Luigi Levrini Corpo e sentimento, costanti del tramando emiliano

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Luigi Levrini Corpo e sentimento, costanti del tramando emiliano
Luigi Levrini
Corpo e sentimento, costanti del tramando emiliano-romagnolo
nell’opera di Pier Vittorio Tondelli
L’idea per questo studio è iniziata a maturare in me già da alcuni anni. Più precisamente
da quando, leggendo Natura ed espressione nell’arte bolognese-emiliana1 di Francesco
Arcangeli, si sono chiariti dentro di me certi impulsi, quell’“oscuro richiamo” del quale scrive
il critico bolognese, che mi portavano ad amare e successivamente desiderare di comprendere
e approfondire certe opere, certi dipinti, certe sculture o anche certi libri anziché altri.
Comprendevo perfettamente le parole del grande critico che si diceva entusiasmato e
fortemente attratto da quadri di pittori contemporanei – lui che fino a quel momento s’era
occupato prevalentemente di arte medievale – specialmente dopo che il suo maestro Roberto
Longhi ne aveva sottolineato i toni di bruno, perché dietro quell’aggettivo Arcangeli sapeva
benissimo che si nascondeva non solo una superficiale caratteristica cromatica, ma il senso
più profondo, antico di un’intera civiltà. Dopo aver letto Arcangeli – o forse prima, non
ricordo – anch’io cercavo il bruno nelle opere nelle quali avevo la ventura d’imbattermi. Ero
arrivato a sottolinearne la presenza perfino in Hemingway – nelle traduzioni, non so quale ne
fosse il corrispondente inglese – uno scrittore che alla civiltà emiliana o padana non è di
sicuro facilmente assimilabile, a meno che non si pensi al famoso quarantacinquesimo
parallelo...o all’“arte delle pianure” o a quei tratti di verità, vita, Epica del quotidiano che
piacciono tanto agli autori emiliani. Tondelli è venuto dopo. O forse mi ha sempre
accompagnato, in segreto. Dentro i suoi libri trovavo molto di quanto aveva scritto Arcangeli
circa la civiltà emiliana. Facendo un breve passo indietro, ricordo che mi aveva colpito un
altro corso, di filmologia in questo caso, su Bergman, all’interno del quale i docenti s’erano
soffermati in particolar modo su un’interpretazione esistenzialista dell’opera del regista
svedese. Anche qui si svelarono molte chiavi, che in seguito si sarebbero rivelate utili anche
per capire l’opera di Tondelli, specialmente durante la lettura di Camere separate, e per
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
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affondare nuovamente quest’opera in un tramando2 del quale una delle caratteristiche era di
aver dato vita ad un’arte, appunto, “esistenziale”. I termini silenzio, Dio, umanismo, impegno
assumevano nuovi e stimolanti significati se inseriti all’interno di questa prospettiva.
Leggendo Arcangeli, e Tondelli, si sono meglio chiarite dentro di me anche le ragioni del fare
letteratura. Erano problemi che allora non mi ponevo e sono emersi in seguito. Perché si
scrive? Perché si legge? Perché si studiano le opere letterarie? A che cosa serve? Non si
pretende ovviamente di fornire una risposta a tali quesiti. Si ritiene, tuttavia, che una
possibilità di senso possa venire alla letteratura, oggi, dal merito che le si può attribuire di
attuare un estremo tentativo di radicamento in un’eredità di civiltà per la quale il termine
arcangeliano di tramando sembra essere tra i più indicati a svelarne gli attributi. Tramando –
scrive Arcangeli – “è una tradizione non costituita”, un’eredità di costume e di civiltà, prima
ancora che di arte. Il tramando non è sempre consapevole: due artisti nati a distanza di secoli
possono presentare caratteristiche comuni senza che uno abbia conosciuto l’opera dell’altro.
Gli elementi costitutivi del tramando sono di contenuto e di stile e si ripresentano invariati,
oppure sottoposti al vaglio di una nuova era o di una nuova personalità, ma sono sempre
riconoscibili nel corso della storia. Per questo s’è cercato di mettere in luce, nell’opera di
Tondelli, gli elementi che danno vita al tramando emiliano-romagnolo: per radicare la sua
opera in una storia millenaria, farne risaltare certe caratteristiche, dare giustificazione e
supporto che si pretende scientifico alle ragioni che ci spingono verso di lui, ad amarne i suoi
scritti, a sentirli spesso come parte integrante di noi, e per capire, forse, per ultimo ma non
certamente meno importante, anche una parte della civiltà – di fondo umile, agreste, quindi
calorosa e “cordiale”, in certe manifestazioni “ardente”, “immaginosa”, fatta di intensità
fisiche e sentimentali insieme, “estrosa” e intima, espressiva e malinconica3 – che è la civiltà
emiliano-romagnola, o più estesamente padana, alla quale apparteniamo. Per questo motivi,
dunque, è nato quello studio, e questo intervento, che ne rappresenta la sintesi.
Di due costanti del tramando emiliano, messe in particolare rilievo da Arcangeli, che
sono “corpo” e “sentimento”, s’è deciso di dare maggior risalto al “sentimento”, in quanto
aspetto meno indagato degli artisti emiliani e, nello specifico, dell’opera di Tondelli. Il
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sentimento corrisponde a quei caratteri di evocatività e malinconia che Tondelli ritrovava
nelle pagine degli autori emiliani dedicate al “fuori stagione”4 o alla “lunaticità”, a quella
“bizzarria” e “quella certa impenetrabilità” e “scostanza” del carattere emiliano 5 che
riconosceva in se stesso e riscontrava negli scrittori D’Arzo e Delfini, i quali andrebbero così
a formare insieme a Tondelli, soprattutto al Tondelli di Camere separate, una linea della
letteratura emiliana tenuta insieme, appunto, dal “sentimento”. E’ da notare come lo stesso
Arcangeli individuasse nel “sentimento” l’elemento di maggior interesse della civiltà
emiliana, eleggendo Ludovico Carracci – massimo esempio, per lui, del “sentimento” in arte –
campione della tradizione emiliana.6 Mediante il concetto di “tramando” è inoltre stato
possibile individuare i vincoli fra Tondelli e la tradizione emiliana senza ridurre la sua opera a
una dimensione esclusivamente “provinciale”, senza trascurare cioè i legami, forti, che questa
intrattiene con la cultura e la letteratura europee ed extra-europee, soprattutto americane.
Questo intervento è stato costruito con una serie di premesse metodologiche, che
derivano da riflessioni svolte a posteriori rispetto al lavoro di tesi dal quale si è partiti. Nello
svolgimento di tali premesse, tuttavia, si solleveranno anche questioni che riguardano il cuore
del discorso sul carattere emiliano dell’opera di Tondelli, problema che sarà affrontato
direttamente nella seconda parte dell’intervento.
Premesse d’ordine metodologico
Perché Arcangeli?
Da parte di Longhi prima e successivamente di Arcangeli è stato svolto un lavoro di
scavo sulla tradizione emiliana che ha portato a esiti del tutto nuovi e illuminanti. Loro
principale merito è stato quello di aver portato alla luce una tradizione artistica che fino a quel
momento era rimasta in parte sommersa. L’arte italiana coincideva, a livello di critica e di
vulgata, con l’arte toscana, la sua diramazione romana e in parte veneta. Tutto il resto era
visto o come una variante “minore” o come espressione di un’arte spontanea e “popolare” da
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considerarsi, secondo gli schemi gerarchici imposti dalle Accademie di tutti i tempi,
“inferiore”.7 In seguito all’intervento dei due critici – il cui lavoro sarebbe degno di una
trattazione e un approfondimento ben più estesi di quelli che si possono effettuare in queste
poche righe – sono stati riconosciuti valore e dignità artistica alle manifestazioni del genio
locale e s’è visto come queste venissero formando, nel corso dei secoli, una vera e propria
tradizione, o tramando, che non era inferiore rispetto alla tradizione “toscana”, ma
semplicemente “diverso”.
L’arte, la letteratura, la cultura in Emilia-Romagna, nella visione arcangeliana, si sono
sviluppate secondo due direttrici principali, che sono in parte contrapposte.8 Da una parte ha
sempre agito la forza centripeta dell’ateneo bolognese, capace di coagulare attorno a sé
energie e stimoli provenienti dalle altre province. Dall’altra la forza centrifuga della
provincia, fatta soprattutto di artisti “isolati”, che si tenevano sempre – per necessità,
formazione, indole - fuori dalle mode e dalle influenze provenienti dall’Accademia. Una
Bologna in contatto ravvicinato con Firenze – quindi con la Tradizione italiana – e una
provincia più anarchica, dissacrante, d’indole schiva, mal disposta a farsi imbrigliare da
qualsivoglia regola e dettame di stile o decenza. Su Tondelli hanno agito entrambe queste
spinte, ma si ritiene che quella prevalente sia stata la seconda. Non bisogna, inoltre,
dimenticare che l’Ateneo bolognese negli anni settanta - gli anni della formazione
universitaria di Tondelli - significava anche e soprattutto DAMS e che anche le spinte così
dette centripete portavano nella direzione dell’anarchia, della rivolta.
Leggendo Arcangeli – l’Arcangeli di Natura ed espressione, ma anche quello di Dal
Romanticismo all’informale – ci si trova molto spesso a stabilire dei parallelismi con
Tondelli, i quali non dovrebbero comunque stupire più di tanto dal momento che lo studio
della tradizione emiliana effettuato da Arcangeli, pur riguardando prevalentemente le arti
figurative, contiene anche numerosi riferimenti ad altri ambiti estetici, in primo luogo la
letteratura, a dimostrare che le sue considerazioni e conclusioni sono estendibili ad una
tradizione che non è solo artistica, ma riguarda un’intera civiltà. Ed è uno degli aspetti più
noti di Tondelli il carattere multiforme della sua prosa e l’ampio raggio dei suoi interessi. Lo
stesso scrittore, nei suoi interventi di critica, fa spesso riferimento a quel sogno delle
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Avanguardie Storiche che era la creazione dell’opera d’arte “totale”.9 Nell’opera di Tondelli,
dunque, è possibile riscontrare dei tratti, indicati da Arcangeli come tipici della tradizione
emiliana e padana, che forse, prima di lui, non erano ancora emersi con tanta nettezza e
consapevolezza a livello letterario.
Con quale accezione è stata usata la parola “emiliana”
Il termine “emiliano” è stato usato in un’accezione più vasta rispetto ai limiti geografici e
amministrativi di quella che è l’attuale regione Emilia-Romagna. L’Emilia costituisce una
realtà troppo ristretta perché presenti dei caratteri che la identifichino e la differenzino rispetto
ad altre civiltà. L’Emilia – sulla scorta di Arcangeli10 – è stata considerata come una variante,
con propri tratti distintivi, all’interno di quella più vasta regione – geografica e culturale - che
è il Nord Italia, quella che Arcangeli e Longhi definivano Padanìa o lombardia. E’ stata scelta
quest’ottica anche per evitare i rischi del particolarismo: una sola città, una provincia o una
regione, per quanto grandi, difficilmente potranno costituire un’entità culturale a sé stante;
esse potranno presentare peculiarità, le quali dovranno, tuttavia, essere collocate e considerate
all’interno di una realtà etnica e culturale più ampia.
S’è cercato, inoltre, di evitare il rischio del provincialismo, di legare troppo Tondelli alla
cultura dell’Emilia - cultura che costituisce un aspetto fondamentale della sua opera, ma
certamente non l’unico. Va considerato, inoltre, che i libri di Tondelli godono di una fruizione
che prescinde dall’ambito regionalistico e sono stati oggetto di traduzione in diversi paesi.11
Il tramando emiliano - si diceva – è stato considerato come una variante di quello
padano. Il fatto che Tondelli indichi tra i suoi modelli Gadda, Testori e Arbasino - scrittori
della “linea lombarda” nel senso ristretto del termine - costituisce un’ulteriore conferma delle
tesi di Arcangeli riguardo a una matrice comune a tutta l’arte del Nord. Su queste basi, infatti,
il critico metteva per esempio in relazione Caravaggio e Ludovico Carracci, “il caravaggino e
il bolognese”, i due grandi innovatori dell’arte tra cinque e seicento.
E’ opportuno anche precisare che in questo lavoro non s’è mirato a indagare direttamente
il legame tra Tondelli e i singoli autori della tradizione emiliana o “lombarda”, ma ci si è
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indirizzati verso la ricerca, all’interno dell’opera di Tondelli, delle costanti delle quali scrive
Arcangeli sulla tradizione padana. S’è cercato, in breve, di leggere Tondelli attraverso
Arcangeli e di mettere in luce, in questo modo, un aspetto dell’opera di Tondelli.
Come interpretare il noto legame di Tondelli con la letteratura americana?
Nel lavoro dal quale scaturiscono queste brevi considerazioni è stato dato grande rilievo
alla letteratura americana, in particolare a Kerouac. Sono stati effettuati dei paralleli tra la
prosa di Tondelli e quella dello scrittore franco-canadese, soprattutto per quanto riguarda il
metodo di scrittura e il sentimento, di tipo “Romantico”, che accomuna i due autori. Se può
apparire, a prima vista, azzardato affrontare il nesso tra la letteratura angloamericana e
Tondelli in uno studio sulla tradizione emiliana, da un’analisi più ravvicinata emergerà come i
legami tra l’Emilia e gli Stati Uniti non siano completamente fuorvianti e anche in questo caso
verrà in soccorso Arcangeli il quale, soprattutto in riferimento agli artisti del ‘900 – ma con
riguardo anche ad alcuni esponenti del secolo precedente – stabilisce dei nessi molto precisi
tra la cultura emiliana e quella d’oltreoceano, sulla base soprattutto di poetiche di “verità”,
“vita”, sentimento.12 L’affinità fra Emilia e Stati Uniti è emersa in maniera evidente
soprattutto nella seconda metà del ‘900: i versi di Guccini, “Correva la fantasia, dentro la
prateria, fra la Via Emilia e il West”, sono ormai entrati nella conoscenza diffusa, a sancire un
dato di fatto. Il filo che lega Tondelli alla letteratura americana – da intendersi come variante
di quella anglosassone - può essere visto come un’ulteriore espressione di quella tendenza del
tramando emiliano ad essere in rapporto privilegiato con il Nord Europa, anziché con la
tradizione “italica” - toscana e accademica. Arcangeli di tutti gli artisti presi in esame mette in
luce i rapporti con la cultura d’oltralpe: si comincia con Wiligelmo, che s’era formato sul
“sottosuolo romanico della valle padana”;13 per passare a Vitale da Bologna, nel ‘300, in
stretto legame con il tardo gotico, autore di un’arte “più oltremontana che italica, più europea
che mediterranea”;14 ad Aspertini, nel ‘500, “in pieno parallelo agli spiriti del Nord”, quali
Grünewald, Cranach, 15 o a G.M. Crespi, nel ‘700, definito “protoromantico” e rapportato da
Arcangeli a Rembrandt. 16
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Su questa scia s’inserisce anche Tondelli: la Bachmann, Isherwood, Handke - per fare
solo alcuni esempi – sono tra le letture principali dell’autore emiliano nel periodo che lo vede
impegnato nella stesura di Camere separate.
E’ significativo, inoltre, il fatto che Kerouac in Satori a Parigi,17 uno dei suoi romanzi
più ricordati e amati da Tondelli, venga a ricercare le proprie radici – che per uno scrittore
sono sempre letterarie, oltre che umane – proprio in Bretagna, nel cuore dell’Europa, e indichi
Proust come suo modello principale.
Kerouac era per di più molto vicino all’action painting, sia a livello autobiografico - per
la sua amicizia con Pollock - sia per quanto riguarda la sperimentazione linguistica e di stile,
che
lo
aveva
portato
all’elaborazione
della
“prosa
spontanea”,
basata
su
di
un’improvvisazione di tipo jazzistico (“scrivere bop”, che nel nostro caso richiama molto da
vicino quello che potremmo definire lo “scrivere rock” di Tondelli) molto simile al dripping
studiato e messo in atto da Pollock. L’action painting apparteneva al movimento
internazionale dell’‘informale’, che si era sviluppato in omologia mondiale in America,
Francia e Italia.18 All’informale italiano appartenevano gli “ultimi naturalisti” di Arcangeli,
“le tre M” – secondo un’abituale definizione – dell’informale storico: Morlotti, Moreni,
Mandelli, prìncipi dello sbocco novecentesco del tramando padano. Lo stesso Tondelli in una
dichiarazione di poetica afferma di amare nei suoi libri certe pagine “materiche”, un po’
sporche, dove si può ancora avvertire il “gesto dell’artista”,19 ricollegandosi, in questo caso
esplicitamente, all’estetica dell’informale. La così detta “linea lombarda”, formata in primo
luogo da Gadda, Testori e Arbasino, nasceva quasi contemporaneamente alle poetiche
dell’informale, alle quali è accomunata dalla pratica di un’arte “materica”, dall’espressione,
dalla sperimentazione stilistica, dall’esposizione nell’opera compiuta del gesto creatore.
Anche a questi scrittori Tondelli fa speso riferimento. Il legame è palese specialmente nelle
sue prime opere: Altri libertini, Pao Pao, Rimini. Sulla base dell’informale, quindi, è possibile
stabilire un nuovo nesso - all’apparenza astruso - tra Kerouac e Tondelli. La padanìa in questo
caso c’entra solo marginalmente, se non si vuole tenere conto delle rivendicate origini bretoni
di Kerouac – sempre nel sopra citato Satori a Parigi – e del fatto che marca comune
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dell’Europa – del “continente”, nel quale Arcangeli collocava anche il Settentrione d’Italia –
era romanica e longobarda, piuttosto che italica, gallica e celtica prima che latina.
Corpo e sentimento
Il corpo è senz’altro uno degli aspetti principali messi in rilievo da Arcangeli nella
tradizione emiliana. Il corpo costituisce una marca che contraddistingue anche l’opera di
Tondelli, soprattutto del primo Tondelli, quello che va da Altri libertini a Rimini. Il parallelo
tra l’analisi di Arcangeli e l’opera letteraria di Tondelli diventa particolarmente interessante
da sviluppare laddove il critico osserva che nella civiltà emiliana – così come nella universale
società umana – si è passati da un’esaltazione delle ragioni del corpo, propria dell’età
primitiva, a un contenimento delle stesse in favore di un’accentuazione di ciò che può essere
definito, con tutte le sfumature semantiche del caso, “sentimento”.20 Allo stesso modo, infatti,
nell’opera di Tondelli si può individuare un movimento che va da Altri libertini e Pao Pao –
romanzi del corpo – a Camere separate, che potremmo definire romanzo dei sentimenti, con
la cesura – o trait d’union – rappresentata dal “romanzo di mezzo” Rimini.
Il corpo negli scritti tondelliani è stato messo in luce da diversi critici. Per fare alcuni
esempi, Bonura in un intervento pubblicato su “Panta” n.9 definisce Altri libertini
“totalizzante scrittura del corpo, tutto un cerimoniale della fisicità a scapito della psicologia e
delle introspezioni”.21 Il corpo è anche uno dei nuclei tematici sui quali si sofferma la Buia
nella sua monografia Verso casa.22
Il corpo rientra nella religiosità di Tondelli,23 riguarda la sua stessa concezione della
letteratura. Tondelli afferma di sentire i propri libri come estrinsecazioni del proprio corpo,
vive in modo viscerale il rapporto con il testo prodotto.24 Altri elementi, tematici in questo
caso, che legano Tondelli alla tradizione emiliana e padana sotto il segno del “corpo” sono i
numerosi riferimenti al cibo o al vino per i quali, in questa sede, dovrà bastare un accenno, ma
che potrebbero dare vita ad analisi ben più approfondite, soprattutto se si considera il peso del
cibo e del vino in tutta la tradizione emiliana: tradizione letteraria, artistica (basti pensare al
Carracci – Annibale – dell’arcinoto Mangiatore di fagioli della Galleria Colonna) e
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cinematografica (per esempio le innumerevoli, paradigmatiche macellazioni di maiali che si
susseguono nella storia del cinema di autori padani).
Da un punto di vista stilistico, l’emergere del corpo in letteratura si lega all’espressione,
alla concezione di un’arte “materica” – come s’è già ricordato - a proposito delle quali si
riporta qui per esteso la citazione tondelliana: “A me piace avere anche delle pagine un po’
sporche, un po’ materiche, un po’ grumose, come quando in un quadro si vede la materia, la
pennellata, il gesto dell’artista. Allora mi interessano anche quelle pagine non proprio
nitidissime o lavoratissime, che abbiano però in sé ancora la traccia del gesto della
scrittura.”25 L’“espressione”, che lega Tondelli soprattutto al romanzo lombardo, è cifra tipica
del “carnevalesco”, studiato in particolar modo da Camporesi, che nei suoi lavori sul
“popolaresco” dell’Emilia e della padania ha messo in luce tutto ciò che era “basso”, terragno,
rabelaisiano, corporeo, erotico: dal cibo al vino al maiale, l’animale “sacro” simbolo del
“carnevale”, sul quale scrisse un trattato il bolognese – della provincia (San Giovanni in
Persiceto) - Giulio Cesare Croce26 e che – come abbiamo visto - nell’iconografia della
macellazione ritorna nell’opera di numerosi padani: Olmi (L’albero degli zoccoli), Bertolucci
(Novecento), nello stesso Tondelli (Un weekend postmoderno), oltre al celebre esempio di
Annibale e della sua Bottega del macellaio. Bisogna anche ricordare che Rabelais – maestro
del carnevalesco, secondo l’accezione di Bachtin – riconosceva come proprio modello il
Croce e il suo Bertoldo. La tradizione del carnevalesco ha poi avuto in Emilia e nel Nord
Italia un’ampia fioritura, con Folengo, Ruzante e, per venire al Novecento, con la sua ripresa
consapevole da parte di Celati e, quindi, dello stesso Tondelli.
L’Emilia – ricorda Arcangeli – costituisce una civiltà “di significato sostanzialmente
empirico”: “il pensiero esiste, produce; ma non ‘prima’, anzi mentre si fa, mentre si prova, si
riprova”:27 una concezione di tipo “pragmatico” dell’arte e della vita che sta alla base anche
l’informale. La dicotomia tra arte “lombarda” e arte “toscana” è anche e soprattutto dicotomia
tra materia, corporeità, “terrestrità” vs. idealismo, sublimazione, astrazione.28 In quest’ottica si
colloca il vorticare delle esistenze dei personaggi di Altri libertini (si pensi soprattutto al
racconto “Postoristoro”) schiacciati dal “fisico gravitare dei loro corpi”29 al livello del terreno
– come non pensare, a questo proposito, agli angeli, o demòni?, degli affreschi di Vitale per la
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chiesa di Mezzaratta, ora staccati e conservati alla Pinacoteca Nazionale di Bologna,
debordanti dalle cornici del dipinto “che par quasi vi tocchino”30 ed escono dai confini fisici
dell’opera per invadere lo spazio delle pareti circostanti e lo spazio – “esistenziale” – dello
spettatore, allegri ragazzi in festa, colti “nell’intensità del vivere; in pànico; in orgasmo”,31
grevi per la pressione delle loro carni, raffigurati in giochi, capriole più verosimilmente che in
voli angelici. Simile a questi angeli caduti ci appare l’umanità tondelliana, costretta ad
alternare il proprio vagare nella chiusa immanenza di una stazione ferroviaria a slanci di tipo
mistico - estatici o estetici – che palesano un bisogno di verticalità destinato a concludersi con
l’inesorabile ritorno alla condizione di partenza.
Sul corpo, aspetto più noto dell’opera di Tondelli, mi sono soffermato meno lungamente,
proprio perché già rilevato e preso in esame da molti critici. La mia attenzione s’è appuntata
maggiormente sul “sentimento”, carattere meno evidente della tradizione emiliana, ma degno
d’interesse, sia per la particolarità di essere stato messo in grande risalto da Arcangeli come
principale motivo di caratterizzazione della cultura emiliana, sia perché costituisce senza
dubbio un elemento rilevante anche dell’opera di Tondelli.
Come si diceva all’inizio, il sentimento rappresenta l’altra faccia della medaglia, nella
civiltà emiliana, rispetto al corpo, al carnevalesco, alla sfrenatezza, all’orgiastico e coincide
con quei caratteri di evocatività che Tondelli riscontrava nel “fuori stagione” e nel
“malinconico”. Scrive Tondelli: “nella storia della vecchia montanara che chiede al prete la
dispensa per potersi suicidare, c’è tutta la solitudine, una certa arguta follia, una malinconia
[...] tipiche del carattere emiliano che sia D’Arzo, sia il modenese Antonio Delfini, hanno
saputo, in modi diversissimi, raccontare”.32 E per Arcangeli “la molla profonda di Ludovico è
il ’sentimento’, una certa inclinazione patetica che ha la sua radice in una schietta religiosità
[...]”.33 Al quale “ribatte” nuovamente Tondelli: “Ma anch’io sto lavorando al sentimento
della frase e della pagina”,34 in riferimento alla fase creativa che lo porterà alla riflessione
sulla poetica dell’abbandono. A questo punto occorrerebbe entrare nei dettagli e vedere come
si articoli il sentimento, quali definizioni assuma nell’opera di Ludovico, di Tondelli e nelle
posizioni critiche di Arcangeli. In questa sede ci si soffermerà solamente su due punti, fra loro
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correlati, che concernono il sentimento e spiegano in parte il radicarsi di Tondelli nel
tramando emiliano: lo “spazio emozionale” e il melodrammatico.
E’ nota la concezione tondelliana di “spazio emozionale”: “L’unico spazio che ha l’opera
per durare è quello emozionale; se dopo due pagine il lettore non avverte il crescendo e si
chiede: “che cazzo sto a leggere?”, quello che capisce niente mica è lui, cari miei, è lo
scrittore”.35 L’opera d’arte deve catturare, incatenare, commuovere profondamente il lettore.
Anche il “melodrammatico”, secondo l’interpretazione di Peter Brooks,36 si basa sull’eccesso,
l’iperbole, lo stupore. Bruno Barilli rileva la capacità del teatro di Verdi d’esercitare una
profonda fascinazione sullo spettatore, di avvincerlo, “domarlo”, esprimendo un concetto
analogo a quello di “spazio emozionale” e fornendoci la chiave per stabilire un nesso tra
questa poetica e il melodrammatico, quando definisce Verdi un “contadino eroe” che “piomba
sul pubblico, lo mette in un sacco, se lo carica sulle spalle e lo porta a gran passi entro i rossi,
vulcanici domini della sua arte”.37
Il sentimento riguarda, dunque, il rapporto fra opera e destinatario, e richiama molto da
vicino il carattere di immediatezza che Arcangeli rileva nelle opere degli artisti emiliani.
L’immediatezza della quale scrive il critico, tuttavia, non va confusa con la propugnazione di
una scrittura automatica o di un’arte ingenua e naï f – componente che, pur essendo presente
nella civiltà emiliana, non si ritiene ne costituisca l’aspetto essenziale - dato che l’operazione
creativa negli emiliani è quasi sempre meditata, talvolta viene esibita nel lavoro compiuto e
nasce spesso da una profonda cultura – come era nel caso dei Carracci, o in quello di Tondelli
– e da una radicata consapevolezza del mezzo usato (“il mestiere di scrittore”). Scrive
Arcangeli sugli artisti emiliani: “Il loro quadro si sente prima di capirlo, vi macchia l’occhio,
tocca le ragioni del vostro cuore, prima di aver raggiunto il cervello che medita e seleziona”;38
“è prima l’emozione che conta, ora”.39 E al critico fa eco Tondelli, in un passo riguardante la
pinacoteca di Dresda, passo particolarmente emblematico ai fini del discorso che qui si sta
portando avanti, perché riguarda una collezione di dipinti di autori emiliani, in parte gli stessi
citati da Arcangeli,40 e perché la medesima collezione si trova anche in un brano di Camere
separate nel quale è descritto lo smarrimento del protagonista e la sua lenta risalita che
avviene proprio attraverso le opere degli artisti emiliani e i volti (“centinaia di altri volti
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femminili”,41 la “madre della madre di sua madre”)42 che in questi sono rappresentati. Scrive
Tondelli che “la pinacoteca, i calchi in gesso, la raccolta di antichità...son tutte cose che si
godono senza ricorrere all’intelligenza poiché agiscono soltanto sul sentimento e sul cuore”.43
Il sentimento appare, dunque, nell’opera di Tondelli come marca - consapevole o no non
importa, non è questo il punto – di un’eredità lasciata nei secoli dagli artisti emiliani. E questa
terra, dove regna una “remota radice contadina”; che fu abitata dai galli, prima che dai latini, e
successivamente dai longobardi, e che fu romanica, e dopo secoli romantica, condividendo
anche in questo una comune matrice europea; questa terra – si diceva – dove le nebbie
sfumano nel verde e nel bruno delle terre, non poteva dare vita a un’arte di timbro – come
quella solare e mediterranea delle regioni del Sud Europa e del centro e sud Italia – ma a
gradazioni di tono che si manifestano nelle opere pittoriche come in quelle letterarie, anche
nel secolo che s’è appena concluso, senza che questo le squalifichi come pre-moderne.
“L’Autunno del continente lo sta abbagliando. Tutto va verso la quiete e il silenzio. Le foreste
scoppiano di colori e il sottobosco muore accendendosi di una combustione progressiva,
prima il rosso, poi l’arancione, il giallo, il ruggine, il viola, il nero. Come se il vento spingesse
ogni giorno nell’aria una tonalità differente e gli arbusti e le piante assorbissero, a ondate,
quell’aria pigmentata. E ogni tanto interi versanti delle colline bruciati dalle piogge acide.
Alberi già scheletriti, neri, esili, carbonizzati.”44 Come non vedere in queste descrizioni
“sentimentali” – Tondelli parla del sentimento dei paesaggi 45 – l’eco, la matrice, il tramando
oppure, forse, il rifarsi consapevole da parte dell’autore ad una civiltà che vedeva i propri
albori negli intricati virgulti vegetali che Wiligelmo, perso nella selvosa e paludosa Val
padana medievale, scolpì per il portale del Duomo di Modena e che attraversa i secoli fino ad
arrivare ai nostri giorni mediante le opere esistenzialiste e informali degli ultimi naturalisti?
Con questo lavoro non si è inteso esaurire il radicale problema del rapporto di Tondelli
con il tramando emiliano. S’è pensato prima di tutto di sollevare la questione, che può essere
proseguita e approfondita sotto diverse angolature. S’è inoltre cercato di mettere in rilievo
come l’Emilia in Tondelli si ripresenti costante nei suoi libri sia quando è palesata
consapevolmente da parte dell’autore, sia quando riemerge come da un sostrato di civiltà, di
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
Intervento di Luigi Levrini, Corpo e sentimento, costanti del tramando
emiliano-romagnolo nell’opera di P.V.Tondelli
memoria, di cultura, di tradizioni che sono parte dello scrittore e della terra che gli ha dato le
origini. Un aspetto che ci sta particolarmente a cuore, e che s’intende rimarcare ancora una
volta, è il segno che ritroviamo nell’opera di Tondelli di una “scrittura dei sentimenti”, che si
manifesta in tutti i suoi libri, da Altri libertini a Camere separate a Un weekend postmoderno
– dove diventa poetica esplicita - a L’abbandono e che può assurgere a cifra distintiva di gran
parte del tramando emiliano-romagnolo. Una scrittura espressiva, che non teme di
confrontarsi nemmeno con la lingua semplice e piana – il grado zero della letteratura – delle
canzonette – ma non è forse l’abbassamento una marca distintiva di tutto il romanzo e del
romanzo del novecento in particolare? In Camere separate troviamo elementi mélo, i quali,
tuttavia, non vanno disgiunti dal quadro d’insieme dell’opera che, se colta nella sua totalità, si
dimostra per quello che è, ossia opera d’impegno, stilistico e umano. In Camere separate si
parla anche la lingua dell’innamorato, che è quella dell’espressione (“è dunque un innamorato
che parla e che dice”)46 perché, come sottolinea Arcangeli, “il rapporto con questa entità
profonda” (nella quale è da intendersi, nella allusiva enunciazione critica, la condizione
esistenziale, l’inconscio, o la natura) “non può non avere, in arte, uno sfocio
nell’‘espressione’, perché non c’è niente che emozioni di più l’essere vivente di quel rapporto,
allorché venga riconosciuto”.47 Allora abbiamo di fronte un’arte naturale, espressiva,
romantica, marcatamente sensuale, a tratti pagana, persa in rituali orgiastici, di senso pànico,
altre volte assorta in silenziose meditazioni religiose, dove la religiosità va cercata nel
quotidiano, nel “senso del due”, in un “rapporto” – scriveva Arcangeli – e non deve
trascendere la dimensione fisica e terrena dell’esistenza o la “carne del mondo”, che dir si
voglia, destinata a riemergere sempre con le sue laceranti contraddizioni; un’arte “popolare”,
per la volontà di non distaccarsi mai dal gusto e dall’intelligenza dei destinatari; esistenziale,
umana, contraria ad ogni sovrastruttura, che sia politica, ideologica, religiosa o letteraria;
sempre pronta, invece, a cogliere il respiro universale della vita. Questa è, in sostanza, la
concezione arcangeliana delle arti dell’Emilia-Romagna. E questa si ritiene rappresenti una
delle cifre essenziali per comprendere i romanzi di Pier Vittorio Tondelli.
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
Intervento di Luigi Levrini, Corpo e sentimento, costanti del tramando
emiliano-romagnolo nell’opera di P.V.Tondelli
1
F.Arcangeli, Natura ed espressione nell’arte bolognese-emiliana, catalogo critico della mostra a Bologna,
Palazzo dell’Archiginnasio, 12 settembre-22 novembre 1970, Bologna, Edizioni Alfa, 1970.
2
Sul concetto di “tramando” cfr. F.Arcangeli, op. cit., pp. 26-27, dove è perfettamente esemplificato come
“tradizione inconsapevole, di costume e di vita altrettanto che di arte”, oppure p.49, o Id., Dal
romanticismo all’informale, 2 voll., Torino, Einaudi, 1977, p.16.
3
Gli aggettivi sono virgolettati perché di derivazione arcangeliana.
4
Sul “fuori stagione” si vedano in particolare - in P.V.Tondelli, Un weekend postmoderno, Milano,
Bompiani, 1990 - i capitoli intitolati “Fuori stagione” e “Cabine! Cabine!”.
5
P.V.Tondelli, Camere separate, Milano, Bompiani, 1989, poi in P.V. Tondelli, Opere. Romanzi teatro,
racconti, a cura di F. Panzeri, Milano, Bompiani, 2000. Il passo citato si trova a p.1015.
6
Cfr. F.Arcangeli, Natura ed espressione, cit., pp.41-45.
7
Cfr. su questo punto, in particolare, R.Longhi, Momenti della pittura bolognese, “prolusione al corso di
storia dell’arte nella R.Università di Bologna”, a.a. 1934-1935, pubblicato in “L’Archiginnasio”, XXX
(1935), 1-3, poi in Id., Da Cimabue a Morandi, Milano, Mondadori, 1974².
8
Cfr. Arcangeli, per esempio in Natura ed espressione, cit., pp.18 e 19.
9
Cfr., per esempio, P.V.Tondelli, Un weekend postmoderno, cit., p.242, o, sul concetto affine di
multimedialità, ibidem, pp. 248, 253.
10
F.Arcangeli, Natura ed espressione, cit., p.27 (“Qualche cosa di estroverso e d’ardente, di immaginoso e
d’abnorme, di sensuale e di patetico, domina i momenti più tipici e profondi [...] dell’arte bolognese; in
confronto al ritegno più perdutamente popolare e introverso, malinconico, dell’arte lombarda.” Forse
Tondelli si colloca a metà via – la bassa reggiana s’affaccia sul Po e confina direttamente con la bassa
mantovana, il cuore della padania. Certi accenti “ardenti”, “sensuali”, “abnormi” dominano le pagine delle
prime opere di Tondelli, mentre con l’avanzare degli anni la sua prosa si fa più i ntima, patetica, nostalgica e
vede l’accentuarsi della dimensione “sentimentale”.
11
Non ho svolto un’indagine accurata, ma mi sembra di ricordare che sono state effettuate traduzioni in
francese, inglese, spagnolo, giapponese e catalano e che sia in corso una traduzione in portoghese.
12
Sul rapporto Emilia-USA si confrontino, per esempio - in F.Arcangeli, Dal romanticismo all’informale, cit.
– i capitoli “I pittori americani e la città”, pp.327-334 e “Jackson Pollock”, pp. 335-337.
13
Citazione da Longhi riportata in F.Arcangeli, Natura ed esperssione, cit., p.27.
14
Ibidem., p.29.
15
Ibidem, p.35.
16
Ibidem, pp.46 e 51.
17
J.Kerouac, Satori in Paris, New York, Grove Press, 1966, trad. it. Satori a Parigi, Milano, Mondadori,
1998.
18
Cfr. F.Arcangeli, “Una situazione non improbabile”, in Dal romanticismo all’informale, cit., pp.338-376.
19
Cfr. F.Panzeri-G.Picone, P.V.Tondelli. Il mestiere di scrittore, Roma-Napoli, Theoria, 1997, p.53.
Arcangeli vedeva nelle tele di Pollock “lo specchio del sentimento creatore” (Dal romanticismo
all’informale, cit., p.336).
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
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“[...] distaccandosi nei secoli da quella prima radice, quello che fu propriamente calore e presenza di
immediata, invincibile fisicità, trapassò in tempi più miti in valore di passione, di sentimento, di
espressione” (F.Arcangeli, Natura ed espressione, cit., p.19).
21
G.Bonura, “Tondelli tra stile e prosa”, in “Panta. Pier Vittorio Tondelli”, a cura di F. Panzeri, 1992, n.9,
Milano, Bompiani, p.31 (nuova edizione, Milano, Bompiani, 2001).
22
E. Buia, Verso casa, Ravenna, Fernandel, 1999.
23
Cfr. P.V.Tondelli, Camere separate, cit., pp.996-998.
24
Ibidem, p.994.
25
Cfr. nota n.19.
26
G.C.Croce, L’eccellenza et trionfo del porco. Discorso piacevole, Ferrara, Vittorio Baldini, 1594.
27
F.Arcangeli, Dal romanticismo all’informale, cit., p.319.
28
Cfr. su questo punto soprattutto R.Longhi, Momenti della pittura bolognese, cit.
29
La citazione è tratta da Arcangeli, Natura ed espressione, cit., p.49.
30
Espressione usata da Arcangeli per descrivere i personaggi di Crespi, in Natura ed espressione, cit., p.49.
31
Ibidem, p.29.
32
P.V.Tondelli, Un weekend postmoderno, p.593, e continua: “Solo in questi due scrittori, in modo diverso,
lui trova descritta quella certa impenetrabilità del carattere emiliano, quella certa scostanza, quella bizzarria
o lunaticità malinconica e assorta che ha conosciuto in suo padre e ora conosce in se stesso. Si spoglia e si
infila nel letto. Apre un libro di Delfini e inizia a leggere: ‘se noi avessimo mai il dono di cantare il pianto e
il rancore, la disperazione e l’ostinata speranza, la previsione dell’amarezza e l’impossibile rinuncia
all’amore disperso, in mezzo ai disastri del mondo e all’implacabile andare del tempo o dell’uomo che sia;
noi vorremmo dire...’ Immediatamente pensa che anche questa volta, così come da molto tempo ormai, si è
messo a letto presto, la sera.” (CS, p.118), dove la citazione di Tondelli s’interrompe nel punto in cui
Delfini enuncia il nucleo tematico del racconto che dà il titolo alla sua raccolta, Il ricordo della basca, che
altro non è che la descrizione di un abbandono, seppure levigato nei toni da una distanza ironica che è
assente in Camere separate, dove prevale la vena tragica, in riferimento alla tematica dell’abbandono. La
citazione delfiniana continuerebbe così: “[...] noi vorremmo dire, con la certezza di darne il senso e l’idea,
quale era, nei suoi indelimitabili contorni, la panoramica del ricordo della Basca nei pensieri e negli strappi
di Giacomo Disvetri vent’anni dopo il suo unico ed assoluto incontro.” (A.Delfini, Il ricordo della Basca,
Firenze, Edizioni di Letteratura, Parenti, 1938; poi Pisa, Nistri Lischi, 1956. Si cita da Torino, Einaudi,
1982, p.143). Su D’Arzo e Delfini Tondelli si sofferma anche in “Un racconto sul vino”, capitolo de
L’abbandono. Racconti dagli anni ottanta, a cura di Fulvio Panzeri, Milano, Bompiani, 1993, pp.170-171.
33
F.Arcangeli, Natura ed espressione, cit., p.41.
34
P.V.Tondelli, Un weekend, cit., p.235.
35
P.V.Tondelli, L’abbandono, cit., p.7.
36
P. Brooks, L’immaginazione melodrammatica, Parma, Nuove Pratiche, 1985.
37
B.Barilli, Il paese del melodramma, Torino, Einaudi, 1985, p.27. Anche Arcangeli si sofferma sul
melodrammatico e Verdi ( Dal romanticismo all’informale, cit., p.318 e Natura ed espressione, cit., p.58).
38
F.Arcangeli, Dal romanticismo all’informale, cit., p.314
39
Ibidem, p.315
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Seminario Tondelli, seconda edizione, Correggio, Palazzo dei Principi, 13-14 dicembre 2002.
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40
I Carracci, Guercino, Crespi con I sacramenti ecc.
41
P.V.Tondelli, Camere separate, cit., p.975.
42
Ibidem, p.952.
43
P.V.Tondelli, Un weekend, cit., p.401.
44
P.V.Tondelli, Camere separate, cit., p.960.
45
P.V.Tondelli, Un weekend postmoderno, cit., p.119.
46
R.Barthes, Fragments d’un discours amoreux, Éditions du Seuil, 1977, trad.it. Frammenti di un discorso
amoroso, Torino, Einaudi, 2001², p.11.
47
F.Arcangeli, Natura ed espressione, cit., p.20.
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