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Commentary, 19 ottobre 2016
BRICS: LE ECONOMIE EMERGENTI
ALLA PROVA DI MATURITÀ
MARINA FORTI
I
l gruppo Brics ha concluso il suo ottavo vertice lo
scorso fine settimana a Goa, in India, con una dichiarazione finale che parla di cooperazione economica “dall'agricoltura all'industria all'innovazione”.
Accompagnato da un “Business forum”, una fiera e
alcune manifestazioni culturali (per il futuro si parla
perfino di un torneo di calcio under 17), il vertice
inaugura l'anno di presidenza di turno indiana. Insomma: il gruppo delle “economie emergenti” del
pianeta ha ormai le sembianze di una vera e propria
istituzione. Che ne abbia anche la sostanza però resta
da vedere.
©ISPI2016
Quindici anni fa era poco più che un acronimo. Bric
sta per Brasile, Russia, India, Cina: nel 2001 Jim
O'Neil, economista della banca d'affari Goldman Sachs, li indicava come le “economie emergenti” che
stavano cambiando gli equilibri strategici mondiali.
Sosteneva che i quattro paesi, combinati, avrebbero
superato nel 2039 il Pil combinato del G6 (Usa, Regno Unito, Francia, Germania, Italia e Giappone), e
che il sistema di governance globale andava riformato
per riflettere il loro ruolo.
Da allora il Bric è diventato un gruppo. Dal 2009 tie-
ne vertici annuali; dal 2010 ha associato il Sudafrica
diventando Brics. Si propone come un'alternativa
all'egemonia economica occidentale. Per questo ha
lanciato una banca di sviluppo e discute di varare una
propria agenzia di rating, per sottrarsi all'egemonia
del Fondo Monetario Internazionale-Banca mondiale,
e alla “dittatura” dei rating dominati da Wall Street.
Oggi il peso dei Brics è indubbio. Insieme fanno oltre
un quarto della superficie terrestre e circa il 42 per
cento della popolazione mondiale. I quattro paesi originari sono le quattro maggiori economie fuori
dall'Ocse (l'Organizzazione per la cooperazione e lo
sviluppo economico, cioè i paesi ricchi); l'inclusione
del Sudafrica, che non aggiunge molto come economia ma rappresenta un hub africano, fa del Brics un
“club” mondiale. Le cinque nazioni hanno un Pil nominale combinato di 16,6 mila miliardi di dollari, il
22 per cento del Prodotto lordo mondiale (sono dati
2015 del Fondo monetario internazionale).
Il peso economico relativo dei cinque però è molto
diverso: la sola Cina fa 11 mila di quei 16,6 mila miliardi di Pil. Gli interessi politici non sempre convergono; il Brics non ha espresso un punto di vista co-
Marina Forti, giornalista freelance
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Le opinioni espresse sono strettamente personali e non necessariamente riflettono l‘opinione dell’ISPI.
Anche le pubblicazioni online dell’ISPI sono pubblicate con il supporto della Fondazione Cariplo.
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mune sull'allargamento del Consiglio di sicurezza
dell'Onu (chiesto da India, Brasile e Sudafrica, mentre
Russia e Cina ne sono membri permanenti), o sui negoziati del Wto. Né ha saputo proporre una candidatura unitaria alla direzione del Fondo monetario internazionale, quando se n'è presentata l'occasione.
Wall Street Journal durante il vertice di Goa che la
“banca dei Brics” ha deliberatamente scelto di espandersi più lentamente. Riconosce che la strategia
espansiva della Aiib ha aumentato il suo “prestigio e
influenza”, ma dice che la Ndb preferisce un percorso
più “prudente” e punta a finanziare progetti di sviluppo sostenibile, come efficienza energetica e gestione
dei rifiuti o dell'acqua. Sta di fatto che la “banca dei
Brics” così appare del tutto accessoria.
La vicenda della New Development Bank, (Ndb, o
Nuova banca di sviluppo), è indicativa. È l'istituzione
finanziaria multilaterale fondata dai Brics: istituita
con un trattato firmato nel 2014, la banca è operativa
dai primi mesi del 2016 con un capitale iniziale impegnato dai cinque soci di 100 miliardi di dollari (ma
non è chiaro se siano stati tutti versati). Ha sede a
Shanghai, in Cina, con una sede regionale a Durban,
in Sudafrica; il presidente è l'indiano K. V. Kamath.
Finora la Ndb ha concesso prestiti per 911 milioni di
dollari per progetti di energie pulite; il suo presidente
ha annunciato a Goa l'intenzione di distribuire altri
2,5 miliardi di prestiti nel prossimo anno.
La realtà è che anche le “economie emergenti” dei
Brics sono in affanno. Fino a quattro o cinque anni fa,
Russia esclusa, avevano resistito in modo egregio alla
recessione mondiale. Oggi invece il Brasile è precipitato nella sua peggiore crisi da decenni; la Russia ha
risentito del crollo del prezzo degli idrocarburi e delle
sanzioni occidentali. Il Sudafrica stagna. Soprattutto,
l'economia della Cina ha nettamente rallentato: dopo
anni di crescita a due cifre si è attestata sul 6 per cento (tanto che sarà superata dall'India, che quest'anno
prevede una crescita del 7,4 per cento).
Il paradosso è che la “banca dei Brics” è stata nettamente scavalcata dalla Asian Infrastructure Investment Bank, nata più o meno contemporaneamente
per iniziativa della Cina. Sia la Ndb che la Aiib si
pongono come alternative alle istituzioni finanziarie
occidentali. La Aiib però nasce su proposta di Pechino, che vuole così affermarsi come un centro di potere globale, e ha subito raccolto 57 “membri fondatori”
(tra cui Regno unito, Francia, Germania e Australia).
Nel novembre 2015 Goldman Sachs ha chiuso il suo
fondo d'investimento Bric, che dopo un picco nel
2010 aveva perso l'88 per cento del suo valore. L'autore dell'acronimo però difende la sua intuizione. “Le
dimensioni dei quattro Bric originari, insieme, rispettano le previsioni che avevo fatto allora”, ha scritto di
recente Jim O'Neil su Project Syndicate. “I Brics oggi, come nel 2001, hanno un ruolo vitale da giocare
rispetto alle sfide internazionali più pressanti”.
©ISPI2016
La Ndb nega la concorrenza. Il suo vicepresedente, il
brasiliano Paulo Nogueira Batista, ha dichiarato al
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