Even Pretzel have eyes

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Even Pretzel have eyes
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16 Gennaio / 27 Febbraio 2016
Even Pretzel have eyes
#666
mostra personale di
Michele Guidarini
“Credo in tutto, niente è sacro. Non credo in niente, tutto è sacro. Ah Ah, Oh Oh, Ih Ih”
Tom Robbins
Even Pretzel have eyes (#666) è la nuova irriverente mostra personale del controverso artista
italiano Michele Guidarini. Michele é designer grafco di giorno ed artista di notte, con un senso
estetico decisamente cupo, ma estremamente ironico. Tutti i simboli e le icone dei nostri tempi
sono le vittime sacrifcali della sua penna e del suo umorismo. Siamo una società basata sui
marchi, dopotutto. Dalla religione alla politica, all'ideologia e al privato cittadino.
Michele utilizza ciò che è già stato sfruttato e distorto dalla società.
Il principio della POP art: rappresentando in maniera deviata un prodotto o marchio di
diffusione di massa e dandogli nuova vita attraverso la fantasia, lascia il pubblico spiazzato. Non
capendone il senso, le ragioni, ma ponendosi automaticamente domande, il fruitore risveglia il
proprio interesse nella grande varietà interpretativa di cose e fatti.
Quindi meglio non tentare di capire il motivo per cui Michele usa questo o quel simbolo,
perchè ha disegnato una svastica o un crocifsso, sono solo marchi. Perché persino i Pretzel
hanno gli occhi (#666). La provocazione effettiva del lavoro di Guidarini è la completa libertà di
interpretazione che lascia all'osservatore. Michele crede nella forza umana, nel talento, nella
gestualità. Crede che tutto, buono o cattivo che sia, dipende dalla nostra prospettiva e dalla
nostra interpretazione. Una cosa può essere totalmente ilare per alcuni ed estremamente
offensiva per altri, non ha importanza, la nostra reazione personale è lasciata all'autoanalisi.
In ogni modo diffcilmente il messaggio che Michele vuole trasmettere traspare in modo
inequivocabile dai suoi quadri, sia perchè la storia è complessa e codifcata in più opere, sia
perchè non sempre ne esiste una logica.
La tecnica usata è quella mista di penna, pennarello, inchiostro, spray, collage. Inspirato da una
vita dal lavoro di Bacon e Goya, Michele Guidarini iniziò ad essere un fanatico della Low Brow
proprio a causa dell'estetica puramente accattivante: “ragiono come un designer grafco, quindi
la composizione dell'immagine e il bilanciamento dei colori sono fondamentali per me. Dopo il
primo istante di stupore, scoprire che questo tipo di lavoro è tutt'altro che triviale e che un
intero universo di signifcati intrinseci si nasconde sotto la superfcie dai colori scintillanti. È la
rifessione dell'artista e del mondo in cui viviamo, un rifesso dell'anima, del cuore e del dolore”.
Rolling Stone Magazine e molta altra stampa nazionale ed internazionale ha presentato Michele
Guidarini come come uno dei migliori artisti italiani emergenti, proprio grazie alla sua capacità
di carpire e mischiare diversi aspetti contrastanti della vita: leggerezza e pesantezza, chiaro e
scuro, dramma e commedia.
“Sono un ragazzo malato, sono un ragazzo con una visione distorta della realtà. Quella realtà
che non mi basta, quella realtà che per me è solo una pellicola che nasconde il mio
immaginario. Nasconde la purezza dell’essere, nel bene e nel male. Nasconde i mostri, le fate, i
chip installati dentro di noi per farci obbedire. Sono malato perché non vedo forme, contorni,
colori, e bei capelli.. ma solo sagome di ombre che esplodono nel buio, alla luce di tutti. Essere
malato non signifca non aver niente da dire o comunicare. Essere malato rende solamente più
sensibili. Disegno le trame oscure, il dettaglio ridondante, la solitudine, le allucinazioni, le sviste,
i sogni, i ricordi, l’inutile, la superfcie del corpo, il sacrifcio, la noia, l’alienazione, le ossa che
prendono sopravvento sull’anima, i corpi che si ribellano al loro vestito, il dolore, la felicità
dimenticata.
Lavoro intorno al fallimento umano e alla debolezza dell’essere. Ormai macchinario rifnito e
progredito per essere giusto.”
Michele Guidarini