Dietro l`Iran - Guido Barosio

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Dietro l`Iran - Guido Barosio
Dietro l’Iran,
l’antica Persia
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il viaggio torino magazine Il viaggio
rivelazione
nella più inattesa
realtà
mediorientale.
Cultura,
sicurezza
e cortesia
ci rivelano
un popolo
ospitale
dall’anima
antica
e dalla
modernità
sorprendente
La necropoli di Naqsh-e-Rostam
di GUIDO BAROSIO
foto GUIDO BAROSIO
e VALTER CARASSO
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Il grande arco di Teheran
L’Iran è una meta che affascina non
solo per ciò che offre – arte, cultura,
monumenti e scenari naturali –
ma per quello che si può apprendere e
comprendere dal punto di vista umano,
religioso e storico
Isfahan: la cupola della Moschea
Loftollah
174
S
ovente è lo
stupore a vincere su tutto.
Perché l’Iran
– al di là del
patrimonio
storico e artistico, quello
sì atteso –
trasmette un
tesoro di sensazioni e di umanità che
sembra fatto apposta per cancellare luoghi comuni, stereotipi frutto di cronache
spesso faziose, immagini allarmanti pronte a consegnare questa nazione (e la sua
gente) al ruolo, immeritato, di realtà ‘pericolosa’, dove un viaggio cessa di essere conoscenza per diventare sfida e
avventura. Invece, questa è una meta che
affascina e conquista non solo per ciò che
offre – arte, cultura, monumenti e scenari naturali – ma per
quello che si può apprendere e comprendere dal punto di
vista umano, sociale, religioso e storico. Così, destreggiandoci tra stimoli e riflessioni continuamente aggiornate,
abbiamo scoperto un paese ‘dif ferente’, dove modernità
e rigore religioso coesistono attraverso azzardati equilibri,
ma nel quale si ha spesso la sensazione – come scrive Jason
Elliot nel suo ‘Specchi dell’invisibile’ –«di essere finiti in un
luogo incantato, dove resiste intatta una piccola parte dell’innocenza del mondo». L’Iran è la patria di un popolo antico e ospitale, pronto a commuoversi di fr onte al mausoleo di un poeta, disponibile ad accettar e la bellezza della
vita nei suoi accordi più naturali: la passeggiata indolente
sulle rive di un fiume, il gusto dello stare insieme parlando
e sorridendo, il piacere di godersi la famiglia e gli amici negli
interminabili e affollati pic nic che animano parchi, aiuole e
piazze anche nel centro delle città più affollate. Lo abbiamo toccato con mano a Shiraz e a Isfahan quando, com-
Isfahan: Imam Square
plici le lunghe festività del No Ruz (il capodanno locale, che
coincide col solstizio di primavera), gli iraniani assecondano la loro indole partecipativa trasformando ogni angolo di
verde in un momento di incontro: tappeti stesi nei prati, tazze di tè passate di mano in mano, piatti pr onti ad esibire
le delizie della più ricercata gastronomia mediorientale, copIsfahan: i porticati di Imam Square
pie golose felici di gustarsi un gelato, bambini a rincorrersi dietro un pallone, e ancora ottovolanti, autoscontri e attrazioni da fiera che mettono in scena un per corso a ritroso
negli anni, con qualcosa di curiosamente simile alle nostre
fiere degli anni Settanta. In rapido contrasto i miti occidentali fanno velocemente capolino nell’uso, quasi smodato,
di cellulari dell’ultima generazione e macchine fotografiche Isfahan: il portale della Moschea
digitali: tante, tantissime, con una spensierata propensio- Loftollah
ne a ritrarre continuamente ‘in posa’
volti, bimbi, famiglie, amici e parenti.
Parallelamente è impossibile non notare l’universale rispetto per le rigide
leggi che regolano i comportamenti di
una ‘repubblica islamica’: le effusioni
in pubblico tra i due sessi sono bandite, ogni donna (bambine comprese)
deve tenere il capo coperto, pr oibito
anche l’uso della gonna e degli abiti
dalle tinte sgargianti. Le più attente ai
dettami coranici utilizzano un grande
velo nero (chador) che avvolge tutto il
corpo, mentre le giovani si limitano a
I nuovi sovrani non mancarono mai,
celare i capelli (sovente solo in parte)
dopo ogni guerra, di chiamare
con l’hejab: un foulard o una leggera
a raccolta i migliori talenti dell’epoca
sciarpa (anche variopinta) ideale per un
drappeggio meno formale. Compr oper dare lustro al proprio potere
messi spesso creativi per un paesaggio umano particolarissimo. La ragazza iraniana propone una variante inedita della femminilità: jeans, volto agghindato come una diva
hollywoodiana anni Cinquanta, soprabitini sancrati in tinta
unita e telefonino d’ordinanza. Sono l’altra ‘metà del cie175
il viaggio torino magazine
Isfahan: la Moschea dello sceicco Loftollah
Qom: l’ingresso al santuario di Fatima, sullo sfondo la cupola d’oro
lo’ di un paese dove la rivoluzione del 1979 non solo ha
bruscamente fermato gli orologi ma ha riportato indietro la
macchina del tempo. Con risultati comunque ambigui e
significativamente contrastanti: i divieti valgono fino alla soglia
di casa, varcata la quale – nel privato e qualche volta nel
segreto – ci si concede una libertà di atteggiamenti spontanea e naturale. L’Iran di oggi è un mondo affascinante e
ambivalente, capace di sintesi tra elementi apparentemen176
L’interno del Palazzo di Kashan
il viaggio torino magazine te inconciliabili. Per comprenderne l’essenza ci viene in soccorso la storia, che qui non è semplicemente ‘passata’ ma
è ‘nata’ e si è sviluppata celebrando fasti di imperi leggendari. Le tribù ariane giunte dal nor d tremila anni prima di
Cristo crearono le basi per un’etnia fierissima e sofisticata, in grado di condizionare nei secoli non solo i popoli sottomessi ma anche gli occasionali conquistatori. Così, l’Iran
di oggi – il cui territorio è l’unico al mondo abitato sempre
dalla medesima nazione, per di più mai ‘colonizzata’ – riflette il mito dell’antica Persia: un regno qualche volta assoggettato da dinastie ‘esterne’ (arabe, turche, mongole…), ma
comunque in grado di imporre la propria superiorità civile
e culturale. Il termine ‘identità’ assume significati costantemente presenti nel quotidiano e prima ancora nell’arte,
con numerosi elementi – come la croce greca, un leit motiv
che si ripete nei secoli per ripr esentarsi nella pianta delle
moschee – pronti a riaffiorare indipendentemente dal susseguirsi degli imperi. Pur volendo sintetizzare, la storia persiana ha uno sviluppo ‘verticale’ impressionante, per 2500
anni una grande dinastia dopo l’altra: gli Achemenidi (a partire dal VII secolo a. C.), con i leggendari Cir o il Grande e
Dario a governare un’unica nazione che si estendeva dalla Grecia all’India; poi Alessandro il macedone, che fu sedotto da Persepoli ma la dette alle fiamme; dopo di lui i Parti, arcieri e cavalieri contro i quali anche Roma dovette cedere il passo; dopo ancora i Sasanidi, in grado di ricompattare l’immenso impero governando quattro secoli, fino all’avvento dell’Islam: la rivoluzione militare e religiosa che avrebbe cambiato per sempr e il corso dei tempi. A partir e dal
637 il potere passò agli Abbasidi, ma nel mondo arabo la
cultura persiana mantenne un ruolo significativo e, sovente, egemone. In seguito la Persia scontò la sua posizione
a cavallo tra Oriente e Occidente; ideale per i commerci e
il ‘passaggio’, lungo la via della seta, di mercanzie, saperi, religioni e filosofie, ma inevitabilmente ‘aperta’ alle conquiste dei signori della guerra – turchi e turcomanni da ovest,
afgani dal nord, mongoli e tartari da est. Dall’XI al XIV secolo fu un susseguirsi di invasioni, conquiste e scorrerie, con
le tribù di Gengis Khan e Tamerlano rapide nel distruggere, ma altrettanto disposte a ricostruire in una singolare alternanza di massacri e prodigiosi rilanci architettonici, artistici e culturali. I nuovi sovrani non mancarono mai, dopo ogni
guerra, di chiamare a raccolta i migliori talenti dell’epoca
per dare lustro al proprio potere. L’età dell’oro tornò col ‘terzo impero’, quello Safavide (1501-1722), quando Isfahan,
leggendaria capitale, fu la culla di un rinascimento persiano che ebbe nel sovrano Abbas il Grande il mecenate ideale. Apogeo e canto del cigno allo stesso tempo: con le quattro dinastie seguenti la Persia restò sempre indipendente
ma subì il progressivo condizionamento delle potenze
esterne, con Russia, Gran Bretagna e poi Stati Uniti a dettar legge. Tutto ebbe termine nel 1979, quando la rivoluzione portò al governo l’attuale Repubblica islamica. Ed è
ormai storia di oggi. In questi duemillenni e mezzo di vicende l’Iran (la denominazione novecentesca dello stato, che
richiama alle antiche origini ‘ariane’) non si è limitato a difen-
Isfahan: Imam Square, sullo sfondo il Palazzo Ali Qapu
dere la propria identità culturale dall’esterno, ma ci ha trasmesso un patrimonio fondamentale per la nostra civiltà.
I loro furono gli studiosi più eclettici del mondo, al contempo naturalisti, scienziati, filosofi, astronomi, poeti, linguisti,
mistici e teologi. T ra i tanti vanno ricor dati A vicenna,
Nassruddin Al -Tusi, Al-Biruni e Omar Khayyam, poeta ‘del
vino e delle donne’ ma anche insigne matematico. Questi,
e molti altri, influenzarono l’occidente nello sviluppo e nell’apprendimento di botanica, zoologia, architettura, oftalmologia, chimica, alchimia, giurisprudenza, algebra, metafisica e mineralogia. Una marea di nozioni e tecniche che
produssero frutti concreti e duraturi: il primo servizio postale, l’assegno bancario, i primi modelli di amministrazione
internazionale, la prima carta dei diritti umani, la macchina calcolatrice, la frazione decimale, il precursore del
moderno orologio, il mulino a vento, l’almanacco e l’astrolabio, l’arco rampante e la tecnica per le miniature, la ceramica e i primi vetri colorati, l’albero di Natale e gli scacchi…
l’elenco dei ‘debiti’ potr ebbe proseguire all’infinito. Poi ci
sono ‘primati esclusivi’, come la mistica, l’architettura e la
raffinata tessitura legata al mito del ‘giardino persiano’. In
un territorio dominato dalle asprezze della natura, tra monti e deserti, il giardino – e sua madre, l’acqua… – costituiscono un bene impr escindibile tanto per il corpo quanto
per l’anima. Un asilo da costruire e proteggere con capolavori di muratura e di idraulica, da riproporre sulle volte delle moschee, da ridisegnare nell’ordito dei tappeti.
Il regista Alireza Raisan ne illustra il significato: «Noi stendiamo un tappeto in mezzo al deserto ed è come se ci
sedessimo in un giardino fiorito, popolato di pavoni e di fon-
Gli iraniani assecondano
la loro indole
partecipativa
trasformando ogni
angolo di verde
in un momento
di incontro: tappeti
stesi nei prati, tazze
di tè passate di mano
in mano, piatti pronti
ad esibire le delizie
della più ricercata
gastronomia
mediorientale
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il viaggio torino magazine
Isfahan: Imam Square, sullo sfondo la Moschea dell’imam
IRAN DA LEGGERE
Sono poche le destinazioni a vantare un
patrimonio di libri e relazioni di viaggio come
l’Iran, ed è forse la migliore testimonianza
di come questa terra abbia suscitato da
sempre l’interesse di scrittori, letterati
e giornalisti. Il nostro preferito è ‘Specchi
dell’invisibile’ di Jason Elliot (Neri Pozza):
500 pagine per un sofisticato e attualissimo
racconto in presa diretta, ricco di
approfondimenti storici, culturali e religiosi
ma anche di humor e partecipe sensibilità.
Fondamentale anche ‘Rosa è il colore della
Persia’ di Vanna Vannuccini (Serie Bianca
Feltrinelli): un viaggio dell’inviata speciale
di Repubblica tra riflessione politica e analisi
culturale. Per comprendere la genesi del
paese negli ultimi cento anni consigliamo
‘Storia dell’Iran’ di Farian Sabahi (Bruno
Mondadori). Gradevolissimo ‘La caverna
di Alì Babà – l’Iran giorno per giorno’ (Edt) di
Ana M. Briongos: le vicende (autobiografiche)
di una donna occidentale ospitata da una
famiglia di commercianti nella Isfahan
dei giorni nostri. Chi viaggia con Il Tucano
riceverà in omaggio la guida ‘Iran tesori
di Persia’, particolarmente curata sotto
l’aspetto storico e archeologico. Persin
superfluo segnalare gli ormai notissimi
fumetti ‘Persepolis’ di Marjane Satrapi.
Naturalmente resta insostituibile la Lonely
Planet ‘Iran’: 450 pagine che esplorano con la
consueta competenza ogni aspetto turistico,
culturale, storico e sociale del paese.
Tra le letture classiche vanno ricordate:
‘La via per l’Oxiana’ di Byron (libro culto per
Chatwin), ‘Le mille e una notte’, il ‘Milione’
di Marco Polo, il secondo volume di ‘Tre anni
in Asia’ di Arthur de Gobineau, le relazioni
di viaggio di Ella Maillart, Annemarie
Schwarzenbach e Freya Stark.
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tane. Odoriamo il profumo dei fiori, ascoltiamo il mormorio dell’acqua. Ci sentiamo tutt’uno col giardino e diventiamo poeti. È questo che ha permesso agli iraniani di restare loro stessi per tre millenni, attraverso guerre, invasioni,
rivoluzioni: la capacità di esprimersi in forme poetiche». Ed
è forse proprio la poesia il bene più intimamente coccolato, indelebilmente trasversale attraverso secolie generazioni. I nomi che tutti conoscono sono quelli di Firdusi, Hafez –
«la sua poesia è uno specchio orizzontale nel quale si riflette
il cielo e quindi Dio», ci ha spiegato Siamak, la nostra guida
– il gaudente e saggio Omar Khayyam, Rumi, fondatore dei
‘dervisci danzanti’, Sa’di, che conciliò mistica e amore terreno. Sentimenti, fede e fierezza ad ogni distico: poesie per
sognare e per riflettere, poesie per marcare le differenze. Se
volete far infuriare un iraniano provate a definirlo arabo. Nella più benevola delle risposte vi ricorderà che la Persia deve
loro solo due cose ‘Dio e il velo delle donne’; ma potr ebbe
anche rispondervi coi versi, assai noti, di un antico cantor e
anonimo: «Ritornate in Arabia e riprendete a mangiare lucertole e ad allevare i vostri cammelli, mentre io sto seduto sul
trono dei Re sostenuto dalla mia spada affilata e dalla mia penna acuminata».
Nel viaggio la storia ‘verticale’ dell’Iran si trasforma in
fenomeno orizzontale, creando – nei centri dove l’uomo ha
segnato di più il proprio passaggio – un mondo nel quale
le diverse epoche coesistono alternandosi e contaminandosi. Come in Europa, come forse solo a Gerusalemme e
lungo le coste del Mediterraneo. Il nostro itinerario ha preso il via da Shiraz: la città delle or se, del vino (una volta…),
dei poeti e degli usignoli. Impossibile non portarsi appresso il senso di benefica leggerezza che evocano i suoi giardini, dove, tra l’ipnotico profumo dei fiori d’arancio, si aprono sontuose dimore d’epoca. Altri giardini, affollati ad ogni
ora del giorno, cingono nel verde le tombe di Hafez e Sa’-
di. Ma la più grande emozione ce la riserva il santuario di
Alì Ebn-e Hamze, dove riposa il nipote del settimo imam
sciita. La volta della moschea e le pareti sono interamente rivestite da decorazioni a specchio di abbagliante bellezza: lo scrigno di cristallo che trasporta d’incanto in un’atmosfera ultraterrena. La medesima pronta ad accogliere il
visitatore di fronte ai resti di Persepoli, che di Shiraz (insieme a Pasargade e alla necr opoli di Naqsh-e Rostam) è il
distretto archelogico. In realtà non si dovr ebbe parlare di
città, perché questo formidabile complesso, edificato su un
terrazzamento di 400 metri per lato, veniva usato dagli Achemenidi esclusivamente per celebrazioni e cerimonie. I più
spettacolari trionfi si tenevano in occasione del capodanno zoroastriano (il già citato No Ruz), quando dall’imponente scalinata salivano le delegazioni dei ventitré popoli sottomessi all’impero. Ce li ricorda un bassorilievo che allinea,
quasi cinematograficamente disposti; etiopi, libici, drangiani, arabi, traci, sagarti, sogdiani, indiani, parti, gandhari,
batriani, egizi, sciti, lidii, aracosii, cilici, cappadoci, arii, babilonesi, assiri, elamiti, armeni e medi. T utti a portare i loro
doni, tutti a celebrare il potere del Re dei Re. Persepoli era
la capitale del mondo conosciuto e alla sua grandezza contribuì una straordinaria miscela multiculturale di talenti.
Mentre il nostro sguardo si perde tra foreste di colonne, porte gigantesche ed eleganti rilievi, non possiamo fare a meno
di pensare che gli archeologici hanno riportato alla luce solo
il riflesso, per quanto imponente, di uno scenario creato per
stupire e soggiogare con la forza del mito. Arthur Upham
Pope, tra i massimi studiosi della civiltà persiana, commenta il sito con queste parole: «I sentimenti umani trovano
espressione nella nobiltà e nella pura bellezza del monumento: più razionale e attraente rispetto a quello degli assiri e degli ittiti, più lucido e umano rispetto a quello degli egizi. La bellezza di Persepoli non è il frutto casuale di uno sfog-
il viaggio torino magazine gio di sfarzo e dimensioni; è il risultato della bellezza riconosciuta esplicitamente come valore sovrano». Risalendo
verso nord il nostro viaggio ci porta a Isfahan: ‘la metà del
mondo’, secondo una celebre rima del XVI secolo. Robert
Byron la ricorda «tra i rari luoghi, come Atene o Roma, in
cui l’umanità trova comune sollievo».
Capitale della dinastia Safavide, nonostante il traffico intenso e un milione e mezzo di abitanti, conserva larga parte
del patrimonio che la rese celebre: i suoi vecchi ponti attra-
versano il fiume Zayandeh regalando scorci che fanno pensare (in grande) ad una Firenze mediorientale; la moschea
di Jameh è un trattato di architettura islamica, con 800 anni
di stili architettonici diversi eretti sulle fondamenta di un antico tempio zoroastriano; il palazzo Chenel Sotun offre un ciclo
di affreschi che fanno rischiare la sindrome di Stendhal; il
quartiere armeno, con la cattedrale di Vank (dove le pareti ricordano ogni episodio significativo dei due testamenti
attraverso pitture dal formidabile impatto emotivo), testimo-
Dall’alto:
Isfahan, Moschea dell’imam:
dettaglio del portale
Isfahan, gli affreschi del Palazzo
Chenel Sotun
Shiraz, giochi di luce nella moschea
di Nasir-Ol-Molk
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il viaggio torino magazine
TAPPETI, LIBRI
E BAZAR…
L’Iran offre una gamma di prodotti tipici
estremamente interessante a prezzi
particolarmente abbordabili. Però, attenzione:
è praticamente impossibile utilizzare la
propria carta di credito. L’embargo
statunitense impedisce l’accesso ai principali
circuiti bancari. Gli unici ad essere attrezzati –
tramite una triangolazione con Dubai (e solo
in caso di acquisti particolarmente onerosi) –
sono i migliori negozi di tappeti e qualche
punto shopping nei grandi hotel di Teheran.
Quindi portatevi appresso euro in contanti che
potrete tranquillamente cambiare in
aeroporto, albergo o tramite la vostra guida.
Il ‘pezzo forte’ di un viaggio può essere,
ovviamente, un tappeto, ma è necessaria
cautela ed esperienza. L’offerta è
praticamente infinita e gli iraniani sono degli
ottimi commercianti (particolarmente abili nel
convincere e contrattare), quindi occhio a non
portarvi a casa un prodotto che paghereste in
Italia allo stesso prezzo o addirittura meno.
Noi abbiamo visto cose eccellenti (e anche
eccezionali) da Amir Mostajeran a Isfahan
(+98913 – 1187083). Restando ai tessuti,
sono deliziosi i ghalam kar (drappi e tovaglie
realizzati con fibre naturali e stampati
a mano), i migliori si trovano al bazar della
grande piazza di Isfahan (da visitare
Herdowsi Shop). Nella stessa città – da secoli
il capoluogo commerciale e artigianale
dell’Iran – si possono cercare i raffinati
oggetti in rame decorati a mano
(Iranian Fine Arts, Kualalampur street 81346)
e le miniature su osso di cammello
o carta antica – bellissime quelle di
Hossein Fallahi (Saadi street 5).
Se vi piacciono i libri (recenti, usati o antichi)
non perdetevi l’Evin Bookshop di Mohsen
Dehghan presso il Laleh Hotel di Teheran.
Il personaggio, simpaticissimo e torrenziale
nel modo di comunicare, offre superbe
edizioni anastatiche di volumi storici (anche in
italiano), una selezione di opere precedenti
alla caduta dello Scià e – colpo di teatro – un
buon numero di penne Mont Blanc anni
Quaranta (veri pezzi da collezione),
nuove e nella confezione originale.
Ultima annotazione per gli squisiti prodotti
alimentari (la cucina iraniana è la più raffinata
del medioriente); qui è d’obbligo una sosta
al bazar per scegliere spezie, acqua distillata
di rose (ma anche di menta e di cumino),
zafferano (profumatissimo ed economico).
Non fatevi illusioni
per il caviale, costa
caro (quasi come
in Italia) ed è
praticamente
introvabile.
Mohsen Dehghan
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Isfahan: artigiano al lavoro da Amir Mostajeran
nia i meriti di un Islam persiano che ha sempre rispettato
la libertà di culto. Ma è quando ci si af faccia sulla Imam
Square (la seconda più grande piazza al mondo dopo la
cinese Tienanmen) che la ricerca di ogni paragone lascia
senza aggettivi. Elliot, stupefatto, ha dedicato decine di
pagine per spiegarci (e spiegarsi) la miriade di corrispondenze geometriche celate dietro ogni proporzione. Ma i
capolavori parlano da sè e sembrano rifiutare i numeri: in
questo spazio lungo 512 metri e largo 163 (tanto grande
che per un secolo ci si giocò a polo) trovano posto tre gioielli perfetti: la moschea dell’Imam – sul cui portale i più
Shiraz: il bazar
abili artigiani e call igrafi del tempo hanno c oncepito un
decoro di tale finezza che concavo e c onvesso traggono in inganno come nelle tavole di Piranesi – il maestoso palazzo Ali Qapu, col suo terrazzo a baldacchino, e la
moschea dello sceicco Loftollah, probabilmente la più fiabesca dell’Iran, con una cupola che non sai dir e se più
perfetta all’esterno (con motivi geometrici dal crema al rosa)
o all’interno, dove il mosaico, illuminato dal gioco di luci
e ombre delle finestre, crea sul soffitto l’illusoria forma di
un pavone dall’immensa coda. Percorri il perimetro e lui
scompare per poi riapparire, tu continui a girare col naso
in aria e non ti ferme resti più… All’uscita – domina ti da
un cielo blu scheggiato dal turchese dei minareti – è inevitabile lasciarsi attrarre dal doppio porticato che chiude
la piazza sui due lati maggiori: sotto le arcate il bazar coi
suoi traffici. Sono possibili ottimi affari, ma occhio, qui è
proverbiale l’arguzia dei commercianti. Di fronte ad una
vecchia bilancia che segnava sempre un peso diverso, il
venditore ci ha ricordato: «per farla funzionare bisogna mettere una moneta…».
«Certo – ha risposto pronto la nostra guida – mi pareva
strano che a Isfahan ci fosse qualcosa in grado di funzionare senza denaro…».
Le ultime due tappe prima di arrivare a Teheran – tra paesaggi di terra rossa e vette dai contorni nitidi – ci hanno
portato a Kashan (per ammirare i prodigi idraulici dei giardini di Fin) e Qom, capitale dell’integralismo religioso e delle scuole coraniche. In città è d’obbligo una maggiore prudenza, il potere di una fede forte e intransigente si respira nell’aria e si legge sul volto dei mullah; così, la grande
cupola d’oro del mausoleo di Fatima resta, per i non mus-
il viaggio torino magazine IN IRAN CON IL TUCANO
Persepolis, i celebri bassorilievi
sulmani, un abbagliante capolavoro da osservare a debita distanza. Infine, Teheran, punto di partenza e di approdo per ogni viaggio iraniano: quattordici milioni di abitanti, un traffico per palati forti e s pericolati, ma una pulizia
e un decoro in ogni quartiere, anche il più popolare, eloquente sintomo di civiltà urbana r egolata dall’educazione. Il panorama metropolitano è segnato, in significativo
contrasto, dai grandi manifesti di una vivace cinematografia locale e dagli enormi murales che ricor dano il volto e
le gesta dei martiri della guerra contro l’Iraq. Conflitto che,
pur tra lutti immensi, ha generato un lascito imprevedibiPersepolis, veduta del sito
Murales raffigurante un martire della guerra con l’Iraq
le per la battaglia dem ografica del governo: oggi l’Iran è
uno dei paesi più giovani al mondo, con l’80% degli abitanti sotto i trent’anni.
Cultura e fede, nuove tecnologie e tradizione, dif ficile
interpretare lo scenario – più complesso che allarmante –
pronto a consegnare il futuro a questi ragazzi. Una generazione comunque pronta ad osservarci con amichevole
curiosità; per loro l’Italia, come la Persia , è il luogo dove
è nata la storia. Se si guar da il mondo da una prospettiva più ampia, la cronaca, coi suoi veleni, fa meno paura.
I
È merito di realtà come il Tucano se l’Iran può
essere raggiunto ed esplorato al di là di dubbi,
pregiudizi e luoghi comuni. Il tour operator
torinese offre attualmente due proposte dal
proprio catalogo ‘VicinoAnticoOriente’: si va dal
‘viaggio base’ (raccontato nel nostro reportage)
‘Splendori dell’antica Persia’ – durata 8 giorni,
visita a Shiraz, Persepoli, Isfahan, Kasham, Qom e
Teheran – al più lungo ‘Iran, la strada persiana dei
re’: 15 giorni con in più, rispetto all’itinerario
precedente: Ahwaz, lo Ziggurat di Choga, Susa,
Bishapur, Kerman, Yazd, Nain, Zavareh e Ardestan.
Ma, nei prossimi mesi, Il Tucano intende
pubblicare un catalogo esclusivamente dedicato
all’Iran, con una serie di proposte aggiuntive e
ricche varianti sul tema. È la dimostrazione di
quanto si creda nella destinazione – tra le più
suggestive ed economicamente convenienti nel
medioriente – e della fiducia riposta nel
corrispondente locale: il qualificatissimo Aito
Tours & Travel Agency. Noi abbiamo incontrato
personale cortesissimo e competente, una guida
completamente a disposizione e parlante italiano,
strutture alberghiere di altissimo profilo (dotate
sempre di televisione satellitare) e una cura nel
selezionare visite, ristoranti e luoghi per lo
shopping davvero impeccabile. Va anche
segnalato che l’Iran ha una perfetta copertura per
i telefoni cellulari (limitatamente a Tim e
Vodafone) e che, nelle maggiori località turistiche,
è facile comunicare in inglese e francese
(qualche volta persino nella nostra lingua). Il
viaggiatore italiano è accolto con una gentilezza
addirittura superiore alla media, perché si
considera il nostro paese come grande culla di
civiltà, il corrispettivo europeo dell’antica Persia.
Il periodo migliore per effettuare il viaggio è la
primavera oppure l’autunno; nelle altre stagioni
occorre adattarsi ai rigori di un clima fortemente
continentale: molto caldo in estate e rigido
nell’inverno. Quanto alle norme comportamentali,
va ricordato che le donne devono avere il capo,
le braccia e le gambe coperte in ogni luogo
pubblico; inoltre è proibito (e sanzionato) il
consumo (e l’importazione) di alcolici. Nessun
problema, invece, per le fotografie: se ci avvicina
con rispetto e semplicità i locali accettano di
essere ritratti senza diffidenza. Le partenze da e
per l’Italia avvengono tramite voli di linea, i
trasferimenti interni con le confortevoli macchine
di Aito Tours e attraverso la compagnia nazionale
di bandiera; la rete stradale è quasi ovunque di
ottimo livello. Ricordiamo che, dal 10 di marzo, Il
Tucano ha rinnovato ed ampliato i suoi locali di
piazza Solferino inaugurando il ‘Tucano Concept
Store – l’atelier del viaggiatore’: sofisticato spazio
multimediale, negozio con ricercate proposte da
tutto il mondo, sede di esposizioni, libreria e
biblioteca. Una location suggestiva dove, fino al
12 maggio, si potrà visitare la mostra fotografica
‘In viaggio, diario per immagini’ che racconta
tredici reportage realizzati da Guido Barosio
e Valter Carasso.
Il Tucano – viaggi e ricerca a cura di Willy Fassio
(www.tucanoviaggi.com
piazza Solferino 16/a – Torino)
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