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Perché questa Newsletter
IL MERCATO, I SERVIZI, LE INFORMAZIONI PER LA NUOVA
FRONTIERA DEL WELFARE
Benessere: il nuovo mantra. In azienda e nella vita sociale. Molti di noi sono
cresciuti nella convinzione che il benessere, o se preferite l'insieme dei
servizi che rendono socialmente più facile e "buona" la vita sociale (il
Welfare), fosse dovuto ai cittadini da parte dello Stato, in forza delle tasse
pagate o di una contribuzione aggiuntiva dedicata all'ottenimento di
specifiche prestazioni.
Oggi le risorse pubbliche sono sempre più limitate, la ricerca del benessere
si è frammentata, i servizi sociali essenziali sono un ventaglio di possibilità
moltiplicate, rispetto a quelle ritenute essenziali e prioritarie. Dal Welfare
obbligatorio, pubblico, ci si è avviati lungo una transizione - secondo alcuni
- o verso una inevitabile integrazione - secondo altri - di forme e servizi di
welfare non più pagati dalla “mano pubblica”, ma erogati grazie alle risorse
private, individuali o collettive. Questo passaggio è cominciato ad essere
visibile nei nostri luoghi di lavoro, e poi nella vita delle nostre comunità e
dei nostri territori.
Di questo Welfare, “Welfare 4.0” aziendale/contrattuale/integrativo/privato
(quattro aggettivi, per un'unica piattaforma di diffusione di informazioni,
ricerche, analisi, servizi, case-histories) parleremo in questa News letter
multimediale (con articoli, interviste, documenti, immagini e video notizie)
realizzata da giornalisti ed esperti dell’agenzia di stampa Askanews e
destinata al mondo produttivo e alle realtà istituzionali del nostro Paese, alle
parti sociali e alle imprese che forniscono servizi di welfare, a quelle che ne
usufruiscono, alle compagnie assicurative, agli istituti bancari, alla casse e ai
fondi previdenziali e sanitari, ai professionisti e ai consulenti delle imprese...
Già, previdenza e salute sono le aree in cui il welfare privato o integrativo si
è sviluppato prima e meglio. Almeno in termini quantitativi. Ma ormai
comprende tutta la macro sfera dei servizi di assistenza alla persona - dai più
piccoli (asili nido aziendali) ai meno giovani (il problema del long term
care) - alla miglior conciliazione vita-lavoro per il fronte della mobilità e
non solo.
Mille euro per ogni lavoratore. A tanto ammonterebbe la spesa media di ogni
azienda italiana per iniziative di welfare aziendale integrativo. È la stima di
una società di consulenza aziendale che si occupa del tema da almeno sette
anni. Ed è una stima che coincide più o meno con quello che rileva Ocse:
l'1,6% del Pil italiano viene speso in “Welfare 4.0”. Più o meno 24 miliardi
di euro. Tanto? Ancora non troppo. C’è molto spazio per crescere, dal
momento che nei maggiori Paesi europei – basti pensare a Germania e Gran
Bretagna – si spendono cifre quattro-cinque volte tanto.
In Italia l’ultima legge di stabilità ha aggiornato – e semplificato – il sistema
fiscale per l’erogazione dei servizi di welfare, soprattutto aziendali e
soprattutto se negoziati contrattualmente. Le frontiere del welfare si stanno
allargando. E non c’è giorno in cui non si registri una novità, una iniziativa,
un’analisi, una ricerca utile per chi opera in questo perimetro. La difficoltà
sta nell’essere aggiornati, senza dover fare della ricerca di informazioni un
lavoro. E’ un lavoro che ci proponiamo di fare noi. Per voi. Welfare 4.0 ha
l’ambizione di offrire quella piattaforma unica che mancava, dove poter
trovare tutto quanto serve all’attività professionale, imprenditoriale e
sindacale di chi opera in questo nuovo campo di azione.
Quando ci si avvia su nuovi territori non ci si porta la verità in tasca e si
resta più sensibili ai suggerimenti e ai consigli di chi, con noi, esplora,
programma, costruisce. Per questo vorremmo che questa newsletter, Welfare
4.0, divenisse anche strumento di lavoro. E vorremmo ricevere segnali per
aggiustare e ridefinire la rotta. Utilizzate gli indirizzi mail che troverete alla
fine degli articoli... Ci darete una mano. Come noi vorremmo darla a voi.
Paolo Mazzanti
Direttore askanews
I vantaggi fiscali (e contributivi) dei piani di welfare
Il deposito dei contratti, i quesiti e i dubbi sul testo
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate chiarisce i dubbi di applicazione delle nuove
norme
Trentotto pagine di interpretazioni amministrative per guidare la fiscalità delle
aziende nelle nuove opportunità offerte dalla Legge di Stabilità e dal successivo
decreto interministeriale, che hanno agevolato e semplificato i piani di welfare
aziendali. L’attesa Circolare dell’Agenzia delle Entrate (la numero 28/E del 2016) è
stata pubblicata il 15 giugno, alla vigilia della scadenza – peraltro prorogata al 15
luglio – per il deposito degli accordi dei premi di produttività e di partecipazione agli
utili, riferiti al 2015.
Tecnicamente la Circolare – emanata d’intesa con il Ministero del Lavoro – dispone
le modalità applicative di quanto previsto dai commi 182-190 dell’articolo unico
della Legge di Stabilità 2016 (n.208/2015), e di quanto precisato nel Decreto
interministeriale, attuativo della norma, emanato il 25 marzo 2016, pubblicato in
Gazzetta Ufficiale (n.112 del 14 maggio 2016) e sul sito del Ministero del Lavoro in
data 16 maggio 2016. La scadenza del 15 giugno 2016 per registrare gli accordi
contrattuali nasceva proprio dall’obbligo di deposito presso la Direzione territoriale
del lavoro competente entro 30 giorni dalla stipula degli accordi stessi o dalla nuova
cornice normativa definita con Il Decreto pubblicato il 16 maggio scorso (la
procedura in quella data è stata resa disponibile all’indirizzo web www.lavoro.gov.it
alla sezione “servizi”). La proroga al 15 luglio è stata concessa dal Ministero del
Lavoro a fronte di qualche problema tecnico – denunciato anche da molti Consulenti
del lavoro – e forse anche dall’attesa della Circolare delle Entrate, arrivata solo il 15
giugno.
Per sommi capi (la Circolare è suddivisa in cinque capitoli: ambiti di applicazione
della tassazione agevolata, dettaglio sui benefit non soggetti a tassazione, benefit
erogati in sostituzione di premi, modalità di applicazione dell’agevolazione, efficacia
temporale delle nuove disposizioni) si ribadisce che i premi di produzione di cui si
parla nella Legge di Stabilità sono relativi solo al settore privato (escluse le Pa, ma
compresi invece gli enti pubblici economici, i datori di lavoro non imprenditori e le
agenzie di somministrazione), e sono applicabili solo ai lavoratori con reddito (da
lavoro) no superiore ai 50mila euro all’anno. Il vantaggio fiscale (imposta sostitutiva
del 10%) “opera entro i limiti di importo complessivo di 2000 euro annui lordi” per
dipendente. Soglia che sale ai 2500 euro “per le aziende che prevedono il
coinvolgimento dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro”.
Il vantaggio fiscale (per aziende e lavoratori) si massimizza - e vi si aggiunge anche il
vantaggio della mancata contribuzione previdenziale - se il premio di produzione
viene erogato sotto forma di benefit, cioè di “utilità” materiali di servizi messi a
disposizione del lavoratore invece del valore retributivo monetario. In questi casi i
benefit sono erogabili mediante un titolo di legittimazione personale (il voucher) che
non è cedibile, né integrabile. La piattaforma di “flexible benefit” si allarga, rispetto a
quanto previsto dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), arrivando a
comprendere tutto lo spettro dell’assistenza dei familiari, dall’età prescolare dei figli
alla long term care dei genitori anziani del lavoratore.
Una considerazione generale – accanto alle tante di dettaglio per cui rimandiamo alla
lettura del testo e ai commenti che pubblicheremo – riguarda la necessità, ribadita
dalla Circolare, che gli accordi contrattuali prevedano i “criteri di misurazione statuiti
dal Decreto”. E cioè che su almeno uno dei cinque obiettivi fissati dalla norma
(produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione) sia possibile rilevare un
incremento rispetto alle performance precedenti. La Circolare precisa che “gli accordi
già in essere alla data di pubblicazione del Decreto potranno essere integrati per
renderli pienamente conformi alle disposizioni”. Insomma, bisognerà prestare molta
attenzione alla scrittura degli accordi contrattuali per poter accedere ai benefici
previsti.
Non mancano le aree di incerta interpretazione. Commercialisti, consulenti del lavoro
(che avevano diffuso una loro circolare due giorni prima di quella dell’Agenzia delle
Entrate, e che poi hanno pubblicato un vademecum a pagamento) e professionisti del
settore hanno dato inizio a un’analisi puntuale del testo della Circolare, che genera
comunque qualche dubbio interpretativo ad esempio a proposito dei voucher
“multiuso”. Se volete inviare i vostri quesiti, o i vostri contributi sui punti più
controversi della circolare, potete indirizzarli all’indirizzo mail che vedete in calce.
Risponderemo privatamente a tutti, e i casi di interesse generale saranno ospitati nei
prossimi numeri della newsletter “Welfare 4.0”.
Collegamento alla circolare della Agenzia delle Entrate
Marco Barbieri
[email protected]
PIANI DI WELFARE ANCHE NELLE AZIENDE SENZA RSU
Con l’accordo sottoscritto il 14 luglio tra Confindustria e Cgil-Cisl-Uil anche nelle
aziende prive di rappresentanza sindacale si potrà fare ricorso a tutti gli strumenti di
defiscalizzazione previsti dalla legge di Stabilità in tema di produttività e di welfare.
L’obiettivo dell’intesa raggiunta è proprio quello di assicurare la massima diffusione
dei premi di risultato e la loro conversione in servizi di welfare, anche a livello
territoriale e anche nelle piccole e medie imprese.
Facilitare l’uso e gli effetti della contrattazione di secondo livello è l’obiettivo
dell’accordo, che non definisce forme retributive in ambito territoriale, ma si propone
di creare le condizioni più favorevoli per l’introduzione di forme di salario variabile
legate ai risultati a livello aziendale. Una conferma del modello di contrattazione
basato su due livelli, ribadito dal Testo unico sulla rappresentanza del gennaio scorso.
L’accordo, valido per due anni, e rinnovato tacitamente alla scadenza, prevede due
modalità di azione per le imprese prive di Rsu al proprio interno.
La prima opzione consiste nella possibilità di stipulare accordi aziendali con le
organizzazioni di categoria Cgil-Cisl-Uil e con l’assistenza delle associazioni
datoriali territoriali. La seconda prevede invece l’applicazione diretta
dell’agevolazione fiscale prevista dal Decreto interministeriale 25 marzo 2016 (in
applicazione delle norme della legge di stabilità) sulla base delle disposizioni previste
dall’accordo siglato a livello territoriale, che esplica i propri effetti nei confronti di
tutti i dipendenti dell’impresa anche se occupati presso sedi o stabilimenti situati al di
fuori della città/provincia/regione che costituisce l’ambito territoriale dell’accordo.
Una intesa analoga a quella raggiunta con Confindustria viene perseguita dalle
organizzazioni sindacali anche con Confcommercio, Confartigianato,
Confprofessioni.
Marco Barbieri
[email protected]
Covip, dopo il rischio soppressione tenta il raddoppio
La Commissione si candida a estendere la vigilanza sui fondi integrativi sanitari
Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ci ha scherzato su. “Per qualche frazione di
secondo abbiamo pensato che la Covip non fosse necessaria. Invece è stata una scelta
giusta quella di mantenere” la commissione di vigilanza sui fondi pensione. Un anno
fa l’esecutivo ipotizzava la soppressione dell’autorità guidata da Mario Padula. Oggi
la Covip potrebbe estendere notevolmente il raggio d’azione. Non solo la previdenza
complementare. Anche la vigilanza e il controllo sui fondi integrativi sanitari. Il
presidente Padula nella relazione annuale è stato esplicito. “C’è l’esigenza di
qualificazione della vigilanza sul settore della sanità integrativa, in una visione
complessiva del welfare integrativo”.
Poletti non entra nel merito ma sottolinea che c'è "un'ottima collaborazione tra il
ministero e la Covip. E' in atto un dialogo con un percorso di miglioramenti
sostanziali". Lo studio di estendere la vigilanza ai fondi sanitari integrativi è partito. I
tempi non saranno brevi, ma il processo si è messo in moto nel quadrilatero tra
Palazzo Chigi, ministeri del lavoro e della salute e la Covip. Una regolamentazione
dei fondi sanitari è sollecitata anche dalle parti sociali. La soluzione più semplice e
funzionale è estendere il raggio d’azione della Covip nell’ottica di un sistema di
welfare integrato.
La Covip già l’anno scorso aveva espresso l’auspicio di “valutare l’opportunità di
porre in essere interventi relativi all’assistenza sanitaria integrativa”. A dodici mesi di
distanza Padula mette in rilievo che “c’è l’esigenza crescente di un intervento
regolatore della materia attualmente priva di un’adeguata disciplina degli aspetti
essenziali”.
I numeri della sanità integrativa sono consistenti. Oltre 500 enti con caratteristiche
molto diversificate che gestiscono 4 miliardi di euro sui 35 miliardi di spesa sanitaria
privata con 6 milioni di iscritti e 10 milioni di assistiti. Oggi le funzioni di vigilanza
sono “frazionate tra una molteplicità di soggetti” e soprattutto “si mostrano
sostanzialmente inadeguate rispetto alle esigenze di tutela degli aderenti”. Nell’ottica
di sviluppare progressivamente un sistema di welfare allargato, “potrebbe essere
opportunamente valutata – ha detto Padula – la scelta di attribuire a un’unica autorità
le funzioni di vigilanza sul welfare integrativo”.
Per i fondi di sanità integrativa sul tappeto non c’è soltanto la questione di
razionalizzare le funzioni di vigilanza. Esiste soprattutto un tema di struttura del
mercato. E’ evidente che per una serie di ragioni i fondi integrativi intercettano poco
più del 10% della spesa sanitaria privata. La frammentazione è evidente, ed è ancor
più marcata se raffrontata alla realtà della previdenza complementare. La Covip nella
relazione annuale lamenta che il numero dei fondi pensione di piccole dimensioni è
ancora elevato. Solo 12 fondi possono contare oltre 100mila iscritti, mentre la metà
dei 469 fondi non arriva a mille. Con ricadute negative in termini di costi ed
efficienza nell’allocazione delle risorse.
I fondi pensione da un lato, quelli sanitari dall’altro rivestono ormai una funzione
essenziale sul piano sociale, destinata a crescere progressivamente. Il messaggio della
Covip è che un quadro rafforzato di controlli specifici tutela e garantisce il buon
funzionamento del sistema.
Claudio Di Donato
[email protected]
Consulenti del lavoro: Adesso il welfare aziendale può decollare
Dal legislatore una spinta alle imprese a sviluppare la contrattazione di secondo
livello
Buoni pasto, assistenza sanitaria, orari flessibili e convenzioni per acquisti a prezzi
scontati sono le misure di welfare più utilizzate oggi dalle aziende in favore dei loro
dipendenti. Gli strumenti di welfare aziendale vengono scelti soprattutto per ridurre la
conflittualità e migliorare il clima lavorativo (36,7%), per ridimensionare il turn over
(24,1%) e per incrementare la presenza femminile in azienda (20,3%). Ampliare il
tipo di esigenze a cui l'impresa può rispondere con strumenti adeguati è per il 41%
del campione il bisogno primario, seguito da una maggiore deducibilità dei costi da
sostenere (21%). Quasi il 90% del campione ritiene poi indispensabile stabilire un
plafond massimo di riferimento in cui contenere tutti i benefit aziendali di welfare. I
risultati emergono dall'indagine condotta dall'Università Cattolica di Milano, dal
titolo: "Il futuro del welfare aziendale", su un campione di oltre 100 manager
responsabili del personale di altrettante aziende italiane.
Grazie alle agevolazioni fiscali introdotte dalla Legge di Stabilità 2016 in materia di
welfare aziendale, si amplia la platea dei lavoratori che possono godere di benefit
aziendali molto vantaggiosi. "Il decreto attuativo in materia di detassazione
pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 14 maggio - spiegano Luca Caratti e
Giovanni Marcantonio che hanno curato una guida al welfare aziendale per contro
della Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro - era l'ultimo tassello che mancava
per completare il quadro e adesso ci sono tutti i presupposti perché le aziende siano
stimolate a offrire premi in denaro, viaggi, visite mediche, e altri bonus anche là dove
prima erano più restie ad elargirli anche per via dell'elevato costo del lavoro".
L'azienda che ha sostenuto spese per specifiche finalità di educazione, istruzione,
ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto potrà detrarre la somma dal costo
complessivo del lavoro previo accordo tra datore di lavoro e al tempo stesso
prevedere l'erogazione di premi di risultato per i lavoratori che, se non superano
l'importo di 2.000 o 2.500 euro e non sono percepiti da un dipendente con un reddito
superiore ai 50mila euro, saranno soggetti all'imposta sostitutiva del 10% e non più a
quella ordinaria che poteva arrivare fino al 41% in base al reddito.
La tanto attesa Legge di Stabilità 2016 , tra le previsioni dei suoi 999 commi (articolo
unico), ne contiene una molto importante sotto il profilo del welfare aziendale e della
contrattazione decentrata. I commi da 182 a 189 introducono, in modo permanente, la
cd. detassazione dei premi di produttività, dettando regole e limiti specifici che
riprendono quelli finora applicati, e che ne richiedono l’esplicitazione in contratti
collettivi di II livello. La previsione relativa all’incentivazione del welfare è, invece,
contenuta nel comma 184.
La disposizione afferma che se il lavoratore sceglie di fruire delle somme e dei valori
di cui al comma 2 e all'ultimo periodo del comma 3 dell'articolo 51 del TUIR in
sostituzione, in tutto o in parte, dei premi di produttività o delle somme erogate sotto
forma di partecipazione agli utili dell’impresa (di cui al comma 182) tali somme e
valori sono completamente esenti. Il comma 184, nello specifico, precisa che esse
non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro
dipendente, né sono soggette all'imposta sostitutiva IRPEF del 10%, disciplinata dai
commi da 182 a 191.
L’assoluta novità introdotta dalla legge di stabilità è l’attribuzione al lavoratore del
potere di scegliere se fruire del premio di produttività in denaro e vederselo, pertanto,
tassato con l’aliquota sostitutiva (in applicazione di un contratto decentrato), oppure
se utilizzare l’importo del premio di produttività, in toto o in parte, per fruire di uno o
più servizi di welfare messi a disposizione dal datore di lavoro che, nei casi e nei
limiti di cui all’art. 51 TUIR, sono completamente esenti. Prima una tale richiesta del
lavoratore non poteva essere soddisfatta, poiché l’art. 51 TUIR, parla espressamente
di servizi messi a disposizione dei lavoratori; pertanto, la somma che il lavoratore
percepiva come premio di produttività, per essere erogata a diverso titolo, doveva
essere considerata imponibile a tutti gli effetti secondo le regole ordinarie.
Ora, invece, se la possibilità di scelta è prevista da un contratto di secondo livello
nulla osta al cambio di destinazione della somma. Infatti, l’altra fondamentale
specifica introdotta dalla Legge di stabilità, comma 187, è quella che riguarda il ruolo
della contrattazione aziendale o territoriale. Affinché il lavoratore possa optare per
l’utilizzo della somma che gli sarebbe spettata a titolo di premio di produttività per
fruire di servizi di welfare deve esserci un contratto collettivo di secondo livello che,
nel prevedere l’erogazione dei premi di produttività, disciplini anche la possibilità
connessa all’art. 51, TUIR.
Tali previsioni sono l’ennesimo segnale da parte del Legislatore per spingere le
aziende a sfruttare il più possibile le deleghe alla contrattazione di secondo livello e
ritagliarsi sempre più misure e discipline specifiche e ad hoc. Infatti, dal momento
che per fruire della detassazione e della possibilità di “scambiare” i premi di
produttività con welfare è necessario adottare contratti aziendali o territoriali, tanto
vale che le aziende sfruttino a pieno le potenzialità dello strumento, magari anche
nella più incisiva versione dei contratti di prossimità.
Claudio Di Donato
[email protected]
FURLAN (CISL): IL WELFARE CONTRATTUALE AIUTA I LAVORATORI
E LA COMPETITIVITA’
“Ma deve essere integrativo rispetto ai servizi garantiti dallo Stato”
Negli anni della crisi lo Stato ha via via ristretto il proprio raggio d'azione nelle
politiche sociali. Nelle aziende si sta però sviluppando un welfare che offre ai
lavoratori prestazioni integrative assai vantaggiose. Uno strumento che sarà elemento
centrale del nuovo sistema di relazioni industriali, che imprese e sindacati sono
chiamati a disegnare. Ne è convinta Annamaria Furlan, segretario generale della Cisl,
secondo cui "la destinazione di una parte di risorse al welfare può consentire ai
lavoratori di acquisire prestazioni e servizi difficilmente ottenibili da parte dei
singoli, ottenendo così una serie di vantaggi".
Quali sono questi servizi?
"Maggiore convenienza rispetto a erogazioni salariali gravate di costi fiscalicontributivi; maggior potere contrattuale in forma aggregata verso i soggetti fornitori
di prestazioni; possibilità di maggiore personalizzazione delle prestazioni;
caratterizzazione delle prestazioni di welfare come fattore di innovazione e di
benessere organizzativo; maggiore valore percepito dai lavoratori".
Quanto è cresciuta la quota del welfare nei contratti?
"L’osservatorio sulla contrattazione di secondo livello della Cisl (Ocsel), che a oggi
conta circa 5.000 accordi, ci restituisce una fotografia che vede il welfare contrattuale
in forte crescita negli ultimi 4 anni. Le percentuali passano da un 13% nel 2012 a un
20% nel 2015, ben 7 punti percentuali in più di pratiche di welfare con una positiva
tendenza a interventi mirati alle caratteristiche dei differenti contesti".
Qual è l’incidenza del welfare aziendale negli accordi di secondo livello?
"Negli ultimi anni, il secondo welfare ha incrementato la sua rilevanza economica,
finanziaria e occupazionale, diventando sempre più una realtà che incide direttamente
e concretamente sulle condizioni di vita di milioni di cittadini di ogni età. Per quanto
riguarda il sistema delle imprese e il ruolo che il welfare in azienda è andato
assumendo in questi anni, il rapporto Istat 2015 conferma le tendenze riscontrate dal
nostro osservatorio (Ocsel) e definisce la contrattazione di secondo livello sul welfare
un fenomeno in crescita. I dati dell’Ocsel mostrano che nel 2014, all’interno della
voce 'welfare', prevalgono i servizi aziendali e le convenzioni (69% dei casi), seguiti
dai fondi integrativi (51% di cui più della metà negli ultimi due anni sono sanitari). Il
46% degli accordi contiene invece miglioramenti rispetto alle disposizioni legislative,
soprattutto in tema di maternità, permessi giornalieri (solo nel 2014 il 63% di questi
accordi istituiva permessi per visite mediche) e congedi parentali".
L’ultima legge di stabilità ha allargato gli incentivi sul welfare privato. Ritiene
che si tratti di un intervento adeguato per far decollare il secondo pilastro?
“La legge di stabilità 2016 conferma la volontà del Governo di favorire il ricorso al
welfare aziendale, o meglio contrattuale, anche nell’ambito dell’erogazione della
parte variabile del salario legata alla produttività, favorendo fiscalmente i servizi di
welfare rispetto all’equivalente in denaro. Si può vedere in questo un passaggio
epocale del welfare aziendale dalla tradizione paternalistica a una visione strategica
che si colloca nell’ambito delle relazioni industriali, che da ciò dovranno trarre
un’ulteriore opportunità di evoluzione e di rinnovamento in chiave partecipativa. Allo
stesso modo prevedere la possibilità di “welfarizzare” in tutto o in parte il godimento
del premio di risultato, con l'esenzione fiscale completa del costo delle relative
prestazioni, amplia la gamma di intervento contrattuale finalizzato, aprendo nuovi
spazi di sviluppo di una contrattazione orientata alla produttività e al benessere
organizzativo dei lavoratori in azienda. Tutto ciò lascia prevedere non solo il
consolidamento della tendenza allo sviluppo del welfare nella contrattazione di
secondo livello, ma un suo deciso salto di qualità che monitoreremo con attenzione
anche attraverso il nostro osservatorio Ocsel”.
Il welfare contrattuale, dunque, può essere un’arma in più nella sfida della
produttività?
“Il welfare contrattuale non ha solo una valenza sociale, già di per sé di straordinaria
importanza, ma diventa esso stesso un fattore di produttività e di competitività delle
imprese. Non solo, e non tanto, perché crea un clima migliore nelle aziende e
favorisce processi di fidelizzazione dei lavoratori, ma perché può divenire più che un
elemento di 'scambio contrattuale' un aspetto di fattibilità per favorire l’innovazione
organizzativa in direzione di modelli più efficienti orientati alla qualità del processo e
del prodotto. E questo sappiamo essere uno dei terreni decisivi per promuovere la
produttività e la competitività delle imprese. La ripresa della crescita e, quindi, la
possibilità non solo di difendere, ma di creare lavoro passano per questa strada. Il gap
di produttività-competitività si combatte con innovazione, organizzazione, flessibilità
nella gestione dei sistemi degli orari, uso flessibile e responsabile delle
professionalità, qualità ed efficienza del processo produttivo e, in generale,
dell’organizzazione del lavoro. Un welfare che esce, quindi, da un ambito e da una
concezione limitata e distorta di elargizione filantropica per affermarsi come una leva
strategica di vantaggio competitivo. La maggior produttività è strettamente
proporzionale al grado di personalizzazione dei servizi-prestazioni: maggior
soddisfazione-motivazione del lavoratore, maggior livello di soluzione di problemicause frenanti per la prestazione lavorativa ottimale.L’erogazione di prestazioni di
welfare può integrare-sostituire le erogazioni salariali e, se ben fatta, assicurare
maggior valore reale e percepito. In questo quadro le misure del Governo per
l’agevolazione fiscale dei premi di risultato stabiliti dalla contrattazione danno un
segnale di qualità e di innovazione molto importante: l’incentivo fiscale maggiore per
le aziende in cui la contrattazione prevede piani di partecipazione dei lavoratori
all’organizzazione del lavoro apre la strada alla ricerca dell’innovazione
organizzativa e della produttività attraverso la valorizzazione delle competenze e del
ruolo dei lavoratori”.
Qual è l’atteggiamento della Cisl sul welfare aziendale e, più in generale, sul
welfare privato?
“La prospettiva di sviluppo del welfare in azienda passa secondo noi per la
contrattazione. Noi speriamo che ci sia uno sviluppo concreto di questa prospettiva
negoziale legata sempre più a una responsabilità sociale delle aziende in un quadro di
relazioni industriali sempre più partecipative e non antagonistiche”.
La sfida del welfare contrattuale può cambiare la natura del sindacato?
“Il sindacato, e in questa direzione ci stiamo muovendo unitariamente con Cgil e Uil,
deve fare evolvere il modello di relazioni industriali in chiave partecipativa per farlo
diventare un volano di sviluppo economico e sociale. In questo quadro il welfare
aziendale rappresenta un tassello importante. Un mancato impegno del sindacato sul
welfare contrattuale potrebbe, inoltre, ingenerare alcuni rischi: far mancare, senza
distinzione di reddito e di condizione, ai lavoratori una parte fondamentale di servizi
e di prestazioni; lasciare spazio a erogatori privati di prestazioni e servizi di offerte ai
singoli a prezzi puramente di mercato; delegare implicitamente alle aziende la facoltà
di erogare prestazioni in termini unilaterali, magari all’insegna del paternalismo e/o
della discriminazione. Per il sindacato la via maestra resta, ovviamente, la
contrattazione con l'obiettivo, quindi, di impostare su questo una propria strategia
tesa a ricondurre nell'ambito contrattuale anche le iniziative di matrice unilaterale con
la dovuta attenzione a non distruggere esperienze di effettiva utilità per lavoratori e
imprese”.
Lo sviluppo del welfare aziendale rischia di ampliare le differenze territoriali e
può incrinare l’universalità di alcuni diritti di lavoratori e cittadini, in
particolare sul delicato terreno della sanità? Come si può evitare questo rischio?
“Noi siamo interessati a promuovere il welfare di matrice contrattuale sia nella
contrattazione nazionale che in quella di secondo livello, aziendale e/o territoriale. Il
welfare contrattuale non può essere mai alternativo o sostitutivo rispetto al sistema
pubblico. Di fronte a uno Stato che arretra sul fronte del welfare state occorre
promuovere tutti i processi di razionalizzazione della spesa, del servizio e della
gestione tesi a confermare il ruolo primario del servizio pubblico a tutela, in primis,
del sistema previdenziale e sanitario”.
E come si può evitare che diventi sostitutivo rispetto alle prestazioni che lo Stato
dovrebbe continuare a garantire?
“Va detto con chiarezza che la natura del welfare contrattuale non può che essere
complementare e/o integrativa rispetto alle prestazioni che vanno garantite dallo Stato
e/o dalle pubbliche amministrazioni. La ragione non sta solo nella sempre più ridotta
capacità di spesa pubblica, ma anche nella possibilità di intercettare con la
contrattazione, in particolare nelle aziende e sul territorio, bisogni più particolari ai
quali poter fornire risposte alle esigenze dei singoli e del territorio”.
Un ulteriore rischio è che possa diventare uno strumento con il quale le aziende
cercano di mantenere bassi i salari. Si percepisce nelle dinamiche negoziali il
tentativo di alcune imprese di imporre uno scambio tra welfare aziendale e
aumenti salariali?
“Non temiamo questo rischio. Si può gestire il costo del welfare contrattuale come
aggiuntivo rispetto ai premi legati a obiettivi (salario di produttività). In molte
situazioni sono già state sperimentate, prima delle ultime novità legislative in
materia, forme di 'conversione' del salario legato a obiettivi in prestazioni importanti
e servizi di welfare, ovviamente se queste risultavano più convenienti del salario.
Anche su questo piano le recenti misure del Governo consentono di fare un passo in
avanti: tutto è affidato alla contrattazione e nella contrattazione la pratica dello
scambio si realizza in base a un equilibrio di convenienze e obiettivi. Alla fine il
giudizio lo danno i lavoratori e noi siamo convinti che sia una strada molto positiva”.
In particolare, in quali categorie si è più sviluppata l'area del secondo welfare?
“Il welfare contrattuale è ormai presente in modo quasi generalizzato in tutti i settori.
Le difficoltà maggiori per una sua effettiva diffusione si incontrano nei settori
caratterizzati dalla presenza prevalente di piccole aziende per le quali è necessario
gestire il tema nella contrattazione territoriale. Vi è, inoltre, un limite per quanto
riguarda il pubblico impiego: anche l’ultimo decreto sulla detassazione, che consente
a scelta del lavoratore di 'welfarizzare' il premio di risultato fissato dalla
contrattazione, si rivolge al solo settore privato”.
Allo studio del Governo c’è la costituzione di un'authority per la vigilanza sui
fondi della sanità privata. L'idea sarebbe quella di creare un'autorità sul
modello della Covip per i fondi pensione. Per la Cisl è la strada giusta?
“Pensiamo che sia utile rapportarsi al welfare integrativo in modo coordinato e
integrato, evitando l’eccessivo frazionamento delle iniziative in mancanza di un
quadro organico di regole di riferimento e di un'autorità di vigilanza le cui
caratteristiche potrebbero utilmente essere mutuate dalla Covip. Già dieci milioni di
italiani sono assistiti dai fondi sanitari integrativi che a vario titolo intermediano oltre
4 miliardi l’anno di spesa sanitaria privata. Regole di riferimento e il sostegno
normativo a tali iniziative sono quanto mai opportuni”.
L’impulso alla contrattazione di secondo livello e l’allargamento del welfare
aziendale e contrattuale possono facilitare la strada per la revisione del modello
contrattuale?
“Il 14 gennaio Cgil, Cisl e UIl hanno approvato nei loro esecutivi in seduta congiunta
un documento per un moderno sistema di relazioni industriali che poggia su tre
pilastri: contrattazione, partecipazione e regole. All'interno di questo documento lo
sviluppo del welfare contrattuale rappresenta un punto di notevole importanza e viene
coniugato nella duplice ottica di valenza sociale e di fattore agevolatore
dell'innovazione organizzativa e di recupero di produttività. Il documento unitario di
Cgil, Cisl e Uil punta infatti molto sull'estensione in quantità e qualità della
contrattazione di secondo livello ed evidenzia, in questa ottica, l'importanza correlata
dell'innovazione organizzativa e del welfare contrattuale”.
Vincenzo Sannino
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Confindustria: il welfare aziendale non sia una moda
Intervista a Pierangelo Albini, direttore dell’area lavoro e welfare di
Confindustria
Domanda - Qual è l’importanza che Confindustria attribuisce al welfare
aziendale e contrattuale?
Albini - Il welfare aziendale è uno dei temi rilevanti del prossimo futuro, ma è
presente nelle imprese e nei contratti da molto tempo. L’impresa ne trae benefici non
solo e non tanto in termini di immagine, ma soprattutto di efficacia nella gestione
delle risorse umane. L’attenzione sulle esigenze dei dipendenti ha un impatto
positivo non solo sulle performance organizzative, ma anche sui risultati economici
delle imprese: crescita di quote di mercato e incrementi del fatturato . Come in tutte
le cose però è importante la costanza. Non può essere una moda da seguire con
iniziative spot, ma una politica da portare avanti con perseveranza e con l’obiettivo
di essere un’impresa in grado di attrarre verso di sé i migliori collaboratori che
esistono sul mercato del lavoro.
Qual è l’attuale diffusione del welfare aziendale tra le imprese? Ci sono settori
dove è maggiormente sviluppato?
Già oggi molte piccole e medie imprese investono in previdenza integrativa, sanità
complementare e prevenzione per i propri dipendenti. Secondo una recente indagini
condotta da Assicurazioni Generali, col patrocinio della Presidenza del Consiglio dei
ministri e con la partecipazione di Confindustria e Confagricoltura, su un campione
di 2.140 piccole e medie imprese di industria, commercio e agricoltura, la previdenza
integrativa risulta presente nel 40,4% delle imprese, forme di assicurazione sulla
salute nel 38,8%. Ma i campi in cui si registrano interventi di welfare aziendale sono
molteplici. Oltre i due prima ricordati vanno ricordati assicurazioni per i dipendenti e
le famiglie, la tutela delle pari opportunità e sostegno ai genitori, la conciliazione del
lavoro con le esigenze familiari, il sostegno economico ai dipendenti e alle loro
famiglie. Le aziende inoltre investono in formazione per i dipendenti e sostegno alla
mobilità delle generazioni future, sicurezza e prevenzione.
Come giudica le novità introdotte dalla Legge di Stabilità per incentivare il
welfare aziendale?
Assolutamente positive. Sono stati infatti introdotti dei potenziamenti alla possibilità
per le imprese di implementare iniziative di welfare aziendale. Il potenziamento non
è solo nel fatto che è stata rafforzata l’incentivazione fiscale, ma che sono stati
allargati i campi di possibile intervento, cambiando una impostazione di politica
fiscale che avvantaggiava soprattutto certe voci di welfare aziendale e non altre.
Cosa propone Confindustria in materia?
Più che cosa propone, direi che è importante anche cosa Confindustria si propone di
fare al riguardo. Un aspetto importante è che le iniziative di welfare sono più
frequenti nelle aziende oltre i 100 lavoratori. Vi sono infatti vincoli che frenano le
Pmi nell’adottare iniziative di welfare strutturate, ad esempio gli oneri fissi di
gestione per l’implementazione dei piani, l’assenza di informazioni e di competenze
dedicate. Una strada su cui puntare è quella dell’aggregazione attraverso i contratti di
rete con altre imprese. Una strategia che può permettere alle aziende di rafforzare il
proprio potere contrattuale rispetto ai fornitori; di realizzare servizi comuni di
implementazione e di gestione dei piani a livello territoriale o di categoria; creare una
strategia condivisa sul territorio. Confindustria intende lavorare per favorire iniziative
di questo tipo.
Che ruolo avrà il welfare aziendale nei rinnovi contrattuali, a partire da quello
dei metalmeccanici?
Oltre che nella logica di una migliore e più moderna politica delle risorse umane, da
considerare uno dei capitali strategici dell’impresa, il welfare aziendale si inserisce
pienamente nel discorso competitività di costo delle imprese. Al fine di rendere le
imprese italiane maggiormente competitive, occorre infatti puntare su una riduzione
del costo del lavoro per unità di prodotto, incentivando lo scambio salarioproduttività, scambio che può essere realizzato e misurato solo a livello aziendale. Di
qui l’importanza cruciale della detassazione dei premi di risultato erogati sulla base di
contratti di secondo livello, come incentivo a riequilibrare l’asse della contrattazione
collettiva oggi troppo schiacciato sulla contrattazione nazionale. La sfida per il Paese
non è ridistribuire le risorse esistenti, bensì crearne di nuove, attraverso la crescita
delle imprese e della loro competitività. Solo un obiettivo di produttività “condiviso”
tra imprese e lavoratori consente, infatti, di ottenere le risorse adeguate per
riconoscere maggiori salari e, conseguentemente, stimolare la domanda interna.
Maria Luigia Pilloni
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IL WELFARE INTEGRATIVO? UN PRODOTTO DI MASSA
Intervista a Tiziano Treu: l’80% delle aziende ha avviato piani di welfare. Il
boom della salute: almeno 8-9 milioni di lavoratori godono di un servizio
integrativo. Le assicurazioni? Un po’ lente. Un’opp ortunità per il sistema
bancario e la sua rete.
“Il Welfare integrativo è diventato un prodotto di massa. E’ stato per anni
ritenuto e relegato tra i prodotti di nicchia, almeno in azienda. Oggi abbiamo
inventariato 98 tipi diversi di prodotti/servizi ero gati nei piani di Welfare
aziendali”. Parola di Tiziano Treu. Ministro, parlamentare, professore
universitario, commissario straordinario Inps per qualche mese, partner
italiano di Crowe Horvath (uno degli studi di consulenza internazionali
specializzati in tema di lavoro e organizzazione aziendale) Treu è uno dei
massimi esperti di welfare – sia pubblico, sia privato – nel nostro Paese. Fu
tra i primi ad analizzare il fenomeno del “secondo” welfare, quello integrativo,
sviluppatosi soprattutto in alcune aziende “pionieristiche”, come Luxottica,
che dal 2009, unilateralmente, cioè senza passare dalla contrattazione
aziendale, affida ad alcuni servizi di welfare il benessere e la motivazione dei
propri dipendenti in azienda. “Siamo passati dalle esperienze pr ototipali a una
diffusione di massa, quindi molto differenziata, di benefit e servizi da offrire,
con o senza negoziato sindacale, ai lavoratori in azienda”.
A distanza di tre anni dal primo libro dedicato al tema, Tiziano Treu, torna in
libreria (editore Ipsoa-Wolter Kluwers) il 23 giugno con “Welfare aziendale
2.0”, un volume a più mani, che si propone di analizzare l’evoluzione di un
fenomeno che dovrebbe esplodere, in termini di mercato di servizi connessi,
anche grazie alle norme contenute nella legge di stabilità 2016.
“Una fiscalità più vantaggiosa e un po’ semplificata, e soprattutto favorevole
ai piani di welfare frutto di contrattazione in azienda”.
Un mercato destinato a crescere…
“Anche troppo. Non credo di sbagliare dicendo che l’80% delle az iende
italiane hanno almeno un prodotto di welfare integrativo distribuito in
azienda. Il rischio sarà la qualità. Se l’opportunità offerta non sarà ben
utilizzata potrebbe essere un problema”.
Di che tipo?
“Il welfare aziendale è moneta pesante, sono se rvizi alleggeriti di tasse e di
contribuzione. Se saranno buoni servizi, di qualità, saranno guardati con
attenzione, ma con rispetto. Se prevarranno servizi di minore qualità – oggi la
norma ammette anche ludoteche e quant’altro – l’Agenzia delle Entrate tra
qualche anno potrebbe essere più occhi uta. Si perde base imponibile”.
Nel suo libro lei cita il dato Ocse che, per l’Italia, stima nell’1,6% sul
Pil il valore dei servizi/prodotti di welfare integrativo. Un terzo e
addirittura un quarto del valore di altri Paesi europei.
“Sì, c’è un grande spazio per crescere. E il mercato crescerà. Non solo sul
fronte dei flexible benefit, ma soprattutto sul fronte della salute. Già oggi i
piani sanitari integrativi coinvolgono 8-9 milioni di lavoratori dipendenti. La
salute ha superato la previdenza sul fronte del secondo pilastro”.
Ma la sanità integrativa, a differenza della previdenza integrativa
non ha norme, non ha autorità di controllo.
“Esatto. Ed è un rischio. I fondi sanitari integrativi devono acquisire c ultura
attuariale, non solo finanziaria, hanno bisogno di fare prognosi
sull’andamento di morbilità e longevità per essere sostenibili. Il legislatore,
dopo anni di attenzione sul fronte della previden za, dovrà occuparsi di
salute”.
Il welfare aziendale e integrativo è una grossa opportunità per le
compagnie di assicurazione?
“Sì, ma mi sembrano un po’ lente. C’è il mondo dei broker, molto attivo,
quello di nuovi e dinamici provider, ma anche le grandi banche potrebbero
cogliere un’opportunità: invece di vendere le solite sole, perché utilizzando la
loro rete, non offrono anche servizi di welfare ai clienti. Migliorerebbe la loro
reputazione avrebbero una opportunità aggiuntiva di remunerazione”.
Il mondo della consulenza aziendale?
“Anche. C’è un livello alto di strategia e di consulenza fiscale, legale e
organizzativa. Poi c’è la delivery. La distribuzione finale di servizi. E se
acquisisci rapporti con una rete di punti vendita, dai farmaci ai pannolini, dico
per dire, puoi fare tesoreria e controllare tutto il sistema”.
Marco Barbieri
[email protected]
Link al video:
http://www.askanews.it/economia/treu-abbiamo-censito-98-diversi-servizi-di-welfare-aziendale_711857273.htm
Sanità, De Rita: stiamo superando la contrapposizione tra pubblico e privato
All’orizzonte si pone il problema della certificazione della qualità
Escludendo le grandi malattie e i grandi interventi chirurgici, per tutto il resto, dalle
banali analisi del sangue alla risonanza magnetica, andiamo verso una sorta di
mercato unico, dove le scelte sono individuali. Un fatto essenziale che porta al
superamento della logica di contrapposizione tra pubblico e privato cui eravamo
abituati in passato. Il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, focalizza i punti
fondamentali della ricerca dal titolo “oltre l’attuale welfare integrativo” e delinea le
tendenze in atto, anche se a volte, come ammette lo stesso De Rita, i ricercatori
tendono ad anticipare i ritmi dell’evoluzione.
La spesa per la sanità privata è aumentata in modo notevole ed oggi è diventata
“addirittura concorrenziale rispetto a quella pubblica”. “Oggi l’entità della spesa
privata impone una riflessione di che cosa stia succedendo” e secondo De Rita ci
sono due elementi fondamentali: “Il primo è una specie di tendenziale equiparazione
tra spesa privata e spesa pubblica, decidendo a livello personale se andare al pubblico
con il ticket o al privato pagando quello che c’è da pagare. Su molti fronti comincia
ad esserci una tendenziale parità di condizioni”.
L’altro elemento è il fattore tempo. “Il tempo – scrive il presidente del Censis –
diventa sempre più importante mentre in passato vigeva la logica del costo. Il sistema
pubblico comincia a capire che proprio lì sta il suo tallone d’Achille, non tanto nel
costo del ticket, ma nel fatto che i tempi di attesa sono spesso troppo lunghi e che la
gente chiede appropriatezza temporale”.
In prospettiva “stiamo andando verso un mercato unico della sanità”, che si sviluppa
“sull’onda dell’offerta a prezzo contenuto e a tempi appropriati e che in qualche
modo riequilibra i due vasi comunicanti della spesa pubblica e della spesa privata”.
Il presidente del Censis pone quindi l’accento su un ulteriore problema, “non banale”,
che è quello della “certificazione della qualità: chi garantisce la qualità se tutto è
tendenzialmente mercato, sul costo e sul prezzo? Appare all’orizzonte il pericolo di
uno sbassa mento dei livelli medi di copertura dei bisogni, in quanto questo mercato
unitario può diventare capace di garantire libertà di scelta e contenimento dei prezzi
ma forse non qualità omogenea”. Per De Rita si tratta di un “passaggio
difficilissimo”. “Qual è il target qualitativo di un mercato unitario? Mentre una
società moderna è fatta di qualità medio alta per tutti. E quindi il nostro sforzo
prossimo venturo deve essere quello di garantire non tanto la sorveglianza sul low
cost o sulle aziende low cost o sull’offerta di strada, quanto quello dei controlli di
qualità e dell’innalzamento della qualità per tutti. Se c’è un mercato unitario, questo
va garantito come mercato che rispetta la qualità medio alta a tutti”.
Claudio Di Donato
[email protected]
Verso l'impresa ibrida che coniuga profitto e sociale
Welfare di comunità: sintesi di spinte fino ad oggi contrastanti
Welfare contro impresa, profitti contro sociale: nella contrapposizione di questi
termini si è sviluppata per decenni una visione dell'economia che oggi, nei fatti, è in
via di superamento. Welfare e imprese non sono più, e non possono più essere,
concetti contrapposti.
Paolo Venturi, direttore di Aiccon, centro studi dell'Università di Bologna spiega
come e perché oggi la produzione di valore incorpori il sociale. "Welfare e imprese
non sono in contrapposizione - dice - ma sono le due facce di un'unica medaglia.
Agricoltura, cultura, sanità, turismo, sono filiere produttive all'interno delle quali le
imprese possono giocare un nuovo ruolo insieme alle comunità. Si tratta di servizi a
favore del territorio e delle comunità che possono essere inseriti in contesti
imprenditoriali ed esprimere così potenziale economico che hanno, ma che ancora
non emerge".
Per quanto riguarda la sostenibilità del welfare di comunità - ovvero nel rispondere
alla domanda di chi paga i costi di questo modello - Venturi sottolinea che fasce
sempre più ampie di popolazione sono disposte a cofinanziare servizi che rispondono
a domande meno generali e più personalizzate, e contemporanemente sono sempre
più numerosi gli esempi di imprese che -nel raggiungere l'obiettivo di creare valore
aggiunto- reinvestono gran parte del profitto generato all'interno della comunità.
"L'impresa oggi sta conoscendo una fase evolutiva, una sorta di ibridazione continua Venturi - da una parte abbiamo imprese che incorporano grandi dosi di
sociale e dall'altra abbiamo il terzo settore che sta diventando sempre più
imprenditoriale. Questa congiunzione sta definendo un nuovo spazio in cui impresa e
sociale trovano importanti punti di contatto".
Venturi ha partecipato alla presentazione del bando "Welfare che impresa" lanciato da
Fondazione Accenture, Fondazione Bracco, e Ubi Banca. Il bando prevede di
premiare e supportare - tra l'altro con un premio di 20mila euro e un finanziamento di
50mila a tasso zero e senza garanzie - i due migliori progetti di welfare di comunità
in grado di produrre benefici in termini di sviluppo locale. I progetti dovranno essere
elaborati da startup sociali under 35.
Luca Ferraiuolo
[email protected]
Link al video:
http://www.askanews.it/economia/verso-l-impresa-ibrida-che-coniuga-profitto-esociale_711838000.htm
Welfare aziendale: un progetto per la reputazione e l'engagement
Perfumo (Eudaimon): non solo ottimizzazione delle retribuzioni
Reputazione, engagement, efficienza: sono i tre obiettivi a cui deve puntare la
strategia di welfare che una azienda mette in atto; le tre domande fondamentali che il
welfare aziendale deve risolvere. E' la visione di Alberto Perfumo, amministratore
delegato di Eudaimon. Perfumo insiste sulla necessità di impostare qualunque
iniziativa di welfare aziendale considerando i tre obiettivi fortemente interconnessi
tra loro. E mette in guardia dai rischi che una azienda potrebbe affrontare se
considerasse il welfare aziendale solo come uno strumento di ottimizzazione della
retribuzione, convertendo semplicemente i premi aziendali in servizi.
"Welfare aziendale come strumento di efficienza - dice - è senza dubbio una
opportunità che l'azienda deve cogliere. Ma di per se non è un fattore motivante con il
lavoratore, non è uno strumento che si riscontra sulla reputazione. Non si può basare
un programma di welfare aziendale solo sulla semplice ottimizzazione delle
retribuzioni: sarebbe sbagliato concettualmente, e molto pericoloso dal punto di vista
del fraintendimento che ci può essere nelle aspettative delle persone e nella risposta
che il lavoratore può dare".
Eudaimon offre una proposta completa e integrata per il welfare aziendale, con
soluzioni dedicate alla conciliazione vita-lavoro, al sostegno al reddito, allo sviluppo
dello smart working e alla misurazione dei benefici per aziende e persone; opera in
Italia dal 2002.
Luca Ferraiuolo
[email protected]
Link al video:
http://www.askanews.it/economia/welfare-aziendale-un-progetto-per-la-reputazionee-l-engagement_711838002.htm
Assicurazioni (Ania): il futuro del welfare nella relazione della presidente Maria
Bianca Farina
Pubblichiamo il capitolo sul “sistema di welfare” della relazione della presidente
Maria Bianca Farina all’assemblea dell’ Associazione delle Assicurazioni (Ania)
tenutasi a Roma il 5 luglio scorso.
Previdenza
Malgrado un chiaro trend di crescita negli ultimi anni, le forme pensionistiche
complementari non hanno ancora fatto registrare quel grado di diffusione e di
sviluppo necessario per fare in modo che il sistema pensionistico italiano, nel suo
complesso, possa garantire un adeguato tenore di vita ai futuri pensionati. Secondo i
più recenti dati della COVIP, alla fine del 2015 le forme pensionistiche
complementari contavano oltre 7,2 milioni di iscritti, il 12,1% in più rispetto all’anno
precedente. La quota di adesione alla previdenza integrativa, considerando solo
coloro che hanno versato contributi nell’anno, era però pari al 24,2% del bacino dei
potenziali iscritti (31% per i lavoratori dipendenti del settore privato, 19% per i
lavoratori autonomi e 5,2% per i dipendenti del settore pubblico). Particolarmente
basso risulta il tasso di adesione dei lavoratori giovani, quelli che più avrebbero
bisogno di integrare il reddito pensionistico. Alla base di uno sviluppo ancora
contenuto della previdenza complementare vi sono molteplici motivazioni, tra cui la
non adeguata consapevolezza dei radicali cambiamenti socio-economici in atto e la
scarsa conoscenza del sistema previdenziale in generale e della propria posizione
pensionistica in particolare. Le recenti iniziative dell’INPS vanno nella giusta
direzione. Pesa inoltre la scarsità di risorse destinabili alla previdenza
complementare, anche per l’incidenza consistente dell’aliquota contributiva del
sistema pensionistico obbligatorio. Da ultimo, non gioca a favore la considerazione
della disciplina fiscale vigente per le forme pensionistiche complementari che di
recente ha visto di fatto raddoppiata l’aliquota dell’imposta sostitutiva sui rendimenti.
Le imprese di assicurazione sono da tempo operatori primari nella previdenza
complementare, sia come gestori delle risorse dei fondi pensione negoziali sia come
promotori di fondi pensione aperti e di piani individuali di previdenza. Questi ultimi,
in particolare, con oltre 3 milioni di iscritti, sono ormai la forma previdenziale più
diffusa. Il rafforzamento del ruolo delle imprese nella previdenza integrativa richiede
costante attenzione alla qualità dei prodotti e all’efficienza della gestione. In un
quadro normativo e fiscale adeguato, si possono aprire spazi per interventi innovativi
volti a meglio cogliere le nuove esigenze di welfare integrato dei cittadini; un
esempio nuovo potrebbe essere l’utilizzo dei fondi accumulati per favorire un
anticipo del godimento della pensione, attraverso la conversione del montante
previdenziale in una rendita temporanea per gli anni mancanti al pensionamento.
Esentare da tassazione i rendimenti finanziari nella fase di accumulo, come da anni
avviene nella maggioranza dei Paesi europei, o aggiornare il limite di deducibilità
fiscale dei contributi, risalente a circa vent’anni fa – indicizzandolo e ampliandolo nel
caso in cui i contributi siano versati per altri familiari – favorirebbe il trasferimento
intergenerazionale e la finalizzazione in funzione previdenziale del risparmio
detenuto dalle famiglie.
Sanità e Assistenza
Come nel caso della previdenza, anche nel campo della sanità e dell’assistenza
l’assicurazione può svolgere un ruolo determinante nel garantire la sostenibilità del
sistema nel lungo termine. Negli ultimi 20 anni la spesa pubblica per la sanità è
cresciuta a tassi superiori a quelli del PIL in tutti i Paesi OCSE. Negli stessi Paesi,
l’incidenza media sul PIL della spesa pubblica per sanità e assistenza, oggi pari a
circa il 6%, è prevista salire al 9% nel 2030 e al 14% nel 2060. L’Italia non fa
eccezione a questi trend. Il peso della spesa sanitaria pubblica rispetto al PIL è grosso
modo in linea con quello degli altri maggiori Paesi europei, ma è di tutta evidenza
che una sua crescita significativa non sarebbe sostenibile. A maggior ragione perché
già oggi alcune criticità caratterizzano il nostro sistema sanitario. Conseguenze
tangibili di questa difficoltà sono il fenomeno delle liste di attesa e il fatto che gran
parte della spesa sanitaria privata è di tipo out-of-pocket, ossia sostenuta direttamente
dai cittadini. Anche nell’area dell’assistenza agli anziani non autosufficienti (LongTerm Care) servono riforme per rendere più efficiente e sostenibile il sistema. Oggi,
infatti, il nostro welfare pubblico è strutturato per soddisfare più la fase acuta delle
patologie che la riabilitazione e l’assistenza necessarie alla continuità terapeutica. Le
trasformazioni sociali e demografiche in atto rendono indispensabile un nuovo
sistema di health management più organizzato per le cure di lungo termine, che
consenta alle persone, grazie all’innovazione tecnologica, di rimanere il più possibile
presso la propria abitazione. Sul terreno della sanità e dell’assistenza, siamo convinti
della necessità di promuovere nel nostro Paese un framework analogo a quello della
previdenza, con il ruolo centrale attribuito alle prestazioni pubbliche e un ruolo
complementare affidato agli operatori privati, in linea con scelte già compiute in altri
Paesi europei. Bisogna definire un sistema che integri operatori pubblici e privati, in
un quadro unitario di regole a tutela degli assistiti, utilizzando lo strumento della
compartecipazione alla spesa e quello della fiscalità per garantire equità e
finalizzazione delle risorse a vantaggio della protezione delle famiglie. Siamo altresì
convinti dell’importanza del ruolo che, per tali bisogni, può essere svolto dal welfare
aziendale che, pertanto, deve essere incentivato nella contrattazione bilaterale.
Nell’ambito della sanità va menzionato anche il tema della responsabilità civile delle
strutture e degli operatori sanitari. L’aumento del numero delle denunce per
malpractice medica ha riguardato, negli ultimi decenni, molti Paesi sviluppati. Anche
in Italia si tratta di un fenomeno importante e complesso che coinvolge professionisti,
strutture sanitarie, compagnie assicurative e cittadini. La sostenibilità del sistema
richiede la ricerca di un equilibrio complessivo che tenga conto delle esigenze di tutti
gli attori coinvolti. Il disegno di legge di riforma della r.c. medica, attualmente
all’esame del Senato, va nella giusta direzione. Le misure riguardanti la prevenzione
e la gestione del rischio, la ridefinizione della responsabilità degli esercenti la
professione sanitaria, nonché l’obbligo di assicurazione per le strutture sanitarie e i
relativi operatori, mirano infatti a riequilibrare il sistema riducendo i costi e
salvaguardando i diritti dei cittadini. Alcuni correttivi al testo attuale appaiono
tuttavia necessari, ad esempio con riguardo all’azione diretta del danneggiato e al
regime di autoassicurazione per le strutture sanitarie.
GENERALI ITALIA LANCIA IL WELFARE INDEX PMI
MENCATTINI: VOLANO PER LO SVILUPPO
Una realtà molto diversificata tra le diverse realtà imprenditoriali
Il welfare aziendale in Italia vale circa 154 miliardi di euro. Parliamo dell'insieme
d'iniziative che le aziende mettono a disposizione dei dipendenti come benefit
integrativi per aumentarne il benessere sul posto di lavoro; per esempio asili nido,
buoni pasto, previdenza complementare e assistenza medica.
Un valore aggiunto anche per le stesse imprese, grazie alla legge di stabilità 2016 che
prevede agevolazioni fiscali per le aziende che se ne avvalgono.
Al fine di divulgarne la cultura anche tra le piccole e medie imprese - quelle con
meno di 250 dipendenti, che in Italia rappresentano l'ossatura del sistema produttivo
occupando l'80% della forza lavoro - Generali, in collaborazione con Confindustria e
Confagricoltura ha realizzato una ricerca, riassunta nel rapporto "Welfare index pmi
2016", che misura l'indice di qualità e penetrazione del welfare aziendale nelle Pmi,
presentato martedì 10 maggio alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. Andrea
Mencattini, responsabile controllate assicurative e relazioni istituzionali Generali
country Italia.
"Il risultato di questa ricerca è che la realtà italiana è molto diversificata ma anche
molto interessante - ha spiegato - l'area della previdenza, della sanità, della nonautosufficienza emergono come i bisogni principali da coprire ma ce ne sono molti
altri che derivano proprio dall'evoluzione delle famiglie in Italia. Quindi bisogni
emergenti sono quelli della conciliazione tra vita e lavoro, l'assistenza agli anziani e
tante altre esigenze della vita quotidiana che le strutture di welfare aziendale possono
soddisfare".
Il welfare aziendale sta diventando anche una leva di sviluppo per imprese sociali,
realtà non profit, cooperative e startup che offrono servizi in questo campo. Alcuni
rappresentanti di queste hanno parlato della loro esperienza nel corso del workshop.
Tra loro Riccardo Zanini della WeCare di Genova che ha creato Amico, un
braccialetto elettronico che raccoglie informazioni sanitarie utili per la sicurezza dei
lavoratori e Angelo Negri, Ad della Panzeri di Lecco.
"Amico - ha spiegato Zanini - è una piattaforma che ti permette di poter 'storare',
condividere e visualizzare tutte le informazioni mediche che oggi abbiamo in
cartellette, archivi e faldoni, trasformarle in digitale e tramite un braccialetto avere la
possibilità di condividerle, in caso di emergenza, con il medico piuttosto che con la
baby sitter o con altre figure che ruotano intorno alla quotidianità della persona".
"Per welfare aziendale - ha aggiunto Negri - noi intendiamo un qualcosa che cerchi di
aggregare i nostri collaboratori, che non siano visti solo come dei dipendenti ma
come collaboratori e che riescano ad avere delle soddisfazioni non solo all'interno
dell'azienda ma anche nel tempo libero extra aziendale".
Il welfare aziendale, ha sottolineato infine Angelo Panzeri, titolare della ditta, premia
non solo i lavoratori che si sentono più motivati ma anche le stesse aziende che, oltre
ai benefici fiscali, vengono accettate meglio dai cittadini e dall'intero contesto sociale
in cui operano.
Link al video:
http://www.askanews.it/economia/il-welfare-aziendale-volano-per-lo-sviluppo-dellepmi-italiane_711807128.htm
Previdenza, Alleanza Assicurazioni aiuta i cittadini a “leggere” la Busta
arancione dell’Inps
Alleanza Assicurazioni (Gruppo Generali) ha lanciato il progetto "Alleati per la
Previdenza, Apri con noi la busta arancione", iniziativa gratuita di consulenza per
aiutare gli italiani a “leggere” la Busta Arancione dell’Inps. La compagnia mette a
disposizione 15.000 suoi consulenti, su tutto il territorio nazionale, per rispondere alle
domande che i cittadini si pongono sulla propria pensione analizzando i dati della
Busta Arancione.
"Grazie alla distribuzione capillare della nostra rete agenziale e alla consolidata
leadership in tema previdenziale, ci impegniamo attivamente sul territorio per creare
consapevolezza su un tema particolarmente sensibile e rilevante per tutta la comunità
– ha dichiarato Marco Oddone, Responsabile Marketing & Distribution presentando
l’iniziativa - con questa iniziativa mettiamo a disposizione di tutti i cittadini la nostra
competenza e professionalità con l`obiettivo di creare la corretta conoscenza e
responsabilità riguardo al proprio futuro pensionistico, individuando le migliori
soluzioni a copertura del fabbisogno previdenziale".
L'iniziativa durerà fino alla fine dell'anno e coinvolgerà tutte le agenzie e i punti
operativi della compagnia. "Quando potrò andare in pensione? Con quanto? Posso
andare in pensione prima?": queste sono alcune delle domande che gli italiani si
stanno ponendo riguardo al proprio futuro pensionistico. "Alleati per la Previdenza" è
l'iniziativa con cui Alleanza risponde ai cittadini, mettendo in campo la propria
competenza ed esperienza in ambito di consulenza previdenziale per sensibilizzare e
informare tutti i cittadini sull'importanza della corretta conoscenza del proprio futuro
pensionistico, e per poter agire per tempo con eventuali azioni correttive.
Link al video
Welfare, come fare previdenza nell'era delle reti
Confassociazioni apre dibattito sulle sfide della welfare society
Provare a fare previdenza nell'era delle reti, affrontando efficacemente le nuove sfide
dettate dalla welfare society. Su questo tema strategico Confassociazioni, la
confederazione delle associazioni professionali, ha lanciato un confronto aperto con
gli attori del sistema previdenziale italiano, pubblici e privati, al fine di individuare
un percorso che sappia fornire risposte adeguate alle nuove forme di lavoro, ai
giovani, alle categorie più esposte, in una visione di futuro che supera il welfare state
così come lo abbiamo conosciuto finora.
Il presidente di Confassociazioni, Angelo Deiana: "Fare previdenza significa
prevedere e quindi cercare di capire come nei prossimi 20-30 anni si possa andare,
secondo Confassociazioni, a costruire qualcosa che non appartenga più al passato, al
welfare state che non ha più risorse pubbliche per raggiungere i risultati di prestazioni
che siamo abituati ad avere ma per costruire una rete di welfare society tra
professioni, imprese, banche, assicurazioni, terzo settore, che rappresenti la rete di
salvataggio per il trapezista. Cioè dobbiamo fare salti mortali per avere non solo le
stesse prestazioni ma addirittura migliori".
In quale direzione allora muoversi? Lo spiega il vicepresidente vicario di
Confassociazioni, Riccardo Alemanno:"Soprattutto dare maggior importanza a quello
che è il lavoro autonomo di seconda generazione, ovvero a quelle attività
professionali che si rifanno alla legge 4 del 2013 e che sono assorbite per la
previdenza dalla gestione separata dell'Inps.
Non è stato compreso come questo settore non sia solo trainante per lo stesso bilancio
dell'ente ma anche per il nostro mondo economico, per il nostro paese".
Secondo pilastro, previdenza complementare e lavoro autonomo dunque sempre più
al centro della costruzione del nuovo welfare. E tra gli autonomi le donne sono quelle
che soffrono maggiormente il gap di protezione rispetto alle lavoratrici dipendenti,
come evidenzia la responsabile di Confassociazioni per le pari opportunità Federica
De Pasquale: "Il punto veramente dirimente oggi è eliminare le discriminazioni che ci
sono tra le tutele e i diritti che hanno le lavoratrici dipendenti e quelle che purtroppo
non hanno le lavoratrici autonome, quindi cercare di uniformare considerando tutte
come lavoratrici".
Intervenuti in occasione del dibattito aperto da Confassociazioni tra gli altri il
sottosegretario alla Giustizia Cosimo Maria Ferri, la presidente di Human Foundation
Giovanna Melandri e il presidente della commissione lavoro della Camera Cesare
Damiano. Che riassume così il momento e il futuro della previdenza, soprattutto
complementare, in Italia.
"Devo dire che il governo ha fatto scelte poco incoraggianti perchè tassare troppo la
previdenza complementare e pensare poi che i giovani vadano ad iscriversi è difficile.
Quindi si deve tornare alle tassazioni di vantaggio e costituire delle reti previdenziali
che siano capaci di sommare la previdenza pubblica e la previdenza complementare
che si aggiunge a scelta dei lavoratori".
Link al video
Covili Faggioli (Aidp): l’impegno dei direttori del personale per allargare il
perimetro del welfare aziendale
Un importante strumento da utilizzare nel motivare i collaboratori, ma anche un’
opportunità da sviluppare e far crescere ulteriormente, allargandone il perimetro di
impiego: questa in sintesi la lettura che Isabella Covili Faggioli, presidente nazionale
Aidp, l'associazione italiana dei direttori del personale, fa dei recenti strumenti di
welfare aziendale incentivati dalla legge di stabilità. "Sicuramente per le aziende che
noi rappresentiamo, che sono le aziende medio grandi dove esiste una direzione del
personale, questo è un grande strumento di engagement per le persone - dice Covili
Faggioli - Quindi vuol dire che si riescono a motivare le persone, e poi, perché no a
un costo inferiore quando c'è la possibilità di avere una contrattazione aziendale che
lo permetta”.
Non tutte le aziende, spiega il presidente Aidp, sono pronte a interpretare al meglio,
in chiave strategica, i nuovi meccanismi di welfare: a fare la differenza potrebbe
essere la dimensione aziendale e - coerentemente - la struttura e la cultura
organizzativa che permettono di impiegare questi strumenti per raggiungere obiettivi
che vadano ben oltre il semplice trasferimento di retribuzione con minori costi fiscali.
"Sicuramente le aziende medio, medio-grandi sono più abituate, a erano già abituate
agli strumenti di welfare a prescindere dalla convenienza. Diciamo che è una strada
già aperta da questo punto di vista - spiega Covili Faggioli - Però le aziende anche
medie e medio piccole, se hanno una contrattazione aziendale, riescono a intervenire
in questo senso”.
Isabella Covili Faggioli insiste quindi sulla valenza strategica dei nuovi strumenti e,
parlando di come i direttori del personale già si stanno misurando con le nuove
norme, aggiunge: "La interpretano per quello che è: un modo per motivare le persone.
Oggi l'unica risorsa importante che abbiamo è la motivazione. Avere delle persone
che stanno bene sul luogo di lavoro e quindi danno un valore aggiunto fa bene al
business fa bene all'azienda, e questo è uno strumento particolarmente interessante a
questo scopo”.
Il giudizio del mondo imprenditoriale e aziendale sugli strumenti di welfare
recentemente introdotti è ampiamente e diffusamente positivo. Ma entrando nel
merito il presidente dei direttori del personale elenca anche una serie di auspicabili
evoluzioni migliorative. "Ampliare il pacchetto di quanto si può proporre ai
dipendenti è sicuramente una strada da seguire - afferma la presidente Aidp - Una
chiarificazione legislativa che permetta di non avere dubbi su quello che è detraibile
o meno, o esente dalle tasse: anche questo sarebbe un'area di miglioramento. E
soprattutto ampliare sia in termini di pacchetto da offrire, sia anche come tetto e
relativamente anche per le popolazioni interessate; perché oggi si arriva solo alle
popolazioni che hanno uno stipendio non superiore alle 50mila euro”.
Aidp, nell'ambito delle sue attività associative, è impegnata a sviluppare il dibattito
sulla tematica e gli strumenti del welfare aziendale con una serie di iniziative e
incontri. "Abbiamo tantissime iniziative sul welfare , a livello territoriale e a livello
nazionale - conclude Covili Faggioli - Saremo in settembre a parlare di welfare, e
saremo in ottobre in Bocconi con il nostro road show istituzionale, un incontro con le
associazioni "Lavoro Welfare" e "Ares" che fanno capo a Damiano e a Baretta. E li
parleremo di welfare mettendo a confronto la visione accademica con quella pratica,
noi porteremo le aziende che parleranno di quello che stanno facendo, e la politica”.
Link al video
Luca Ferrajuolo
[email protected]
Citterio (GIDP) . chiarire meglio le norme sul welfare aziendale
Le imprese sono pronte ad applicarle
"I direttori del personale stanno vivendo bene la nuova attenzione al welfare
aziendale anche se c'è un po' di confusione che va chiarita. Come stanno vivendo
bene l'attenzione lo smart working, che pure richiederà le disposizioni di legge - dice
Paolo Citterio, presidente del Gruppo Intersettoriale dei Direttori del Personale
(Gidp) - Anche se non sempre si capisce perfettamente che cosa si può fare e che cosa
non si può fare.
Per fortuna ci sono organizzazioni come Assolombarda che aiutano le aziende ad
applicare correttamente le norme. Il welfare aziendale consente di coinvolgere il
personale perchè dà benefici e ritorni anche per i figlioli e i genitori. Fino agli anni
passati questa possibilità c'era meno. Da quest'anno, chi ha guadagnato fino a 50 mila
euro può avere una tassazione ridotta fino al 10% sul premio di risultato fino a 2mila
euro. Se invece si opta per i servizi di welfare, c'è l'azzeramento della tassazione.
Se poi si fa un contratto aziendale, i 2 mila euro diventano 2500, senza alcuna
contribuzione. La contrattazione nazionale può demandare alla contrattazione
aziendale la definizione dei servizi di welfare, perchè è più facile trovare le soluzioni
a livello aziendale.
La nostra associazione ha già fatto tre convegni sul welfare aziendale, con
l’intervento di esponenti delle associazioni, sindacalisti e di dirigenti di un paio di
aziende che già da tempo applicano il welfare aziendale, come Luxottica o Ferrero.
Con le ultime evoluzioni, ne faremo un altro ai primi di settembre perchè la
letteratura sull'argomento sta esplodendo".
Link al video
Welfare e start-up, 160mila euro ai progetti innovativi
Iniziativa di Ubi, Accenture e Fondazione Bracco
Rilanciare nuovi modelli di welfare è possibile. In che modo? Riportando al centro
del sistema la comunità. È questo l’obiettivo del concorso per idee “Welfare che
impresa!” rivolto alle giovani start up sociali chiamate a presentare progetti
innovativi, dal forte impatto sociale e capaci di generare sviluppo locale.
Il concorso, promosso sulla piattaforma IdeaTRE60, da Fondazione Italiana
Accenture, Fondazione Bracco e UBI Banca, con il contributo scientifico di
AICCON e Politecnico di Milano - TIRESIA e la partnership tecnica degli
incubatori PoliHub e Campus Goel, premierà i due migliori progetti negli ambiti
dell’agricoltura sociale, del turismo sociale, del welfare culturale e dei servizi alla
persona. I progetti dovranno essere capaci di generare impatto occupazionale, avere
una connotazione fortemente tecnologica, essere scalabili, replicabili ed
economicamente sostenibili.
Fondazione Italiana Accenture e Fondazione Bracco premieranno rispettivamente il
miglior progetto del Nord e Centro Italia e quello del Sud con un premio in denaro
di 20.000 euro. UBI Banca metterà a disposizione per ciascun vincitore un
finanziamento fino a 50.000 euro, a tasso 0% e senza garanzie, della linea UBI
Comunità per soggetti non profit, insieme a un Conto Non Profit Online con 36 mesi
di canone gratuito. I progetti vincitori si aggiudicheranno inoltre un percorso di
incubazione della durata di 4 mesi per l’affiancamento e un ulteriore sviluppo della
loro idea progettuale, a cura di PoliHub e Campus Goel.
“In un’epoca in cui vi è un ripensamento del ruolo dello stato sociale è necessario
che ognuno di noi diventi parte attiva della comunità e metta a disposizione il
proprio contributo. Come Fondazione Italiana Accenture riteniamo che ciò si possa
fare meglio e con maggiore impatto attraverso progetti multistakeholder, come quello
che siamo qui oggi a presentare” – ha dichiarato Diego Visconti, presidente di
Fondazione Italiana Accenture. “Attori di natura diversa collaborano e mettono a
sistema risorse economiche, tecnologia e competenze per accompagnare a
realizzazione i migliori progetti con l’obiettivo di creare nuova occupazione sociale,
che si è dimostrata solida realtà soprattutto in questo periodo di crisi”.
“Siamo molto lieti che tra i partner di questo progetto sia entrato anche Campus
Goel che ha sede in un territorio non semplice come la Locride in Calabria”, ha
dichiarato Diana Bracco, presidente Fondazione Bracco, “un’area che però ha
anche incubato alcune idee d’impresa di grande interesse, a riprova che se riusciamo
a catalizzare le energie positive possiamo generare sviluppo partecipato e condiviso
in ogni parte d’Italia. Fondazione Bracco ha scelto di sostenere l’incubazione della
startup del Sud che vincerà questo concorso”, ha aggiunto Diana Bracco, “proprio
per dare il messaggio che anche le aree più svantaggiate del Paese possono ripartire
puntando su modelli imprenditoriali positivi”.
"UBI Banca ha sempre operato al fianco delle economie locali per lo sviluppo dei
servizi per la comunità” – ha dichiarato Victor Massiah, consigliere delegato UBI
Banca. “In questi anni che hanno visto un continuo decrescere della presenza
pubblica il nostro ruolo di sostegno alle imprese sociali è sensibilmente cresciuto,
come testimonia il dato sugli impieghi al Terzo Settore passato dal 2011 dallo 0,74%
allo 0,93% degli impieghi totali. Iniziative come quella presentata oggi ci consentono
di individuare le migliori idee di imprenditoria sociale per supportarle nella loro
nascita e nel loro sviluppo".
Per inviare la propria idea progettuale c’è tempo fino al 2 settembre. Potranno
partecipare alla call le start up sociali under 35 costituite da non più di 36 mesi (e
non successivamente al 1 maggio 2016); nel caso di organizzazioni femminili la
maggioranza dei componenti dovrà essere under 40.
Claudio Di Donato
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NASCE AIWA, L’ASSOCIAZIONE PER IL WELFARE AZIENDALE
Per riunire i fornitori di servizi alle aziende
Si dovrebbe chiamare Aiwa, l’Associazione Italiana per il Welfare aziendale, l’atto
costitutivo potrebbe essere siglato entro l’estate. L’obiettivo dell’associazione sarà
quello di fare lobbiyng presso le Istituzioni e promuovere sul mercato – e perché no,
presso l’opinione pubblica – la nuova cultura del welfare aziendale. Promotori
dell’iniziativa sono i soci di Anseb, l’associazione delle aziende che vendono i buoni
pasto, guidata da Edenred, Sodexho, Cir e Day. Al gruppo dovrebbero aggiungersi
alcuni tra i principali “piattaformisti”, cioè le società provider che forniscono alle
aziende una piattaforma per la gestione dei sempre più numerosi flexible benefit,
frutto dei piani aziendali di welfare. Tra questi dovrebbero esserci Easy Welfare e
DoubleYou, così come alcuni grandi broker come Aon, Willis e forse Marsha. Una
realtà associativa che conferma l’evoluzione del settore e del mercato e che comincia
a distinguere qualche operatore. Della partita non sarà Welfare Company, la società
nata da Qui Group, gruppo concorrente dei “buoni-pastisti” francesi, associata in
Confindustria (Federvarie) e quindi contrapposta al gruppo Anseb che ruota attorno
alla Fipe.
Claudio Di Donato
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Hera: nasce Hextra, il welfare “su misura” per 8.500 dipendenti
Il piano può essere deciso direttamente del lavoratore
Un nuovo piano integrato di welfare aziendale che dà la possibilità ai lavoratori di
scegliere come impiegare le risorse a disposizione sulla base delle loro esigenze
personali e familiari. Si chiama "Hextra" e sarà attivo per tutti i dipendenti del gruppo
Hera, la multiutility nata nel 2002 e operante oggi prevalentemente in EmiliaRomagna, Marche, Veneto e Friuli-Venezia Giulia.
Il nuovo piano di welfare aziendale, che rende uniforme i servizi e gli interventi a
favore di tutti i dipendenti di Hera, si caratterizza per una quota flessibile di risorse
che può essere allocata a piacere dal singolo lavoratore, che deciderà sulla
base delle sue esigenze personali e familiari. Chi lo desidera potrà destinare una parte
del valore del proprio piano di welfare a favore di Hera Solidale, il progetto del
gruppo che da anni coinvolge i lavoratori nel sostegno a diverse iniziative di
solidarietà sul territorio raggiunto dai servizi della multiutility.
Grazie anche ai recenti incentivi introdotti dal punto di vista fiscale per le iniziative
di welfare, ogni anno potranno beneficiare del piano le famiglie dei dipendenti di
tutte le società del Gruppo Hera, che oggi sono oltre 8.500, in modo omogeneo su
tutti i territori. Un impegno dell'azienda che si aggiunge alle altre attività attive da
anni, dalla mensa ai parcheggi, dagli asili nido ai centri estivi.
Diverse sono le aree tematiche interessate dal piano di welfare tra cui i dipendenti di
Hera potranno scegliere, a cui corrispondono altrettante filiere locali per la fornitura
di beni e servizi: salute e assistenza sanitaria, assicurazione e previdenza, sostegno
all’istruzione dei figli, servizi alla persona, benessere e sostegno al reddito. Per
l'istruzione dei figli è previsto un contributo aggiuntivo riconosciuto dall'azienda ai
dipendenti in possesso di determinati requisiti.
Il piano di welfare permette al lavoratore di spostare una parte della propria quota
flessibile sul fondo del contratto nazionale di lavoro di riferimento, abbattendo il
costo dello stesso in busta paga. L'entità di questo spostamento rimane a discrezione
del dipendente, che potrà così destinare quote residuali ad altre aree tematiche di suo
interesse. Un pendolare, per esempio, potrà essere più utile orientare una parte del
proprio pacchetto flessibile alla copertura del costo per l'abbonamento al treno.
La quota flessibile può essere destinata anche alla retta del nido, alla scuola materna
(rimborso contributo scolastico), ai centri estivi e a ulteriori rimborsi relativi alle
spese scolastiche per scuole primarie e secondarie.
"Siamo partiti con una lunga fase di ascolto che attraverso questionari e focus group
ci ha permesso di capire come costruire un piano di welfare che potesse migliorare
l'impegno finora profuso nell'interesse dei nostri dipendenti - ha spiegato Tomaso
Tommasi di Vignano, presidente del Gruppo Hera -. La soluzione a cui siamo giunti
ci soddisfa perché oltre ad aumentare le risorse ne consente un utilizzo più razionale
e, soprattutto, dà ampio potere di scelta al lavoratore, che decide come gestirsi il
proprio contributo in base alle sue esigenze personali e famigliari. Se consideriamo
l'espansione e il consolidamento del Gruppo, Hextra rappresenta un significativo
passo in avanti, che ci permette di creare valore ed efficienza nell'interesse di tutti i
soggetti coinvolti, contribuendo a proteggere il portafoglio delle famiglie in un
periodo economicamente non semplice come quello attuale".
Paolo Tomassone
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Double You: ispiriamoci al modello spagnolo per far decollare il welfare
aziendale
Anche l’ultima legge di Stabilità restano paletti e complicazioni
L’ultima legge di Stabilità ha ampliato i vantaggi fiscali per il welfare aziendale ma
“non ha modificato in modo radicale lo strumento. In realtà cambia poco, restano
molti paletti e molte complicazioni per gestire il servizio”. Stefano Casati è il cofondatore di Double You, una start up che offre servizi di consulenza e gestione del
welfare aziendale e che ha sviluppato una propria piattaforma tecnologica. “Sul
welfare aziendale copriamo l’intera catena del valore – afferma – dalla consulenza,
l’aiuto alle imprese per aiutarle a introdurre il sistema migliore e poi la gestione del
servizio con la piattaforma”.
“L’aspetto positivo dopo l’ultima legge di Stabilità è che si sta iniziando a parlare di
questo argomento – spiega Casati – ma in Italia il mercato del welfare è molto meno
sviluppato rispetto ad altre realtà”. Il co-fondatore di Double You cita il caso
spagnolo quale modello da mutuare in Italia. “In Spagna ogni lavoratore dipendente
può negoziare individualmente fino al 30% della retribuzione in benefit con relativi
vantaggi fiscali”. E’ per questo che il welfare privato in Spagna è molto sviluppato, al
pari della Gran Bretagna. “In Italia siamo più indietro ma potenzialmente parliamo di
un mercato da decine di miliardi di euro. Ipotizziamo un piano da mille euro per 26
milioni di persone tra lavoratori dipendenti e liberi professionisti”.
Nonostante i paletti e le complicazioni “penso che per le società come la nostra nel
2020 ci sarà un mercato da un miliardo di euro”. Dall’osservatorio di Double You sul
mondo delle imprese, la domanda di welfare è generalizzata per dimensione
aziendale. “I nostri piani di welfare aziendale sono studiati per micro imprese e per
aziende con oltre 10mila dipendenti. Proprio la scorsa settimana è partito un piano
aziendale per una impresa da 4mila dipendenti e uno di un’azienda con un solo
dipendente”. Il manager spiega tuttavia che “la nostra preferenza è lavorare con le
piccole e medie imprese. Tra l’altro, uno dei punti di forza del tessuto imprenditoriale
italiano, è che i datori di lavoro tengono molto al benessere dei propri dipendenti”.
Per quanto riguarda le tipologie di servizi preferite dai lavoratori, accanto a
previdenza e sanità “molto sfruttata è la parte relativa all’istruzione dei figli.
Comunque non c’è una costante – afferma Casati – la realtà è molto variegata. Sulla
nostra piattaforma ci sono oltre 450 servizi diversi, e le persone ordinano un po’ di
tutto, dalla riparazione auto al pagamento della rata sul prestito”.
Claudio Di Donato
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Rbm Salute lancia l’indice di Effettività Sanitaria
Per misurare la capacità di Fondi e polizze nell’intermediazione della spesa
privata
Rbm Salute lancia l’indice di Effettività Sanitaria, un indice per misurare la capacità
di Fondi Sanitari e Polizze Salute Individuali di intermediare la spesa privata degli
italiani. In occasione del Welfare Day che si è svolto a Roma, Marco Vecchietti,
amministratore delegato di RBM Assicurazione Salute, ha spiegato il nuovo
strumento.
“Per misurare la qualità delle prestazioni sanitarie garantite da Fondi Sanitari e
Polizze Salute Individuali abbiamo sviluppato un indice statistico denominato
“IES” (Indice di Effettività Sanitaria) delle Forme Sanitarie Integrative – ha
dichiarato Vecchietti- Considerato l’importante funzione sociale che già oggi le
Forme Sanitarie Integrative svolgono garantendo il rimborso delle spese sanitarie
sostenute di tasca propria dagli italiani, riteniamo fondamentale che i cittadini siano
in grado di misurare l’efficacia delle diverse soluzioni a loro disposizione. Per la
determinazione dell’indice IES sono utilizzati una serie parametri statistici per
ciascuna categoria di prestazioni (ospedaliere, lata diagnostica, specialistica, analisi
di laboratorio ed accertamenti, farmaci ed odontoiatria) e per ogni tipologia di Forma
Sanitaria Integrativa (Polizze Salute Individuali, Fondi Sanitari Contrattuali, Fondi
Sanitari Aziendali, Fondi Sanitari Territoriali, Fondi Sanitari degli Enti Previdenziali
dei Liberi Professionisti e Fondi Sanitari delle Pubbliche Amministrazioni): che
consentono, in sintesi, di valutare il rapporto qualità/prezzo garantito da ciascuna
Forma Sanitaria Integrativa e la capacità di intermediare (ovvero risarcire) la spesa
sanitaria privata pagata dal cittadino”.
L’indice lavora su base 100, tanto più elevato è l’indice tanto maggiore è la qualità
dell’assistenza sanitaria integrativa garantita al cittadino. Tra i principali parametri
valutati, su un campione di oltre 90 Forme Sanitarie Integrative si segnalano
l’ammissibilità a rimborso di una serie più o meno ampia di prestazioni; la frequenza
di accadimento delle prestazioni assicurate (ovvero la probabilità più o meno elevata
che l’evento risarcibile dia luogo effettivamente ad un rimborso), l’ammontare dei
massimali di spesa, l’ammontare complessivo delle quote di compartecipazione alla
spesa per gli assicurati (si tratta dei c.d. “scoperti/franchigie” ovvero della quota di
spesa che la Forma Sanitaria Integrativa lascia comunque a carico dei propri
assicurati), l’ammontare del premio/contributo pro capite che l’assicurato deve
versare per beneficiare delle prestazioni sanitarie e il totale del risarcito medio pro
capite dalla Forma Sanitarie Integrativa rispetto all’ammontare della spesa privata
media pro capite in Italia.
Sulla base delle elaborazioni dell’Indice IES per l’annualità 2015 nella Top 5 stilata
da RBM Assicurazione Salute la maggiore capacità di intermediazione della spesa
privata risulta garantita dalle Forme Sanitarie Aziendali (con un indice di 70,87),
seguiti dalle Forme Sanitarie istituiti dalla Pubbliche Amministrazioni (IES 59,52),
dalle Forme Sanitarie Territoriali (IES 51,31) – al momento operativi solo in Veneto,
Alto Adige, Lombardia e Liguria – per proseguire con le Forme Sanitarie istituite
dalla Contrattazione Collettiva Nazionale (IES 49,87) e chiudere con le Forme
Sanitarie istituiti dagli Enti Previdenziali a favore dei Liberi Professionisti (IES
46,96).
Per quanto concerne invece le prestazioni erogate l’indice IES indica che la miglior
copertura delle prestazioni ospedaliere (ricoveri ed interventi chirurgici), delle
prestazioni di alta diagnostica, delle visite specialistiche e dei farmaci è garantita
dalle Forme Sanitarie Aziendali, la miglior copertura degli accertamenti diagnostici è
garantita dalle Forme Sanitarie Territoriali, mentre la miglior copertura delle
prestazioni odontoiatriche è offerta dalle Forme Sanitarie istituite dalle Pubbliche
Amministrazioni.
“Complessivamente – sintetizza Vecchietti – possiamo dire che attualmente il settore
della Sanità Integrativa vede una coesistenza di Forme Sanitarie Integrative che si
avvalgono di Polizze Assicurative (oltre il 62% del totale) e di Forme Sanitarie che
utilizzano modelli di autoassicurazioni del rischio (poco meno del 38%, in linea di
massima sono i Fondi Sanitari di risalente istituzione riservati ai Dirigenti). In questo
contesto le Forme Sanitarie Aziendali sono quelle che garantiscono la maggior
effettività sanitaria ovvero, in altre parole, che riducono al massimo l’incidenza della
spesa sanitaria privata sulle tasche dei propri assicurati. Le Forme Sanitarie istituite
dalle Pubbliche Amministrazioni (per il proprio personale) offrono un buon livello di
protezione sanitaria anche se assorbono un contributo mediamente piuttosto elevato
(circa 660 Euro a persona). Le Forme Sanitarie Integrative istituite dagli Enti
Previdenziali privatizzati per i liberi professionisti (per intenderci la Cassa del
Notariato, Inarcassa, l’Ente Previdenziale dei Veterinari, l’Ente Previdenziale dei
Medici, la Cassa Forense etc) garantiscono una copertura importante ma solo
(prevalentemente) in area ospedaliera.
Le Forme Sanitarie istituite dalla Contrattazione Collettiva Nazionale offrono
coperture mediamente adeguate ma presentano ampi margini di miglioramento delle
proprie prestazioni e di incremento della propria capacità di intermediazione della
spesa sanitaria privata. Al riguardo si ritiene importante favorire dei meccanismi di
selezione delle Compagnie Assicurative che siano in grado di promuovere una
competizione tra i partecipanti incentrata sulla qualità delle prestazioni sanitarie
garantite. Da ultimo, interessante appare la recente esperienza delle Forme Sanitarie
Territoriali che garantiscono ai lavoratori migliori livelli di copertura assistenziale in
area diagnostica ed odontoiatrica ma che risultano allo stato attuabili solo in Regioni
che garantiscano una buona tenuta dei propri Sistemi Sanitari Regionali in campo
ospedaliero.”
In conclusione – chiude Vecchietti – “anche in considerazione del ruolo crescente che
le Forme Sanitarie Integrative sono chiamate a svolgere a sostegno dei cittadini e
delle famiglie appare fondamentale svolgere un monitoraggio continuativo della
qualità delle prestazioni sanitarie garantite da ciascuna Forma ai cittadini. In
quest’ottica bisognerebbe ripensare anche allo stesso meccanismo dei benefici fiscali
applicati ai premi/contributi versati alla Sanità Integrativa collegandolo al livello di
intermediazione della spesa sanitaria privata garantita da ciascuna Forma Sanitaria
Integrativa”.
Claudio Di Donato
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Federmanager: i fondi integrativi sono il futuro della sanità
“Il futuro della sanità passa attraverso i fondi integrativi”. Il presidente di
Federmanager, Stefano Cuzzilla, sollecita un “cambio di marcia culturale”. “Sono
sempre di più le persone che preferiscono avere servizi sanitari piuttosto che aumenti
di stipendio”. Lo sviluppo della sanità integrativa necessità tuttavia di incentivi
fiscali. “Dobbiamo aumentare la defiscalizzazione” sottolinea in occasione della
presentazione della campagna di prevenzione “manager in salute”. Una iniziativa
promossa dal fondo sanitario Assidai e Federmanager in collaborazione con RBM
Salute.
“La sanità integrativa non può sostituire il servizio sanitario nazionale – continua
Cuzzilla – anzi è il momento che inizi il dialogo tra pubblico e privato”. C’è la
consapevolezza che la sanità pubblica non può reggere. “Sono necessari strumenti
alternativi” in particolare sul campo della prevenzione. Il mondo della sanità da anni
deve fare i conti con i progressivi tagli di risorse soprattutto sul fronte della
prevenzione. L’ex rettore dell’università di Tor Vergata, Renato lauro, sottolinea
invece l’importanza della prevenzione anche sotto il profilo della spesa. “Il solo
diabete – afferma – costa 12 miliardi di euro l’anno e il 65% è dovuto alle
complicanze provocate dalla patologia. Aggiungiamo inoltre che in Italia non esiste
un approccio efficiente alle malattie croniche per cui un giorno di ricovero costa
1.100 euro al giorno rispetto ai 350 euro di strutture adeguate come esistono nel resto
d’Europa”. “La prevenzione funzione ed è sempre più fondamentale”.
Su questa logica si fonda l’iniziativa di Federmanager battezzata “manager in salute”.
L’iniziativa avviata questo mese prevede test gratuiti per gli iscritti del fondo Assidai.
Si tratta di esami e screening mirati. “L’iniziativa prevede un test cardiovascolare da
sforzo e di un controllo bioimpedenziometrico che permette di misurare l’idratazione
dell’individuo e il corretto bilanciamento tra la massa grassa e quella magra”, spiega
il presidente di Assidai Tiziano Neviani, sottolineando che Assidai non è un fondo
obbligatorio e “accettiamo anche iscrizioni dirette”.
La filosofia di Federmanager sul campo della sanità attraverso i vari fondi sanitari di
riferimento è quindi “perseguire la prevenzione – spiega Cuzzilla – ma in modo
mirato. Senza interventi a pioggia. L’intero costo è a carico del fondo. La partità più
importante – conclude – sarà una campagna mirata su età e patologie”.
Claudio Di Donato
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IL 20% DEI CONTRATTI AZIENDALI PREVEDE PIANI DI WELFARE
I dati dell’Osservatorio contrattuale della Cisl. Il segretario confederale Petteni:
“L’obiettivo è personalizzare il welfare. Quello integrativo non smantella quello
universalistico, ma lo migliora”. Conciliazione vita-lavoro in cambio di flessibilità
Dal 2011 al 2015 l’Osservatorio contrattuale della Cisl ha censito quasi 5.000
contratti aziendali siglati dalle rappresentanze sindacali con le aziende. Nel 20% dei
casi sono esplicitamente previsti piani di welfare. “C’è un crescendo inarrestabile –
commenta Luigi Petteni, segretario confederale Cisl, bergamasco, uno che ama
definirsi pioniere del welfare aziendale – e sono felice di vedere questa evoluzione;
quando ne incominciammo a parlare molti ci irridevano. O peggio”. Parla della Cgil
senza nominarla. Non vuole rinverdire polemiche, oggi che anche la Confederazione
di corso Italia si è convinta dell’ineluttabilità del nuovo corso di welfare integrativo,
aziendale e soprattutto contrattuale.
“Molti temevano che lo sviluppo del welfare integrativo avrebbe indebolito e minato
il welfare obbligatorio, universalistico. Non è stato così. Il welfare integrativo
aziendale risponde ai nuovi e diversi bisogni dei lavoratori. Assicura quella
personalizzazione dei benefici che un welfare universalistico non può dare”. Lo
scambio in azienda avviene tra richiesta di flessibilità produttiva e bisogni personali
del lavoratori, che deve conciliare sempre meglio il rapporto vita-lavoro. Asili nido
per i figli, assistenza per i genitori anziani, supporto alla mobilità, fino ai servizi di
maggiordomo in azienda per recapitare e ricevere pacchi o corrispondenza mentre si
è sul luogo di lavoro.
“Il miglior modo per fare i piani di welfare è passare dalla macchinetta del caffè –
aggiunge con ironia Petteni – è lì che capisci quali sono i bisogni reali di chi lavora.
E da lì si devono rappresentare, per assicurare quel benessere in azienda che è un
obiettivo da condividere con il datore di lavoro. Migliora il clima aziendale, si
aumenta la soddisfazione e la produttività, si condivide la flessibilità”.
L’analisi dei dati dell’Osservatorio contrattuale conferma che nelle regioni del Nord,
Veneto e Lombardia soprattutto, i piani di welfare sono più diffusi; e il terziario un
po’ più del manifatturiero, per la tipologia aziendale. “Ma in realtà siamo di fronte a
una diffusione a macchia di leopardo – aggiunge Petteni – c’è welfare in azienda
dove funzionano meglio i soggetti della rappresentanza. Anche nelle Pmi si comincia
a diffondere questa modalità. E spesso nelle aziende artigiane a fruire dei servizi di
welfare sono i titolari e i dipendenti, insieme”.
“Oggi abbiamo i numeri del nostro Osservatorio – conclude Petteni – ma quando sarà
a regime il deposito obbligatorio dei contratti, come richiesto dalla Legge di Stabilità
e dal Decreto interministeriale pubblicato il 14 maggio, avremo un data base
condiviso dalle parti sociale, che ci potrà aiutare a migliorare anche nella scelta degli
indicatori che misurano l’erogazione dei premi di produzione, collegati ai piani di
welfare”.
Non è il welfare a provocare lo stallo nella trattativa sul contratto
metalmeccanici
Le diverse piattaforme presentano elementi comuni sulla sanità integrativa
Lo stallo nella lunga e complessa trattativa per il rinnovo del contratto dei
metalmeccanici ha connotati “politici”. Storicamente il contratto dei metalmeccanici
rappresenta una sorta di laboratorio nell’ambito del sistema delle relazioni industriali.
I sindacati contestano a Federmeccanica di voler realizzare una vera e propria riforma
contrattuale in ambito categoriale, affermando il principio dell’unico livello
contrattuale invece di due.
Un terreno dove le parti sono abbastanza vicine è invece quello del welfare e in
particolare sui contenuti che riguardano la sanità integrativa. Anche la piattaforma
della Fiom indica richieste allineate a quelle di Fim e Cisl.
In dettaglio la piattaforma Federmeccanica prevede assistenza sanitaria per tutti i
lavoratori dipendenti a tempo indeterminato senza limiti di copertura dovuti all’età o
a patologie pregresse con valore di mercato della copertura sanitaria fino a sei volte
superiore al valore della contribuzione impegnata.
La proposta Federmeccanica prevede la contribuzione a totale carico dell’azienda; il
trasferimento del contributo di 3 euro mensili versati dal lavoratore; incremento della
contribuzione a 156 euro (3 euro mensili); estensione delle prestazioni ai componenti
del nucleo familiare fiscalmente a carico.
La piattaforma di Fim e Uilm prevede il rafforzamento di Metàsalute con il
versamento dei contributi a carico delle imprese per tutti i dipendenti e in via
subordinata l’incremento della quota a carico delle imprese. Inoltre il contratto dovrà
fornire le linee guida per la contrattazione decentrata e lo sviluppo dei servizi e di
nuove forme di welfare.
La proposta Fiom indica l’istituzione di una sanità integrativa nazionale con
versamenti a totale carico dell’azienda, salvaguardando accordi aziendali e territoriali
esistenti, per tutti i lavoratori e familiari a carico con alcuni criteri: eventuale
contributo da parte del dipendente per familiari non a carico; copertura anche nei
periodi di cig, mobilità e disoccupazione; priorità per le prestazioni relative a
rimborso integrale di ticket, prevenzione, diagnostica, cure dentali, non
autosufficienza, integrazione del trattamento economico in caso di malattia.
Claudio Di Donato
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La ricerca di Deloitte sui Millennials
CONCILIAZIONE TRA VITA E LAVORO, IL WELFARE TRATTIENE IL
DIPENDENTE
Il tema della conciliazione tra vita privata e lavoro è uno dei punti più sensibili nella
relazione tra lavoratori e azienda ed è uno dei fattori di maggiore attenzione quando
si elaborano piani di welfare aziendale. Non solo in Italia. Una conferma viene dalla
ricerca di Deloitte sui “Millennials” (i giovani diventati maggiorenni nel nuovo
millennio e quindi nati intorno agli anni Ottanta del secolo scorso). Trentatrentacinquenni che rappresentano una delle coorti più indagate da chi ricerca nel
mercato i nuovi driver per intuire il futuro, dentro e fuori le aziende. La Survey
internazionale 2016 di Deloitte su questo particolare campione di giovani-adulti,
mette in luce l’importanza dei servizi che rendono conciliabili vita e lavoro. Il 75%
degli intervistati dichiara che resterebbe volentieri in una azienda che garantisse un
aiuto su questo fronte. Il welfare aziendale diventa quindi strumento di motivazione
prioritario per chi cerca di trattenere le migliori risorse umane. La percentuale di
risposta è particolarmente significativa per la caratteristica “unloyalty” dei
Millennials verso il proprio datore di lavoro (considerato spesso inadeguato alla loro
valorizzazione). Due terzi degli intervistati conta di lasciare l’azienda in cui lavora
entro i prossimi cinque anni. E meno del 50% sarebbe trattenuto da uno sviluppo di
carriera.
http://www2.deloitte.com/content/dam/Deloitte/global/Documents/About-Deloitte/
gx-millennial-survey-2016-exec-summary.pdf
Il welfare aziendale migliora la competitività delle imprese
In Lombardia il 42% delle società ha avviato programmi di conciliazione tra
lavoro e famiglia
Le imprese lombarde, nonostante l’austerità imposta dalla lunga crisi, non hanno
tagliato
le risorse di welfare aziendale. Anzi, in base all’indagine 2015 di
Confindustria Lombardia sul mercato del lavoro, svolta su un campione di 1.430
imprese, è emerso come nel 42% dei casi i dipendenti beneficino di programmi di
welfare, spesso avviati proprio negli ultimi anni. E’ quanto scrivono Davide
Cionfrini e Chiara Mazzetti in una analisi pubblicata su www.varesefocus.it.
A livello settoriale, dall’analisi dei dati raccolti, risulta che nelle imprese del
campione appartenenti al terziario l’utilizzo di tali strumenti di welfare si attesti
intorno al 46% dei casi. Alta la percentuale che si registra anche nelle aziende
manifatturiere: 41%. I vantaggi rivolti ai dipendenti, inoltre, crescono in maniera
proporzionale all’aumento delle dimensioni dell’impresa stessa: sono, infatti, gli
stabilimenti con più di 250 addetti quelli maggiormente attivi in questo ambito di
assistenza (75,2%), diversamente da quelli di piccola (30,1%) e media (50,7%)
grandezza.
Incrociando i dati sull’utilizzo di prestazioni non monetarie e le retribuzioni lorde
medie di impiegati ed operai, si nota, inoltre, come gli stipendi dei dipendenti di
aziende in cui sono attivi interventi di welfare (37.567 euro) siano superiori a quelli
in cui queste azioni non sono applicate (34.057 euro). In pratica, nelle imprese che
adottano il welfare aziendale i dipendenti non traggono solo vantaggi pratici, ma
hanno anche retribuzioni, nel caso degli operai, mediamente superiori del 7,7%
rispetto a quelle che non mettono in campo tali iniziative.
“Aiuti alla famiglia, divertimento, sostegno per i figli, attenzione per gli anziani spiega Roberto Ceroni, Coordinatore delle Aree Sindacali dell’Unione degli
Industriali della Provincia di Varese - sono le occasioni che ogni singola comunità
aziendale può cogliere adeguandole alle proprie necessità e possibilità. Ciò attraverso
obbiettivi condivisi che rafforzino il concetto di impresa come nuova agorà nella
quale si radunano forze, energie e volontà con il comune intento di realizzare un’idea
che si trasforma in prodotto”.
L’impresa, in sostanza, ha tutto da guadagnarci, non solo in termini di immagine.
“Una corretta gestione delle risorse umane e l’attenzione sulle esigenze dei
dipendenti – spiega, Chiara Morelli, Docente di organizzazione aziendale e sistemi
informativi della LIUC – Università Cattaneo – ha un impatto migliorativo non solo
delle performance organizzative, ma anche sui risultati economici delle imprese:
crescita di quote di mercato e incrementi del fatturato in primis, risultati che, secondo
una recente ricerca sullo spaccato italiano, ha riguardato il 67% delle imprese che
hanno adottato politiche di welfare. Il segreto però è la costanza. Non può essere una
moda da seguire con iniziative spot. Ma una politica da portare avanti con
perseveranza e con l’obiettivo di diventare un’impresa in grado di attrarre verso di sé
i migliori collaboratori che esistono sul mercato del lavoro”.
Non parliamo solo di conciliazione dei tempi dell’ufficio, con quelli domestici.
“Iniziative di welfare sono anche quelle che impattano nella capacità di spesa dei
dipendenti, così come quelli che migliorano gli ambienti di lavoro. Fino ad oggi, però
le aziende si sono concentrate nell’assistenza sanitaria integrativa e sulla previdenza
complementare, anche a causa di una politica fiscale che ha avvantaggiato certe voci
di welfare aziendale e non altre”, spiega Francesca Mariotti, Direttore Politiche
Fiscali di Confindustria.
Ma le cose stanno cambiando. “Con la Legge di Stabilità 2016 – afferma Pierangelo
Albini, direttore lavoro e Welfare di Confindustria – sono stati introdotti dei
potenziamenti alla possibilità per le imprese di implementare iniziative di welfare
aziendale senza passare dalla contrattazione interna, spesso assente nelle Pmi”. In
questo modo, è il senso della normativa, “le piccole e medie realtà possono essere più
libere di attuare di propria iniziativa delle politiche a vantaggio dei dipendenti”.
Ma gli ostacoli non sono solo normativi. Da una ricerca elaborata da Generali Italia,
insieme a Confindustria, su 2.140 aziende tra i 10 e i 250 dipendenti sono emersi altri
vincoli che impediscono alle Pmi di adottare iniziative di welfare strutturate. Tra
questi: costi finanziari elevati per l’acquisto di beni e servizi da fornitori terzi; oneri
di gestione per l’implementazione dei piani; assenza di informazioni e di competenze
dedicate. Come uscirne? Il suggerimento di Mariotti è “di adottare una strategia
territoriale”. Condivisa e attuata dalle imprese e dalle associazioni datoriali.
Una strada, quest’ultima, scelta proprio dall’Unione degli Industriali della Provincia
di Varese attraverso lo sviluppo del progetto “Varese Welfare”, che permette a
qualsiasi impresa associata di adottare nuove iniziative di conciliazione tra
occupazione e impegni familiari a vantaggio dei propri lavoratori. Servizi per
l’educazione dei figli; servizi per l’assistenza agli anziani; sconti e convenzioni su
prodotti e servizi in grado di alleviare il budget familiare: queste le opportunità
offerte dal progetto dell’Unione Industriali ai dipendenti delle imprese associate.
Coinvolte in questo programma di facilitazioni sono state fino ad oggi 50 realtà per
oltre 5.000 utenti potenziali e circa 200 fornitori locali, scelti a chilometro zero.
Un’iniziativa che si sta, dunque, affermando sul territorio e che ora si apre a delle
novità.
“Quest’anno il lavoratore, accanto alle agevolazioni per soluzioni di welfare e
acquisti – spiega Alberto Perfumo, Ad di Eudaimon, società con la quale Univa ha
creato ‘Varese Welfare’ – potrà contare su un ulteriore supporto concreto derivante
dalla fruizione di soluzioni flessibili (flexible benefits) identificate all’interno degli
ambiti previsti dal TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) e dalla Legge di Stabilità
2016. Modalità? Non cambiano rimanendo semplici e digital: tutte le prenotazioni e
le informazioni sui servizi sono accessibili da un unico portale gestito da Eudaimon,
con un call center di appoggio per l’assistenza ai dipendenti”. La semplice
comunicazione di adesione all’iniziativa data all’Unione Industriali dall’impresa
associata dà diritto, infatti, ai lavoratori ad accedere ad un sito Internet
(www.varesewelfare.it) e a poter cominciare ad utilizzare i servizi offerti.
Claudio Di Donato
[email protected]
Luxottica allarga il sistema welfare con il Bonus Vita
Sostegno al reddito, salute e istruzione le aree principali ma c’è anche il
maggiordomo aziendale
Il welfare in Luxottica Group ha origini lontane, radicate nella storia dell’azienda che
nel tempo ha sviluppato una cultura di responsabilità e attenzione verso le sue
persone, riconoscendole come un fattore determinante del suo successo. Impegnarsi e
investire risorse per aumentare il benessere dei dipendenti e delle loro famiglie è per
Luxottica un modo privilegiato per investire anche nella crescita e nel futuro
dell’azienda, oltre che nella condivisione continua dei valori fondativi che rendono
vivo il suo successo: l’imprenditorialità, la creatività, la passione, il dinamismo e la
semplicità.
Luxottica tra i pionieri del welfare aziendale, un approccio confermato dalla recente
convenzione con l’Inps, la prima in Italia, che introduce un Bonus vita a favore dei
dipendenti e avvia operativamente i primi percorsi di Patto generazionale in azienda.
Il pacchetto prevede un contributo di 30mila euro da corrispondere agli eredi legittimi
o testamentari in caso di decesso del dipendente anche fuori dal luogo di lavoro.
L’importo sale a 70mila euro in caso di presenza nel nucleo familiare di un figlio
minore, studenti fino a 30 anni, persone disabili o mutuo cointestato.
L’altra novità è il patto generazionale. Cento lavoratori a tre anni dalla pensione
potranno chiedere il part time al 50% senza alcuna incidenza sul proprio trattamento
pensionistico, offrendo a un pari numero di giovani – selezionati secondo criteri di
merito – l’opportunità di assunzione a tempo indeterminato. Luxottica verserà
direttamente all’Inps i contributi volontari per conto dei dipendenti aderenti
all’iniziativa, integrando il periodo di attività lavorativa svolta a orario ridotto in
misura tale da garantire a ciascuno di loro il 100% del diritto alla pensione.
Nel complesso il Sistema Welfare è la più recente espressione dell’attenzione
costante del Gruppo alle sue persone e si rivolge agli oltre 10.000 dipendenti degli
stabilimenti italiani e della sede di Milano. Nasce nel 2009, in un contesto economico
di grande incertezza, con l’obiettivo di intervenire concretamente a sostegno del
potere d’acquisto dei dipendenti con forme di remunerazione non monetaria
complementari alle tradizionali. Comprende un vasto programma di iniziative,
costantemente aggiornate in funzione del contesto sociale ed economico e delle reali
esigenze dei dipendenti, delle loro famiglie e del territorio. Le principali aree
d’azione sono i giovani e l’istruzione, il sostegno al reddito, la salute e il benessere, la
mobilità, i servizi alla persona e alle famiglie.
I giovani e l’istruzione
Sono una delle priorità del Sistema Welfare, che ha messo in campo azioni concrete
per sostenerli nella fase in cui iniziano a porre del basi del proprio futuro
professionale.
Destinatari: studenti figli di dipendenti degli stabilimenti italiani del Gruppo e, in
alcuni casi, anche studenti esterni
Principali iniziative
Orientamento scolastico per studenti delle scuole secondarie superiori della
provincia di Belluno
• Percorsi di orientamento finalizzati ad individuare le migliori opportunità
d’inserimento nel mondo del lavoro. Rientrano in quest’ambito gli incontri con
professionisti del mondo digitale per conoscere il settore, le opportunità
lavorative, imparare a curare la propria presenza in rete. L’iniziativa verrà estesa
anche agli studenti delle altre geografie
• Corsi intensivi di preparazione ai test d’ingresso all’università. Per neo diplomati,
si svolgono in estate. Si è limitata, nelle due edizione svolte, agli studenti
bellunesi del quinto e quarto anno delle superiori. L’iniziativa verrà estesa anche
agli studenti delle altre geografie
Contrasto all’abbandono e sostegno alla scolarità
• Corsi di recupero per studenti delle scuole secondarie superiori dei territori nei
quali l’azienda è presente con i propri stabilimenti. Si svolgono durante l’anno
scolastico o al termine, con priorità a matematica e lingue straniere
• Tirocini formativi retribuiti e stage estivi per studenti delle scuole superiori, figli
dei dipendenti Luxottica che frequentano il terzo o quarto anno. Le opportunità
formative sono offerte sia all’interno del Gruppo che presso aziende esterne
Premio al merito e all’eccellenza per studenti figli dei dipendenti e studentilavoratori
• Borse di studio per gli studenti e dipendenti (studenti lavoratori) più meritevoli
che frequentano le scuole secondarie di primo e secondo grado, l’università o il
master post laurea; l’importo è variabile a seconda della fascia scolastica
• Rimborso integrale delle tasse fino alla laurea per gli studenti universitari con
media dei voti pari o superiore a 29/30, che abbiano sostenuto tutti gli esami del
piano annuale di studi
Internazionalità per figli dei dipendenti delle sedi italiane ed europee del Gruppo
• Summer camp: settimane di formazione in note località turistiche italiane con
animazione, corsi sportivi e pratica della lingua inglese
• Soggiorni all’estero presso famiglie di dipendenti Luxottica durante il periodo
estivo
Sostegno al reddito
Destinatari: dipendenti degli stabilimenti italiani del Gruppo e loro famiglie
Principali iniziative
• Il carrello della spesa - che prevede la distribuzione di un paniere di beni
alimentari del valore di circa 120 euro - è, simbolicamente, la prima iniziativa del
Sistema Welfare a supporto del potere d’acquisto dei dipendenti
• microcredito di solidarietà è una forma di sostegno finanziario per i dipendenti
in difficoltà, che non possono accedere agli ordinari canali del credito, per aiutarli
ad affrontare spese importanti non differibili: spese mediche, scolastiche non
previste nell’area istruzione, per la casa e per l’assistenza ai familiari, ai bambini e
agli anziani
• rimborso dei libri di testo previsti dal programma scolastico per le scuole medie
e superiori o acquistati per gli esami universitari. L’iniziativa si rivolge anche agli
studenti-lavoratori
Salute e benessere
Destinatari: tutti i dipendenti in Italia del Gruppo e loro famiglie
Principali iniziative
• assicurazione sanitaria: copertura assicurativa delle spese mediche, diagnostiche
e specialistiche, anche per i familiari (coniugi o conviventi, e figli a carico)
• ascolto e counseling: un servizio di ascolto telefonico e sostegno psicologico
svolto da professionisti qualificati, per affrontare momenti d’incertezza, difficoltà
psicologiche e materiali, migliorare la qualità delle relazioni lavorative, sociali e
familiari. Completamente gratuito e confidenziale, è attivo 24 ore su 24, 7 giorni
su 7
Mobilità
Destinatari: tutti i dipendenti in Italia del Gruppo
Principali iniziative
• trasporti collettivi: servizi di trasporto pubblico collettivo verso il luogo di lavoro
e di rientro a casa, volto a limitare il disagio dei lavoratori che operano con orari
di lavoro flessibile
• rateizzazione abbonamenti annuali: Luxottica anticipa, per conto dei lavoratori,
il pagamento degli abbonamenti annuali alle aziende di trasporto locali per il
tragitto da casa al luogo di lavoro. Disponibile anche per i figli studenti, per il
tragitto da casa a scuola
• zeroCar: è un’iniziativa di mobilità sostenibile per incentivare la condivisione
dell’auto tra colleghi che devono percorrere lo stesso tragitto da casa al luogo di
lavoro
Servizi alla persona e alle famiglie
Destinatari: dipendenti della sede di Milano e loro famiglie
Principali iniziative
• Babysitting on Demand: un team di professionisti dell’assistenza all’infanzia a
supporto delle famiglie nella gestione e nella cura dei bambini all’interno della
propria abitazione, per interventi in giornata o per limitati periodi di tempo
• Family Room: uno spazio virtuale per i genitori in cui si svolgono incontri,
workshop e laboratori con esperti su temi legati alla genitorialità: primo soccorso
pediatrico, alimentazione infantile, giochi, compiti e capricci, conciliazione vitalavoro
• Newborn Care: un team di esperti a disposizione dei neogenitori per rispondere
alle tante domande, ai dubbi e alle paure delle prime settimane di vita di un
neonato. Un aiuto per vivere l’esperienza della maternità e della paternità in modo
più sereno e consapevole
• easyDo: è il “maggiordomo aziendale” a disposizione dei dipendenti tre volte alla
settimana per una serie di servizi: dalla tintoria alla calzoleria, dalla sartoria
all’espletamento di pratiche amministrative, fino al ritiro degli esami medici
• Family Care: numerose altre iniziative per la famiglia: convenzioni con campus
estivi, contributo economico per asilo nido, babysitter per un servizio continuativo
Claudio Di Donato
[email protected]
AGENDA
GLI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE
6 e 7 settembre
Il terzo Report Investitori Istituzionali, promosso da Itinerari Previdenziali, sarà
presentato a Milano il 6 settembre e a Roma il 7 settembre. Si pone l’obiettivo di
fornire un quadro approfondito relativo a questi operatori, ed in particolare a Fondi
Pensione Negoziali (FPN), Fondi Pensione Preesistenti (FPP), Casse di Previdenza
Professionali di primo pilastro e Fondazioni di origine bancaria, che insieme a
banche, assicurazioni e Sgr – che tuttavia operano con schemi differenti –
rappresentano i principali investitori istituzionali del nostro Paese. Il Report analizza
nel dettaglio l’universo di questi operatori, in termini di numerosità, aderenti attivi e
pensionati (per i fondi pensione e le casse previdenziali), dimensione patrimoniale,
composizione e diversificazione dei patrimoni, e infine, cataloga i soggetti, gestori e
fabbriche prodotto cui tali investitori istituzionali affidano in gestione i rispettivi
patrimoni.
22-24 settembre
All'interno della IX conferenza di ESPAnet Italia, che si svolgerà presso l'Università
di Macerata da 22 al 24 settembre 2016, è prevista anche una sessione dedicata al
secondo welfare. La sessione Innovazione sociale lungo i confini tra primo e secondo
welfare: teorie ed evidenze empiriche, coordinata da Franca Maino e Luca Pesenti, si
propone di mettere a confronto analisi e interpretazioni di differente provenienza
disciplinare per individuare le modalità teoriche ed empiriche attraverso cui le forme
di innovazione sociale si manifestano. Di particolare interesse saranno le analisi
riguardanti le possibili opzioni di integrazione di queste forme innovative entro
quadri di regolazione (e/o governance) predisposti da soggetti di natura pubblica. La
lettura di casi empirici potrà essere integrata con analisi di taglio teorico, capaci di
cogliere se e come si stiano prefigurando proposte di modellizzazione
dell’integrazione tra primo e secondo welfare. A titolo esemplificativo si pensi al
ruolo che bilateralità, mutualismo e welfare contrattuale potrebbero giocare nel
ridefinire l’offerta di prestazioni e servizi in ambito sanitario e con riferimento alla
conciliazione vita-lavoro. Oppure ai processi di co-progettazione e co-produzione di
interventi e servizi, in particolare (ma non solo) rivolti a individui e famiglie sempre
più vulnerabili. O ancora alle nuove forme di finanza sociale per provare a
comprendere quale potrebbe essere il loro contributo per rendere il welfare
sostenibile.
10-12 novembre
Itinerari Previdenziali organizza l’Annual Meeting sul welfare integrato ad Abano
Terme, dal titolo “Quando le buone pratiche e le eccellenti esperienze migliorano il
welfare integrato: bilanci, iscritti e sistema Paese”.