Scarica - Redattore Sociale

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Redazione: Piazza Cavour 17 - 00193 Roma • Poste Italiane spa – Spedizione in abbonamento postale 70% - Roma
3 marzo 2013
GIANLUCA NICOLETTI
Vi presento Tommy,
mio figlio autistico
SPORT
Wheelchair rugby,
campionato da urlo
PARI OPPORTUNITÀ
Donna e disabile,
doppia discriminazione
EDITORIALE
di Mario Carletti
Direttore Centrale Riabilitazione e Protesi, Inail
Il tornado Matilde
non porta devastazioni
T
ravolge, trascina, scuote ma non fa danni, anzi costruisce. Mi permetto una confidenza perché conosco la professoressa Matilde Leonardi da
anni. Non solo perché nota professionista e medico (lavora all’Istituto
neurologico “Besta” di Milano), ma soprattutto perché ho avuto modo di collaborare con lei in più di una occasione e ne sono stato travolto.
Ovviamente dal suo entusiasmo, dalla voglia di fare, dalla determinazione: solo lei poteva riuscire nella impresa non facile di coordinare,
come presidente della Commissione tecnico-scientifica, gli incontri dell’Osservatorio nazionale sulla disabilità e sintetizzare, rendendoli ufficiali, i lavori delle diverse sottocommissioni. Abbiamo quindi in mano – per la prima
volta in Italia – un programma d’azione sulla disabilità, come previsto dalla convenzione Onu.
Tanta enfasi perché non è proprio scontato che i lavori delle Commissioni
sfocino in documenti concreti. Il compito poi si complica se gli interlocutori,
come in questo caso specifico, sono decine, a loro volta portatori di altre decine di istanze, in un gioco complesso che ricorda, per la moltiplicazione esplosiva, il chicco di riso sulla tavola della dama.
Sette le aree tematiche individuate dall’Osservatorio, affrontate e sviscerate da sei gruppi di lavoro, tan-
te le ambizioni ma anche molto chiari i punti di partenza.
Innanzitutto, provare ad avere dati statistici reali e concreti dai quali trarre indicazioni utili per qualsiasi tipo di
intervento. Senza numeri su cui basarsi nessuna proposta può essere presa in seria considerazione e, a oggi, l’Osservatorio ha preso atto che in Italia ci sono diverse fonti e
molteplici numeri, ma non aggregati e raccolti in modo serio
e omogeneo. Non manca poi l’approfondimento su temi cardine come il lavoro, la scuola, l’autonomia, l’accessibilità, la salute e il diritto alla vita.
Insomma, siamo davanti a un Programma biennale che naturalmente dovrà passare al vaglio politico del Consiglio dei ministri per le valutazioni globali, di fattibilità e sostenibilità. Il cammino è lungo, ma iniziare
con un passo fermo e sicuro è già molto importante.
3
Donne e disabili,
otto marzo amaro
Ostacoli nella vita personale, sul lavoro,
nella rivendicazione del diritto alla salute.
Se per una donna qualsiasi è già difficile,
per una donna disabile il quotidiano può
trasformarsi in un vero e proprio percorso
a ostacoli. Questo mese SuperAbile Magazine
riflette sul binomio donna e disabilità,
interpellando esperte, esponenti delle
associazioni e dirette interessate. Torna poi
il tema dell’essere genitori, con un’intervista
a Gianluca Nicoletti, noto conduttore
radiofonico, che ha appena
pubblicato un volume sulla
sua esperienza di padre
di un ragazzo autistico.
E poi tante storie
dall’Italia e non solo.
A cominciare da una
bella novità: l’esordio
della Nazionale del
wheelchair rugby,
che ora punta a
rappresentare il nostro
Paese alle Paralimpiadi
di Rio de Janeiro 2016.
Poi, come di consueto, tanta
cultura: scrittori, editori, registi che
hanno compreso che la disabilità non è
una dimensione-ghetto, ma un aspetto
della vita che interessa tutti a prescindere
dalla propria esperienza personale. E che
può essere narrata in modi inediti. Non
ci credete? Guardate gli scatti di Christian
Rocher, un fotografo poco conosciuto
in Italia ma autore di un lavoro molto
interessante e singolare.
ACCADE CHE...
NUMERO tre Marzo 2013
welfare
Osservatorio nazionale disabilità:
approvato il primo Programma d’azione
V
EDITORIALE
3 Il tornado Matilde
non porta devastazioni
di Mario Carletti
ACCADE CHE...
CRONACHE italiane
CULTURA
PINZILLACCHERE
20 La bellezza e l’audacia
del web
di Giovanni Augello
29 Il ragazzo che amava i cavalli
di A.P.
32 Mister Eugenio: quando il rap
è in Lis
di M.T.
33 Voci nel buio, film e laboratorio
di A.P.
SPORT
RUBRICHE
16 Con le mani in pasta,
a sfidare il mercato
di Sara Mannocci
18 Ecco perché ho smesso
7
PORTFOLIO
L’INCHIESTA
8 Se questa è una donna
(disabile)
di Laura Badaracchi
11 Immagine e pubblicità:
il modello impossibile
di Antonella Patete
13 Avanti tutta. Anche di fronte
a certe umiliazioni
di Michela Trigari
sotto la lente
5 Osservatorio nazionale
disabilità: approvato il primo
Programma d’azione
Istat: 145mila alunni disabili e
65mila insegnanti di sostegno
28 Come Tommy divenne una star 38Il francobollo del mese
di volare
di Maurizio Molinari
24 Scende in campo l’Italia
34 Inail... per saperne di più
del rugby
di Stefano Caredda
Menomazioni dell’apparato
visivo
35 Senza barriere
Casa per tutti. Il vademecum
36 Lavoro
Impiegati di notte. Gli esoneri
per la disabilità
37 L’esperto risponde
Esami, Ausili
Turismo
26 Viaggio in Europa. E senza
sorprese
di Giorgia Gay
INSUPERABILI
14 Senza di te cosa sarei
39
40
41
41
Anche in Italia il valore è
in Braille
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Bambole “buone”. Oltre
ogni limite
di M.T.
Il pranzo della domenica
GusTop
di Carla Chiaramoni
Le parole per dirlo
Assistente sessuale
di Franco Bomprezzi
Fatti una “skarrozzata”. Almeno
per provare
di M.T.
Dulcis in fundo
42 Strissie - I pupassi
di Adriana Farina
e Massimiliano Filadoro
Intervista a Gianluca Nicoletti
di Chiara Ludovisi
Superabile Magazine
Anno II - numero tre, marzo 2013
Direttore: Mario Carletti
In redazione: Antonella Patete, Laura
Badaracchi e Diego Marsicano
Direttore responsabile: Stefano Trasatti
Hanno collaborato: Giovanni Augello,
Stefano Caredda, Carla Chiaramoni,
Giorgia Gay, Daniele Iacopini, Chiara
Ludovisi, Sara Mannocci, Maurizio
Molinari, Michela Trigari di Redattore
Sociale; Franco Bomprezzi, Gian Piero
Ventura Mazzuca; Erica Battaglia, Giorgia
Di Cristofaro, Rosanna Giovèdi e Daniela
Orlandi del Consorzio sociale Coin
Editore: Istituto Nazionale
per l’Assicurazione contro gli Infortuni
sul Lavoro
Redazione: Superabile Magazine
c/o agenzia di stampa Redattore Sociale
Piazza Cavour 17 - 00193 Roma
E-mail: [email protected]
Stampa: Tipografia Inail
Via Boncompagni 41 - 20139 Milano
Autorizzazione del Tribunale di Roma
numero 45 del 13/2/2012
Progetto grafico: Giulio Sansonetti
4
Un ringraziamento, per averci
gentilmente concesso l’uso delle foto, a
Contrasto (pagg. 3, 8-9, 12-13), Anmil
(pagg. 4, 10-11), Pietro Sparaco e Uildm
Bergamo (pag. 10), Giulia Macchia
Vercesi (pagg. 14-15), Fondazione il
Sole (pagg. 16-17), Vivek Gohil (pag.
18), Christian Rocher (pagg. 20-23),
Diversamenteagibile.it (pag. 26), Unicef
(pag. 31), Unitalsi (pag. 40), Enrico
Ercolani (pag. 41).
In copertina, una foto di Gianluca
arato, finalmente, il primo
Programma d’azione italiano
per la promozione dei diritti e
l’integrazione delle persone con
disabilità. Ad approvarlo, il 12
febbraio scorso, l’Osservatorio
nazionale sulla condizione
delle persone con disabilità. La
notizia è arrivata circa tre mesi
dopo l’invio, nel novembre
2012, del primo Rapporto
italiano alle Nazioni Unite
sulla implementazione della
Convenzione Onu sui diritti
delle persone con disabilità nel
nostro Paese.
Dal respiro biennale, il
testo dovrà essere sottoposto
all’esame del Consiglio dei
ministri e al parere della
Conferenza unificata, per poi
essere adottato come decreto
del presidente della Repubblica.
«Un gran risultato perché
non abbiamo proposto una
politica per i disabili, ma una
politica per l’Italia che sappia
accogliere anche le persone con
disabilità», ha commentato la
presidente del comitato tecnicoscientifico dell’Osservatorio,
Matilde Leonardi, dell’Istituto
neurologico “Besta” di Milano.
Precisando: «Abbiamo voluto
mettere una pietra miliare. Era
fondamentale fare il piano
d’azione prima che cadesse
il governo, perché chiunque
venga dopo possa avere un
piano d’azione biennale al quale
attenersi».
Sette le aree principali
individuate dall’Osservatorio
nel nuovo piano: dalla salute
un parametro di riferimento,
abbiamo solo un’idea di quanti
disabili lavorino».
Altra proposta condivisa:
«Una profonda riforma del
sistema di certificazione della
disabilità. Quello attuale è
un sistema percentualistico
risarcitorio, che crea
discrepanze e non sempre può
offrire risposte ai bisogni delle
persone». Oltre ai gruppi di
al lavoro, dalla scuola agli
lavoro su scuola, accessibilità,
interventi nei progetti di
vita indipendente, diritto
cooperazione all’estero. Uno
alla vita e salute, ce n’è uno
dei primi obiettivi indicati dal
collegato con il ministero degli
programma è quello di avere
Affari esteri: «Ci è sembrato
cifre precise sulla disabilità
giusto che la nostra modalità di
in Italia. «Vogliamo provare a
pensiero fosse trasferita anche
mettere insieme tutte le fonti
nelle azioni sulla disabilità fuori
per rendere i dati amministrativi dall’Italia, mantenendo una
anche statistici – ha spiegato
linea nostrana all’approccio
Leonardi –. Non sappiamo,
da esprimere nel lavoro che
per esempio, quale sia il
il terzo settore svolge nella
cooperazione internazionale».
tasso di disoccupazione delle
(immagine Fotolia) [G.A.]
persone con disabilità. Senza
Turismo
Torna Gitando.all, dal 21 al 24 marzo a Vicenza
U
n nuovo padiglione dedicato
al design for all e agli ausili per
la vacanza, comprese le nuove
tecnologie per la comunicazione e
l’informazione al servizio del tempo
libero. Torna Gitando.all, il Salone
Pietro Barbieri è il
nuovo portavoce del
del turismo e dello sport accessibile,
Forum nazionale del
in programma alla Fiera di Vicenza
Terzo Settore. Membro dal 21 al 24 marzo. Al suo interno
del Coordinamento
il Meeting internazionale del
nazionale dal 2008,
turismo accessibile, quest’anno in
è presidente dal ‘96
collaborazione con la Commissione
della Fish (Federazione
europea e l’European network
italiana per il superaaccessible tourism, e Buy Italy for
mento dell’handicap).
«Dobbiamo saper
rappresentare la società civile in maniera
non inerte davanti alla
crisi. E la disabilità è
collocata in questa proposta», ha dichiarato.
all, una sorta di “borsa” dove le
agenzie di viaggio, le associazioni
e i tour operator stranieri possono
comprare vacanze accessibili in
Italia.
Tra gli eventi, si segnalano il
concorso “Libero accesso”, la
mostra europea “Cities for all” e
le aree esperienziali. Ma anche
esibizioni sportive, un percorso a
ostacoli in sedia a ruote, test drive
per le persone disabili e il museo
tattile Omero. Entrata libera. Per
informazioni, Gitando.it.
Nicoletti e del figlio Tommaso scattata da
Fabrizio Intonti (Fabriziointonti.com)
5
E dopo di noi? Sempre
più soli. Perché nei
prossimi anni, in Italia,
il numero delle persone
disabili che rischiano di
restare senza supporto
alla morte dei propri
cari è destinato ad
aumentare. Lo rivela
anche uno studio del
Cnel: infatti il 45% dei
ragazzi disabili sotto i
24 anni ha una disabilità
grave, o è affetto da
multidisabilità, e vive in
famiglia.
ACCADE CHE...
Ricorrenze
L’Istituto per i ciechi di Trieste compie 100 anni
P
Baby-sitter per
bambini autistici.
Grazie a un corso
organizzato a Roma e
Napoli dall'associazione
Ipertesto, in
collaborazione con
Culturautismo, che
durerà fino a giugno.
Rivolto a diplomati,
studenti di Scienze
dell'educazione o
Psicologia, animatori
di centri diurni e
operatori sociali, il
corso è incentrato sui
disturbi pervasivi dello
sviluppo e prevede
un tutoraggio. Per
informazioni:
tel. 06/2292416 (Roma),
tel. 081/5790743
(Napoli), paolazanini@
culturautismo.it.
er la disabilità visiva di Trieste è
tempo di festeggiare il centenario.
L’Istituto regionale Rittmeyer, infatti,
compie un secolo di vita e lo celebra
continuando il programma di visite
guidate bendate, mostre, concerti,
cene al buio, open day e spettacoli
iniziato due anni fa. Nato nel 1913
grazie alla donazione della baronessa
Cecilia de Rittmeyer, da centro
assistenziale per i ciechi l’istituto
si è pian piano trasformato in ente
educativo. Punto di riferimento del
Friuli Venezia Giulia per le persone
non vedenti e le loro famiglie,
organizza laboratori occupazionali
e artigianali, attività motorie e di
psicomotricità, pet-therapy, progetti
personalizzati, promuovendo ricerche
nell’ambito dell’assistenza ai disabili
visivi in partnership con vari Paesi
della Ue. Info: Istitutorittmeyer.it.
Un manuale contro
i disturbi visivi sul
lavoro. Sono le Linee
guida per le aziende
su prevenzione delle
disabilità e degli
infortuni alla vista
pubblicate dalla
Fondazione Bietti in
collaborazione con la
Camera di commercio
di Roma. Non è il
videoterminale a fare
danni, ma una cattiva
progettazione di
postazioni e modalità
di lavoro, si legge nella
prefazione. Quindi
sì all’ergonomia e ai
comportamenti corretti
dei lavoratori.
MONDO INAIL
Con la Comunità di Sant’Egidio
per una sicurezza senza frontiere
L
Workshop
Danza integrata, laboratorio
aperto a tutti
M
ovimento scenico e somatico
insieme alla contact
improvisation: elementi per creare un
linguaggio comune tra
danzatori con e senza
disabilità. Così il corpo
diventa strumento per
raccontare storie. È il
laboratorio di danza
integrata condotto da
Marisa Brugarolas ogni
martedì pomeriggio,
fino a maggio, presso
l’Accademia di Spagna
a Roma (piazza San
Pietro in Montorio 3).
L’insegnante è responsabile dal 2005 del
progetto “Ruedapiés”.
Costo: 2 euro a lezione.
Per iscriversi: [email protected].
6
a Comunità di Sant’Egidio di Roma e l’Inail Lazio
insieme per una giornata di formazione senza
frontiere voluta per affermare una cultura della sicurezza e della prevenzione degli incidenti sul lavoro,
con particolare riguardo al settore edilizio e all’ambiente domestico. L’iniziativa, rivolta soprattutto agli
studenti immigrati della Scuola di lingua e cultura
italiana della Comunità di Sant’Egidio, ha visto la
partecipazione di oltre mille persone straniere. Una
sorta di “festa in famiglia” fatta però di incontri con
gli esperti e approfondimenti sugli aspetti legali.
Il concorso
“Apriti sesamo”, per una cultura
a prova di sensi
S
ostenere e
promuovere idee
che favoriscano
l’accessibilità dei luoghi
e delle opere d’arte
per le persone con
disabilità sensoriale.
È l’obiettivo di “Apriti
sesamo”, il primo
concorso nazionale per
la selezione di progetti
pilota promosso dal
ministero per i Beni e le
attività culturali, Centro
per i servizi educativi del
museo e del territorio,
Unione italiana ciechi
e ipovedenti ed Ente
nazionale sordi.
L’iniziativa si rivolge a
giovani creativi capaci
di elaborare percorsi
comunicativi in grado
di abbattere le barriere
sensoriali e migliorare la
fruizione del patrimonio
artistico-culturale
contemporaneo.
I progetti dovranno
tener conto delle nuove
tecnologie e di come
rendere percepibili
gli spazi legati
all’architettura. Info:
alessandra.pivetti@
beniculturali.it.
Scuola
Istat: 145mila alunni disabili e
65mila insegnanti di sostegno
A
umenta dello 0,1% la presenza
di alunni con disabilità nelle
scuole statali e non. L’ultimo
rapporto Istat ne rileva infatti
circa 145mila nell’anno 2011-2012,
di cui 81mila nella scuola primaria
(pari al 2,9% del totale) e poco
più di 63mila in quella secondaria
di primo grado (pari al 3,5%). Il
ritardo mentale è il problema
più frequente (39% dei casi), seguito dai disturbi
dell’apprendimento, dell’attenzione, del linguaggio
e affettivo-relazionali.
Secondo i dati del ministero dell’Istruzione, si
contano poco più di 65mila insegnanti di sostegno,
ma il 40% di loro è diverso rispetto all’anno
precedente. Al Sud si registra il maggior numero di
ore di sostegno assegnate per alunno (12 ore medie
settimanali, contro le 9 del Centro-Nord) e il minor
numero di ore prestate dall’assistente educativo
(poco più di 5 ore, contro le quasi 13 del Nord). Una
famiglia su dieci, infine, ricorre al tribunale per
ottenere più ore di sostegno per i propri figli.
teatro
Corsi di recitazione in Lis
N
ovità in vista per i Diversamente Comici: “La città
dei sordi in festival”, in programma a luglio ai
giardini della Filarmonica di Roma, e “La città dei
sordi sit-com cabaret” (al Teatro Due il prossimo
dicembre). Alla ricerca di un linguaggio teatrale per
comunicare con persone udenti e non, il duo apre
un laboratorio di recitazione per creare il gruppo
che sarà coinvolto nei nuovi progetti: fino al 26
giugno, corsi per principianti e avanzati il mercoledì
pomeriggio all’Istituto statale dei sordi, a Roma. Le
lezioni, aperte a tutti, propongono un uso creativo
della Lis. Info: [email protected].
Europa
Assistenza domiciliare:
il Regno Unito arranca
I
n Inghilterra le persone disabili non
ricevono la giusta
assistenza. È l’allarme
lanciato dall’associazione Scope in
un rapporto
che ha
raccolto le
voci di 600
titolari di
assistenza
domiciliare.
Il 40% non
riceve aiuto
neppure
per l’igiene
personale,
il vestirsi, il mangiare o
l’uscire di casa e il 34%
si sente limitato sul
7
lavoro e nelle attività
sociali. Ciò sembra dipendere dalla scarsità
di fondi. E la situazione
potrebbe peggiorare
se passasse la
riforma sull’assistenza sanitaria
ipotizzata dal
governo britannico: circa
200mila
persone
rischierebbero
di non
ricevere
alcuna
sovvenzione, garantita
solo alle disabilità più
gravi.
Una carta dei servizi
per i pazienti del
Centro di riabilitazione motoria Inail di
Volterra. L’opuscolo
fornisce informazioni
sulla struttura, l’organizzazione e le prestazioni:
dal ricovero all’attività
ambulatoriale, dall’utilizzo di piscina e
palestra alla consulenza
psicologica. Nel 2011
il 94,5% dei pazienti
ha dichiarato “ottima
o buona” l’assistenza
ricevuta. Per contatti:
tel. 0588/98444, e-mail
[email protected].
l’inchiesta L’altra metà del mondo
Se questa è una donna (disabile)
Otto marzo amaro per l’universo femminile con disabilità.
Tante le discriminazioni: nella vita privata, sul lavoro, in ambito sanitario.
Ancora numerosi i pregiudizi e le violenze subite. Mentre da tempo le associazioni
s’impegnano in un lavoro dal basso, per scardinare la mentalità comune
Laura Badaracchi
O
ggi Marie Deliesse ha 64 anni. Un papà operaio e una
mamma casalinga che non
ha mai accettato la sua disabilità, la sindrome di Little, infermità motoria cerebrale che provoca
problemi nella coordinazione dei
movimenti. «Fino all’età di sette
anni mi sposto strisciando. Poi
mio padre mi porta a Parigi per
un intervento alla colonna ver-
tebrale che mi permetterà di
camminare, seppur in maniera
ancora molto scoordinata. Mia
madre sviluppa nei miei riguardi un odio che mi perseguiterà
per tutta l’infanzia, l’adolescenza
e lungo tutta la mia vita di donna». Ripercorre dolorosamente la
spirale di botte, discriminazioni
e soprusi – subiti in casa proprio
da chi l’ha messa al mondo – nel
volume autobiografico Più for-
8
te della violenza, pubblicato dalle Paoline.
È la sua storia, drammaticamente vera seppur estrema. E
rappresenta la punta di un iceberg: restano ancora molte, troppe, le facce della discriminazione
che le donne con disabilità si trovano a dover affrontare dalla nascita o a causa di una malattia
invalidante, di un incidente sul lavoro. «Vengo picchiata senza mo-
tivo, privata di amore e di affetto,
maltrattata fisicamente e moralmente», racconta Marie, ricordando in maniera lucida, nitida,
tutti gli episodi di violenza subiti
dalla madre: «Deve aver sofferto
anche lei per odiarmi così tanto».
L’autrice riproduce nelle sue scelte l’imprinting ricevuto: sposa un
uomo aggressivo, che abuserà di
lei. Ma con un lungo percorso riuscirà a separarsi e a riannodare i
fili della sua esistenza, impegnandosi anche in numerose associazioni a fianco di persone disabili
e malate: è il suo riscatto, insieme
ai suoi figli. Insomma, l’esclusione subita non resta mera cronaca,
anzi si trasforma in vicinanza e
condivisione.
essere donna e avere una disabilità comporta una vita di discriminazione multipla. Le donne
disabili sono sempre e comunque
donne, ma non sono mai riconosciute come tali. Non bisogna credere che in Italia la condizione di
vita delle donne con disabilità sia
sicuramente migliore rispetto ad
altri Stati, né che la povertà economica e culturale in cui sono
segregate le donne disabili sia tipica dei Paesi in via di sviluppo»,
denuncia Luisella Bosisio Fazzi,
consigliere della Ledha (Lega per
i diritti delle persone con disabilità). L’associazione sta progettando
l’apertura di un Centro di tutela
antidiscriminatoria, a sostegno
anche dell’universo femminile,
in grado di diventare punto di ri«In un mondo costruito per ferimento regionale e nazionale
uomini e gestito da uomini, raccogliendo segnalazioni e ri-
9
Musica in rosa per la sicurezza sul lavoro.
Una sfida tra cantautrici e compositrici per
esprimere l’importanza della prevenzione
degli infortuni, in fabbrica così come in
casa, in ufficio o nei cantieri. È “Note di
sicurezza - Umbria donne e lavoro”, il
concorso nazionale per parole e musica
al femminile promosso da Inail e Anmil
di Perugia insieme a Comune, Provincia,
Consigliera provinciale di Parità, Università,
Ordine degli psicologi dell’Umbria, Centro
internazionale di promozione delle attività
musicali e Radio Subasio, nell’ambito delle
manifestazioni organizzate per la Festa
della donna. Giunta alla sua ottava edizione
– dopo quelle dedicate a pittura, prosa,
fotografia, fumetto, video, sms e favole –,
quest’anno l’iniziativa ha visto le “sfidanti”
cimentarsi nello scrivere una canzone o nel
comporre un’opera per quintetto d’archi e
voce recitante.
Il filtro di una lente “di genere” sta diventando
sempre più essenziale per guardare al mondo
professionale, oltre alla volontà di rendere le
donne vere protagoniste di una cultura della
prevenzione dei rischi sul lavoro che passi
anche attraverso la dimensione artistica e
creativa. Le opere vincitrici – premiate il 6
marzo a Perugia e la sera
stessa in concerto a Terni
–, nonché quelle scelte
dalla giuria presieduta
dal maestro Carlo Alberto
Neri, saranno pubblicate
in un cd. «Insieme al
materiale delle scorse
edizioni, faranno parte degli strumenti
di comunicazione utilizzati nelle varie
iniziative di sensibilizzazione e formazione
sul territorio», commenta Alessandra Ligi,
direttrice della sede Inail di Perugia. [M.T.]
In Italia le donne disabili sono il doppio
degli uomini (oltre un milione e 700mila,
contro gli oltre 880mila di sesso maschile) e
rappresentano circa il 6% della popolazione.
Ma su tre lavoratori disabili, solo uno è donna.
Le rappresentanti del genere femminile sono
però più autonome: il 37% delle donne disabili
vive da sola, contro il 13% degli uomini (fonte:
Istat-ministero del Lavoro e politiche sociali).
l’inchiesta L’altra metà del mondo
Con il progetto “Omero. La forza della
narrazione” l’Anmil (Associazione nazionale
mutilati e invalidi del lavoro) sta affrontando
al femminile il tema degli infortuni sul lavoro: su
800mila incidenti annui in Italia, 245mila riguardano
le donne. Obiettivo? Sviluppare attraverso storie
reali una «catena della consapevolezza» insieme
a organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori,
associazioni imprenditoriali e di categoria. Info:
[email protected]. [L.B.]
Le lavoratrici disabili? Doppiamente
discriminate secondo la sesta relazione Isfol.
Nel biennio 2010/2011, a fronte della contrazione
generale che interessa entrambi i sessi nelle
iscrizioni al collocamento mirato, la presenza
femminile resta inferiore rispetto a quella maschile:
382.226 iscrizioni nel 2010, pari al 48,7%, e 328.382
nel 2011, pari al 48,1%. Invariata la distribuzione
geografica: più consistente al Sud e nelle Isole.
Nel 2011 gli avviamenti complessivi di donne con
disabilità sono stati 8.902.
Sopra, uno degli scatti di Pietro Sparaco per la mostra fotografica
sulle donne “Tra il corpo e gli affetti”, realizzata per la Uildm
di Bergamo. Al centro, Maria Pia Latorre, fotografata da Tiziana
Luxardo per Anmil. «In lavanderia le macchine lavorano
a una temperatura di 190°. Ne bastano molti meno per mangiarti
un braccio», racconta la 32enne di Carpi. La sua mano è finita lì
dentro 12 anni fa, quando lavorava d’estate in un albergo.
chieste, offrendo informazioni e
consulenze.
«I dati ci dicono che le donne
disabili trovano con più difficoltà lavoro, spesso devono rinunciare al desiderio di maternità e,
in generale, subiscono più discriminazioni rispetto ai maschi. Sono invisibili perché le politiche
di genere non influenzano la loro condizione e le politiche sulla
disabilità non tengono conto del
genere», insiste Bosisio Fazzi. Evidenziando che raramente le donne disabili sono «considerate in
relazione alla femminilità, alla
maternità, alla genitorialità, alla bellezza. Detengono il più alto tasso di non impiego, sono più
spesso escluse dai sistemi educativi; normalmente vengono dissuase dall’avere figli. Spetta a loro
la percentuale più elevata di violenze e abusi subiti, soprattutto
alle donne con malattie psichiatriche, disabilità sensoriali e in- cepire e rendersi conto di quanto
le è accaduto. L’imputato infattellettive».
ti durante il processo ha più volUn quadro sconfortan- te negato gli addebiti, ma dopo il
te. Per questo la Ledha offre dibattimento è stato condannato
da tempo un servizio legale. a una pena di sei anni».
Se circa il 16% delle donne eu«Anche a causa della scarsa informazione sul tema, le persone con ropee è disabile, un rapporto del
disabilità e in particolar modo le Parlamento dell’Unione denuncia
donne, sono ancora spesso vitti- che circa l’80% di quelle istituziome di violenza», fa notare l’av- nalizzate sono esposte al rischio
vocato Gaetano De Luca, che ha di violenza, spesso compiuta prosupportato la famiglia di una ra- prio dalle persone che dovrebbegazza milanese con una disabilità ro prendersi cura di loro. E nella
di tipo intellettivo vittima di vio- civilissima Germania uno studio
lenza sessuale da parte dell’auti- commissionato dal ministero per
sta che l’accompagnava a scuola e la Famiglia rivela che migliaia di
al centro diurno: «Comprensibile donne con disabilità intellettiva,
la difficoltà dei genitori nel dover rinchiuse in istituti, hanno subiaffrontare un processo e nel ve- to abusi sessuali.
Al di là dei casi di cronaca, i
dere la propria figlia subire tutta
una serie di attività di indagine diritti violati pongono l’urgenvolte ad accertarne la credibili- za di un cambiamento culturale,
tà e la reale capacità di poter per- di una sterzata decisa nella men-
10
ma di negazione del loro diritto
alla sessualità. Sono quasi invisibili all’interno dei media, poiché
il loro corpo è percepito dalla società come “poco desiderabile”».
Secondo il Global gender gap
report 2012, lo studio sulla disuguaglianza di genere a livello
mondiale elaborato annualmente
dal World economic forum, «l’Italia si colloca all’80° posto nella
classifica planetaria della parità
donna-uomo. C’è ancora una forte rigidità nell’associare i ruoli sociali al genere di appartenenza. E
questo solitamente penalizza le
donne, anche quelle disabili, soggette a discriminazione anche per
la loro disabilità, il che le pone in
posizione di svantaggio rispetto a
chi (uomo o donna) non è disabile, ma anche rispetto agli uomini
svantaggiati “solo” per il fatto di
essere disabili», fa notare Simona Lancioni, sposata con un partner disabile e membro fin dalla
sua costituzione, nel 1998, del Coordinamento del Gruppo donne
Uildm (Unione italiana lotta alla
distrofia muscolare, Uildm.org/
gruppodonne). Un gruppo che
punta alla formazione e all’informazioni di genere, formato da volontarie non solo disabili. «Penso
sia un valore aggiunto: se ciò che
si vuol promuovere è l’inclusione,
quale miglior modo che praticarla? Un bell’esempio di solidarietà
tra donne al di là delle differenze
che mi consente di coniugare due
miei interessi: quello per la condizione femminile e quello di chi
con la disabilità si confronta quotidianamente da 20 anni».
talità comune. Perché i pregiudizi sono duri a morire. Approvata
nel dicembre 2006, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità
(ratificata da una ventina di Paesi della Ue) auspica che le donne non siano più vittime della
«discriminazione multipla». Un
concetto «reso noto dagli studi di
Kimberly W. Crenshaw in riferimento alle esperienze di discriminazione vissute dalle donne
nere in America, che si è progressivamente esteso in altri ambiti», spiega la psicologa valdostana
Laura Elke D’Apolito, autrice di
una recente ricerca sulle donne
disabili: «In una società come la
nostra, dove la sessualità è l’oggetto più frequente della comuA volte Simona viene
nicazione di massa, l’invisibilità “scambiata” al telefono per
a cui sono costrette le donne di- una persona disabile: «Quansabili in qualche modo è una for- do chiarisco che non lo sono, al-
11
Immagine e pubblicità:
il modello impossibile
influenza le donne in particolare,
«Lainpubblicità
quanto genere subalterno. E le donne disabili
sono doppiamente discriminate perché subiscono
anche il processo di “inferiorizzazione” che, storicamente, l’Occidente ha portato avanti nei confronti
delle persone con un aspetto diverso». A riflettere sul
potere della pubblicità nella vita delle donne disabili
è Laura Corradi (nella foto), docente di Studi di genere
all’Università della Calabria e autrice di un saggio
pubblicato nel 2012 da Ediesse: Specchio delle sue
brame. Analisi socio-politica delle pubblicità: genere,
classe, razza, età ed eterosessismo.
Qual è l’impatto della pubblicità sulle donne disabili?
«La pubblicità dà un’idea di norma, di bellezza e di
prestanza fisica che è un insulto per tutte le donne e lo è
doppiamente per le donne con
disabilità. Queste ultime, infatti,
sono escluse in partenza rispetto
a un ideale di bellezza talmente
lontano e irreale da cozzare
contro la realtà della stragrande
maggioranza delle donne».
C’è modo di scalfire la forza di questo modello?
«Negli ultimi mesi tante cose sono cambiate: nel
mondo della pubblicità sono comparse persone
più “normali”. Come cinque ex top model degli anni
Ottanta reinserite nel mercato pubblicitario per reclamizzare creme di bellezza. Sono donne non più
giovani, che io trovo assolutamente appropriate per
la pubblicità di prodotti di bellezza destinati a chi è
avanti con gli anni».
Alcune donne disabili cercano di essere protagoniste nella pubblicità e nella moda. Che ne pensa?
«Accanto alla lotta per i diritti sociali e civili, esiste
anche una lotta per i diritti cosiddetti simbolici. Non è
indecente che una donna disabile porti una scollatura
o una minigonna. Un tempo le persone con disabilità
venivano chiuse in casa, mentre oggi possono viaggiare, fare politica, lavorare. Domani potranno girare
in bikini e nessuno troverà oscena l’esposizione della
loro “difformità” rispetto a una norma sempre meno
tale. Quindi ben venga il giorno in cui una casa di
cosmetici deciderà di avvalersi di una donna disabile
per reclamizzare un profumo. Tuttavia, non penso che
si tratti di un focus prioritario. Ci sono battaglie più
urgenti da portare avanti, come quelle per il lavoro,
per l’istruzione e contro gli stereotipi dominanti».
[Antonella Patete]
l’inchiesta L’altra metà del mondo
cuni si scusano come se fosse
un’offesa. Anche questi episodi
dimostrano che le persone con
disabilità sono guardate in modo differente, che talora si traduce in discriminazione. Quelle
scuse non esprimono solo un pregiudizio negativo riguardo alla
disabilità: l’idea che ci facciamo
delle cose incide sui nostri comportamenti molto più della realtà stessa». L’obiettivo primario del
Gruppo donne Uildm è proprio
questo: suscitare un dibattito e un
cambiamento culturale a riguardo. «Siamo diventate un punto di
riferimento per coloro che cercano informazioni sul tema “donne e disabilità”. Siamo costanti e
mettiamo a disposizione gratuitamente tutto il nostro lavoro di
documentazione. Lo scorso anno
l’associazione culturale e compagnia teatrale “Decima Musa
Caravaggio” (Bergamo) ci ha assegnato il premio omonimo 2011
per il nostro lavoro e impegno
contro la violenza sulle donne».
Avanti tutta.
Anche di fronte a certe
umiliazioni
A 22 anni Antonella Munaro ha avuto
un incidente stradale tornando a casa
dal lavoro. Ma non ha perso la sua grinta
e la sua voglia di vivere
Sopra, Antonella Munaro. Alle pagg. 8-9,
Luciana Gibertini, 38 anni, della provincia
di Reggio Emilia, assistita Inail
(© Riccardo Venturi/Contrasto)
Certo, i margini di miglioramento non mancano: «Si po- test non si trovano strumenti dia-
trebbero promuovere campagne
di comunicazione mirate e approfondire maggiormente aspetti
specifici, cercando di coinvolgere gruppi femminili e quelli che
si occupano specificamente di
donne disabili», ammette Simona. Una discriminazione ancora
nell’ombra da segnalare? «L’accesso ai servizi di ginecologia e ostetricia che spesso, per le donne con
disabilità, è molto problematico:
un tema molto poco conosciuto e
sottovalutato». Il diritto alla salute viene condizionato dall’accessibilità e la discriminazione può
palesarsi, per esempio, quando
per una mammografia e un pap
gnostici adeguati per chi ha problemi di mobilità o di equilibrio.
Concorda Annalisa Benedetti, dal 2000 nel Coordinamento: «Non è contemplato che una
donna disabile possa piacere, suscitare desiderio e avere rapporti sessuali, relazioni sentimentali,
essere madre. Siamo perciò convinte che nell’immaginario collettivo non esista nemmeno il
binomio “donna disabile-violenza”. Sarebbe un paradosso: esseri considerati privi di interesse
sessuale che possono subire abusi in tal senso. Invece accade: le
donne con disabilità non soltanto non sono escluse dalle forme
12
di violenza che colpiscono il genere femminile, ma restano vittime completamente invisibili dei
soprusi che si consumano tutti i
giorni tra le mura domestiche e in
ogni contesto sociale».
A volte, per vincere lo stigma,
la genialità aiuta. Come dimostra
la pittrice messicana Frida Kahlo,
scomparsa nel 1954 a 47 anni: affetta da spina bifida, su una sedia
a ruote, si ritraeva senza nascondere il proprio corpo. Il registro
dell’ironia e la mancanza di pudore nei confronti della sofferenza contraddistinguono le sue tele.
L’arte come forma di resistenza,
dunque: può essere questa una
delle chiavi, per aprire gli occhi –
senza banalizzarle – sulle discriminazioni e trasfigurarle in forza
propulsiva, dirompente. In voci
uniche da ascoltare per diventare più umani.
Michela Trigari
N
on le sono mai piaciuti certi sguardi un po’ pietistici. E
nemmeno i medici indelicati. Capelli corti spesso colorati di
rosso, blu, fucsia, viola o turchese, piercing al sopracciglio, più
che appassionata di atletica leggera, grande amante dei tatuaggi,
dell’estetista e del parrucchiere.
Antonella Munaro, 48enne assistita Inail, nel 2011 campionessa di carrozzina olimpica, ora è
consigliere nazionale in rappresentanza degli atleti nella Fispes
(Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali) e segretaria dell’Aspea Padova, la società
per cui è tesserata. «Un impegno
a tempo pieno, anche se non retribuito», commenta ironica e
quasi divertita. Eppure di difficoltà, nella sua vita, ne ha incontrate. A partire da quell’incidente
stradale che, a 22 anni, l’ha costretta a usare la sedia a ruote e
a cambiare impiego. Un colpo di
sonno mentre guidava ed è finita in pieno contro un albero con
la sua auto. «Era il 1988 e facevo
la cassiera in pizzeria ma, un po’
per via dei problemi che ho avuto
con il titolare nel riuscire a farmi
riconoscere l’infortunio nel tragitto casa-lavoro, un po’ perché il
locale non era accessibile e un po’
perché non ero psicologicamente pronta a riprendere la macchina da sola per tornare a casa dopo
il turno serale, ho deciso di aprire un bar insieme a mio fratello».
Lo ha chiuso dopo un paio d’anni, assorbita dagli allenamenti e
dall’attività sportiva.
«Discriminazioni subite dal
punto di vista professionale?
Molti “poverina” da parte di alcuni clienti nel vedere la carrozzina
e nel sentire la mia storia, soprattutto le prime volte. Ci rimanevo
proprio male, non mi è mai piaciuta la pietà: la vita va avanti. Da
seduta, ma se hai la forza di reagire può anche darti delle soddi-
13
sfazioni». Qualche altro episodio
spiacevole? «Con una ginecologa
e con un urologo. Alcuni medici
non sanno nulla della paraplegia
causata da lesione midollare e dei
problemi di sensibilità che può
comportare. Così, a volte, sono
verbalmente davvero poco delicati. Soprattutto quando si è giovani, è umiliante sentirsi dire frasi
come queste: “Cos’è venuta a fare,
visto che non ha la sensibilità?”.
Ora, però, le cose sono cambiate».
Ma la vita in campo affettivo
resta difficile: «Sogno ancora un
compagno e una famiglia. Ho girato mezzo mondo, mi piace essere sempre femminile, ma non
nego che il lato relazionale e sessuale sia faticoso, specie quando
non c’è l’amore. Ci sono uomini che capiscono, altri che invece
proprio non ci riescono». Almeno
lo sport è “un’isola felice” in rosa? «Se si guardano le medaglie
paralimpiche o altri risultati, direi di sì. Però sono ancora poche
le donne disabili che si dedicano
all’attività sportiva. Servirebbe
più promozione. Anche perché fa
bene pure alla vita sociale».
INSUPERABILI Intervista a Gianluca Nicoletti
Tommy è il suo gigante
bambino. Un radar
sull’umanità, che aiuta a
gustare quei pochi attimi
di libertà che gli restano.
In un libro spudorato
il giornalista racconta la
sua vita accanto al figlio
autistico. Con cui ha ormai
un rapporto simbiotico
«O
Chiara Ludovisi
ra Tommy è lì a cavallo che sorride contento, è in uno stato di
grazia. E io posso parlare tranquillamente al telefono». Mentre ci aiuta a ripercorrere insieme le pagine del
suo libro, Una notte ho sognato che parlavi, appena uscito in libreria per Mondadori, Gianluca Nicoletti, giornalista e
scrittore, guarda il figlio Tommaso cavalcare, nella caserma dei Lancieri di
Montebello, a Roma. «È una delle sue
attività preferite. E, di conseguenza,
uno dei miei momenti migliori: lui è felice, io sono libero». Tommaso è un “gigante” autistico di 14 anni, con i piedi
grandi, i capelli ricci, le spalle larghe e
robuste e il passo sicuro, quando cammina per strada insieme, anzi davanti,
al suo papà. Una coppia quasi simbiotica, perché «il padre di un ragazzo autistico di solito fugge. Quando non lo fa,
nel tempo lui e il figlio diventano gemel-
Aggiornamenti e approfondimenti relativi
al volume Una notte ho sognato che parlavi
(Mondadori) su Miofiglioautistico.it
(foto di Giulia Macchia Vercesi)
è a suo agio, vuol dire che in quella persona o in quel luogo c’è positività. La seconda: con Tommy diventi intollerante.
E siccome non puoi arrabbiarti con lui,
finisce che scarichi sugli altri le tue tensioni: in famiglia, anzitutto. La terza:
con lui ho imparato a dare grande valore ai piccoli spazi di libertà che mi restano. Con Tommy, non so perché, mi
godo molto di più le cose. Come se fosse un esaltatore di sapidità della cucina
orientale.
Senza di te cosa sarei
li inseparabili». Così racconta Nicoletti, Centauro: lui è il giovane guerriero, ma
nel libro-diario in cui «scrivendo di not- ha bisogno di me per completarsi.
Il volume è pieno di dettagli, anche molto
te, in fretta, quasi in uno stato di trance», tratteggia con l’affetto del padre, la
personali, sulla sua vita e quella della sua
lucidità del giornalista e l’ironia tutta
famiglia. Si pente di aver svelato tanto?
sua, giornate e fatiche, conquiste e diffiHo scritto il libro in uno stato di quacoltà di un figlio «per sempre bambino». si incoscienza e oggi, mentre lo rileggo,
Il libro si chiude con un’immagine sul futu- mi chiedo chi me l’abbia fatto fare. Tanti
ro: il vecchio Anchise portato sulle spalle mi hanno detto che sono stato un folle e
dal giovane Enea. Quale figura mitologi- forse, se fossi stato più lucido, tante cose
ca rappresenta invece il vostro presente? non le avrei scritte. Ma il libro nasce per
Quella di Anchise ed Enea è una far vivere un progetto, di cui parlo alla
chiusura mesta, ma è ciò che ci aspetta fine. E poi credo che sia importante racse non troveremo una soluzione. Tom- contare, dire ciò che nessuno dice, senza
maso, diversamente dagli altri ragazzi, filtri e senza pudore. Ecco, credo di aver
più cresce e più si attacca a me. Arriverà scritto un libro spudorato.
il giorno in cui, anziano, non ce la farò
Spudorato come suo figlio? Parla spesso
più, di fronte alla sua forza e vitalità illidel suo rapporto immediato con le cose e
mitata. Tommy non conosce i pericoli e
le persone. Si sta “tommizzando”?
non li saprà mai gestire: per questo, forEsattamente, è proprio così. Sempre
se passeremo col semaforo rosso. L’im- di più cerco di capire cosa posso impamagine che invece rappresenta meglio rare attraverso Tommy: e con lui facla nostra condizione attuale è quella del cio un salto in avanti sul mondo e sui
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pregiudizi. Il libro è spudorato e spregiudicato come lui. Oggi assistiamo
all’ipermediazione di tutto: non riesci
più a dire quello che pensi. Nel libro, ho
provato a eliminare tutte le mediazioni, come fa Tommy. Una sorta di postsocial network: ovvero, la presa diretta
sulla realtà.
Lei racconta lo spazio che ha ricavato, anche per suo figlio, in un appartamento a
pochi metri da casa, organizzato su misura
per lui. Non teme di avergli costruito una
gabbia dorata?
Uno dei capitoli più divertenti è quello sulla sessualità: riesce a toccare con disinvoltura quello che è ancora un grande tabù.
A volte parla di sua moglie con un’ombra
Sì, anche in questo caso ho appreso
di rancore. La sua empatia si esaurisce con
da Tommy a “depotenziare” il probleTommaso?
Sì, con un figlio autistico moglie e
marito smettono di essere empatici tra
loro. Io e Natalia stiamo insieme da 30
anni e ci staremo tutta la vita, ma non
è facile. Da quando Tommy è entrato nell’adolescenza, lei non riesce più a
stare sola con lui, ha paura dei suo attacchi di aggressività, di cui più di una
volta è stata vittima. Così Tommy passa gran parte del suo tempo con me. E
questo mi rende a volte intrattabile, in
casa. È quello che accade in tutte le famiglie, ma con un figlio autistico le difficoltà vanno moltiplicate per 100mila.
Vorrei girare il mondo con Tommy
e se potessi lo farei: viaggiare con lui è
la cosa più divertente in assoluto. Per
ora, però, posso solo tenermelo accanto
mentre lavoro. Così ho costruito questo
Radar sull’umanità, catalizzatore di tenspazio in cui posso accudire mio figlio
sioni, acceleratore di felicità: tre definimentre continuo a lavorare. Anche perzioni di suo figlio. Che vuole dire?
ché vivo in una città completamente
La prima: Tommy è un grande indipriva di strutture in cui lui possa passa- catore, nota aspetti che a noi sfuggono
sia nelle persone che negli ambienti: se
re del tempo felicemente.
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ma: lui con grande naturalezza esegue
pubblicamente pratiche che dovrebbero essere “clandestine”. Stiamo cercando di affrontare la questione, ma senza
drammatizzare. E, allo stesso modo, ho
cercato di scriverne.
Insettopia è una «città per persone speciali»: utopia o possibilità?
È un progetto che sta incontrando
un certo interesse: creare, in strutture dismesse, luoghi in cui i ragazzi e gli
adulti autistici possano svolgere attività
in condizioni adeguate. L’ideale sarebbe
che esistesse uno di questi centri diurni in ogni città e quartiere, che potrebbero diventare residenziali per il “dopo
di noi”. Il primo passo è creare un centro pilota. Ho già individuato la struttura ideale, nel Bioparco di Roma: con
gli sponsor, credo che sarà realizzabile.
cronache ITALIANE
CRONACHE
italiane Grosseto
Con le mani
in pasta,
a sfidare
il mercato
Il laboratorio artigianale
“Pasta di sole”
è un’impresa “senza
handicap” che occupa
sette giovani disabili.
Tra gnocchi
e pappardelle, il lavoro
in un’azienda
che pensa a crescere
Sara Mannocci
È
il lavoro la migliore terapia. Per rendersene conto basta fare tappa a
Grosseto in via della Pace 69, al negozio “Pasta di sole”, e guardare sette
giovani con disabilità impegnati a preparare pici, tortelli, gnocchi, pappardelle: pasta fresca all’uovo della migliore
tradizione, creata con dedizione autentica. Dal settembre dello scorso anno
questo laboratorio per la produzione artigianale e la vendita di pasta ha aperto i battenti, ingaggiando la sfida più
grande: dare lavoro a persone disabili
mettendo in piedi un’azienda vera, che
prova a lanciarsi sul mercato, che produce per vendere e si impegna per crescere.
Vale davvero la pena capire il percorso che ha portato a questa realtà,
che affonda le radici nell’“Associazione
grossetana genitori di bambini portatori di handicap”, sul territorio ormai
da 25 anni. Le riflessioni maturate nel
tempo dalle famiglie intorno ai proble-
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mi del “dopo di noi” – garantire la qualità della vita dei propri figli e l’accesso
al lavoro – portano nel 2005 alla nascita della “Fondazione il Sole”, concepita
come strumento per realizzare i progetti nei vari settori. Risorse del cinque per
mille, donazioni e raccolte fondi, compartecipazione delle famiglie e contributi pubblici sono i principali canali
che danno linfa a una realtà oggi consolidata e riconosciuta nel territorio come
istituzione. Dalla Fondazione prendono
vita una residenza sanitaria per disabili, che ospita 14 persone, e numerose attività di integrazione. Sul fronte lavoro,
nel 2012 nascono – anche grazie a risorse del Fondo sociale europeo – la cooperativa sociale di tipo B “Raggi di sole” e
contestualmente il pastificio artigianale, gestito dalla stessa cooperativa.
Idee per fare impresa. «L’impresa senza handicap»: così recita lo slogan
della locandina che pubblicizza l’attivi-
tà, specializzata anche nel fornire sughi
pronti e pasta senza glutine. «La cooperativa impiega nove persone, di cui
sette disabili, impegnate nel negozio»,
spiega il presidente Massimiliano Frascino, a capo anche della “Fondazione
il Sole”, giornalista free-lance coinvolto
dalla vita nelle problematiche della disabilità dopo aver perso l’uso delle gambe per un infortunio in una partita di
rugby. «Una volta creata la cooperativa,
volevamo affrontare il mercato vero e
proprio, attivare tutto quello che può favorire l’autonomia e la qualità della vita;
per questo è nato il pastificio. La molla è
quella del lavoro autentico», sottolinea.
A lavorare al laboratorio artigianale, con la collaborazione di una cuoca, ci
sono quattro ragazzi e tre ragazze sotto
i 35 anni con deficit intellettivo di varia
natura e gravità, attivi ciascuno per tre
giorni a settimana e su diversi turni. Tra
loro c’è chi è più produttivo e chi lo è meno, ma tutti hanno seguito corsi di preparazione alla realtà della cooperativa,
imparando l’uso dei macchinari; percepiscono stipendi dai 300 ai 700 euro. Un
percorso graduale, maturato insieme alle famiglie dei giovani, scelti tra le circa
70 persone dell’Associazione grossetana
coinvolte nelle iniziative di socializzazione della Fondazione. La vera scommessa
ora è rimanere sul mercato, rafforzando
un’attività partita con il piede giusto, che
vanta già una numerosa clientela ma deve anche inventarsi idee per far crescere
Nelle foto: attività dei ragazzi nel laboratorio
del negozio “Pasta di sole” (© Cielo verticale)
il giro. È già operativa la gestione di piccoli catering presso il centro sociale della “Fondazione: «Quando il centro viene
affittato per convegni o altre iniziative, il
pastificio si occupa di preparare il pranzo, la cena o l’aperitivo. E grazie all’accordo con una cooperativa di pescatori
di Marina di Grosseto, una volta al mese
è disponibile un menù con pesce di stagione – riferisce Frascino –. Vorremmo
anche partire con le consegne a domicilio e bisognerebbe cercare di ampliare la
clientela tra i ristoranti, in modo da garantirci ordini più sostanziosi».
Lavorare è aprirsi al mondo. L’energia
e la voglia di impegnarsi oltre i propri
limiti non mancano in uno staff che in
occasione del Natale ha preparato 6mila
tortelli in un giorno. Quello che davvero
fa la differenza è la percezione di lavorare in un contesto reale, che fa i conti con le regole del mercato. «La vita di
questi giovani è cambiata – aggiunge il
presidente della cooperativa –: hanno
un ruolo sociale, soddisfazione e stimoli continui, la possibilità di interloquire
con clienti e fornitori. Si è aperto per loro un mondo di relazioni da cui erano
esclusi». Sono proprio la socializzazione
e il rendere la vita più ordinaria possibile le chiavi di tutte le attività con cui, oltre al pastificio, la Fondazione coinvolge
i ragazzi dell’associazione. Tra loro ci
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sono persone con sindrome di Down e
problematiche motorie, ma anche con
disturbi legati all’autismo o patologie
psichiatriche. Uno staff di dieci operatori è a disposizione per far sperimentare loro la quotidianità: fare la spesa,
impegnarsi in laboratori per costruire
manufatti da rivendere, dedicarsi al pattinaggio o all’ambientalismo attivo per
superare le paure. «È molto importante
anche la gestione del tempo libero – afferma Roberto Marcucci, coordinatore
delle attività e dei servizi della “Fondazione il Sole” –. Due o tre volte a settimana i ragazzi si dedicano a quello che
farebbe qualunque loro coetaneo: le “vasche” sul corso in centro, il teatro, una
pizza. In futuro vorremmo prendere in
affitto uno o due appartamenti per coloro che hanno maggiore spinta all’autonomia. Le persone e le problematiche
possono essere molto diverse tra loro,
ma certamente i bisogni veri rimangono sempre gli stessi».
sotto la leNtE Tra le nuvole
Ecco perché ho smesso di volare
Prendere un aereo nel Regno Unito può rivelarsi un’impresa da non ripetere.
In attesa che le cose cambino, l’associazione Trailblazers ha deciso di dare battaglia.
Non così nel nostro Paese, dove l’Enac rivendica standard di altissimo livello
Maurizio Molinari
V
ivek Gohil è un ragazzo inglese di
22 anni, affetto da distrofia muscolare e da emofilia. Nella sua vita ha preso l’aereo solo due volte, poi ha
deciso di non volare più. «La prima volta
è stato per andare in Florida, avevo nove
anni – racconta – ed è andata abbastanza bene, anche perché allora avevo ancora una certa mobilità. La seconda volta
invece, su un volo per il Portogallo, sette anni fa, ho vissuto un incubo: il personale dell’assistenza è stato sbrigativo
e maleducato, assolutamente non addestrato a trattare un caso come il mio. Per
farmi salire sull’aereo, mi hanno trasferito in malo modo dalla mia sedia a ruote a un’altra sedia, ma quella che hanno
utilizzato era troppo stretta e non aveva
un sostegno per la testa. In più, all’arrivo la mia sedia elettrica era danneggiata. Ho dovuto chiamare l’ingegnere che
l’aveva progettata per farla ripartire. Conosco persone che in aereo hanno avuto
la loro sedia completamente distrutta».
A questo si è aggiunto il problema del
posto a sedere. «I passeggeri con disabilità devono sedersi vicino al finestrino – sottolinea –. Ma ciò ha significato
essere trasportato attraverso tre sedili. Inoltre, nei posti per disabili i braccioli non si potevano sollevare e quindi
sono stato costretto a chiedere al personale di bordo di essere messo a sedere in
un sedile non pensato per persone con
disabilità. Per non parlare dell’inacces-
sibilità del bagno. Non potendo utilizzare la toilette, un disabile come me ha
due scelte: non bere prima del viaggio
per minimizzare i rischi di dover fare
pipì, o farla davanti a tutti in una bottiglia. Insomma l’esperienza di volare in
aereo per me è stata frustrante e umiliante, per questo ho deciso di non volare più finché le cose non cambieranno».
Ma poter prendere l’aereo, per persone come Vivek, vuol dire poter andare in vacanza o avere più possibilità di
lavoro. «Io, dall’ultima volta che ho volato, faccio vacanze solo in Inghilterra
e di solito di breve durata – spiega Vivek –. Ora sto pensando di andare in
crociera, perché altre persone con le mie
stessa disabilità mi hanno detto che la
cosa è fattibile. Però il mio sogno è quello di prendere di nuovo un volo, prima
o poi, quando le cose cambieranno. A
me non piace lamentarmi, per questo
ho deciso di unirmi alla campagna di
Trailblazers, un’organizzazione di persone affette da distrofia muscolare che
nel Regno Unito ha avuto successo in altre occasioni come, per esempio, quella
per cinema più accessibili». Trailblazers
ha rilasciato nell’ottobre 2012 un rapporto intitolato Up in the air (Per aria),
in cui dimostra come la situazione di
Vivek non sia isolata in Inghilterra a dispetto del regolamento Ue del 2008, che
regola i diritti dei passeggeri a mobilità
ridotta quando viaggiano in aereo.
La situazione italiana. Gabriele Favagrossa, della Fish (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), ci
dice che, per quanto gli risulta, «in Italia non ci sono molte lamentele sul servizio di assistenza alle persone disabili.
Ovviamente non mancano le situazioni
problematiche – precisa – in cui il Regolamento Ue è ambiguo oppure non
viene rispettato: politiche commerciali
poco chiare, posti scomodi, aerei inaccessibili, atteggiamenti sbagliati da parte del personale di assistenza. Ma questi
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casi sono eccezioni più che la norma,
almeno nel nostro Paese. Per quanto
riguarda l’accessibilità di aerei e aeroporti – spiega Favagrossa – il discorso è
un po’ più complesso: ovviamente non
si può sostituire tutta la flotta di una
compagnia aerea in un sol colpo, e avere dal giorno alla notte tutti aerei perfettamente accessibili. Però il regolamento
europeo prevede che, in caso di costruzione di nuovi velivoli o terminal o in
caso di grandi ristrutturazioni del parco aerei o degli aeroporti, l’accessibilità debba esser tenuta in conto. È molto
importante – conclude Favagrossa – che
i disabili conoscano il regolamento e le
sue linee guida, entrate in vigore nell’estate 2012, perché è il documento fondamentale che sancisce i loro diritti e gli
oneri sia dei disabili stessi che dei vettori e degli operatori aeroportuali».
Se un passeggero disabile subisce un
torto, può presentare reclamo ai gestori
degli aeroporti, alle compagnie aeree o
all’Ente nazionale per l’aviazione civile
(Enac), che ha il potere di ordinare ispezioni e di fare multe. Sorpreso del gran
numero di lamentele da parte dei disabili inglesi è Giuseppe Carrabba, ingegnere dell’Enac ed esperto in materia
di assistenza alle persone con mobilità ridotta nel trasporto aereo: «In Italia
siamo all’avanguardia sia per quel che
riguarda l’accessibilità, sia per i servizi
di assistenza – spiega –. Ma anche qui
si verificano situazioni particolarmente delicate che vanno trattate di volta
in volta e valutate nello specifico. Molto
spesso i problemi sorgono più per mancanza di comunicazione fra le varie
parti coinvolte nella fornitura dell’assistenza che per effettive carenze. La formazione degli operatori sia a terra che
a bordo è fondamentale, e noi dell’Enac stiamo lavorando, a fianco delle associazioni delle persone con disabilità,
per far sì che gli standard di altissimo
livello che abbiamo concordato insieme
vengano effettivamente adottati».
19
Cosa non va nel Regno Unito. Ecco le
principali conclusioni dello studio Up in
the air, fatto da Trailblazer:
 Su più di cento disabili censiti, la
maggior parte ha dichiarato che i
vettori e gli operatori aeroportuali
dovrebbero fare di più per allineare i
viaggi aerei agli standard di altri tipi di
trasporto come, per esempio, quello
ferroviario.
 Il 50% degli intervistati ha riscontrato
problemi nell’imbarcare sedie a ruote o
altre tecnologie assistive.
 In alcuni casi, sedie a ruote troppo
pesanti non sono state accettate a
bordo.
 Sei passeggeri su dieci hanno detto di
aver avuto le sedie a ruote danneggiate
durante il trasporto.
 Quasi la metà degli intervistati si
dicono convinti della scarsa qualità del
servizio di assistenza.
 Nove persone su dieci non riescono a
usare i bagni a bordo degli aeromobili.
 Mancano numeri gratuiti o a prezzo di
una chiamata urbana per prenotare
l’assistenza, apportare cambiamenti
alla richiesta già effettuata o fornire
informazioni aggiuntive.
 Spesso comprare i biglietti e prenotare
l’assistenza risulta molto dispendioso
in termini di tempo.
 Trailblazer chiede, fra l’altro, una
maggiore formazione e attenzione da
parte del personale di terra e di bordo
nei confronti della disabilità e nuovi
aerei più accessibili; inoltre avanza la
richiesta di poter utilizzare alcuni posti
in business class per permettere alle
persone disabili di restare sulle loro
sedie a ruote.
portfolio La bellezza e l’audacia
L’estetica della diversità
insieme alla bellezza dei corpi
imperfetti, dei gesti in lingua
dei segni, degli sguardi di chi
non vede o semplicemente di
un oggetto come una sedia a
ruote. Immortalati attraverso
l’occhio di un professionista
francese, Christian Rocher, oggi
impegnato nella fotografia
artistica, soprattutto in bianco
e nero. Scatti d’autore che spesso
ritraggono la disabilità. O
meglio le persone disabili: con
i loro volti, i loro sorrisi, la loro
luce interiore, i loro linguaggi, i
loro ausili. Immagini utilizzate
come veicolo d’integrazione e
come breccia contro il muro
dell’esclusione sociale che,
valorizzando l’handicap,
riescono a trasmettere tutta
la bellezza dell’anima, delle
espressioni, delle emozioni, di
una fragilità che è allo stesso
tempo amante della vita. Piccoli
istanti fugaci resi opere d’arte,
come solo l’occhio selettivo e
attento di un obbiettivo capace sa
catturare e far figurare.
Nato a Marsiglia
nel 1965, Christian
Rocher vive a
Vaucluse, ProvenceAlpes-Cote D’Azur,
in Francia. Per
vent’anni fotografo
nel campo della
moda e della
pubblicità, nel
2008 ha perso l’uso
delle gambe in un
incidente stradale.
Da allora vive su
una sedia a ruote
e la disabilità è
diventata parte
integrante del suo
lavoro.
20
21
portfolio La bellezza e l’audacia
Nel 2011 Rocher ha presentato
ad Avignone la mostra Au-delà du
handicap, in collaborazione con
l’Association des paralysés de France.
Tra i suoi progetti futuri, ci sono
la realizzazione di un libro e di un’altra
esposizione sulla bellezza della disabilità.
È nella sua seconda vita da fotografo che
nasce il progetto di Rocher “Bellezza e
handicap”: un lavoro che ha come scopo
quello di rappresentare la diversità al di
là degli stereotipi, restituendo ai corpi
quella dignità che spesso può aiutare le
persone disabili a riappropriarsi della
propria immagine. Negli scatti di Rocher,
infatti, si incontrano persone in sedia
a ruote, amputate o non vedenti, ma
mai immagini che indugiano sul dolore
o sulla sofferenza. E nulla è mai brutto
o grottesco, pietistico o volutamente
provocatorio. Il progetto “Bellezza e
handicap” è visibile sul sito web
Rocher-photographe.com.
22
23
SPORT Verso Rio 2016
Scende in campo l’Italia del rugby
Arrivato nel nostro Paese
appena due anni fa,
il rugby in carrozzina
ha finalmente una
Nazionale che punta alle
prossime Paralimpiadi.
Destinato solo a chi ha
una disabilità grave, offre
una grande opportunità
ad atleti trascurati dal
Comitato paralimpico
internazionale
Stefano Caredda
N
on è uno sport per educande, si
diceva un tempo. Ma anche oggi, come pensarla diversamente?
Il rugby è da sempre sinonimo di forza fisica, contatti rudi e mischie collettive, passatempo per gente con le spalle
larghe, capace di incassare con ostentata indifferenza urti a dir poco robusti e
di tenere botta di fronte alla furia sportiva di “marcantoni” in carne e ossa intenzionati a bucare la difesa avversaria
per segnare una meta. Uno sport “maschio”, per riprendere un vecchio e abusato luogo comune, anche se in realtà
nient’affatto violento, caratterizzato come pochi altri da lealtà, correttezza, rispetto per l’avversario, vero e proprio
spirito cavalleresco: tutto ciò, insomma,
che gli anglosassoni intendono significare quando parlano di fair play. Sarà
pure leale e corretto, certo, ma da qui a
proporlo a persone con disabilità fisiche
24
ce ne passa: la cosa, oltre che irragionevole, sembrerebbe quasi criminale.
E invece il rugby per disabili c’è,
esiste e – follia pura? – è destinato so-
lamente a quelli che hanno una disabilità grave: gli altri, che si divertano con
altri sport. Per giocare a rugby in carrozzina, però, dimenticate la palla ovale e il campo in erba: c’è più affinità con
il basket in carrozzina, la pallamano e
l’hockey su ghiaccio.
Si gioca al chiuso, sul parquet di un
campo da pallacanestro, quattro contro quattro con gli atleti su carrozzine
a spinta manuale: squadre miste, uomini e donne giocano assieme. Pallone rotondo (è quello usato per giocare
a pallavolo), quattro tempi da otto minuti ciascuno, scopo del gioco è portare
la sfera oltre la linea di meta. Una meta, un punto: e chi alla fine ne ha di più,
naturalmente vince. Regole stringenti:
non è ammesso nessun contatto fisico
diretto fra gli atleti, ma tutto è concesso
alle loro carrozzine, e così blocchi, speronamenti, scontri e ribaltamenti fanno
parte integrante dello spettacolo di questa disciplina.
Insomma, in piedi o seduti, il rugby
è sempre uno sport per gente tosta. Lo
è in Canada, dove è nato sul finire degli anni Settanta del secolo scorso, lo è
negli Stati Uniti e in Australia, dove arrivò poco dopo (per queste Nazioni rispettivamente l’argento, il bronzo e l’oro
alle Paralimpiadi di Londra 2012), lo è
in Europa (14 i Paesi in cui è diffuso, in
Germania – per fare un termine di paragone – i disabili che lo praticano attivamente sono oltre 350) e lo è ora anche
in Italia, dove fino a due anni fa semplicemente non esisteva.
La luce si è accesa con il progetto voluto dal Cip e affidato alla Fe-
derazione italiana sport paralimpici e
sperimentali (Fispes): obiettivo finale, portare la nostra nazionale ai Giochi
di Rio de Janeiro 2016. Il decollo avviene in una precisa area geografica: il Veneto e il Friuli Venezia Giulia, con un
ruolo fondamentale assunto dall’Inail.
«Siamo stati noi per primi, nel dicembre 2010 –racconta Giovanna Tajarollo
di Inail Padova – a raccogliere la sfida
di creare e sviluppare questa nuova disciplina: in accordo con Inail e Cip regionali abbiamo contattato gli assistiti
Sopra, la “zampata” del leone azzurro Ahmed
Raourahi. Nella pagina precedente, Nicolò Toscano
varca la linea di meta
veneti con le caratteristiche fisiche adatte e raccolto le adesioni».
Da quel momento, individuato anche
un piccolo numero di atleti paralimpici già rodati disponibili a impegnarsi
nel progetto (il più conosciuto è Alvise
De Vidi, una delle icone azzurre, sempre sul podio nell’atletica leggera nelle
sei edizioni dei Giochi a cui ha partecipato), sono partiti allenamenti, stage e
raduni mensili. E confronti con la nazionale austriaca, il cui allenatore, René
Schwarz, assumerà poco dopo la carica
di commissario tecnico degli azzurri.
«Nel 2012 – continua Tajarollo – sulla scia del lavoro fatto nasce la prima
società di rugby veneta, la Asd Padova Rugby: attualmente ci sono 18 atleti,
tre tecnici, due arbitri e molti e preziosi volontari». Insomma, nasce un movimento: «In pochi mesi – come dice con
orgoglio il presidente della Fispes Sandrino Porru – abbiamo messo in campo
una squadra che potesse rappresentare
dignitosamente l’Italia all’estero».
La prima vittoria in un torneo internazionale con squadre di club è a Colonia nell’aprile 2012, mentre poche
settimane fa (febbraio 2013) gli azzurri
entrano nella ranking list mondiale con
un terzo posto al torneo di Dublino. La
qualificazione ai campionati europei del
25
2014 per il momento è lontana, ma l’obiettivo Paralimpiadi (nel 2016 o, se non
ci si riuscirà, nel 2020) non è più avvertito come irraggiungibile.
«Abbiamo grandi margini di miglioramento – dice Claudio Da Pon-
te, responsabile delle comunicazioni
esterne della Nazionale – perché il rugby è poco conosciuto e perché il bacino
potenziale di atleti è notevole». Giocano infatti, chiarisce, soprattutto persone tetraplegiche, con disabilità sia agli
arti superiori che inferiori, ma c’è posto
anche per alcune forme di distrofia muscolare, per gli amputati agli arti inferiori con limitazione di quelli superiori,
per i poliomielitici. «L’Inail ha sempre
sostenuto e incentivato questo sport –
spiegano ancora dalla sede di Padova
–. È una delle poche discipline sportive
“aperte” a soggetti con invalidità gravi
e importanti, un gioco di squadra dove
tutti, dall’atleta più grave all’atleta con
limitazioni più lievi (sempre nei limiti della tetraplegia), sono importanti e
preziosi per giungere alla meta».
«Il nostro primo obiettivo insomma
– conclude il presidente della Fispes –
è dare un’opportunità ai disabili gravi,
particolarmente trascurati dalle politiche del Comitato paralimpico internazionale: facendo così, mettiamo anche
le basi per un buon futuro agonistico.
Anche l’Italia arriverà fra i grandi del
rugby».
TURISMO Itinerari accessibili
Viaggio in Europa.
E senza sorprese
Parigi, Vienna, Barcellona.
Su Diversamenteagibile.it
le avventure, le emozioni,
i consigli di chi ha deciso
di affrontare un soggiorno
fuori dall’Italia in sedia a
ruote. Perché partire è bello,
ma raccontare le proprie
avventure è ancora meglio
Giorgia Gay
N
on c’è guida che regga il confronto: i migliori consigli per un viaggio ben riuscito sono quelli che
arrivano da chi l’ha sperimentato sulla propria pelle. Sulla scelta dell’albergo,
di un ristorante, di una meta da visitare,
il popolo del web ha sempre qualcosa da
dire, stroncando senza pietà chi non è
all’altezza e tessendo lodi per chi le merita. E quando c’è di mezzo l’accessibilità e la possibilità reale di visitare una
città questi giudizi sono ancora più
preziosi. Alcuni sono raccolti in Diversamenteagibile.it, un sito pensato
da Maximiliano Ulivieri che propone testimonianze da tutta Europa
di persone disabili con la passione
per i viaggi.
Persone come Pietro,
che è volato a Parigi e dà
alcune “dritte”: «All’aeroporto i taxi fanno a gara per rubarvi 60 euro. E
vi chiederanno anche la
mancia per aver fatto la fatica di scaricare la sedia a rotelle». Fortuna che, una
volta in città, ci sono i mezzi pubblici: la
metropolitana ha gli ascensori e poi c’è
la Rer, un treno veloce urbano che però
ha un piccolo ostacolo: «Tra il marciapiede e il treno c’è uno spazio di circa 30
centimetri. I più agili e temerari come
26
me lo possono fare e con un balzo, essendo a livello, montare in treno. Altrimenti meglio farsi aiutare». Impossibile
non trovarsi al cospetto della tour Eiffel:
«Con la carrozzina si può accedere dalla
torre ovest, bisogna avvisare il personale che fa saltare un po’ la coda degli altri
turisti». E poi Versailles… «Delle indicazioni segnalano il percorso adatto alle
persone con disabilità. È molto importante chiedere al personale: vi saranno
aperte le porte di stanze che spesso gli
altri turisti non possono vedere». In generale, il consiglio è: «Armatevi di forza
e pazienza, di spirito di adattamento e
Parigi sarà per voi un libro aperto».
A Vienna, invece, è andato Raffaello: «Abbiamo cercato un hotel accessibile e in centro, il trasferimento da e per
l’albergo con un mezzo privato e non il
taxi per i bagagli». Dopo la Cattedrale
e la casa di Mozart non manca un giro
nella zona pedonale, che ha qualche difetto: «Gli scivoli dei marciapiedi hanno
tutti un piccolo gradino. Solo i grandi magazzini e le grandi firme hanno
lo scivolo. Il 90% di caffè, pasticcerie e
ristoranti ha uno scalino e non ha un
wc accessibile». La metropolitana è un
buon modo per spostarsi, anche se «le
indicazioni con l’ascensore non sempre
sono interpretabili ed è spesso nascosto. Non tutti i vagoni, anche se hanno
il simbolo della sedia a ruote, sono paralleli al marciapiede».
Federica, affetta da distrofia muscolare e da cinque anni in sedia a ruote,
parla di Londra: «Appena arrivati in aeroporto ho capito che per “noi”, Londra
era tutto un altro mondo. Migliore. Tutti
i bus a due piani rossi hanno la pedana e
lo spazio interno per le carrozzine (per
noi sono anche gratuiti), i taxi neri hanno una pedana manuale, i marciapiedi
hanno tutti la discesa, ogni semaforo ha
anche il segnale acustico». L’unico problema è entrare nei locali privati: «Se
uno va a Londra, come fa a non entrare in un pub a bere una o due birre?».
Anche Barcellona stupisce per l’accessibilità, una città «muy especial por los
discapacitados» come dice un simpatico tassista a Roxi. «Trovarsi in una città
che ha fatto di tutto e di più per renderti libero di visitarla ti fa sentire come se
stessi per sfondare una porta e la trovassi improvvisamente aperta. È un grande
respiro di sollievo». La Sagrada Família
è accessibile, «ma essendo molto frequentata e l’interno occupato da gru e
quant’altro la visita è stata abbastanza
veloce e su percorsi obbligati». Il museo
Dalì purtroppo non è tutto accessibile,
«ma quello che potete vedere è assolutamente sufficiente…». E come negarsi
un giro sulla golondrinas, dal porto alla costa di Barcellona? Impressioni positive anche da Manuela: «Sono rimasta
piacevolmente stupita dalla semplicità
con cui si può girare la città» (nella foto,
Adriano nella capitale catalana).
Un’altra ragazza, che non si firma, riferisce della Finlandia. «Una visita decisamente la vale: per i suoi boschi, i suoi
laghi, per la pace e l’aria pulita che si
respira persino nella capitale». Rita ha
preferito Amsterdam: «Non è una città facile, l’asfalto riveste solo le strade
periferiche o quelle più trafficate, per il
resto ci sono dei mattoni stretti. In compenso non ci sono marciapiedi rialzati e
comunque sempre con gli scivoli». Tutti i musei sono accessibili, tranne la casa di Anna Frank, «ma l’interminabile
fila all’entrata è un disincentivo». Rita
si è poi spostata a Copenhagen: «Non
ho avuto difficoltà a percorrere tutti gli
spostamenti in carrozzina, mai preso
un mezzo pubblico». Praga invece è un
po’ ostile, come racconta Toppe: «L’accessibilità per i praghesi è un concetto
opinabile e certamente “nuovo”. C’è però una particolare attenzione per i non
vedenti».
Solo apparentemente inaccessibile
è l’Acropoli di Atene: «Gli esseri umani sono strani – riflette un altro internauta –, magari il negozio davanti casa
27
vostra ha due scalini e nessuno che pensa a come renderlo accessibile, poi ti ritrovi una struttura vecchia secoli e così
impetuosa che già un “normodotato” si
chiederebbe come entrare e… ma dai?
Un servoscala! Sì ok, ma dove ti porta?
Ci sono delle mura enormi poi da superare! Che problema c’è, basta il reale desiderio di rendere accessibile ogni
meraviglia del pianeta a tutti e si risolve.
Ovviamente arrivati dentro non pensate ci siano scivoli e stradellini lisci, è tutta sconnessa, com’è giusto che sia, non
è che un disabile pretende di asfaltare
ogni cosa…».
Un’altra viaggiatrice incallita è
Fabrizia, che si sposta spesso per lavo-
ro e per piacere. Non ha scelto il sito di
Ulivieri per raccontare la sua esperienza, ma l’ha voluta condividere direttamente con Superabile.it. Il suo viaggio
testimonia che anche le mete più gettonate e alla moda possono essere accessibili. Tenerife, per esempio: «La maggior
parte degli alberghi è attrezzata per accogliere turisti con disabilità e alcuni
hanno perfino la piscina con seggiolino per entrare in acqua. Esistono i taxi
para todos, muniti di rampa per salire, disponibili sempre, senza bisogno di
prenotazione». Il punto forte è la spiaggia di Las Americas: «Il Comune ha allestito una parte della spiaggia per le
persone disabili: con l’aiuto di personale
addetto (gratis) si può entrare in acqua
con una carrozzina anfibia. Il personale
è a dir poco magnifico: ho visto persone
con handicap molto gravi fare il bagno
in mare senza alcun problema. Hanno
addirittura le stampelle da sabbia».
Si gira molto bene con qualsiasi tipo di sedia a ruote: «Il 95% dei posti ha
rampe di accesso, marciapiedi ribassati
e pavimentazione liscia». L’unico neo? Il
lungo viaggio per arrivare in quel paradiso: «Da Roma ci vogliono circa dieci
ore, ma ne vale la pena». Ora non resta
altro che decidere dove prenotare.
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Come Tommy
divenne una star
del web
Il ragazzo che amava
i cavalli
ono diversi i romanzi, per adolescenti
S
È
la regola numero uno del web
nell’era dei social network:
condividere. Bastano pochi click per pubblicare foto, impressioni, ricordi, punti di vista e
raccogliere i commenti da amici,
conoscenti o addirittura da perfetti sconosciuti. Ma che pubblicare uno scatto su Internet potesse
dare la possibilità di cogliere le
sensazioni che danno i colori e la
luce a un cieco dalla nascita, Tommy Edison non l’aveva calcolato:
vedere il mondo attraverso i commenti dei propri follower. Speaker
radiofonico di un’emittente locale
del Connecticut, negli Stati Uniti, Edison è anche un blind film
critic, un critico cinematografico
cieco. Sul suo sito web commenta
i dialoghi, le musiche e il sonoro
delle ultime pellicole. Una critica
originale che ha incuriosito tanti
naviganti che lo hanno sommerso
di domande su come riesca a fare
questa attività, fino alle più semplici operazioni quotidiane. Ed è
così che Tommy ha iniziato a fare foto. Spiegando come un cieco
possa usare uno smartphone, fotocamera inclusa.
Ora ha un profilo su Instagram, il più noto social network
di fotografia sulla rete, con oltre 200 scatti e più di 30mila follower che lasciano commenti e
impressioni su quello che vedono nelle sue foto. «Vedo un pavimento rosso e lucido – dice un
follower a una sua foto scattata in
treno –. Un uomo stanco guarda
Alcune fotografie di Tommy Edison.
In alto a destra, un autoscatto che lo ritrae
fuori dal finestrino. Le luci all’interno del treno sono luminose e
questo rende difficile fargli prendere sonno». È lo spiccato senso
dell’umorismo a rendere Tommy
una vera calamita sul web. «Una
volta ho fotografato la natura e mi
hanno detto che non potevo rovinarla così – racconta ridendo –.
Ho ritratto anche me stesso, ma
alla fine è venuta soltanto la narice sinistra del mio naso. È fantastico. Una volta mi hanno chiesto
se faccio controllare le foto prima
di pubblicarle. La risposta è no. È
molto più divertente così». Alle
domande più intriganti, risponde
con un video che carica su Youtube. «Questa foto mi fa venire in
28
mente una domanda interessante – scrive uno dei suoi contatti
commentando un’immagine –. Si
può capire col bastone se c’è del
ghiaccio in modo da non cadere?». E la video-risposta non tarda
ad arrivare. Così come per quelli
che gli domandano perché spesso i ciechi hanno gli occhi chiusi, o come fa a cucinare, contare
banconote o prelevare al bancomat. «Mi chiedono spesso se posso vedere i miei sogni – racconta
–. Non ho mai visto niente in vita mia e quindi non vedo nei sogni. È tutto olfatto, udito, gusto
e tatto. È tutto quello che c’è per
me e che si vede nei miei sogni».
[Giovanni Augello]
Il cavaliere del
silenzio di Gonzalo
Giner è diviso in due
volumi, pubblicati
entrambi nel 2012
da Salani: Il figlio
del buio (pagine
368, euro 14,90)
e Il segreto della
creazione (pagine
335, euro 14,90)
e non solo, che negli ultimi anni hanno visto come protagonista un ragazzo autistico: da Ben X di Nic Balthazar a
L’amico immaginario di Matthew Dicks,
passando per Il mistero del London Eye di
Siobhan Dowd, la differenza affascina gli
scrittori e piace alla critica. Ma il caso del
Cavaliere del silenzio di Gonzalo Giner,
pubblicato in Spagna nel 2011 e tradotto in Italia alla fine del 2012 da Salani, è completamente diverso.
E non solo perché è diventato un vero e proprio best-seller con
all’attivo 100mila copie vendute in Patria, ma
anche perché
si tratta di un
romanzo storico, ambientato nell’età
del Rinascimento e diviso
in due volumi: Il
segreto della creazione e Il figlio del
buio.
Il protagonista è Yago,
un ragazzo affetto dalla sindrome di Asperger, una particolare forma
di autismo ad alta funzionalità che – secondo alcuni – avrebbe colpito anche geni indiscussi del calibro di Isaac Newton,
Albert Einstein e Michelangelo Buonarroti. Figlio illegittimo di un ricco proprietario terriero senza scrupoli e di un’umile
serva, Yago mostra fin da subito un’eccezionale capacità di comprendere i comportamenti e le emozioni dei cavalli, ma
troverà la propria realizzazione umana ed
esistenziale solo al termine di un percorso lungo e doloroso.
Infatti, dopo un’infanzia tragica in Andalusia e un viaggio avventuroso fino alle
coste della Giamaica dove diverrà schiavo di un conquistador crudele e disumano, il ragazzo approderà poi nella Napoli
del Rinascimento. Qui riuscirà finalmente a ricongiungersi con i suoi veri amici e
a mettere a frutto il suo formidabile talento nella selezione e nella doma dei cavalli.
Un cammino tortuoso che, passando
per le mille peripezie imprescindibili in
un romanzo storico e d’avventura, conduce alla presa di coscienza di sé attraverso
il riconoscimento dei propri meriti e dei
propri limiti.
«Yago mi ha fatto innamorare
– scrive l’autore nella postfazione –. Ho sofferto con lui durante la
reclusione, la sua
condizione di
orfano, i primi esempi di
un comportamento diverso e quasi
sempre incompreso».
Solo a me­
tà del secolo
scorso, infatti,
si è cominciato a
utilizzare il termine autismo, mentre la
sindrome di Asperger non
è stata riconosciuta prima degli
anni Ottanta.
«Mi rendo conto che trattando questa
sindrome da un punto di vista romanzato
posso permettermi certe licenze narrative
che spero non offendano gli specialisti di
questi disturbi e ancor meno chi ne è affetto o i suoi familiari – aggiunge Giner –.
L’unico motivo per cui il tema è trattato
nel romanzo così com’è, è l’intento di avvicinare il grande pubblico a un problema
che dev’essere inteso come un modo diverso di affrontare la vita e dunque non
come una patologia». [A.P.]
29
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 libri 
Quella dolorosa
impermanenza
dell’
amore
e vie dell’innamoramento
Disegni fissati sulla carta
da Carlo Levi quando era
temporaneamente cieco, nel 1973,
dopo aver subito un intervento
chirurgico agli occhi. Accompagnate
da appunti autografi, oltre 30
tavole sono state esposte alla
Casa della memoria e della storia
di Roma fino all’inizio di marzo,
nella mostra “Oltre il buio”. Le
opere, gentilmente concesse dal
collezionista Antonio Milicia,
suscitano una riflessione sullo
sviluppo formale e poetico della
produzione dell’ultimo periodo
dell’esistenza dell’autore di Cristo
si è fermato a Eboli, scomparso nel
1975 a 73 anni. Le edizioni Ensemble
hanno pubblicato un saggio con lo
stesso titolo dell’esposizione, a cura
di Pier Luigi Berto: testimonianze
e riflessioni di chi ha conosciuto
l’artista e scrittore, e di chi lo ha
incontrato attraverso le sue opere.
Sopra, un autoritratto di Levi. [L.B.]
L
sono infinite. Si può essere
attratti dalle cose più inspiegabili, a volte dalla stessa debolezza di una persona. O da quella
fragilità del corpo che fa apparire unico l’oggetto del desiderio,
rendendolo più aderente alla fugace volatilità dell’oggi. Di questa
materia, che contiene in sé attrazione, complicità, pietas, è fatto
l’amore che il quarantaquattrenne Stanislav matura per la giovane Marina.
I ragazzi di Patrasso del croato Zoran Zerić, pubblicato a fine
2012 per l’editore Zandonai, narra un’inedita storia d’amore. E
non perché lui, sposato da undici
anni, vive il suo matrimonio come una gabbia invisibile fatta di
consolidate abitudini e tenerezze sempre uguali. Né perché lei,
attraente e piena di vita, ha solo
17 anni e frequenta la scuola dove
lui insegna. Fin qui, infatti, non
ci sarebbe niente di nuovo.
Senonché la storia assume un
gusto dolce-amaro fin dai primi momenti. Quando si scopre
che la giovane Marina manifesta
i sintomi di una sclerosi multipla
allo stadio iniziale: una condizione che illumina tutto il corso del
breve e intenso amore con il professore in un continuo richiamo
all’impermanenza dell’oggi. Lei
vorrebbe tracannarsi la vita in un
unico sorso, vagheggiando le dolcezze di una vecchiaia ordinaria
e senza sorprese. Lui vive il paradosso di una relazione con una
30
Zoran Ferić
I ragazzi
di Patrasso
Zandonai 2012
pagine 157, euro 13,50
donna tanto giovane, ma dal futuro già scritto.
L’intero volume è, dunque, segnato dal disperato inno a un
carpe diem che unisce insieme passato, presente e futuro.
Un romanzo dove la malattia o
l’handicap sono a tutti gli effetti parte della vita. E anzi l’autore
non manca occasione di svelarli e metterli a nudo, in qualsiasi
momento. Anche in circostanze insignificanti e fortuite, come
il breve incontro a bordo di una
scala mobile.
Spiazza, infine, la domanda
scomoda e diretta che il padre di
una ragazza rimasta paralizzata in seguito a un incidente stradale rivolge al protagonista nelle
prime pagine del romanzo: «Dico sul serio, cosa pensi dei disabili?». [A.P.]
 libri 
Le mille sfide
di un campione
ono un pilota, nonoLuca Corsolini
Alex.
Un inguaribile
ottimista
Aliberti 2012
pagine 107, euro 11
«S
stante la vita abbia
cercato di cambiare
il corso delle cose. Ci sono stati
dei momenti difficili, ma non ho
mai perso l’entusiasmo di vivere. Ed è grazie a questo atteggiamento che ho avuto l’occasione
di vivere ancora diverse occasioni di grande esaltazione». Così il bolognese Alex Zanardi si
presentò sulla scena paralimpica, nel discorso inaugurale alla
cerimonia di apertura di Torino 2006. Una frase in cui ci sono
l’ottimismo dell’uomo e la caparbietà del campione.
A raccogliere queste e altre testimonianze è il libro Alex. Un
inguaribile ottimista, scritto da
Luca Corsolini (Aliberti editore): giornalista di Sky sport, nel
1990 ha portato per primo in tv il
mondo paralimpico, di cui è tifoso, con la rubrica Giocare per vivere.
Oggi Zanardi è atleta di successo, ma anche conduttore su
RaiTre del programma Sfide. Dal
libro emerge l’immagine di una
persona serena, ironica, che accetta la sua condizione e, con lo
sport, la sfida quotidianamente.
Una disabilità che lo ha spinto oltre i propri limiti, se è vero che
«prima la fatica la faceva il motore poi a Londra, nel 2012, da
motore di se stesso ha vinto due
medaglie d’oro e una d’argento».
Eppure ad ascoltare Alex si ha
sempre l’impressione della semplicità, della “normalità”. Attraverso fatti, situazioni, aneddoti,
l’autore racconta in maniera inedita un atleta certamente “solare” e al tempo stesso determinato
non a sfidare a muso duro la vita,
ma a trattarla con dolce fermezza. Senza lasciare conti in sospeso. Come quando, a due anni dal
terribile incidente avvenuto il 15
settembre 2001 – in cui ha perso
le gambe –, nel 2003 è tornato sul
circuito tedesco del Lausitzring:
voleva completare gli ultimi 13
giri della gara interrotta. Un modo per chiudere un ciclo e riaprirne un altro. Diverso, ma non
meno avvincente.
«Quando correvo fino ai 400
all’ora sulle piste di tutto il mondo ero io da solo. Adesso, su
quell’handbike, c’è mezza Italia
che spinge con me. Sento che la
gente mi vuole bene. Ma, in fondo, non ho fatto niente di speciale. Ho preso la bicicletta. E ho
pedalato». [Daniele Iacopini]
 ragazzi 
Una zia fuori
dagli
schemi
tratti somiglia a una storia
A
Sylvia Heinlein
In fuga con la zia
Edizioni San Paolo 2012
pagine 144, euro 13,50
on the road, per certi versi avvincente ed esilarante.
Ma la fuga di Sara con la sorella
di sua madre nasconde dietro l’ironia significati profondi. La ragazzina avverte che, in un mondo
dove contano molto le apparenze
(anche per i suoi genitori), la zia
anticonformista esula non poco
dagli schemi. E Sara è affascinata dalla dimensione comunitaria
in cui zia Ubalda vive con altre
persone disabili. La sua bassezza,
le forme abbondanti e il ritardo
mentale, dunque, non rappresentano un ostacolo per la nipotina,
affezionata sinceramente a questa
parente che la fa ridere con frasi talvolta disconnesse ma sempre schiette, tanto da far arrossire
i benpensanti, e capaci di scardinare le rigide formalità.
Quando la mamma di Sara decide arbitrariamente di trasferire
altrove la sorella, la ragazzina si
ribella e scappa insieme alla zia:
una decisione di rottura, che apre
però gli occhi a sua madre e ne
sfonda i pregiudizi. Facendole posare su Ubalda uno sguardo più
vicino e simile a quello di Sara,
che accetta la zia nella sua unicità,
senza falsi buonismi. Adatto a lettori dagli otto anni in su, ma anche agli adulti, In fuga con la zia è
firmato dalla giornalista amburghese Sylvia Heinlein, che ripercorre nelle pagine il suo incontro
personale con persone disabili.
Per l’adattamento cinematografico di questo romanzo ha ricevuto una sovvenzione dal Centro di
promozione media tedeschi. [L.B.]
31
Uno spot animato dell’Unicef
contro il rischio emarginazione
dei bambini disabili. Poco più
di un minuto per mettere in
guardia e dire no a ogni forma di
discriminazione verso i più piccoli,
compreso il diritto di poter giocare
all’aria aperta con i propri coetanei.
Il video d’animazione è stato voluto
dal Fondo delle Nazioni Unite per
l’infanzia «per sensibilizzare le
famiglie, gli allenatori e le comunità
di ogni Paese in merito al fatto
che i bambini con disabilità –
circa 93 milioni nel mondo – non
dovrebbero mai essere esclusi
dalle diverse attività, né a casa
né a scuola e neppure nei parchi
gioco», spiega Damijan Saccio, il
disegnatore. «Il messaggio è che,
una volta abbattute le barriere
architettoniche, tutti possono
contribuire a rendere universale la
quotidianità, compresi i minori. Ma
è stato difficile trovare una chiave
comunicativa neutrale». Realizzato
da Uvphactory, casa di produzione
newyorkese, lo spot è on line sul
sito Unicef.it e su Youtube. Peccato,
però, che non abbia una voce
narrante per i non vedenti. Ma
questo «ha evitato di dover tradurre
il video in più lingue». [M.T.]
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 musica 
 Cinema 
Mister Eugenio:
quando il rap
è inemozione
Lis silenziosa di can-
Voci nel buio,
filmoneè chiaro
laboratorio
perché Angelo,
N
un professore universitario
che ha abbandonato la carriera accademica e oggi vive consegnando giornali di notte, abbia
smesso di parlare. Sul muro di
silenzio che ha alzato tra sé e il
mondo pesa l’impotenza e la frustrazione per il sanguinoso sgretolamento della ex Jugoslavia con
il carico di esistenze spezzate che
ne è derivato e la sua vicenda personale: il figlio Giovanni ha perso la vista all’età di quattro anni
e di questa perdita si sente, per
oscure ragioni, responsabile. È
un film intenso e commovente,
che non lascia alcuno spazio al
L’
tare con le mani. Anzi, di far
rap con le mani. Incastrando
rime e versi a gesti, in brani dalle
strofe che però risuonano mute. È
quello che fa Eugenio Scarlato, il
primo e unico rapper sordo d’Italia a esibirsi in lingua italiana dei
segni (Lis) attraverso parole visive “segnate” gesticolando. Così
che le canzoni non solo si ascoltano, perché una voce fuori campo recita il testo, ma si guardano
anche. E ha scelto proprio il rap,
forse il più verbale dei generi musicali, per esprimersi.
Non solo: ha deciso di portare
la sua arte sotto i riflettori, all’attenzione del grande pubblico televisivo. Partecipando, con la sua
canzone muta “Dubbio dubbio”
a Italia’s got talent, il talent show
in onda su Canale 5 con Maria De
Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerbi a fare da giudici. Dopo questa
apparizione sul piccolo schermo, anche la stampa generalista
e perfino il tg di ItaliaUno Studio
Aperto hanno parlato di lui.
Ma Eugenio Scarlato, classe
1981, calabrese di origine e bolognese d’adozione, nonché padre
di una bimba di pochi mesi, si definisce un “Lis performer”: un artista completo quindi, impegnato
da anni nell’opera di sensibilizzazione intorno alla tematica della sordità. Prima di dedicarsi alla
musica, infatti, aveva già sperimentato le potenzialità espressive
del linguaggio dei segni attraverso il teatro, recitando sempre
a gesti e girando i palcoscenici di tutta Italia. Da Caltanisetta a Verona, passando per Roma,
Avellino e Reggio Emilia, sia come attore di monologhi sia insieme al gruppo Camaleonte di
Bologna, un’associazione che organizza eventi culturali promuovendo l’attività degli artisti sordi.
Da qui, l’esplorazione delle capa-
Nuovo successo per la British
Paraorchestra. Poco prima di Natale,
infatti, l’ensemble di musicisti disabili
che ha debuttato alle Paralimpiadi
di Londra 2012 è uscita con la propria
versione di True Colors, realizzata
insieme ai bambini sordi del coro The
Kaos, che cantano anche in linguaggio dei segni, e alle voci di alcuni atleti
paralimpici della nazionale britannica.
Un’iniziativa alla Band Aid (il supergruppo inglese/irlandese guidato da
Bob Geldof che negli anni Ottanta
cità comunicative del corpo, e in
particolare delle mani e della mimica facciale, è proseguita poi come cantautore di testi rap.
La collaborazione con Alfonso
Marrazzo, autore delle basi musicali e anch’egli non udente, gli
ha permesso di dare ai suoi gesti il ritmo giusto, utilizzando
un inedito mezzo espressivo tutto da sperimentare. Ma è difficile tradurre a parole una canzone
“segnata” perché, come ha spiegato lo stesso rapper durante la
sua apparizione televisiva a Italia’s got talent, si rischia di perderne un po’ il significato: «Le rime
e le assonanze in Lis infatti sono
visive», non uditive. Nonostante
questo, Mr. Scarlato (questo il suo
nome d’arte) ha già pronte altre
«sette canzoni e in cantiere molte di più». [M.T.]
si era riunito in favore dell’Etiopia),
ma con l’obiettivo di sensibilizzare
l’opinione pubblica sulla mancanza
di opportunità per i musicisti disabili
e raccogliere fondi per sostenere la
squadra paralimpica inglese che parteciperà ai Giochi invernali di Sochi
2014. Pur non arrivando in testa alla
classifica delle canzoni natalizie più
vendute, la British Paraorchestra
ha avuto l’onore di esibirsi anche
davanti alla regina Elisabetta a
Buckingham Palace. [M.T.]
32
Sopra, Eugenio
Scarlato
al programma
Italia’s got talent.
A sinistra,
il rapper durante
un’esibizione
improvvisata
all’Aran pub
di Roma
Scritta e diretta
da Rodolfo Bisatti
(nella foto qui
sopra accanto al
protagonista,
Giuseppe Cocevari),
la pellicola Voci
nel buio è stata
prodotta da
Gianluca Arcopinto,
Kineofilm e Studio
Arkadena
sentimentalismo, Voci nel buio
di Rodolfo Bisatti, regista padovano trapiantato a Trieste. Ma
la forza di questa pellicola è anche nella struggente normalità
di una storia che per mantenere
viva l’attenzione dello spettatore non fa ricorso a nessun tipo di
additivo: la disperazione vive nei
silenzi, il dramma non si trasforma mai in tragedia e, soprattutto,
la cecità di Giovanni non ha nulla
di spettacolare. Perché lui, il vero
protagonista del film, è un adolescente intelligente e sensibile che,
come spesso accade nella vita vera, si troverà costretto a salvare i
suoi genitori dalla disperata incapacità di comunicare che si è abbattuta sulle loro vite.
«Per me la disabilità è sempre
stata un valore – racconta il regista –. Avevo una nonna cieca, che
faceva l’insegnante elementare.
Sono cresciuto con una persona
che, pur non vedendo niente, mi
spiegava tutto. Mi hanno educato i suoi silenzi, le sue meditazioni, il racconto orale della sua vita.
Anche in seguito ho trovato sempre compagni di vita che, per una
ragione o per l’altra, erano considerati “socialmente sgraditi” –
prosegue –. Così ho cominciato
ad associare la diversità all’idea di
una riflessione più profonda. Come se chi si doveva dare molto da
fare per emergere o semplicemente per restare dove stava divenisse, per questo motivo, portatore di
un pensiero più complesso».
La pellicola però non è la fine,
ma solo l’inizio di un’avventura.
Perché da quel lavoro è nato og-
33
gi un laboratorio di alfabetizzazione multisensoriale, gratuito,
aperto a tutti e frequentato non
solo da non vedenti, ma anche
dai loro familiari e da tante persone interessate al cinema. «Formo i miei attori in laboratori che
continuano dopo il film – sottolinea Bisatti –. Ma sia chiaro,
non mi interessa il tema dell’integrazione fine a se stesso. Il vero
problema sono i cosiddetti normodotati: in questo frastuono di
suoni e di immagini sono loro
che non sanno comunicare. Chi
non vede ha spesso la capacità di
raccontare un’immagine in modo
straordinario. Non è una questione di fare del bene, ma lavorando
con quelli che chiamiamo disabili si traggono enormi benefici. E
allora il tema centrale non è l’integrazione, ma tornare alla fonte
della comunicazione». Intanto gli
incontri proseguono, ogni sabato
dalle 9.30 del mattino fino a sera.
Incessantemente, senza stancarsi mai. «E ora vorrei che questa
esperienza si trasformasse in un
laboratorio permanente a Trieste
– conclude il regista – . È la scuola di cinema che ho sempre sognato». [A.P.]
RUBRICHE Inail... per saperne di più
Rosanna Giovèdi
Menomazioni dell’apparato
visivo. L’intervento dell’Istituto
ci e/o tollerano con difficoltà altri tipi
di protesi per gli assistiti con anoftalmo unilaterale. Ci sono, inoltre, le protesi su misura: due protesi a guscio in
L’articolo 24 del “Regolamento per l’erogazione agli invalidi vetro; una protesi a guscio in resina
quando sia accertata la non idoneità
del lavoro di dispositivi tecnici e di interventi di sostegno
di quella in vetro; una in resina con la
per il reinserimento nella vita di relazione” stabilisce
tecnica dell’impronta nei casi di bulbi
subatrofici che hanno conservato una
quali dispositivi possono essere forniti agli infortunati
certa sensibilità e tollerano con difficoltà altri tipi di protesi per gli assistiti
on l’obiettivo di proseguire il per- te a contatto per correzione adeguata con bulbi subatrofici o cavità anoftalcorso teso a realizzare un model- agli assistiti con differenza di rifrazio- miche insufficienti.
lo sempre più evoluto di “presa in ne fra i due occhi (es: afachia monolacarico” del lavoratore infortunato e/o terale, astigmatismo post-traumatico,
Nei casi in cui al lavoratore intecnopatico, l’Inail ha ravvisato la ne- ecc.) nei casi in cui sia comprovata la fortunato e/o tecnopatico sia sopragcessità di adeguare il “Regolamento non tollerabilità agli occhiali; lenti ar- giunta, a seguito dell’evento lesivo, la
per l’erogazione agli invalidi del lavo- tificiali intraoculari o, se ritenute ne- cecità completa o la riduzione grave
ro di dispositivi tecnici e di interventi cessarie, lenti a contatto o un paio di della vista (con residuo visivo non sudi sostegno per il reinserimento nel- occhiali correttivi adeguati; lenti arti- periore a 1/10 per entrambi gli occhi
la vita di relazione” al costante pro- ficiali intraoculari e lenti corneali od con correzione) possono essere pregresso scientifico e tecnologico che ha occhiali correttivi adeguati, nei casi scritti un paio di occhiali affumicaconsentito, in questi ultimi anni, di in cui la correzione delle sole lenti in- ti e protesi in cristallo o in resina ove
ottenere prodotti sempre più evoluti e traoculari risulti insufficiente per gli applicabili; un orologio tattile o vocale
più efficienti dal punto di vista del lo- assistiti con afachia sia mono che bi- da polso o da tasca; un bastone bianro utilizzo, procedendo, nel contem- laterale; un paio di occhiali affumicati co rigido o pieghevole; altri eventuali
po, a una ridefinizione delle modalità protettivi o – ove preesistano vizi di ri- ausili percettivi e/o tecnici del tipo ridi fornitura di alcuni dispositivi tecni- frazione nell’occhio non infortunato – tenuto più idoneo (tastiere Braille per
ci. Le attività svolte dall’Inail mirano a un paio di occhiali correttivi, nonché pc, sistema di riconoscimento ottico
favorire il recupero dell’integrità fisica protesi oculari su misura. In partico- testi, sintesi vocale per cellulari, ecc.).
Agli ipovedenti (gravi, medio-grae psichica delle persone con disabilità lare: due protesi in vetro; una protesi
da lavoro, attraverso gli strumenti fon- oculare in resina quando sia accertata vi e lievi) possono essere forniti altri
damentali per l’attuazione del sistema la non idoneità a quella in vetro; una ausili percettivi e/o tecnici del tipo ridi “tutela globale e integrata” che l’I- protesi in resina con la tecnica dell’im- tenuto più idoneo (video ingranditostituto intende garantire ai propri as- pronta nei casi di cavità orbitarie che ri, software ingrandenti con o senza
hanno subito gravi danni anatomi- sintesi vocale), nonché apparecchi per
sicurati.
telefonia (fissa e mobile) a tasti inL’articolo 24 del Regolamento
granditi. Ai fini della fornitura delle
dispone che agli assicurati con menolenti a contatto e delle lenti intraomazioni dell’apparato visivo possano
culari si dovrà tener conto anche delessere prescritti: un paio di occhiala tollerabilità del dispositivo, dell’età
del soggetto e del tipo di attività lavoli correttivi adeguati per gli assistiti con disturbi di rifrazione; un paio
rativa eventualmente svolta. Le lenti
di occhiali affumicati protettivi o cora contatto potranno essere prescritrettivi ove preesistano vizi di rifraziote del tipo rigido, semirigido, morbine nell’occhio non infortunato per gli
de, secondo le indicazioni del medico
assistiti con amaurosi unilaterale con
proscrittore; sono escluse dalla forniconservazione del bulbo oculare; lentura le lenti di natura estetica.
I disegni di questa sezione del Magazine sono di Saul Steinberg
C
34
RUBRICHE Senza barriere
Daniela Orlandi
Casa per tutti. Il vademecum
Quando si acquista un appartamento non sempre
si tengono nella dovuta considerazione eventuali
necessità future. E invece sarebbe utile porsi alcune utili
domande. Per identificare una casa flessibile e adattabile
al mutare dell’età
Q
uando si decide di acquistare una casa le valutazioni
da fare sono molte: il luogo, i collegamenti viari, la rete
dei trasporti, i servizi disponibili nelle vicinanze, le possibilità di parcheggio, la superficie
dell’alloggio, il piano, la visuale, la distribuzione dei vari spazi
interni e altre variabili. Aspetti
considerati ovviamente dopo la
valutazione del prezzo. A tanti
pensieri, bisogna aggiungere un
interrogativo: come facciamo a
sapere se quella specifica casa
che abbiamo scelto è comoda e
agevole per i bambini che verranno, per quando saremo anziani o anche per noi stessi se
viviamo una disabilità?
Una variabile spesso trascurata è quella relativa alla possibilità di trasformare lo spazio
che abbiamo acquistato o intendiamo acquistare, ovvero
se la casa è “modificabile” e
adattabile alle trasformazioni dello stato di salute di chi vi abita. Non
ci si pensa, ma l’età porta con sé alcune difficoltà, così lo stato di disabilità oppure l’arrivo di neonati: una
casa che poteva sembrare comoda per
una coppia normodotata può diventare scomoda. Scale, ingressi con scalini, servizi igienici in spazi inadeguati.
Utile, in questo senso, un vademecum. Ovvero, come riconoscere
una casa flessibile e adattabile al mutare dell’età: alcune domande aiutano
chi compra o sta per comprare a capire meglio. Esiste, per esempio, almeno un percorso accessibile, cioè privo
di ostacoli, strettoie o possibili fonti di
pericolo, dall’esterno all’ingresso fino
alle parti comuni? Esiste un percorso
accessibile dall’atrio all’appartamen-
35
to? Le parti comuni del condominio
sono accessibili? Se ci sono gradini è
prevista una rampa o un mezzo meccanico di sollevamento come una piattaforma elevatrice, un servoscala, un
ascensore come alternativa?
In caso di alloggio ubicato in un
piano diverso da quello dell’ingresso c’è un ascensore che conduca al
suo piano? In caso non ci sia l’ascensore, è stato previsto uno spazio per
una sua futura installazione? In caso di alloggi duplex (su due piani),
la scala interna è abbastanza ampia da alloggiare un servoscala oppure è stato previsto lo spazio per
alloggiare un meccanismo di sollevamento (piattaforma elevatrice o
ascensore) in un secondo momento? Le porte e i corridoi all’interno
dell’alloggio sono sufficientemente ampi? Controllate che siano almeno 75 centimetri per le porte e
120 centimetri per i corridoi. Esiste la possibilità di arrivare al bagno avvicinandosi al lavandino e
al water se una persona è su sedia a ruote? Controllate che il percorso per raggiungerli sia privo di
ostacoli e strettoie (ovvero porte
di ampiezza pari o superiore a 75
centimetri e altri passaggi di ampiezza variabile tra i 90 e i 120
centimetri).
Dopo aver risposto alle domande e agli interrogativi del vademecum, verificate se anche con gli
arredi esistono comode possibilità di
percorrenza all’interno dell’alloggio.
Nell’alloggio arredato è possibile avere in alcuni luoghi, come il soggiorno
o la zona pranzo, una comoda fruizione interna. Per comoda intendiamo
spazi liberi dal diametro di 150 centimetri, almeno.
RUBRICHE Lavoro
l’ESPERTO RISPONDE
a cura del Consorzio sociale Coin
Giorgia Di Cristofaro
Esami
Impiegati di notte.
Gli esoneri per la disabilità
I lavoratori disabili e i loro familiari risultano tra
le categorie esonerate. Ma è comunque necessario il giudizio
di idoneità emesso dal medico competente. A meno che
la deroga non sia prevista dall’atto di assunzione o dalla
convenzione tra datore di lavoro e Servizio di collocamento
I
l lavoro notturno è previsto in una
moltitudine di contratti. In quelli
collettivi, tuttavia, esistono alcune
tipologie di lavoratori che, per le tutele di cui godono, ne sono esonerati: tra
questi, le persone con disabilità e i loro familiari. L’esonero non può essere
derogato né dai contratti collettivi né
tantomeno da accordi individuali tra
lavoratore e datore di lavoro.
Le definizioni di lavoro e di lavoratore notturno sono affronta-
te nel D.Lgs 532/1999 (art.2), nel D.Lgs
66/2003 (art 1 comma 2) e nel D.L.
112/2008 convertito in legge 133/2008. Il
lavoro notturno va inteso come quella
attività svolta nel corso di un periodo
di almeno sette ore consecutive, comprendenti l’intervallo fra la mezzanotte e le cinque del mattino. Il lavoratore
notturno è colui che svolge durante il
periodo notturno in via non eccezionale almeno tre ore del suo tempo di
lavoro giornaliero o colui che svolge in
via non eccezionale almeno una parte del suo orario normale durante il
periodo notturno. Questa parte è definita dalla contrattazione collettiva.
In mancanza di specifica disposizione
nel contratto collettivo, è considerato lavoratore notturno chiunque svolga, per almeno 80 giorni l’anno, lavoro
notturno nell’ambito dei limiti temporali sopra specificati. In definitiva, come precisa la circolare del ministero
del Lavoro n. 13/2000, per poter essere considerato lavoratore notturno, il
prestatore di lavoro deve svolgere le
proprie mansioni di notte in via normale: la prestazione, quindi, non deve
avere carattere di eccezionalità.
Circa la locuzione “a proprio carico”, il ministero del Lavoro con la risoluzione n. 4 del 6 febbraio 2009
all’interpello della Confindustria ha
fornito alcune precisazioni. Il ministero si rifà alle indicazioni della legge
104/1992 sostenendo che la definizione “a proprio carico” vada ricollegata
e resa omogenea a quanto disposto da
quella norma a proposito della conces-
36
sione dei permessi lavorativi. Pertanto il disabile va considerato “a proprio
carico” anche ai fini dell’esenzione dal
lavoro notturno quando il lavoratore presti a questi effettiva assistenza.
Il ministero riprende, a tal proposito,
le indicazioni della circolare Inps 23
maggio 2007 n. 90, adottando il principio che «tale assistenza non debba
essere necessariamente quotidiana,
purché assuma i caratteri della sistematicità e dell’adeguatezza rispetto alle concrete esigenze della persona con
disabilità in situazione di gravità».
La risoluzione ministeriale conclude che «solo il soggetto che risulti già godere dei benefici della legge n.
104/1992 – o possederne i requisiti per
goderne – secondo gli attuali criteri
normativi e giurisprudenziali richiamati potrà richiedere l’esonero dalla prestazione dal lavoro notturno».
L’inosservanza del divieto di adibire il lavoratore che ne abbia i requisiti, a prestare lavoro notturno, è punita
dalla legge.
L’esonero dal lavoro notturno riguarda anche le persone con disabilità. La normativa non parla di uno
specifico esonero se non nei casi previsti per tutti gli altri lavoratori: ovvero un giudizio di inidoneità al lavoro
notturno emesso dal medico competente nello svolgimento dei suoi compiti di sorveglianza sanitaria in base
alla normativa sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (art.
41 del decreto legislativo n. 81/2008).
Inoltre, per quanto riguarda il lavoratore invalido, l’esonero dal lavoro
notturno potrebbe essere richiesto o
previsto all’atto dell’assunzione o nella convenzione tra il datore di lavoro e
l’agenzia di collocamento che ha dato
luogo all’assunzione, in base alle norme sul diritto al lavoro dei disabili che
prevedono il collocamento mirato.
Ho bisogno di chiarire un dubbio per
quanto riguarda l’esame di Stato
per alunni disabili con Pei (Progetto
educativo individuale) differenziato
frequentanti la scuola superiore.
L’attestazione rilasciata dalla scuola
indicante le competenze raggiunte
dall’alunno che non sostiene l’esame
ha la stessa spendibilità e lo stesso
valore in campo lavorativo della certificazione di competenze rilasciata
dalla commissione esaminatrice se
l’esame viene invece sostenuto?
I
l rilascio dell’attestato finale, predisposto
dalla scuola di appartenenza, deve tenere presenti tutte le informazioni indicate
dall’art. 13 comma 2 Dpr n. 323/98 che recita ai commi 1, 2 e 3: «(1) La certificazione
rilasciata in esito al superamento dell’esame di Stato, anche in relazione alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di
studio nell’ambito dell’Unione europea,
attesta l’indirizzo e la durata del corso di
studi, la votazione complessiva ottenuta, le
materie di insegnamento ricomprese nel
curriculum degli studi con l’indicazione
della durata oraria complessiva destinata
a ciascuna, le competenze, le conoscenze e
le capacità anche professionali acquisite, i
crediti formativi documentati in sede d’esame. (2) Qualora l’alunno in situazione di
handicap abbia svolto un percorso didattico differenziato e non abbia conseguito il
diploma attestante il superamento dell’esame, riceve un attestato recante gli elementi
informativi di cui al comma 1. (3) I modelli per le certificazioni di cui al comma 1 sono predisposti dal Ministero della pubblica
istruzione».
Per altre informazioni, può consultare la circolare ministeriale 20 luglio 2001,
n. 125, sui modelli di certificazione per gli
alunni in situazione di handicap.
Ausili
Scrivo per sapere se il televisore è
considerato a tutti gli effetti un ausilio tecnico-informatico e, quindi,
sottoposto a tutte le agevolazioni di
legge oppure no. Sono il genitore di
un ragazzo disabile intellettivo audioleso.
P
er quanto riguarda l’elenco dei sussidi
tecnici e informatici che rientrano nel
beneficio, non è mai stata stilata una vera e
propria lista. Quindi, dalla prescrizione del
37
medico specialista della Asl di appartenenza deve risultare il collegamento funzionale con le apparecchiature e i dispositivi
basati su tecnologie meccaniche, elettroniche o informatiche, sia di comune reperibilità, sia appositamente fabbricati.
Inoltre deve trattarsi di sussidi da utilizzare a beneficio di persone con menomazioni permanenti di natura motoria, visiva,
uditiva o del linguaggio e per conseguire
una delle seguenti finalità, cioè assistere la
riabilitazione e facilitare la comunicazione interpersonale, l’elaborazione scritta o
grafica, il controllo dell’ambiente e l’accesso all’informazione e alla cultura.
pinzillacchere
IL FRANCOBOLLO DEL MESE
a ciascuno il suo
di Gian Piero Ventura Mazzuca
Bambole “buone”. Oltre ogni limite
Anche in Italia il valore è in Braille
L
e differenze tra numismatica e filatelia
non sono solo il materiale e la forma,
metallico e tondo
per la prima, di
carta e rettangolare quello usato
per la seconda
ma, ben più importante, è stata la decisione di utilizzo
del sistema Braille. Le monete lo hanno
seguito da molto tempo e diffusamente,
i francobolli invece molto meno, ma è di
questi ultimi l’aspetto che seguiamo con
maggior interesse. Louis Braille è
vissuto nella prima metà del XIX
secolo in Francia. Rimasto cieco
giovanissimo per un infortunio,
è successivamente riuscito a
inventare l’alfabeto utile alla
scrittura e alla lettura per i non
vedenti, prima di morire di tubercolosi a meno di 50 anni. In Italia il primo
choc
francobollo dedicato al linguaggio Braille,
e quindi sovraimpresso per renderlo leggibile anche ai ciechi, è arrivato nel
2004 in un’emissione di due valori
insieme a un altro dedicato a Santa
Lucia, nel XVII centenario del suo
martirio, questo però non sovraimpresso. Negli altri Paesi molte sono
invece le emissioni effettuate in
tale direzione, ma questo lo racconteremo prossimamente.
sex therapy
In Inghilterra la prima “casa
di piacere” per persone disabili
L
a notizia ha fatto discutere tutto il Regno Unito e non solo. Si
tratta del primo “bordello” per persone disabili che dovrebbe
aprire, nel 2014, nel Buckinghamshire. L’idea è venuta a Becky
Adams, un’ex tenutaria di case di appuntamenti che, poco più
di un anno fa, una volta finita
la professione, ha dato vita
all’associazione ParaDoxies
per mettere in contatto la
domanda di prestazioni con
l’offerta (volontaria e gratuita).
Constatato però che non tutti
gli “appartamenti privati” sono
accessibili, ecco allora l’idea di
creare quello che lei stessa ha
definito «un centro per la salute
e l’educazione sessuale delle
persone con disabilità» privo di
barriere. Madame Adams, che
ha detto di aver investito circa
75mila euro nel progetto, ha
dichiarato alla Bbc di aver già
ricevuto molte mail sia da parte
di futuri clienti sia da parte di
escort, ex infermiere o altre
collaboratrici che comunque
hanno lavorato in strutture per
disabili. Peccato che in Inghilterra le “case chiuse” siano illegali.
Ma per Becky Adams non si tratta di prostituzione: i rapporti a
pagamento sarebbero «un diritto» e il mezzo per poter «educare
le persone disabili a una sana sessualità e a conoscere meglio il
loro corpo». [M.T.]
Ditelo chiaramente che non ci volete
C
erto che in Francia,
in materia di
sensibilizzazione
dell’opinione pubblica,
fanno davvero sul serio. Nel
suo blog su Superabile.it
Matteo Schianchi racconta di
quando, girando tra alcune
delle vie più frequentate di
Parigi, ha notato i manifesti
di una campagna contro
le barriere architettoniche
lanciata dall’Association des
paralysés de France (Afp). Il
messaggio è esplicito: dite
chiaramente che non volete
le persone disabili tra voi,
perché altrimenti la maggior
parte dei locali sarebbe
accessibile. Cosa che invece
non è.
«Vedere questo tema,
pubblicizzato come una
birra qualsiasi, alla portata di
chiunque mi ha felicemente
sorpreso. Il tema è facile,
chiaro: il limite non è la
patologia, ma sono le
barriere che impediscono
a chiunque di muoversi
liberamente, di stare tra gli
altri, indipendentemente
dalla disabilità», commenta
Schianchi. Poi questa felicità
si è interrotta. «Ancora qua?
La questione mi pare troppo
ovvia da poter suscitare
ancora qualche moto. Ma,
come sappiamo, spesso
bisogna ripartire dall’Abc».
[M.T.]
38
U
na volta erano solo un
giocattolo per bambine.
Ora sono diventate educative,
sensibilizzanti, provocatorie,
psico-terapeutiche e, da
qualche anno, perfino disabili.
Parliamo di bambole. Dalla
Barbie in sedia a ruote (era il
1997) a quella pelata perché
malata di cancro, richiesta alla
Mattel appena un anno fa dal
gruppo americano Facebook
“Bella e calva”, che negli Stati
«bambola handicappata
Uniti ha già portato alle Bratz
e Moxie Girlz senza capelli True da trattare come una vera
deficiente» – così recita la
hope.
scritta sulla confezione –
voluta dalla Cooperativa
per la vita indipendente di
Göteborg (Svezia), che lo
scorso anno ha fatto molto
discutere, anche se l’intento
era chiaramente provocatorio:
dire basta a pietà, buonismi e
al fatto che spesso le persone
disabili vengono trattate come
bambini. Ma ci sono anche
Dalla Baby down (prodotta in
Spagna e nel 2009 distribuita
in Italia dalla cooperativa
sociale “Il martin pescatore”)
agli altri bambolotti dai
tratti somatici “tipici” della
Trisomia 21, che si possono
acquistare sui siti web di
prodotti medicali. Fino alla
semplice e adatto all’età del
bambino, perché la fantasia e
l’imitazione degli adulti fanno
il resto.
Ha senso, allora, spingere
così tanto sul meccanismo
di identificazione con il
giocattolo, anche se si tratta di
favorire l’accettazione di sé? E
se invece la funzione è quella
di educare alla diversità, allora
perché non una bambola
obesa, amputata o cieca?
gli ausili per bambolotti e
quello con sei pulsanti sulla
pancia per aiutare i piccoli non
vedenti a imparare l’alfabeto
braille.
Negli anni Settanta c’erano
Cicciobello nelle versioni
“Angelo nero” e “cinese”:
chissà se hanno influito sulla
nostra idea di immigrazione.
[M.T.]
Nella pedagogia steineriana
la bambola è l’immagine
dell’essere umano, formato
non solo dal corpo fisico ma
anche dal corpo delle forze
vitali, delle forze dell’anima e
dell’Io. Ma per Rudolf Steiner
il bambolotto doveva essere
39
Nelle foto, gli “accessori” per
bambolotti di “B Indipendent”
e, in alto al centro, le Sew Able dolls
di “Sew dolling”. Tutti acquistabili
on line sui siti web delle due aziende
statunitensi. Cercando “bambola
disabile” su Google, i risultati
superano quota 330mila.
pinzillacchere
IL PRANZO DELLA DOMENICA
LE PAROLE PER DIRLO
percorso a ostacoli
di Carla Chiaramoni
di Franco Bomprezzi
Fatti una “skarrozzata”. Almeno per provare
GusTop
via Selvanesco, 77 20142 Milano
[email protected]
www.gustop.it
Tel. 02.89309263, 346.8778737
In cucina Roberto
(coordinatore), Cristian,
Davide, Giancarlo e Marcelo
Chiusura a cena,
sabato e domenica
Coperti 85 (35 all’aperto)
Locale accessibile
Prezzo pranzo completo
9 euro (self service)
è un modo di
“ C ucinare
dare: ecco la garanzia di
un buona cucina!”. La scritta
che accoglie i clienti di questo
nuovo locale milanese invoglia
e dimostra una giusta visione
dell’antica arte del nutrire.
Ancor più significativa perché
in questo ristorante selfservice, aperto da qualche
mese alla periferia Sud della
città, lavorano ragazzi disabili:
sette delle undici “persone
genuine” che si occupano
del servizio sala e cucina. A
gestire GusTop due importanti
realtà del terzo settore: “Via
Libera”, cooperativa sociale
specializzata nell’inserimento
lavorativo di persone
svantaggiate, e “L’Impronta”
onlus, che opera con persone
disabili e che – per il suo
arte floreale
I
stagione è invece il riso noci
e gorgonzola. Non mancano
poi ogni giorno un secondo
di carne e uno di pesce.
Anche i dolci sono homemade: una sicurezza la torta
di mele e cannella e quella
di pere e cioccolato. L’offerta
sicuramente non delude i
vegetariani.
Il prezzo è assolutamente
adeguato all’offerta: menù
completo a meno di dieci
euro, caffè compreso.
Accettati i più importanti
ticket della ristorazione.
Avviata anche l’attività di
catering per la realizzazione di
eventi. Il servizio bar è aperto
dalle 7 di mattina.
hi-tech
“Germogli diversi”: piante in cattedra
mparare l’arte delle composizioni floreali e riprodurle
su ceramica attraverso la
pittura. Questo e altro durante
i corsi gratuiti nell’ambito del
progetto “Germogli diversi”,
promosso dall’Unitalsi e
finanziato dal ministero del
Lavoro e delle politiche sociali.
Partito nel settembre scorso,
sta coinvolgendo in tutta Italia
soci unitalsiani
malati e non,
anziani, disabili
e giovani disoccupati. Che
si cimentano
con fiori e
rami, foglie e
frutti per cre-
impegno – nel 2011 è stata
insignita dell’Ambrogino
d’Oro. Una scelta maturata
e consolidata da due anni di
lavoro, scanditi da formazione
e studio di fattibilità.
Il locale, accogliente,
predilige i toni naturali e
luminosi. Offre un menù
essenziale ma curato, pensato
per accontentare chi vuole
una pausa dal lavoro sana e
salutare. Dalle 12 alle 14.30
si può scegliere tra primi,
secondi, insalatone, contorni,
frutta e dolci.
I piatti seguono la
stagionalità. Da non
perdere, quindi, le zuppe
con verdure fresche. Senza
are ornamenti destinati ad
abbellire chiese e cerimonie.
Fonte d’ispirazione? Versi della
Bibbia e della letteratura. Il
percorso punta anche a un
possibile sbocco professionale
per le persone disabili. Che
sviluppano competenze per
progettare in autonomia o per
lavorare in aziende del settore.
Non solo: la manipolazione dei
materiali agisce
positivamente
sull’emotività. Al
termine dei cicli
formativi, prima
dell’estate,
sarà costituita
un’associazione
culturale. [L.B.]
40
Brailletouch, un’app per chi non vede
S
crivere in Braille sull’iPhone
e poi esportare quanto
si è scritto in una mail o in
un sms oppure postarlo su
Facebook e Twitter. Si chiama
Brailletouch la nuova app
che permette a chi non vede
di raggiungere una velocità
di scrittura di oltre 23 parole
al minuto, con punte di 32
parole, molto maggiore
di quella che si ottiene
utilizzando la tastiera Qwerty
virtuale, con cui è possibile
digitare in media dalle 10 alle
15 parole ogni 60 secondi.
Inoltre con Brailletouch si
possono usare e creare tutte
le combinazioni di punti che
formano l’alfabeto Braille,
senza bisogno di vagare
sulla tastiera dell’iPhone alla
ricerca della lettera giusta,
per poi inserirla sollevando
il dito o toccando due volte
lo schermo. È così, infatti,
che i non vedenti utilizzano
i dispositivi dotati di touch
screen. Infine, questa nuova
app permette anche a chi
vede di imparare il Braille,
mostrando a schermo quello
che si scrive, in modo da
familiarizzarsi con le diverse
combinazioni di punti. [A.P.]
Assistente
sessuale
È
la parola più di moda.
Provoca emozioni, suscita
diffidenze, inquieta e
affascina. Se ne parla, ma
non si dice. L’assistente sessuale è un tabù
nel tabù. Le persone con disabilità sanno
benissimo che il sesso è il problema numero
uno, da quando si è in grado di discernere
amicizia e attrazione fisica e sentimentale.
Da quel momento in poi ci si accorge,
davvero, della disabilità. Non esiste una
ricetta facile, si sa. È un diritto ma non lo si
può esigere, almeno nel senso banale che
non si può obbligare nessuno a volerti bene
e a dimostrarti l’amore in modo fisicamente
sensibile.
Ed ecco spuntare, negli ultimi tempi,
l’attrazione fatale per una figura
“professionale”, celebrata dal cinema (che si
limita, quasi sempre, a raccontare gli anfratti
della realtà, precedendo o seguendo il
sentire comune). L’assistente sessuale, ossia
un professionista del sesso, che si mette a
disposizione delle persone che da sole non
potrebbero neppure eccitarsi. Naturalmente
in Italia non c’è niente di tutto ciò, almeno
a livello ufficiale. Il fatto è che questo modo
un po’ contorto di affrontare la questione
sembra orientato quasi esclusivamente al
maschile. Ossia nell’immaginario collettivo,
con un po’ di pruderie che non guasta,
l’assistente sessuale è donna, e il destinatario
delle attenzioni professionali è un uomo.
Il contrario non risulta. Non ho mai sentito
parlare di assistenti maschi per le ragazze
o le donne con disabilità. Al fondo rimane
forse quell’archetipo mai rimosso, in base al
quale sono gli uomini ad avere bisogno in
ogni caso di soddisfare l’istinto sessuale. Ma
sappiamo che non è vero. Il merito di questa
parola “magica” è di far uscire dal limbo la
situazione di tante famiglie, specie quelle in
cui la disabilità non è solo fisica, ma riguarda
le capacità intellettive e di comunicazione.
In queste situazioni, oltre al tabù, cade il
silenzio, un muro di non detto, di indicibile.
T
utti in carrozza, o meglio in
“carrozzina”, per capire cosa
significano davvero le barriere
architettoniche. E allo stesso tempo
per sensibilizzare la gente, bambini
compresi, sul tema dell’accessibilità.
Sono le “skarrozzate”, percorsi in sedia
a ruote a ostacoli (o in giro per la città)
aperti a chiunque e soprattutto a chi
disabile non è. L’idea è venuta due anni
fa a Enrico Ercolani, un geometra di 31
anni che vive a Bologna e che nel 2009
si è rotto l’osso del collo in montagna
durante una discesa in bicicletta. «Da
quel giorno la mia vita è cambiata»,
racconta. Si è dato alla pittura e poi
ha iniziato a organizzare queste
41
strane passeggiate grazie all’aiuto di
Costanza Guarenghi, dell’associazione
“Macondo suoni di sogni”, della Asl
e delle sanitarie che hanno prestato
le sedie a ruote. “Camminate” che
hanno avuto come testimonial l’attore
Alessandro Bergonzoni. Obiettivo
della prossima “skarrozzata”, a maggio,
«coinvolgere anche le disabilità
sensoriali e far provare la sedia ruote
a sindaco, amministrazione cittadina,
professionisti del settore edile e teorici
dell’accessibilità perché – come spiega
il promotore – per comprendere
le barriere architettoniche, occorre
la pratica». Per saperne di più:
Enricoercolani.it. [M.T.]
dulcis in fundo
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