"Perché sono sopravvissuto?” Questa è la domanda con cui siamo

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"Perché sono sopravvissuto?” Questa è la domanda con cui siamo
"Perché sono sopravvissuto?”
Questa è la domanda con cui siamo stati accolti da uno di sopravvissuti alla Shoa, Sami Modiano.
Tre giorni a Cracovia per scoprire attraverso dolorose testimonianze la risposta a questa domanda.
Tre giorni per ricordare e non permettere di dimenticare. Tre giorni carichi di esperienze toccanti
per impedire che la storia si ripeta. Il viaggio della memoria, organizzato dal Comune di Roma, ha
dato l’opportunità a tredici studenti del Machiavelli, insieme ad altri 300 ragazzi di circa 50
scuole di Roma di avvicinarsi a questa pagina della storia per concretizzare qualcosa che è
necessario non si verifichi mai più.
Non ci sono parole per poter descrivere la crudeltà con cui milioni e milioni di persone sono state
uccise semplicemente per la loro diversità, per la religione, per la loro disabilità. E’ davvero
difficile pensare che in un passato a noi non troppo lontano sia stata organizzata alla perfezione una
vera e propria macchina della morte, in cui le persone perdevano valore e la loro dignità.
La nostra esperienza è stata resa particolare dalla presenza di tre testimoni, sopravvissuti ai campi di
concentramento: Sami Modiano e le sorelle Andra e Tatiana Bucci. Percorrendo al nostro fianco
i luoghi in cui hanno visto morire tutti i loro cari, insieme ai loro sogni e al loro diritto di vivere
serenamente come noi tutti facciamo, ci hanno raccontato avvenimenti della loro permanenza al
campo, con le lacrime agli occhi; hanno rivissuto con noi i momenti peggiori della loro vita. Nei
loro sguardi si leggeva la sofferenza, la difficoltà che provavano nel ripetere ancora una volta ciò
che piuttosto avrebbero potuto cercare di dimenticare per andare avanti; loro invece hanno deciso di
testimoniare per noi, per i giovani, loro continuano ad essere travolti dal dolore, anno dopo anno,
per evitare che tutto ciò si ripeta, per istruire le nuove generazioni e far si che esse crescano
rispettando dei sani valori e combattendo il razzismo.
A questo proposito mi ha colpito particolarmente un’affermazione di Sami; infatti ho avuto la
possibilità di avvicinarmi a lui e cogliendo l’occasione l’ho ringraziato per tutti gli sforzi che
continua a fare per noi, ma lui mi ha subito detto che non sono io a dover ringraziare lui ma invece è
il contrario, perché noi giovani costituiamo la ragione per cui lui è sopravvissuto, la spiegazione alla
sua sofferenza. Questo è uno dei motivi principali per cui porto loro un immenso rispetto.
Alla fine di questo viaggio anch’io mi pongo una domanda: “Perché sono stata scelta proprio io?”.
Le parole di Sami hanno ora un senso. Devo essere testimone di quello che ho visto, raccontare la
sofferenza e il dolore che gridavano i suoi occhi, affinché nelle parole che dirò raccontando quanto
atroce possa essere stato lo sterminio nazista ci sia la speranza che non si dimentichi quello che
purtroppo è stato. Parlerò per non dimenticare.
Giorgia S., IV E 2011-2012
AUSCHWITZ-BIRKENAU UN VIAGGIO NELLA MEMORIA,PER LA MEMORIA...
Il 23 ottobre con il patrocinio di Roma Capitale a me e ad altre ragazze della mia scuola è stata
data la possibilità di partecipare ad un viaggio con destinzione Polonia, o meglio Cracovia,
Auschwitz e Birkenau. Questo viaggio è iniziato con la visita di una delle piazze storiche di
Cracovia, dove oggi per ricordare le migliaia di vittime sono state fissate 68 sedie, 1 sedia per ogni
mille ebrei morti per un totale di 68 mila, ma probabilmente si parla di oltre 70 mila persone.
Dal Presidente della fondazione del museo della Shoa, Marcello Pezzetti, ci è stata spiegata la
singolare scelta delle sedie; infatti vennero scelte come simbolo poichè in alcune immagini riprese
dagli stessi nazisti ai bambini che venivano fatti sgomberare dalle scuole veniva imposto di
prendere la sedia e portarla tenendola al disopra della propria testa.
Abbiamo poi ripercorso la strade che furono obbligati ad attraversare gli ebrei quando nel 1940
vennero fatti sgomberare dal quartiere ebraico per "essere sepolti" nel ghetto ebraico.
Dopo altre visite a siti importanti quali la scuola ebraica nel ghetto, una delle poche sinagoghe
ancora in funzione, il primo giorno è terminato con una conferenza durante la quale i tre
sopravvissuti , Sami Modiano e le sorelle Bucci, che hanno acconsentito ad accompagnarci in
questo nostro viaggio, ci hanno raccontato l’inizio della loro odissea.
Il secondo giorno (a mio avviso il più intenso dal punto di vista emotivo) lo abbiamo passato a
visitare il campo di concentramento, dove Sami Modiano, che all’epoca della deportazione aveva
solo 13 anni, ci ha raccontato come in maniera apparentemente casuale alla discesa dal "Treno della
morte" le persone venissero indirizzate in due direzioni diverse. Ha raccontato che lui e suo padre
vennero spediti nella tzauna, luogo dove i "fortunati", che non venivano mandati nellle camere a gas
(per il momento), venivano fatti spogliare e venivano disinfettati con un polvere che penetrava
perfino negli occhi. Dopo di che veniva loro dato un pigiama a righe, degli zoccoli di legno. In
seguito i prigionieri venivano tatuati con un numero (il suo era il 7455).
Ci ha anche spiegato il motivo di questo tatuaggio, non era per de-umanizzarli, visto che i nazisti
già li consideravano meno di niente, era per semplificare la conta quando venivano uccisi.
Le sorelle Bucci, con maggiore fatica nel ricordare poichè troppo piccole all’epoca (la più piccola
aveva 3 anni), ci hanno raccontato la loro esperienza. Loro dicono di essere state fortunate, perchè
all’epoca erano talmente simili che vennero scambiate per gemelle. Questo probabilmente è il
motivo per il quale si salvarono.
Arrivati al "Kinder Blok", tutti i e tre i sopravvissuti hanno voluto raccontarci un particolare della
loro orribile esperienza. Io scelgo di riportare quello di Sami Modiano, per una forma di rispetto nei
confronti delle sorelle che sono state quasi costrette a raccontarci il loro ricordo, allo stesso tempo
più vivo e più orribile.
IL RACCONTO DI SAMI MODIANO
Come dicevo prima, Sami ci ha voluto rendere partecipi di un evento particolarmente toccante
accadutogli durante il periodo di prigionia. Lui venne deportato quando aveva tredici anni insieme a
sua sorella e suo padre. Ovviamente all’arrivo furono divisi: Sami, andò con il padre, mentre la
sorella venne spedita nel campo di lavoro femminile.
Per un periodo Sami non vide la sorella, ma un giorno mentre scrutava oltre il filo spinato intravide
la figura di una ragazza esile, senza capelli e con un enorme pigiama a righe, la riconobbe: era sua
sorella. Cominciarono a darsi appuntamento e per alcuni mesi continuarono a vedersi segretamente,
divisi dal filo spinato, ma uniti dall’amore che provavano l’uno per l’altra. Un giorno Sami, stanco
di vedere la sorella cosi deperita, prese la sua razione di pane, la avvolse in un fazzoletto e la mise
in tasca. La sera all’appuntamento con la sorella, tirò fuori dalla tasca la fetta di pane, la appesantì
con un sasso e gliela lanciò oltre il filo spinato. La sorella raccolse l’involto, ignara del contenuto lo
aprì, e la sua reazione - ci racconta Sami - fu immediata. Tirò fuori dalla tasca del suo pigiama la
propria razione di pane, la unì a quella che il fratello le aveva lanciato e gliela ritirò. Il giorno
successivo la ragazza non si presentò all’appuntamento,e non si presentò nemmeno a quello dopo.
Sami continuò ad andare all’appuntamento ma lei continuava a non esserci,dopo 2 settimane Sami
capì che la sorella era stata uccisa. Informò suo padre della propabile morte della ragazza, ma questi
non ce la fece a sopportare quell’ulteriore dolore. Tre mesi dopo morì. La frase con cui Sami ha
terminato il suo racconto l’ho ancora nella mente. Disse con le lacrime agli occhi:"Capìì che in quel
momento ero rimasto solo, solo al mondo". Personalmente questo racconto mi ha suscitato
emozioni contrastanti, infatti ho provato tenerezza per il gesto di Sami, rabbia nel pensare a ciò che
ha potuto patire dopo la morte ingiusta dei suoi cari, tistezza...
TORNANDO AL VIAGGIO...
Il secondo giorno è terminato con la visita di Birkenau. In questa parte di campo non c’erano delle
baracche come ad Auschwitz ma c’erano dei veri e propri edifici che in precedenza erano state
caserme militari e stalle.
Qui è stato allestito un museo dove sono racchiusi tutti gli oggetti appartenenti ai deportati.
Abbiamo visto una stanza in cui erano raccolti i capelli delle donne, abbiamo viisto le valigie con
nomi cognomi e date di nascita, le scarpe, il pentolame. Ci è stato mostrato anche un tappeto fatto di
capelli, e l’urna dove vennero messe le ceneri dei primi deportati cremati.
Questo secondo lungo giorno è terminato con la visita di una camera a gas e dei forni crematori,
visita molto rapida, perchè la maggior parte di noi non ce l’ha fatta a restare dentro quelle camere
della morte, che, benché poco più grandi di una nostra aula, conteneva 1500, 1600 a volte perfino
1700 persone, che non ne sarebbero mai più uscite se non come cenere.
L’ultimo giorno è stato il giorno dei saluti dei ringraziamenti e della riflessione. Quell’ultimo
giorno c’è stato anche il sole (che ci aveva abbandonato durante le visite ai campi di lavoro,
rendendo l’atmosfera ancora più drammatica e carica di tristezza) che ha voluto ricordarci che
bisogna vivere cercando di costruire un futuro diverso, migliore, senza violenze, né discriminazioni,
ma che non bisogna scordarsi il passato. CHI DIMENTICA IL PASSATO è CONDANNATO A
RIVIVERLO (.Primo Levi).
Fatima B., IV H 2011-2012
Perché milioni di persone sono state cancellate dalla faccia della Terra per la loro religione? Come
può tanta malvagità essere scaturita dalla mente umana? Come fa la gente a negare l’esistenza della
deportazione e dello sterminio di 6 milioni di ebrei?
Sono queste le domande che ci siamo posti per l’intero viaggio. Il 24 ottobre scorso, infatti, in
tredici fortunati studenti del Machiavelli, insieme ad altri 300 ragazzi di circa 50 scuole di Roma,
ci siamo recati ad Auschwitz – Birkenau con lo scopo di assistere alle testimonianze di quei pochi
che ce l’hanno fatta. I loro racconti hanno suscitato in ognuno di noi molte emozioni che spesso
sono sfociate in lacrime di dolore e di compassione nel rivivere, attraverso le loro parole, con quale
crudeltà i nazisti potessero uccidere bambini, uomini, donne, anziani e segnando così, con
inchiostro indelebile, una delle pagine più nere e infamanti della storia dell’umanità.
“L’uomo che non ricorda la storia è condannato a riviverla nuovamente”: queste le parole scritte
all’ingresso di un block di Auschwitz 2. Abbiamo appreso qui perché è così importante che l’uomo
tramandi di generazione in generazione la storia, la vera storia, quella che non si impara sui libri di
testo, ma dalle vive parole di quei pochi che 70 anni fa hanno sofferto la fame e il freddo
ingiustamente, solo a causa del colore della loro pelle, della loro religione, della loro omosessualità,
della loro disabilità, del loro differente pensiero politico. E grazie all’incontro con Samy Modiano e
con le due sorelline Andra e Tatiana Bucci, abbiamo capito quali sono i veri eroi.
Questo viaggio è stata una grande occasione per condividere pensieri ed emozioni con altri ragazzi,
vedere da vicino i luoghi simbolo della Shoah in Polonia ed imparare una volta per tutte cosa vuol
dire uguaglianza fra individui: perché non dovrà mai più ripetersi una catastrofe come quella della
Shoah e affinché nel nostro mondo, nella nostra storia, l’antisemitismo e il razzismo possano essere
solo un lontano ricordo.
Sara C. IV E 2011-2012
Il viaggio della memoria ad Auschwitz è stata un’esperienza che mi ha fatto vedere una realtà che
prima osservavo solo attraverso le immagini dei libri, senza capire questa pagina importante di
storia. Abbiamo visitato i campi di concentramento Auschwitz-Birkenau I e Auschwitz II, dove
sono esposti montagne di capelli, valigie e altri effetti personali di gente costretta a scappare perché
nata ebrea. Una realtà che al giorno d’oggi non riusciamo a capire del tutto, ma grazie alle
testimonianze e ai reperti possiamo renderci conto di quella crudeltà che contrassegnava il rapporto
tra i soldati nazisti e gli ebrei in continua fuga per non essere uccisi nelle camere a gas, nei campi di
lavoro o nel corso di esperimenti. Sarebbe opportuno e importante che ogni scuola portasse i ragazzi
a vedere di persona questi luoghi. Sono sicura che potrebbe essere un’esperienza indimenticabile
che li aiuterà a non essere superficiali e a prendere con più serietà questo argomento storico di
rilevante importanza. Ogni uno di noi dovrebbe essere consapevole di ciò che è successo più di
mezzo secolo fa. Vederlo di persona, con i miei occhi, è stato ancora più toccante perché è stato
come rivivere quei momenti crudeli e atroci, dove milioni di persone sono morte. Vederlo e
leggerlo sui libri non è la stessa cosa, quindi vale davvero la pena prendere un aereo e recarsi ad
Auschwitz-Birkenau almeno una volta nella vita.
Giselle P. IV H 2011-2012
Per iniziare mi sento di dire che non esiste libro o film che possa farci immaginare ,anche solo
lontanamente, quello che è accaduto tra il 1938 e il 1945 in Europa in quei “luoghi”, se così si
possono definire. Questi vennero creati come campi di sterminio, ove non esiste religione, rispetto.
Non esiste l’essere umano. Solo l’essere animale. Entrando ad Auschwitz si nota immediatamente il
bianco del cielo contrapposto al nero del cancello (unica via di entrata e di uscita di quell’Inferno),
delle rotaie e del filo spinato. Oltre alla sensazione di gelo interiore si prova il freddo, per la
temperatura più bassa rispetto alla nostra. Qui nasce subito un pensiero: quale essere umano, anche
il più robusto,è in grado di sopportare questo con un semplice completo a righe già usato e senza
scarpe? Una semplice domanda mi perseguita dalla fine di questa esperienza… Come fa un essere
umano solamente ad immaginare una cosa del genere? Poi quale “persona”è in grado di attuarla? E’
difficile descrivere cosa si prova trovandosi di fronte quella realtà, potendola toccare con mano,
dato che è un insieme d’emozioni come RABBIA, TRISTEZZA,PAURA,VERGOGNA e
INQUIETUDINE. Questo viaggio mi ha lasciato 6 milioni (come il numero ufficiale degli ebrei
vittime dell’Olocausto) di minuti di silenzio. Per quella ferita umana impossibile da rimarginare.
Marianna P. IV H 2011-2012
Il viaggio ad Auschwitz è un’esperienza irripetibile e insostituibile: ne ero convinta prima di partire e ora lo
sono ancora di più. Vedere quei luoghi, ripercorrere i viali che attraversano gli ex campi costeggiando i
binari del treno, visitare le baracche e vedere come tutto ciò che avevo sempre visto nei film e letto nei libri
diveniva concreto, attraverso i racconti dei sopravvissuti che ci hanno accompagnati, ha suscitato in me
emozioni a cui tuttora non so dare un nome; un misto di tristezza, angoscia e paura, perché ricostruire
passo passo ogni momento di quegli anni terribili potendo letteralmente toccare con mano ciò che li ha
caratterizzati è un’esperienza che ti colpisce nel profondo. In quei luoghi è stata annientata prima di tutto la
dignità dell’essere umano, anzi proprio la dignità dell’essere perché quelle persone non venivano
considerate tali, bensì erano come oggetti. E il freddo fisico che si prova è solo una minima parte del freddo
che si prova dentro al ricordo di tali avvenimenti che non sono poi così lontani da noi come si crede.
E’ importante non dimenticare ma ricordare, per quanto possa essere triste, tutto ciò che è accaduto e
diffondere la propria testimonianza affinché tutti siano partecipi di questa enorme tragedia che ha
coinvolto innumerevoli persone, direttamente e indirettamente, e che deve risvegliare le coscienze in
modo che non succeda mai più nulla di simile.
Giulia Bocchetti, 4°E.