La politica di remunerazione e l`integrità economica del capitale

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La politica di remunerazione e l`integrità economica del capitale
(Working Paper)
La politica di remunerazione e l'integrità
economica del capitale proprio
(Prof. GIUSEPPE CERIANI)
SOMMARIO: 1. La politica di remunerazione del capitale proprio - 2. Analisi critica del concetto di integrità del capitale - 3. La teoria della duplice tecn ica di valutazione - 4. Considerazioni conclusive
1. La politica di remunerazione del capitale pr oprio
Solitamente le imprese vengono concepite come strumenti di produzione della ricchezza.
In effetti, le imprese sono istituti economici ordinati alla soddisfazione dei bisogni umani, in quanto questa soddisfazione esiga consumo di beni economici che le imprese si assumono appunto il compito di produrre 1.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che le imprese hanno, anche, la funzione di distribuzione della ricchezza;
quest’ultima funzione viene attuata attraverso diversi canali fra i quali assumono preminente importanza quello delle
rimunerazioni del lavoro di ogni specie e quello delle rimunerazioni dei capitali in qualsiasi modo vincolati2.
Nell’ambito della politica volta alla rimunerazione dei finanziamenti, assume particolare importanza, nelle imprese capitalistiche o di finanziatori, quella riguardante la rimunerazione del capitale proprio.
Tale politica deve, da un lato, assegnare il reddito all’esercizio in chiusura, dall’altro, predisporre le basi richieste dalla permanenza futura di un adeguato flusso reddituale 3.
L’assegnazione del reddito ad un dato esercizio rende così necessario il calcolo di un complesso di valori che
per quantità e struttura costituisca la base di riferimento idonea a garantire l’adeguata rimunerazione di tutti i fattori
produttivi necessari all’equilibrato svolgimento della gestione futura.
In altri termini, per pervenire ad una corretta misura del reddito di esercizio, è necessario ricercare una adatta
quantità e qualità della categoria logica capitale.
Le quantità d’azienda richiamate vengono simultaneamente rilevate in un apposito documento amministrativo
che viene denominato bilancio di esercizio o di funzionamento.
Ora la dottrina economico-aziendale italiana ha ormai da tempo posto in chiara evidenza che il bilancio di funzionamento delle imprese non è costituito da un aggregato di valori attribuibili a distinti oggetti, considerati a sé
stanti, ma da un sis tema di valori 4.
Per conseguenza vi è la necessità di ricercare un «principio unificatore» che tenda logicamente a legare insieme
1
2
P. ONIDA, Economia, p. 82.
Osserva al riguardo l’ONIDA: «Ma non può dimenticarsi che le imprese esercitano una vasta e profonda azione,
diretta o indiretta, anche sulla distribuzione sociale della ricchezza e che, secondo il modo nel quale questa funzione
viene esercitata, la produzione, nel suo complesso, e le singole imprese, possono risultare variamente favorite o danneggiate nel loro sviluppo. Le imprese operano sulla distribuzione sociale della ricchezza per diverse vie, fra le quali
ricordiamo, come particolarmente notevoli, la politica dei dividendi e dell’autofinanziamento, la politica dei salari e
la politica dei prezzi» . P. ONIDA, Economia, p. 83.
3 L. DE M INICO, Elasticità, p. 281.
4 P. ONIDA, Standardizzazione, p. 202. Osserva in altro luogo l’Autore citato: «Il bilancio appare come un complesso ragionamento sull’economia dell’azienda, contemplata bensì, in un dato esercizio, ma in quanto questo costituisce un momento del mutevole divenire della gestione: momento che deve quindi essere esaminato e interpretato
alla luce delle sue relazioni con l’andamento passato e col presumibile andamento futuro della gestione stessa. Il
complesso ragionamento economico di cui si è detto, trova sintetica espressione e conclusione nel sistema dei valori
di bilancio; questi valori, pertanto, non possono essere correttamente intesi, quando non si conoscono i termini del
ragionamento che essi concludono e tanto meno quando vengono esaminati ciascuno a sé, astrattamente, al di fuori
del sistema di valori che concorrono a integrare. Così esaminati, i valori di bilancio riescono senza significato o difficilmente interpretabili, come le parole di un discorso contemplate al di fuori delle relazioni che le collegano in proposizioni e period i». P. ONIDA, Bilancio, p. 80.
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la determinazione dei distinti valori.
Il principio unificatore si identifica con lo scopo del bilancio di esercizio; lo scopo, quindi, assunto a principio
unificatore, compone il bilancio in unità logica e informa tutte le valutazioni 5.
La razionalità e la coerenza dei criteri di valutazione devono quindi essere giudicate unicamente alla luce del
principio unificatore che impone di indirizzare ad un unico scopo, o a più scopi tra loro compatibili, tutti i criteri di
valutazione, nel senso che il perseguimento di uno scopo non deve esigere valutazioni diverse da quelle richieste da
altri scopi.
Solo alla luce di tale principio unificatore i criteri per una corretta formazione del bilancio di esercizio possono
considerarsi razionali.
Per conseguenza tali criteri devono essere ricavati da una attenta disamina dello scopo assegnabile al bilancio di
funzionamento; tra gli scopi convenientemente assegnabili a tale bilancio vi è proprio quello di costituire un orie n tamento per ordinare la politica di rimunerazione dei finanziamenti attinti con vincolo di capitale proprio.
Si noti che questo é un tipico problema, che si presenta periodicamente a cadenza annuale, e riguarda tutte le
imprese di finanziatori indipendentemente dalla forma assunta dal soggetto giuridico, cioè imprese individuali, imprese rette da società di persone ed imprese rette da società di capitali nelle quali il rischio è sopportato dai finanzia tori con vincolo di capitale proprio, di proprietà o di r ischio.
Le conoscenze indispensabili, ma non sufficienti, per orientare la politica di rimunerazione del capitale proprio
in rapporto ai fini istituzionali dell’impresa, sono date primariamente dal reddito di esercizio rilevato nel conto economico.
Si tratta di calcolare il massimo valore che può essere prelevato senza pregiudicare le condizioni prospettiche di
equilibrio economico futuro oppure il minimo valore che deve essere apportato per ripristinare le condizioni prospettiche di equilibrio economico futuro. Tale calcolo si concreta nel valutare le operazioni in corso di svolgimento secondo due principi che conducono a valutare le singole operazioni sulla base del valore di presunto realizzo diretto o
indiretto oppure sulla base di presunta estinzione; é necessario inoltre, in un secondo momento, apprezzare l'attribuzione dei prudenziali valori limite con una valutazione di "sintesi" in modo da evitare di pregiudicare l'integrità economica del capitale.
Tuttavia, la politica in argomento deve soddisfare anche particolari esigenze finanziarie: essa, infatti, non può
prescindere dalla dinamica temporale dei flussi e dei deflussi finanziari della futura gestione aziendale che coinvolgono la futura copertura di capitale, il fabbisogno e le riserve attuali e potenziali di liquidità 6.
Al riguardo, l’orientamento della politica in parola, per quanto attiene alle esigenze finanziarie, è dato prevalentemente dal capitale di funzionamento rilevato nella situazione patrimoniale che costituisce l’altra parte del bilancio
di esercizio.
La complessa politica, volta alla rimunerazione dei finanziamenti attinti con vincolo di capitale proprio, deve
tendere a soddisfare opportunamente tanto le esigenze economiche quanto quelle finanziarie.
Sotto l’aspetto economico, la politica in argomento deve proporsi l’obiettivo di graduare nel tempo i prelievi
necessari per rimunerare il capitale proprio in modo da assicurare una sua adeguata rimunerazione anche negli esercizi futuri.
Sotto l’aspetto finanziario, la politica citata deve proporsi l’obiettivo di assicurare in futuro un conveniente andamento dei flussi e dei deflussi finanziari, senza turbare le condizioni prospettiche di equilibrio finanziario.
In effetti, il bilancio di esercizio, concepito come il principale strumento per l’attuazione della politica di rimu5
6
P. ONIDA, Standardizzazione, p. 202.
G. CERIANI, Flussi finanziari, p. 644.
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nerazione del capitale proprio, contiene valori che in gran parte sono correlati ad eventi che dovranno verificarsi in
futuro e che il compilatore del bilancio deve attentamente ponderare e prendere in considerazione.
Ora uno dei contributi che hanno dato gli studiosi italiani di ragioneria è proprio quello di aver messo in luce,
non solamente il carattere ipotetico del bilancio di esercizio, ma anche la possibilità di limitare l’arbitrio delle solu zioni irrazionali, mediante il ricorso alla pianificazione e programmazione d’impresa7.
Vi è chi ha suggerito di unire al bilancio di esercizio il progetto del bilancio preventivo dell’anno successivo e
possibilmente di un certo numero di anni successivi. Infatti, collegando il bilancio di esercizio al bilancio preventivo
o alla serie dei bilanci preventivi che si riferiscono alla gestione futura, si potrà avere un quadro indicativo sulla possibilità che i valori di bilancio si innestino con quelli che la futura gestione potrà origin are 8.
In effetti, tale bilancio, assolve tanto meglio allo scopo per il quale viene compilato, quanto più dimostrabile è il
suo collegamento con razionali piani e programmi di gestione.
D’altronde, viene dimostrata la necessità di inserire il capitale di funzionamento quale capitale preventivo ai fini
di una corretta formazione del piano di esercizio 9.
Per conseguenza i valori degli elementi del capitale di fun zionamento devono essere basati sulla possibilità del
loro inserimento nei piani degli esercizi futuri.
L’importanza dei piani nella valutazione delle operazioni in corso di attuazione discende dal fatto che essi costituiscono la predeterminazione delle operazioni da porre in essere per raggiungere anche in futuro i fini istituzionali
dell’impresa.
Essi, infatti, costituiscono il principale strumento della preordinata volontà di condurre, secondo una direttiva
concordata tra coloro a cui compete il governo dell’impresa, lo svolgimento dei processi produttivi futuri10.
In sede di compilazione del bilancio di esercizio si deve, quindi, armonizzare l’attribuzione dei valori con le esigenze di detti piani in quanto il bilancio di esercizio appare come il punto di partenza della futura attività gestionale
contemplata dai piani.
D’altra parte, tali piani vengono predisposti allo scopo fondamentale di conservare all’impresa la sua redditività
che ne giustifichi la sopravvivenza nel tempo 11.
Il fondamento logico della teoria dei piani utilizzabili nelle valutazioni del bilancio di eserc izio, è dato proprio
dalla teoria delle condizioni di equilibrio aziendale nell’ipotesi di normale funzionamento operat ivo 12.
2.
Analisi critica del concetto di integrità del capitale.
La determinazione del reddito di esercizio e del capitale di funzionamento presuppone l’impiego di uno strumento idoneo ad esprimere in termini omogenei quantità per lo più eterogenee.
Tale strumento è notoriamente la moneta di conto la quale consente di ridurre una pluralità eterogenea di quantità in una unità omogenea di valori.
7 N. ROSSI , Bilancio, p. 134.
8 A. A MADUZZI, Gestioni, p. 263.
9 E. A RDEMANI, Capitale, p. 243.
10 N. ROSSI , Bilancio, p. 134.
11 N. ROSSI , Bilancio, p. 233.
12 A. A MADUZZI, Gestioni, p. 29 e
M. CATTANEO, Bilancio, p. 263.
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D’altra parte, la necessaria premessa logica delle rilevazioni contabili sistematiche si ritrova nell’omogenea determinazione dei valori scaturenti dagli scambi dell’impresa con terze econo mie sempre mediante l’impiego dello
strumento della moneta di conto13.
E noto che la moneta di conto, mentre si conserva nominalmente immutata, può presentare variazioni più o meno sensibili nel suo valore economico.
In effetti, il valore economico di una determinata quantità di moneta, espresso in termini di un altro bene idoneo
allo scambio, appare come la quantità di questo bene che si può scambiare contro quella quantità di moneta 14.
Più in dettaglio si deve parlare di valore economico particolare della moneta rispetto a un dato bene: sotto questo aspetto una data moneta può avere tanti valori economici quanti sono i beni con i quali essa può essere scambiata;
ne consegue che il valore di ciascuno di questi beni risulta inequivocabilmente determinato dal prezzo al quale quel
bene viene scambiato in un dato mercato e in un dato momento15.
Per valore economico generale della moneta s’intende, invece, il potere di acquisto della moneta rispetto, non
già a questo o a quel bene specifico, ma a vasti gruppi di ben i.
Il valore economico generale della moneta non può avere in concreto che espressione e misurazione affatto convenzionale e astratta.
Comunemente esso si esprime mediante numeri indici generali dei prezzi riferiti a dati gruppi di beni. Si osserva
al riguardo che un numero indice dei prezzi riesce tanto più idoneo a segnalare le variazioni del valore economico
generale della moneta, quanto maggiore è la vastità del gruppo di beni preso in esame e l’ampiezza e frequenza delle
negoziazioni nelle quali si formano i prezzi di questi beni.
Come è dimostrato da recenti esperienze in quasi tutti i paesi, il potere di acquisto della moneta è soggetto a
brusche variazioni, anche in brevi periodi di tempo, in connessione a fenomeni di inflazione o molto più raramente di
deflazione.
I riflessi di tali variazioni sull’economia dell’impresa sono in genere complessi e molto vari a causa delle profonde ripercussioni che esse suscitano nei mercati di sbocco in rapporto ai cambiamenti intervenuti nei mercati di
incetta dei fattori produttivi: i movimenti dei prezzi-ricavi non sempre sono sincroni e tali da compensare completa mente quelli dei prezzi-costi. Per conseguenza, rispetto ad ogni singola impresa, tali movimenti si riflettono indistin tamente, in un senso o nell’altro, sui risultati economici dell’esercizio.
Si aggiunga che le oscillazioni del valore economico della moneta possono arrecare danni o vantaggi alle singole aziende anche in relazione alle posizioni di debito o di credito in cui queste si trovano. In effetti, la moneta, pur
variando anche fortemente nel suo valore economico, conserva immutato il suo valore nominale e quindi - salvo patto contrario - il suo potere liberatorio delle obbligazioni espresse in quantità nominale della stessa moneta.
In altri termini, nonostante il variare del potere di acquisto di una data moneta, non varia il valore nominale dei
debiti o dei crediti, espressi in quella moneta; pertanto il valore economico dei debiti o dei crediti diminuisce o aumenta nella stessa misura in cui diminuisce o aumenta il valore economico della moneta in cui sono espressi e con la
quale possono essere liberati. In connessione a queste condizioni, la svalutazione della moneta arreca - a parità di altre condizioni - vantaggi ai debitori e danni ai creditori di moneta, mentre effetti opposti sono prodotti dalla rivalutazione.
Ora, si osservi che, comunque venga configurato il reddito di esercizio, la sua determinazione può definirsi "razionale e corretta" solo quando viene presumibilmente assicurata l'integrità economica dell'investimento effettuato in
13
14
15
G. ZAPPA, Reddito, p. 267.
G. ZAPPA, Reddito, p. 222.
C. M ASINI, Valutazioni, p. 54 e M. CATTANEO, Misurazioni, p. 95.
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condizioni di capitale proprio ne ll'impresa di finanziatori considerata.
Al riguardo, è stato da tempo puntualizzato che «prima di poter giustificare un reddito deve essere conservato
un capitale di uguale potenza economica»16; ciò consente di pervenire alla conclusione che «gli adeguamenti per va riazioni monetarie tendono ad evitare, direttamente o indirettamente, che risulti compromessa l’integrità strutturale e
funzionale del capitale» 17.
Gli adeguamenti in paro la danno contenuto a diverse metodologie di assestamento che non hanno tuttavia nel
tempo polarizzato unanimità di consensi; tali metodologie si basano sul comune fondamento che in periodi di altera zione del potere di acquisto della moneta di conto la misura del reddito risulti corretta solo qualora sia salvaguardata
l’integrità economica del capitale netto esistente all’inizio dell’esercizio.
Tale integrità viene postulata non in senso puramente fisico ma esclusivamente in termini di valore 18.
L’integrità economica del capitale nel tempo pur essendo comunemente concepita in termini di valore viene,
tuttavia, intesa in modo affatto vario.
In una prima concezione si possono far rientrare tutte quelle metodologie che propongono l’utilizzo di coefficienti di correzione desunti dalle variazioni dell’indice generale dei prezzi.
Come si può osservare la concezione in esame si fonda sul presupposto che il reddito di esercizio sia la variazione del capitale netto iniziale, alla fine dell’esercizio considerato, nell’ipotesi in cui quest’ultimo venga mantenuto
invariato nei confronti delle oscillazioni del valore economico generale della moneta di conto 19.
Si osserva, infatti, che il reddito di esercizio viene solitamente definito come l’incremento o il decremento che
subisce il capitale netto iniziale per effetto della gestione durante un periodo ammin istrativo.
Tuttavia, questa nozione di reddito di esercizio è accettabile solo in via di prima approssimazione, in quanto astrae dalle variazioni del valore economico della moneta di conto.
Qualora si volesse tener conto di tali variazioni, il reddito di esercizio potrebbe piuttosto essere definito come
l’incremento o il decremento che subisce per effetto della gestione, il capitale netto iniziale, rivalutato mediante
l’applicazione di un coefficiente espressivo della riduzione del potere di acquisto della moneta verificatasi nel periodo amministrativo 20.
Tale concezione si basa sul fondamento che la salvaguardia dell’integrità economica del capitale consista nel
mantenere invariato il generico potere di acquisto della quantità di moneta espressa da quel capitale; per conseguenza
quest’ultimo appare come «un fondo astratto di valori monetari, un quantum suscettibile di mutar forme specifiche di
investimento, sia nell’ambito della stessa impresa, sia fuori di essa ed anche, a lungo andare, di essere distolto da impieghi produttivi per ricevere una destinazione al consumo» 21.
In effetti, solamente dalla nozione di capitale come entità monetaria che trascende gli specifici investimenti di
16 Il primo Autore a sottolineare più di 80 anni fa tale problematica è stato E. W ALB, il quale così scrive: «Prima
di poter giustificare un reddito deve essere conservato un capitale di uguale potenza economica ovvero, come anche
si può dire appoggiandosi alla terminologia invalsa per il salario, lo stesso capitale originario reale» . E. W ALB, Das
Problema, p. 341-343 e De Erfolgsrechnung, passim. Osserva al riguardo il DE DOMINICIS: «Comunque venga concepito il reddito di impresa relativo a un determinato periodo amministrativo, non vi è dubbio che alla base della sua
determinazione contabile vi sia il concetto di integrità economica del capitale nello stesso intervallo di tempo». U.
DE DOMINICIS, Bilanci, p. 63. Anche il D’IPPOLITO è dello stesso avviso: «La misura del reddito rilevato è corretta
quando è presumibilmente assicurata l’integrità del capitale preesistente, al lume delle previsioni che possono porsi
all’epoca del bilancio sul futuro manifestarsi delle operazioni aziendali in corso». T. D’IPPOLITO, Contabilità, p. 181.
17 A. RIPARBELLI, Dissesti, p. 245.
18 U. DE DOMINICIS, Bilanci, p. 64 ed E. A RDEMANI, Autofinanziamento, p. 211.
19 V. CODA, Certificazione, p. 52.
20 V. CODA, Introduzione, p. 69.
21 U. DE DOMINICIS, Bilanci, p. 67.
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una comb inazione produttiva può discendere la conseguenza logica che l’integrità economica del capitale nel tempo
debba essere misurata dalle variazioni dell’indice generale dei prezzi 22.
Ora tale proposizione appare correttamente formulata solo nell’ipotesi di liquidazione dell’impresa mentre non
sembra che sia del tutto appropriata qualora la gestione si svolga in condizioni di normale funzionamento operativo.
L’invarianza in termini monetari del capitale netto non è il fine caratteristico delle imprese in funzionamento,
in quanto queste ultime perseguono l’obiettivo di rimunerare adeguatamente tutti i fattori produttivi necessari per
garantire ad esse la sopravvivenza nel tempo.
D’altra parte, l’impiego di un indice di variazione del valore economico della moneta allo scopo di assicurare
l’invarianza monetaria del capitale netto si basa sul presupposto che un solo dato esterno all’economia dell’impresa
sia efficace espressione delle variazioni particolari di tutte le componenti il sistema dei valori d i azienda.
In effetti, nell’ipotesi che metà dei prezzi esistenti in un dato sistema economico si muovano con la stessa intensità ma in direzione opposta alla variazione dei prezzi costituenti l’altra metà si è in presenza di una variazione di
tutti i valori economici particolari della moneta e di una costanza del valore economico generale del modulo monetario.
Gli effetti delle variazioni dei valori economici particolari della moneta sono per le singole imprese sostanzia lmente equivalenti ad analoghe varia zioni del valore economico generale della stessa moneta per il sistema economico.
Il valore economico generale del modulo monetario è, quindi, un dato quasi del tutto trascurabile per la singola
impresa mentre i valori economici particolari della moneta rispetto ai beni e servizi utilizzati dall’impresa considerata costituiscono dati di estrema importanza ai fini della stesura dei piani e programmi, e di conseguenza ai fini della
determinazione del reddito e del capitale del bilancio di esercizio.
In altri termini, l'impostazione che ritiene integro il capitale in relazione al potere di acquisto generico della moneta conduce ad una rettifica automatica del capitale netto iniziale che non tiene nel dovuto conto le condizioni particolari in cui si svolge la gestione dell’impresa considerata.
Al riguardo, si può osservare come l’intricata formazione dei valori si opponga a troppe ingenue regole di collegamento tra dati indici e dati valori per attuare la conversione 23.
Sotto un altro aspetto la concezione della salvaguardia dell’integrità economica del capitale in termini monetari
si fonda sul postulato che si possano distinguere e determinare separatamente due specie di risultati economici: uno
connesso alle sole variazioni dei valori economici della moneta, l’altro connesso alla gestione dell’impresa.
In sede di attuazione della politica di rimunerazione del capitale proprio non appare corretto supporre che le variazioni delle quantità di azienda possano essere in parte originate dalle oscillazioni del generale valore economico
della moneta di conto.
Le stime necessarie per la determinazione del reddito e del capitale di bilancio si basano sui molteplici sintomi
espressione della differente considerazione di condizioni interne ed esterne all’economia dell’impresa; per il loro
tramite si tende all’accertamento di tendenze o di relative costanze negli andamenti delle quantità di azienda e di
mercato.
In altri termini, nei processi di valutazione si tende a percepire il concorso congiunto dei mo lteplici fattori e
l’in flusso complessivo di condizioni presenti e future dominanti lo svolgimento dell’economia dell’impresa.
22 U. DE DOMINICIS, Bilanci, p. 68; osserva l’Autore citato: «Si può dunque ritenere che un indice medio generale tra l’indice dei prezzi all’ingrosso, quello dei salari e stipendi e quello dei prezzi al minuto sia il più idoneo al calcolo del variabile potere di acquisto generico di un capitale e quindi del valore che assicuri la sua reintegrazione economica». U. DE DOMINICIS, Bilanci, p. 71.
23 C. M ASINI, Valutazioni, p. 631.
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Non è quindi consentito formulare ipotesi che si propongono la distinta determinazione degli effetti originati da
una condizione rispetto all’influsso di tutte le altre, in quanto le diverse condizioni agiscono sempre e necessaria mente in via affatto complementare.
Per conseguenza non sembra possa reggere la determinazione di un distinto risultato attribuibile ai mutamenti
del potere di acquisto della moneta rispetto a quello dovuto congiuntamente alla dinamica dei mercati, ai cambia menti delle combinazioni produttive di azienda, al progresso tecnologico, ecc.
In una seconda concezione si possono far rientrare tutte quelle metodologie di assestamento che utilizzano coefficienti desunti dalle variazioni degli indici particolari dei prezzi: secondo tale concezione l’integrità economica del
capitale viene intesa come tendente alla costanza del valore degli investimenti effettuati dall’impresa in dati beni
specifici: tale concezione si fonda, quindi, sul fondamento che il capitale è mantenuto integro con riferimento ai beni
reali in cui è investito.
L'elaborazione concettuale in esame si differenzia nettamente da quella prima criticata; in effetti, l’impostazione
in argomento persegue l’obiettivo di assicurare l’invarianza del capitale in termini di beni investiti nella impresa e
espressi in unità monetarie.
In altre parole, si tende a preservare la capacità della gestione di riprodurre le stesse combinazioni produttive assicurando la continuità dell’impresa anche in futuro.
Sotto questa angolazione, la cessione di un elemento del capitale comporta per l’impresa considerata il problema della sostituzione dello stesso con un altro elemento avente le medesime caratteristiche; per conseguenza la convenienza di una operazione viene giudicata contrapponendo al ricavo di vendita il costo dell’elemento che sostituisce
quello ceduto e non il costo storico dell’elemento alienato.
Si sostiene che solo in tal modo risultano salvaguardate le «risorse reali dell’impresa» e ne è assicurata la continuità.
Ne consegue la necessità di impiegare indici che riflettono le variazioni dei valori economici particolari della
moneta desunti dalle oscillazioni avvenute nei prezzi dei beni specifici che sono investiti nell’impresa.
L'impostazione in esame si basa sul fondamento che il reddito di esercizio sia la variazione del capitale netto
iniziale, alla fine dello esercizio considerato, nell’ipotesi che quest’ultimo venga mantenuto invariato rispetto alle
oscillazioni dei valori particolari della moneta dei singoli mezzi a disposizione dell’impresa all’inizio dell’esercizio.
Per conseguenza, in tale ipotesi il reddito potrebbe essere definito come l’incremento o il decremento che subisce, per effetto della gestione, il valore di ricostituzione del capitale netto iniziale, opportunamente rivalutato mediante l’applicazione ai suoi singoli elementi di coefficienti espressivi delle variazioni particolari della moneta di
quei beni e servizi oggetto della gestione dell’impresa.
Giova, tuttavia, osservare come l’impresa sia soggetta a frequenti e continui cambiamenti nei processi e nelle
combinazioni produttive; per conseguenza non si può fare troppo affidamento sul fatto che gli indici prescelti rappre sentino veramente il tasso di incremento dei prezzi dei beni particolari investiti nell’impresa24.
D’altra parte, la costanza in termini dei valori di investimento del capitale netto non è anche in questo caso lo
scopo caratteristico dell’impresa la quale, come si è sopra scritto, ha come fine istituzionale l’adeguata e duratura
24 Osserva al riguardo il M ASINI: «L’azienda cambia continuamente i suoi processi di produzione e le sue combinazioni produttive; il capitale netto di funzionamento è soggetto a continue e difformi variazioni, i capitali economici di impresa sono sempre in movimento. Nelle aziende le valutazioni sono fatte anche servendosi di termini di
riferimento propri di calcoli vari di supposta costanza in termini reali di date misure di capitale secondo date nozioni;
ma porre il fine di perseguire “una costanza del capitale di impresa in termini reali”, e perciò porre un’uguale ipotesi come fondamentale per le determinazioni di esercizio e fuori esercizio, è profondamente errato ed è fonte di effetti
nocivi che molto si protraggono nel tempo anche nella prat ica». C. M ASINI, Valutazioni, p. 615.
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rimunerazione di tutti i fattori produttivi atti a garantirne anche in futuro la sopravvivenza.
Pertanto non è corretto formulare l’ipotesi unica e generale che le imprese tendano al conseguimento di un reddito costante e di un capitale netto costante in termini di valori investiti secondo i prezzi di riferimento di un dato
tempo base in quanto ciò implicherebbe un’irreale espressione dei risultati economici dell’impresa considerata.
E' stato acutamente osservato come si cada in un «grossolano errore quando si parla di integrità “del capitale
reale di impresa” o di “costanza del capitale di impresa in termini reali”, come se fosse ottenibile con i vari mecca nismi dei metodi di valutazione applicati alle diverse specie di valori in tempi di svalutazione monetaria»25.
D’altra parte, gli assidui cambiamenti delle combinazioni produttive d’impresa e delle condizioni di ambiente
economico non possono essere desunti solo dalle passate varia zioni di valo ri economici particolari della moneta.
Le conversioni di valore proposte per salvaguardare l’integrità economica del capitale in termini di valori investiti hanno invece dominante fondamento nel passato in quanto si basano sulle avvenute varia zioni dei valori economici della moneta rispetto a dati beni particolari.
Esse quindi non introducono nella rettificazione dei valori la osservazione in prospettiva dell’economia di impresa e di ambiente e perciò non tengono nel dovuto conto le molteplici ripercussioni sui valori del sistema dovute ai
cambiamenti dei processi produttivi di presunta attuazione futura.
Il mancato riferimento alle future combinazioni produttive può spesso provocare la determinazione di valori che
sono espressione di particolari momenti congiunturali di dati mercati risultando quindi estranei alle concrete circo stanze economiche che qualificano le prospettive della combinazione produttiva. Queste ultime circostanze, invece
che in passate variazioni dei valori economici particola ri, «si reputa siano meglio rintracciabili in dinamiche, anche
di ampia prospettiva, quali quelle palesate, ad esempio, dai piani di rinnovo ed ampliamento delle immobilizzazioni
nel quadro dello sviluppo delle tecnologie, dell’evoluzione dei prezzi e dei comportamenti della concorrenza» 26.
Per conseguenza per una corretta determinazione del reddito e del capitale è necessario disporre di strumenti che
consentano di apprezzare la futura politica di rinnovo dei fattori produttivi connessi con le operazioni in corso di
svolgimento alla data di chiusura dell’esercizio 27.
Non bisogna, infatti, dimenticare che i redditi che l'impresa frutterà in futuro dipendono da un complesso di
condizioni e circostanze interne ed esterne all'impresa stessa, delle quali il capitale non è né la sola né, spesso, quella
di maggior rilievo.
In altri termini, il reddito promana dall'unitaria gestione dell'impresa e non solo dal fattore produttivo generico
rappresentato dal capitale 28.
Ne consegue che il principio della salvaguardia dell'integrità economica del capitale deve essere esteso fino a
considerare il conveniente svolgimento della gestione futura limitatamente, almeno, al periodo che può essere oggetto di fondate previsioni.
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28
C. M ASINI, Valutazioni, p. 615.
A. PROVASOLI, Adeguamento, p. 741.
A. PROVASOLI, Adeguamento, p. 718.
Osserva al riguardo lo Zappa: «Il reddito ... promana da tutto il complesso, ma pur coerente svolgersi della gestione». G. ZAPPA, Reddito, P . 283.
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Le più o meno sensibili alterazioni del livello generale dei prezzi, secondo gli indici che empiricamente le esprimono e le misurano, sono dovute a sensibili variazioni della massa di moneta legale o bancaria disponibile, nonché della sua velocità di circo lazione in un dato paese e tempo, mentre restano fermi il reddito nazionale e le quantità
di beni offerte sul mercato in quel dato paese ed in quel dato tempo.
D’altra parte, non tutte le variazioni del sistema dei prezzi si accompagnano ad alterazioni nel livello generale
dei prezzi medesimi, mentre queste ultime si accompagnano immancabilmente a modificazioni anche profonde nei
rapporti di scambio tra i vari beni.
In effetti, si può osservare che il sistema dei prezzi varia incessantemente.
Le variazioni del potere di acquisto della moneta sono sempre accompagnate da perturbazioni economiche che
incidono in vario grado sulla situazione economico-finanziaria della singola impresa.
Le variazioni strutturali del sistema dei prezzi, qualsiasi ne sia l’origine, determinano variazioni di diversa ampiezza, non sempre simultanee, nel sistema dei costi-ricavi di ciascuna impresa, con effetti ben dissimili
sull’andamento economico dell’esercizio: in alcuni casi i ricavi variano prima e più ampiamente dei costi, in altri ca si accade invece il contrario.
Per conseguenza i riflessi delle variazioni in esame possono essere diversi da settore produttivo a settore produttivo e al limite da impresa a i mpresa.
In definitiva, le perturbazioni dell’ambiente circostante hanno un’importanza più o meno rilevante a seconda
delle modificazioni che esse provocano o possono provocare sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa.
Quest’ultima può variare anche in relazione alle condizioni interne vincolanti lo svolgimento della gestione aziendale.
Si può così concludere che le perturbazioni monetarie sono sempre accompagnate da perturbazioni economiche,
mentre non è vero il contrario; per la singola impresa, tuttavia, interessa l’influenza che queste perturbazioni determinano sulla sua situazione economico-finanziaria.
Alla luce delle considerazioni precedenti ci si può domandare se sia vero che la razionalità dei principi di bilancio deve essere ricercata anche in relazione alla generalità della loro applicazione in presenza di qualsiasi variazione
delle circostanze interne ed esterne all’impresa vincolanti lo svolgimento della gestione, o se sia utile impiegare dei
criteri di valutazione diversi in relazione alla maggior o minor stabilità della situazione economico-finanziaria
dell’impresa.
Nella dottrina economico-aziendale italiana si è formata una corrente di pensiero che propone l’impiego complementare di due tecniche ai fini della determinazione del reddito di esercizio e del capitale di funzionamento; tali
tecniche vengono denominate «tecnica di valutazione di esercizio» e «tecnica di valutazione fu o ri esercizio»29.
L’autorevolezza di tale corrente di pensiero impone di procedere ad una accurata analisi della relativa impostazione concettuale allo scopo di effettuare un rigoroso esame sulle differenti alternative che possono prospettarsi al
presente studio.
Già nell’opera dello Zappa è possibile avvertire le premesse della posizione di pensiero più sopra citata; in effe tti, nella concezione di questo Autore, la determinazione del reddito di esercizio si fonda, qualora la gestione non muti con assidua frequenza, sulla costanza dei valori immobilizzati del capitale nei confronti delle oscillazioni dei valori
di mercato; tale ipotesi, a giudizio dell’Autore citato, è utile in quanto consente la rapida rilevazione di notevoli classi di componenti di reddito e di capitale: essa, però, non può resistere per ampi periodi di tempo "al superiore influsso dell’ambiente economico sul complesso aziendale, che in esso dispiega la sua perturb ata es istenza» 30.
29
30
C. M ASINI, Valutazioni, p. 357 e segg.
G. ZAPPA, Reddito, p. 93.
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Giuseppe Ceriani
La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
Per l’Autore in questione, la rilevazione sistematica del reddito di esercizio nel lungo andare non può prescindere, al fine di una consapevole e ben fondata determinazione dello stesso, "dalla considerazione del valore economico
di gruppi notevoli di valori cap itali» 31.
Per conseguenza lo Zappa sostiene la necessità, soprattutto in tempi succedentesi a periodi di notevoli alterazioni nei prezzi dei valori immobilizzati del capitale, di procedere ad una rivalutazione dei valori assegnati in bilancio a
tali fattori produttivi nella prospettiva di costituire «una nuova base non effimera, né troppo eterogenea, alla determinazione attendibile dei futuri redd iti» 32.
In conclusione, nel pensiero zappiano la costanza dei valori immobilizzati del capitale è utile solo per limitati
periodi di tempo e nell’ipotesi di lenti cambiamenti delle circostanze di impresa e di ambiente, vincolanti lo svolgimento della gestione aziendale; quando muta l’ipotesi enunciata, è necessario procedere «a generali o a particolari
rivalutazioni, che offrano rinnovato fondamento alla rilevazione dei redditi di eserc izio» 33.
Il merito di aver teorizzato in forma sistematica l’esigenza di impiegare due distinte tecniche valutative, complementari ma diverse, spetta però, a Carlo Masini e al suo allievo Vittorio Coda 34.
Alla base della teoria di tali Autori vi è il presupposto che la produzione economica di impresa si misuri determinando le variazioni, positive o negative, che il capitale subisce per effetto della gestione configurata periodica mente in esercizi.
Le variazioni di capitale prodotte dalla gestione d’impresa sono distinte dagli Autori citati in «variazioni di capitale di esercizio» e «variazioni di capitale di rivalutazione». Le variazioni di capitale di esercizio sono rilevate periodicamente con i bilanci di esercizio, nei quali esse appaiono sia come differenza tra il capitale netto finale con
quello iniziale, sia come risultato della somma algebrica dei componenti positivi e negativi di reddito di competenza
dell’eserc izio. Le variazioni di capitale di rivalutazione vengono rilevate, invece, saltuariamente, qualora si proceda
ad una valutazione fuori esercizio del capitale di fun zionamento; esse sono misurate dal confronto tra il capitale netto
rivalutato con quello da rivalutare, entrambi riferiti al medesimo istante temporale.
Le variazioni di capitale, di esercizio e di rivalutazione, congiuntamente considerate, misurano, secondo
l’impostazione teorica citata, la produzione economica dell’impresa: le prime sono pertinenti ad un esercizio, le seconde a più esercizi.
Per conseguenza, secondo l’impostazione in argomento, la metodologia per la determinazione del reddito di esercizio e del connesso capitale di funzionamento si deve estrinsecare in due distinte tecniche di rilevazione applicate
in modo intrecciato e congiunto. Una prima tecnica tende alla rilevazione del reddito di competenza dell’esercizio;
un’altra tecnica si propone lo scopo di predisporre, mediante valutazione fuori esercizio, un nuovo sistema di valori
31
32
G. ZAPPA, Reddito, p. 93.
G. ZAPPA, Reddito, p. 583; prosegue l’Autore citato: «Nella rivalutazione degli impianti, si potrebbe credere
che essi in genere dovessero essere valutati nell’insieme come un complesso, atto alla produzione economica. Tale
determinazione, che tra l’altro spezzerebbe l’unità del capitale dell’impresa in avviamento, presenta tante e tali difficoltà logiche e di fatto, che nel concreto viene sostituita con l’attribuzione, a ciascun gruppo di elementi più strettamente vincolati in un’unità economica, di un valore di ricompera o di riproduzione, modificato eventualmente anche
in relazione allo stato di deperimento degli impianti valutati. Questa ardua valutazione a presunto costo attuale di beni che spesso non sono oggetto di negoziazione corrente, subisce numerosi adattamenti imposti da molteplici e mutevoli circostanze di fatto, ma soprattutto non può prescindere dall’azione di riflesso esercitata su ogni valutazione stimata dalla situazione economica dell’impresa. In particolar modo può affermarsi che solo una buona situazione
economica può giustificare un generale aumento dei valori già nei conti attribuiti agli impianti». G. ZAPPA, Reddito,
p. 584.
33 G. ZAPPA, Reddito, p. 93.
34 C. M ASINI, Valutazioni, p. 379 e segg.; Bilanci, p. 2 e segg.; Ipotesi, p. 39 e segg.; V. CODA, Capitali, p. 11 e
segg.; Certificazione, p. 26 e segg.; Introduzione, p. 19 e segg.
Giuseppe Ceriani
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
per le future determinazioni dei risultati economici di periodo35.
La tecnica di valutazione di esercizio prende in esame esclusivamente correlazioni con condizioni passate e con
quelle previste nell’immediato futuro. La tecnica di rivalutazione, anche se trova un rilevante vincolo nel sistema dei
valori di azienda derivati dal passato, è soggetta al dominio di condizioni presenti e soprattutto previste in un futuro
di non breve periodo 36.
Nel pensiero degli Autori citati, le valutazioni sono, quindi, differenti nelle due tecniche in relazione alla diversa
prospettiva temporale considerata al momento dell’attribuzione dei valori: la tecnica di valutazione di esercizio si
limita a prendere in esame un ristretto numero di esercizi, mentre la tecnica di rivalutazione si distende ad indagare
più vasti insiemi di operazioni nell’ambito della unitaria vita dell’impresa.
In altri termini, la penetrazione in prospettiva è più ampia nella rivalutazione in quanto quest’ultima ha come
scopo la predisposizione dei dati utili per le future determinazioni di esercizio 37.
Per la determinazione del reddito di esercizio, gli Autori in esame propongono, quindi, di impiegare una tecnica
valutativa per la quale alcuni valori attivi del capitale di funzionamento o vengono tenuti costanti per più periodi
amministrativi o, tutt’al più, al termine di ogni esercizio, vengono fatti variare indirettamente, attraverso la variazio ne di correlate poste passive38. Per converso alcuni valori passivi del capitale di funzionamento hanno una variabilità definita in ciascun esercizio dal calcolo di quote congetturate in relazione al limitato orizzonte temporale proprio
della valutazione di esercizio 39.
Anche il capitale netto ha una variabilità circoscritta di esercizio in esercizio dalla rilevazione dell’utile netto o
della perdita netta e dalle eventuali variazioni estranee alla gestione ordin aria 40.
Al fine di definire esattamente i valori che secondo la tecnica citata hanno una variabilità limitata, gli Autori in
parola distinguono «i valori economici comuni a due esercizi con correlazione non lontanamente mediata alle varia zioni di esercizio, dai valori economici comuni a più di due esercizi» 41.
I valori economici comuni a due esercizi concorrono direttamente e globalmente alla formazione del reddito di
ciascun esercizio; essi possono venire valutati in ogni esercizio con riferimento ai previsti cambiamenti sia delle
combinazioni produttive sia delle condizioni di ambiente. Tali valori danno origine, contabilmente, alle rimanenze
attive e passive, ai ratei attivi e passivi, ai risconti attivi e passivi.
I valori economici comuni a più di due esercizi partecipano, invece, alla formazione del reddito di esercizio indirettamente o per quote parti congetturate.
35
36
C. M ASINI, Valutazioni, p. 372.
C. M ASINI, Valutazioni, p. 432; prosegue l’Autore citato: «Nella tecnica delle valutazioni di esercizio dominano le condizioni di svolgimento dell’economia di azienda e di ambiente dell’esercizio; ... Nella tecnica di generale
rivalutazione, i risultati trovano per vero una rilevante condizione nel sistema di valori di azienda in atto, conseguenza anche del passato, ma sono dominati dal concorso alla valutazione di condizioni presenti e previste future». C.
M ASINI, Valutazioni, p. 433.
37 C. M ASINI, Valutazioni, p. 433.
38 V. CODA, Certificazione, p. 57.
39 V. CODA, Certificazione, p. 57.
40 V. CODA, Certificazione, p. 57; come è noto le variazioni estranee alla gestione ordinaria si concretano solitamente in nuovi conferimenti, rimunerazioni e rimborsi. Si veda al riguardo il paragrafo primo dell’ultimo capitolo.
41 C. M ASINI, Bilanci, p. 15; a proposito dei «valori comuni a più esercizi» lo stesso Autore osserva «La correlazione tra fenomeni d’azienda, considerati costituiti in processi, per non limitati gruppi, di frequente non si esaurisce
in un esercizio: componenti di reddito rilevati come quantità di un esercizio hanno relazioni avvincenti anche con
componenti di reddito rilevati come quantità di altri esercizi; si ha così il sorgere di «valori comuni a più esercizi»
espressione tipica della continua unità dell’azienda. Il succedersi di numerosi e diversi processi produttivi, il formarsi
«periodico di processi differenti, la congiunzione di molti processi con altri processi lontani, sono caratteristiche salienti dell’economia delle imprese». C. M ASINI, Valutazioni, p. 383.
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
I valori appartenenti a tale classe vengono dis tinti dagli Autori in esame «in valori con formazione unitaria e in
valori che si formano per aggregazione successiva di quote congetturate espressive del concorso alla determinazione
dei risultati netti degli esercizi di valori economici comuni a più esercizi della prima specie, già rilevati o di manife stazione futura» 42.
I valori economici comuni a più di due esercizi che si formano per aggregazione successiva danno origine ai
«fondi ammortamento», ai «fondi spese future», ai «fondi rischi» 43.
I valori economici comuni a più di due esercizi con formazione unitaria vengono suddivisi a seconda che concorrano o non concorrano, per quote parti congetturate, alla determinazione dei redditi degli esercizi a cui sono comuni. Appartengono alla prima specie i valori delle immobilizzazioni tecniche, siano essi valori originari di acquisto
o valori congetturati per lavori di costru zione o di installazione eseguiti in economia o valori di apporto o valori di
rivalutazione. Non sono invece oggetto di ripartizione congetturale i valori delle partecipazioni, i valori delle aree
fabbricabili ed altri valori analoghi 44.
I valori economici comuni a più di due esercizi della prima specie sono correlati a particolari poste rettificative
denominate «fondi ammortamento», altrimenti possono essere correlati ad appositi «fondi rischi» 45.
La tecnica di valutazione di esercizio, si basa, quindi, sulla ipotesi di invariabilità dei valori originari economici
comuni a più di due esercizi: tale modo di procedere non darebbe luogo ad alcun inconveniente se il mondo economico fosse statico ed esattamente predeterminabile nei suoi svolgimenti futuri 46.
In presenza di cambiamenti nelle condizioni interne ed esterne all’impresa, di entità però limitata, con la tecnica
in argomento è possibile attuare solo una «rivalutazione graduale» dei valo ri economici comuni a più di due esercizi
nei limiti consentiti dalla loro misura originaria o dalle ristrette previsioni temporali.
D’altra parte, secondo la tecnica valutativa di esercizio, teo rizzata dagli Autori indicati, se la valutazione delle
rimanenze di esercizio viene attuata con criteri che non tengono adeguatamente conto delle particolari fluttuazioni
intervenute nei prezzi riguardanti i processi produttivi in corso è necessario introdurre una indiretta rettificazione del
valore delle rimanenze di esercizio correlata all’inserzione tra gli elementi del capitale di un equivalente valore di
solito denominato «fondo oscillazione pre zzi» 47.
Quando, invece, sono intervenute fluttuazioni in diverse serie di prezzi o indici di prezzi secondo la tecnica di
valutazione di esercizio è necessario procedere ad una indiretta rettificazione che viene inserita direttamente tra i
componenti del reddito di esercizio e in un correlato elemento del capitale sotto la denominazione di «fondo oscilla zione valori» 48.
Tale rettifica ha lo scopo preciso di dare una voluta misura al reddito di esercizio, tenendo conto delle variazioni
42
43
44
45
46
47
48
V. CODA, Capitali, p. 21.
V. CODA, Capitali, p. 21.
V. CODA, Capitali, p. 21.
V. CODA, Certificazione, p. 57.
V. CODA, Certificazione, p. 58.
C. M ASINI, Valutazioni, p. 438.
C. M ASINI, Valutazioni, p. 440; prosegue l’Autore citato: «Sia le rettificazioni del reddito di esercizio sia gli
elementi di capitale della classe in oggetto sono valori non numerari di reddito. Le rettificazioni del reddito di esercizio sono poste in generale correlazione con tutti gli altri valori, così come gli elementi del capitale non sono termini
rettificativi di particolari altre classi di elementi del medesimo capitale. Il fondo oscillazione valori è un valore di
reddito comune a più esercizi; non costituisce una riserva: solo la parte eccedente di una misura giudicata conveniente di un fondo oscillazione valori iscritto al passivo, potrebbe talora essere definita riserva impropria. Si assimila ai
fondi rischi, quando iscritto al passivo fu rilevato in relazione a prospettive di avverse fluttuazioni future dei valori
economici della moneta e al momento dell’osservazione tali prospettive sono ancora valide». C. M ASINI, Valutazioni,
p. 446.
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
delle quantità economiche osservate49.
Frequentemente i mercati raggiungono nuovi livelli dei prezzi diversi da quelli esistenti al tempo della valutazione originaria dei valori economici comuni a più di due esercizi. D’altra parte, l’impresa può mutare le sue comb inazioni produttive rispetto a quelle in essere al momento in cui si formano gli accennati valori.
In realtà, le circostanze, le condizioni e le prospettive delle imprese sono sempre soggette a mutare, non solo
saltuariamente o per periodi brevi; ne consegue che i valori formatisi in dati tempi, se vengono mantenuti invariati o
se hanno una variabilità sommessa alle esigenze di calcolo dei risultati di competenza dei singoli esercizi, sono fa talmente destinati a divenire espressioni di condizioni superate e, a un certo punto, non possono più accogliersi come
base significativa per le determinazioni dei redditi degli esercizi futuri.
Per tali motivi, secondo gli Autori in parola, la tecnica semplificatrice impiegata nelle determinazioni di eserc izio non consente di esprimere adeguatamente nelle valutazioni di bilancio il dinamismo delle condizioni di impresa e
di ambiente vincolanti lo svolgimento della gestione aziendale.
Allorché la dinamica dell’impresa e quella ambientale risultano intense o soggette a lenti cambiamenti in non
brevi spazi temporali, è necessario, secondo l’impostazione in esame, modificare la portata dell’ipotesi di invariabilità dei valori originari comuni a più di due esercizi50.
In tali condizioni nella determinazione dei redditi di eserc izio non può più essere utilizzata, secondo il Masini e
il Coda, la tecnica di valutazione di esercizio; è quindi necessario dare nuovo fondamento a tutto il sistema dei valori
mediante una «rivalutazione generale».
Il mancato soddisfacimento di questa esigenza non può che accrescere il divario tra i valori contenuti nel bilancio e i valori che sarebbe auspicabile rilevare per una significativa misurazione dei redditi di esercizi futuri 51.
Molto frequentemente, tale esigenza è desunta da numerosi sintomi che pongono in evidenza la non aderenza
del sistema dei valori, ottenuti impiegando la tecnica valutativa di esercizio, in relazione alle nuove prospettive
dell’impresa e dell’ambiente economico generale.
L’esigenza di una rivalutazione del capitale non è avvertita solamente nei tempi di instabilità del valore economico generale della moneta, espressi dalle variazioni di indici generali dei prezzi. Anche in tempi di relativa stabilità
monetaria possono aversi nelle condizioni interne ed esterne di impresa cambiamenti tali da suscitare nuovi indirizzi
di gestione o mutate prospettive economiche.
D’altra parte, la rivalutazione generale è necessaria con varia frequenza in tempi di lenta e di intensa dinamica
economica essendo strettamente collegata all’attuazione di particolari politiche economiche e finanziarie 52.
Per ridare omogeneità ai valori di bilancio, secondo l’impostazione in esame, è necessario impiegare una tecnica
valutativa diversa che abbandoni l’ipotesi di invarianza dei valori originari economici a più di due esercizi e consenta
di esprimere adeguatamente nelle valutazioni le mutate condizioni presenti e prospettiche di impresa e di ambiente.
Solo procedendo in tal modo è possibile evitare che le determinazioni dei redditi degli esercizi futuri risentano
degli errori previsionali compiuti nelle valutazioni di bilancio degli esercizi passati.
Al riguardo si osservi come, secondo il Coda, risulti inaccoglibile la proposta di attuare, al termine di ciascun
periodo amministrativo, una generale rivalutazione del capitale; essa consentirebbe la rilevazione di una «variazione
di capitale di rivalutazione» che integrerebbe la nozione del reddito rilevato con la tecnica valutativa di esercizio. In
effetti, secondo l’Autore citato, la rivalutazione del capitale è un processo logico assai complesso, che, di norma, non
49
50
51
52
C. M ASINI, Valutazioni, p. 440.
V. CODA, Certificazione, p. 59.
V. CODA, Introduzione, p. 74.
Sui più frequenti motivi che inducono ad attuare una generale rivalutazione si veda la dettagliata elencazione
di C. M ASINI, Valutazioni, p. 424.
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Giuseppe Ceriani
La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
è utilmente attuabile sia nell’ipotesi di cambiamenti dell’economia riflettentesi in una insignificante eterogeneità dei
valori economici comuni a più di due esercizi rispetto agli altri valori del sistema, sia nell’ipotesi di una eccessiva
dinamica economica in atto, tale da non consentire la formulazione di consapevoli previsioni sufficientemente orien tative per le valutazioni53.
In conclusione, secondo la posizione di pensiero delineata, la determinazione del reddito di esercizio costituisce
il fine preminente della tecnica valutativa di esercizio; il perseguimento di tale fine non viene ritenuto compatibile
con quello connesso alla determinazione di una idonea configurazione del capitale di fu n zionamento.
Per conseguenza, secondo tale impostazione, nella tecnica valutativa di esercizio la valutazione del capitale di
funzionamento «viene ad essere piegata alla rilevazione del reddito di eserc izio»54.
D’altra parte, lo stesso corretto calcolo del risultato economico dell’esercizio esige che saltuariamente si proceda ad una generale rivalutazione del capitale con una tecnica valutativa completamente svincolata dalle finalità della
rilevazione del reddito; la tecnica di rivalutazione deve, infatti, essere basata sull’indagine prospettica intorno al gra do di funzionalità che gli elementi del capitale potranno avere nei processi della gestione futura.
Procedendo in tal modo si ottiene una corretta configurazione del capitale di funzionamento coerente con il carattere di strumento della gestione futura; sotto un altro aspetto si predispone un sistema di valori che costituisce
un’idonea base per la rilevazione dei redditi degli esercizi futuri.
E' interessante osservare come la teoria della duplice tecnica di valutazione sia caratterizzata dall’esigenza di
postulare due differenti nozioni di capitale di funzionamento: una prima nozione è connessa alla tecnica di valutazio ne di esercizio, una seconda è correlata alla tecnica di rivalutazione55.
Delle due nozioni di capitale indicate l’unica che appare pienamente coerente con il carattere di strumento per
l’interpretazione delle combinazioni produttive future è quella connessa con la tecnica di rivalutazione; in effetti, solo seguendo tale tecnica si tengono nel dovuto conto le concrete prospettive di partecipazione degli elementi del ca pitale ai processi della gestione futura 56.
Sottolinea il Coda che unicamente la nozione citata è veramente aderente alla funzione strumentale del capitale
rispetto alla gestione ed è perciò la nozione con maggiore proprietà designabile come capitale di fu n zionamento 57.
L’impostazione che propone due distinte tecniche valutative riveste una enorme importanza pragmatica soprattutto in quelle imprese che non adottano i piani e i programmi come strumento di gestione; essa può anche soddisfare
pienamente agli scopi di altre logiche conoscitive che investono il bilancio di periodo delle imprese in normale funzionamento operativo.
In effetti, la teoria della duplice tecnica di valutazione si adatta a risolvere i problemi sollevati dalla redazione
dei bilanci pubblici, in quanto applicando la tecnica di valutazione di esercizio si dovrebbe pervenire normalmente
ad una sottostima del reddito di esercizio che risulta compatibile con i criteri prudenziali che informano le norme
contenute nel codice civile.
Anche da un punto di vista fiscale la teoria in questione assume notevole interesse perché consente di dirimere
le prevedibili controversie tra amministrazione finanziaria e contribuente sull’attendibilità delle stime e delle previsioni necessario presupposto per una corretta compilazione del bilancio di esercizio quale base di partenza per il calcolo del reddito imponibile.
53
54
55
V. CODA, Capitali, p. 22.
V. CODA, Certificazione, p. 12 e Introduzione, p. 8.
Osserva al riguardo il M ASINI: «Il capitale di funzionamento nei suoi elementi e nella sua misura sintetica ha
significato tra l’altro in relazione alla tecnica di rilevazione». C. M ASINI, Valutazioni, p. 462.
56 V. CODA, Introduzione, p. 8.
57 V. CODA, Capitali, p. 40.
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
4. Considerazioni conclusive
Qualora si assuma come logica conoscitiva del bilancio di esercizio quella di costituire valido orientamento per
la politica di rimunerazione del capitale proprio, il capitale di funzionamento appare univocamente determinato sulla
base dei piani e dei programmi che contemplano il futuro nella prospettiva di garantire la sopravvivenza dell’impresa
nel tempo.
In sede di attuazione di tale politica si deve tendere ad armonizzare l’attribuzione dei valori con le esigenze dei
piani e programmi compilati per garantire la sopravvivenza dell’impresa nel tempo, in quanto il capitale di funzio namento costituisce il punto di partenza della futura att ività gestionale contemplata dagli stessi piani.
In effetti, come si è osservato in precedenza, le operazioni in corso di svolgimento, dalla cui valutazione scaturiscono gli elementi attivi e passivi del capitale di funzionamento, debbono essere attentamente considerate dal punto
di vista economico e finanziario in relazione a tali piani.
In sede di determinazione del reddito di esercizio e del capitale di funzionamento è, quindi, necessario assicurare l’integrale possibilità di attuazione dei piani economici e di quelli finanziari predisposti per indirizzare la gestione al conseguimento dei fini istituzionali dell’impresa.
Per conseguenza la nozione di capitale di funzionamento in argomento deve consentire l’attuazione dei piani e
dei programmi predisposti per garantire la sopravvivenza dell’impresa nel te mpo.
Al riguardo è possibile osservare che i principi per la determinazione del reddito di esercizio prelevabile o apportabile impongono di valutare il capitale di funzionamento in modo da garantire l’equilibrio economico-finanziario
della gestione futura.
Per conseguenza, tali principi permettono di esprimere correttamente la misura del capitale netto di funzionamento, il quale, a sua volta, consente di attuare i piani e i programmi predisposti per assicurare la sopravvivenza
dell’impresa nel tempo.
L’arco di tempo contemplato dai piani e programmi dovrebbe abbracciare tutti gli esercizi futuri durante i quali
avranno compimento le operazioni in corso all’epoca di chiusura dell’esercizio.
In caso contrario sarà necessario integrare le informazioni desunte dai piani con opportune previsioni temporali
al fine di coprire l’arco di tempo contrassegnato dal termine finale dei piani con quello delle operazioni in corso di
svolgimento.
Senza dubbio la concreta applicazione dei criteri di valutazione, ispirati ai principi teorici connessi con l'attuazione della politica di remunerazione del capitale proprio, incontra notevoli difficoltà che possono apparire insormontabili soprattutto allorché vasti sconvolgimenti economici e monetari sopprimano addirittura ogni possibilità di
attendibili congetture anche sul più immediato avvenire. Ciò però non esclude la necessità di porre ugualmente tali
principi a base delle valutazioni.
Ora le fluttuazioni del potere di acquisto della moneta rendono più che mai ardue le previsioni necessarie per la
stesura dei piani e dei programmi in quanto si aggravano, per esempio, le incognite relative ai costi che si dovranno
sostenere per la futura ricostituzione degli impianti e delle scorte.
Tuttavia, la formazione dei piani e dei programmi, pur non eliminando le incertezze inerenti alle previsioni sulle
future vicende dell’impresa e dell’ambiente, può spesso consentire di meglio affrontare lo straordinario e
l’imprevisto, inserendolo, con minor disturbo possibile, nell’ordinario e nel previsto58.
Gli indici riflettenti le variazioni dei valori economici particolari della moneta sono di estrema importanza per
58
P. ONIDA, Economia, p. 509.
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
procedere ad una attenta revisione dei piani e dei programmi in corso di attuazione.
All’uopo, la determinazione di appropriati indici di variazioni del valore economico della moneta relativamente
a dati beni particolari può utilmente servire per percepire le future tendenze dei prezzi dei beni considerati.
Tuttavia, gli indici di variazione dei valori economici della moneta sono solo alcuni tra i possibili termini necessari nella scelta dei valori; essi possono servire come mezzi di paragone per le ispezioni di insieme e per appurare il
grado di attendibilità dei componenti di reddito di origine stimata.
Tali indici hanno, quindi, il solo valore di mezzi di riferimento concorrenti con molti altri alla composizione
delle complesse valutazioni.
A tale scopo, in periodi di alterazione del potere di acquisto della moneta, possono servire utilmente indici particolari dei prezzi dei beni utilizzabili anche in futuro dall’impresa considerata.
In effetti, un indice idoneo a rappresentare il movimento generale di tutti i prezzi, oltre ad essere di non facile
determinazione, appare come un dato statistico medio che può servire egregiamente nelle indagini macroeconomiche
ma che mal si adatta ad essere impiegato nelle ricerche economico-aziendali.
Per la stesura e la revisione dei piani e dei programmi si ricorre, quindi, a diversi indici di variazione dei valori
economici della moneta e allo studio della loro dinamica connessa con quella di molteplici altri fenomeni come fondamento alla determinazione delle tendenze in atto nonché di quelle presunte future dei movimenti di impresa e di
mercato.
Si noti inoltre come in tutte le metodologie - tese ad eliminare gli effetti provocati dalle oscillazioni del potere
di acquisto della moneta - si insista sulla necessità di ricondurre ad omogeneità tutti i diversi componenti reddituali.
Al riguardo è forse opportuno precisare che i costi e i ricavi, rilevati in diretta correlazione di variazioni numerarie durante l’esercizio, non sono nominali, come non di rado si afferma.
Si può, infatti, osservare che la gestione aziendale si inserisce nella dinamica dei mercati e la rilevazione sistematica di conto accoglie quanto accade e non quanto dovrebbe accadere secondo supposte ipotesi di costanza dei
valori59.
L’omogeneità di tutti i valori del sistema aziendale è ind ispensabile che sia intesa in una più ampia accezione.
Essa non deve essere concepita in relazione a trascorse variazioni del potere di acquisto del modulo monetario
desunte da indici di valori particolari o generali della moneta rapportati al te mpo di chiusura dell’esercizio.
L’applicazione integrale dei principi e dei criteri connessi alla politica di remunerazione del capitale proprio
consente di pervenire ad una omogeneità di complesso, pertinente a tutti i valori, in quanto determinati rispetto ad
uno stesso insieme di condizioni presenti e previste future di svolgimento della gestione aziendale: tra le soggette
condizioni sono anche comprese le variazioni future dei valori economici della moneta di conto.
L’omogeneità del sistema dei valori di bilancio trova i naturali termini di riferimento nei piani e nei programmi
in vigore alla data di chiusura dell’esercizio.
Quando tutti gli elementi del capitale di funzionamento e tutti i componenti di reddito vengono valutati su tale
fondamento non è più necessario procedere ad artificiose rettifiche in relazione alle passate variazioni del potere di
acquisto della moneta.
La rettifica in discorso si rende opportuna nell’ipotesi in cui i piani e i programmi non si proiettino sufficientemente nel lungo andare; in tal caso torna conveniente stanziare adeguati fondi spese e rischi che coprano
l’imponderabile futuro non contemplato dai piani stessi.
Lo stanziamento in parola è previsto anche in rapporto alle valutazioni basate sui piani e programmi in corso di
attuazione alla data di chiusura dell’esercizio.
59
C. M ASINI, Bilanci, p. 88.
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In effetti, è necessario stanziare adeguati fondi spese future e fondi rischi, specifici e generici, in relazione alla
possibilità che le ipotesi assunte a fondamento dei piani si dimostrino più o meno attendibili.
La funzione dei fondi alle spese presunte future è quella di sollevare la gestione futura di componenti negativi di
reddito che possono pregiudicare la sopravvivenza dell’impresa nel te mpo.
I fondi in questione attuano, quindi, una sorta di ammortamento anticipato di componenti negativi di reddito di
manifestazione futura e presunta nel loro ammontare.
La funzione dei fondi in questione non può essere quella di trasferire la spesa a terze economie, ma quella di
tendere a trasformarla in una spesa fissa, costante, prevista e calcolata in antic ipo attraverso la ripartita imputazione
nel tempo degli oneri di incerta manifestazione futura e presunti nel loro a mmontare.
I fondi rischi vengono, invece, originati dall’incertezza di non pochi valori stimati che concorrono alla formazione del bilancio di funzionamento.
I fondi in questione hanno ragione di esistere come strumenti atti ad attenuare le conseguenze negative connesse
con i rischi aziendali che si formano in relazione alle operazioni in corso all’epoca di formazione del bilancio di e sercizio.
Tali rischi si manifestano come scostamenti tra i valori inseriti nei piani e quelli che si verificheranno effettivamente60.
I fondi rischi sogliono anzitutto riguardare rischi specifici relativi a determinate operazioni o a determinati impieghi in corso alla epoca del bilancio: rischi i cui presumibili oneri si reputano imputabili, per intero o in parte, ai
risultati dei trascorsi esercizi, in quanto i ricavi direttamente riferibili alle considerate operazioni, concorrono o si ritiene partecipino, nella loro totalità o parzialmente, a formare i suddetti risultati61.
Accanto a questo tipo di fondi rischi, connesso alla valutazione di determinate operazioni considerate singolarmente, ve n’è un altro tipo che deriva dall’indagine delle operazioni in corso, osservate nel loro comp lesso.
La solidarietà fra i successivi esercizi, costituenti la vita dell’impresa, si manifesta solitamente in relazione ai
costi comuni ad una lunga serie di esercizi; tali costi sono correlati indirettamente ai ricavi dei futuri esercizi.
Data l’estrema difficoltà di prevedere esattamente le condizioni di vita dell’impresa nel futuro lontano è indispensabile procedere anche in questo caso alla costituzione di adeguati fondi r ischi.
Ma la necessità o la convenienza di costituire adeguati fondi rischi si manifesta ancora qualora la vita
dell’impresa venga proiettata fuori dal ristretto ambito dei singoli esercizi.
Rimane fermo comunque che la costituzione di tutti i tipi di fondi rischi esaminati mira alla conservazione della
capacità di sopravvivenza dell’impresa nel tempo.
Si osservi ancora come non di rado le ipotesi su cui si fondano i piani vengano mutate in relazione ai cambiamenti delle circostanze di impresa e di ambiente vincolanti lo svolgimento della futura gestione aziendale.
In tali casi, le operazioni in corso di svolgimento riceveranno una nuova valutazione coerentemente alle mutate
modalità di attuazione della gestione futura.
I principi ed i criteri di bilancio coerenti con la configurazione di reddito prelevabile o apportabile presentano
quindi una estrema adattabilità alle prospettive economico-finanziarie esistenti al momento della redazione del bilan cio.
In tal modo, il dinamismo della situazione economico-finanziaria dell’impresa si riflette automaticamente sulla
60 Osserva il GIANNESSI che i rischi aziendali «si formano in conseguenza delle operazioni a cui dà luogo
l’azienda per conseguire le proprie finalità e si manifestano con uno scostamento tra le ipotesi fatte e gli andamenti
reali, tra le aspettative che possono avere mosso un’azienda ad agire e i risultati ottenuti». E. GIANNESSI , Aziende, p.
275.
61 P. ONIDA, Dimensioni, p. 239.
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La politica di remunerazione e l'integrità economica del capitale proprio
valutazione delle operazioni in corso di attuazione in quanto queste ultime si adeguano alle mutate prospettive economico-finanziarie dell’impresa.
In conclusione, a parere di chi scrive, i principi che presiedono alla valutazione del capitale di funzionamento
consentono di ottenere, di esercizio in esercizio, una configurazione di capitale di funzionamento coerente con la
funzione di interpretare la gestione futura dell’impresa e con lo scopo della determinazione del reddito di esercizio.
L’integrale applicazione dei principi e dei criteri di valutazione richiamati conduce, infatti, al conseguimento
simultaneo sia dell’obiettivo della determinazione del reddito di esercizio sia di quello di una adeguata struttura del
capitale di funzionamento.
In definitiva, le considerazioni fin qui svolte portano alla conclusione che per ovviare agli inconvenienti prodotti
dalle perturbazioni economiche o monetarie è necessario stanziare in sede di determinazione del reddito adeguati
fondi spese presunte e congrui fondi rischi.
Per conseguenza, non sembra necessario in sede di determinazione del reddito ricorrere alla costituzione di appositi fondi di riserva in quanto l’integrale applicazione di principi di bilancio richiamati in precedenza conduce alla
determinazione di valori che già tengono nel dovuto conto gli effetti causati dalle perturbazioni economiche o
monetarie.
D’altra parte, la natura dei vari fondi rivalutazione costituiti in sede di determinazione del reddito di esercizio,
con contropartita il conto economico, non è forse quella di fondi rischi o di fondi alle spese presunte future?
Di questi ultimi, infatti, hanno per lo più la stessa origine e anche lo stesso scopo, ma sono spesso calcolati sul
fondamento di condizioni esterne all’impresa superate, come lo possono essere le avvenute variazioni del valore e conomico della moneta di conto.
E’, invece, necessario proiettarsi nel futuro poiché solo in tal modo si garantisce l’integrale attuazione dei piani
e dei programmi che mirano a salvaguardare la sopravvivenza dell’istituto economico aziendale nel te mpo.
Alla luce dell'analisi effettuata, preme sottolineare come i concetti riportati nel "Quadro sistematico (Framework) per la preparazione e la presentazione del bilancio" dello IASC, approvato dal Board nell'aprile 1989, pubblicato nel luglio del 1989, a cui fa riferimento l'ultima edizione dei principi contabili internazionali, con particolare
riferimento ai paragrafi dedicati ai "Concetti di capitale e di conservazione del capitale" destino forti dubbi e perplessità in merito alla loro razionalità e coeren za.
L'ampia libertà di scelta prevista dal paragrafo 110, in merito ai criteri valutativi ed al concetto di conservazione
del capitale, non consente di individuare, né di interpretare, correttamente la nozione di reddito di esercizio e del
connesso capitale di funzionamento assunti come base concettuale di riferimento per la formulazione e l'applicazio ne dei criteri di valutazione adottati dagli IAS.
E' appena il caso di sottolineare la grave carenza che ne deriva sotto il profilo logico, in quanto, preliminarmente si deve configurare in modo preciso la nozione di reddito che si vuole determinare, e solo in seguito è possibile
enucleare i principi a cui seguono i criteri di valutazione da applicare ai singoli casi concreti; vano è dis cutere sui criteri quando non vi sono ben saldi principi, e altrettanto vano è discutere sui principi quando non è chiaro quello che
si vuole determinare.
I "concetti di capitale" indicati al punto 102 del Framework sono sostanzialmente due; al riguardo si legge, infatti, che "la maggior parte delle imprese, nella preparazione dei bilanci, adotta il concetto finanziario di capitale. Se condo il concetto finanziario di capitale, inteso come il denaro investito o il potere d'acquisto investito, capitale è sinonimo di attivo netto o di patrimonio netto dell'impresa. Invece, secondo il concetto fisico di capitale, inteso come
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capacità operativa dell'impresa, il capitale è concepito come capacità produttiva dell'impresa, basata, per esempio,
sulle unità prodotte giornaliere".
Lo stesso Framework, al paragrafo 103, precisa che "la scelta del concetto appropriato di capitale da parte di un'impresa deve essere basata sulle esigenze informative degli utilizzatori del bilancio. Perciò, si dovrà adottare il
concetto finanziario di capitale se gli utilizzatori del bilancio sono principalmente interessati alla conservazione del
capitale nominale investito o al potere di acquisto del capitale. Se, peraltro, il principale problema degli utilizzatori
riguarda la capacità operativa dell'impresa, deve essere usato il concetto fisico di capitale. La scelta del concetto determina l'obiettivo da raggiungere nella determinazione dell'utile, anche se vi possono essere difficoltà valutative nel
rendere operante il concetto".
I "concetti di conservazione del capitale e di determinazione dell'utile", a cui fa riferimento il Framework al paragrafo 104, punto (a) "conservazione del capitale finanziario", precisano che "secondo questo concetto è stato conseguito un utile solo se l'importo finanziario o monetario dell'attivo netto alla chiusura dell'esercizio è superiore all'importo finanziario o monetario dell'attivo netto all'inizio dell'esercizio, dopo aver escluso qualsiasi distribuzione ai
soci e contributo da parte di questi avvenuto nel periodo. La conservazione del capitale finanziario può essere mis urata in unità monetarie nominali o in unità aventi costanza di potere d'acquisto". Da quanto sopra si evince che esistono almeno due concetti di conservazione del capitale finanziario: uno nominale e l'altro reale, quest'ultimo colle gato alla costanza del potere d'acquisto della moneta.
Al punto (b) "conservazione del capitale fisico", si definisce un'ulteriore concetto di integrità del capitale; "secondo questo concetto è stato conseguito un utile solo se la capacità produttiva fisica (o operativa) dell'impresa (o le
risorse o i fondi necessari per ottenere tale capacità) alla chiusura dell'esercizio è superiore alla capacità produttiva
fisica all'inizio dell'esercizio, dopo aver escluso qualsiasi distribuzione ai soci e contributo da parte di essi avvenuto
nel periodo".
Il paragrafo 105 si sofferma a sottolineare l'importanza di tali concetti; si legge, infatti: "il concetto di conservazione del capitale riguarda come un'impresa definisce il capitale che intende conservare. Esso fornisce il collegamen to tra i concetti di capitale e i concetti di utile, poiché fornisce il punto di riferimento da cui ha inizio la quantifica zione dell'utile; è un requisito preliminare per la distinzione tra remunerazione del capitale investito e rientro del
capitale; solo i flussi in entrata di attività che superano gli importi necessari per conservare il capitale possono essere
considerati come utili e, di conseguenza, come remunerazione sul capitale. Perciò, l'utile è il valore residuo che resta
dopo che sono stati dedotti dai ricavi i costi (incluse le rettifiche per la conservazione del capitale, laddove appropriate). Se i costi superano i ricavi, il valore risultante costituisce una perdita netta".
Al paragrafo 106 si osserva che "il concetto di conservazione del capitale fisico richiede l'adozione del costo
corrente come criterio valutativo. Il concetto di conservazione del capitale finanziario, peraltro, non richiede l'uso di
uno specifico criterio valutativo. La scelta del criterio secondo questo concetto dipende da quale tipo di capitale finanziario l'impresa intende conservare".
Tuttavia, il paragrafo 105 sottolinea che "la principale differenza tra i due concetti di conservazione del capitale
sopra descritti consta nel trattamento degli effetti dei cambiamenti dei prezzi delle attività e passività di un'impresa.
In termini generali, un'impresa ha conservato il proprio capitale se, alla fine dell'esercizio, l'entità di capitale posseduta è pari a quella di inizio esercizio. Qualsiasi importo eccedente quello richiesto per conservare il capitale all'inizio dell'esercizio costituisce un utile".
Il paragrafo 108 puntualizza che "secondo il concetto di conservazione del capitale finanziario nel caso in cui il
capitale è definito in termini di unità monetarie nominali, l'utile rappresenta l'incremento del capitale monetario nominale avvenuto nel periodo. Quindi, incrementi dei prezzi delle attività verificatisi nel corso del periodo, cui con-
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venzionalmente si fa riferimento con il termine di plusvalenze non realizzate, sono, concettualmente, degli utili. Essi
possono tuttavia non essere rilevati come tali, sino a che le attività non sono alienate in operazioni di scambio. Nel
caso in cui il concetto di conservazione del capitale finanziario è definito in termini di unità costanti di potere di ac quisto, l'utile è rappresentato dall'incremento nel potere di acquisto investito nel corso del periodo. Quindi, solo la
parte dell'incremento nei prezzi delle attività che eccede l'incremento del livello generale dei prezzi è considerato un
utile. La restante parte dell'incremento è trattata come una rettifica della conservazione del capitale e, quindi, come
parte del patrimonio".
Il paragrafo 109, invece, sottolinea che "secondo il concetto di conservazione del capitale fisico, quando il capitale è definito in termini di capacità fisica produttiva, l'utile rappresenta l'incremento di tale capitale nel corso del periodo. Tutti i cambiamenti di prezzo riguardanti le attiv ità e le passività dell'impresa sono visti come cambiamenti
nella misurazione della capacità fisica produttiva dell'impresa; quindi, essi sono trattati come rettifiche per la conservazione del capitale che sono parte del p atrimonio e non come utili".
Infine, il paragrafo 110 conclude osservando che "la scelta dei criteri valutativi e del concetto di conservazione
del capitale determinerà il modello contabile utilizzato nella preparazione del bilancio. I diversi modelli contabili
mostrano diversi gradi di significatività e di attendibilità e, co me in altre aree, la direzione aziendale deve ricercare
un equilibrio tra significatività e attendibilità. Il presente quadro sistematico è applicabile a una serie di modelli contabili e fornisce un orientamento per la preparazione e per la presentazione del bilancio articolato secondo il modello
scelto".
Curiosamente, il paragrafo 110 si conclude testualmente con la seguente affermazione: "Al momento attuale,
non è intenzione del Board dello IASC definire un particolare mode llo, se non in circostanze eccezionali, come nel
caso di imprese che presentano bilanci nella valuta di un'economia iperinflazionata. Tale intendimento sarà, comu n que, rivisto alla luce degli sviluppi internazionali". Come si può notare, la dichiarazione di cui sopra lascia ampia libertà di manovra ai redattori del bilancio, non prendendo alcuna posizione in merito alla configurazione di reddito di
esercizio ed alla sua imprescindibile correlazione con un preciso e definito concetto di conservazione dell'integrità
economica del capitale nel tempo.
A conclusione, non si può fare a meno di ribadire, ancora una volta, la totale assenza di un substrato logico sistematico in relazione alla natura dei valori considerati e la presenza di numerose tautologie, espresse attraverso enunciazioni vaghe e generiche - talvolta addirittura lapalissiane - che lasciano del tutto irrisolto il problema della in dividuazione della base concettuale alla quale fare riferimento nella concreta applicazione dei criteri valutativi
elencati nel Regolamento (CE) N. 1725/2003 della Commissione del 29 settembre 2003 che adotta taluni principi
contabili internazionali conformemente al regolamento (CE) N. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio
(Testo rilevante ai fini del SEE), pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea del 13/10/2003.
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