1 La politica valutaria come strumento di regolazione degli scambi

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1 La politica valutaria come strumento di regolazione degli scambi
1 La politica valutaria come strumento di regolazione degli
scambi internazionali
Ormai sappiamo bene che la bilancia dei pagamenti influisce sull’andamento del mercato valutario,
determinando variazioni del tasso di cambio (in
regime di cambi flessibili) o imponendo l’intervento
diretto delle Banche Centrali a difesa della parità
prestabilita (in regime di cambi fissi).
Abbiamo tuttavia trascurato un altro aspetto della
questione: se è vero che il saldo della bilancia dei
pagamenti si riflette sul tasso di cambio (quando i
cambi sono liberi di fluttuare), è altrettanto vero
che una modifica del tasso di cambio, rendendo più
o meno convenienti le importazioni e le esportazioni, influenza a sua volta il saldo stesso.
Possiamo allora giungere alla seguente conclusione:
• un aumento del tasso di cambio (cioè un apprezzamento della moneta nazionale rispetto a
quella estera), rendendo più convenienti le importazioni e meno le esportazioni, influenza
negativamente il saldo della bilancia dei pagamenti;
• una riduzione del tasso di cambio (quindi, un
deprezzamento della moneta nazionale rispetto
a quella estera), rendendo meno convenienti le
importazioni e più le esportazioni, influenza
positivamente il saldo della bilancia dei pagamenti.
Abbiamo visto in precedenza che il costo del vostro
soggiorno negli Stati Uniti per seguire un corso di
inglese varia al variare del tasso di cambio: se il
tasso aumenta il costo si riduce, per cui un numero
maggiore di vostri amici potrebbe decidere di venire con voi, se il tasso diminuisce il costo aumenta
e qualcuno non potrà più permetterselo.
Possiamo dunque concludere che le importazioni
in Europa di corsi d’inglese dagli Stati Uniti aumentano all’aumentare del tasso di cambio e diminuiscono al suo ridursi, e la stessa cosa può dirsi per
la maggior parte dei beni importati.
Ma che succede, invece, a uno studente di New
York che decide di seguire un corso d’italiano a
Roma? Esattamente il contrario: se il tasso aumenta, il costo del corso aumenta (perché per ogni
euro da acquistare avrà bisogno di più dollari), se
il tasso diminuisce, il costo del corso si riduce.
Quindi, le esportazioni di corsi d’italiano agli
studenti statunitensi diminuiscono all’aumentare
del tasso di cambio e aumentano al suo ridursi.
Più in generale, l’aumento del tasso di cambio
rende più convenienti i beni importati in Europa
dagli Stati Uniti e meno convenienti i beni esportati negli Stati Uniti dall’Europa.
Tornando a un altro dei nostri esempi precedenti, l’importatore europeo di elettrodomestici
statunitensi sarà contento, l’esportatore europeo di prodotti di alta moda un po’ meno.
In altre parole, le variazioni del tasso di cambio,
causate dallo squilibrio della bilancia dei pagamenti, contribuiscono a ridurre l’avanzo/
disavanzo e a condurre la bilancia verso una situazione di tendenziale equilibrio.
Importazioni
> esportazioni
• Disavanzo della bilancia dei pagamenti
• Deprezzamento moneta nazionale (riduzione del tasso di cambio)
• Aumentano le esportazioni, diminuiscono le importazioni
• Equilibrio della bilancia dei pagamenti
Importazioni
< esportazioni
• Avanzo della bilancia dei pagamenti
• Apprezzamento moneta (aumento del tasso di cambio)
• Diminuiscono le esportazioni, aumentano le importazioni
• Equilibrio della bilancia dei pagamenti
Una moneta nazionale molto forte, dunque, non fa bene alla competitività commerciale di
uno Stato, in quanto deprime le esportazioni e fa crescere le importazioni, determinando
un aumento della disoccupazione e un calo generale della domanda interna.
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Per questo motivo gli Stati, tramite le proprie Banche centrali, cercano di tenere in qualche modo sotto controllo l’andamento del tasso di cambio (cosiddetta politica valutaria):
• anche in un regime di cambi flessibili, infatti, è possibile che il tasso di cambio non
sia determinato esclusivamente dalle regole del mercato, cioè dall’andamento della
domanda e dell’offerta, ma sia influenzato anche dall’intervento diretto delle Banche
Centrali che acquistano e vendono valuta al fine di contenerne le oscillazioni entro
limiti considerati accettabili. In questi casi, molto frequenti nella realtà, si parla di
fluttuazione sporca o amministrata;
• in un regime di cambi fissi il tasso di cambio è prestabilito, tuttavia è possibile che
la Banca Centrale proceda a una svalutazione al fine di rendere più convenienti le
esportazioni e più costose le importazioni. In questo caso si parla di svalutazione
competitiva, in quanto l’obiettivo, spesso mascherato, di tale manovra è proprio quello di accrescere artificiosamente la competitività commerciale del Paese.
Gli effetti della svalutazione competitiva sono sempre positivi?
Gli effetti delle variazioni del tasso di cambio sulla bilancia dei pagamenti sono in realtà un po’ più complessi di come li abbiamo descritti sinora. Un aumento del tasso, ad esempio, ha certamente un effetto negativo sulle esportazioni, poiché rende più
costosi i beni destinati ai mercati esteri, e allo stesso modo fa crescere le importazioni, perché i beni prodotti all’estero sono più
convenienti. Tuttavia, nel caso di un Paese che non dispone di materie prime e di fonti energetiche, e che dunque nell’alimentare
il proprio funzionamento dipende dalle importazioni di tali materie prime dall’estero, la diminuzione del loro costo conseguente
all’apprezzamento della moneta nazionale può ridurre in modo netto gli effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti.
In modo speculare, in una situazione del genere gli effetti positivi di una svalutazione competitiva possono essere fortemente attenuati dal maggior costo delle materie prime importate, anche in considerazione del fatto che quel Paese, non disponendo al proprio
interno di validi sostituti, non può contrapporre al maggior costo di importazione una diminuzione delle quantità acquistate.
L’esempio classico è quello del petrolio: se un Paese non dispone di giacimenti petroliferi, un deprezzamento o una svalutazione
della moneta nazionale farà notevolmente aumentare il costo del petrolio importato, senza che quel Paese possa ridurne in modo
significativo le quantità acquistate.
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