Sami Modiano, un bambino a Birkenau
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Sami Modiano, un bambino a Birkenau
Duecento studenti del Liceo Canova affrontano la realtà dell’olocausto. Sami Modiano, un bambino a Birkenau Lacrime e silenzio per la testimonianza del sopravvissuto. Treviso. «Tra passato e presente c’è sempre una corda tesa. Per guardare avanti occorre saper vedere indietro. E consentire, ad ogni nuova generazione, di non perdere il contatto con le precedenti.» Duecento persone, quattrocento occhi pieni di lacrime, un’unica atmosfera satura di emozioni. Questa è la scena che un qualunque spettatore avrebbe visto se fosse entrato nell’Aula Magna Giorgione del Liceo Canova la mattina del 9 Dicembre 2013. «Se sono qui oggi è perché non voglio che voi o i vostri figli vediate quello che i miei occhi hanno visto.» Con queste parole Sami Modiano, ebreo italiano sopravvissuto a Birkenau, cerca di raccontare agli studenti del liceo l’orrore a cui ha assistito, un orrore che non può essere espresso, né compreso appieno e soprattutto che non può essere dimenticato da chi l’ha vissuto. La sua è una storia toccante e sconvolgente: vedere, a soli tredici anni, i corpi dei compagni di un viaggio dalla meta allora sconosciuta buttati in mare nella traversata verso il Pireo, vedere la propria sorella strappata a forza dalle braccia del padre, arrivare ad un passo dalla morte, rassegnarsi alla fine e poi scoprire di essere ancora vivi, di dover lottare ancora… E’ attraverso queste esperienze che Modiano ha vissuto la Shoah. Tutti i presenti si commuovono nel sentirlo soffermarsi più sulle emozioni piuttosto che sui fatti storici. Da quando, il 16 Agosto 1944, è entrato nella “fabbrica della morte”, la sua vita, se così può essere chiamata quella vissuta dietro a un filo spinato, è cambiata radicalmente. «Sami tieni duro, tu ce la devi fare.» sono le ultime parole che il padre gli ha rivolto prima di porre fine alla propria vita dopo la morte della figlia. Ed è solo grazie all’eco di queste parole che Sami è riuscito a non mollare mai. E così ha fatto, ha tenuto duro, anche durante la “marcia della morte” verso Auschwitz, anche dopo essere caduto ed essere stato miracolosamente portato in salvo da due prigionieri, dopo essersi risvegliato solo a chiedersi perché proprio lui, fra tanti, fosse sopravvissuto. Finalmente, dopo tanti anni, l’ha capito: è vivo per ricordare, è vivo per fare in modo che nessuno dimentichi l’orrore vissuto, così che quello che è accaduto non si ripeta più. E con questo messaggio pieno di significato ed emozione, saluta gli studenti: «Io non ho studiato, non ho una cultura. Voi un giorno – ve lo auguro davvero – diventerete qualcuno, cosa che io invece non ho potuto fare. Fate tesoro di tutto ciò che vi insegnano, queste sono vere ricchezze.» Una ragazza di V^D ginnasio, Cristiana Mazzetto, è stata così colpita dall’incontro che ha deciso di riassumerlo come meglio ha potuto: ha composto una poesia piena di terribile realismo, che esprime perfettamente le emozioni provate non solo da lei, ma da tutti i presenti al sentire il racconto pieno di sentimento di Sami Modiano. Scritto da: Cristiana Mazzetto, Caterina Baldasso, Valentina Dalla Villa, Niccolò Acram Cappelletto, Nicole Bonesso e Elisabetta Zampieri, classe V D ginnasio – Liceo Canova “Sami tieni duro: tu ce la devi fare” Cosa importa a un bimbo delle leggi razziali? A che serve essere divisi quando siamo tutti uguali? Quando dicono “domani, domani capirai”, ma che non siamo diversi non lo si capisce mai, quando il “treno della morte” parte per non ritornare, quando gli occhi di un bimbo son costretti a guardare, quando basta un solo gesto per decidere una sorte, una vita provvisoria o subito la morte, quando sei soltanto un numero e dimentichi il tuo nome, quando vedi corpi e scheletri che furono persone, il silenzio dentro al campo sembra un grido troppo forte, una supplica che viene dalla “macchina di morte”. “La chiamavano minestra ma acqua sporca è più appropriato, ci chiamavano persone ma quel tempo era passato, eravamo ormai pedine del terribile gioco, che era quell’enorme campo fatto di odio, gas e fuoco. E ogni giorno era uno strazio, ogni notte troppo breve, ogni uomo era bagnato di lacrime e di neve.” Quando non riconosci un volto tanto amato, quando il futuro è incerto e dimentichi il passato, quando pensi soltanto al presente da affrontare, ti chiedi ogni mattina chi te lo faccia fare; quando l’unica cosa che ti spinge ad avanzare è un “Sami tieni duro: tu ce la devi fare”, quando cadi nella neve e rimani lì disteso, mentre aspetti la morte con un grande sorriso, quando “Sami tieni duro” ormai non conta più, delle mani sconosciute ti tirano su, due angeli custodi ti appoggiano a terra, forse ancora non lo sai ma è finita la guerra, è finita la morte dietro il fino spinato, è finita la paura ma non il passato, perché gli occhi di un bambino dovranno ricordare, perché i morti sono morti e non possono tornare, perché chi è sopravvissuto è qui per non dimenticare, perché noi siamo il domani e non dobbiamo più sbagliare il passato ormai non cambia però cambierà il futuro, grazie alla testimonianza di chi ha tenuto duro, e se la loro memoria riuscirà a restare intatta potranno veramente dire “ce l’ho fatta”. Cristiana Mazzetto, classe V D ginnasio