Cassazione con sentenza n. 26550/2016

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Cassazione con sentenza n. 26550/2016
Civile Sent. Sez. 5 Num. 26550 Anno 2016
Presidente: TIRELLI FRANCESCO
Relatore: CARBONE ENRICO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29813/2011 R.G. proposto da
Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall'Avvocatura
Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma alla via dei Portoghesi
n. 12 domicilia ex lege;
- ricorrente contro
AM s.p.a. in liquidazione, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Flavio
Mattiuzzo e Michelino Luise, elettivamente domiciliata presso lo studio
di quest'ultimo in Roma alla Circonvallazione Clodia n. 19, per
procura in calce al controricorso;
- controricorrente e nei confronti di
Equitalia Friuli Venezia Giulia s.p.a.;
- intimata -
Il Conso Vere est.
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Corte di Cassazione - copia non ufficiale
Data pubblicazione: 21/12/2016
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli
Venezia Giulia n. 103/08/10 depositata il 26 ottobre 2010.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 dicembre
2016 dal Consigliere Enrico Carbone.
Udito l'Avv. Francesco Meloncelli per la ricorrente.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
ricorso.
FATTI DI CAUSA
La Commissione Tributaria Provinciale di Udine respingeva
l'impugnazione proposta dalla AM s.p.a. avverso la cartella di
pagamento n. 11520060002466645 emessa nei confronti della
società per ripresa IVA anno 2001 a recupero di un credito d'imposta
per ricerca scientifica.
La Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia
accoglieva l'appello della contribuente, riformava la sentenza ed
annullava ruolo e cartella.
L'Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione sulla base di tre
motivi.
AM s.p.a. in liquidazione resiste mediante controricorso.
Resta intimata l'agente della riscossione Equitalia Friuli Venezia
Giulia s.p.a.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, va esaminata l'eccezione di inammissibilità
del ricorso sollevata dalla controricorrente per aver l'Agenzia delle
Entrate impugnato solo il capo della sentenza d'appello relativo
all'annullamento della cartella di pagamento, mentre detta sentenza
ha annullato anche l'iscrizione a ruolo.
1.1. L'eccezione è infondata.
Il Co
ere est.
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Generale Immacolata Zeno, che ha concluso per l'accoglimento del
La difesa erariale ricorre per la cassazione della sentenza
d'appello nella sua interezza, difendendo anche il titolo della pretesa
fiscale e quindi necessariamente anche la legittimità dell'iscrizione a
ruolo sottesa alla cartella di pagamento.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa
applicazione del d.m. n. 275 del 1998, emanato in attuazione della I.
credito d'imposta malgrado l'omessa indicazione nel quadro RU della
dichiarazione dei redditi; il terzo motivo denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 2, comma 8 bis, d.P.R. n. 322 del 1998, per
-
aver il giudice d'appello ritenuto efficace la dichiarazione integrativa
tardivamente inoltrata dalla contribuente.
Questi motivi vanno scrutinati insieme perché connessi; il loro
esame è logicamente prioritario rispetto a quello del primo motivo.
2.1. Il secondo e terzo motivo di ricorso sono infondati.
L'amministrazione finanziaria non contesta la spettanza
sostanziale del credito d'imposta (pag. 8 di ricorso); richiama tuttavia
gli effetti decadenziali che l'art. 6 d.m. n. 275 del 1998 collega
all'omessa indicazione del credito d'imposta nella dichiarazione dei
redditi, effetti che non potrebbero essere sanati dalla dichiarazione
integrativa - qui peraltro tardiva - ex art. 2, comma 8 bis, d.P.R. n.
-
322 del 1998.
Questa linea difensiva rimanda all'orientamento di legittimità
secondo il quale la decadenza per omissione ex art. 6 d.m. n. 275 del
1998 preclude l'emendabilità della dichiarazione dei redditi (Cass.,
sez. trib., 14 novembre 2012, n. 19868; Cass., sez. trib., 24 ottobre
2014, n. 22673).
Il Collegio ritiene tuttavia di dover coordinare tale orientamento
interpretativo con il principio recentemente enunciato dalle Sezioni
Unite in tema di emenda delle dichiarazioni fiscali.
Il Co
ere est.
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n. 449 del 1997, per aver il giudice d'appello ritenuto spettante il
Com'è noto, argomentando dalla natura della dichiarazione
fiscale quale mera esternazione di scienza, dal parametro
costituzionale della capacità contributiva e dal canone statutario della
buona fede collaborativa, argomentando inoltre dall'autonomia logicogiuridica tra accertamento amministrativo ed accertamento
giurisdizionale, le Sezioni Unite hanno statuito che le decadenze
fase giudiziaria, sicché la mancanza o tardività della dichiarazione
integrativa non impedisce al contribuente di opporsi in sede
contenziosa alla maggiore pretesa erariale, pure allegando gli errori
commessi nella dichiarazione dei redditi (Cass., sez. un., 30 giugno
2016, n. 13378).
Enunciato per le imposte sui redditi, il principio è stato esteso
all'IVA, avendo le Sezioni Unite stabilito che - anche per la cogenza
eurounitaria della neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore
aggiunto - il diritto di detrazione non può essere negato in sede di
impugnazione della cartella sol perché sia stata omessa la
dichiarazione annuale, ove del diritto medesimo siano tuttavia provati
o incontestati i requisiti sostanziali (Cass., sez. un., 8 settembre
2016, n. 17757).
La decadenza comminata dall'art. 6 d.m. n. 275 del 1998 ha
natura esclusivamente formale, non riguardando gli elementi
costitutivi del diritto sostanziale, come fissati dall'art. 5 I. n. 449 del
1997.
Pertanto, essa incide unicamente sul piano amministrativo ed
esclusivamente sul medesimo piano agisce l'eventuale dichiarazione
integrativa.
La decadenza formale non impedisce al contribuente di opporre il
credito d'imposta in sede giudiziaria, dove egli potrà e dovrà provare
la sussistenza degli elementi costitutivi del credito d'imposta, qualora
contestata dall'amministrazione finanziaria.
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tributarie previste per la fase amministrativa non si estendono alla
Vale il seguente principio di diritto, che si reputa fondato sulle
richiamate enunciazioni delle Sezioni Unite: «in tema di incentivi
fiscali per la ricerca scientifica, il credito d'imposta concesso dall'art. 5
I. n. 449 del 1997 può essere opposto dal contribuente in sede
giudiziaria anche qualora egli sia incorso nella decadenza di cui all'art.
6 d.m. n. 275 del 1998 per non aver indicato il credito nella
integrativa, sempre che in giudizio i requisiti sostanziali del credito
d'imposta siano provati dal contribuente o incontestati dal fisco».
3.
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa
applicazione dell'art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, per aver il giudice
d'appello ritenuto inidonea la motivazione della cartella di pagamento.
3.1. Il motivo è inammissibile per difetto d'interesse, giacché
l'eventuale suo accoglimento non potrebbe comunque determinare la
cassazione della sentenza, questa essendo autonomamente sorretta
dalla
ratio decidendi
sull'infondatezza sostanziale del recupero
erariale, appena confermata nel § 2.1.
4. Il ricorso deve essere respinto, ma la novità delle questioni
impone di compensare le spese dell'odierno giudizio.
P. Q. M.
Respinge il ricorso e compensa le spese.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2016.
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pertinente dichiarazione dei redditi o in una tempestiva dichiarazione