Ero una ragazzetta…

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Ero una ragazzetta…
Ero una ragazzetta…
Ero una ragazzetta senza genitori. L’unica mia utilità, così mi dispiace
pensare, era quella di soddisfare le pretese di coppie insoddisfatte
all’interno delle quali non c’era posto se non per la frustrazione. Il mio
affidamento è stato più che altro un atto di compravendita da cui io
avrei dovuto ottenere in qualche modo una strana forma di attenzione
e amore e loro avrebbero potuto abbellire la copertina della loro vita
con un nuovo giocattolo senza il quale, al giorno d’oggi, una coppia
non è una vera e propria coppia. Tutto ha inizio nel luglio 2009 quando, dopo aver vissuto una vita senza un padre troppo impegnato nel
tenermi nascosta al mondo, mia madre è morta in un “tragico incidente”. La verità è, però, che mio padre aveva un’altra famiglia e mia madre non si era mai ripresa, lasciandosi andare tra antidepressivi e alcool. Se dovessero chiedermi quanto è stata dura per me perdere i miei
genitori sarei indecisa sulla risposta: mio padre è come se non l’avessi
mai conosciuto e mia madre... Mia madre era quel tipo di donna che
sembrava poter distruggere ogni barriera. Ma la reale barriera era
quella cresciuta nel suo cuore, incapace di amarmi come figlia di un
uomo che non l’ha sostenuta e l’ha abbandonata, proprio come ha fatto con me. La mia vita è iniziata così, in una notte in cui due persone
troppo estranee per amarsi, hanno deciso di unirsi. E non hanno voluto prendersi la responsabilità delle conseguenze. Ed è proprio così che
la mia vita è continuata fino ad oggi... Un andirivieni continuo tra case
-famiglia seguite da fughe disperate. Vorrei scappare come ha fatto
mia madre, da una vita che non mi ha dato nulla, ma mi ha tolto tutto.
Poi mi decido di provare la sensazione di avere una vera famiglia. Passano giorni, settimane, mesi... E la famiglia arriva. Lei si chiama Margaret e lui Steve. Hanno l’aria di quelli che con i ragazzi ci sanno fare e
decido di fidarmi di loro. Mi trasferisco all’altro capo della città e sono
pronta per iniziare una nuova vita, a dimenticare tutto ciò che ha fatto
sgorgare rabbia dal mio stomaco e mi ha oscurato la vista fino ad oggi.
Ed è qui e con loro che provo a rinascere.
La convivenza è facile, ho una camera tutta mia, loro sono accondiscendenti e tutto quanto. Ma niente calore.
Ci sono attenzioni, regali. Ma niente amore. Neanche una parvenza di
ciò che si può definire famiglia, per ora. Sono delusa ma questo non mi
tocca più. Non mi tocca perché sono abituata ad esistere come sola, a
tirarmi avanti. Anche se vorrei vivere certo, vivere davvero come una
qualsiasi ragazza.
Tornare dopo la scuola e sentire il profumo del pranzo, papà che si
lamenta per il crollo della borsa, e magari un cane... si, un cane che scodinzola e mi corre incontro come se fossi la sua migliore amica. Ma so
che per me questo mondo non ha nulla di tutto ciò. Nonostante tutto
mi costringo a darmi un’altra possibilità e, come a me, darla anche alla
mia nuova famiglia. Se mi hanno voluta, in fondo, un giorno saranno
anche capaci di amarmi. Ed è con questi nuovi buoni propositi che cerco di instaurare un rapporto con loro. Inizio ad uscire un po’ di casa
con Margaret, che è una donna deliziosa sotto sotto. Usciamo principalmente per fare spese, ma è solo una scusa per lei per poter scavare
dentro di me, per scoprirmi... così iniziamo a parlare della mia vita e
delle difficoltà che ho passato con la perdita di mia madre, la sofferenza che ho provato a causa dell’indifferenza di mio padre che non mi ha
voluta e qualcosa mi dice che per lei conto qualcosa, ed è un’emozione
quasi travolgente. Così mi lascio andare e racconto tutto, senza curarmi dell’idea che potrebbe farsi di me o del mio vissuto. Mi fido di lei,
come se fosse la mia vera madre. Non voglio tralasciare l’esperienza
che ho avuto a 16 anni con le droghe, non voglio omettere di aver vissuto per strada per un breve periodo, voglio essere trasparente con lei,
perché sento che può funzionare. Torniamo a casa nel tardo pomeriggio, quando fuori ha iniziato a piovere e ci accomodiamo sedute al tavolo della cucina. Prepara un tè caldo e i ruoli si scambiano. Ora è lei
che racconta a me tutta la sua vita. E’ nata in agosto, nella periferia di
Londra. Ha trascorso una vita tranquilla con la madre e la nonna perché suo padre si era spostato in Germania per lavoro, cinque anni dopo la sua nascita. Ha inseguito il suo sogno di diventare avvocato e ha
proseguito i suoi studi fino all’età di 27 anni, quando ha conosciuto
Steve. Si sono frequentati per un paio d’anni e si sono sposati.
Mi ha raccontato anche della terribile notizia di non poter avere figli,
che l’ha lasciata in crisi per diverso tempo.
Quel discorso poi, non è stato toccato più da nessuna delle due. Perché
ci bastavamo così dal quel giorno, libere dal nostro passato. Spero che
possa veramente diventare la mia famiglia, ma non posso cancellare la
sofferenza che porto nel cuore perché è troppo grande. E in questo
momento vorrei parlare con mia madre. So che queste parole non le
arriveranno o non le vorrà sentire. Ho provato a dimenticarla, a ignorare la sua esistenza convincendomi che non mi ha amata, ma è inutile.
Ora ho di nuovo paura, paura della perdita e paura di soffrire. Non
sono disposta a perdere un’altra famiglia, com’è successo con lei.
So che sarei potuta essere una figlia migliore e avrei dovuto avvertirla
di non prendere quei farmaci, ma stavo soffrendo come lei, stavo soffrendo con lei. E l’ ho persa di vista da un giorno all’altro. Vorrei tornare a quel giorno, quando avevo sette anni, che mi ha portata a prendere
il gelato e volevo un nuovo gioco, ma non me lo voleva comperare per
via della nostra situazione economica. Quel giorno in cui mi sono arrabbiata con lei perché non mi ha voluta accontentare. Quel giorno,
avrei potuto dirle che non m’importava di ciò che mi avrebbe potuto
comprare, che non avrei voluto nemmeno il gelato, e che avremmo superato quel brutto momento insieme. Ma ero troppo piccola per capire
il valore dell’amore, della comprensione e della forza d’animo. Ero
troppo piccola e non mi ha lasciato il tempo di crescere per poterla salvare. Perché avrei potuto provarci. Ora però nonostante tutto è il momento di salvare me stessa, di liberarmi dalle brutte abitudini e di vederla come un lato della mia vita passata, ma sempre presente dentro
di me. Voglio vedere la mia vita continuare, dare delle soddisfazioni ai
miei nuovi genitori, arrivare da qualche parte. Perché in fondo è sbagliato negarsi un po’ di felicità. Inizierò con un nuovo taglio di capelli,
comprerò un libro a Margaret, e augurerò il buongiorno a Steve prima
di uscire di casa. Per non perdere i momenti più importanti di una famiglia. Della mia nuova famiglia.
Valentina Coppola