Arrigoni: nel bergamasco lezioni di management
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Arrigoni: nel bergamasco lezioni di management
PROTAGONISTI NELLA SELEZIONE Arrigoni: lezioni di management nel bergamasco di Marie Vida L’allevamento della famiglia Arrigoni a Pagazzano, in provincia di Bergamo L a famiglia Arrigoni ha origini molto antiche: le prime fonti storiche la fanno risalire alla Valle Taleggio, in provincia di Bergamo, fin dal XIII secolo, e da sempre hanno allevato del bestiame, con la conseguente lavorazione del latte per la produzione di formaggio, il taleggio, appunto. Anche in questa valle, nella seconda metà dell’Ottocento, si assiste al fenomeno dell’emigrazione e una parte della famiglia emigra negli Stati Uniti. Battista Arrigoni, dalla frazione Lavina di Vedeseta, nel 1898, a 18 anni, raggiunge due fratelli in Texas. Vi rimane fino al 1913, quando gli comunicano la chiamata alle armi e rientra in Italia. Nel corso del servizio militare, dal 1913 al 1918, si distingue e viene decorato al fronte. Durante una breve licenza arriva a Pagazzano, dove un suo parente trascorreva la transumanza invernale e qui, casualmente, conosce la giovane Rosa, se ne innamora e la sposa. Ancora sottoposto al servizio militare, affida a Rosa i risparmi accumulati nel periodo dell’emigrazione e riprende il lavoro che ha imparato fin da ragazzo: compra un piccolo stabile, qualche pertica di terra, qualche vacca e avvia l’attività casearia. Nel frattempo nascono i 4 figli maschi. Alla fine della prima guerra mondiale, Battista riprende in pieno l’attività e la sviluppa con maestria, ponendo le basi di ciò che sono, ai nostri giorni, le attività portate avanti prima dai figli e poi dai nipoti: terra, vacche, suini, caseificio, commercio. L’allevamento delle vacche da latte oggi munge tre volte al giorno più di 400 vacche da latte Frisone, che nel 2009 hanno prodotto 10.914 kg di latte con il 3,56% di grasso e 3,24% di proteine; la mandria ha PFT medio 546, con Indice kg Latte 1005, su 411 vacche indicizzate, nel 2010. 22 BIANCONERO . MARZO 2011 Da sinistra Andrea e Giambattista Arrigoni, nell’allevamento Arrigoni Battista di Pagazzano in provincia di Bergamo “Allevamento e azienda agricola hanno una gestione indipendente, anche se il latte viene conferito alla “casa madre” che lo trasforma al 90% in prodotti tipici locali come Taleggio, Quartirolo, Gorgonzola, Salva” spiega Giambattista Arrigoni, la terza generazione di Arrigoni, che si occupa dell’attività di allevamento da latte e dell’azienda agricola da molti anni e che, da qualche tempo, è affiancato dal nipote Andrea, che rappresenta la quarta generazione. Gestiscono l’allevamento con criteri che molto si ispirano a quello che viene fatto negli stessi allevamenti da latte d’oltreoceano, poiché mantengono con gli Stati Uniti parentela e contatti, sulle orme percorse, un secolo fa, dal loro nonno e bisnonno, nella sua esperienza americana. ■ Quali sono le lezioni che oggigior- no dovremmo imparare dal nord America? Giambattista Arrigoni: Negli Stati Uniti sono in grado di fare ricerca ad alto livello, hanno una casistica ed una realtà di applicazione e di numeri molto ampia. È importante andare ad imparare da loro come acquisire sempre nuove prospettive sul proprio lavoro. Non sono più i tori che importiamo dagli Stati Uniti, ormai li sappiamo fare anche noi, ma un concetto di gestione, attento ai costi, economicamente efficiente, con attenzione ai particolari che generano comfort e benessere ambientale degli animali, È importante preoccuparsi sì di dove le vacche riposano, ma non solo di questo, perché conta anche la circolazione dell’aria, il riparo dalle correnti, la pulizia, l’ambiente, gli spazi di movimento asciutti, l’abbeverata, insomma una conoscenza delle attitudini e dei comportamenti delle vacche sono fondamentali per poter ottenere il massimo delle loro prestazioni. Le chiavi delle alte produzioni sono benessere, genetica e alimentazione: se si riesce a combinarle, l’obiettivo dei 150 quintali di media non è lontano Molti accorgimenti e sistemi di gestioni sono stati “portati a casa” dai frequenti viaggi negli Stati Uniti fatti da Giambattista Arrigoni, come le capannelle dei vitelli che costituiscono una piccola cittadella o i passaggi canadesi, barre di ferro rotonde per impedire l’uscita delle vacche, ma la lezione principale è sull’impostazione totale di gestione attenta al rapporto costi/benefici e questo non dovrebbe influenzare la durata della vacca, perché le tre lattazioni di media sono realistiche. Purtroppo nella nostra situazione attuale, sono il primo a dirlo, non tutti i parametri del comfort sono ottimali: oggi il nostro allevamento si trova di fronte a scelte epocali. ■ Che cosa intende? Dobbiamo scegliere tra proseguire o smettere l’attività. In questa sede dove ci troviamo, siamo stati sfrattati dal comune, perché troppo vicini al centro del Paese. Già avevamo dovuto dismettere da qui l’allevamento suino e dovremo andarcene tra breve. Ora, all’esigenza di costruire nuove strutture che serviranno non solo l’azienda, ma andranno a soddisfare tutti i requisiti richiesti in materia di sostenibilità e minore impatto ambientale, si unisce la necessità di aumentare il numero di capi in mungitura. Quindi si tratta di investimenti non indifferenti, che si am- mortizzano, abbiamo calcolato, con un numero di capi intorno agli 850. Tuttavia non abbiamo ancora preso una decisione definitiva, è un progetto nel quale crediamo, ma dobbiamo trovare una banca/soggetto che ci finanzi per poterlo realizzare. Il mio sogno è avere 150 quintali di media con quattro lattazioni e credo, se riusciamo a costruire la stalla nuova, in un paio d’anni, di poterli ottenere. Abbiamo puntato molto sulla sanità della mandria: abbiamo eliminato ibr e paratubercolosi, per la mastite conduciamo un programma di prevenzione e cura in collaborazione con l’Università di Milano. Dal punto di vista sanitario, le nostre manze sono al massimo di quello che attualmente si può pretendere e, a parità di costo, hanno un valore aggiunto. ■ Ci racconti come si è sviluppato questo allevamento. Negli anni sessanta non gli si dava troppa importanza, praticamente era IT016990187913 figlia di O-Man End-Story TL TV una specie di tradizione di famiglia, con un centinaio di capi di razza Brunalpina, mantenuti senza la rilevanza che meritavano. Negli anni ottanta, iniziando a fare bilanci aziendali, dopo il passaggio alla Frisona, si è compreso il bisogno di iniziare una selezione negli animali allevati e di aumentare il numero di capi. Ci siamo iscritti ai controlli funzionali nel 1985 e io stesso ho incominciato ad effettuare la fecondazione artificiale, dopo il corso di addestramento, facendomi consigliare ed aiutare nello scegliere i tori utili per i nostri scopi; ero animato da una certa passione, che ho ancora. Abbiamo aumentato il numero di capi quasi solo con la rimonta interna, usando prevalentemente tori americani, sino agli anni novanta, quando ho incaricato altri della responsabilità della f.a. Nella scelta dei tori ci siamo sempre basati su obiettivi costanti, che sono il latte e, in tempi più recenti, le proteine, mentre della morfologia non ci siamo mai molto curati. Dal 2000 abbiamo riconsiderato questo punto di vista sul tipo, per orientarci verso una migliore funzionalità dei caratteri morfologici principali. Di questo si occupa, in particolare, mio nipote Andrea, che fa parte della Sezione frisona dell’Apa di Bergamo. ■ Quali sono le vostre scelte di selezione? Andrea Arrigoni: Da quattro anni abbiamo aderito al Programma Accoppiamento Anafi, in collaborazione con il nostro ispettore Valentino Rottigni, con il quale abbiamo stabilito i nostri obiettivi che sono sempre latte e proteine, per quanto riguarda i caratteri produttivi, e la ricerca di un animale bilanciato, funzionale e “leggero” allo scopo di mantenerlo in stalla più a lungo possibile. La nostra vacca ideale è una vacca sui 550 kg, BIANCONERO . MARZO 2011 23 A sinistra: la lettiera permanente in cascami di tessuto viene alternata periodicamente a quella in paglia, per ottenere un migliore comfort delle vacche in stalla. Una parte delle vacche viene tenuta in cuccette. A destra: le manze nell’allevamento Arrigoni vengono coperte intorno ai 12 mesi di età per partorire di media a 22.7 mesi. “Ogni mese di attesa in più, nelle mie stime – sottolinea Giambattista Arrigoni – ci costa dai 200 ai 300 euro di alimentazione in più. Abbiamo lavorato molto sulla sanità della mandria, da ibr, paratubercolosi, streptococco agalatctiae e le nostre manze hanno un valore aggiunto, a parità di costo” che costa meno come mantenimento e con una produzione di tutto riguardo, indipendentemente dalla taglia. Altra caratteristica nella scelta dei tori è il legamento della mammella che deve essere il più forte possibile, in quanto è il nostro punto debole. Il tutto, ovviamente, tenendo in considerazione la consanguineità che deve restare, nel possibile, entro valori contenuti. Lavoriamo in collaborazione con i vari centri genetici e utilizziamo progenie nella misura di un 15% annuale. Utilizziamo prevalentemente tori italiani provati e un 10% circa di importazione. Il nostro allevamento non seleziona animali da mostra, ma all’interno della Sezione frisona stiamo cercando di organizzare al meglio la prossima Fiera di Treviglio e quest’anno daremo anche noi il nostro contributo portando in mostra alcuni nostri capi, però la nostra partecipazione alle mostre si ferma qui. Da un anno stiamo usando seme sessato sulle manze e ne siamo soddisfatti, evitandoci il problema del mercato dei vitelli maschi che è sempre problematico, con un bilancio il più delle volte negativo tra costi e ricavi. Siete sempre soddisfatti della scelta della terza mungitura? ■ Giambattista Arrigoni: Convinti e contenti. La terza mungitura è per tutte le vacche, mentre le primipare, nei primi 25-30 giorni di lattazione, le mungiamo sei volte al giorno, all’inizio ed alla fine dello stesso turno di mungitura. L’obiettivo è di stimolarle il più possibile, in pratica vengono munte ogni quattro ore. L’idea ci è venuta da uno studio dell’Università della Florida su ricerche condotte in Arizona e Florida che sostengono che questo metodo 24 BIANCONERO . MARZO 2011 ha la funzione di stimolare la produzione di ormoni del latte durante il primo periodo della lattazione e determina un aumento durante la lattazione della produzione in primipare e secondipare, oltre al vantaggio della sanità della mandria. Per ora abbiamo visto solo una maggiore sanità, dato che lo stiamo facendo solo dallo scorso ottobre. ■ È vero che la vacca sottoposta a tre mungiture dura meno? È una fandonia. Il problema vero è saperle alimentare in maniera adeguata. Alle nostre vacche è stata fatta una valutazione di Body Condition Score (BCS) e non abbiamo visto un peggioramento, perché questo tipo di mungitura non deprime le vacche né crea condizioni particolari di debolezza. Anche per quanto riguarda la fertilità, non abbiamo avuto particolari problemi. ■ Come le alimentate? Secondo razioni bilanciate calcolate con i sistemi del “razionamento dinamico” che, secondo me, è stato il progresso maggiore dell’azienda, negli ultimi tempi. Siamo passati da una razione matematicamente calcolata ad un sistema dinamico, sviluppato dall’università di Cornell ed altre nel 2001, che tiene conto di quello che avviene nel rumine e nell’intestino della vacca, non solo a livello chimico, ma biochimico, ossia prende in considerazione le interazioni tra i vari alimenti e la loro influenza sulla vacca. Ho acquistato il programma specifico, che si chiama CPM - Dairy e calcolo la razione in base ai miei foraggi aziendali, che devo conoscere bene, con analisi dettagliate periodiche, su digeribilità delle fibre, amidi, proteine etc. In base a quello che è il mercato di offerta, il prezzo degli alimenti viene messo nella formula e si fa l’ottimizzazione introducendo alcuni parametri: il periodo dell’anno - diviso in sei, secondo temperatura, umidità, luce e venti - il numero di lattazione della vacca e il suo stadio, più l’asciutta divisa in tre periodi, il peso medio iniziale e quello finale medio, gli obiettivi da raggiungere, latte, grasso e proteine stimati. Il computer calcola la razione che viene inserita nel programma del carro della miscelata e il giorno successivo possiamo vedere sul nostro terminale, l’effetto che ha avuto sulla produzione, di aumento o calo. Usiamo questa alimentazione da circa due anni e l’effetto più visibile è stato dal punto di vista della qualità e della quantità del latte, in cui siamo migliorati. Oggi, per fare un esempio, abbiamo avuto 38,5 kg di media con 3,4% di proteine e 3,8% di grasso e 314.000 cellule di media su 406 vacche munte. ■ Quindi servono analisi dei vostri prodotti in tempi veloci. Come fate? Mandiamo i nostri campioni a diversi soggetti, per la digeribilità dei mais collaboriamo con la ditta specifica che dispone di un laboratorio d’avanguardia, poi con laboratori americani e laboratori dell’Aral. Conoscere il valore del foraggio che stiamo usando è fondamentale ed è l’unico dato che ci ha consentito di operare in modo più scientifico e meno empirico. Il nostro scopo è produrre latte e dobbiamo farlo in modo che il lavoro dia soddisfazione, ma dobbiamo anche fare i conti e sapere che cosa ci costa il nostro litro di latte. Direi che è questa la principale lezione che apprendiamo dagli americani.