero di
te, che poi in parte era vero, perché appena voltavi l'angolo c'era sempre una di loro che
chiedeva: “ma collè el mia al fiol d'la nena?”.
E me an s’era po' mia al fiol ed la nena... ma l'era po' li stess!
Infatti mia Mamma si chiama Tiziana, ma tutti la chiamano Vera o Verina, perché
quand'era ragazzina assomigliava così tanto alla Verina, la lattaia, che poi tutti la
chiamavano così.
Secondo me a quei tempi l'anagrafe era una roba che serviva poco, era più utile fermarsi
a chiedere informazioni ad un filosso. Che poi era anche meglio dei navigatori satellitari di adesso per chiedere indicazioni, che
se ce l'avessi io un navigatore ci farei metter dentro la voce della “Teresa C’la Bala” che mi
dice: “quend te riv ala furtinela volta sò per al caradon di durè e po và fen in fonda ala
streda basa n'du ghè la masa, bon ve... t'se rivè!”.
A casa c'erano riti irrinunciabili, come quello del caffè delle tre, che mia nonna Oriella e la
mia bisnonna Lia condividevano ogni giorno con l'Alberta, la vicina di pianerottolo.
Per me e mia sorella era fantastico origliare i loro discorsi e aspettare il momento in cui
per capire chi era un ragazzo o una ragazza dovevano percorrere l'albero genealogico e
discendere di tre quatto generazioni: “ma sé dai, lè al nvod ed Scarugha Rumeli, al fiol ed
Tira Al Mol” ridavamo come due deficienti da dietro l'uscio della camera.
Il Giovedì pomeriggio si partiva per andare a pelare le galline, orario le 4 di pomeriggio,
dopo il caffè, Nonno Francesco con la sua Bianchina familiare (nel senso che la
conoscevamo benissimo!), che aveva già a bordo Nonna Vandina e l'Italia, faceva l'ultima
sosta sotto casa nostra, abbassava il finestrino e urlava:
"Oriellaaaaaa"... E lei
prontamente rispondeva: "a veeeeeeeeiiin"
Altro che citofono!
Tra me e mia sorella Manuela c'erano cinque anni di differenza e ci sentivamo parecchio
complici un po' in tutto. Giocavamo parecchio insieme e condividevamo segreti e speranze
per il futuro.
La Manu era un gran maschiaccio, intendiamoci era assai caruccia, ma i suoi modi eran
belli ruspanti e quando andavamo a trovare i nonni in campagna si scatenava!
Forse tra i due ero più femmina io.
Mia nonna Vandina invece ci accoglieva sempre entusiasta col frigo pieno di bibite, c'era la
spuma bianca, la sanguinella e poi la cedrata che forse era la mia preferita anche se a
pensarci bene anche la sanguinella... poi il futuro sarebbe stato tutto per il chinotto!
Sòta ca'mia
In ottobre la via di casa si profumava di uva, mosto e benzene, una lunga fila di carri
trainati dai trattori in attesa all'ingresso della cantina sociale, tutto il vicinato a rubare
grappoli per fare il sugo, e noi un po' incazzati perché tutto quel trambusto, ci impediva di
usare la facciata della cantina per giocarci a tennis, o per la conta del nascondino. Quella
era la nostra via, e ci sentivamo derubati del nostro spazio. Per fortuna che poi lì vicino ci
costruirono la mensa della fabbrica, che c'aveva un muro altissimo che ci si poteva giocare
a tennis anche meglio che contro la cantina, che poi, a volte, la pallina finiva sul tetto, o
dentro i finestrini, e averceli i soldi per comprarne delle altre.
Quando finiva la vendemmia oramai si faceva freddo, quindi le nostre scorribande si
esaurivano lì, fino alla successiva primavera.
Eravamo in tanti ragazzi, le famiglie erano numerose, gli spazi in casa inesistenti.
Prendiamo la mia famiglia, per esempio: eravamo 6 in 50 metri quadri. Io, papà, mamma,
mia sorella, mia nonna e mia bisnonna. Da qui si può capire la nostra smania di scendere
in strada a giocare, a farsi spazio. Certo a 50 metri c'erano i campini, con le giostre e un
prato su cui giocare a pallone, a volte ci andavo. Nei campini poi d’estate, per la fiera, ci mettevano autoscontro e il calcinculo e anche il
tirapugni che però era durissimo e altissimo, che ci volevo provare ma non ci arrivavo.
Certo era una gioia possedere una decina di gettoni di plastica per l’autoscontro, che a
me piaceva di più del calcinculo, che quando scendevo mi girava la testa per un
quartodora.
Là c'erano anche alcuni miei compagni di classe. Loro erano stati tutti con me all'asilo, poi
invece c'avevo dei compagni di classe che erano andati all'asilo dei preti, insomma noi
eravamo i comunisti.
E infatti le prime partite di pallone fatte con le squadre erano proprio comunisti contro
cesolani, poi col tempo s'annacquò un po' tutto...
… Ora, quando torno a trovare i miei, in quel casermone in cui sono cresciuto, trovo
sempre, nel parcheggio della mensa i ragazzini che adesso abitano qui, che non sono
italiani, che giocano a cricket esattamente come noi giocavamo a tennis, e allora
improvvisamente mi è chiaro chi sono i nuovi proletari, che quindi esistono ancora, anzi
sono di più, abitano in tanti in piccoli appartamenti, e i loro figli giocano in strada o sotto i
portici del centro… quasi quasi li invidio…
Un bel lavor!
Le giornate in paese le scandiva la sirena della fabbrica: la sveglia alla mattina, l'ora di
pranzo e il pomeriggio. Mia madre ci lavorava in quella fabbrica là, che un po' tutto il paese
ci lavorava, quasi tutti i genitori dei miei amici, dei miei compagni di classe (operaia!). Io
andavo sempre ad aspettare mia madre all'uscita dalla fabbrica, alle 5 del pomeriggio; in
realtà arrivavo sempre un po' prima per potermi tuffare una mezz'oretta nei dischi del
negozio di Renzo che era proprio lì vicino. Era simpatico Renzo, mi faceva sempre le
cassettine miste coi 45 giri che vedevo sul telegattone di Maurizio Seymandi (Mao!).
Monkey chop - Dan-I
Is it it - Peter Jaques Oh, gli abbinamenti li
facevo io, e forse un po'
esageravo, passavo da
Gianni Togni ai Kiss, da Riccardo Fogli ai Police, con una certa disinvoltura... Che bello
però quando Renzo mi lasciava usare i piatti e la piastra e allora via a scuriosare tra LP e
45 giri... ma mi ci sto perdendo tra i dischi... che mi suona la sirena e mamma esce.
Che roba quando suonava la sirena! A raccontarlo non ci si crede... un'onda anomala di
tute blu che di colpo t'invadeva ti pervadeva, ti percuoteva e poi un abbraccio grande,
collettivo, appassionato; il proletariato? Ma va là... La Mamma!
Quell'odore per me così normale, quell'odore che per me era odore di mamma, ce lo
avevano tutti a casa, ma non perché in ogni casa c'era una mamma, ma perché in ogni
casa c'era almeno un metalmeccanico.
Quando andavo a giocare
dal mio amico Luigi, vedevo sempre suo padre che riparava le scarpe e mi ero fatto l'idea
che era uno scarpolino, poi mio padre mi aveva detto che il papà di Luigi lavorava anche
nella fabbrica e io non capivo... Perché non era l'unico caso, c'era un altro papà che
riparava le macchine, una mamma che aveva le maglie nel casotto dietro il nostro
condominio, ma anche loro lavoravano in officina, và che era na cosa strana...
Premà, quend as'era cichin...
Mentre calava il sole si alzava la nebbia, prima bassa, un velo, che pian piano cresceva e
la sentivi dentro, nei polmoni, nello stomaco, nelle ossa.
Intorno c'era tanta campagna.
… Adoro rifugiarmi lungo le scale della casa dove abito ora, per leggere e per lasciare la
mia mente a briglia sciolta, ed alimentare il mio futuro con le emozioni della mia infanzia,
della mia vita già vissuta. In questi momenti riesco a dare grande valore alla mia
solitudine, che a volte mi schiaccia, mi deprime, ma che poi sa ripagarmi… e ora, in attesa
di questo qualcosa che cambierà radicalmente la mia vita, spingo sull’acceleratore del
ricordo…
Andare dalla Verina era una gioia, la latteria era proprio di fronte alle scuole elementari e
oltre al latte vendeva un sacco di cose dolci e colorate, come le mentine, le liquerizie e poi
le girelle Motta, il Ciocorì e il Biancorì, una specie di paradiso alimentare!
Il sabato sera era un rito, un appuntamento atteso per tutta la settimana! Iniziava con il
bagnetto settimanale nel vascone, si sa, una volta si era più zozzi e le “grandi pulizie”
erano più rade. Ricordo ancora perfettamente i richiami della Nonna Lia, che non aveva
più i denti e che non aveva una dentiera: “ricortati ti prentere le mutantine prima di antare
in pagno!”.
Poi era nonna Oriella a lavarmi con una spugnona ruvida ma con tanto amore.
Da lì in poi era una grande gioia, al sabato io e mia sorella potevamo mangiare un toast
col tea e con i biscotti, un vero premio settimanale a cui va aggiunta la visione, da poco
tempo a colori, di “scacciapensieri” il programma di cartoni animati della Tv Svizzera, che
da noi si vedeva benissimo, anche se era in Svizzera. Un po’ come Koper Capodistria, che
anche se era in Jugoslavia si vedeva abbastanza bene.
Finito “scacciapensieri” si guardava Fantastico sulla rete uno, che c’era Sabani che faceva
le imitazioni, o Josè Luis Moreno con Rockfeller, Heater Parisi (poi la Cuccarini e la
Martinez) e tanti ospiti. Koper Capodistria, invece, la guardavo sempre le mattine che ero
a casa da scuola, che trasmetteva tutte le gare di sci, lo slalom gigante, lo slalom speciale,
la discesa libera e il super G. I miei idoli erano, prima Paolo De Chiesa poi Richard
Pramotton e Oswald Toetsch . (Mi piaceva stare a casa da scuola? Sci!)
Ogni volta che torno a trovare i miei e sto per suonare il citofono mi torna in mente….
… Ad un certo momento decidemmo di prendere un cagnolino, Snupi, ed ero io a
prendermene cura. Certo bisognava essere costanti nel portarlo, ogni giorno, a far pipì, a
fare attenzione che non fuggisse al richiamo di ogni calore nell’arco di 10 Km, ma ne
valeva la pena, perché Snupi era simpaticissimo e mooooolto affettuoso.
Quando rientravo a casa mi aspettava dal fondo del corridoio e appena mettevo un piede
dentro partiva, sgommando, correndomi incontro e gettandosi, pancia in alto, ai miei piedi!
Ma la cosa più bella era… quando rientravo da scuola, ogni giorno… Suonavo il citofono
(finalmente arrivato anche nelle case molto popolari) e chiedevo a mia nonna di mandarmi
giù Snupi (abitavamo al terzo piano) per fargli fare i suoi bisognini, ovviamente la nonna
Oriella sapeva che a quell’ora ero io a suonare e sapeva anche il perché, così io appena
sentivo la sua voce, invece di dirle: “manda giù Snupi”, le urlavo: “butta giù il frigo”… Lei
mi rispondeva sempre: “Sìììììììììììììì….”...
Po' as cres...
La prima volta che sono andato in città è stato molto bello ma strano.
Era una sera che pioveva, c’era un sacco di luce e di gente, per fortuna c’erano un sacco
di portici, molti di più che nel mio paese e un casino di negozi con dei prezzi altissimi e
tutte le robe di marca, che ci volevano un sacco di soldi a prenderle.
Che poi in realtà c’ero già stato in città, con mio padre, quando andava a far spesa per il
Bar. Già, mio papà aveva un bar, che poi era anche un negozio di alimentari, che poi ci
teneva anche la carne dei polli del nonno. Beh, vi dicevo, quando mio padre andava in
città a prendere le patatine fritte, beh io ci andavo con lui! Era un magazzino enorme,
pieno di patatine, che sentivi l’odore già da fuori, erano ancora calde e buonissime, anche
se non c’era la sorpresa dentro come nelle San Carlo, ne mangiavo tante, come gli ovini
Kinder, che poi mi veniva l’acetone e dovevo prendere il Biochetasi per star meglio.
Oh, le medicine di quegli anni lì, erano miracolose, ne bastavano 2 o 3, per guarire ogni
cosa: l'Aspirina era miracolosa poi c'era il Bactrim e soprattutto lo Schum, che non ho mai
capito a cosa serviva, ma mia nonna ne beveva tantissimo e aveva una salute di ferro! Ma
erano altri tempi...
...Nei pomeriggi, dopo la scuola media, si facevano le spedizioni “ala masa”, dove
raccoglievano carte, cartoni e soprattutto GIORNALI!
E noi quelli andavamo cercando, i giornaletti erotici e pornografici, li raccoglievamo e poi li
nascondevamo dentro un grande cartone nel ripostiglio della casa diroccata. Era una sorta
di caccia al tesoro erotico!
Happy ending - Joe Jackson
Avevo 12 anni quando cominciai ad andare a scuola di musica per imparare a suonare la
chitarra. Non era certo la mia strada, visto che appena tornavo dalle lezioni invece di
mettermi a ripassare cercavo di indovinare i riff rock che più mi piacevano.
Le cose sembrarono andare meglio l'anno successivo, al corso di chitarra jazz/rock
Fu in quell'anno che maturai la fissa di diventare un cantautore un po' rock.
Per anni avevo sentito in casa i dischi di Dalla, De Gregori, DeAndrè, Bertoli, Gaber
Mi mancava solo l'ascolto di Joe Jackson, di Billy Joel, ma ovviamente anche di Bob Dylan
e Bruce Springsteen. In quegli anni lì quelli della mia età suonavano tutti! Prima nella
banda del paese , ma poi mettevano su i complessini, e ci ritrovavamo nell'ex lavanderia
sotto la scuola ad ascoltare quelli che in paese chiamavano "i ciocapiat"
Va detto che io quel sogno di diventare cantautore non lo realizzai mai, tempo due anni mi
ero rotto di suonar la chitarra, preferivo leggere fumetti, giocare a calcio, pallavolo... I miei
non la presero bene visto quello che avevano speso per comprarmi una chitarra acustica.
New moon on monday - Duran Duran
Eravamo tanti in quegli anni alle scuole medie, per prenderci tutti avevano aperto una
succursale.
In quel periodo presi la mia prima grande cotta, per una mia compagna di classe...
Cosa non mi inventavo per ronzarle attorno...
L'Anto non era certo la più bella della classe (almeno non ancora... Sono sempre stato un
grande scopritore di talenti femminili...), ma io impazzivo per quel naso un po' storto e
quell'andatura strana... che quando sei cotto fai cose strane, cominci a provare simpatie
per idoli musicali che un minuto prima ti facevano cagare... I Duran Duran mi facevano
schifo (escludendo "seven and the ragged tiger" che è un gran album), l'Anto adorava Nick
Rhodes e di colpo quella checca truccata come un troione d'antiquariato suonava le
tastiere da Dio...
Lei però, non mi cagava quel granché, concentrata com'era su quei tipi più grandi, quelli
che facevano un po' i paninari, un po' i dark, un po' gli skin, un po' gli psycho e tanto i
fascisti.
Avevo un sacco di ragioni, quindi per odiarli, io che ero anche iscritto alla F.G.C.I.
Un primo maggio mentre facevo il giro al mattino consegnando una copia dell'Unità e un
garofano, suonai alla porta dell'Anto, appena la porta si aprì un poco intonai convinto
"bella ciao" tutto sdolcinato... Ma era il fratello che mi aveva riconosciuto e aveva richiuso
la porta urlando un sonoro "mavacagher vah!"
Era evidente che non ci avevo speranze, ma fatto sta' che mi son rassegnato solo dopo la
prima superiore...
Ride this torpedo - The Tall Boys
Mi capita spesso di ripensare ad un evento mai avvenuto, era l’estate del 1992 e in
quell’anno il programma della Festa dell’Unità era sfavillante!
Grandi artisti stranieri, i migliori cantautori italiani ma soprattutto… I Mano Negra e Elio e le Storie Tese nella stessa serata!!!
E quando ricapita un occasione così?…
Erano gli anni di un’adolescenza (la mia) da poco terminata e di una vacillante sicurezza
da adulto.
La passione per la musica e un gruppo di amici coglioni a fare da contorno, nella piazzetta
in cui eravamo soliti trovarci. Due in particolare, ai miei occhi, vincevano a ex aequo il
premio coglione dell’anno 1992. Ho visto coi miei occhi Meteo e Crampo correre dentro la
macchina di quest’ultimo, abbassare la sicura delle porte e cominciare a menarsi sino allo
sfinimento. Mi dissero che non era la prima volta… Ebbi il sospetto che non sarebbe stata
neppure l’ultima.
Sul fondo della piazzetta c’era quello che oramai era diventato il nostro punto di ritrovo,
Il Pub “Top Gun” nato dalle ceneri e dai Kleenex usati del locale Cinema Porno, il Mitico
Cinema Asso. Il “Top Gun” era anche Sala Giochi, con la sua fauna di individui
spericolatamente fantastici nel narrare e vantare i loro record.
Capitava così di imbattersi in personaggi come il Minchio! Sosteneva di aver superato il
105esimo schema al gioco più gettonato del “Top Gun”, Galaxy Dream.
Un mostro alato sputante fuoco che cerca di disintegrarti, ma il Minchio con una mossa di
Kung-fu, e la solita toccatina di palle, lo aveva steso definitivamente. Nessuno poté mai
confermare questa notizia. Ma il Minchio era inquietante per mille altri motivi, medium in
fantomatiche sedute spiritiche, si spegneva le sigarette sulle mani per dimostrare che era
in trance, soffriva in silenzio e spacciava le bruciature per succhiotti di spiriti femminili!
Certo, Il premio “Coglione dell’Anno” vedeva un sacco di candidati alla vittoria finale,
ricordo per esempio Tafano, che se ne veniva al nostro paese tutti i sabati, a fare lo
Skinhead duro e stronzo, arrivava, lo pestavano regolarmente (e di solito erano gli skin
locali a pestarlo), e poi se ne tornava a casa “Schisso, schisso”; lui però, imperterrito, ogni
sabato tornava!
Poi c’era anche il BaNano, uno Psycho alto un metro e un cazzo, che un giorno tornò da
un meeting di Milano tutto malconcio, narrando di inenarrabili scontri, botte, calci, sputi, lui
aggredito e ridotto così (male, davvero male) da una decina di RedSkins…
Qualche settimana dopo, i Dieci RedSkins si presentarono da noi per dargli il resto… Si
Chiamava Ugo.
Naturalmente non erano mica tutti così i miei amici, in particolare quelli storici, gli amici da
sempre erano un punto fermo per me, e tra loro spiccava il Mod, anche perché era un tot
alto.
Io in quel periodo puntavo una mia compagna di classe, sorella di un mio grande amico.
Elisa era però persa per Faccia da Toast, sino a ieri mi sono chiesto cosa aveva lui in più
di me… Poi però, mi è tornata in mente una frase di Elisa, seguente ad un mio goffo
tentativo di approccio: “Tu sei dolce, tenero, affettuoso come un bambino…”…Già! E la
pedofilia è reato, no?
C’era chi conosceva benissimo il mio debole per i Mano Negra e gli Elio e le Storie tese.
Fu il Mod ad informarmi del concerto e a propormi di andare insieme a vederlo!
Ero entusiasta, non vedevo l’ora… Ma alla fine non andai… pigrizia, indolenza… non
ricordo, resta che ora quel concerto non può più tornare, perché i Mano Negra non
esistono più, ma soprattutto Il Mod, non c’è più…
Nero
Lara Sassi legge Nero Cosa staranno facendo in mia assenza, staranno sparlando di me? Trameranno alle mie
spalle?
E chissà cosa mi perdo stando chiusa qui dentro.
Tutto mi fa paura, tutto intorno, dicono, è meglio di me, e poi quell'ansia che mi cresce
dentro, senza un apparente motivo, tutto sembra alimentarla.
Oramai esco solo per andare al lavoro in banca, mi sforzo almeno di mostrarmi attiva e mi
riesce tutto sommato abbastanza bene. D'altra parte vedere persone in fila che vengono ad elemosinare un aiuto economico, mi fa
stare meglio, c'è chi sta peggio di me, meno male!
Ma quando rientro a casa riparte l'ansia, l'angoscia.
Comincio a navigare su internet, e finisco su Facebook, e mi sento un poco meno sola, ma
perché ho smesso di frequentare gli amici in carne ed ossa?
Ma pensa te, con tutti i problemi che ci sono in giro, io devo star male così, per niente, un
po' me ne vergogno... E' cominciato tutto all'improvviso da un giorno all'altro...
Da allora sembrava non smettere più, girarsi e rigirarsi a letto, l'insonnia che si alterna ad un sonno agitato...
Se sto' male perché temo di non essere ritenuta all'altezza è perché dentro di me sono
consapevole di valere, quindi l'unica cosa che mi condiziona non è il mio valore, ma cosa
ne pensano gli altri!
E allora che pensino un po' quello che cavolo gli pare.
Esattamente questa ultima parola: pare! Quante pare! pare che non passi...
Sono le 3.30, ancora non si dorme... Beh ne sorrido, il sonno arriverà! E così il risveglio! In
modo che passi che non pare...
Verde
Andrea Gherpelli legge Verde
E' un sabato pomeriggio, cammino lungo le vie centrali del paese in cui sono nato, per
raggiungere la casa di Marco, mi sta aspettando.
Sono mesi che non mi faccio più vedere o sentire, Marco non capisce il perché e
reclama...
Non si può sostenere che sono troppi gli impegni, che la vita è frenetica, che avrei voluto
ma non ho potuto.
Marco ha qualcosa di importante da dirmi e ora è giunto il momento di andare.
Passeggio e ad ogni passo rincontro i luoghi della mia infanzia, cosa dovrà confessarmi,
perché questa urgenza, sarà mica successo qualcosa.
Un poco di ansia, il senso dell'attesa che cresce in me. Marco una vita dolorosa ma vogliosa di esplodere.
Com'è cambiato il mio paese, nei luoghi, nelle facce, negli odori, anche Marco è una
novità per il paese, viene da Salerno. "Ciao!" un vecchio amico appena incrociato, "sì, sì,
tutto bene, figurati, salutami tua figlia eh?" un amica di mamma, ma tra un saluto e l'altro il
pensiero torna al mio incontro, come mi accoglierà?, sarà arrabbiato?, mi perdonerà?
Il campo da calcetto è rimasto tale e quale, la vecchia villa sta cadendo a pezzi,
dovrebbero salvarla.
Me lo sento, lo troverò triste.
Ci siamo quasi, volto all'angolo dove c'è ancora l'asilo statale. ARRIVATO!
Suono il campanello "Sono Maurizio", "sali pure"
"Ciao Marco! ciao a tutti".
Non faccio in tempo ad entrare, ho già una racchetta da ping-pong in mano, io e Marco
giochiamo per 2 ore poi del tea con biscotti nell'unica pausa e riprendiamo per un'altra
oretta. Uh sono stremato! saluto e bacio tutti, poi me ne torno a casa.
Proprio un gran bel pomeriggio, davvero...
Marco, 8 anni, doveva dirmi che... "tu sei il mio amico speciale, torni presto vero?"
Bianco
Graziano Marani legge Bianco Bagliori all'orizzonte, tutto è ovattato e rarefatto intorno a me, voci che echeggiano in
lontananza....
Ma che cazzo sta succedendo?
Se questo é il paradiso è una sòla infinita!
Allora caccio un urlo disumano, disarticolato, pare che nessuno l'abbia sentito.
Magari è il purgatorio, sì dai, da' più l'idea, un parcheggio divino di anime in attesa.
Ma è la vita! cosa sennò?
Il corpo non lo sento, e non sembra nemmeno importarmene, mi sento leggero, sollevato,
ma dolente, qualcosa di mai provato prima, ma noto da sempre... Venire alla luce.
Allora è come nascere, come nascere di nuovo, sarebbe magnifico. Sembra di essere intrappolati in qualcosa di astratto, hai coscienza della tua incoscienza.
Un nuovo inizio, ma non può essere così a lungo, non potrei resistere in una condizione
come questa, si evolverà, riacquisterò i miei sensi.
Non c'è tempo, non c'è spazio e ne sono consapevole, ripiegato dentro di me.
Un limbo, ma non c'è niente da ballare qui, una sospensione temporale, con tanto di
fulmini e saette, lampi e scosse, con in più qualcosa che sembra scorrere in te.
BIANCO, BIANCO, ecco, finalmente lo vedo, è TUTTO BIANCO...
Trasparente
Massimo Berni legge Trasparente Gratificante, la mia vita è certamente gratificante.
Quanto è importante sentirsi utile per gli altri.
Il tempo passato a fare, a disfare, a pianificare, idee, progetti, volontariato, amicizie.
Bologna è la città perfetta per la vita sociale, per stare tra gli altri, con gli altri, e allora mi
trovo mio malgrado coinvolto a sostenere le cause più disparate, non misuro energie e
slanci.
Quante volte, percorrendo via Massarenti, mi imbatto in volti e storie che ho attraversato,
vissuto sentito.
Attraverso via Marsala, entro al Marsalino per un caffè, è tutto un salutare, pacche sulle
spalle e sorrisi, imbocco via Zamboni ed è un delirio di ciao, come stai, tutto bene.
Beh sì, sono soddisfazioni.
Ti senti come il raccordo, il punto di incontro di esperienze e vite diverse, che grazie a te si
incontrano, sei la connessione attraverso la quale si possono trasmettere emozioni, un
tramite, quel che non si vede ma c'è.
In tutti questi anni, non ho costruito uno straccio di storia sentimentale, ho conosciuto un
mare di ragazze, condiviso serate, passioni, entusiasmi, mi sono speso e profuso in
attenzioni e disattenzioni e alla fine ho finalmente colto la mia essenza ed ho capito
esattamente quel che sono:
Utile ma non Interessante.
Gratificante, la mia vita è certamente gratificante, la felicità è un'altra cosa.
Giallo
Alessandro Calabrò legge Giallo Trasferirmi a Berlino è stata una scelta coraggiosa, ma anche comoda.
E' più facile esser coraggiosi lontano da casa.
L'occasione fu quella offerta da un gruppo di amici musicisti in tour attraverso l'europa,
dopo una tappa a Utrecht e una a Bruxelles, la band arrivò a Berlino.
Io non sapevo suonare un bel niente ma mi proposi come manager, avendo una buona
capacità a relazionarmi anche in inglese.
L'idea funzionò a tal punto che una volta arrivato in Germania mi proposero un lavoro
proprio in ambito musicale, accettai al volo, con calma mi sarei poi preoccupato di far
sapere ai miei che avevo già deciso.
Fu una sorta di tragedia greca spiegare ai miei, al telefono, che non sarei tornato, il
canovaccio era di quelli standard con mia madre che cercava di mediare e mio padre che
mi aveva mandato direttamente a cagare.
Qui è più facile, per uno come me, sentirsi a casa, sentirsi a proprio agio.
Vivo a ridosso di Potsdamer Platz (qui ha sede anche la casa di produzione per cui lavoro)
a Berlino Est, secondo la vecchia di-visione.
Adoro questa parte della città, il SonyCenter, il Festival del Cinema, la Biblioteca... Il nuovo e il futuro accostato alla storia decadente, non so quanto reggerà questo delicato
equilibrio, in me resterà per sempre.
Fu Thomas a propormi il lavoro, e fu sempre lui a farmi conoscere un sacco di nuovi amici.
Thomas e la sua compagna Giorgia sono miei grandi amici, grazie a loro conobbi Carlo e
fu da subito passione tra noi, folli notti tra sesso, affetto e follie.
Con Carlo furono due anni meravigliosi. Girammo l'Europa, facendo sempre tappa in Italia l'estate, tra Toscana, Marche ed
Umbria, naturalmente passavo a trovare i miei, per la felicità di mia madre e per i cancheri
di mio padre.
E' davvero difficile raccontare quanto possa essere dolce l'amore tra due persone dello
stesso sesso, conosco un sacco di persone che pensano che essere omosessuali
significhi automaticamente perversione, promiscuità.
Sulle spiagge italiane questo imbarazzo era lampante, eravamo Gay alla luce del sole!
Già, alla luce del sole...
Chiesi a Carlo di aspettarmi in paese, volevo affrontarli da solo, approfittando anche della
presenza di mia sorella (che già sapeva senza sapere), le parole non saprei riportarle qui
ma posso descrivervi i volti, quella sciocchina di mia sorella sogghignava sotto la mano a
conchetta che nascondeva la bocca, mia madre che mi fissava piangendo come se in quel
momento fossi la creatura più fragile del mondo, mio padre... beh mio padre non saprei, la
sua sedia era vuota.
Tante emozioni, tanta vita in quei due anni.
Mia madre si ammalò gravemente pochi mesi dopo che avevo portato Carlo a conoscere i
miei, e l'estate successiva Carlo mi lasciò.
Presi aspettativa al lavoro per stare vicino a mia madre, mia sorella era troppo impegnata
a gestire la sua bella famigliola felice per potersene prender cura.
In un delirio di viaggi, visite, consulti, esami, ritrovai il rapporto con mia madre e mio padre.
Quella situazione mi mangiava dentro, tra il dolore per il lento spegnimento di mamma, la
mancanza di Carlo e della vita nella mia città adottiva, Berlino, sentivo che non avrei
potuto resistere a lungo. Fu in quel frangente che i miei amici di sempre, sino ad ora
rimasti in secondo piano, seppero aiutarmi concretamente ad affrontare quel momento,
alleviando quella sensazione di ansia e angoscia che sembrava divorarmi.
Lei, se ne andò dopo 3 mesi di peggioramenti ed agonia, ma se ne andò con un sorriso,
per me. Quel sorriso fu il sole, e con quel sole nel cuore tornai a Berlino, ripresi la mia vita, il
lavoro e trovai Salvo, il mio attuale compagno.
Il rapporto con mio padre, seppur freddo per la mia nuova partenza, è civile e "Virile", mia
sorella, non pervenuta.
Saluti Da Berlino.
Arancio
Cristian Morisi legge Arancio È il 16 maggio 2008 quando i protagonisti di questa
avventura si preparano a partire.
Cisco, Iccio, Nello, Lena e Gloria, amici da sempre (ma senza saperlo), preparano il loro
viaggio; innanzitutto una spesa razionale ed equilibrata che va da una sporta di kiwi
ad uno spazzolino-vibratore passando per la nutella...chi
dice che è troppa, chi dice che è poca...il gruppo è già affiatatissimo (e neanche son
partiti!!!)
Dovrebbero essere a Scarlino (Grosseto) per le 19.00, e i nostri baldi sono in perfetto
orario, perché alle 19 precise... Partono da Bologna!
Il tempo di fare il pieno di metano e patatine... e via che si vaaaaa... al tramonto.
Il viaggio parte liscio ma...verso le 21...all’altezza di Barberino del Mugello un ingorgo
pazzesco e una strage, centinaia di fiorentine che attraversano la strada incuranti
del pericolo di essere sbranate.
I nostri eroi sono costretti a fermarsi.
Il viaggio riprende a pieno ritmo e pure a pieno stomaco sul fare della sera...che si fa
notte...
Beh, insomma allo scoccare della mezzanotte i cinque cenerentoli si tolgono le scarpette,
salgono sulla banchina e prendono possesso di Orange Mamba.
Vengono scaricate quelle due cosine che stavano in macchina.
Nello fa il letto, e Iccio glielo frega mettendosi nella cuccetta di prua da solo (la più comoda
con bagno), un vero signore!
A questo punto si apre un buchino nello stomaco e allora perché non ingozzarsi di ciliege
sotto la brezza del porto,
stravaccati a poppa? Il tempo non promette certo grandi cose ma domani è un altro giorno...
Sabato 17 maggio 2008, i nostri prodi si svegliano ad un orario umano, il tempo è una
ciofeca, fanno colazione e viene fatto il check-in, quello che avrebbero dovuto fare alle 19
di ieri... Si accordano con le altre imbarcazioni del loro gruppo e poi via, verso nuove
avventure, alla volta di Porto Ferraio.
C’è vento e, quindi, tutto va a gonfie vele, pure troppo, che c’è mare mosso e si balla, ma
potrebbe essere peggio... Potrebbe piovere... Appunto...
Ma il nostro team è affiatato ed agguerrito: Cisco il capovaro, comanda la barca e
l’equipaggio e la ciurma risponde alla grande, cazza, scazza, andando a randa, ci
sono parecchi nodi e loro ci fanno il fiocco!
Che emozioni, i ragazzi si sono rimessi in gioco, ma Gloria di più e rimette proprio tutto!!!
Notare che l’unico gentiluomo che le porta almeno dello scottex è Nello.
Lena se la cava egregiamente, con tanto di guanti e un’invidiabile sicurezza...
Cisco sembra che abbia una tarantola addosso, non sta fermo e non tace un attimo, a
tratti fa persino paura per l’energia, l’entusiasmo, la passione che ci mette.
Sono più o meno le 17.00 quando i nostri prodi vanno all’attracco, danno corda ed
arrivano in porto... Ferraio!
Salgono sulla terra ferma, pronti a ficcare il naso e soprattutto la bocca tra gli assaggi del
mercatino internazionale, dove c’è ogni ben di Dio comprese le bontà delle terre natie...
Lo stomaco chiama, e alle 18.00 si pranza in barca, manco fossimo in Spagna...
Cena una volta, anzi due, infatti dopo un riposino e la
toletta, i nostri navigati amici salgono alla volta di un ristorantino, assieme ai naviganti
delle altre due barche... rimangiano come maiali.
A fine serata ritornano verso le loro “casette galleggianti”,
Lena e Gloria cappottano, gli altri si riuniscono sull’altra barca ad ascoltare le minchiate di
Iccio e a far filosofia spicciola per chi non ha da cambiare...Così si chiude il
secondo giorno di chi, all’Elba, sta girando intorno...
Domenica 17 maggio 2008, si svegliano tutti miracolosamente presto e vanno a farsi belli
ai bagni pubblici. Ora si può far colazione e poi preparar la ripartenza, il tempo sembra esser più clemente
(ma in nottata ha piovuto!).
E qui viene il bello...In tutti i sensi, perché i nostri eroi si ancorano a Procchio e nel
frattempo è uscito un sole stupendo, come questa avventura...
Lena, Cisco e Nello ci si tuffano dentro!!!
Eppoi se magna... Eccome, ma soprattutto Eqquantoooo!!!!
Poi però si riparte, ci si avvia verso il termine di questa avventura... ma la giornata riserva
ancora un rientro sotto il sole, accompagnato dall’ascolto via radio dell’ultima giornata di
campionato...Iccio riesce a cambiare colore ed umore nell’arco dei 90 minuti, interista
com’è, passa dallo sconforto al tripudio!
Gli altri, giustamente, ne ridono...
Che resta ancora? Il tempo di fare il pieno a Orange Mamba, pulirla, baciarla, ringraziarla
per averli cullati, sognanti... Poi i cinque salgono in macchina e ripartono per terminare da dove avevano cominciato, e
cioè a tavola davanti a una fiorentina.
Speriamo di imbarcarci presto in una nuovo avventura...
VELA racconterò volentieri, a presto.
Viola
Roberto Panisi legge Viola Delicato come il movimento della puntina che lieve si appoggia sul vinile, profondo come il
solco che percorre. Vitale e potente come il suono che esce dall'amplificatore verso le casse, dove esplode
una canzone bellissima ma troppo breve, avresti voluto che durasse all'infinito.
E allora non ti stanchi mai di riascoltarla, tante, tante volte, riecheggia in ogni gesto in ogni
carezza alla vita, quella musica non scompare, non se ne andrà, ti farà compagnia,
sempre...
Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così, non dire una parola che non sia d'amore, per
me, per la mia vita che è tutto quello che ho, è tutto quello che io ho e non è ancora finita...
finita. (da Annarella - CCCP)
Annarella - CCCP
A MASSIMO...
E per finire...
I TURBORIUFIUTI DI FREAK... A ROBERTO...
GRAZIANO CIANO MARANI
Nasce a Correggio il 30/10/72, ma vive a
Fabbrico sino al 2009, in provincia di Reggio
Emilia. A 7 anni si ammala di Leucemia e ne
guarisce completamente a 14.
Ha fondato nel 1987 il gruppo rock/demenziale
The Winkers, che nel 1991 si trasformerà in
Turbolento & i Frenetici e collaborerà con gli
Skiantos.
A 1 7 a n n i g li v ie n e d ia g n o s t ic a t o u n
Meningioma con aneurisma al cervello, perde
l’uso di un occhio e subisce una emiparesi alla
parte destra del corpo, in buona parte
recuperata.
Lavora dal 1997 nella Biblioteca “Giulio
Einaudi” di Correggio.
Per Turbolento &i Frenetici scrive i testi, le
musiche e canta. Nel 1999 esce il Cd “La Sentinella Del Sonno” in cui compare
anche Roberto “Freak” Antoni.
Ha pubblicato due libri, “sesto senso – ovvero quella cosa che fa schifo più di
cinque volte” – Fuori Thema (1998) e “Normale senza Pb – un pieno di quotidiana
leggerezza” – Gruppo Saldatori (2007). Da entrambi i libri ha tratto due monologhi
teatrali (2004 e 2006 omonimi) portati in scena con successo.Nel 2002 ha tenuto una
lezione alla Facoltà di Medicina dell’Università di Bologna sul tema “Gioco e
Malattia”. Volontario e testimonial attivo per AGEOP del S.Orsola-Gozzadini di
Bologna
E’ testimonial per AIRC, nelle campagne di sensibilizzazione e raccolta fondi per la
lotta ai tumori.
Compare tra gli autori citati sulle “formiche”, su “smemoranda” e sull’Enciclopedia
della Battuta, curate da Gino e Michele, e sull’agenda di “comix”. Collabora con
Roberto “freak”Antoni, Paco d’Alcatraz, Eros Drusiani e Alessandro Bergonzoni.
Nel 2008 firma il documentario “Tanto di Cappello” con Nico Guidetti, sulla storia
del Teatro Pedrazzoli.
A fine 2011 debutta col nuovo monologo “Prega Crest! – un giorno da operaio”
realizzato con Giancarlo Terzi (co-autore dei monologhi teatrali e delle canzoni di
Turbolento & i Frenetici, di cui è il chitarrista), costruito attorno ai testi di alcune
canzoni di Pierangelo Bertoli.
Tra il 2012 e il 2014 realizza il documentario “Legami di Sangue” che raccoglie le
testimonianze di 5 mamme che hanno perso una figlia o un figlio per malattia ma
che hanno deciso di aiutare altre mamme in difficoltà attraverso l’aiuto di una
ONLUS (Ageop-Ricerca)
http://cianopenspace.com