Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne

Transcript

Quaderni d`italianistica : revue officielle de la Société canadienne
Montale
Shakespeare
sonetti deiresperienza.
I
traduttore di
Francesco Erspamer
Composte
1.1.
dal
1944,
appartengono senz'altro
(la
quale
—
22,
il
il
33
e
epigrafe due versi dei Sonnets), e anche di
Una produzione che
che Montale proprio allora
48 —
periodo dei Mottetti, della IV sezione delle Oc-
il
un momento
è espressione di
paura e sconforto prima, guerra e desolazione poi; nulla
di crisi,
il
seconda stagione
alla straordinaria tarda fase della
infatti reca in
Finisterre e delle Silvae.
e pubblicate solo a partire
Shakespeare
sonetti di
tre
montaliana, per intenderci
casioni
1938
negli anni antecedenti al
versioni di
le
accostasse
si
—a
cidenti, ai romanzieri americani
— oltre
di strano
che, per motivi in parte coin-
Shakespeare,
sue opere più alte e più
alle
canzoniere.
A
Shakespeare, cioè a un colosso della letteratura, dunque un punto fermo
fra
inquiete,
il
Sogno
tante incertezze,
una notte
di
ma
a
Shakespeare anche
Non
età di dubbi e sconvolgimenti.
la
carneficina
elisabettiano
ma non
(si
il
le
in
V Amleto,
uomo
quanto
il
e artista in un'altra
a caso pure negli anni seguenti, finita
versioni della
Le prime sono più che
Commedia
fra le
altro
il
amò
teatro
Marlowe)
del Faust di
scavare
traduttor Montale.
il
opere drammatiche e
frutto di quella
il
degli errori, del Timone
Racconto d'inverno,
terreno in cui preferibilmente
Occorre tuttavia distinguere
liriche.
estate,
l'orrore ("La purga dura da sempre"), ancora
ricordino
di Atene, del Giulio Cesare, del
costituì
mezza
di
che
il
le
composizioni
poeta stesso ebbe
a definire la sua "forzata e sgradita attività di traduttore" {Sulla poesia 567),
cioè del lavoro che fu costretto a svolgere,
in
parte per esigenze economiche,
nel rispetto dei rigidi criteri "di quasi letteralità e di assoluto scrupolo filo-
logico" {Amleto 207) imposti dagli editori e dalle collane per
commissionate.
Al contrario
Shakespeare) sembrano un prodotto più spontaneo,
non solo per
niale alla sua arte:
nascano, sempre,
una nuova
attraverso
in
Che
la
comunque
si
questa direzione
si
sia
i
ritrovava
di
il
paradosso
di
riesca a salvare la poesia, a trasmetterla
riguarda solo marginalmente;
leggere e interpretare da poeta
più congesi
poi sia proprio da questa franchigia che
barriera della trasformazione linguistica, è un
ci
quali erano
anche perché ben diverse possibilità
migliori traduzioni, che solo attraverso
scrittura del già scritto
dologico che qui
proprio
le
e
ragione quasi ovvia che egli
la
ma
meglio nella misura più breve,
intervento gli erano concesse.
le
rifacimenti delle poesie (non solo quelle di
i
il
problema meto-
punto importante è che
mosso Montale non appena
suoi autori.
QUADERNI dilalianislica
Volume
XI. No. 2, 1990
fu libero di
Francesco Erspamer
270
Ogni traduzione veramente
riuscita, sostiene
Walter Benjamin, "tocca
l'ori-
ginale di sfuggita e solo nel punto infinitamente piccolo del senso, per continuare, secondo la legge della fedeltà, nella libertà del
la
e
movimento
linguistico,
sua propria vita" (48). Montale questa "legge della fedeltà" non
il
"punto del senso" non lo tocca,
la rispetta,
La poesia che può na-
lo sfiora soltanto.
scere è soltanto sua, per una volta germogliata non su un'occasione della vita,
non su un sogno o un
I
fondamenti
proprio
in
ricordo,
su un altro testo, su un palinsesto letterario.
quegli anni, in alcuni saggi. Intorno
assai più delle altre arti,
a
ma
teorici di questa scelta di infedeltà
scampare solo se
sembra soggetta
"si presta
li
veniva del resto esponendo,
1942
al
scrisse
che "la poesia,
a invecchiare," destino cui riesce
ad essere ricostruita e interpretata
modo
in
di-
verso, a essere fonte di altissimi equivoci" {Sulla poesia 103). Quattro anni
dopo, neir"Intervista immaginaria," confermò
il
suo mestiere di poeta e quello
legami che sussistevano
i
ricordando quanto
di traduttore,
il
fra
secondo
avesse pesato nella sua "lotta per scavare un'altra dimensione nel nostro pesante linguaggio polisillabico" {Sulla poesia 567),
una poesia che, come ha
inglese,
mai
anche se
scritta in italiano, e
di traduzioni
come
insomma
nella creazione di
recentemente Ghanshyam Singh, "sembrava
una cosa simile" (207).
scritto
Quaderno
scritto
Il
anche se nessun poeta inglese aveva
testo a fronte, nelle
prime edizioni del
qui sotto, è perciò soltanto un altro grimaldello
per entrare, ancora una volta, nell'officina poetica di Montale, un pretesto per
scoprirne
i
meccanismi
comprendere
il
anche per meglio
di "ri-uso," di "récriture," e forse
cammino
della sua lingua dagli Ossi alla Bufera.
traduzioni, espunta ogni "filigrana di originale straniero,"
entrare nel canzoniere, nel Libro in senso stretto,
ma
vi
Solo
le
possono dunque
entrano a pieno
titolo:
ed è come opere assolutamente autonome e interamente montaliane che mi
propongo qui
di analizzarle.
Non è una novità che inglese e italiano posseggano due diverse 'vecome notò un altro straordinario interprete di Shakespeare, Giu-
1.2.
locità'; che,
seppe Ungaretti, "in un medesimo gruppo
di
vocaboli
la
quantità di sillabe
italiane sia superiore alle inglesi nel rapporto di circa sedici su dieci o un-
Ciò comporta dei problemi
dici" (13).
esempio, sarà impossibile riuscire
in fase di
traduzione;
i
Sonnets, ad
senza rinun-
a renderli nella nostra lingua
ciare a qualcuna delle loro caratteristiche: la rima, la struttura metrica, quella
fonica e melodica,
Di fronte
la
relazione fra le unità di senso e
all'alternativa,
Montale, unico fra
i
le
unità prosodiche.
traduttori recenti, preferì
ri-
Come
ha
spettare la metrica e accettare la semplificazione del contenuto.
scritto Gilberto Lonardi, egli
fare
i
amava
"cercarsi una
conti" (153). Tuttavia la costanza con cui, in
mantenne
le
forma già data con cui
tutti
e tre
i
rifacimenti,
misure dell'endecasillabo (con un'alternanza di a malore e di a
minore e una grande mobilità degli accenti secondari
e delle cesure) e del
sonetto elisabettiano (tre quartine a rime alterne più un distico a rima baciata:
ABAB/CDCD/EFEF/GG),
si
rivela infine, più che la dimostrazione di
una
Moniale traduttore dì Shakespeare
volontà di rispettare
le
forme shakespeariane, un ennesimo esempio
rigide
della sua ben nota "ironia metrica."
perfetta,
271
Si noti l'uso frequente della
anche quando sarebbe stato agevole trovare quella
grande quantità
cnjumhcincnts; o ancora
di
il
esatta;
sapiente gioco di rime
naturalmente complicato da equivocità. In un solo caso troviamo
scherata entro
è
insomma
"la singolare
fra loro le
coppie
di rime.
la
mezzo,
al
rima ma-
ma
parola sdrucciola ("Son. XXII": "riprendere"-"rende"),
la
spesso assonanze e consonanze legano
confermata
la
rima im-
oppure
Ad
essere
ambiguità del metro montaliano, che può
essere letto sia seguendo gli a capo indicati nella pagina, sia capovolgendo
la struttura
secondo
i
suggerimenti delle rime
mezzo" (Barberi
al
Squarotti
202); ambiguità presente anche nell'ossatura ritmica a causa della polivalenza
delle rime.
Né
questa azione di svuotamento delle strutture metriche resta
un divertissement
fine a se stesso; al contrario essa è
vedremo — di un analogo processo
2.1.
Il
di
corrosione
primo sonetto che intendo esaminare
il
preciso segnale
è
il
XXXIII. Eccone
immediatamente seguito dall'originale shakespeariano:
Spesso, a lusingar vette, vidi splendere
sovranamente rocchio del mattino,
e baciar d'oro verdi prati, accendere
pallidi rivi d'alchimie divine.
Poi
vili
d'un
e
fuggendo
Anch'io
il
alzarsi, intorbidata
tratto quella celestiale fronte,
mondo,
e
fumi
a occidente
l'astro celare
sul far del
il
desolato
il
viso e l'onta.
giorno ebbi
mio
il
sole
suo trionfo mi brillò sul ciglio:
ma, ahimè, potè
restarvi un'ora sola,
rapito dalle nubi in cui s'impiglia.
Pur non ne ho sdegno; bene può un terrestre
sole abbuiarsi, se è così
Full
many
flatter the
a glorious
il
celeste.
morning have
I
seen
mountain-tops with sovereign eye,
kissing with golden face the
meadows
green,
gilding pale streams with heavenly alchemy;
anon permit the basest clouds
to ride
with ugly rack on his celestial face,
and from the forlorn world
his visage hide,
stealing unseen to west with this disgrace:
even so
my
with
triumphant splendour on
all
sun one early morn did shine
my
brow;
was but one hour mine,
the region cloud hath masked him from mc now.
Yet him for this my love no whit disdaincth;
but out, alack! he
suns of the world
mav
stain
— lo
al livello del significato.
when heaven's sun
staineth.
il
testo,
Francesco Erspamer
272
come appare
testo di Shakespeare,
Il
ma
da un primo sguardo, è
fin
di estre-
semplicità sul piano tematico: a una descrizione naturalistica del sorgere
del sole, del suo oscurarsi dietro le nuvole e del suo avviarsi al tramonto,
segue
scioglimento della metafora attraverso l'indicazione dell'occasione
lo
biografica che l'ha generata.
Ma
mento.
Una
sentenza apodittica conclude
sopra questa sottile trama narrativa
grazie a esso, un preciso e complesso rinvio ad
si
altri
innanzi tutto l'antropomorfizzazione del cosmo,
(omofono
l'identificazione di "sun"
"son"
di
la
componi-
un intenso ricorso
codici,
A
a stratificate connotazioni linguistiche e culturali.
il
innesta, e la poesia vive
questo livello avviene
quale a sua volta comporta
con
'figlio')
re (riconoscibile
il
dai tradizionali attributi: "glorious," "sovereign," "golden," "celestial") e la
conseguente utilizzazione del particolare linguaggio della corte elisabettiana.
Ma
di
un secondo registro
sovrappone: quello dell'alchimia (pratica, allora,
si
notevole peso sociale), di nuovo una metafora nella metafora con l'aggan-
cio della figura dell'alchimista al sole e della sua arte alla luce (cfr. Serpieri
125-38).
La traduzione
fetta,
i
capace
di
di
Montale appare,
praticamente per-
lettura,
il
senso
letterale,
L'identificazione del sole con
principali sensi allegorici.
gerita da
una prima
a
conservare dell'originale non solo
numerosi termini polisensi,
distribuibili in
due
ma
sovrano
il
pure
è sug-
1) "occhio,"
serie:
"baciar," "pallidi," "alzarsi," "fronte," "fuggendo," "viso" (antropomorfizza-
zione del cosmo); 2) "lusingar," "sovranamente," "oro," "celestiale" (specifi-
cazione della dignità regale).
E
persino
i
riferimenti
(ma
piuttosto estranei alla lirica novecentesca
mezzanotte"
te
di
"alchimie,"
"Carnevale
ma
si
di Certi"),
collocano
"accendere," "vili" (fa pensare
come
in
Alcuni elementi, come
La maggior
al
registro alchimistico,
ricordi
sono mantenuti:
il
il
"piombo fuso
a
centro è ovviamen-
semantica anche "baciar d'oro,"
in quell'area
ai 'metalli vili,'
inglese "basest" rimanda
si
opposti dell'oro, esattamente
'base metals'), "fumi," "intorbidata."
ai
vede, sono pluri-isotopi.
si
parte delle variazioni rispetto
al testo
shakespeariano può es-
sere, in questa prospettiva, imputata alla diversità degli strumenti linguistici,
oppure
alla peculiarità del
ripetizioni di vocaboli.
dove fosse
modo
Montale
di poetare
montaliano. Così,
in
presenza
di
preferì modificare la struttura della frase o,
possibile, utilizzare dei sinonimi. Così la coppia "cIouds"-"cloud"
"morning"-"morn" con "mattino"-"far
è resa con "fumi"-"nubi";
del giorno";
"world"-"of the world" con "mondo"-"terrestre"; "heavenly"-"heaven's" con
"divine"-"celeste"
(ma
questo caso
in
si
provoca
inglese, "celestiale"-"celeste"); "seen"-"unseen"
Straordinario è poi
il
modo
stata riprodotta in italiano.
/ai/, riflesso
primo verso
del
in cui la
la
ripetizione, assente in
con un singolo "vidi."
ricchezza omofonica del sonnet è
La massiccia presenza (spesso
pronome personale
in
rima) del suono
"I" collocato in posizione di evidenza nel
("I," "eye," "alchemy,""' "ride," "hide,"
"my," "shine," "trium-
phant," "mine," "my"), trova riscontro nel ricorrere, subito dopo
del solitario "io" (altrove
il
pronome
è
sempre
la
comparsa
sottinteso), del dittongo /io/
Montale
(nelle
tradiiitorc di
Shakespeare
prime due quartine ritrovabile soltanto
273
"occhlO," e non più ripetuto
in
nei quattro versi conclusivi):
Anch'io
e
E raffollamcnto
glOrno ebbi
sul far del
il
mlO
sole
suo trionfo mi brillò sul ciglIO.
il
entrambi
di sibilanti è in
my
Yet him for thiS
SunS of
couplets:
love no whit diSdaincth;
may
the world
i
Stain
when heaven'S Sun
Staincth.
Pur non ne ho Sdegno: bene può un terrestre
Sole abbuiarsi, Se e coSì
Da un punto
scono
di vista
melodico,
suo scioglimento, due diversi
il
Shakespeare che Montale
es.,
la
rie-
metafora del sole e
primi otto versi prevalgono
"e fuggendo a occidente
il
i
il
vocaboli
desolato"), nei
contrario, le parole corte e dagli accenti marcati (in italiano
anche graficamente: "brillò," "ahimè," "potè," "può," "è," "così").
Al
2.2.
inoltre, sia
ritmi: nei
lunghi e poco cadenzati (per
restanti sei, al
ccleStc.
due momenti tematici,
a far corrispondere ai
visibili
il
lettore puntiglioso tuttavia
"Sonetto XXXIII" nettamente
non sarà sfuggito che
si
segnale deir"infedeltà" montaliana. Si può
sospettare che
verimento degli ultimi versi shakespeariani,
la
il
w. 11-14
nei
È
allontana dal testo inglese.
primo
il
graduale impo-
chiusura in tono minore
— ac-
cettazione pessimistica dell'imperfezione, che finisce con lo sgretolare anche
il
linguaggio che
la
veicola,
tonomia d'ispirazione, che
discendente
in
una fase
cui far esplodere
la
l'effetto di questi
tutta la poesia,
di
— abbiano
spinto Montale a una maggiore au-
concedesse
gli
preparazione
al
Ma
sentenza epigrammatica.
mutamenti,
che solo
la
alla fine
distico in
al
ciò che realmente conta è
Essi modificano
loro funzione.
—o
movimento
trasformare quel
di
climax conclusivo,
il
meglio, a una seconda lettura
senso
di
— diventa
correttamente interpretabile nel suo più autentico significato.
Per dimostrare l'autonomia semantica, oltre che linguistica, del "Sonetto," è necessario
Indubbiamente esso
lessico.
il
Montale degli anni '30 e '40. Solo
esaminarne più da vicino
appartiene a Montale,
in particolare al
pochissimi termini non ricordo
di
averli incontrati nelle ultime
o nei più antichi componimenti della Bufera.
essi tutti quelli
semanticamente più
zione di "alchimie"):
"verdi" (frequente,
"Keepsake"
"Elegia
di
e
i
ma
"astro" (almeno "Stanze";
di
rilevanti (con la .sola, prevedibile ecce-
quali proprio
già, in
in tutte le tonalità; e si
r"anima verde"
Pico Farnese,"
(cfr.
ricordino
le
e poi
gli
ag-
"isole verdi"
di "L'anguilla"), "celestiale"-"celeste" (cfr.
"Il giglio
"L'arca"), "abbuiarsi"
non serve portare esempi;
Ossi di seppia, "Arsenio"); e
rosso," "Iride"); e
"Gli orecchini," "Nella serra"), "accendere"
(cfr.
Occasioni
parte ricorre, e fra
"occhio," "oro," "fumi," "fronte," "viso," "giorno,"
"sole," "ciglio," "nubi," per
gettivi:
La gran
(cfr.
"Dora Markus"
i
verbi: "rapito" (cfr.
"L'anguilla"), "s'impiglia"
II),
"celare" (più volte,
ma
274
si
Francesco Erspamer
dove
noti in "L'orto": "là
di officine
celavano
acri tendine
alla vista
San Giorgio," "Nella
/
nebbie che
morbide che risalgono una
/
cima m'intorbidano
i
lampi
/
Congeniale a Montale è poi l'uso
serra," "L'anguilla").
di "intorbidata" in riferimento alle
fumate
di fuliggine alzandosi su
/
l'opera di Vulcano"), "brillò" (cfr. "Costa
valle
/
.
.
alzano lungo
si
fino al
.
vetri" ("Notizie dall'Amiata"
i
monti: "Le
cono diafano
della
/
I).
Piuttosto evidenti, in particolare, le analogie con "Corrispondenze" (1936):
anche
un'atmosfera fumosa ("un miraggio
lì
tura incubi d'oro"), anche
lì
acque illuminate ("toppe arse dei
lì,
colli";
"oro
/
("alla febbre nascosta dei diretti / nella costa
Come
maggiore,
il
anche
che fuma").
già la composizione shakespeariana, e forse in misura persino
La prima quartina celebra
ti,
a specchio delle gore"),
("mavette e
"Sonetto XXXIII" presenta una perfetta organizzazione interna.
"occhio del mattino"),
che per
lì
una conclusione all'insegna dell'occultamento dietro densi vapori
infine,
2.3.
di vapori"), alchimistica
/
colore verde ("picchio verde"), anche
il
il
trionfo del sole (indicato solo metaforicamente:
seconda quello delle nubi (anch'esse non nominate
la
traslato: "fumi"); la terza
riproduce
riconducendoli a una dimensione non
in
spazio dimezzato
due momen-
"sole"), vv.
11-
struttura retorica
può
vv. 9-10, epifania del sole (questa volta esplicitamente:
La
12: epifania delle nuvole (esplicitamente: "nubi").
dunque essere rappresentata
i
generale, cosmica, bensì privata:
piìi
modo:
nel seguente
EPIFANIA DEL SOLE
EPIFANIA DELLE NUBI
1
\
I
1^
5-6
:
I
I
I
PIANO DELLA STORIA
Il
distico
Quaderno
recupera
motivo della
Uomo
vs Dio:
"L'educazione
intellettuale":
lotta fra luce e oscurità;
ste" vs "terrestre" rende
quello
1
PIANO DEL PRIVATO
conferma l'equazione: l'ossimoro "sole abbuiarsi" (ripreso nel
di quattro anni,
il
11-12
9-10
=
binomio Storia vs Individuo
il
cfr.
"un luminoso buio")
l'opposizione (in rima) "cele(oltre che,
ovviamente,
"L'angelo nero": "non celestiale né umano"):
!
1
.
.
.
terrestre / sole abbuiarsi, se è così
I
Entrambi
i
il
celeste.
1
motivi,
il
tema
della sfiducia nella storia e nell'individuo, e
l'immagine del sole offuscato dalle tenebre, sono
za nella poesia di Montale.
La dicotomia
che
sul
fra
Vediamo
di
dimensione pubblica
piano ritmico, su quello
di
fondamentale importan-
esaminarli più
e
in dettaglio.
dimensione privata
sintattico. Nelle
è sancita, oltre
prime due quartine l'uso
di
forme verbali non personali ("lusingar," "splendere," "baciar," "accendere,"
"alzarsi," "intorbidate," "fuggendo," "celare") crea
un
effetto di indetermina-
275
Montale traduttore dì Shakespeare
tezza e di universalità, accresciuto dalla equivocità grammaticale della secon-
da
non
strofe, in cui
è
immediatamente chiaro se "fronte," "mondo," "astro,"
"viso" e "onta" siano soggetti o complementi oggetto.
effetti opposti,
vv.
i
9-12 sono
Al contrario,
con
e
caratterizzati dalla frequenza dei possessivi e
dei sostituti personali ("io," "mio," "suo," "ahi/?iè," "restan*/," "cui," "v'im-
La ricorrenza
piglia").
suono
del
che nella terza quartina spetta
Quanto
al
dunque che
Non
2.4.
ci e ricorrenti
forse a torto
1
Satura, molto è stato scritto:
in
c'è dubbio che l'aurora rappresenti
dcWimagery montaliana.
si
preminenza
di
due momenti
la sera," in
al
già fatto non
di trapasso
confondono,
si
uno dei temi più
caratteristi-
Gli esempi sarebbero numerosissimi:
una volta individuata nel crepuscolo
è privilegiata,
posti né separati; essi
era
posizione
rinviare.
pica delle Occasioni e della Bufera, la sera
dell'alba.
la
prima persona.
in
significato e al valore della storia e dell'esperienza privata in
Montale, motivi dominanti
resta
conferma
/io/
soggetto
al
(cfr.
l'ora to-
Avalle 83-84) a dispetto
non possono invece essere né contrapsi
identificano ("un mattino
/
più lungo
"Barche sulla Marna"), e insieme costituiscono un'ampia zona
temperata, di superfici lucide e appannate, di contorni imprecisi, che
pone
agli eccessi del
confini temporali,
buio da lampi e
in
giorno e della notte, e che
venendo spesso
il
si
allarga oltre
si
op-
consueti
i
bagliore solare attenuato dalle nebbie,
il
Proprio a questi fattori di moderazione è assegnato
stelle.
genere un valore positivo, legandoli a immagini "alte," poetiche: "Una
/ poi sui colli, invisibile, e li bruca" ("Bassa
mandria lunare sopraggiunge
marea"); "l'orizzonte di rame
aquiloni
al
D'alti Eldoradi
/
"un'alba che domani per
cio, ai greti arsi del
un
inizio, di
sud
strisce di luce si
(Nuvole
protendono
reami
in viaggio, chiari /
"La primavera
tutti / si riaffacci,
.
.
E neppure
la
un non-falso, come
hitleriana," senza fraintenderla:
bianca
ma
senz'ali
/
di raccapric-
una
di
rinascita; è essa stessa
il
punto
parlerei di "fiducia resistenziale" (Carpi 111), perché
il
il
bene è solo un non-male,
il
non
vero
crepuscolo è un non-giorno e una non-notte. La solarità
degli Ossi è perduta ormai, e l'astro diurno è
al
massimo un povero, debole
sole (ricorda quello di Sergio Corazzini), "freddoloso" ("Ti libero
dai ghiaccioli"), "senza caldo" ("La rana
.
.
."),
fronte
la
"grigio" ("Proda di Versilia"),
primo già annotta" ("Personae separatae");
notturno, "cieco" ("La primavera hitlesole
strano
pendant uno
facilmente sconfitto: "al giorno
quale fa
di arrivo.
sua fugacità, sono l'unica meta cui l'uomo può
c'è nessuna sicurezza, nessuna certezza:
al
come
/
di lassù!
L'aurora non annuncia niente, non è metafora
."
una nascita o
La sua contraddittorietà,
aspirare.
/
malchiuse porte!)" ("Corno inglese").
Si ricordi la conclusione di
di
dove
/
rimbomba
cielo che
/
A un incerto mattino, o al ripiombare della notte, è
— ma forse neppure questa scelta ci è data — queir"alba
riana"), "nero" ("Iride").
allora unica alternativa
infinita e
senza strade,
/
dov'è
Su un piano strettamente
la
lunga attesa" ("Barche sulla Marna").
retorico,
l'immagine del sole nascente
è
com-
Francesco Erspamer
276
ai fini dell'istituzione e
plementare,
dei significati
il
due immagini non sono
le
delle nuvole.
come pars
destruens. Di nuovo,
e
fatto.
A
/
vapori sono
i
un soffio
scoiattolo"), "all'alba
ancora umane
/
primo chiaro, quando"); "poca
.
in-
se tu a intrecvita tra sbatter
crepuscolo:
"È
gior-
fumo trasalisce" ("Perché tardi? Nel pino
fumo delle mine s'inteneriva, / saliva lento
pigro
il
.
infatti attributi essenziali del
.
/ il
Come
pendici a piombo" ("Punta del Mesco"), ecc.
lo
le
del resto era già stato in
dei riconosciuti "padri metafisici" di Montale, Baudelaire: "Les maisons
uno
ça
seconda non può essere
la
e luce" ("Sotto la pioggia").
Le nubi
no
al livello
prima non spetta
loro funzione è piuttosto quella
la
vivibile: "al chiaro e al buio, soste
ciarle col tuo refe insisti" ("Al
d'ombra
anche
conservare una mediocritas non certo aurea
di mescolarsi, a realizzare e a
ma almeno
Ma
antitetiche: se alla
ruolo di pars construens del componimento,
terpretata
una complessa
della chiarificazione di
umana, a quella
allegoria della conoscenza
et là
commençaient
à fumer,"
("Le crépuscule du matin").
Il
"Un mer de
brouillards baipuait les édifices"
loro valore positivo è riscontrabile lungo tutto
l'arco della poesia montaliana, fin dal 1923 e dalla "nuvola grandiosa" di
"Ora
dei Sarcofaghi,
sia
il
tuo passo."
tificazione della foschia mattutina
con
uno
In Finisterre c'è addirittura l'idenla
donna amata: "e
irrequieta la tua
.");
nasconde" ("La frangia dei capelli
fronte / si
immaginaria":
'"Intervista
nell
confermato
esplicitamente
metaforico
processo
"Ho proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia dei Mottetti sullo sfondo
confonde con
di
una guerra cosmica
affidato a
cora
in
ma
la
Satura
.
chiave
e terrestre,
.
la
.
.
{Sulla poesia 568).
non dissipare
/
la
nebbia che
ti
aureola" ("L'angelo nero");
lopos va cercata parecchio a monte,
grandi elegie riassuntive di Ossi di seppia, "Fine dell'infanzia":
Un'alba dovè sorgere che un rigo
di luce su la soglia
forbita ci
annunziava come un'acqua;
corremmo
e noi certo
ad aprire
la
porta
stridula sulla ghiaia dei giardino.
L'inganno
ci fu palese.
Pesanti nubi sul torbato
mare
bolliva in faccia, tosto apparvero.
che
ci
Era
in aria l'attesa
un procelloso evento.
Strania anch'essa la plaga
dell'infanzia che esplora
un segnato
cortile
come un mondo!
Giungeva anche per noi
La
An-
nebbia è un elemento caratteristico del "visiting angel": "o
di lettura del
di
.
senza scopo e senza ragione, e mi sono
donna o nube, angelo o procellaria"
lei,
angelo nero
l'alba, la
l'ora
che indaga.
fanciullezza era morta in un giro a tondo.
in
una delle
Moniale traduttore dt Shakespeare
277
L'ora delle nubi, dell'alba che dovè sorgere, è "l'ora che indaga,"
in "Falsetto": "Esterina,
poco
a
poco
in sé
ti
i
vent'anni
ti
minacciano,
grigiorosea nube
/
2.5.
Alla luce di questo scavo "archeologico"
il
sole nel "Sonetto
XXXIIl" finalmente
fallaci illusioni dell'infanzia e dell'ignoranza.
ripercuotono, modificandone
si
fumi che of-
le
nubi e
si
rivelano una allegoria
dell'esperienza, della maturità, che smaschera suo malgrado
che
che a
chiude."*
fuscano
questi,
come
/
i
le
fascinose
ma
pienamente montaliani,
Esiti
senso, sui motivi ereditati dal
il
l'alchimia, per esempio, diventa semplice traslato della fin-
testo inglese:
zione, dell'inganno (lusinga, spaccia per oro ciò che è "pallido").
E
ultime strofe non
non c'è
ma
fallimento,
si
verifica lo sgretolamento del linguaggio, perché
lucida e necessaria conquista di un'amara verità.
Che funzione
Più da vicino.
è rilevabile sul
Shakespeare faceva soggetto "the region cloud": perché
nascondono, non mentono,
un rapimento,
sì,
oggetto "rapito." Più sopra
soggetto "fumi"
Sembra che
ma al
ma un
il
ma
E
contrario svelano.
rapimento
anche, con costrutto assoluto, "fronte."
i
l'ufficio dei
meno
termini
"fumi"
nobili:
impiglia,
Infatti
al
("vili" in
semplice apparire
natura:
la
le
di chi Io
"vette,"
dunque
E
ma
può essere
di "astro," inol-
'pusillanimi,'
il
sole
si
vittoriosi
non 'spre-
oscura da
sé,
possa (s)mascherare.
le illusioni
"verdi prati,"
i
di cui
quanto troppo facilmente
mi sembra senza dubbio, rappresenta
sole,
il
Prima chimera,
lo stesso
"fuggendo," "celare," "onta."
gevoli' o 'abietti') sia solo quello di incutere timore:
si
con "s'im-
complice
un "intorbidata"
su un avversario inadeguato, troppo fragile;
o
sostituirlo
di cui si fa
di cui
sue nuvole non
le
duro "ugly ('turpe') rack" ('cumulo-nembo,'
di tortura') si dissolve in
che sono predicati
tre,
piano della
Ecco Montale dimenticare queir"hath masked"
sintassi e del lessico.
anche 'strumento
comun-
salvifica sia quella delle nubi, e che
que queste non siano connotate negativamente,
piglia":
nelle
i
dell'uomo.
"pallidi rivi," cioè
"sole (= paradiso) terrestre"; immagini idilliche, da "poeti laureati."
il
Fanno
presto luogo a quel dolorosissimo, spezzato (anche graficamente, nei due
versi) "desolato
za che
E
sviluppi.
mondo." Seconda chimera,
la vita,
è a Lui (e
gli attributi,
il
sogno della giovinez-
quel "far del giorno" che pare promettere luminosi
invece "un'ora sola" è tutto ciò che
illusione di Dio:
alludono
/
crede eterna:
si
non
a
un
ci spetta.
re terreno,
come
in
Infine, la
grande
Shakespeare) che
necessariamente antropomorfi ("la nostra debole mente
non può fare a meno di raffigurarselo come Persona" scriverà Montale stesso
in Auto da fé 350), disseminati nelle prime due quartine. E Lui r"occhio"
che splende "sovranamente" nel mattino,
tradizione figurativa; e Lui
ro
/
il
pensiero di Dio discendeva
celesti" di
"Tempi
di
effigie
sole "celeste"
/
Bellosguardo"
...
III).
tra
mutuata da una ben
(si ricordi
suoni
Una
/
attestata
"Nella serra": "l'oscu-
celesti";
e le "tessitrici
illusione, appunto: denunciata
già a livello testuale dall'uso di "astro," cioè di un termine ormai fortemente
connotato nel senso
di
una pseudo-scienza della divinazione, l'astrologia;
e
Francesco Erspamer
278
soprattutto dal fatto che a essere definite "divine" siano le "alchimie" (na-
turalmente l'aggettivo non può non rimandare, nella doppia direzione delle
"Spesso
fonti e degli esiti, alla "divina Indifferenza" degli Ossi,
vivere ho incontrato," e alla "divina inesistenza" del
anni,
"Domande senza
pure mantengono un certo valore positivo.
si
dichiarano fatue; e che
miraggi,
I
le
utopie, persino le
comunque dei "significati," sono le
vive l'uomo. "Quando dico che probabilmente il
mi guardo bene
esiste
di
esse sono
inutili:
briciole di speranza di cui
mondo non
male
di quattro
risposta").
Tutte parvenze, dunque, che all'apparir del vero
menzogne, non sono
il
Quaderno
dal pretendere che questa inesistenza sia
priva di un significato positivo: ha certo un significato
il
fatto
che
il
mondo,
per noi, esista" (Intervista 27).
Dei
3.1.
rilievo;
(Cit
=
tre,
"Sonetto XXII" è l'unico che presenti varianti
il
ne propongo pertanto
Uo = Uomo
Città 1944;
1945):
Allo specchio, ancor giovane mi credo
che Giovinezza e
Ma
te siete
una cosa.
se una ruga sul tuo volto io veda
me
saprò che anche per
Quella beltà che
morte non posa.
ravvolge è ancora
ti
parvenza del mio cuore che nel tuo
alberga — e
il
Poni
in
serbo
mio —
tuo nel
decidere chi è
vecchio
il
il
;
e
come
allora
due?
di noi
tuo cuore, ed io lo stesso
farò di me: del tuo così zelante
come
la
fida nutrice in veglia presso
morbo stia distante.
mio cuore, invano il tuo riprendere
chi l'ha avuto non lo rende.
cuna, che ogni
Spento
il
vorresti:
1-2] Allo specchio, guardandomi, mi credo
giovane perché tu
4] saprò
sei
che anche
Giovinezza. (Cit Uo)
miei giorni morte spezza. (Cit)
i
12] la culla, che ogni
My
morbo
glass shall not persuade
(Uo)
stia distante.
me
I
am
old,
so long as youth and thou arc of one date;
when
but
in thee
then look
For
is
all that
my
I
I
doth
my
heart,
live, as thine in
me;
then be elder than thou art?
therefore, love, be of thyself so
I,
behold,
days should expiate.
beauty that doth cover thee
in thy breast
how can
as
time's furrows
but the seemly raiment of
which
O
death
I
di
un certo
principali di seguito alla redazione definitiva
le
wary
not for myself, but for thee will;
bearing thy heart, which
I
will
keep so chary
Montale I radulto re
H Shakespeare
as tender nurse hcr babc from faring
ill.
Presume not on thy heart when mine
me
thou gav'st
poeta, della
slain;
is
back again.
thine, not to give
Sulla tematica del testo shakespeariano
tolosamente:
279
può questa volta sorvolare
si
fret-
motivi dello specchio rivelatore e della donna specchio del
i
mano
del
tempo che
traccia le rughe e del trasferimento del
cuore dell'amante nel petto della persona amata, sono frequenti non solo
Shakespeare
(cfr.
19, 77,
sonetti 2, 3,
i
Da un punto
petrarchismo europeo.
di
ma
103),
in
in tutta la tradizione del
vista retorico,
il
sonnci è
fra
i
più
efficaci del canzoniere.
La divaricazione dell'interpretazione montaliana
3.2.
le
appare ancora accresciuta.
la
misura.
Un
Diversa è anzitutto
l'età del protagonista;
o meglio, diversa
"qualità" delle informazioni che sull'età del protagonista
Quello inglese mette
che
discordanza
in risalto la
l'immagine, veritiera,
riflette
rispetto all'origina-
confronto dei due incipit ce ne dà subito
fra
un vecchio,
di
danno
i
due
è la
testi.
responso dello specchio,
il
e
ci
il
convincimento del per-
sonaggio che dice "io," che non se ne lascia persuadere. Nella traduzione,
al
contrario, lo specchio è un semplice strumento, che fornisce dati da interpretare:
i
ragguagli non sono pertanto
sono nella loro
totalità
giovane mi credo'').
diretti, riferibili a
una
realtà obiettiva,
ma
mediati dall'opinabile giudizio del narratore ("ancor
Nel prosieguo delle quartine queste differenze avran-
no significative conseguenze.
Shakespeare
In
la
descrizione del destinatario
intemo (o narratario), del "thou" insomma, conferma le indicazioni dello
specchio, e questa volta il narratore si convince ("but when in thee time's
furrows
I
behold,
con parametri
/
.
."):
.
la
morale
pure obiettivi,
ma
In Montale, invece,
sulle persone care.
si
then
inerti, sia
il
è
che
il
tempo non
misura
lo si
dalle tracce che lascia sulle cose e
"volto" dell'amata,
in cui
il
poeta
osserva, restituisce una sembianza diversa da quella resa dallo specchio:
e la
conclusione è che
tutto è ambiguità,
La ragione
tempo non
il
esiste,
che neppure
la realtà esiste,
che
mutevolezza e incertezza.
di tale divaricazione si rivela peraltro assai più
profonda dell'in-
tenzione di eliminare "tutte le immagini, così rapide e varie in inglese, che
sembrano
attribuire a dei concetti, o a dei meri oggetti, stati e
umani"; né
una fantasia
tali
comportamenti
immagini possono venire considerate "un po' incongrue per
italiana" (Meoli
Toulmin 459-60). Si ricordi almeno la personifidi "Dora Markus" li (1939), nell'occasione
cazione dello "specchio annerito"
dotato di orecchie, oltre che di occhi e memoria: "[La sera] dice
chio annerito che
ti
testo shakespeariano
vide
si
/
diversa una storia di errori."
può piuttosto
Il
/
allo spec-
"tradimento" del
giustificare, a livello formale,
con
il
gusto per una bimembrazionc più marcata, costruita sulla coppia (isotopa
anche grammaticalmente) "specchio"-"volto";
ma
più importante è che, alla
base, c'era un diverso significato da esprimere.
3.3.
Passando all'esame del
lessico,
si
è di
primo acchito
portati a soste-
Francesco Erspamer
280
nere che
i
vocaboli siano soprattutto di retaggio aulico, e che questa scelta
intenzionalmente operata per creare un alone di antichità,
sia
numerosi termini sono obsoleti e
effetti
di classicità. In
"che," "posa" (nel senso di
letterari:
'riposa'), "beltà," "parvenza," "alberga," "fida," "nutrice," "cuna,"
almeno un caso
e in
"morbo";
calco ritmico e sintattico di un verso dantesco è evi-
il
dente: "che Giovinezza e te siete una cosa" deriva dalla Vita nuova,
e
ge
"Amore
cor gentil sono una cosa" (20.3). Tuttavia non direi che questo repecha-
'1
mantenere una "fedeltà linguistica
sia dettato dal desiderio di
shakespeariani,
contesto culturale in cui
al
d'esemplarità nella storia letteraria inglese" (Musatti 129-30).
notato che verso
la
grande poesia trecentesca
quegli anni, per sua stessa ammissione:
le di
rappresentano
568).
la
mia esperienza, diciamo
primo Montale;
dal
adoperare
il
li
sottende,
è proprio
"Le poesie
Monta-
il
di Finisterre
.
.
.
poesia
così, petrarchesca" (Sulla
"I sonetti shakespeariani, lo
non sarebbero
stati
Montale petrarchesco
il
Piuttosto va
era indirizzato
si
Scriveva giustamente Piero Bigongiari:
splendido romanzo che
ai sonetti
situano, e al loro carattere
si
immaginabili tradotti
di Finisterre
che può
linguaggio lucido e psicologico, di resa sentimentale diretta, di
questo Shakespeare" (238).
In effetti,
ben prima che dantesco o petrarchesco (o leopardiano),
sico di questo sonetto è, ovviamente, montaliano.
prima redazione;
di Città)
e la
forma
la
ranei versi di
'cunetta.'
"Tempi
che
di
il
les-
l'infelice variante in "culla"
suggestione di Leopardi e della chiusa del
"Canto notturno" ("dentro covile o cuna,
è peraltro da segnalare
dopo
fu ripristinata
inevitabilmente pesa
il
Se su "cuna" (già nella
lemma
/
è funesto a chi nasce
è presente
il
dì natale"),
anche nei quasi contempo-
Bellosguardo," anche se nella diversa accezione di
"Ruga," parola descrittiva con cui viene resa
ra "time's furrows," oltre a recuperare l'antica fonte di
("in speculo rugas adspexit," Met.
15.232),
rammenta
l'artificiosa
metafo-
Shakespeare, Ovidio
all'attento lettore
uno
degli attributi della solita annunciatrice-risvegliatrice della Bufera: "biondo
cinerei
i
capelli
/
sulla ruga che tenera
/
ha abbandonato
il
/
cielo" ("Il tuo
volo").
Poco da aggiungere
sullo "specchio," elemento archetipico, ricorrente nella
poesia moderna e segnatamente
alla
in
Montale
(cfr.
Avalle 21-33). La rinuncia
desueta forma "spera" (usata per esempio negli "Orecchini"), rinuncia
che ulteriormente indebolisce
finalizzata alla creazione di
riano, è essenzialmente
l'ipotesi
che l'immissione
un linguaggio
dovuta
alla
di
arcaismi fosse
atto a rendere lo stile
assonanza
di
shakespea-
"specchio" con "vecchio."
Così, pur avendo sostituito "old" con "giovane," l'incubo della senescenza
ritorna fin nel
primo verso, inquinando
la
giovinezza ("ruit hora," un altro
grande tema montaliano) e confermando l'ambiguità
quanto
a "beltà,"
il
suo uso
in
luogo
di
di
ogni cosa umana. In
"bellezza" è probabilmente dovuto a
ragioni di ordine ritmico (la sua maggiore concisione) e soprattutto fonetico
(l'opportunità di evitare
già in "Giovinezza").
la
replica della sgradevole terminazione in "-ezza,"
Montale traduttore dì Shakespeare
28
Di sapore indiscutibilmente montaiiano è l'immagine della "fida nutrice,"
da aggiungere airclcnco delie devote serve
Che
e dei cani fedeli.
qui
la
tematica del ricordo irrompa nel testo e stravolga l'originario significato del
sonnet shakespeariano appare evidente: nella "cuna" non viene mostrato alcun
bimbo; del "babe" che
È
c'è traccia.
in
la
"tender nurse"
due versi semanticamente
affanna a conservare
si
12 inglese che
l'intera similitudine del v.
si
in salute
L'impres-
sintatticamente incompiuti.
isolati e
non
sfalda, diluendosi
sione è piuttosto quella dc\ flash-hack, della improvvisa digressione (o anche
regressione) verso
La
i
provocata da una madeleine, da un keepsake.
pa.ssato,
il
morbo
frase conclusiva del v. 12, "che ogni
va attribuita
che
alla bàlia,
Assai congruo
alla
la
stia distante,"
ripeteva sulla culla del bimbo-poeta.
poesia di Montale (ed è stato
soverchie variazioni, se
eccettua
si
ha più che altro
invocazione scaramantica: e diegeticamente
caratteri dello scongiuro, della
la
scomparsa
infatti
conservato senza
di "breast") è poi
comples-
il
so gioco di scambi e sovrapposizioni fra narratore e narratario, di evidente
"del
eredità petrarchista:
me:
io," "di
mie" ("Ecco
"tra
me
del tuo,"
il
"il
mio ... nel
mio ... il
tuo," "il tuo nel mio," "sul tuo
.
.
.
Si ricordino infatti "tuo nelle
tuo."
segno; s'innerva"), "del tuo ... e del mio" ("Incantesimo"),
e te" ("Il fiore
che ripete"), "fra
crepuscolo"), formule che
me"
te e
"con
e
ulteriormente si infittiscono in
me
tu"
("Due
nel
Xenia e nelle ultime
raccolte.
Evidente nel "Sonetto XXII" è poi
la
polarizzazione del rapporto "io"-"tu"
pronome
(in inglese indebolito dalla presenza di un
di terza
persona "her"),
amplificata dall'ossessiva iterazione:
Allo specchio, ancor glOvane
TE
che Giovinezza e
Ma
se
una ruga
TUO
sul
saprò che anche per
MI
credo
sieTE una cosa.
ME
volto
IO veda
morTE non
posa.
Quella beltà che TI ravvolge è ancora
parvenza del
MIO
alberga -e
TUO
il
decidere chi è
Poni
in
farò di
coME
la
serbo
ME:
il
del
nel
MIO-;
vecchio
il
TUO
cuore che nel
TUO
TUO
di
e
coME
allora
NOI due?
cuore, ed IO lo sTEsso
così
zelanTE
fida nutrice in veglia presso
cuna, che ogni
Spento
il
MIO
morbo sTIa dislanTE.
invaNO IL TUO
cuore,
riprendere
vorresTI: chi l'ha avuto non lo rende.
È soprattutto
chio,"
terale,
di
significativo ritrovare r"io" nascosto nelle pieghe dello "spec-
"giovane" e
di
"Giovinezza"; e
il
"tu" in
che conduceva all'equazione "Giovinezza"
risulta rovesciato.
più riposto del
E
"morTE."
Il
"te" = "morte
senso
"
se da un lato questo fatto contribuisce a rivelare
componimento,
cose e nelle parole.
:
dall'altro
conferma
la
:
il
let-
"me,"
senso
sfiducia montaliana nelle
Francesco Erspamer
282
3.4.
personificato, comporta, e
fetta
suW incipit
ribaltamento sintattico operato da Montale
Il
riano, per cui autore dello sguardo diventa
simmetria
una per-
fatto è assai rilevante, l'istituzione di
il
prima e
fra la
shakespea-
poeta, e non più lo specchio
il
la
seconda metà della quartina
(fra
cui versi,
i
insolitamente, non sussistono enjambements):
LUOGO: "Allo specchio" vs "sul tuo volto";
TEMPO: "ancor" (=presente, come eredità del passato) vs "se" (=futuro ipotetico);
IMPRESSIONE VISIVA: "giovane mi credo" vs "una ruga ... io veda";
DEDUZIONE RAZIONALE: "che Giovinezza e te siete una cosa" vs "saprò che anche
per me morte non posa."
La prima
semanticamente
serie è costituita da elementi
"ancor"
positivi:
(=continuazione), "giovane," "Giovinezza," "siete una cosa" (=afferm azione
di esistenza); l'altra
da elementi negativi: "se" (=dubbio), "ruga" (=invecchia-
mento, perdita della bellezza), "morte," "non posa" (=negazione del riposo).
Evidentemente
lo
"specchio" fornisce un'immagine della realtà più piacevoQuest'ultima, lungi dall'essere
"volto" dell'amata.
le di quella rivelata dal
presenza confortante e salvifica, sembra essere pertanto messaggera, se non
L'impressione pare confermata nel
portatrice, di corruzione e di morte.
stico finale:
all'analisi
come
il
grammaticale,
come
predicato di
sostitutivo della proposizione riflessiva 'Essendosi spento';
tura, soprattutto se
non
ha
si
in
mente
ma
cuore" complemento oggetto. In questo caso
il
seguente:
'Dopo aver spento
che annunciatore
senescenza,
di
il
"tu"
si
mio
"il
significato del couplet sareb-
mio cuore, invano
il
il
alla let-
testo inglese, esso appare piuttosto
il
predicato del "tu" (soggetto sottinteso della frase successiva), con
be
di-
può venire riconosciuto,
"mio cuore" (soggetto), e dunque
participio perfetto assoluto "Spento"
tu vorresti.
rivela responsabile della
.
.
.'
Oltre
morte
(sia
pure figurata) del poeta.
Ancora una
del "Sonetto
si
del "tu" un valore negativo.
attraente,
ma
"è ancora
/
Come
volta, però, occorre cautela.
XXXIII," non
L'immagine che
purtroppo è falsa,
illusoria.
Il
si
se stesso, è r"io" che cerca di
"ancor ... mi credo,"
sa:
passato che sopravvive oltre
non guardare, che
una bellezza ormai
e di
il
di attribuire all'azione
osserva allo specchio è certo
poeta lo
parvenza." "Ancor," "ancora": è
una giovinezza
già verificato nell'analisi
deve commettere l'errore
sfiorite.
si
II
aggrappa
dai Mottetti, è allora portatore di verità: la ruga sul volto
ta,
ma
vista ("io veda"), l'inevitabilità della
È un
conosciuta ("saprò").
amara testimonianza
illusioni e di
in
mente
i
spunta
/
commento
non
fin
è solo credu-
morte non è solo postulata,
ma
abbandonare
l'età dei
in faccia l'aspra tragedia dello stato
sogni e delle
umano. Ritornano
versi del "Balcone," quell '"imperativo" che apre le Occasioni:
"Pareva facile giuoco
si
ricordo di
altro sonetto "dell'esperienza," questo, un'altra
della necessità di
guardare
al
come sempre
"tu,"
l'ansia
.
.
/
.";
mutare
"La
in nulla
vita
.
.
.
.
/
.
.";
"Ora
è quella
di Predi Chiappelli: "Passato e futuro
.
.
.
/
che sola
sull'arduo nulla
tu scorgi."
E
il
non hanno più equipaggio.
Moniale traduttore dì Shakespeare
la
loro materia cessa,
si
283
estingue nel composto del presente in
eletti residui
incapaci di attuare un'animazione. La figura complessiva è nella percezione
di
un invanire del vigor
Torniamo
due?,"
la
al
dell'età, del fiaccarsi dell'applicazione vitale" (107).
"Sonetto XXll." La domanda del
presenza
di
v. 8,
"chi è
il
vecchio
di noi
quel solitario "noi," sanzionano l'avvenuto contatto con
l'esperienza, la maturazione. La sentenza conclusiva, "chi l'ha avuto non lo
rende," indica l'impossibilità
averlo accettato.
giuro contro
la
di rifiutare
malattia,
sono
in
4.
ma
dono, e
di tornare indietro
dopo
questa prospettiva un recupero del passato,
un passato remoto (quasi un cerchio che
presente,
il
L'apparizione della "fida nutrice" e della "cuna," lo scon-
si
chiude), non più confuso con
il
accettato quale prodotto dell'azione ristoratrice della memoria.
Nei due sonetti esaminati
in quattro serie
gli
elementi connotatori tendono a disporsi
(corrispondenti ad altrettante isotopie semantiche),
le
quali a
loro volta possono essere organizzate, mediante un legame di opposizione, in
coppie:
Francesco Erspamer
284
tazione delle cose; neppure
la
"tollerabilità del vivere" è a
un minimum.
speranza
un riconoscimento. Veramente
di
fatto è
Il
Montale scattò visibilmente intorno
rienza, che in
che
momento
il
1936, quando
al
mezzo del cammin di sua vita, è anche il momento in
o comunque si rafforza, V horror vacui. La poesia della Bufera e
entrò nel
sonetti (e in prospettiva
bisogno
di contrastare,
la
produzione del Montale anziano) nasce
ma
prima
di tutto di accettare,
dell'angoscia che stringe la cultura occidentale
o
al
il
poeta
il
cui inizia,
dei nostri
di qui: dal
niente che è al fondo
Greco 172-73). Contro
Montale non potè, o piuttosto non
terrore della morte.
il
alla fede
(cfr.
la
dell'espe-
volle, aggrapparsi
desiderio di una vita ultraterrena, e neppure ricorrere a un'ancor
più problematica fiducia nelle magnifiche sorti e progressive. Unico rimedio
a\V impasse fu per
una lucida, personale (ancorché esemplare) "forza
lui allora
segreta di stoico" (Scrivano 305).
Strumenti gnoseologici, e non consolazione. Montale ha cercato e trovato nell'opera dei suoi "padri metafisici," nella fattispecie in
dobbiamo noi cercare
stesso
morte sono
ra,
e trovare nella sua lirica.
sua indagine;
gli oggetti della
sono temi
di
fascismo,
il
ma
ca sono
i
la guerra,
il
dopoguer-
verità.
Non
casuali
autentico segnale dell'inizio di una nuova (e definitiva) fase poeti-
due versi posti
epigrafe all'ultima sezione delle Occasioni,
in
da un componimento {Sonnets 5)
in cui
genitori di sopravvivere nei
ma
il
Lo
e soprattutto la
importanza assolutamente secondaria, semplice sfondo a una
coraggiosa e faticosa (ma forse anche inevitabile) scelta di
allora,
Shakespeare.
L'amore
momento
figli,
Shakespeare celebra
che
tratti
la possibilità dei
componimento costituiscono
di quel
più negativo, l'amara metafora della decadenza e della fine:
Sap check'd with
frost,
and
lusty leaves quite gone,
Beauty o'ersnow'd and bareness every where.
University of Toronto
NOTES
1
Dei numerosi saggi su Montale traduttore — oltre a quelli specificamente
mia
analisi, e
dunque compresi
gheroni, "Dickinson/Montale:
e Cesare Segre (Milano:
e
i
nella bibliografia
— sono
citati nel
passo sull'erba," Eugenio Montale, a cura
il
Rizzoli, 1977)
corso della
da ricordare almeno: Marisa Buidi
Annalisa Cima
91-114; e Pier Vincenzo Mengaldo, "La panchina
morti (su una versione di Montale)," La tradizione del Novecento: nuova serie. Firenze:
Vallecchi, 1987. 215-34. Mentre questo saggio e in bozze, escono
Quaderno montaliano,
il
a
cura di Pier Vincenzo Mengaldo (Padova: Liviana, 1989), nel quale a Montale traduttore (di
Yeats) sono dedicati tre interventi; e
e la poesia anglosassone (Bologna:
2
Cfr. la
le
"Nota dei curatori"
in
lar\e.
Montale
Da
questa edizione cito tutte
versioni dei Sonnets (queste ultime sono a pp. 711-13).
le
I
shakespeariani sono invece quelli che appaiono, a fronte delle rispettive traduzioni, nel
Quaderno
di traduzioni (Milano:
Mondadori, 1975) 16-18.
3 Qui da pronunciare /a;lki'mai/ per
4
Laura Barile, Adorale mie
bel libro di
Mulino, 1990).
Montale, L'opera in versi 829-40.
poesie montaliane, comprese
testi
il
Il
Cfr. Giorgio Barberi Squarotti,
effetto della rima obbligata col precedente "eye."
"La
Montaliane 281-96, e Scrivano.
storia," Letture
5 Ed è un caso che nell'ultimo Montale, con diverso
immagine,
riferita a
all'esistente
un
altro dei
come un'aureola
I
significato,
ricompaia però
grandissimi temi del nostro poeta,
di nebbia al
capo
.
.
."
la
la
medesima
memoria? "Si aggiunge
("La memoria").
Montale
6 E vedi anche
la
ma
stemprano allora quando snello
meglio
e
non lasciano segno
A
Bonora, per
in
/
codesto concluso
/
mondo
quale proprio
/
anche
Il
mare" non costituisce un convincente sistema
al
i
carovane
nell'aria,
meno
la
/
opera
(/.
/
Vanno
in
riserva di Ettore
fascino poetico, per
il
paragone con "Corno inglese" o con "Casa
di giudizio:
perche
lì
seconda parte
sidiaria, qui costituisce la struttura significante di tutta la
fra
le
in alto svaria.
nostre giornate"
le
quei versi "l'idea delle nuvole ha
in
prevaricare del pensiero sulla fantasia" (129).
sul
trapassano
/
fugace zampillo
il
proposito di "Fine dell'infanzia," non mi pare convincente
il
non
passare delle nubi ò ancora un'immagine che rimanda esplicitamente
il
tempo: "Ancora nell'ingannevole anello
allo scorrere del
e
versi 882).
285
terza strofe, poi soppressa, delle prime edizioni di "Vasca"; in cui l'ora
è quella dell'alba,
vi si
Shakespeare
iradtiltorc di
l'immagine era susun componimento
di
più lunghi dell'intera produzione montaliana. Ciò che in "Fine dell'infanzia" importava
poeta era
istituire
una precisa corrispondenza
tempo (analogamente
fra
quanto avrebbe anni dopo
a
fiumi, in una delle grandi poesie di Satura,
metaforizzazione avrebbe
passare delle nuvole e lo scorrere del
il
avvicinando
fatto
"L'Arno
a
al
tempo l'acqua
dei
Un secondo grado
Rovezzano").
di
finito col risultare inutile e forse faticoso.
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