Domenico - Provincia di Imperia

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Domenico - Provincia di Imperia
Provincia di Imperia - Settore Centri per l’Impiego/OML
piccolo viaggio negli antichi mestieri
Domenico, costruttore di pipe, Badalucco
Ceci n’est pas une pipe: questa non è una pipa. Chissà quanti si sono chiesti “ma allora
cos’è?” dinanzi al celebre quadro di Magritte. Il sottile inganno si svela ben presto, se si
riflette che si sta guardando solo un’immagine, non l’oggetto reale che noi chiamiamo
"pipa"…Ma guarda un po’ cosa siamo andati a prendere per introdurre l’intervista fatta
oggi…un produttore artigiano di pipe, qui in provincia di Imperia! Ma prima di iniziare,
un’altra domanda: quanti di voi saprebbero dire come si fa una pipa? Pochi, pensiamo. Noi
non lo sapevamo assolutamente, ed è per questo che con grande piacere siamo partiti per
Badalucco, a cercare il signor Domenico…
Dai, riveliamo subito l’arcano: il punto di partenza è
costituito da grossi blocchi di radica (dopo vedremo
cos’è). Poi, nell’ordine, questi blocchi vengono tagliati in
pezzi più piccoli, vengono messi a bollire (per scaricare
l’acidità) con tempi e temperature segrete, poi a
stagionare per almeno un anno coperti con stracci di
lana; dopo si praticano i buchi (due) e si rifinisce (quasi
sempre) l’oggetto, che così può essere messo in
commercio. Semplice, no? Non proprio…come al solito
speriamo che le foto possano esservi di aiuto.
Entriamo, e subito vediamo un signore chino su una sega
circolare intento a tagliare ceppi di legno. E’ lui, e mentre
spegne l’aggeggio fa segno di avvicinarci. “Vi stavo
aspettando!”, ci presentiamo e incominciamo subito:
“Allora signor Domenico, lo sa che a fare questo lavoro
siete rimasti veramente in pochi?” “Si, questo è davvero
un lavoro in via di estinzione. I motivi? Onestamente è un
lavoro che non piace, richiede tanta attenzione e fatica”,
e subito apprendiamo che in Italia manca la cultura della pipa, e di conseguenza non c’è un
grosso mercato. “Tutt’altro discorso per Stati Uniti, Germania e Scandinavia…” Cominciamo
bene…vabbè via con le domande!
“Come ha iniziato? E perché?” Nel caso del
nostro ospite odierno è stata una scelta per
così dire naturale, avendo alle spalle una
famiglia che opera in questo settore da 150
anni…Così a 12 anni era già in negozio, in
Calabria, poi con il tempo si è trasferito qui a
Badalucco, visto che questa zona si
caratterizza per la presenza di radica di ottima
qualità. “Naturalmente per iniziare servono i
macchinari, ma la spesa è relativa; è il materiale grezzo che costa”. In ogni modo capiamo
subito che il difficile è imparare: “…Servono almeno quattro o cinque anni. Ma ormai
funziona solo con i giovani, da 25 anni in su non si impara più nulla, possono fare gli
intagliatori di radica, ma finire le pipe è diverso; è come per gli strumenti musicali, serve
una mentalità aperta, e i riflessi giusti. Per non parlare, naturalmente, della passione e
della cultura, indispensabili per questo mestiere”. Lavoro ce n’è, c’è un po’ di concorrenza
estera, specialmente dalla Grecia e dall’Algeria, “ma i rifinitori migliori sono qua, scrivetelo
bene!”
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“E l’oriente?” “No, non hanno la sensibilità giusta; anni fa avevano provato a mettere in
commercio delle pipe di legno di ciliegio, a poco prezzo, ma era stato un fallimento. Il
legno di ciliegio non respira”. Ecco la base di tutto: la respirazione del legno. Ecco perché si
usa solo la radica. Ma cosa si intende per respirazione? E cos’è la radica? Piano, piano, poi
sveleremo tutto… “L’orario com’è?” “Almeno otto ore al giorno, si lavora sempre e anche
nei week-end”, “e senta, lei è un artigiano e un artista: in questi anni le sarà arrivata
qualche richiesta un pò strana…” “C’è chi si è presentato qui in laboratorio con qualche
immagine, di solito sono stemmi di famiglia, visi di persone care, animali. Comunque ho
fatto anche manici di
coltelli, calci di pistole
e di fucili”.“La cosa
più bella del suo
mestiere?”
“Dovrei
dire ogni pipa finita,
qualunque essa sia,
ma la soddisfazione
più grande è fare la
fiammatura”. E cos’è?
La fiammatura è la
venatura a occhio di
pernice
che
si
riscontra sulla testa e
sul cannello della pipa
e che appare sotto
forma di cerchietti che
assomigliano a “occhi di uccello” (in genere una pipa più è fiammata più costa).“Cose
brutte?” “E’ un mestiere sicuramente strano, ma è anche duro, richiede attenzione
continua, c’è il rischio di ferirsi”. E poi, come per altri amici artigiani ascoltati, “qualche
cliente che non paga”; e così si preferisce lavorare meno, selezionando i clienti, ma ci
ricorda che “quando devo pagare io pago in contanti…”. Il lavoro nero in questo settore
“non esiste, è troppo specifico”. Ok, cambiamo argomento. “E’ cambiato negli anni questo
lavoro?” “Naturalmente non ci sono più le pulegge ad acqua”, e questo vale per tutti. In più
per qualcuno è arrivata la tecnologia, basta pensare che “le ditte più grosse progettano le
pipe con i computer; ma il grande cambiamento lo abbiamo avuto nell’utenza, non nel
prodotto”. Ed è vero, fumare la pipa oggi è un fenomeno d’elite, non più di massa come
una volta. “Ma se uno vuole imparare?” “Le uniche scuole solo in Danimarca”, dove a
quanto ci dice fanno validissimi corsi per rifinire
le pipe. E poi si gira tanto per le fiere
(recentemente a Barcellona, e poi in Francia), e
alle gare internazionali di lento fumo (ci ha
spiegato cos’è, una roba da pazzi…).“E’ un lavoro
redditizio?” “Si, ma se uno è bravo. E per
diventarlo…” “E come prezzi?” “Mah, per le pipe
ordinarie sicuramente a comprarle dal produttore
si risparmia; per quelle speciali la qualità e il
valore sono superiori, non potrebbe essere
diversamente (ne vediamo una, con il fornello
sorretto da una zampa di un rapace, davvero
incredibile).
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Va anche detto che molte delle pipe provenienti dalle fabbriche non sono di qualità eccelsa,
sono piene di stucchi, ed il problema è che poi la pipa si spegne (non tira a dovere). E poi
presso un artigiano il cliente può provare in tutta tranquillità i vari prodotti”; ed è vero!
Scopriamo infatti , in un ripiano, le pipe da prova!
I clienti sono davvero tanti, di queste zone e non, novizi e amanti della pipa di lungo corso;
ci segnala “un ambasciatore che viene spesso da queste parti”, e poi “molti politici, tante
persone importanti”, nonché, naturalmente, un defunto ex Presidente della Repubblica,
famoso per l’amore per la pipa… Comunque l’interesse per questo lavoro c’è, e spesso
vengono in laboratorio giornalisti, scuole, oltre che naturalmente appassionati, e finalmente
possiamo segnalare un sito internet davvero bello e molto funzionale, i nostri complimenti.
“Funziona benissimo” ci conferma l’amico Domenico, e a quanto parte è molto usato dalla
clientela tedesca
e americana. Una curiosità: vende tantissimo il prodotto grezzo (la pipa è finita e pronta a
funzionare, ma manca la forma definitiva esterna che ogni cliente fa a suo piacimento),
molti stranieri lo preferiscono, per divertirsi a rifinirlo e anche per provare a fare gli artisti.
Solita
domanda odiosa, ma ormai siamo
diventati amici…: “Ma c’è bisogno
del tuo lavoro?” La risposta non
può che essere un vigoroso si, e
qui non ci piove, mentre per
quanto riguarda il
futuro il nostro amico spera
caldamente che la gente…si stufi
delle sigarette…
Al momento non ha bisogno di
assumere altre persone (ne ha
già una con se) e ci segnala di
aver avuto in passato grosse difficoltà, quando è stato il caso di cercare un aiutante. E
comunque “oggi sarebbe impossibile trovare una persona con la passione giusta per
iniziare questo lavoro”, e ci parla di “amici falegnami disperati e ormai rassegnati, che non
trovano nessuno…”, e queste sono cose che purtroppo sappiamo già…
Il signor Domenico fa pipe esclusivamente in radica, ed ecco la nostra domanda, davvero
scontata: “perché la radica?” Dopo aver scoperto che per radica si intende la radice
dell’erica ecco che “perché è porosa, è l’unico legno al mondo che fa respirare il tabacco”.
Ci informiamo meglio: la radica, scoperta dagli artigiani francesi nel secolo scorso, proviene
dall'erica arborea, un arbusto tipico della macchia mediterranea che, sotto il colletto, cioè
appena sotto terra, forma un ingrossamento legnoso detto ciocco o nocchio.
L'arbusto deve avere almeno trent'anni perché il ciocco raggiunga il volume minimo
necessario, del peso di circa 3 chili, per essere lavorato. Allora eccolo il requisito
fondamentale che deve avere la pipa perfetta: deve far respirare il tabacco. Sta tutto li, ma
per arrivarci…A quanto ci dice il nostro amico solo nel 1850-60 la radica sostituì la pipa in
schiuma. Ma anche la pipa in schiuma non era l’unica esistente. La gente comune fumava
pipe di terra, cioè in terracotta, con il cannello costituito da un pezzo di canna di bambù o
in ciliegio. Le pipe in gesso, prodotte soprattutto in Olanda grazie a degli stampi, erano
anch’esse pipe non pregiate perché dopo poche fumate il loro sapore diventava fortissimo;
del resto si potevano buttare via spesso in quanto costavano molto poco. La leggenda vuole
che in Francia un artigiano realizzò per un nobile a cui si era rotta la classica pipa in
schiuma una di nuovo tipo, resistentissima, con il fornello tratto dal ciocco dell’erica
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arborea, la radica appunto, che può sopportare anche un calore di 800-900 gradi. La
migliore è considerata quella italiana, e in assoluto quella proveniente dalla Calabria e dalla
Liguria. Dopo le raccomandazioni di rito (ci ricorda
mille volte che la pipa non si respira, non si manda
nei
polmoni)
intavoliamo
una
bellissima
conversazione, a ruota libera, su tutto quello che
riguarda questo magico mondo. Intanto ci racconta
di come, negli anni passati, le ditte grosse
spostavano interi gruppi di operai su e giù per Italia,
seguendo i “filoni” di radica, poi ascoltiamo aneddoti
sulla vecchia scuola toscana, o sulla zona del
varesotto, o sul paesino francese di Saint Claude,
interamente dedito alla produzione di pipe, e poi via
con le questioni tecniche. Così scopriamo
“l’indispensabile” pigino (detto anche curapipe), che il signor Domenico regala ai propri
clienti, naturalmente in radica, “l'unico attrezzo veramente essenziale per un fumatore”,
l’importanza del rodaggio da fare alla pipa (“sempre, quando è nuova”), dell’accensione,
della regola di fumare solo fumo fresco (che si ottiene caricando bene la pipa, fumando
lentamente con boccate corte e distanziate e tenendo pressato il tabacco), e di pulire bene
dopo la fumata, aiutandosi con il pigino o con lo scovolino (altro importantissimo
accessorio), ma stando ben attenti a non incidere il legno (anche dando dei piccoli colpi sul
palmo della mano, ma senza urtare la pipa su superfici dure). E poi impariamo che la pipa
va lasciata a riposo, smontata, in un posto areato. “L'ideale sarebbe lasciarla riposare per
una settimana prima di riprenderla, ma ci si può accontentare anche di meno”. “Allora è per
questo che i fumatori abitudinari hanno tante pipe?” “Si, c’è anche un detto, sette pipe per
sette giorni. E' la regola dei fumatori di pipa…”. E alla fine qualche termine l’abbiamo
imparato davvero: ora sappiamo che la pipa è fatta da: battuta, bocchino, cannello,
parafiamma, coperchio, fornello, ghiera, imboccatura, perno, testa. Speriamo di non avere
dimenticato qualcosa, in caso contrario ce ne scusiamo... e poi tantissimi altri termini che
arricchiscono un pomeriggio davvero utile e istruttivo. Qualche esempio? Le pipe chubby,
stand up poker, army mounted, bent corbe, oom paul, bent-army, apple–boule, applechubby, bulldog–haily, taper, rhodesian, dublin, canadese, galles,
lovat, liverpool, ovale, pot, woodstock, yacht, bent-bulldog, bentrhodesian. E’ un vero e proprio mondo a parte, credeteci! E per
finire degnamente, ecco un articolo che abbiamo trovato nel mare
magnum di internet riguardante l’approccio al mondo della pipa:
“Sigaretta e pipa, due mondi diversi: bisogna arrivare alla pipa
lentamente, con consapevolezza... Solo allora sarà impossibile
rinunciarci, e si apprezzerà in tutte le sue potenzialità. Solo allora
apparirà impossibile tornare alla spregevole, povera e ignorante
sigaretta…”. Avrà esagerato questo autore? Forse si, però parlandone con il nostro amico
Domenico emerge una sorta di “nobiltà” che viene riconosciuta alla pipa; ma è proprio un
altro modo di intendere il tempo che trascorre. Crediamo di aver capito che fumare la pipa
è anche un invito a rallentare il ritmo forsennato delle nostre giornate, a prendere
un’attimo solo per noi, per pensare, per riflettere, prima di ricacciarsi nella frenesia della
vita odierna. Ed infatti quando ce ne andiamo, a intervista finita, ci sentiamo dire…“e a fine
cena, in un momento di pace dopo una giornata di lavoro, provate a mettervi su una
poltrona davanti ad un caminetto acceso, con una buona pipa in una mano e un buon
bicchiere di cognac o brandy nell’altra…”
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