Che cos`è un ETF - Trattamento fiscale

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Che cos`è un ETF - Trattamento fiscale
Gli ETF: cosa rappresentano e su cosa investono
(da www.sapereinvestire.it autore M. Leonelli)
In una semplice sigla, ETF, acronimo di Exchange Traded Fund si cela un’innovativa tipologia di
Fondo/Sicav che sta sempre più attirando l’attenzione degli investitori, per le sue caratteristiche di
semplicità ed economicità. Diversificata anche la tipologia di attività sottostanti sulle quali investono.
Gli Exchange Traded Fund (ETF) possono essere definiti, traducendo letteralmente dall’inglese, fondi quotati sul
mercato. Si tratta di un’innovativa tipologia di prodotto finanziario, appartenente alla categoria dei fondi di
investimento aperti indicizzati, finalizzata a “riprodurre” fedelmente l’andamento di un indice azionario o
obbligazionario, un indice del mercato immobiliare, indici settoriali o panieri di azioni/obbligazioni.
Alla base degli ETF vi è quindi il principio della “gestione passiva” che si contrappone alla “gestione attiva”,
propria di alcuni fondi comuni di investimento.
Lo scopo degli ETF, cioè, è quello di replicare nel modo più lineare e accurato possibile l’indice benchmark di
riferimento senza cercare di offrire all’investitore un rendimento superiore allo stesso. Il tutto avviene
semplicemente detenendo in portafoglio gli stessi titoli che compongono l’indice da replicare, nel medesimo
peso percentuale (li si potrebbe definire, in modo un po’ goliardico, “i copioni”), senza avere alle spalle team di
ricerca, analisti gestori che cercano di battere l’indice di riferimento con il frutto dei loro studi.
Nati negli anni 70 in America e, accompagnati da un notevole successo ed elevati volumi di scambio, sono
approdati in Italia nel mese di Settembre del 2002, entrando nel Mercato Telematico dei Fondi (MTF) classe 1.
Qui sono negoziati in “continua” come un normale titolo azionario; aspetto che li rende liquidi, trasparenti e
facilmente controllabili nella valutazione da parte di chiunque.
A Marzo 2006 in Italia vi erano quotati 46 ETF, con un crescente interesse in termini di volumi negoziati (media
giornaliera per il 2005: 1.405 contratti) e controvalore scambiato (34.1 milioni di euro), in crescita rispettivamente
del 171% e del 170.5% sul 2004 (dati di Borsa Italiana).
Variegata e diversificata la tipologia di sottostanti sui quali tali strumenti investono e, di conseguenza, a
disposizione dei risparmiatori.
Si parte dall’azionario Italia, Cina, America (replicando gli indici principali della Borsa Usa) azionario Europa
Area Euro, Europa nel suo complesso (includendo la Gran Bretagna e la Svizzera), Europa Socially
Responsible, di stile (growth e value), medie imprese area euro, piccole imprese area euro, Europa dell’Est.
Si passa poi ai recenti ETF entrati sul mercato lo scorso Marzo che consentono di investire sull’azionario
internazionale, azionario inglese, azionario Paesi emergenti, azionario Far East escluso Giappone, Brasile,
Korea, Taiwan, azioni operanti nel settore immobiliare nonché azioni Europee con elevate capacità di stacco
dividendi.
Ma le azioni e gli indici azionari non sono i soli sottostanti. Ottima la copertura dei Bond con l’obbligazionario
corporate denominato in Euro o in Dollari, Titoli di Stato in Euro a tasso fisso su ampie scadenze, Titoli di Stato
in Euro indicizzati all’inflazione.
Come potete notare la scelta è molto varia. Tocca a voi individuare il segmento giusto.
Trattamento fiscale degli Etf (I parte)
(da www.sapereinvestire.it autore M. Leonelli)
Il trattamento fiscale degli ETF è forse l’aspetto di maggiore complessità e difficoltà interpretativa che un
piccolo investitore si trova ad affrontare. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
Introducendo questa innovativa tipologia di strumento finanziario e analizzandone i vantaggi, abbiamo
affermando che non è tutto oro quello che luccica e che anche gli ETF presentano alcune ”zone d’ombra”.
Quella sicuramente più sentita dai piccoli risparmiatori è la complessità del trattamento fiscale, in quanto il
calcolo dell’imposta è considerato difficile da comprendere e metabolizzare. Da qui la nostra mission: cercare di
chiarire le cose semplificandole.
Prima di tutto è necessario distinguere tra ETF Armonizzati e quelli che non lo sono. I primi sono quelli
conformi alle Direttive Europee UCITS (Undertakings For Collective Investment in Transferable Securities) e
non comportano per un investitore che adotta il regime del risparmio amministrato (praticamente il 90% di tutti
noi) nessun adempimento particolare; la vostra banca (o intermediario finanziario) avrà l’onere di calcolare ed
effettuare le rispettive ritenute, mentre voi non dovrete fare assolutamente niente, tranne incassare gli eventuali
dividendi e/o capital gain al netto della ritenuta.
Nel caso di ETF non armonizzati la situazione invece è molto più complessa; comportano l’obbligo di inserire
alcuni proventi (i redditi da capitale) in dichiarazione dei redditi (modello UNICO, quadro RI), quest’obbligo
comporta un inevitabile disagio oltre, ovviamente, ad una aliquota maggiore (concorrono a formare il reddito
imponibile del sottoscrittore e sono assoggettati alla tassazione progressiva IRE dello stesso).
La banca, infatti, su tale tipologia di reddito effettua solamente una ritenuta a titolo di acconto del 12,5%.
Sorge spontanea una domanda: ma come si fa a capire se gli ETF acquistati sono armonizzati o no?
La risposta non è immediata.
Le certezze arriverebbero solamente dalla lettura del prospetto informativo non facile da reperire anche perché
molte volte è in inglese. Per facilitarvi le cose sappiate che tutti gli ETF quotati a Marzo 2006 sul mercato italiano
sono Armonizzati (tecnicamente vengono definiti OICR di diritto estero conformi alle direttive comunitarie), così
come accade per tutti quelli francesi. Non lo sono quelli Americani, mentre se ci spostiamo nei mercati della
Germania, della Svizzera o dell’Inghilterra la risposta non è univoca (pur essendo quasi tutti ETF non
armonizzati).
Va ora anticipato un concetto che servirà poi per i dovuti approfondimenti.
Sto parlando del NAV acronimo di Net Asset Value, tipico di tutte le tipologie di fondi (chiusi, aperti, comuni,
ETF). Si tratta, come sapete, del valore netto degli asset del fondo (valorizzazione pro quota del capitale gestito)
e viene calcolato e diffuso su base giornaliera dalla società che gestisce l’ETF.
Ci servirà in quanto il fisco fa un’apposita distinzione fra NAV di acquisto/vendita e prezzo di mercato al quale
l’investitore negozia l’ETF; prezzo che nella maggior parte dei casi è diverso (anche se di poco) dal NAV.
Essendo inoltre calcolato giornalmente, non dimenticate che se acquistate e vendete il vostro ETF nella
medesima giornata il NAV sarà lo stesso (non cambia) mentre il prezzo dell’acquisto e della vendita sul mercato
potrà, ovviamente, differire.
Trattamento fiscale degli Etf (II parte)
(da www.sapereinvestire.it autore M. Leonelli)
Analizziamo il trattamento fiscale degli ETF armonizzati, ossia gli ETF conformi alle direttive comunitarie.
Capiremo subito che a fronte dell’esenzione dell’obbligo di inserire proventi nella dichiarazione dei redditi (per
una persona fisica che ha optato per il regime del risparmio amministrato), gli investitori si trovano di fronte ad
una “sconvenienza fiscale” non trascurabile.
Gli ETF armonizzati producono tre diverse forme di reddito di seguito descritte:
a) reddito di capitale calcolato sul differenziale tra il valore lordo della quota (NAV) rilevato al momento
della vendita e quello rilevato al momento dell’acquisto (tale differenza la chiameremo delta NAV).
Se il delta è positivo l’operazione genera un reddito di capitale tassato al 12,5%; se il delta è negativo la perdita
generata dall’operazione non è fiscalmente rilevante, ne quindi deducibile in futuro. Il prelievo fiscale deve
intendersi a titolo d’imposta senza obbligo di segnalazione in sede di dichiarazione dei redditi, per le persone
fisiche e gli enti non commerciali e a titolo di acconto con obbligo di segnalazione per le persone giuridiche. Il
sostituto d’imposta si impegna a rilasciare la “Certificazione di cui all’articolo 7 bis del DPR n. 600” entro il 31/03
dell’anno successivo;
b) reddito diverso (capital gain/loss) calcolato sul differenziale dei prezzi di mercato rettificato dal delta
NAV.
Come per qualsiasi strumento finanziario, l’imponibile viene calcolato sul differenziale tra prezzo di vendita e
prezzo di acquisto; il risultato così ottenuto deve essere diminuito della componente reddituale già tassata come
reddito di capitale (delta NAV). Ricordate: in caso di delta NAV negativo, ai fini del calcolo del reddito diverso
tale differenziale va assunto pari a zero.
Si possono verificare le seguenti situazioni:
- Delta prezzi - Delta NAV > 0: in questo caso si è in presenza di una plusvalenza tassata al 12,50% se non
esistono minusvalenze pregresse compensabili (altrimenti si recupera la minus);
- Delta prezzi - Delta NAV < 0: in questo caso si è in presenza di una minusvalenza che viene caricata in
automatico negli archivi della procedura Capital Gain e può essere compensata in futuro, entro i canonici 4
periodi di imposta, con eventuali capital gain futuri (derivanti da ETF, azioni, obbligazioni ecc.);
c) reddito di capitale sui dividendi pagati dal fondo, sempre tassato al 12,50%. Il prelievo fiscale deve
intendersi:
- a titolo d’imposta senza obbligo di segnalazione in sede di dichiarazione dei redditi, per persone fisiche ed enti
non commerciali;
- a titolo di acconto con obbligo di segnalazione, per persone giuridiche. Il sostituto d’imposta si impegna a
rilasciare la “Certificazione di cui all’articolo 7 bis del DPR n. 600 relativa agli utili pagati nell’anno” entro il 31/03
dell’anno successivo.
Da queste righe è subito possibile capire il vero "difetto" degli ETF.
Supponiamo che il signor X abbia minusvalenze pregresse (aveva per esempio venduto azioni in perdita) per
10 €. Compra un ETF al prezzo di 10 € e NAV di quello stesso giorno pari a 10.10 €.
Dopo un mese vende lo stesso ETF al prezzo di 11 € con NAV di 10,90 €.
Abbiamo la seguente situazione fiscale: Reddito di Capitale positivo (10,90 € - 10,10 € = 0,80€) tassato al
12,50% ovvero 0.80 € X 12,50% = 0.1 € trattenute dalla banca che funge da sostituto d’imposta.
Reddito Diverso pari a (11 € - 10 €) - (0.80 €) = 0.20 €.
Su questo reddito non si pagheranno imposte, ma solo perchè si può godere di 10 € di minus pregresse che ora
diventano 9.80 €. Qualora queste non ci fossero, il signor X dovrebbe pagare il 12.5% anche su questi ultimi
0.20 €.
Morale: a fronte di un guadagno lordo di 1€ se ha minusvalenze pregresse compensabili si trova ugualmente a
dover pagare imposte su 0.80 € (ovvero sull'80% del guadagno). Cosa che non avviene nel caso delle azioni o
dei certificates per i quali sull'intero Euro guadagnato, a condizione che ci siano minus pregresse, non si
pagherebbe neppure un centesimo di tasse (sarebbe tutto compensabile con la minus pregressa).
Ora vediamo la beffa nella beffa. Riprendendo i dati di cui sopra, supponiamo che il delta NAV, anzichè essere
pari a 0.80 € sia di 1,20 € (tutti gli altri dati rimangono invariati). Il signor X si trova a dover pagare le tasse su
1,20 € (a fronte, vi ricordo, di un guadagno di 1€). Dopo di che, è vero che il reddito diverso pari a -0.20 €
genera una minusvalenza da sommare alle 10 € "storiche", ma è una minus compensabile solo con capital gain
futuri (sperando ovviamente di averne entro 4 anni; in caso contrario anche questo credito andrebbe perso per
sempre).
Morale: gli ETF sono fiscalmente "perdenti" se confrontati con le azioni e soprattutto con gli investment
certificates (strumenti simili nel funzionamento che saranno approfonditi in seguito). Un investitore con
minusvalenze pregresse da "compensare", a parità di altre condizioni, dovrebbe quindi valutare seriamente la
scelta "certificates"!