Even Pretzel have eyes
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Even Pretzel have eyes
Allerstr. 38 12049 Berlin /// www.cell63.com /// [email protected] /// Tel. +40(0)30.21973329 16 Gennaio / 27 Febbraio 2016 Even Pretzel have eyes #666 mostra personale di Michele Guidarini “Credo in tutto, niente è sacro. Non credo in niente, tutto è sacro. Ah Ah, Oh Oh, Ih Ih” Tom Robbins Even Pretzel have eyes (#666) è la nuova irriverente mostra personale del controverso artista italiano Michele Guidarini. Michele é designer grafco di giorno ed artista di notte, con un senso estetico decisamente cupo, ma estremamente ironico. Tutti i simboli e le icone dei nostri tempi sono le vittime sacrifcali della sua penna e del suo umorismo. Siamo una società basata sui marchi, dopotutto. Dalla religione alla politica, all'ideologia e al privato cittadino. Michele utilizza ciò che è già stato sfruttato e distorto dalla società. Il principio della POP art: rappresentando in maniera deviata un prodotto o marchio di diffusione di massa e dandogli nuova vita attraverso la fantasia, lascia il pubblico spiazzato. Non capendone il senso, le ragioni, ma ponendosi automaticamente domande, il fruitore risveglia il proprio interesse nella grande varietà interpretativa di cose e fatti. Quindi meglio non tentare di capire il motivo per cui Michele usa questo o quel simbolo, perchè ha disegnato una svastica o un crocifsso, sono solo marchi. Perché persino i Pretzel hanno gli occhi (#666). La provocazione effettiva del lavoro di Guidarini è la completa libertà di interpretazione che lascia all'osservatore. Michele crede nella forza umana, nel talento, nella gestualità. Crede che tutto, buono o cattivo che sia, dipende dalla nostra prospettiva e dalla nostra interpretazione. Una cosa può essere totalmente ilare per alcuni ed estremamente offensiva per altri, non ha importanza, la nostra reazione personale è lasciata all'autoanalisi. In ogni modo diffcilmente il messaggio che Michele vuole trasmettere traspare in modo inequivocabile dai suoi quadri, sia perchè la storia è complessa e codifcata in più opere, sia perchè non sempre ne esiste una logica. La tecnica usata è quella mista di penna, pennarello, inchiostro, spray, collage. Inspirato da una vita dal lavoro di Bacon e Goya, Michele Guidarini iniziò ad essere un fanatico della Low Brow proprio a causa dell'estetica puramente accattivante: “ragiono come un designer grafco, quindi la composizione dell'immagine e il bilanciamento dei colori sono fondamentali per me. Dopo il primo istante di stupore, scoprire che questo tipo di lavoro è tutt'altro che triviale e che un intero universo di signifcati intrinseci si nasconde sotto la superfcie dai colori scintillanti. È la rifessione dell'artista e del mondo in cui viviamo, un rifesso dell'anima, del cuore e del dolore”. Rolling Stone Magazine e molta altra stampa nazionale ed internazionale ha presentato Michele Guidarini come come uno dei migliori artisti italiani emergenti, proprio grazie alla sua capacità di carpire e mischiare diversi aspetti contrastanti della vita: leggerezza e pesantezza, chiaro e scuro, dramma e commedia. “Sono un ragazzo malato, sono un ragazzo con una visione distorta della realtà. Quella realtà che non mi basta, quella realtà che per me è solo una pellicola che nasconde il mio immaginario. Nasconde la purezza dell’essere, nel bene e nel male. Nasconde i mostri, le fate, i chip installati dentro di noi per farci obbedire. Sono malato perché non vedo forme, contorni, colori, e bei capelli.. ma solo sagome di ombre che esplodono nel buio, alla luce di tutti. Essere malato non signifca non aver niente da dire o comunicare. Essere malato rende solamente più sensibili. Disegno le trame oscure, il dettaglio ridondante, la solitudine, le allucinazioni, le sviste, i sogni, i ricordi, l’inutile, la superfcie del corpo, il sacrifcio, la noia, l’alienazione, le ossa che prendono sopravvento sull’anima, i corpi che si ribellano al loro vestito, il dolore, la felicità dimenticata. Lavoro intorno al fallimento umano e alla debolezza dell’essere. Ormai macchinario rifnito e progredito per essere giusto.” Michele Guidarini
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