La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della

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La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366
“Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica”
e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili adiacenti
nel caso di costruzione di nuove strade
e di interventi di manutenzione straordinaria di strade esistenti
Contributi associazioni FIAB Onlus
Gennaio 2012
INDICE
Introduzione
Percorsi adiacenti
I programmi pluriennali degli enti locali
I comprovati motivi di sicurezza
Le risorse
Quali strade
Cosa fare in caso di inosservanza della legge
Contributi delle associazioni FIAB Onlus, gennaio 2012
Massimo Gaspardo Moro – Muoviti Chieri!-FIAB, Chieri - 2 gennaio 2012
Ipotesi di denuncia del Comune di Chieri per la mancata osservanza della legge 366/98.
Denuncia alla Procura della Repubblica di Roma presentata da CYCOM il 4 agosto 2011
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 2 gennaio 2012
Suggerimento di ricorso amministrativo al Ministero delle Infrastrutture.
Eugenio Galli – FIAB Ciclobby Onlus, Milano - 2 gennaio 2012
Considerazioni sull’opportunità di una denuncia. Esempio dell’esposto per Piazza S. Ambrogio a Milano.
Esposto alla Procura della Repubblica di Milano per la tutela di piazza S. Ambrogio, del 22 dicembre
2011
Lello Sforza, Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 2 gennaio 2011
Opportunità che la FIAB agisca con decisione.
Claudio Pedroni – Tuttinbici-FIAB, Reggio Emilia - 2 gennaio 2011
Importanza del tema e necessità di azione da parted ella FIAB.
Enrico Chiarini – Amici della Bici - FIAB, Brescia - 2 gennaio 2011
Rimando per approfondimenti al documento dell’Area Tecnica FIAB
Giulietta Pagliaccio – aBiCi-FIAB, Melegnano - 2 gennaio 2011
Opportunità che FIAB nazionale elabori un documento generale che faccia riferimento agli obblighi di legge e
successive modifiche che ogni associazione FIAB può inviare al proprio comune/provincia/regione ogni qualvolta
emergono situazioni analoghe.
Angelo Velatta – 2 gennaio 2011
Opportunità di fer valere l’inosservanza dell'art. 10 della legge n. 366 del 1998 di fronte al TAR.
Paolo Longo – Cycling Salerno, Salerno - 2 gennaio 2012
Costi dell’azione legale amministrativa.
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Massimo Di Giulio - Coordinatore AL FIAB - 3 gennaio 2012
Caso di inapplicazione della 366 a Lecce.
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 3 gennaio 2012
Descrizione del ricorso di FIAB Firenzeinbici.
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 3 gennaio 2012
Ministero destinatario del ricorso e quadro normativo, in relazione ai finanziamenti per realizzare la ciclabile.
Massimo Boscherini - Presidente FIAB FirenzeInBici, Firenze - 3 gennaio 2012
Precisazione dell’oggetto del ricorso di FIAB FirenzeInBici contro la Direzione Mobilità del Comune di Firenze.
Giuseppe Merlin – Direttore FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
Necessità di un parere definitivo da parte di Eugenio e una decisione della Presidenza.
Eugenio Galli – FIAB Ciclobby Onlus, Milano - 3 gennaio 2012
Considerazioni sui diversi tipi di azione giurisdizionale.
Massimo Gaspardo Moro – Muoviti Chieri!-FIAB, Chieri - 3 gennaio 2012
Necessità che gli organi dirigenti della FIAB discutano e adottino una posizione chiara ed efficace e un linea di azione
per l'osservanza della legge 366/98 da parte degli enti proprietari delle strade.
Giampaolo Schillaci - Coordinatore Regionale FIAB-Onlus Sicilia - 3 gennaio 2012
Modello da impiegare in casi simili.
Giuseppe Merlin – Direttore FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
Opportunità di procedere per gradi.
Lello Sforza, Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
Opportunità di considerare tra i destinatari dell'azione (denuncia, esposto, ecc.) anche la Corte dei Conti.
Marco Passigato - 4 gennaio 2012
La FIAB deve far crescere il livello dei desideri dei cittadini e aiutare i tecnici e politici ad aggiornarsi.
Lello Sforza, Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 4 gennaio 2012
Risposta a Marco Passigato.
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 4 gennaio 2012
Il ricorso fiorentino.
Ricorso di FIAB Firenzeinbici del 2 agosto 2011
Giampaolo Schillaci - Coordinatore Regionale FIAB-Onlus Sicilia - 4 gennaio 2012
Bozza di lettera da mandare agli Ordini e ai Collegi delle figure professionali potenzialmente coinvolte nelle
progettazioni e nella direzione lavori (ingegneri, architetti, agronomi, geometri, ecc), nonché agli Uffici Tecnici di tutte
le nove Provincie regionali e di quei Comuni coinvolti nella progettazione e nella costruzione di ciclovie.
Lello Sforza, Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 5 gennaio 2011
Lettera della FIAB del ………………… a Ministeri, ANCI e UPI su “Circolazione sicura in bicicletta. Richiesta
osservanza artt. 13 e 14 del Codice della Strada”.
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Introduzione
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La legge Legge 19 ottobre 1998, n. 366 intitolata “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” ha
introdotto nell’ordinamento, come afferma l’articolo 1, “norme finalizzate alla valorizzazione ed allo
sviluppo della mobilità ciclistica”. Fra le norme della legge 366 c’è l’obbligo, per gli enti locali , di
realizzare percorsi ciclabili adiacenti in caso di costruzione di nuove strade e di interventi di
manutenzione straordinaria di strade esistenti.
Infatti, il comma 1 dell’art. 10 della legge 366, stabilisce che “dopo il comma 4 dell'articolo 13 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, come modificato dall'articolo 9 del decreto legislativo 10 settembre 1993,
n. 360, é inserito il seguente:
"4- bis. Le strade di nuova costruzione classificate ai sensi delle lettere C, D, E ed F del comma 2
dell'articolo 2 devono avere, per l'intero sviluppo, una pista ciclabile adiacente purché realizzata in
conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza".
Il comma 2 aggiunge che “dopo il comma 2 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285,
come modificato dall'articolo 10 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 360, é inserito il seguente:
"2- bis. Gli enti proprietari delle strade provvedono altresí, in caso di manutenzione straordinaria
della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai
programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza".
Percorsi adiacenti
Il Ministero dei LL.PP. - Ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale, ha chiarito che il
termine adiacente può intendersi non solo nella sua accezione letterale ma anche nel senso che la pista o il
percorso ciclabile, unendo gli estremi di tratti stradali oggetto di intervento, possono avere sviluppo in
tutto o in parte anche disgiunto da quello della viabilità carrabile.
I programmi pluriennali degli enti locali
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I comprovati motivi di sicurezza
In una lettera al Ministero competente, del 16 novembre 2001, la FIAB osservava che i comprovati
problemi di sicurezza, che esonererebbero gli enti dall’obbligo di realizzare i percorsi ciclabili, non
risultano codificati. Tuttavia, anche per il fatto di dover essere comprovati, dovrebbero limitarsi a
situazioni eccezionali quali, per esempio, una strada in galleria con impossibilità di realizzare una pista
ciclabile esterna o una strada di notevole pendenza. Ma in generale là dove riesce a passare una strada può
passare in sicurezza anche una strada con pista ciclabile adiacente.
Inoltre, il percorso ciclabile non deve necessariamente essere una pista in sede propria. Se lo spazio
disponibile, o altri motivi non consentono di ricavare una pista in sede propria, si potrebbe almeno
tracciare una corsia ciclabile, con la segnaletica regolamentare.
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Le risorse
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Quali strade
L’obbligo vale per le strade classificate ai sensi delle lettere C, D, E ed F del comma 2
dell'articolo 2 del "Nuovo codice della strada", decreto legisl. 30 aprile 1992 n. 285 e successive
modificazioni. L’articolo citato dice che “Le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche
costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:
A - Autostrade;
B - Strade extraurbane principali;
C - Strade extraurbane secondarie;
D - Strade urbane di scorrimento;
E - Strade urbane di quartiere;
F - Strade locali;
F-bis. Itinerari ciclopedonali.
Ed elenca al comma 3 le caratteristiche minime:
A - Autostrada: strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico
invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia
di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di
recinzione e di sistemi di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla circolazione di talune
categorie di veicoli a motore e contraddistinta da appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con
apposite aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e di
accelerazione.
B - Strada extraurbana principale: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico
invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di
intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di
inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre categorie
di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio, che
comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.
C - Strada extraurbana secondaria: strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e
banchine.
D - Strada urbana di scorrimento: strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna
con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata
a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste
apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate.
E - Strada urbana di quartiere: strada ad unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e
marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra, esterna alla
carreggiata.
F - Strada locale: strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui al comma 1 non
facente parte degli altri tipi di strade.
F-bis. Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla
percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell'utenza debole
della strada. (1)
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Sono quindi escluse dall’obbligo soltanto le autostrade (categoria A) e le superstrade (categoria B).
Da notare che al comma 4 è definita la categoria "strada di servizio" come strada affiancata ad una strada
principale (autostrada, strada extraurbana principale, strada urbana di scorrimento) avente la funzione di
consentire la sosta ed il raggruppamento degli accessi dalle proprietà laterali alla strada principale e
viceversa, nonché il movimento e le manovre dei veicoli non ammessi sulla strada principale stessa.
Talvolta gli enti proprietari dichiarano assolto l’obbligo di realizzare il percorso ciclabile adiacente,
destinando le strade di servizio alla funzione di itinerario ciclabile.
Cosa fare in caso di inosservanza della legge
Già nella citata lettera del 16 ottobre 2001, la FIAB rilevava che “dopo l'entrata in vigore della Legge
n.366/1998 l'obbligo di realizzare le piste ciclabili sia in buona parte disatteso. C'è stato forse in origine un
mancato "assorbimento culturale" della stessa legge da parte di amministratori e tecnici che ha portato a
considerare la viabilità ciclabile un impiccio ed un onere in più da eliminare con un pretesto qualsiasi.
L'inosservanza dell'art. 10 della L. n. 366/98 comporta non solo la mancata implementazione in Italia di piste
e percorsi ciclabili per ogni nuova strada costruita o oggetto di manutenzione straordinaria a partire dal
1998, ma anche l'inutilizzo di parte dei finanziamenti per le opere stradali, enormemente più ingenti rispetto
alle esigue risorse destinate finora agli interventi finanziabili con il fondo annuale previsto dal citato art.. 3.
L'impunita mancata applicazione del predetto art. 10 - fatto ancor più grave - farebbe crescere negli ambienti
tecnici e politici la sensazione di una facile elusione della norma.”
Secondo il parere della FIAB, i progetti di opere pubbliche approvati in violazione della legge n. 366/98
sono da ritenersi illegittimi e contro di essi non è da escludere il ricorso alla magistratura.
Il ricorso alla magistratura è stata la strada scelta dall’associazione CYCOM di Roma (FAO Staff Coop CYCOM,
comunità di ciclisti urbani fondata nel 2007, il cui nucleo principale è costituito da persone che lavorano alla FAO
http://blog.libero.it/cycom/). Il 4 agosto 2011, CYCOM ha presentato una denuncia alla Procura della Repubblica
di Roma, il cui testo è riportato alla pagina seguente.
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La questione dell’osservanza della Legge 366/98 è stata nuovamente dibattuta in seno alla FIAB, all’inizio
del 2012, in seguito alla richiesta di informazioni dell’associazione federata Muoviti Chieri!
Massimo Gaspardo Moro – Muoviti Chieri!-FIAB, Chieri - 2 gennaio 2012
Stiamo valutando se denunciare il Comune di Chieri per la mancata osservanza delle leggi dello Stato in
materia di ciclabilità in materia di lavori straordinari di manutenzione stradale.
Ultimamente abbiamo incalzato il Comune in occasione delle riunioni mensili del tavolo della mobilità, ma
abbiamo ottenuto risposte molto evasive (quando citiamo la legge in questione, dicono che non c'è lo spazio
per creare il percorso ciclabile). L'assessore ai lavori pubblici è arrivato ad affermare sul giornale locale che
"I chieresi chiedono marciapiedi e parcheggi, non piste ciclabili. Quando l'80% dei chieresi ci chiederà piste
ciclabili, le faremo".
Abbiamo letto sulla rivista BC la notizia che l'associazione Cycom di Roma ha presentato una denuncia alla
Procura della Repubblica, contro il Comune di Roma, proprio per questi motivi.
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Denuncia alla Procura della Repubblica di Roma presentata da CYCOM il 4 agosto 2011
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Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 2 gennaio 2012
Suggerirei come primo passo di inoltrare un ricorso amministrativo al Ministero delle Infrastrutture, e
tenersi l'esposto alla Procura come seconda carta, più "pesante".
Una operazione del genere l'abbiamo fatta di recente con il Comune di Firenze, per una vicenda in parte
simile, scatenando il panico e il terrore fra i burocrati della Mobilità e facendoli frullare per rimediare e non
trovarsi obbligati dal Ministero stesso a provvedere, oltre alla terrificante brutta figura preannunciata sui
media.
Si è trattato di un passo lungamente meditato, verso una Amministrazione alemno sulla carta "amica". Gli
effetti hanno sciolto i dubbi: serve eccome, anche dal punto di vista "educativo" verso la macchina
amministrativa che crede di poter fare a comodo suo, senza render conto di niente e nessuno.
Eugenio Galli – FIAB Ciclobby Onlus, Milano - 2 gennaio 2012
Essendo la norma - per quanto mi risulti - non assistita da sanzione, e sostanzialmente traducendo essa un
impegno innanzitutto politico, mi pare difficile promuovere azioni legali volte ad ottenerne il rispetto.
Il rischio è quello di sentirsi dire che il magistrato non può pronunciarsi in ambiti che superano
l'applicazione delle norme e sono caratterizzati dalla supremazia discrezionale che caratterizza il potere
della pubblica amministrazione. Abbiamo avuto una pronuncia in tal senso dal tribunale di Milano, anni fa,
interpellato con un'azione ex art. 700 c.p.c. (reichiesta provvedimenti urgenti). Il tema è parzialmente
diverso, ma la sostanza non cambia. Per maggiori accenni vedere qui
http://tinyurl.com/6o65ewy
D'altro canto, rivolgersi al giudice significa anche confermare un ruolo di supplenza della magistratura nei
confronti delle altre istituzioni, che è improprio e assai poco rispettoso dei principi costituzionali (anche se
a volte per i cittadini è un'ultima spiaggia che alimenta la speranza di non considerare la battaglia
definitivamente persa).
In ogni caso, non farei una denuncia (che vuol dire anche individuare una fattispecie di reato), ma un
esposto. Cioè un atto a forma libera in cui si descrivono situazioni (partendo ad es. da quanto dichiarato
dall'assessore) e si segnalano le indicazioni normative da cui si trae argomento per chiedere al giudice di
valutare se sussistano gli estremi per la eventuale individuazione di ipotesi di reato e provvedere
conseguentemente, chiedendo anche di essere informati in caso di archiviazione (per dare un'idea, allego
un esposto che ho presentato alcuni giorni fa insieme aderendo ad una iniziativa promossa da un comitato
cittadino, contro la realizzazione del parcheggio sotterraneo
accanto alla basilica di Sant'Ambrogio a Milano).
Sarebbe utile farsi assistere da un legale, ma non è indispensabile.
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Esposto presentato alla Procura della Repubblica di MIlano dal comitato Cittadini per la
tutela di piazza S. Ambrogio e da Fiab Ciclobby onlus il 22 dicembre 2011
Al Signor Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano.
Il Suo Ufficio, come Ella ben sa, ha richiesto e ottenuto due provvedimenti di archiviazione in
ordine alla programmata opera del vasto parcheggio automobilistico dentro la milanese Piazza
di Sant’Ambrogio, fatta oggetto degli esposti presentati dal Comitato di cittadini per la difesa
della piazza e dall’associazione nazionale Italia Nostra.
Il primo decreto di archiviazione (del 15 settembre 2010) riguarda i fatti – reato di abuso di
ufficio ipotizzati a carico di Alberto Artioli, soprintendente per i beni architettonici e il paesaggio,
e di Mario Turetta, direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia, per
avere, il primo, espresso parere favorevole su un progetto esecutivo “relativo solo ad una parte del
progetto già approvato in precedenza che riguardava l’intera piazza vincolata” e per avere il
secondo poi approvato quel progetto parziale (fine 2009 – inizi 2010).
Il secondo decreto di archiviazione (9 novembre 2010) riguarda invece i fatti reati di cui all'art.
170 del codice dei beni culturali (destinazione di bene culturale pregiudizievole per la sua
integrità) e di cui all'art.635 codice penale (danneggiamento di cose di interesse storico artistico) ipotizzati a carico della allora sindaco Letizia Moratti, con riguardo alla deliberazione
adottata dalla giunta municipale nel giugno 2010 per l’approvazione di quello stesso progetto in
variante al progetto definitivo di parcheggio. Il Gip ribadisce le ragioni che lo avevano indotto a
rigettare la richiesta di sequestro e scagiona Letizia Moratti perché la deliberazione della giunta
è a suo giudizio sotto ogni profilo legittima; e quindi esclude che siano prospettabili ipotesi di
reato a carico del sindaco. Lo stesso GIP non argomenta esplicitamente quanto al reato di cui
all'art. 635 del codice penale e al riguardo vale dunque il richiamo alla motivazione del suo
provvedimento di rigetto del sequestro dove aveva escluso la sussistenza della materialità del
delitto di danneggiamento perché "nessun intervento edilizio è stato realizzato, neppure nella sua
fase iniziale, essendo unicamente approvato con la delibera della giunta...".
Ebbene, il presente esposto non è diretto alla riapertura delle indagini concluse con i due
provvedimenti di archiviazione che hanno avuto ad oggetto il compimento di formali atti di
esercizio delle rispettive attribuzioni istituzionali degli indagati (approvazione del progetto
tecnico relativo al parcheggio sotterraneo). L'esposto intende invece prospettare alla
considerazione del Signor Procuratore della Repubblica fatti diversi e sopravvenuti alla
conclusione di quelle indagini e cioè l'intrapresa esecuzione della materiale condotta che incide
sulla integrità fisica del bene-piazza, come ipotizzabile consumato danneggiamento ex art.635
codice penale.
Non vi è dunque ragione di promuovere il procedimento di cui all’art. 414 codice di procedura
penale, perché l’effetto preclusivo dei due provvedimenti di archiviazione non può ovviamente
operare con riferimento a condotte materiali diverse e successive rispetto a quelle allora
considerate dal GIP e sopravvenute nel tempo agli stessi suoi provvedimenti.
Sono dunque iniziati i lavori di demolizione della Piazza di Sant’Ambrogio attraverso il profondo
scavo necessario per far posto ai 5/6 piani del parcheggio sotterraneo. Si tratta di una complessa
struttura di edificio che (a differenza della costruzione in elevazione che, demolita, consente
l’integrale ripristino dell’assetto originario) trasforma in modo irreversibile il luogo urbano.
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Difficile immaginare un’opera che più di questa incida sulla integrità fisica del bene culturale –
piazza, entro l’alone della Basilica matrice dell’insediamento storico della città. La piazza sarà
restituita come il tetto della pubblica autorimessa, la sottile soletta cementizia di copertura
dell’opera infrastrutturale a servizio della mobilità urbana dei mezzi privati, con le relative
attrezzature funzionali di superficie, quali rampe di ingresso e uscita dei veicoli, griglie di
aerazione, corpi in elevazione per gli accessi pedonali, eccetera.
Un’opera per altro che la giunta municipale di oggi riconosce in palese contrasto con gli interessi
della città e con i nuovi programmi di disciplina del traffico urbano e tuttavia dichiara di essere
costretta a subire perché le limitate disponibilità finanziarie del Comune non consentirebbero di
sopportare l’onere economico della revoca dei provvedimenti concessori (l’esercizio della facoltà
data dall’art.21quinquies legge 241 del 1990 - come anche di recente modificata -, eventualità
esaminata dall’Assessore competente, ma su istruttoria degli uffici tecnici troppo presto
abbandonata).
Non è controvertibile che la Piazza di Sant’Ambrogio costituisca un bene culturale e su questo
presupposto mai messo in discussione sono state infatti attivate le competenze istituzionali della
tutela del patrimonio storico e artistico. Perché “le pubbliche piazze” degli ambienti urbani storici
sono state riconosciute dal codice dei beni culturali come una speciale tipologia di beni culturali
(art.10, comma 4, lettera g) e dunque sono considerate meritevoli di tutela in sé, quali “spazi
aperti urbani”, indipendentemente dalla qualità formale e dall’interesse culturale degli edifici che
su di essa si affacciano e ne definiscono la forma. Come “cose immobili” (stesso art.10, primo
comma) esse sono costituite da suolo e sottosuolo (artt.812 e 840 del codice civile) e dunque la
tutela si estende dalla superficie alle fondazioni di questi speciali luoghi urbani che nella vicenda
millenaria delle città di antica formazione sono consegnati ai cittadini di oggi liberi da
costruzioni e di pubblica frequentazione in superficie e nei compatti strati sottostanti conservano
i sedimenti che documentano quella vicenda storica.
E’ appena il caso di ricordare che il nostro sistema di tutela del patrimonio storico e artistico (che
così come configurato nella positiva normativa è riconosciuto per il più avanzato ed efficiente non
solo tra gli ordinamenti degli stati in Europa) è impostato sul criterio della realità (come
direbbero i giuristi), è misurato cioè sulla fisicità della “cosa”, immobile o mobile che sia (art.10
del codice dei beni culturali e del paesaggio), e sulla sua irripetibile materiale individualità, sicché
l’oggetto della protezione non può dirsi soltanto l’apparenza percepibile della forma esteriore del
bene o la sua astratta caratterizzazione riconosciuta essenziale (come l’essere aperto e
inedificato che è proprietà dello spazio urbano piazza), sempre riproducibili pur dopo radicali
trasformazioni e perfino soppressioni. Oggetto della tutela è il concreto reale bene nel suo storico
assetto constatato qui ed ora.
Da questo impianto normativo discende che la prima istanza della tutela sia quella conservativa
della integrità fisica del bene, come è affermato in termini di assolutezza nell’art. 29 del codice dei
beni culturali e del paesaggio che intitola alla “conservazione” la descrizione degli interventi
appropriati alla speciale natura del patrimonio culturale, “prevenzione”, “manutenzione” e
“restauro”, come operazioni finalizzate innanzitutto “all’integrità materiale” del bene. Sicché gli
unici interventi che incidono sulla integrità fisica del bene culturale dato sono quelli imposti,
attraverso il restauro, dalle esigenze di conservazione e tutela, come anche radicali misure di
consolidamento strutturale e perfino la programmata demolizione del bene stesso o di sue parti in
sofferenza statica, non altrimenti emendabile, in funzione di un corretto recupero o la chirurgica
eliminazione di recenti superfetazioni deturpanti. In questo senso non può che essere risolto
l’apparente conflitto tra i disposti dell’art. 20 del codice dei beni culturali e del paesaggio (che
vieta in assoluto ogni intervento lesivo della integrità del bene o pregiudizievole per la sua
conservazione) e il consecutivo art.21 che tra gli interventi subordinati ad autorizzazione
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comprende pure “la demolizione delle cose costituenti beni culturali, anche con successiva
ricostituzione”).
Certamente nel progettare o controllare gli interventi previsti entro i rigorosi confini dell’art. 29
gli esperti istituzionalmente addetti (i soprintendenti) si muovono in un ambito di discrezionalità
tecnico – scientifica che, se correttamente orientata a quel fine, si sottrae a verifiche di legittimità.
Non può dirsi invece incensurabile quell’atto di esercizio della tutela che consenta condotte di
trasformazione fisica del bene esplicitamente vietate dalla disciplina del codice dei beni culturali,
non potendo certo dirsi che il soprintendente (anche se assistito dall’apprezzamento del massimo
organo di consulenza del ministero, il comitato tecnico scientifico) abbia la disponibilità della
funzione istituzionale e sia abilitato ad assentire manipolazioni del bene culturale che il “codice”
testualmente inibisce. Neppure può intendersi la conferenza di servizi come la sede del necessario
contemperamento dell’interesse alla tutela dei beni culturali con i contrapposti interessi pure
pubblici rappresentati da altri uffici della pubblica amministrazione, perché è vero al contrario,
come da sempre afferma il Giudice delle leggi, che nella gerarchia dei valori disegnata dalla
Costituzione (l’art.9) la tutela del patrimonio storico e artistico assume un rango assoluto e
primario e perciò non entra in bilanciamento con alcun altro interesse, sul quale (se non sia quello
della difesa della vita, si pensi alla pubblica incolumità) deve sempre prevalere. E il no del
soprintendente adeguatamente motivato in conferenza di servizi necessariamente conclude
negativamente lo speciale procedimento e preclude il proposto intervento sul bene culturale.
Proprio con riferimento al reato speciale di “uso illecito” di bene culturale e a quello comune di cui
all’art.635, primo e secondo comma, sub 3), codice penale, si è recentemente pronunciata la
giurisprudenza di merito e di legittimità, trovandosi a giudicare della misura cautelare disposta
con riguardo a condotte di parziale demolizione di un riconosciuto bene culturale (il parco
dell’Acquasola a Genova) perché nel suo sottosuolo potesse essere costruito un pubblico
parcheggio automobilistico. Si tratta all’evidenza di un caso del tutto analogo a quello che qui ci
occupa, perché anche a Genova il distruttivo parcheggio era stato autorizzato in sede di
conferenza di servizi dalla direzione regionale dei beni culturali e paesaggistici, attraverso un
procedimento formalmente ineccepibile. Ebbene, così il GIP (che ha disposto il sequestro
preventivo del cantiere di scavo dentro il parco dell’Acquasola), come il Tribunale del riesame e
infine la Corte di Cassazione, hanno affermato il principio che gli unici interventi ammissibili sul
bene culturale sono quelli diretti alla migliore sua tutela e valorizzazione che ben possono
incidere anche sulla sua consistenza fisica, e pure se l’attualizzazione della sua funzione lo esiga.
Dunque la lesione della integrità materiale del bene finalizzata al perseguimento di interessi
(anche di rilievo pubblico come la realizzazione di una infrastruttura al servizio del traffico
automobilistico, e tale è il parcheggio), diversi da quelli che costituiscono le finalità della tutela,
integra un illecito penalmente perseguibile. E una simile condotta lesiva attuata non in funzione
della salvaguardia del bene non può dirsi scriminata dalla autorizzazione tuttavia rilasciata dalla
soprintendenza (contro il fine istituzionale), che anzi costituisce elemento integrativo della
fattispecie penale. La giunta municipale di Genova, infine, preso atto della motivata decisione
della Corte di Cassazione, ha riaperto il procedimento per la revoca dei provvedimenti concessori
all’impresa affidataria dell’esecuzione dell’opera. Si ricorderà che la prima valutazione di
compatibilità del progetto di parcheggio dentro la piazza di Sant’Ambrogio fu espressa in termini
negativi dal Soprintendente per i beni architettonici e fu nel merito condivisa dalla Direttrice
Regionale per i beni culturali e paesaggistici che ritenne però di non poter contestare e di dover
subire “la scelta politica” sottostante, come testualmente dichiarò intervistata dal Corriere della
Sera e confermò nella trasmissione televisiva Report e perciò si limitò a prescrivere superficiali
misure mitigative dell’impatto in superficie con il conforto del disattento Comitato tecnico –
scientifico (che neppure si pose il problema della compatibilità in sé di quella destinazione con la
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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natura monumentale del luogo). Che l’iniziata esecuzione dell’opera comporti l’integrale
distruzione della piazza dalla sua superficie continua (priva cioè di neppur minime interruzioni)
fino alla profondità del meno quinto o sesto piano, non è, crediamo, controvertibile, con la
soppressione degli stratificati sedimenti della antica città romana, della medievale area sacra e
del coemeterium ad martyres. Già lo avevamo anticipato, la piazza ci sarà restituita come la
copertura cementizia del sottostante parcheggio multipiano, con la ostentata tipica attrezzatura
funzionale in rampe, accessi pedonali, griglie di aerazione, sicché neppure sarà ripristinata la
continuità dell’assetto in superficie. La piazza, bene culturale, integralmente sacrificata alla
infrastruttura di servizio al traffico automobilistico che per altro nella valutazione della nuova
amministrazione comunale contrasta con i più razionali e moderni programmi di disciplina della
mobilità urbana.
In conclusione i cittadini per la tutela di piazza S. Ambrogio sottopongono alla valutazione del
signor Procuratore della Repubblica il proprio fermo convincimento che con la intrapresa
esecuzione dei lavori diretti alla costruzione del parcheggio dentro la Piazza di Sant’Ambrogio sia
in atto la condotta di danneggiamento su cosa di interesse storico (prevista come reato
dall’art.635, primo e secondo comma, sub 3, del codice penale), che urgenti ed adeguate misure
cautelari (opportunamente richieste a norma della art. 321 c.p.p.) varrebbero a interrompere,
così impedendo che sia realizzata la definitiva irreparabile distruzione del tutelato bene culturale.
E perciò fiduciosi si rivolgono alla Autorità Giudiziaria come all’estrema garanzia di legalità
nell’esercizio della tutela del patrimonio storico e artistico, dalla Costituzione solennemente
assegnata, come funzione primaria, alla Repubblica, ma troppo spesso rinunciata nella prassi
della amministrazione attiva.
Grati dell’attenzione, porgiamo rispettosi saluti.
Luca Carra e Jacopo Gardella, in rappresentanza dei Cittadini per la tutela di piazza S. Ambrogio
per adesione, Eugenio Galli, in proprio e in rappresentanza di Fiab Ciclobby onlus
In riferimento a questo esposto al Signor Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Milano, presentato il 22/12/2011 col n. …..... e iscritto col procedimento n. ….......
Mod. …......., si chiede ne venga resa nota l’eventuale archiviazione all’indirizzo:
[email protected]
Lello Sforza - Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 2 gennaio 2011
Non sono un legale, ma da anni sostengo che la FIAB avrebbe dovuto già da tempo dire e fare qualcosa di
concreto in materia. Addirittura avevo chiesto, in ultimo, che il sito tecnico trattasse l'argomento,
proponendo che i nostri due responsabili dell'Area tecnica si facessero carico di individuare delle possibili
soluzioni.
Innanzitutto va chiarito che l'art. 10 della legge 366/98 sulla mobilità ciclistica ha modificato gli artt 13 e
14 del Codice della Strada, che riguardano specificatamente le norme sulla costruzione delle strade (titolo
II). Pertanto pur se non ci sono sanzioni, la norma deve essere applicata. Inoltre come disse all'epoca
Angelo Velatta, avvocato amministrativista che nel 98 era componente il Consiglio nazionale FIAB, sono
illegittimi i progetti di strade che, all'indomani dell'entrata in vigore della 366/98 non prevedono
infrastrutture ciclabili. E così io scrissi nel comunicato stampa dell'epoca e in quelli successivi.
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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Ha ragione Eugenio quando dice che "rivolgersi al giudice significa anche confermare un ruolo di supplenza
della magistratura nei confronti delle altre istituzioni, che
è improprio e assai poco rispettoso dei principi costituzionali". Ma poi è lui stesso a dare la risposta che io
condivido appieno. Vale a dire "...anche se
a volte per i cittadini è un'ultima spiaggia che alimenta la speranza di non considerare la battaglia
definitivamente persa".
Allora è chiaro che oltre ad una forte ignoranza della norma da parte degli enti proprietari delle strade e dei
loro amministratori, vi è una diffusa e persistente carenza di cultura legata alla mobilità ciclistica.
Apprezzo molto gli amici di Chieri che hanno ritirato in ballo l'argomento avendo letto su BC dei dipendenti
della FAO della loro denuncia alla Procura della Repubblica, contro il Comune di Roma, proprio per questi
motivi. Certo, leggere sulla rivista della FIAB che altri, diversi dalla FIAB hanno agito legamente - a
prescindere se l'azione è a mezzo denuncia o esposto, per fare un qualcosa che la FIAB avrebbe dovuto fare,
a me ha fatto venire l'amaro in bocca e l'ho pure detto ad alcuni dirigenti nazionali.
Nelle more che la FIAB elabori una posizione forte sull'argomento, io invito calorosamente l'associazione
Muoviti Chieri a rivolgersi ad un avvocato (forse amministrativista?) e ad agire legalmente. Da parte mia dò
la mia massima disponibilità a rilanciare l'azione che verrà intrapresa a mezzo stampa.
Claudio Pedroni – Tuttinbici-FIAB, Reggio Emilia - 2 gennaio 2011
Tutto quanto scritto è giusto, ma se ci fosse tempo questo strumento andrebbe un po’ approfondito, perché
ci sono diversi aspetti:
•
Il primo è che si tratta pur sempre di una inadempienza generale ad un paio di articoli del Codice
della Strada, mica la legge regionale della Regione Emilia Romagna sulla tutela del cotechino tipico.
Una inadempienza è sempre tale e bisogna insistere per la sua segnalazione a tutti i livelli (TAR?,
esposto, Procura? Qui il parere di Eugenio potrebbe essere dirimente)
•
Il secondo è che una inadempienza come questa potrebbe avere delle conseguenze nefaste per noi e
su queste conseguenze si potrebbe lavorare anche in sede legale. Qui a Reggio Emilia ad esempio un
paio di nuove tangenziali hanno eretto barriere invalicabili per il passaggio dei ciclisti e questo non
solo è antipatico, ma realizza una situazione di pericolo reale ad esempio per i nostri ciclisti anziani
che per una vita hanno percorso una tratta che oggi è una strada a 4 corsie e che percorreranno
anche domani per andare dove devono andare. A questo proposito abbiamo avuto anche un morto
appunto in una tangenziale praticamente urbana che era l’unica via di collegamento fra il nord e il
sud della città. Il nostro gruppo ha deciso pertanto di darmi mandato di verificare con un legale se
possano esserci gli estremi per un intervento formale contro la Provincia responsabile di diverse
inadempienze in questo senso, con anche un possibile caso clamoroso di sperpero di denaro
pubblico poiché pur di spendere soldi TAV sono stati costruiti 4 o 5 sovrappassi TAV e A1 su circa 2
km di autostrada ciascuno dal costo di 1,5 milioni di € . Potete verificare voi stessi se passate in A1
fra il ponte Enza e l’uscita Terre di Canossa per non parlare dei costi di questo nuovo casello
autostradale. Io non ho ancora avuto tempo per occuparmi concretamente di questa cosa, ma
intendo andare avanti, appena trovo un’ora per andare da un avvocato
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•
Il terzo è legato ad una verifica di quanto possano essere utili questi strumenti per intervenire sulle
infrastrutturazioni che secondo noi servono.
In sintesi mi sembra che l’argomento sia importante e io proverei a fare qualcosa.
Enrico Chiarini – Amici della Bici - FIAB, Brescia - 2 gennaio 2011
Anch’io come Lello non sono un legale, ma mi considero un ostinato ricercatore.
In merito alla 366 e al suo art.10 mi ero già preoccupato anzitempo di verificare il contenuto in termini
operativi (inizio del 2009).
Come capita spesso, i legislatori sono bravi nelle intenzioni ma poco nella sostanza.
Tant’è che un passaggio di tale articolo può mettere in difficoltà la sua reale applicazione in molte
situazioni.
Rimando al seguente documento ulteriori approfondimenti:
Domande e risposte normativa mobilità (pag.8 punto 3.2)
http://www.fiab-areatecnica.it/tematiche/normativa/codice-della-strada.html
Giulietta Pagliaccio – aBiCi-FIAB, Melegnano - 2 gennaio 2011
I percorsi giuridico-legali sono sempre materia tortuosa, non facile da affrontare soprattutto per le
associazioni più piccole. Non so come potrebbe inserirsi in questi percorsi, che magari prendono le mosse
da un’associazione locale su un evento specifico, la FIAB nazionale. Ciò premesso, però, forse come FIAB
nazionale potremmo elaborare un documento generale che faccia riferimento agli obblighi di legge e
successive modifiche che ogni associazione FIAB può inviare al proprio comune/provincia/regione ogni
qualvolta emergono situazioni come quella evidenziata da Chieri.
In questo modo:
1. L’associazione è pronta nel momento in cui emergono situazioni come quella di Chieri. Non sempre
le associazioni sono in grado di affrontare nel modo corretto e tempestivamente certe tematiche
e avere pronto un documento da personalizzare e inviare al proprio sindaco/assessore e anche
alla stampa a mio avviso è utile;
2. Un documento siffatto darebbe un’impronta univoca su un tema che può avere articolazioni diverse
che lasciamo alla personalizzazione dell’associazione (che, quanto meno, non deve andare a
cercarsi i vari riferimenti di legge)
3. Ogni associazione potrebbe inviare questo documento unico e già pronto ai vari livelli
amministrativi, a partire dagli assessori per finire con gli uffici tecnici, per ricordare ciò che in
tantissimi ancora ignorano o fingono di ignorare. È anche questo un modo per avvisare
l’amministrazione che, in caso di inadempienza, saremo pronti ad intervenire nelle modalità
concesse dalla legge.
Angelo Velatta – 2 gennaio 2011
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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Io sono rimasto dell'idea di sempre: vale a dire che la (sistematica) inosservanza dell'art. 10 della legge n.
366 del 1998 vada fatta valere in sede propria impugnando (tempestivamente) di fronte al Tar gli atti di
approvazione dei progetti di infrastrutture viarie carenti degli interventi previsti dalla disposizione in
parola.
Il punto (vero) è che occorre chiarire la portata del richiamo "... ai programmi pluriennali degli enti locali ..."
contenuto al comma 4-bis dell'art. 13 Codice della Strada. Se il significato dovesse essere inteso nel senso
di attribuire ai comuni la libertà di prevedere o meno con i programmi pluriennali la realizzazione di piste
ciclabili, la norma in questione sarebbe svuotata di significato. verosimilmente la norma in parola anticipa
la doverosa previsione delle piste ciclabili al momento della programmazione delle oo. pp. (e ancor prima
alle scelte di pianificazione).
Vero è - comunque - che i portatori d'interesse ben possono far valere l"integrazione ciclabile" sin dalla
predisposizione del programma previsto dall'art. 128 del codice dei contratti, se non altro ai fini di poter
successivamente invocare la propria legittimazione ad impugnare il programma e il progetto che non
dovessero prevedere la pista ciclabile.
Sono questioni tecniche (di diritto, intendo) ma prima o poi occorrerà affrontarle.
Paolo Longo – Cycling Salerno, Salerno - 2 gennaio 2012
Concordo con questa posizione di Giulietta, aggiungendo che c'è anche l'aspetto economico da considerare
per un'eventuale azione legale. Gli avvocati amministrativisti non sono tra i più economici!
Massimo Di Giulio - Coordinatore AL FIAB - 3 gennaio 2012
Anche qui a Lecce abbiamo avuto un caso di inapplicazione della 366, per una pista ciclabile costruita in
affiancamento a una strada urbana di nuova costruzione (ancora non aperta al traffico), ma di larghezza
fuori norma (150 cm per 2 corsie...). Tanto per rendere l'idea vi allego l'immagine StreetView dell'inizio
della pista: lo spartitraffico separatore verso la carreggiata per le auto è largo ben 1 m! Si capisce che la
pista è così stretta, e con i bordi dei marciapiedi così alti, che due bici che si incontrano non ci passano!
Come FIAB Cicloamici Lecce Abbiamo scritto una lettera ufficiale al Sindaco di Lecce, all'Ass. ai LL.PP. e alla
Dirigente del settore LL.PP., protocollata il 6 giugno, segnalando l'inosservanza delle leggi (in particolare il
Regolamento del DM 557) e suggerendo anche una possibile soluzione.
A tale lettera non c'è stata risposta alcuna. Abbiamo fatto ripetuti solleciti via email, ma sempre senza
riscontro.
Dopo quasi due mesi abbiamo mandato la lettera a un giornale locale, che l'ha pubblicata il 20 luglio, e un
politico di opposizione qualche giorno dopo ha colto l'occasione (non sollecitato da noi) per mettere in
evidenza la nostra segnalazione, insieme ad altre manchevolezze dell'Amministrazione.
Solo a questo punto abbiamo avuto una telefonata dal Sindaco (con il quale peraltro siamo in buoni
rapporti, viene sempre ai nostri banchetti, è venuto anche alla partenza del Cicloraduno Appulo Lucano del
1 ottobre...) che si è lamentato perchè non gli abbiamo detto niente prima e che quando ci sono problemi
dobbiamo telefonargli direttamente, e non uscire sui giornali.
Ovviamente abbiamo ribattuto che era proprio quello che avevamo fatto con la lettera ufficiale, e se poi la
sua segreteria non gliela ha trasmessa è un problema suo, di come lui si sceglie i collaboratori...
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Risultato: niente. Nel senso che la strada a distanza di molti mesi non è ancora finita (manca tutta la
segnaletica) ed è ancora transennata. Non sappiamo nemmeno se qualche ingegnere dei LLPP sta pensando
a come rimediare, magari seguendo i nostri suggerimenti.
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 3 gennaio 2012
Il caso specifico su cui Firenze ha fatto ricorso amministrativo al Ministero non è frequentissimo: la
menomazione di piste ciclabili precedenti al decreto ministeriale del 99, ma è significativo e può servire da
schema e stimolo per altri casi più usuali, fra cui:
- non realizzazione di piste ciclabili nei casi previsti dalla legge (come a Chieri e mille altri casi)
- dirottamento della quota di multe previste dalla legge ad altri capitoli di spesa
- segnaletica irregolare etc
Il casus belli
Modificando il senso di marcia della viabilità ordinaria di un lungarno e 2 ponti i geniali tecnici comunali
hanno trasformato ciclabili pre-esistenti da doppio senso a senso unico, sostenendo di essere obbligati dal
decreto del 99 ad adeguarle al solo senso di marcia del traffico e menomandole nella loro funzione di
accessibilità a zone pedonali transitabili in bici: cazzata, il Decreto infatti afferma esplicitamente che le
norme si applicano solo a ciclabili di nuova progettazione e non a quelle pre-esistenti.
Appurato che i tecnici avevano torto marcio, andati a vuoto i tentivi di ricondurli alla ragione con negoziati,
abbiamo valutato l'opportunità politica di un conflitto legale e le probabilità di vittoria. Queste ultime erano
buone, anche se qualche dubbio restava a causa della notoria ostilità anti-bici dei burocrati ministeriali.
Anche i dubbi sulla opportunità li abbiamo superati: lasciar passare una carognata del genere avrebbe
avuto effetti disastrosi a catena.
Il ricorso al ministero ha costi vivi modesti (circa 100 euro di bolli) se si viene assisistiti gratuitamente da
un legale (es. socio, come nel caso specifico). Il TAR ha invece discreti costi già in primissima battuta e
rischia di tirarsene addosso altri nel corso del procedimento. Ce lo siamo tenuto come seconda carta, in
caso di parere insoddisfacente dal Ministero.
Già la ricezione del nostro ricorso da parte dei dirigenti della Mobilità comunale ha scatenato un subbuglio.
Poco dopo il Ministero ha affidato l'esame del caso al "Provveditorato alle Opere Pubbliche" regionale, che
ha fissato un sopralluogo con le parti in causa: un tecnico del Provveditorato stesso, quelli della Mobilità e
noi ricorrenti. L'esito ci è stato favorevole ed ha spinto i protervi dirigenti a cercare una soluzione
negoziale, già accenata precedentemente e anche da noi suggerita: il ripristino del doppio senso con
interventi protettivi: cordoli, attraversamenti ciclabili agli incroci, segnaletica. I lavori sono già
programmati, quindi abbiamo ottenuto un netto miglioramento al posto di un peggioramento e un positivo
risultato "educativo" sui burocrati comunali: ora sanno che se fanno carognate e scemenze li aspettano
guai. Attendiamo ancora le conclusioni ministeriali sulla base della relazione inviata dal loro tecnico, che
però non incideranno sull'effettivo miglioramento e ripristino della ciclabilità, ottenuto già con la
prospettiva di svergognamento. Unica concessione che abbiamo fatto: non dare risalto mediatico allo
sputtanamento e all'incompetenza comunale.
Di grande peso è che le istanze siano assistite e presentate da un legale (a nome dell'associazione e/o di
singoli cittadini), già per l'effetto di pressione/minaccia sui funzionari comunali sempre alla ricerca di
"levarsi le responsabilità". Nel caso il nostro legale era un rognosissimo esperto di diritto amministrativo,
ma riteniamo che in molti casi ciò non sia strettamente necessario.
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Probabilmente sarebbe utile condividere questa ed altre esperienze presenti nel mare magnum delle realtà
locali Fiab, rendendole disponibili ove necessarie (cioè spesso). E magari arrivare ad uno o più modelli
riutilizzabili di ricorsi che facilitino le nostre associazioni. Si potrebbe inoltre pensare a qualche azione
legale in casi esemplari da parte di Fiab stessa. Pensiamoci, discutiamone e decidiamo come muoverci.
Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 3 gennaio 2012
Mi piacerebbe capire se il ricorso a quel Ministero (quale?) è stato fatto in base a precisi riferimenti
normativi, oppure perchè i finanziamenti per realizzare la ciclabile in questione provenivano da Ministero.
Massimo Boscherini - Presidente FIAB FirenzeInBici, Firenze - 3 gennaio 2012
Il ricorso fatto da FIAB FirenzeInBici contro la Direzione Mobilità del Comune di Firenze _non_ riguardava
la mancata applicazione della legge 366/98 (come del resto scritto più sotto) ma l'annullamento di
un'ordinanza che aveva trasformato delle piste bidirezionali in monodirezionali. Non so quanto sia utile
come riferimento in casi legati alla legge 366/98.
Giuseppe Merlin – Direttore FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
Ritengo che se si decide di agire, la FIAB dovrà essere coinvolta direttamente.
Pertanto è necessario un parere definitivo da parte di Eugenio e una decisione della Presidenza.
Eugenio Galli – FIAB Ciclobby Onlus, Milano - 3 gennaio 2012
Sono personalmente favorevole a non rinunciare ad agitare questo tema con tutti gli strumenti a
disposizione, perche' l'attuale situazione e' figlia della irresponsabilita' delle scelte politiche adottate dai
nostri amministratori (che magari giustificano ex post le scelte compiute sostenendo che, per ragioni di
sicurezza, non era possibile agire altrimenti: alibi che magari puo' reggere in qualche caso, ma certo non
puo' essere accettabile in tutte le situazioni).
Lello ha colto il mio pensiero, quando ho detto che ritengo impoprio utilizzare il ricorso alla magistratura
come rimedio di supplenza alla sfiducia nella politica. E che pero' a volte quel tentativo rappresenta,
altrettanto legittimamente, l'ultima spiaggia per i cittadini: si tratta di valutare caso per caso.
Non dimentichiamo, oltretutto, che parlare di denuncia o di esposto alla Procura della Repubblica significa
comunque gettare il conflitto nell'ambito penale.
E questa e' un'ulteriore ragione che deve spingere all'attenzione nell'uso degli strumenti giuridici.
Penale vuol dire reato, per intenderci. Cioe' una connotazione del fatto di una certa gravita'.
E non a caso, durante un recente dibattito a cui ho partecipato fra i relatori, un Sostituto procuratore della
Repubblica, da me interpellato proprio sul problema di come puo' il cittadino ottenere tutela nel caso di
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norme non assistite da sanzioni, travisando in parte il senso della mia domanda (ovviamente non mi
riferivo solo ad ipotesi di tutela penale, ma chiedevo un parere sulla tutelabilita' giuridica in senso ampio),
ha detto che il penale e' l'elefante che si muove in una cristalleria.
A me e' parso molto nitido quanto espresso da Angelo Velatta. Che, penso non a caso, parlava di un
intervento della giustizia amministrativa (TAR). E che sarebbe quantomai opportuna e condivisibile.
Sarebbe una giusta azione da parte nostra, penso. Oltretutto, pubblicamente rivendicabile. E forse destinata
ad avere maggiori probabilita' di successo (perche' il TAR puo' sindacare l'attivita' della pubblica
amministrazione che non rientri nella mera discrezionalita'). Ma ha dei costi.
Per quanto a mia conoscenza - ma qualora vi risultasse diversamente fatemi sapere - mentre l'esposto di
cui parlavamo e anche la denuncia possono essere presentati da qualunque cittadino e sono in forma libera,
per adire la giustizia amministrativa le forme sono diverse ed e' necessaria l'assistenza di un difensore
(Angelo, dico cose inesatte?).
Tutto cio' per concludere che, a fronte delle dichiarazioni (permettetemi di dire: allucinanti!) dell'assessore
di Chieri, se fosse possibile invocare una tutela giuridica lo farei senza dubbio.
E sono anche ragionevolmente sicuro che, se il caso e' fondato e l'atto ben costruito, un eventuale successo
gioverebbe a FIAB e alla nostra causa, costringendo da quel momento in poi tutta la pubblica
amministrazione ad approcciarsi a questi temi in modo meno sconclusionato.
Massimo Gaspardo Moro – Muoviti Chieri!-FIAB, Chieri - 3 gennaio 2012
Sono d’accordo che sia necessario che gli organi dirigenti della FIAB discutano e adottino una posizione
chiara ed efficace e un linea di azione per l'osservanza della legge 366/98 da parte degli enti proprietari
delle strade.
Molti politici e tecnici non sanno nemmeno che esiste la 366 perché non c'è nessun portatore di interesse
(stake holder) organizzato che spinge con forza per farla rispettare. Sappiamo che ai ciclisti sportivi i
percorsi ciclabili interessano poco. Se non lo facciamo noi, chi lo fa?
Sono d'accordo che, comunque, un atto ufficiale spesso ha l'effetto di mettere un po' di pepe agli uffici
tecnici poco informati o poco sensibili.
Secondo me occorre:
• capire bene se non ci sono sanzioni;
• capire se c'è la possibilità di rendere illegittimo e quindi nullo (con un ricorso, un esposto, una
denuncia) un atto dell'ente proprietario della strada che approva la costruzione di una nuova strada
o la straordinaria manutenzione di una strada esistente, senza prendere in considerazione la
realizzazione del percorso ciclabile adiacente previsto dalla legge 366/98;
• preparare un documento ufficiale FIAB nel quale si rende pubblica la posizione della federazione, si
dice che tutte le associazioni federate sorveglieranno e si attiveranno per il rispetto della 366;
• preparare un vademecum per le associazioni con le cose da fare; ad esempio: a) una breve
spiegazione della 366; b) un fac-simile di lettera da inviare agli enti locali, nella quale si chiede il
rispetto della 366; si chiede di essere coinvolti/consultati nella definizione dei provvedimenti per la
costruzione di una nuova strada o la straordinaria manutenzione di una strada esistente; si segnala
che in mancanza l'associazione agirà (con un ricorso, un esposto, una denuncia) per ottenere il
rispetto della legge; c) i passi da fare nei casi di mancata osservanza della 366, cioè come
materialmente fare un ricorso, un esposto, una denuncia).
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Giampaolo Schillaci - Coordinatore Regionale FIAB-Onlus Sicilia - 3 gennaio 2012
Che il ricorso al TAR costi, credo sia cosa più che nota a tutti. Anche per questo è azione più da Federazione
che da singola Associazione, salvo casi particolari.
Le esperienze di Parigi, Scognamillo e del sottoscritto mostrano con chiarezza che si possono bloccare
azioni sconsiderate della pubblica amministrazione con una semplice lettera scritta nella forma dovuta, con
i contenuti appropriati, indirizzata a chi di dovere (organi di vigilanza), con le modalità previste dal caso.
Non varrà in ogni circostanza, ma è qualcosa. Non bloccherà forse la PA a tempo indefinito, ma se condotte
con sistematicità, come osservato da altri prima di me, azioni del genere varranno a mettere sull'attenti i
suddetti amministratori.
Anche l'azione intentata con successo a Milano contro una pubblicità impropria evidenzia quanto possa
essere conveniente mostrare le unghie. Certo, non si può pagare ogni volta una parcella ad un
amministrativista, non perché non si vorrebbe, ma perché nelle casse delle associazioni raramente ci sono
risorse da poter destinare a ciò.
Massimo ha ridotto in 4 punti cosa potrebbe farsi come Federazione. In alternativa, qualora si pensasse che
ciò non sia possibile per scarsità e/o indisponibilità di risorse, tre o quattro associazioni che hanno agito
contro la pubblica amministrazione possono provare a mettersi insieme e a formulare un modello da
impiegare in casi simili. Finché il modello non verrà approvato da FIAB tutte le associazioni potranno farlo
proprio e usarlo come credono su propria carta intestata, dopo l'eventuale approvazione il modello potrà
provenire direttamente da FIAB. Da parte mia metto sin da subito a disposizione le esperienze delle
associazioni del Coordinamento Sicilia.
Questa è la mia proposta, giusto per evitare che tutte queste mail non valgano l'anidride carbonica
prodotta, e sarebbe un gran peccato, perché sono centrate, interessanti ed utili.
Giuseppe Merlin – Direttore FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
In attesa di una decisione della Presidenza, permettetemi un breve riflessione.
Sono convinto anch'io che una causa penale è come una dichiarazione di guerra e poi si contano i morti. Ma
credo che a volte sia indispensabile.
Tuttavia prima di arrivare alla guerra, come tutti noi ben sappiamo, gli organismi internazionali e le singole
nazioni (quelle serie) percorrono altre strade, diplomatiche.
Si parte dalla messa in mora, per passare, eventualmente, a delle sanzioni sempre più pesanti e solo alla
fine, falliti tutti i tentativi pacifici, si passa alla guerra.
Credo, quindi, che si debba partire quanto prima con l'azione iniziale, cioè una lettera ufficiale di FIAB a
tutela della propria Associazione locale e dei ciclisti.
Poi alzeremo i toni passando ad una denuncia pubblica e quindi all'esposto ecc..
Pur consci che un obbligo senza sanzione è come un fucile senza il grilletto.. Uno dei tanti ossimori presenti
nell'ordinamento giuridico italiano.
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
adiacenti – Contributi delle associazioni FIAB – Gennaio 2012
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Lello Sforza - Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 3 gennaio 2012
Aggiungo di considerare tra i destinatari dell'azione (denuncia, esposto, ricorso, o come si vuole) anche la
Corte dei Conti. Infatti trattandosi di verificare se e come le Amministrazioni pubbliche spendono i fondi
pubblici, se nel documento si giustificano i costi sociali risparmiati dalla corretta applicazione della norma,
oppure i danni in termini di incidenti stradali ai ciclisti per effetto della mancata realizzazione delle
infrastrutture ciclabili, magari qualche qualche risultato lo si può ottenere.
Inoltre quando le amministrazioni vedono che la lettera a loro inviata e stata indirizzata pure alla Corte dei
Conti, poichè la sanzione è pecuniaria ed è personale, qualcosa si può muovere più velocemente
Marco Passigato - 4 gennaio 2012
Condivido l'osservazione di Bepo che prima di arrivare alla guerra ci sono azioni preliminari di ricerca della
soluzione noviolenta del conflitto; e dopo le guerre si contano i morti, cioè per molti anni la relazione con
l'amministarzione o con il dirigente soprattutto se di grado elevato e con reali poteri e capacità decisionali
saranno chiusi.
Altro tema non sbagliare il bersaglio, se è l'Assessore il cocciuto al quale far cambiare idea il provvedimento
soprattutto se penale rischia di inguaiare il dirigente.
... ma perchè si arriva a queste ituazioni?
- per mancanza di pianificazione, put/biciPlan, ecc
- per mancanza di comunicazione concertazione condivisione con i portatori di interesse (fase preliminare
che se ben svolta dovrebbe far emergere i reali bisogni degli interventi)
..... e poi siamo sicuri che se prendessere alla lettera la 366 non ci troveremmo spezzoni di piste ciclabili
sparse dove non servono? ricordiamoci che siamo in un periodo di vacche magre e se ti fanno una ciclabile
in un posto "obbligati dalla 366" poi non te la fanno più ove realmente serve.
Allora? ... cerchiamo di ricondurre possiblmente la questione sui giusti binari, contatti, pianificazione
corretta e condivisa, e poi se indispensabile pressioni crescenti, ma sono l'ultima spiaggia.
La nostra Federazione deve far crescere il livello dei desideri dei cittadini e aiutare i tecnici e politici ad
aggiornarsi, è dalla cultura diffusa che scatta il miglioramento delle città. Alcune volte prò certe teste nei
luoghi chiave sono sorde e arroganti.
Lello Sforza - Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 4 gennaio 2012
Caro Marco, ma il tuo ragionamento è come il cane che si morde la coda.
Chi deve andare a dire ad un comune che deve predisporre il PUT e alla Provincia che deve predisporre il
Piano dei trasporti all'interno dei quali, in entrambi io casi, Comuni e Province devono prevedere quali
piani di settore i Piani della mobilità ciclistica?
Nel tuo ragionamento mancano i soggetti, vale a dire chi deve fare le cose che tu dici giustamente che
mancano: pianificazione/PUT/Biciplan, comunicazione, ecc.
E' vero che molto dipende dalle capacità e dai mezzi di un'associazione locale di stabilire relazioni
soddisfacenti con le amministrazioni di riferimento. Ma io sono del parere che, se ci sono le condizioni e le
capacità, quando bisogna agire in qualsiasi maniera verso un'ammistrazione latitante, si deve fare.
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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Valerio Parigi – FIAB FirenzeInBici ONLUS, Firenze - 4 gennaio 2012
Il ricorso fiorentino si basa sulla funzione di Vigilanza attribuita al Ministero dei Trasporti (oggi
Infrastrutture) che ha emesso a suo tempo il Decreto sulle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili (vedi
qui), e sulla possibilità di ricorso sospensivo prevista dal Codice della Strada.
Al suddetto Decreto Ministeriale 557 del 1999 fanno riferimento spesso tecnici e dirigenti, magari con
intepretazioni fantasiose e arzigogolate, per i diffusi "non si può fare". E' lo stesso Decreto di cui l'assessore
di Udine, alla recente Conferenza dei Presidenti a Pordenone, ci ha comunicato alcune richieste di modifica
da parte dell'ANCI (gruppo di lavoro sulla ciclabilità dei Comuni).
La documentazione della nostra azione legale è pesantuccia per l'invio: ordinanza comunale, nostra istanza
sospensiva, altra ordinanza per rimediare, nostra contro-istanza, relazione tecnica del nostro architetto,
relazione farfugliante dei tecnici comunali per pararsi il culo, relazione del funzionario ministeriale sul
sopralluogo, foto etc.
Ci servirà qualche giorno per mettere a disposizione un riassunto utile a chi vuole intraprendere questa
strada con maggiore facilità.
Sull'opportunità di agire per queste vie abbiamo mesi fa intensamente discusso. E' vero che in questo modo
si alza la conflittualità con il Comune, con dei rischi. Non è una scorciatoia ad un cultura della ciclabilità fra i
politici e dirigenti comunali. Ma direi che in certi casi dobbiamo anche dimostrare di non essere sottomessi
ad ogni rifiuto, opere malfatte o dannose, o addirittura pure carognate senza fondamenti giuridici e tecnici,
come quella del nostro caso.
Rilancio la proposta che come Fiab nazionale e/o in alcune realtà locali si scelgano dei casi esemplari,
significativi e con buone probabilità di spuntarla in sede di Ministero o TAR e anche Corte dei Conti. A
monte di questo ha senso la proposta di Giulietta di preparare una lettera rivolta a Sindaci, Assessori e
Dirigenti che li informi sugli obblighi di legge vigenti a favore della ciclabilità, magari condita dai vantaggi e
la prassi europea di tali sviluppi.
Ricorso di FIAB Firenzeinbici del 2 agosto 2011
ECC.MA DIREZIONE GENERALE PER LA SICUREZZA STRADALE PRESSO IL MINISTERO DELLE
INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI (prima ISPETTORATO GENERALE PER LA CIRCOLAZIONE E LA
SICUREZZA STRADALE PRESSO IL MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI)
Ricorso amministrativo ex art. 37, comma III, Nuovo Codice della Strada, D.Lgs. n. 285/1992 e ex art.
74 Regolamento di attuazione del Nuovo Codice della Strada D.P.R. n. 495/1992.
Nell’interesse di Fiab Firenzeinbici (C.F.: XXXXXXXX), con sede in Xxxxxx, Via Xxxxxxxxxx, n. 6 in
persona del legale rappresentante pro tempore Sig. Mxxxxxxx Bxxxxxxx, del Sig. Fxxxxxxxxx Bxxxxxx,
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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(C.F.: Bxxxxxxxxxx), nato a Xxxxxxxxx il 17.9.19XX e residente a Xxxxxxxx in via Mxxxxx n. 8 ; del Sig.
Vxxxxxx Pxxxxxxx (C.F.: Xxxxxxxxxxx), nato a Firenze il 10.7.19XX e residente a Xxxxxx in via Xxxxxx n.
21; tutti rappresentati e difesi dall’Avv. Xxxx Xxxx del Foro di Xxxxxx (C.F.Xxxxxx; PEC. Xxxxxx:) ed
elettivamente domiciliati presso il suo Studio in Xxxxxx, in Via Xxxxxx n. 18/20, come da procure a
margine del presente ricorso;nei confronti
- del Comune di Firenze, in persona del Sindaco pro tempore;
- della Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità del Comune di Firenze, in persona del Dirigente pro
tempore;
per annullamento, previa sospensione,
- del provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04881 del 17.06.2011 nella parte in cui dispone “PONTE
ALLA CARRAIA (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del senso unico
di marcia, in direzione Lungarno Corsini, sulla corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla
carreggiata stradale e posta sul margine destro della carreggiata rispetto alla direttrice Lungarno
Guicciardini – Lungarno Corsini”;
- del provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04883 del 17.06.2011 nella parte in cui dispone “PONTE
SANTA TRINITA (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del senso
unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata ai veicoli a motore, sulla corsia
riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro della
carreggiata rispetto alla direttrice l.no Acciaiuoli – piazza Frescobaldi (…)”;
LUNGARNO CORSINI (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del
senso unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata ai veicoli a motore, sulla
corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro della
carreggiata rispetto alla direttrice Ponte alla Carraia – Ponte Santa Trinita”;
- nonché di ogni atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso ancorché ignoto ai
ricorrenti; per la conseguente rimozione immediata della segnaletica orizzontale e verticale
disciplinante il senso unico di marcia nelle piste ciclabili di Ponte alla Carraia, Ponte Santa Trinita e
Lungarno Corsini e per l’apposizione della segnaletica verticale ed orizzontale disciplinante il doppio
senso di marcia nelle suddette piste ciclabili, nonché di un cordolo idoneo a separare le suddette piste
ciclabili dalla parte della carreggiata in cui è consentito il transito dei veicoli a motore.
***
Fatto
1) Il primo nucleo dell’odierna rete di piste ciclabili del Comune di Firenze (doc. n. 1) risale ai primi
anni ’90, quando, con l’occasione dei lavori per i mondiali di calcio di Italia ’90, l’Amministrazione
decise di predisporre una serie di piste riservate ai velocipedi, al fine di agevolare ed incrementare la
mobilità ciclistica.
In particolare, ai fini che qui interessano, in tale periodo e negli anni immediatamente successivi
furono realizzate le seguenti ciclabili a doppio senso di marcia:
- Pista Ciclabile di Ponte alla Carraia, ricavata sul margine destro della carreggiata rispetto alla
direttrice Lungarno Guicciardini – Lungarno Corsini (doc. n. 2);
- Pista Ciclabile di Ponte Santa Trinita, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine
destro della carreggiata rispetto alla direttrice Lungarno Acciaiuoli – Piazza Frescobaldi (doc. n. 3)
- Pista Ciclabile di Lungarno Corsini, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro
della carreggiata rispetto alla direttrice Ponte alla Carraia – Ponte Santa Trinita (doc. n. 4).
Seppur defilate rispetto alle altre tratte, le piste in questione, grazie al duplice senso di marcia,
rappresentavano parte essenziale della direttrice ciclabile lungo il fiume Arno. Di qui la loro
importanza e rilevanza, non solo per la mobilità ciclabile, ma anche per la mobilità automobilistica,
essendo evidente che la presenza di una direttrice ciclabile bidirezionale (a fronte di una direttrice
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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veicolare a senso unico) costituiva indubbio incentivo all’utilizzo del velocipede in luogo
dell’automobile, con un indubitabile beneficio per tutta la collettività, a causa del minor traffico, del
minor inquinamento, ecc..
2) In tutti questi anni, dunque, i ciclisti fiorentini hanno utilizzato le piste ciclabili in questione,
sperimentandone, tuttavia, anche le carenze, come ad esempio il non completo raccordo con gli altri
tratti della rete dedicata alle biciclette.
Infatti, come spesso accade alle ciclabili (frequentemente progettate in ragione della facile
realizzabilità e non in funzione della loro utilità), il ciclista, giunto al termine della pista, era
costretto ad immettersi su strade assai trafficate, alla mercé del traffico automobilistico.
Associazione Fiab Xxxxx, associazione tra le più rappresentative dei ciclisti cittadini con 435 iscritti,
si è così battuta affinché venisse implementata non solo la rete di piste riservate ai velocipedi, ma
anche affinché fossero estese 1 Come emerge dalle planimetrie che si allegano, nelle quali risultano
evidenziati gli itinerari ciclabili, lo sviluppo delle piste non ha proceduto sulla base di un progetto
organico, lungo direttrici preordinate, bensì sulla base della più o meno facile realizzabilità delle
stesse.
Ecco quindi che vi sono aree nelle quali vi è una forte concentrazione di ciclabili ed aree del tutto
prive.
le zone pedonali, all’interno delle quali, ai sensi dell'art. 3 del D.Lgs. n. 285/1992 2, i velocipedi
possono circolare liberamente.
3) È dunque naturale che Fiab Firenzeinbici e gli odierni ricorrenti abbiano appoggiato la recente
campagna di “pedonalizzazioni” portata avanti dall’Amministrazione Comunale fiorentina, sotto il
decisivo impulso del Sindaco Dott. Matteo Renzi.
Infatti, la pedonalizzazione produce due effetti positivi sulla mobilità ciclabile: il primo, di più
immediata percezione, è quello di rendere più sicuri gli spostamenti in bicicletta all’interno dell’area
pedonale; il secondo, forse il più rilevante, è quello di potenziare – con un costo assai ridotto3 - la
rete della ciclabilità cittadina.
La pedonalizzazione di una strada rende superflua la realizzazione di una pista ciclabile nella
medesima strada e, al tempo stesso, valorizza le piste ciclabili poste al di fuori dell’area
pedonalizzata, contribuendo ad eliminare la discontinuità fra tratti ciclabili, discontinuità che
costituisce il principale ostacolo alla fruizione degli stessi.
Ed infatti, le due grandi pedonalizzazioni sin qui operate (quella di Piazza Duomo dell’ottobre 2009
e quella di Piazza Pitti e Via Tornabuoni nello scorso giugno) hanno colmato alcune delle lacune
nella rete delle piste ciclabili. Ci si riferisce, in particolare, al potenziamento della direttrice 2
Il Nuovo Codice della Strada, come noto, definisce Area pedonale la “zona interdetta alla
circolazione dei veicoli, salvo quelli in servizio di emergenza, i velocipedi e i veicoli al servizio di
persone con limitate o impedite capacità motorie, nonché eventuali deroghe per i veicoli ad emissioni
zero aventi ingombro e velocità tali da poter essere assimilati ai velocipedi. In particolari situazioni i
comuni possono introdurre, attraverso apposita segnalazione, ulteriori restrizioni alla circolazione
su aree pedonali” (art. 3, Comma I, numero 2)
3 Non senza polemica si rileva che, frequentemente, uno dei principali ostacoli frapposti alla
creazione di nuove piste ciclabili è rappresentato dal “presunto” costo della loro realizzazione.
ciclabile Viali-Oltrarno (effetto indiretto della pedonalizzazione di PiazzaDuomo) ed al
potenziamento della direttrice ciclabile lungo l’Arno (auspicabile effetto indiretto della
pedonalizzazione di Via Tornabuoni ed aree limitrofe).
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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4) Si può, dunque, immaginare l’assoluta sorpresa e lo sconcerto degli odierni ricorrenti
nell’apprendere che, in pretesa applicazione della delibera di giunta istitutiva dell’area pedonale n.
244/2011 (proposta n. 337/2011) del 17.6.2011, l’Amministrazione Comunale abbia deciso –
inspiegabilmente ed illogicamente - di interrompere due fra le principali direttrici ciclabili della
città, e cioè quella che collega i Viali di circonvallazione e l'Oltrarno e quella che corre lungo il fiume
Arno.
Infatti, con provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04881 del 17.06.2011 è stata disposta la
“Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile (del Ponte alla Carraia) con istituzione del senso
unico di marcia, in direzione Lungarno Corsini, sulla corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla
carreggiata stradale e posta sul margine destro della carreggiata rispetto alla direttrice Lungarno
Guicciardini – Lungarno Corsini” (doc. n. 5).
A completare l’opera è poi intervenuto il provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04883 del
17.06.2011, che ha disposto “Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile (del Ponte Santa
Trinita) con istituzione del senso unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata
ai veicoli a motore, sulla corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul
margine destro della carreggiata rispetto alla direttrice l.no Acciaiuoli – piazza Frescobaldi (…)”;
nonché la “Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile (di Lungarno Corsini) con istituzione
del senso unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata ai veicoli a motore,
sulla corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro
della carreggiata rispetto alla direttrice Ponte alla Carraia – Ponte Santa Trinita” (doc. n. 6).
5) Con estrema solerzia, l'Amministrazione Comunale ha quindi apposto la segnaletica orizzontale e
verticale indicante il senso unico di marcia, segnaletica di cui si fornisce documentazione fotografica
(cfr. doc. n. 7 [relativo alla pista ciclabile del Ponte alla Carraia]; doc. n. 8 [relativo alla pista ciclabile
del Ponte Santa Trinita] e doc. n. 9 [relativo alla pista ciclabile di Lungarno Corsini]).
I provvedimenti impugnati, laddove prescrivono il senso unico di marcia per le ciclabili di Ponte
Santa Trinita, Lungarno Corsini e Ponte alla Carraia, sono vistosamente illegittimi, con conseguente
illegittimità della segnaletica orizzontale e verticale apposta, per i motivi di diritto che verranno di
seguito svolti.
Prima di tutto, però, si evidenzierà la legittimazione degli odierni ricorrenti nonché il loro interesse
alla contestazione dei provvedimenti impugnati, come richiesto dall'art. 74 Regolamento di
attuazione del Nuovo Codice della Strada D.P.R. n. 495/1992.
Legittimazione ed interesse
a) L’associazione Fiab Xxxxxx è la maggiore associazione di ciclisti fiorentini e conta, ad oggi, 495
associati (doc. n. 10). Firenzeinbici è stata fondata in data 4.2.2005 (doc. n. 11) ed è affiliata alla
FIAB, la Federazione Italiana Amici della Bicicletta, riconosciuta con D.M. 28.5.2004 come
“associazione di protezione ambientale” ai sensi dell'art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e
ss.mm.ii.. Lo scopo istituzionale dell'associazione ai sensi dell’art. 3 dello statuto, è “lo svolgimento di
attività nel settore della tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente; in particolare
promuovendo la bicicletta ed altre forme di mobilità ecologicamente compatibili e sviluppando altre
iniziative nel campo della qualità della vita”. Inoltre, prosegue l'art. 3 dello Statuto “L’associazione si
pone al servizio della comunità dei ciclisti dell’area metropolitana fiorentina, con lo scopo di
contribuire allo sviluppo della mobilità sostenibile, al miglioramento delle condizioni ambientali e
della qualità della vita”.
Ai sensi dell'art. 4 dello Statuto, per realizzare tali fini, Associazione Fiab Xxxxx intende
“1) promuovere e sviluppare la cultura e la pratica di un uso abituale della bicicletta quale mezzo di
trasporto economico ed ecologico ed alternativo ai veicoli a motore;
La Legge 19 ottobre 1998, n. 366 “Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica” e l’obbligo di realizzare percorsi ciclabili
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2) proporre la realizzazione di strutture, provvedimenti e politiche che facilitino ed incentivino la
diffusione e l’uso della bicicletta;
3) proporre provvedimenti per la moderazione del traffico e per la sicurezza stradale, in particolare
nei riguardi dei ciclisti;
4) avanzare proposte per la risoluzione dei problemi legati alla mobilità e per lo sviluppo del
trasporto collettivo;
5) denunciare i danni ambientali e sociali causati dall’uso smodato del mezzo privato a motore,
promuovere un’azione culturale ed elaborare proposte concrete in tal senso;
6) promuovere iniziative e proporre la realizzazione di strutture idonee per un ambiente, sia
naturale che urbano, più pulito, più vivibile, che tuteli la salute dei cittadini e favorisca le relazioni
sociali;
(...)
8) elaborare, autonomamente o in collaborazione con enti pubblici ed organismi privati, studi e
ricerche, piani di fattibilità, progetti di percorsi ciclabili o altre strutture e provvedimenti utili per
realizzare le finalità di cui ai punti precedenti
(….)
15) vigilare che enti, istituzioni e privati rispettino le vigenti normative in materia di qualità
ambientale e di realizzazione di infrastrutture, con particolare riferimento alle infrastrutture
ciclabili; attivarsi per denunciare gli abusi riscontrati (...)” (doc. n. 12).
Dal momento che gli impugnati provvedimenti costituiscono un evidente danno per la popolazione
ciclistica fiorentina, è dunque palese che – nel pieno rispetto delle proprie prerogative statutarie –
Associazione Fiab Xxxxx abbia la piena legittimazione ed interesse a contestare tali atti. A ciò si
aggiunga che il ricorso che Associazione Fiab Xxxxx oggi propone non è meramente demolitorio, ma
si inserisce in quadro di costruttive “proposte per la risoluzione dei problemi legati alla mobilità”
(cfr. art. 4, nn. 2, 3 e 4 dello Statuto); a tal fine, infatti, viene proposta l’installazione di cordoli idonei
a separare la parte della carreggiata destinata al traffico veicolare dalla pista ciclabile.
b) Il Sig. Xxxxx Xxxxxxxed il Sig. Xxxxx Xxxxxxx si muovono quotidianamente in bicicletta nella vasta
ZTL del centro storico di Firenze, utilizzando, oltre alle piste ciclabili, le zone pedonalizzate, in
quanto tali transitabili in bicicletta.
La recente soppressione di un senso delle suddette piste ciclabili rende praticamente impossibile,
salvo infrazioni e gravi rischi per l'incolumità, i loro percorsi quotidiani – assai frequenti – sulle
direttrici da e per Via Maggio/Porta Romana, la Stazione S. M. Novella e Piazza S. Marco fino ad
entrare/uscire dalla ZTL verso/da p.za Libertà e Piazza Donatello.
Di qui la palese legittimazione e l’interesse a contestare gli illegittimi provvedimenti
dell’Amministrazione Comunale. La soppressione di un senso di marcia delle suddette piste ciclabili
rende sostanzialmente impossibili gli spostamenti ciclabili del Sig. Petrozzi, imponendogli l’utilizzo
di mezzi di trasporto ben più impattanti sull’ambiente cittadino. Di qui l’evidente legittimazione ed
interesse a contestare i provvedimenti impugnati.
Tutto ciò premesso e considerato, Associazione Fiab Xxxxx, in persona del legale rappresentante pro
tempore, il Sig. Xxxxx Xxxxxxx, il Sig. Xxxxx Xxxxxxx contestano la palese illegittimità della istituzione
del senso unico di marcia nelle piste ciclabili di Ponte Santa Trinita, Lungarno Corsini e Ponte alla
Carraia e ne chiedono l'annullamento, previa sospensione, nonché la rimozione immediata della
relativa segnaletica orizzontale e verticale, con contestuale apposizione di idonea cordolatura, per i
seguenti motivi di Diritto
I) - Eccesso di potere per difetto dei presupposti.
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- Violazione e falsa applicazione della delibera di Giunta Comunale 2011/G/00244 (proposta n.
2011/G/00337).
Gli impugnati provvedimenti di istituzione del senso unico di marcia sono stati adottati in attuazione
della delibera della Giunta Comunale 2011/G/00244 (proposta n. 2011/G/00337) del 14.06.2011
con cui si è provveduto a delimitare la nuova Area pedonale urbana di Via Tornabuoni, Piazza Pitti e
Via Guicciardini (doc. n. 14).
Ebbene, nella citata delibera non vi è un solo riferimento alla istituzione del senso unico di marcia
nelle ciclabili di Ponte Santa Trinita, Lungarno Corsini e Ponte alla Carraia. Emerge dunque
l'assoluta estemporaneità delle decisioni prese negli impugnati provvedimenti, laddove, del tutto
arbitrariamente ed in palese contraddizione con le direttive dell'organo politico, si è eliminato il
doppio senso di marcia.
Ma vi è di più.
Infatti, anche leggendo con attenzione la relazione tecnica allegata alla delibera n. 244/2011 (doc. n.
15), relazione predisposta con grande cura ed attenzione dagli Uffici Tecnici Comunali, e sottoscritta
dal Comandante della Polizia Municipale e dal Direttore Nuove Infrastrutture e Mobilità, non si
trova alcun riferimento all'istituzione del senso unico di marcia nelle menzionate piste ciclabili.
A completare il quadro vi è poi la tavola n. 3 “Variazione circolazione” (doc. n. 16), in cui sono
indicate le modifiche alla circolazione che dovranno essere disposte con provvedimenti della
Direzione Nuove Infrastrutture e Mobilità. Ebbene, tale tavola non contiene alcuna indicazione sul
senso delle piste ciclabili, dal momento che essa – con tutta evidenza- si riferisce al solo traffico a
motore (con esclusione delle piste ciclabili riservate ai velocipedi). Che la tavola in questione si
riferisca esclusivamente al traffico a motore, e non disciplini il senso delle ciclabili, lo si ricava dalla
semplice constatazione che, in detta tavola, le piste ciclabili.... non sono nemmeno raffigurate!
A titolo di esempio, si osservi come la tavola in questione non rappresenti la ciclabile di Lungarno
Amerigo Vespucci, di cui la ciclabile di Lungarno Corsini costituisce la continuazione in direzione
Ponte Amerigo Vespucci.
II) - Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifesta.
- Violazione del P.G.T.U. del Comune di Firenze del 2006.
- Violazione dell’ordinanza del Sindaco del Comune di Firenze n. 2011/00038 del 10.2.2011.
Quanto si è visto sin qui sarebbe già, di per sé, sufficiente a condurre all'annullamento della nuova
segnaletica.
Ma gli impugnati provvedimenti, oltre che adottati in carenza dei presupposti, sono forieri di
illogiche ripercussioni su tutta la mobilità ciclistica cittadina.
Infatti, con l'eliminazione di un senso delle ciclabili si è reso impossibile o molto difficile
l'attraversamento del centro su due fra le principali direttrici ciclabili della città, e cioè quella che
collega i Viali di circonvallazione e l'Oltrarno e quella che scorre lungo il fiume Arno (doc. n. 17).
A seguito dell’introduzione del senso unico di marcia, lo spostamento in bicicletta sulle menzionate
direttrici è stato reso del tutto sconveniente rispetto allo spostamento con mezzi a motore, dal
momento che, a parità di percorsi (essendo state eliminate le agevolazioni per i velocipedi), il tempo
impiegato con le biciclette è – come ovvio – notevolmente superiore. In altre parole, creando una
discontinuità nella rete ciclabile si è di fatto affossato l’utilizzo del principale strumento di mobilità
alternativa di cui dispongono i fiorentini
.
Ma questo fatto, oltre che illogico, è del tutto contrastante con i più recenti provvedimenti del
Comune di Firenze in materia di mobilità.
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II.1) Si rileva, innanzitutto, il contrasto con il Piano Generale del Traffico Urbano del Comune di
Firenze, come aggiornato a seguito della deliberazione del Consiglio Comunale 2006/C/00087 del
18.l2.2006 (P.G.T.V. presente nel sito del Comune di Firenze e prodotto in estratto come doc. n. 18).
E’ sufficiente la semplice lettura del capitolo III, paragrafo 3.2.7, dedicato alla mobilità ciclistica, per
comprendere l’evidente errore in cui sono incorsi i redattori degli impugnati provvedimenti.
Infatti, in detto paragrafo si legge che “Parte integrante del PGTU 2006 è il Piano di Settore delle
Piste Ciclabili, comprensivo di cronoprogramma che ne stabilisce priorità, tempi di realizzazione e
successivi finanziamenti; tale documento è stato già approvato dal Consiglio Comunale ed esiste una
mozione del C.C. stesso che esorta l'Amministrazione Comunale a reperire i finanziamenti per la sua
realizzazione.
Il piano è esaustivo, sia sotto il profilo delle previsioni di tracciato che per quanto riguarda la
relativa segnaletica, essenziale per il rispetto della norma del Codice della Strada che dà a pedoni e
ciclisti la precedenza nei confronti dei veicoli in transito. E' però chiaro come, ai fini del discorso di
integrazione promosso da questo PGTU, rivestano un valore altamente strategico i seguenti elementi
in particolare:
pista ciclabile dell'Arno;
percorsi ciclabili del nodo Fortezza da Basso;
collegamento con il Polo Scientifico di Sesto Fiorentino;
distribuzione capillare all'interno dei Quartieri (che può essere svolta dal
sistema ciclabile in appoggio al TPL su ferro e su gomma).
Dal punto di vista delle modalità realizzative, vi sono sostanzialmente due tipologie di piste ciclabili:
quelle che si pongono come obiettivo la riqualificazione dello spazio urbano, proponendosi come un
modello di vivibilità alternativo all'uso dell'auto, e quelle che danno la priorità al collegamento da
stabilire, privilegiando la funzionalità del tracciato, senza particolare cura nella forma.
La contrapposizione è, in un certo senso, quella classica fra "qualità" e "quantità"; a Firenze sarà
necessario, in qualche caso, optare per la seconda tipologia, ovvero rinunciare ai connotati più
qualitativi per privilegiare gli aspetti pratici (vedi necessità di ricucire fra loro tracciati in parte già
esistenti).
E' nostra intenzione, inoltre, concorrere all'affermazione dell'interscambio bici-bus a Firenze anche
attraverso la creazione di aree di ricovero per le biciclette localizzate - con criterio analogo a quello
precedentemente esposto per la sosta delle auto - nei seguenti luoghi: lungo le linee forti del TPL, con
particolare riguardo a quelle dotate di busvia (vedi area in Viale dei Mille, sul percorso della Super
17, di cui si è detto nel pgf. 3.2.5), alla Stazione di Firenze Statuto, alla Stazione di Rifredi, in Piazza
delle Cure (a meno che, in quest'ultimo caso, non sia possibile utilizzare a tale scopo l'area coperta
exacquedotto).
Sarà possibile, in questo modo, costruire un sistema di scambio modale che utilizzi il mezzo privato
eco-compatibile per compiere parte dello spostamento, ma che possa poi appoggiarsi al TPL in caso
di maltempo o per tragitti superiori a quelli statisticamente effettuati dai ciclisti (3,5 km di distanza
massima)”.
A fronte, quindi, di un atto di indirizzo che imponeva l’adozione di misure volte a “ricucire fra loro
tracciati in parte già esistenti”, l’Amministrazione ha – inspiegabilmente – ritenuto di adottare
provvedimenti di “scucitura” dei tracciati già esistenti!
II.2) A ciò si aggiunga che il disincentivo all’uso della bicicletta ed il conseguente incremento del
traffico veicolare si pongono in netto contrasto con il dispositivo dell’ordinanza del Sindaco del
Comune di Firenze n. 2011/00038 del 10.2.2011 (doc. n. 19).
Infatti, detta ordinanza, nel tentativo di porre un freno al devastante inquinamento atmosferico che
affligge la città di Firenze e che ha portato, nell’ultimo anno, a numerosi sforamenti dei “valori limite
per la qualità dell’aria e in particolare per la concentrazione del materiale articolato PM10”, ordina
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l’“invito alla limitazione dell’utilizzo dei mezzi privati”, ricordando alle “Direzioni Ambiente, Polizia
Municipale e “Nuove Infrastrutture e Mobilità” di essere “tenute, per quanto di rispettiva
competenza, agli adempimenti necessari all’attuazione della presente ordinanza”.
Ed ostacolare in modo così palese l’utilizzo del mezzo a pedali non sembra certo il miglior modo per
attuare la direttiva in questione e ridurre i pericolosi livelli di inquinamento ambientale.
III) - Violazione dell’art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241.
- Eccesso di potere per omessa motivazione.
I provvedimenti con i quali è stato imposto l'obbligo dell'unico senso di marcia sui tratti di pista
ciclabile in questione sono, altresì, palesemente illegittimi per essere del tutto sprovvisti di
motivazione.
L'art. 3 della legge 7.8.1990, n. 241, infatti, prevede che “Ogni provvedimento amministrativo,
compresi quelli concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed
il personale, deve essere motivato, salvo che nelle ipotesi previste dal comma 2. La motivazione deve
indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”.
I provvedimenti in questione non contengono alcun riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che
hanno spinto l'Amministrazione ad imporre il senso unico. Del resto, non si vede davvero in che
termini il redattore dei provvedimenti in questione avrebbe potuto motivare una scelta così
intrinsecamente illogica; non motivare affatto il provvedimento è stata quindi la strada più facile,
seppur palesemente illegittima.
Per mera cautela difensiva, si rileva che, nel caso di specie, i provvedimenti impugnati non
costituiscono certo “atti normativi” o a “contenuto generale”, in presenza dei quali, ai sensi dell'art.
3, comma II, l. 7.8.1990, n. 241, l'obbligo di motivazione risulta attenuato.
IV) - Violazione e falsa applicazione del D.M. 30.11.1999, n. 557.17
IV.1) Non sarebbe sufficiente ad attribuire ai provvedimenti impugnati il crisma della legittimità
neppure il riferimento al D.M. 30.11.1999, n. 557, pubblicato nella G.U. n. 225 del 26/09/2000, il
quale fornisce la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili.
Infatti, è sufficiente la lettura dell'intero regolamento per verificare che esso non si applica alle piste
ciclabili già esistenti al momento della sua entrata in vigore.
Al proposito, i ricorrenti ben sanno che l’art. 6, II comma, lett. b) di detto decreto prevede che la pista
ciclabile possa essere realizzata “su corsia riservata, ricavata dalla carreggiata stradale, ad unico
senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore ed ubicata di
norma in destra rispetto a quest'ultima corsia, qualora l'elemento di separazione sia costituito
essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia”.
Tuttavia i ricorrenti ricordano all’Amministrazione Comunale che, ai sensi dell'art. 13 del citato D.M.
n. 557/1999; “Le norme di cui al presente regolamento non si applicano per le opere il cui progetto
definitivo sia approvato entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti
normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare”. E’ quindi evidente che, in quanto preesistenti all’entrata in vigore del regolamento, le
piste ciclabili di Ponte alla Carraia, Lungarno Corsini e Ponte Santa Trinita, non possono essere
assoggettate alle disposizioni di cui al D.M. n. 357/1999.
Di qui l’illegittimità della – peraltro immotivata – istituzione del senso unico di marcia.
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IV.2) Ma anche nella denegata e non creduta ipotesi in cui le disposizioni del D.M. n. 557/1999
fossero ritenute applicabili alle ciclabili in questione, è palese che i provvedimenti impugnati non
avrebbero comunque potuto disporre l'istituzione del senso unico di marcia.
Infatti l'art. 2 del D.M. 30.11.1999, n. 557, nell'indicare i principî per la redazione delle nuove piste
ciclabili, prevede che “Le finalità ed i criteri da considerare a livello generale di pianificazione e
dettagliato di progettazione, nella definizione di un itinerario ciclabile sono:
a) favorire e promuovere un elevato grado di mobilità ciclistica e pedonale, alternativa all'uso dei
veicoli a motore nelle aree urbane e nei collegamenti con il territorio contermine, che si ritiene possa
raggiungersi delle località interessate, con preminente riferimento alla mobilità lavorativa,
scolastica e turistica;
b) puntare all'attrattività, alla continuità ed alla riconoscibilità dell'itinerario ciclabile,
privilegiando i percorsi più brevi, diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull'origine e la
destinazione dell'utenza ciclistica;
c) valutare la redditività dell'investimento con riferimento all'utenza reale e potenziale ed in
relazione all'obiettivo di ridurre il rischio d'incidentalità ed i livelli di inquinamento atmosferico ed
acustico;
d) verificare l'oggettiva fattibilità ed il reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell'utenza,
secondo le diverse fasce d'età e le diverse esigenze, per le quali è necessario siano verificate ed
ottenute favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi”.
L'art. 2 prevede dunque che le nuove piste devono essere, prima ancora che a senso unico o a doppio
senso, “attrattive” per gli utenti ed in un rapporto di “continuità” fra loro, privilegiando appunto “i
percorsi più brevi, diretti e sicuri”.
Ebbene, non v'è chi non veda che istituire una pista ciclable a senso unico nella stessa direzione del
traffico veicolare:
− non rende attrattiva la pista ciclabile, dal momento che, in assenza di itinerari agevolati e a
parità di percorso da compiere, risulta assai più rapido l'utilizzo di un mezzo a motore;
− interrompe la continuità fra piste esistenti;
− crea un percorso più lungo, non diretto e non certo più sicuro.
Ed allora, persino nell'ipotesi in cui si ritenesse applicabile il D.M. 30.11.1999, n. 557, è evidente che
l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare provvedimenti rispettosi dei principî dettati dall'art. 2,
quali, ad esempio, il mantenimento del doppio senso di marcia accompagnato dall'apposizione di
idonei cordoli di separazione della pista dalla porzione di carreggiata riservata al traffico veicolare.
L'installazione di detti cordoli, economica e non complessa, accompagnata al ripristino del doppio
senso di marcia è quindi la soluzione tecnica che i ricorrenti propongono a codesta Ecc.ma Direzione
Generale/Ispettorato, affinché sia permesso ai ciclisti fiorentini di muoversi in sicurezza ed affinché
la bicicletta risulti davvero un mezzo attrattivo rispetto agli inquinanti ed ingombranti veicoli a
motore.
***
P.Q.M.
Voglia codesta Ill.ma Direzione Generale per la Sicurezza stradale/Ispettorato Generale per la
circolazione e la Sicurezza stradale, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti:
annullare, previa sospensione,
- il provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04881 del 17.06.2011 nella parte in cui dispone “PONTE
ALLA CARRAIA (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del senso unico
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di marcia, in direzione Lungarno Corsini, sulla corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla
carreggiata stradale e posta sul margine destro della carreggiata rispetto alla direttrice Lungarno
Guicciardini – Lungarno Corsini”;
- il provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04883 del 17.06.2011 nella parte in cui dispone “PONTE
SANTA TRINITA (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del senso
unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata ai veicoli a motore, sulla corsia
riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro della
carreggiata rispetto alla direttrice l.no Acciaiuoli – piazza Frescobaldi (…)”;
- LUNGARNO CORSINI (…) Modifica dell’attuale disciplina della pista ciclabile con istituzione del
senso unico di marcia, concorde con quello della contigua corsia riservata ai veicoli a motore, sulla
corsia riservata ai velocipedi, ricavata dalla carreggiata stradale e posta sul margine destro della
carreggiata rispetto alla direttrice Ponte alla Carraia – Ponte Santa Trinita”;
- ogni atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso, ancorché ignoto ai ricorrenti;
- disporre la conseguente rimozione immediata della segnaletica orizzontale e verticale disciplinante
il senso unico di marcia nelle suddette piste ciclabili;
- disporre l’installazione della segnaletica verticale ed orizzontale disciplinante il doppio senso di
marcia nelle suddette piste ciclabili, nonché di un cordolo idoneo a separare le suddette piste ciclabili
dalla parte della carreggiata in cui è consentito il transito dei veicoli a motore.
***
Si producono i seguenti documenti:
1) Rete piste ciclabili del Comune di Firenze al giugno 2011.
2) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Ponte alla Carraia, anteriormente alle
modifiche del 17.6.2011.
3) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Ponte Santa Trinita, anteriormente alle
modifiche del 17.6.2011.
4) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Lungarno Corsini, anteriormente alle
modifiche del 17.6.2011.
5) Provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04881 del 17/06/2011 con allegati (provvedimento
impugnato).
6) Provvedimento dirigenziale n. 2011/M/04883 del 17/06/2011 con allegati (provvedimento
impugnato).
7) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Ponte alla Carraia, a seguito della
modifiche del 17.6.2011.
8) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Ponte Santa Trinita, a seguito delle
modifiche del 17.6.2011.
9) Documentazione fotografica relativa alla Pista ciclabile di Lungarno Corsini, a seguito delle
modifiche del 17.6.2011.
10) Numero di soci di Associazione Fiab Xxxxx.
11) Atto di fondazione di Associazione Fiab Xxxxx.
12) Statuto di Associazione Fiab Xxxxx.
13) Documentazione relativa alla sede di lavoro del Sig. Petrozzi.
14) Delibera di Giunta Comunale 2011/G/00244 (proposta n. 2011/G/00337).
15) Relazione tecnica allegata alla delibera di Giunta Comunale 2011/G/00244.
16) Tavola n. 3 allegata alla delibera di Giunta Comunale 2011/G/00244.
17) Direttici ciclabili prima e dopo le modifiche.
18) Estratto dal P.G.T.U. del Comune di Firenze.
19) Ordinanza del Sindaco del Comune di Firenze n. 2011/00038 del 10.2.2011.
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Con osservanza.
Firenze, 2 agosto 2011
(Avv. Jacopo Michi)
***
Considerato che l’art. 74 del Regolamento di Attuazione del Nuovo Codice della Strada prevede che il
ricorso sia notificato mediante raccomandata con avviso di ricevimento all’Ispettorato Generale per
la Circolazione e la Sicurezza Stradale presso il Ministero dei Lavori Pubblici (Via Nomentana n. 2 –
00161 Roma) e considerato che le funzioni di detto Ispettorato risultano 23 oggi svolte dalla
Direzione Generale per la Sicurezza Stradale (Via Giuseppe Caraci n. 36 – 00157 Roma), per mera
cautela difensiva il presente ricorso è stato redatto in doppio originale e notificato mediante
raccomandata con avviso di ricevimento ad entrambi i soggetti.
***
Si comunica che, in data 2 agosto 2011, copia del presente ricorso è stata inviata mediante
raccomandata con avviso di ricevimento, ai sensi dell’art. 74 Regolamento di attuazione del Nuovo
Codice della Strada D.P.R. n. 495/1992, al Comune di Firenze in persona del Sindaco pro tempore,
con sede legale in Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria, 50122, FIRENZE ed alla Direzione Nuove
Infrastrutture e Mobilità del Comune di Firenze in persona del Dirigente pro tempore, Via Mannelli
119/i, 50132 Firenze.
(Avv. Xxxxxx Xxxxxx)
Giampaolo Schillaci - Coordinatore Regionale FIAB-Onlus Sicilia - 4 gennaio 2012
Veramente ben fatto! È proprio vero, anche, che molti progettisti di opere ciclabili non sono al corrente o
sottovalutano gli aspetti specifici delle ciclabili. Quando l’opera è fatta poi rimediare è veramente difficile o
impossibile. Abbiamo visto persino casi di errori marchiani – o interpretazioni capziose - nella
interpretazione del regolamento. Comunque facilmente smontabili sul piano logico, ma se le opere sono
fatte...
Secondo i dettami della medicina preventiva, e in concordia con quanto sostenuto da Giulietta e altri, è stata
predisposta una bozza di lettera da mandare agli Ordini e ai Collegi delle figure professionali
potenzialmente coinvolte nelle progettazioni e nella direzione lavori (ingegneri, architetti, agronomi,
geometri, ecc), nonché agli Uffici Tecnici di tutte le nove Provincie regionali e di quei Comuni che sappiamo
coinvolti nella progettazione e nella costruzione di ciclovie. Una lettera a questi ultimi è già stata inviata,
con qualche risposta pervenuta.
La lettera è concertata fra il Coordinamento Regionale, l’Associazione Italiana per l’Ingegneria Naturalistica
AIPIN e l’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio AIAPP, nel quadro delle attività previste dal
Protocollo di Intesa siglato l’anno scorso.
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Lello Sforza - Responsabile Ufficio Stampa FIAB Onlus - 5 gennaio 2012
Se può essere utile trascrivo il testo di una lettera, predisposta all'epoca sulla base di contributi sempre
preziosi di Angelo Velatta (ti rievoco ancora, hai visto?) e di Claudio Pedroni, che come FIAB inviammo a
Ministeri, ANCI e UPI,
Si può utilizzare come schema base per chiedere informazioni e fare proposte alle proprie amministrazioni
locali.
Oggetto: Circolazione sicura in bicicletta. Richiesta osservanza artt. 13 e 14 del Codice della Strada.
L’art. 10 della legge n. 366/98 recante "Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica", ai
commi 1 e 2, apportando modifiche agli artt. 13 e 14 del Codice della Strada, ha posto l’obbligo per
gli Enti proprietari delle strade classificate come C, D, E, F ai sensi dell’art. 2 dello stesso CdS, vale a
dire tutte le strade (strade extraurbane secondarie, strade urbane di scorrimento, strade urbane di
quartiere e strade locali) ad eccezione delle autostrade, di realizzare infrastrutture ciclabili
adiacenti nei casi di costruzione di nuove strade e di manutenzione straordinaria di strade esistenti.
Ciò salvo comprovati problema di sicurezza.
Tali problemi non risultano codificati ma, anche per il fatto di dover essere comprovati,
dovrebbero limitarsi a situazioni eccezionali (es. una strada in galleria o una strada di notevole
pendenza). Tuttavia, in generale, dove riesce a passare una strada, può passare in sicurezza anche
una strada con pista ciclabile adiacente.
Il Ministero delle Infrastrutture (già LLPP) – Ispettorato Generale per la Circolazione e la
Sicurezza Stradale, ha a suo tempo chiarito che il termine “adiacente” può intendersi non solo nella
sua eccezione letterale ma anche nel senso che la pista o il percorso ciclabile, unendo estremi di tratti
stradali oggetto di intervento, possono avere sviluppo in tutto o in parte anche disgiunto da quello
della viabilità carrabile.
Tali interventi sono tanto più necessari quanto più la realizzazione delle opere viarie può
interrompere, compromettere o deviare il transito ciclistico preesistente per esempio a causa della
realizzazione di uno svincolo, dell’allargamento o realizzazione di strade per traffico veloce, pesanti
e/o a quattro corsie.
L'osservanza della norma include anche la realizzazione di sovrappassi, sottopassi e rotatorie.
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