Raffaele Rizzardi – 17 gennaio 2011 SENTENZE DELLA
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Raffaele Rizzardi – 17 gennaio 2011 SENTENZE DELLA
Raffaele Rizzardi – 17 gennaio 2011 SENTENZE DELLA CASSAZIONE E DELLA CORTE DI GIUSTIZIA EUROPEA 2009-2010 REDDITO DI IMPRESA E ALL’ABUSO DEL DIRITTO Sentenza 24957 del 10 dicembre 2010 Presidente Pivetti – Relatore Marigliano Compensi agli amministratori – Deducibilità – No sindacato sull'entità del compenso Anno di imposta: 1999 Oggetto della lite: ripresa dei compensi agli amministratori in quanto ritenuti non inerenti ed eccedenti il valore normale (lire 508 milioni). Decisione della Corte: rigetta il ricorso dell’agenzia delle entrate Il TUIR ha eliminato il tetto riferito ai compensi per gli amministratori non soci, contenuto nel D.P.R. 597/73 (art. 59). L'inerenza rileva ai fini impositivi tendenzialmente in termini di “qualità” del costo piuttosto che di “quantità”, perché l'ordinamento riconosce all'imprenditore la libertà di impostare le proprie strategie di impresa. Il costo è inerente se serve a produrre ricavi, le limitazioni quantitative rilevano solo se stabilite dal legislatore. La spettanza e la deducibilità dei compensi agli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell'ente sul punto (artt. 2364 e 2389 c.c.). Inesistenza di un vantaggio fiscale, in quanto l'aliquota di tassazione degli amministratori è superiore a quella della società (per non parlare del contributo all'INPS – NdR) Sentenza 20106 del 18 settembre 2009 Presidente Varrone – Relatore Urban – Estensore Vivaldi (terza sezione civile) Diritto civile – Esistenza di un principio generale sull'abuso del diritto – Invalidità di clausole contrattuali lesive Oggetto della lite: Recesso ad nutum, senza diritto al risarcimento, previsto contrattualmente Decisione della Corte: accoglie il ricorso dei soggetti danneggiati dall’abuso Elementi costitutivi dell'abuso del diritto: 1) titolarità di un diritto soggettivo; 2) possibile esercizio del diritto con modalità non rigidamente predeterminate; 3) esercizio concreto, anche se rispettoso della cornice attributiva di quel diritto, svolto secondo modalità censurabili rispetto ad un criterio di valutazione giuridico o extragiuridico; 4) sproporzione ingiustificata tra il beneficio del titolare del diritto ed il sacrificio cui è soggetta la controparte. (Vedere sentenza 8772/2008 per l'abuso in campo tributario: valida ragione economica di peso inferiore al risparmio fiscale: “operazioni compiute essenzialmente per il conseguimento di un vantaggio fiscale - incombe sul contribuente l’onere di fornire la prova della esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non meramente marginale o teorico” Lavori preparatori del codice civile del 1942: “nessuno può esercitare il proprio diritto in contrasto con lo scopo per il quale il diritto medesimo gli è stato riconosciuto”. Disposizione non introdotta, preferendo norme specifiche che consentissero di sanzionare l'abuso in relazione a particolari categorie di diritti. In un mutato contesto storico, culturale e giuridico, un problema di così pregnante rilevanza è stato oggetto di rimeditata attenzione da parte della Corte. Riferimenti a sentenze nell’ambito del diritto societario. Il giudice deve valutare i rapporti contrattuali, anche in senso modificativo o integrativo, cercando la comune intenzione dei contraenti, ma nell’ambito del principio di buona fede (art. 1366 c.c.), che richiede il bilanciamento degli interessi delle parti. La violazione di questo principio – unitamente a quelli di lealtà dei comportamenti e di correttezza costituisce inadempimento. Sentenza 28016 del 30 dicembre 2009 Presidente Altieri – Relatore Bognanni Mancata registrazione nell’anno di competenza di un acquisto a rimanenza – Irrilevanza sulla base imponibile Periodo di imposta: 1995 Oggetto della lite: indeducibilità di un acquisto del 1994, registrato nell’anno successivo, presente a magazzino (merce viaggiante) all’1.1.1995 Decisione della Corte: accoglie il ricorso del contribuente Pur avendo violato la prescrizione dell’(allora) articolo 75, comma 2, del TUIR, registrando l’acquisto nel 1995 anziché nel 1994, la società non ha modificato il risultato del conto economico (e l’imponibile fiscale), in quanto l’importo dell’acquisto sarebbe stato controbilanciato nel 1994 dall’iscrizione della rimanenza per identico importo. Al contrario il mancato riconoscimento del costo contabilizzato nel 1995 avrebbe comportato un’alterazione in danno del contribuente. Per un analogo caso si veda invece la risoluzione 9/1196 dell’1.10.1977, in cui il contribuente era stato “salvato” in base al principio della certezza dell’evento, in quanto avrebbe avuto conoscenza dell’acquisto solo all’arrivo della nave, carica di cereali acquistati FOB e quindi di sua proprietà sin dal momento dell’imbarco. Sentenza 12249 del 19 maggio 2010 (Fallimento Olimpiclub s.r.l.) Presidente e relatore: Altieri Comodato da s.r.l. ad associazione con retrocessione dei proventi – Natura elusiva Periodo di imposta: 1988-1991 Oggetto della lite: IVA sui proventi riscossi dalla associazione e girati alla s.r.l. Decisione della Corte: rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Non decide sulle sanzioni (manca un automatismo di esclusione), in quanto la richiesta di inapplicabilità non risulta riproposta in appello (giudicato interno, art. 56, D.Lgs. 546/92) “Comodato” dalla s.r.l. alla omonima associazione sportiva con onere a carico dell’associazione di trasferire alla s.r.l. tutte le entrate dell'associazione, di pagare alla s.r.l. un rimborso spese forfetario e di pagare il canone demaniale. Coesistenza nelle medesime persone (per la quasi totalità) della posizione di socio della s.r.l. e dell’associazione. Atto tipico e formalmente lecito, al fine esclusivo di eludere la legge fiscale e conseguire un indebito risparmio di imposta. Decisioni di primo e secondo grado favorevoli al contribuente: mancata previsione della fattispecie nell’articolo 10 della legge 408/90 e nell’articolo 37-bis D.P.R.600/73. Conseguente divieto di riqualificazione del contratto. Asserita valida ragione economica (giudicata inconsistente dalla cassazione): ottimizzare la gestione del complesso sportivo. Esistenza di precedenti giudicati per altri periodi di imposta accertati in base al medesimo verbale: inapplicabilità art. 2909 codice civile – cosa giudicata – riferimento Corte di Giustizia sentenza 18 luglio 2007, causa C-119/05 – Lucchini. Anche questa causa viene rinviata alla Corte di Giustizia, che si esprime in modo analogo con sentenza del 3 settembre 2009, nella causa C-2/08 – Fallimento Olimpiclub s.r.l., in quanto l’autorità di cosa giudicata impedirebbe l’analisi dell’abuso in un tributo comunitario, come l’IVA. Pertanto i periodi non ancora definiti non possono beneficiare delle conclusioni di altre annualità, passate in giudicato. L’amministrazione finanziaria, facendosi rigorosamente carico del correlativo onere probatorio, ha il potere di riqualificare (prima in sede di accertamento e poi in fase contenziosa) i contratti sottoscritti dal contribuente, ovvero di farne rilevare la simulazione o altri profili di invalidità, quale la nullità per mancanza di causa, ed applicare un trattamento fiscale meno favorevole di quello conseguente agli effetti collegabili allo schema negoziale impiegato. Inopponibilità al fisco di operazioni abusive in materia di IVA e di tributi armonizzati. Richiama l’evoluzione giurisprudenziale: sentenze di Cassazione sino al 2002 (inesistenza di fattispecie elusive oltre quelle previste per legge), dal 2005 (necessità di contrastare l’elusione ricorrendo alle categorie del diritto comune dell’invalidità o dell’inefficacia del contratto), della Corte di Giustizia dal 2006 (Halifax – regola generale per comportamenti aventi il solo scopo del beneficio fiscale), della Cassazione dal 2006 (21221/06 – non necessita la ricerca di elementi di invalidità, come la simulazione o la fraudolenza – abuso del diritto distinto dalla frode – operazioni concluse essenzialmente per un vantaggio fiscale, con ragioni economiche marginali o teoriche). Sentenza 22994 del 12 novembre 2010 Presidente: Altieri - Relatore: Sotgiu Dividend washing – Abuso del diritto Periodo di imposta: 1° semestre 1997 Oggetto della lite: IRPEG conseguente al mancato riconoscimento di crediti di imposta sui dividendi e di ritenute alla fonte Decisione della Corte: rigetta il ricorso del contribuente Le operazioni avvenivano nell’ambito di società facenti capo ai medesimi soggetti. L’accertamento qualificava le operazioni come “fittizie”, mentre il P.V.C. della Finanza le considerava “reali”. Il dominus dell’operazione acquistava numerose società non operative, al solo scopo di fruire dei considerevoli crediti di imposta da parte dell’acquirente. Le società venivano ricapitalizzate e riportate in perdita subito dopo l’attribuzione dei dividendi (così nel testo della sentenza, forse vogliono dire che la società distributrice del dividendo perdeva netto patrimoniale, il che ne consentiva la svalutazione, compensata dal dividendo cui era inerente il credito di imposta). Per i tributi non armonizzati a livello comunitario, il divieto di abuso discende dalle norme costituzionali della capacità contributiva e di progressività dell’imposizione, da cui l’illiceità di conseguire indebiti vantaggi fiscali mediante l’utilizzo distorto di strumenti giuridici, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili diverse dalla mera aspettativa di quel vantaggio. Richiamo a precedenti sentenze sulla natura abusiva del dividend washing. Conseguente elusività delle operazioni di acquisto e di vendita delle partecipazioni. Altra questione decisa: il termine per la costituzione in giudizio della controparte non è perentorio, e pertanto l’ufficio può costituirsi in udienza, stante la mancanza della sanzione di inammissibilità. Sentenza 20030 del 22 settembre 2010 Presidente: Pivetti - Relatore: Giacalone Contratti stipulati per eludere la normativa sulle quote latte – Liceità fiscale Periodo di imposta: non indicato (ante 1998 in considerazione dei tributi) Oggetto della lite: Maggior reddito IRPEG ILOR per simulazione della conclusione dei contratti di soccida Decisione della Corte: rigetta il ricorso dell’agenzia delle entrate La finalità dei contratti era quella di eludere la normativa comunitaria sulle “quote latte”. Non è stata provata una simulazione, e l’ufficio non aveva contestato che vi fossero costi o ricavi non contabilizzati, affermando solo che vi fosse stata una sostituzione soggettiva nella fatturazione del latte venduto. Da cui l’asserita non inerenza dei costi contabilizzati. L’abuso sussiste solo se le operazioni hanno lo scopo predominante e assorbente di conseguire vantaggi fiscali. Se lo scopo è diverso, non vi sono conseguenze in campo fiscale. Nella specie vi era un apporto solo formale del bestiame da parte del soccidante, che prima lo acquistava dal soccidario per poi rivenderlo a lui alla scadenza del contratto. L’apporto del soccidante era dato dalla sua disponibilità della quota latte. Gli aspetti economici dell’operazione trovano fondamento nelle pattuizioni contrattuali, che non hanno determinato vantaggi fiscali abusivi. Sentenza 13587 del 4 giugno 2010 (Alcatel) Presidente: Plenteda - Relatore: D’Alonzo Qualificazione del rapporto contrattuale – Attività di ricerca Periodo di imposta: non indicato Oggetto della lite: IVA sulle prestazioni di ricerca eseguite in Italia per conto di una società francese Decisione della Corte: rigetta il ricorso dell’agenzia delle entrate La società italiana eseguiva prestazioni di ricerca sulla base di un accordo di rapporti generali del 1° gennaio 1997. Ai fini dell’applicabilità dell’articolo 7, quarto comma, lettera e) della legge IVA (D.P.R. 633/72 e successive modificazioni) occorreva verificare se l’operazione aveva o meno ad oggetto un’attività di consulenza tecnica, nella specie fuori campo IVA per il domicilio del committente soggetto passivo di imposta in altro Stato comunitario. Ad avviso dell’agenzia il contratto avrebbe natura di “appalto”, anche in considerazione dell’obbligo di accettazione/collaudo (art. 1665 c.c.), e quindi non sarebbero state ravvisabili prestazioni di consulenza tecnica, essendo necessaria una organizzazione, mentre la consulenza consisterebbe in manifestazioni soggettive di opinioni su problemi tecnici. La CTR aveva concluso che la natura delle prestazioni prescinde dal tipo contrattuale posto in essere tra le parti. L’individuazione della fattispecie concreta, con riferimento alla qualificazione del contratto, ricercando la comune volontà delle parti, è di competenza del giudice di merito e non può essere proposta in cassazione, se non per vizio di motivazione. Non rileva la diversa interpretazione dell’agenzia, se non indica i motivi per cui sarebbero state violate le disposizioni dell’articolo 1362 (intenzione dei contraenti) e seguenti del codice civile, sull’interpretazione dei contratti. L’accettazione del risultato della ricerca da parte del committente non è solo connaturale al diritto dell’appaltante (art. 1665 c.c.) ma è una condizione espressa, pattiziamente convenuta nella libera autonomia contrattuale tra le due società. Sentenza 15496 del 30 giugno 2010 Presidente: Plenteda - Relatore: Marigliano Qualificazione del contratto di affitto agrario tra partecipanti assegnatari e cessionario conduttore Periodo di imposta: 1993-1999 Oggetto della lite: ICI – Rimborso dell’imposta pagata dal’affittuario Decisione della Corte: Rigetta il ricorso del comune I terreni appartengono ad un consorzio storico a proprietà indivisa, che lo mette a disposizione dei partecipanti assegnatari, i quali lo concedono in affitto a terzi. Il comune eccepiva che il contratto dovesse essere riqualificato come “usufrutto”, in quanto il conduttore riceve la cedola del possesso emessa dal consorzio, subentrando agli obblighi del partecipante assegnatario. Le espressioni usate nel testo dell’atto e i termini usati evidenziano la precisa volontà delle parti di concludere un contratto di affitto agrario. Il giudice di merito aveva interpretato il contratto secondo le regole degli articoli 1362 e 1363 c.c. (comune intenzione delle parti e interpretazione complessiva delle clausole). Nel contratto nulla si diceva in merito all’ICI, ma una simile pattuizione avrebbe avuto valore solo inter partes, senza alcuna rilevanza nei confronti del comune, in quanto soggetti di imposta sono solo quelli indicati dall’articolo 3 del D.Lgs. 504/92. Corte di Giustizia Europea – sentenza 22 dicembre 2010 nella causa C-277/09 – RBS Deutschland Holdings GmbH IVA – Divergenze fiscali tra i regimi degli Stati membri – Legittimo risparmio di imposta se non è generato da una costruzione di puro artificio Le direttive comunitarie in tema di imposta sul valore aggiunto intitolano “sistema comune”, ma lasciano molte opzioni al singolo Stato membro, che finiscono per consentire uno shopping tra le varie norme di recepimento nazionale. La Royal Bank of Scotland possiede una controllata in Germania, che ha stipulato un contratto di leasing con una società inglese titolare di una “flotta” di autoveicoli. La Germania non tassa l’operazione, in quanto considera il leasing cessione di beni, e i beni non sono mai entrati nel territorio tedesco, la Gran Bretagna lo considera prestazione di servizi che, sino al 2009 era da considerare “generica”, con la tassazione nel Paese del prestatore del servizio. Il fisco inglese, accortosi che l’operazione non pagava l’IVA tedesca, rifiuta la detrazione dell’IVA inglese sull’acquisto delle auto. La Corte accoglie la tesi del contribuente (“considerando” da 51 a 53), non essendo emersi elementi idonei a dimostrare l’esistenza di una costruzione artificiosa, priva di effettività economica, effettuata unicamente al fine di ottenere un vantaggio fiscale, dato che la società tedesca svolge attività di servizi finanziari e di leasing. Non c’è abuso di diritto, in quanto la società ha fornito effettivamente i servizi nell’ambito di una attività economica reale. I soggetti passivi sono generalmente liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative che ritengono più idonee per le loro attività economiche nonché al fine di limitare i loro oneri fiscali. In particolare nel dispositivo ammette che la società abbia utilizzato questa struttura “al fine di evitare l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto sui canoni”. La nozione di “costruzione artificiosa” (o “di puro artificio”) ricorre più volte nella sentenza Cadbury Schweppes (12 settembre 2006, nella causa C-196/04) e successive, ed è stata la matrice dell’attuale disposizione sulla normativa CFC: il vigente comma 167, comma 8-ter, del TUIR pone però a carico del contribuente la prova negativa a questo riguardo, mediante la procedura di interpello. Da tutte le sentenze della Corte di Giustizia risulta invece evidente che la prova dell’artificiosità deve essere data dall’amministrazione finanziaria.