Banca Europea del cittadino alla Guida critica per gli
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Banca Europea del cittadino alla Guida critica per gli
Guida critica del cittadino alla Banca Europea per gli Investimenti Questa pubblicazione è stata realizzata da: Counter Balance: Riformare la Banca Europea per gli Investimenti una coalizione di associazioni ambientaliste e di ONG di sviluppo. La campagna Counter Balance è promossa da: CEE Bankwatch Network (Europa Centrale ed Orientale), Both ENDS (Olanda), Bretton Woods Project (Inghilterra), Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (Italia), Les Amis de la Terre (Francia), Urgewald (Germania), Weed (Germania). Ringraziamenti Si ringrazia Korinna Horta del Environmental Defense Fund e tutti i membri della campagna Counter Balance per il loro contributo alla realizzazione di questa guida. Edizione Italiana A cura di Caterina Amicucci Traduzioni di Irene Forcella Grafica Piotr Tabor ([email protected]) Stampa Grafokon, Prague Stampato su carta riciclata. Questo documento è stato prodotto con il contributo economico dell’Unione Europea. I contenuti del documento sono esclusiva responsabilità di CEE Bankwatch Network e non sono riconducibili in alcun modo alle posizioni ufficiali dell’UE. SOMMARIO 1. ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI 4 UNA BANCA COME NESSUN’ALTRA? 5 INTRODUZIONE 6 1.1. Introduzione alla Banca Europea per gli Investimenti (BEI) 6 1.2. Conosciamoci meglio – La campagna Counter Balance 11 2. 12 LA BEI NEL QUADRO DELLE POLITICHE DI SVILUPPO EUROPEE 2.1. Gli obblighi della BEI nel quadro della normativa UE 12 2.2. Gli obblighi della BEI nell’ambito della politica di sviluppo europea 13 3. 16 PERCHÉ LA BEI HA BISOGNO DI ESSERE RIFORMATA 3.1. Deficit democratico — A chi risponde la BEI e quali interessi tutela? 16 3.2. Dove finiscono i vostri 50 miliardi di euro? 19 3.3. Sussidi alle grandi imprese— come aiutare i ricchi ad arricchirsi ancora 22 3.4. Progetti dannosi — E questo sarebbe sviluppo? 22 4. 28 RIFORMARE LA BEI 4.1. Necessità di un approccio basato sullo sviluppo sostenibile 28 4.2. Riforma della BEI: l’approccio basato sui diritti umani 32 4.3. Riforma della BEI: l’approccio basato sull’ambiente 37 5. 40 BREVE GUIDA PRATICA PER CONTATTARE LA BEI 5.1. Consultazione del sito internet della BEI – dove cercare i progetti finanziati 40 dalla BEI, i dati ed altre informazioni utili 5.2. Come richiedere informazioni – mettete alla prova la BEI 40 5.3. Come presentare un ricorso alla/sulla BEI: 42 5.4. Come si denuncia una frode o un episodio di corruzione? 43 5.5. Uffici della BEI 43 Elenco delle Abbreviazioni 4 ACP Africa, Caraibi e Pacifico ALA Asia and Latin America / Asia ed America Latina ECO Europa Centro-Orientale CONT Committee on Budgetary Control / Commissione per il Controllo dei Bilanci DG Direzione Generale della Commissione Europea EC Commissione Europea ECOFIN Consiglio Affari Economici e Finanziari CGE Corte di Giustizia Europea VIA Valutazione di Impatto Ambientale BEI Banca Europea di Investimenti FIE Fondo di Investimento Europeo EMAC Economic and Monetary Affairs Committee / Commissione del Parlamento europeo per gli Affari economici e monetari ELM External Lending Mandate / Mandato di Finanziamento Esterno EO European Ombudsman / Mediatore Europeo PAB Piano di attività della Banca (PAB) PE Parlamento Europeo UE Unione Europea FI Foreign Investment / Investimento Estero IFI Istituzioni Finanziarie Internazionali SFF Structured Finance Facility / Meccanismo di Finanziamento Strutturato PMI Piccole e Medie Imprese RTE Reti Transeuropee dei trasporti e dell’energia WCD World Commission on Dams / Commissione Mondiale sulle Dighe Una Banca come nessun’altra? E’ abbastanza singolare, date le dimensioni ed il tipo delle sue operazioni, che la BEI sia sempre riuscita a tenere un basso profilo con i politici, il pubblico e la società civile. Questo è forse dovuto al fatto che, fino ad ora, le sue operazioni non hanno destato grande attenzione trattandosi soprattutto di progetti infrastrutturali negli stati e nelle regioni più indigenti dell’Unione Europea. Questa situazione sta però cambiando ed un numero sempre maggiore di operazioni della BEI si svolgono fuori dall’Unione dove, all’assenza di standard operativi vincolanti, si aggiunge la non applicabilità della legislazione UE che regolano la BEI in Europa. In pratica, la BEI sta diventando un importante attore della politica di sviluppo dell’ UE senza avere l’esperienza, la capacità o i criteri operativi che un’istituzione del genere richiederebbe. Questa guida è pensata per tutti coloro che sono preoccupati per questa situazione. La prima parte espone le informazioni principali sulla BEI: chi la possiede, da dove viene il denaro, come opera e cosa fa. La seconda parte approfondisce cosa dovrebbe fare: gli obblighi della BEI rispetto alla legislazione europea, oltre che gli obiettivi di sviluppo ed i trattati UE. Infine, la guida si conclude con un breve sguardo ad altri settori che la BEI deve necessariamente iniziare a considerare. Il tema della critica e dell’alternativa attraversa la guida come un filo rosso. Nella terza parte, si analizza fino a che punto ed a chi la BEI sia (o non sia) tenuta a rendere conto del suo operato in quanto istituzione comunitaria all’interno dello spazio democratico europeo. Successivamente, si analizzano le regioni, i settori e gli interessi che traggono maggior vantaggio dal sostegno della BEI e ci si interroga sulla possibilità che © Janneke Bruil E’ la più grande Istituzione Finananziaria del mondo, oltre che uno dei maggiori erogatori di finanziamenti allo sviluppo nei paesi del Sud del mondo. E’ un’istituzione dell’Unione Europea, ma è quasi sconosciuta agli euro-politici ed al pubblico, oltre che praticamente fuori dal controllo di altre istituzioni europee. Opera seguendo un’ideologia anacronistica di “crescita del bilancio” e di sostegno ad enormi società private occidentali, che ricorda gli aspetti peggiori della Banca Mondiale di trent’anni fa. Benvenuti alla Banca Europea per gli Investimenti. La BEI al sud - negli interessi di chi? questo sia effettivamente l’uso più adeguato delle risorse pubbliche. La quarta parte, invece, presenta delle alternative, ossia argomentazioni relative ai diritti umani, all’ambiente ed allo sviluppo sostenibile per un diverso orientamento dell’operato della Banca Europea per gli Investimenti nei paesi del sud del mondo. Infine, la quinta parte, fornisce una breve guida pratica su come comportarsi con la BEI rivolta alle persone direttamente coinvolte dai progetti sostenuti dalla Banca ed, in generale, a tutti coloro che sono interessati alla questione. Questa sezione fornisce informazioni su come contattare la BEI in merito ad una serie di argomenti, tra cui la divulgazione di informazioni, la presentazione di ricorsi o l’eventuale denuncia di episodi di corruzione. In base alla Convenzione di Aarhus, la BEI ha l’obbligo di provvedere ad informare il vasto pubblico sulla natura delle sue attività, per cui noi invitiamo tutte le parti interessate a cogliere queste opportunità e ad interrogare la banca sulle sue operazioni Questa guida è una pubblicazione realizzata da Counter Balance: Riformare la Banca Europea per gli Investimenti, una campagna di recente costituzione che riunisce un gruppo di ONG ambientaliste e di sviluppo, accomunate dalla preoccupazione per gli impatti sociali e ambientali delle operazioni della BEI. Intendiamo sollecitare la BEI a rispettare i propri obblighi nei confronti delle politiche di sviluppo dell’UE, dei cittadini europei e delle comunità che subiscono perdite a causa delle sue operazioni, ed accogliamo con piacere qualsiasi proposta di collaborazione da parte di chi condivide i nostri obiettivi. 5 1. Introduzione 1.1 Introduzione alla Banca Europea per gli Investimenti Creata nel 1958 dal Trattato di Roma, che istituì la Comunità Economica Europea (in seguito denominata Unione Europea), la Banca Europea per gli Investimenti è la banca ufficiale della Comunità Europea. Con oltre 53 miliardi di euro di finanziamenti approvati nel 2006, la BEI è anche la principale istituzione finanziaria pubblica al mondo. La BEI ha la sua sede principale in Lussemburgo e, negli ultimi anni, ha aperto un crescente numero di uffici regionali. In quanto istituzione dell’Unione Europea, la missione dichiarata della BEI è di perseguire gli obiettivi dell’Unione concedendo finanziamenti a lungo termine per validi progetti di investimento. Da ciò si desume che le politiche di erogazione di prestiti della BEI dovrebbero essere guidate da almeno due principi di base. Il primo dovrebbe essere il rispetto degli obiettivi dell’Unione, focalizzati in misura sempre maggiore sulla promozione dello sviluppo sostenibile all’interno e fuori del territorio europeo. Il secondo è il principio di addizionalità, secondo il quale la BEI dovrebbe usare le proprie risorse per concedere crediti a progetti che, seppure finanziariamente e socialmente validi, comportano dei rischi che non li rendono interessanti ad istituti finanziari di natura commerciale. In altre parole, dovrebbe rendere possibile la realizzazione di buoni progetti che altrimenti non potrebbero essere realizzati. Suddivisione del capitale della BEI al 1 gennaio 2007 Importo (EUR) Germania Francia Italia Gran Bretagna Spagna Belgio Paesi Bassi Svezia Danimarca Austria Polonia Finlandia Grecia Portogallo Repubblica Ceca Ungheria Irlanda Romania Repubblica Slovacca Slovenia Bulgaria Lituania Lussemburgo Cipro Lettonia Estonia Malta Total 26 649 532 500 26 649 532 500 26 649 532 500 26 649 532 500 15 989 719 500 7 387 065 000 7 387 065 000 4 900 585 500 3 740 283 000 3 666 973 500 3 411 263 500 2 106 816 000 2 003 725 500 1 291 287 000 1 258 785 500 1 190 868 500 925 070 000 863 514 500 428 490 500 397 815 000 290 917 500 249 617 500 187 015 500 183 382 000 152 335 000 117 640 000 69 804 000 164 808 169 000 0 DE FR IT GB ES BE NL SE DK AT PL FI GR PT CZ HU IE RO SK SI BG LT LU CY LV EE MT 10 000 000 000 20 000 000 000 % 16.170 16.170 16.170 16.170 9.702 4.482 4.482 2.974 2.269 2.225 2.070 1.278 1.216 0.784 0.764 0.723 0.567 0.524 0.260 0.241 0.177 0.151 0.113 0.111 0.092 0.071 0.042 100.000 Fonte: sito BEI 6 Come dimostrerà questa guida, la BEI viene costantemente meno ad entrambi questi obblighi. Organi direttivi e struttura decisionale Gli organi direttivi e decisionali della BEI sono i seguenti: La BEI è finanziata dai suoi azionisti, i 27 Stati Membri dell’Unione Europea, che sottoscrivono il capitale della BEI, versando il proprio contributo in maniera proporzionale al loro peso economico all’interno dell’Unione. I contributi diretti degli Stati Membri, che ammontano a circa 8 miliardi di euro, sono certamente notevoli, ma la maggior parte del sostegno pubblico di cui si avvale la BEI proviene da capitale sottoscritto (circa 160 miliardi di euro) a garanzia dei suoi investimenti. Il Consiglio dei Governatori – Composto da ministri degli stati membri (di solito ministri delle Finanze, dell’Economia o del Tesoro), il Consiglio definisce l’indirizzo della politica creditizia, decide su aumenti di capitale ed autorizza le attività della BEI fuori dall’UE. La presenza di ministri come governatori è uno dei motivi principali per cui la BEI riesce ad operare nel modo in cui opera attualmente. Infatti, lo status di Ministri dei governatori della banca legittima politicamente le operazioni e le procedure di erogazione dei prestiti della banca, ma non assicura nessun tipo di impegno ad apportare importanti e necessari cambiamenti. Dato che la BEI è proprietà degli Stati Membri dell’Unione, che contribuiscono al suo capitale e lo garantiscono, la BEI è considerata un partner finanziario molto solido e gode del merito di credito AAA dalle agenzie di rating (Moody’s/Standard and Poor’s/Fitch). Questo le permette di operare sui mercati finanziari, vendendo titoli obbligazionari, da cui proviene la maggior parte della sua liquidità. 7 Consiglio di Amministrazione – Nominato dal Consiglio dei Governatori, il CdA approva le operazioni di assunzione e di erogazione di prestiti, autorizza la concessione di crediti e garanzie e propone cambiamenti nella politica creditizia della BEI al Consiglio dei Governatori. Il CdA è formato da 28 membri – di cui uno nominato da ciascun stato membro ed uno dalla Commissione Europea – e 18 supplenti – che sono tutti nominati dal Consiglio dei Governatori e che di solito restano in carica per cinque anni. Il CdA svolge un ruolo fondamentale nell’approvazione dei progetti, pur non essendo un organo residente e pur riunendosi solo dieci volte all’anno per esaminare circa 300 progetti. Questo significa che la maggior parte dei progetti non sono sottoposti all’accurata valutazione che meriterebbero, visto che hanno importanti conseguenze sulle comunità coinvolte e sull’ambiente. Il CdA non è formato da membri a tempo pieno, ma da funzionari che di solito mantengono il loro incarico all’interno dei loro rispettivi ministeri, dove si occupano per lo più di questioni nazionali. Il Comitato Direttivo – organo composto da otto Vice Presidenti, sotto la direzione del Presidente (attualmente il belga Philippe Maystadt), è l’organo esecutivo a tempo pieno della BEI che controlla le attività ordinarie della Banca. I membri del Comitato sono nominati per un periodo di sei anni e la loro nomina può essere rinnovata per un secondo mandato, conferendo loro un’influenza a lungo termine su politiche ed orientamenti. Il Comitato Direttivo riveste un ruolo estremamente influente all’interno della BEI, in quanto consiglia l’adozione di decisioni ai membri del CdA, soprattutto in materia di assunzione ed erogazione di prestiti. Il Comitato dei Revisori è l’organo della BEI che verifica la corretta esecuzione delle operazioni e la contabilità. 8 La BEI – Una strana creatura La Banca Europea per gli Investimenti è una bestia davvero strana: è una banca pubblica che tende a comportarsi come un istituto di credito privato. Gode dei benefici del sostegno pubblico e di una sua personalità ed autonomia giuridica all’interno della Comunità Europea, senza l’onere di dovere rendere conto delle proprie azioni o di dover rispettare standard operativi obbligatori. La BEI eroga prestiti soprattutto a partire dalla liquidità raccolta attraverso l’emissione di bond sui mercati finanziari che, congiuntamente ai “fondi propri” (ossia i versamenti di capitale e le riserve), costituiscono le “risorse proprie” della banca. Gli obblighi della BEI verso l’Unione Europea non sono mai stati debitamente chiariti. La BEI, che è sempre stata giustamente trattata come un’istituzione UE, è soggetta alla normativa europea. E’ tenuta giuridicamente ad agire nei limiti di quanto disposto dal Trattato della Comunità Europea e dal suo statuto, oltre ad avere l’obbligo di aderire agli scopi ed agli obiettivi di sviluppo dell’Unione. Tuttavia, seppure la BEI dovrebbe operare esclusivamente entro il quadro delle politiche e delle leggi europee, vi è una certa confusione sul modo esatto in cui essa possa essere ricondotta alla normativa europea e su come essa debba rispondere del mancato rispetto di tali leggi, politiche e regolamenti. Un altro problema è rappresentato dal fatto che la BEI è l’unica tra le maggiori istituzioni finanziarie internazionali (IFI) che finanziano progetti di sviluppo nel Sud del Mondo a non essere vincolata a nessuno standard ambientale e sociale per i progetti che sostiene. Ciò comporta una serie di problemi e, come la mancanza di responsabilità e trasparenza pubblica sulle proprie decisioni, limiti considerevoli nel mitigare i danni agli ecosistemi ed alle economie locali, difficoltà per le popolazioni coinvolte ad essere ricompensate delle loro perdite, ed assoluta prevalenza di criteri econometrici nei processi decisionali. La BEI è di fatto un’istituzione attualmente strutturata per erogare prestiti sulla base di un’ideologia semplicistica di crescita di profitti, per cui essa non possiede la capacità né l’inclinazione a prendere in considerazione conseguenze ambientali e sociali di più ampia portata. © Bankwatch / R. Cyglicki Le procedure di acquisizione ed erogazione prestiti della BEI La BEI dispone di vari meccanismi finanziari: Prestiti individuali – erogati per sostenere dei progetti concreti sia nel settore pubblico che in quello privato (fra i soggetti privati sono comprese le banche). Prestiti globali – linee di credito destinate a degli intermediari (banche, società di leasing o istituzioni finanziarie) i quali, a loro volta, erogano prestiti ad autorità locali o a Piccole e Medie Imprese per nuovi progetti di investimento, il cui valore non superi i 25 milioni di euro. Le domande di piccolo prestito sono inoltrate direttamente alle banche o istituzi oni finanziarie intermediarie che operano a livello nazionale, regionale, o locale. Partecipazioni a capitale di rischio – attività concentrate all’interno del Fondo Europeo per gli Investimenti che, con la BEI, forma il “Gruppo BEI”. La BEI si avvale anche di una serie di strumenti di prestito specializzati: Meccanismo di Finanziamento Strutturato: finanzia progetti ad alto rischio ed eroga finanziamenti con capitale di rischio e concessioni di garanzie a favore di programmi infrastrut turali su larga scala. Meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi: creato congiuntamente con la Commissione Europea, mira ad espandere le basi della BEI per erogare finanziamenti ad alto rischio per progetti innovativi nei settori della tecnologia e della ricerca. Carbon Credit Fund: creati in collaborazione con altre istituzionii come la BERS e la Banca Mondiale per promuovere il mercato dei crediti delle emissioni di CO2 nei paesi in transizione e per stimolare le partecipazioni del settore privato. L’assemble generale della BEI del 2004 osservata da un contribuente Le priorità della BEI La BEI si pone sei obiettivi prioritari all’interno dell’Unione e nei paesi candidati all’adesione1, dichiarati nel Piano Operativo Aziendale. Coesione e convergenza Sostegno alle piccole e medie imprese (PMI) Sostenibilità ambientale Attuazione dell’Iniziativa Innovazione 2010 (i2i) Sviluppo di Reti Transeuropee di trasporto e per l’energia (RTE) Energia sostenibile, competitiva e sicura 1. Al momento della pubblicazione della guida, essi sono la Croazia, la Turchia e la Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia 9 La BEI fuori dall’Unione Europea All’esterno dell’Unione, i prestiti della BEI sono guidati dalle politiche UE sulla cooperazione allo sviluppo (cfr. Capitolo 2). Nel 2006, il totale dei prestiti erogati fuori dalla UE ammontava a 5,9 miliardi di euro. Il finanziamento esterno della BEI è regolato dai mandati dell’UE, in particolare: La Pre-adesione, secondo il nuovo mandato di finanziamento esterno, che coinvolge i paesi candidati e potenzialmente candidati nella Regione di allargamento Il Vicinato Europeo, secondo il nuovo mandato di finanziamento esterno, che coinvolge i Paesi del vicinato mediterraneo, la Russia ed i Vicini Orientali Sviluppo nell’ambito dell’Accordo di Cotonou, che coinvolge i paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico (ACP) e la Repubblica del Sudafrica La Cooperazione Economica, secondo il nuovo mandato di finanziamento esterno, che coinvolge i paesi di Asia ed America Latina (ALA) 10 Gli obiettivi del mandato di finanziamento esterno della BEI si concentrano soprattutto sullo sviluppo del settore privato e delle infrastrutture, sul sostegno della presenza dell’ UE attraverso l’Investimento Diretto Estero ed il trasferimento di know-how, sulla protezione ed i miglioramenti ambientali e su una crescente attenzione alla sicurezza energetica. 1.2 Conosciamoci meglio – La campagna Counter Balance Counter Balance: Riformare la Banca Europea per gli Investimenti è una coalizione di recente costituzione che raggruppa organizzazioni non governative di sviluppo e ambientaliste. I gruppi coinvolti nella campagna hanno una lunga esperienza nell’ambito della finanza per lo sviluppo, il lavoro di advocacy nei confronti delle istituzioni finanziarie internazionali (IFI) e sul monitoraggio dell’impatto di grandi progetti infrastrutturali. Le ONG coinvolte, in modo particolare il CEE Bankwatch Network, da svariati anni muovono critiche al coinvolgimento della BEI in progetti dal discutibile impatto sociale ed ambientale. Counter Balance si oppone all’ideologia del libero mercato e porta avanti la missione di rendere la Banca Europea per gli Investimenti un’istituzione di sviluppo trasparente e democratica, in grado di tutelare i beni comuni e gli interessi dei cittadini dell’UE e dei paesi del Sud del mondo coinvolti nei suoi progetti. Counter Balance si propone, inoltre, di dare voce alle persone direttamente interessate dalle operazioni della banca ed auspica un cambiamento sostanziale nella BEI affinché essa diventi promotrice degli interessi pubblici ed uno strumento per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e di lotta al cambiamento climatico. Vogliamo che la BEI agisca da istituzione trasparente assumendosi una reale responsabilità pubblica, erogando prestiti in maniera responsabile ed apportando valore aggiunto, piuttosto che fornire sovvenzioni pubbliche ad aziende private. Inoltre, vogliamo agire in solidarietà con le popolazioni danneggiate dalle operazioni della banca, collaborando a far sentire più forte la loro voce. A tal fine, intendiamo sensibilizzare i vari settori della società civile sull’impatto delle operazioni BEI fuori dell’Unione Europea e sull’impatto delle attività della BEI in campo ambientale, sociale e dei diritti umani. Counter Balance è una campagna promossa da: Europa Centrale ed Orientale: Central and Eastern Europe Bankwatch Network (CEE Bankwatch) Francia: Les Amis de la Terre Germania: Urgewald e WEED Italia: Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM-Mani Tese) Olanda: BothEnds Regno Unito: Bretton Woods Project e coopera con gruppi in Africa, America Latina ed Asia. La BEI è la sola IFI a trovarsi all’interno di un quadro istituzionale democratico essendo interamente di proprietà dei 27 stati membri dell’Unione Europea. I mandati attraverso cui opera trattano questioni di interesse collettivo compresa “la riduzione della povertà”, prevista dall’Accordo di Cotonou, la sostenibilità ambientale e lo sviluppo delle infrastrutture (nonostante questi argomenti spesso siano relegati in secondo piano rispetto all’attenzione che la BEI rivolge allo sviluppo del settore privato ed alla sicurezza energetica). La BEI può quindi trarre giovamento da pressioni esercitate da una pluralità di soggetti interessati, comunità direttamente coinvolte e popolazioni che esercitano i loro diritti democratici e di cittadinanza. La nostra campagna intende costruttivamente questa pressione ed orientarla affinché si attui una riforma efficace e necessaria della banca. Sollecitiamo i gruppi che hanno esperienza di lavoro con, per conto di o vicino alla Banca Europea per gli Investimenti, oltre chi è interessato dalle operazioni della BEI fuori dell’UE (organizzazioni ambientaliste, di sviluppo e di tutela dei diritti umani) ad unirsi alla nostra campagna. Siamo a disposizione per qualsiasi richiesta di sostegno relativa a progetti finanziati dalla BEI da parte di gruppi, in particolare quelli provenienti dal sud del mondo, che desiderano assistenza nel rivolgersi a questa istituzione. 11 2. La BEI nel quadro delle politiche di sviluppo europee La Banca Europea per gli Investimenti gode di uno statuto legale stranamente ambiguo. La BEI viene istituita nel 1957 con il Trattato di Roma, ma formalmente non è un’ “istituzione” comunitaria, come quelle elencate all’Articolo 7 del Trattato; non è indicata come istituzione con compiti legislativi o esecutivi, né tantomeno definisce politiche. La BEI viene fondata come organo finanziario indipendente, con una propria personalità giuridica e struttura amministrativa, in modo da funzionare efficacemente come istituzione finanziaria. Questa indipendenza implica che la BEI gode di una notevole autonomia legale. La BEI cerca regolarmente di applicare gran parte della normativa UE in modo quanto più sporadico e vago possibile, al punto che la Commissione Europea, ha portato la BEI davanti alla Corte di Giustizia Europea (CGE). La CGE ha decretato, contrariamente a quanto sostenuto dalla BEI, che “chiaramente… [la BEI] è stata concepita per contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità Europea e …. [che quindi] ha travalicato il margine di autonomia organizzativa propria.” (Sentenza CGE, Commissione Europea contro Banca Europea per gli Investimenti, 2003) Per quanto la CGE abbia insistentemente ribadito alla BEI la necessità di ascoltare le altre istituzioni UE, allo stesso tempo non ha voluto riconoscere ai cittadini nessuna forma di controllo sulla BEI. Infatti, quando un gruppo di cittadini francesi citò la BEI per aver finanziato una tangenziale attorno alla città di Lione, la Corte decretò che essi dovevano esporre le loro rimostranze al loro governo piuttosto che alla BEI. “Solo le decisioni adottate dalle varie autorità francesi… sono suscettibili di incidere sulla situazione giuridica dei ricorrenti,” (Sentenza CGE, Etienne Tête e altri contro Banca Europea per gli Investimenti, 1993). In altre parole, la BEI ha poca, se non nessuna, responsabilità legale nei confronti di coloro che sono colpiti dalle sue decisioni; essi devono così rivolgersi agli stati membri, i quali sono spesso riluttanti o addirittura non in grado di contrastare la BEI. La questione della mancanza di responsabilità legale sta peggiorando con il crescere del volume di prestiti della banca. La BEI fu fondata con un compito specifico: “contribuire 12 © Bankwatch / M. Michon 2.1. Gli obblighi della BEI nel quadro della normativa UE allo sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune, nell’interesse della Comunità, facendo appello ai mercati dei capitali e alle proprie risorse.” Al momento della sua creazione, si prevedeva di promuovere il cosiddetto “sviluppo senza scosse” nelle “regioni meno sviluppate” dell’Unione Europea, ossia gli Stati Membri e le regioni più povere. Tuttavia, con il tempo, il mandato della BEI si è man mano esteso fino a comprendere l’Africa (dal 1975), l’Europa orientale (dal 1989), e l’America latina ed Asia (dal 1993). Oggi, la BEI ha superato il volume totale della Banca Mondiale diventando il maggiore finanziatore pubblico al mondo, i cui prestiti ogni anno si aggirano intorno ai 45 miliardi di euro. Nel 2006, i progetti finanziati fuori dall’UE, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ammontavano a 5,9 miliardi di Euro. In nessuno di questi territori extra UE la BEI è vincolata dalla legislazione europea. Considerato il notevole allargamento del campo di intervento della BEI, è utile chiedersi se i poteri e le responsabilità conferitile per statuto e dal Trattato di Roma del 1957, siano ancora attuali o se forse sia giunto il momento di una radicale revisione. Per alcuni aspetti, le cose stanno migliorando. Un cambiamento più significativo è rappresentato dalla ratifica della Convenzione di Aarhus. La Convenzione di Aarhus, Tuttavia, l’aspetto interessante della Convenzione di Aarhus è che prevede un ruolo pro-attivo per le istituzioni che la ratificano: la BEI e le imprese che da essa ricevono denaro devono diffondere informazioni sui progetti ed impegnarsi attivamente nel coinvolgere le persone e le comunità interessate. Mancanze in tal senso renderebbero indubbiamente la BEI passibile di essere oggetto di ricorsi in giudizio. Dato il suo ostinato impegno nel mantenere un basso profilo, la BEI si trova di fronte a un dilemma: parlare alla gente o rischiare di finire in tribunale. La BEI insiste molto sul fatto che è soprattutto una banca e che le sue competenze sono innanzi tutto di natura finanziaria. Tuttavia, per via dei prestiti erogati nei paesi in via di sviluppo, la BEI svolge un ruolo sempre più importante per la politica di sviluppo dell’Unione, ruolo che a volte contesta ed altre volte riconosce. La BEI ammette che la sua missione “è di promuovere gli obiettivi dell’Unione Europea” ed è noto che gli obiettivi UE nel Sud del Mondo sono fortemente legati agli impegni assunti nel quadro dell’aiuto pubblico allo sviluppo e per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Per esempio, la Dichiarazione sulla Politica di sviluppo della Comunità Europea” recita che “alla politica di sviluppo della Comunità è sotteso il principio di sviluppo umano e sociale sostenibile, equo e partecipativo ”. L’obiettivo primario della politica di sviluppo della Comunità deve essere la riduzione ed infine l’eliminazione della povertà. © R. Cyglicki sancisce il diritto dei cittadini ad accedere all’informazione, partecipare ai processi decisionali ed accedere alla giustizia in materia ambientale. La convenzione, è applicata per mezzo di un regolamento comunitario nel 2006 ed è ancora necessario verificare come essa cambi l’approccio della BEI verso le proprie decisioni politiche e progettuali. 2.2. Gli obblighi della BEI nell’ambito della politica di sviluppo europea Se non è chiaro cosa la BEI abbia l’obbligo di fare secondo la legislazione europea, proviamo a capire cosa dovrebbe fare in base alla politica di sviluppo dell’Unione Europea. 13 Questi principi sono anche esplicitamente contenuti nei due accordi principali sulla base dei quali la BEI eroga prestiti fuori dall’Europa. Nei paesi dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), la BEI opera secondo quanto ratificato dall’Accordo di Cotonou, i cui obiettivi ufficiali includono la riduzione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile. (nel sito della BEI si legge: “la Banca Europea per gli Investimenti è da circa 30-40 anni un partner dello sviluppo nella maggior parte dei paesi ACP.”). Allo stesso modo, sulla base del suo nuovo mandato esterno (External Lending Mandate, ELM) secondo cui opera in Europa orientale, Asia ed America Latina (ALA), “Le operazioni finanziarie della BEI devono essere coerenti con le politiche esterne dell’UE e garantirne il sostegno, anche per quanto riguarda specifici obiettivi regionali.” (Il mandato della BEI cita anche la “protezione dell’ambiente” e la alquanto sinistra “sicurezza energetica degli stati membri” come obiettivi da perseguire.) Quindi, se è abbastanza chiaro che la BEI è tenuta ad erogare prestiti in conformità con gli obiettivi di sviluppo dell’UE, la domanda principale è: ma la Banca promuove effettivamente lo sviluppo? Sviluppo sostenibile o no? E persegue la lotta alla povertà nel sud del mondo attraverso i suoi investimenti? La risposta, secondo noi, è no. Negli ultimi anni, la BEI è stata coinvolta in alcuni dei progetti infrastrutturali più distruttivi del pianeta. L’oleodotto CiadCamerun, il Lesotho Highlands Water Project2, la diga Nam Theun II ed il West African Gas Pipeline3 (vedi box 2 e 3 per ulteriori informazioni), rappresentano solo alcuni dei controversi progetti realizzati grazie a prestiti della BEI. Questi progetti hanno portato a massicci spostamenti di sfollati, all’ impoverimento delle popolazioni locali, hanno prodotto enormi danni ambientali e vantaggi minimi per i paesi e le 2. Il Lesotho Highlands Water Project ha inizio negli anni Ottanta per trasferire acqua dal fiume Senqu, che nasce negli altipiani del Lesotho, in Sudafrica, nella regione di Guateng, e produrre energia elettrica per il Lesotho. 3. Il consorzio costruttore di questo gasdotto è capeggiato dalla Chevron Texaco e vede la partecipazione, tramite la Shell Nigeria, anche dell’AGIP. Il progetto consisterà in un gasdotto lungo 690 km per il trasporto di gas dalla Nigeria fino in Ghana, attraverso il Togo e il Benin, allo scopo di sviluppare il settore energetico di questi tre paesi, ma in particolare aumentare il potenziale di produzione energetica in Ghana. 14 comunità locali, considerato che la maggior parte dei profitti è andata alle grandi imprese occidentali che hanno realizzato i progetti. Questa situazione è in procinto di peggiorare. I nuovi mandati esterni conferiti dal Consiglio Europeo nel dicembre del 2006, prevedono un incremento della capacità di prestito della BEI, che è autorizzata a concedere prestiti fuori dall’UE fino a 27,8 miliardi di euro con la garanzia del bilancio UE a fronte dei 20,7 miliardi dei precedenti mandati. Questa munificenza riguarderà entrambi i mandati esterni della BEI: al notevole aumento del 53 per cento previsto per i prestiti nei paesi ALA corrisponde un aumento di quasi il doppio per i fondi disponibili per i paesi ACP. Intanto, l’elenco dei progetti controversi, già finanziati dalla BEI o in procinto di essere finanziati, si allunga ulteriormente: c’è, per esempio, la miniera di rame Tenke Fungurume nella Repubblica Democratica del Congo, dove i lavoratori sono recentemente insorti e per la quale la concessione di sfruttamento minerario è stata firmata durante la guerra civile e per questo diverse altre IFI hanno negato il sostegno finanziario; gli impianti idroelettrici di Gilgel Gibe in Etiopia, oggetto di un’inchiesta della magistratura; la miniera di rame di Mopani nello Zambia, che ha recentemente avvelenato 800 persone inquinando le falde acquifere e violando costantemente le clausole ambientali. Perché allora la BEI è così propensa a sostenere progetti come questi, che comportano enormi danni sociali ed ambientali e sembrano evidentemente non rispettare gli impegni di sviluppo? Una parte del problema è nella struttura della BEI: le principali decisioni della banca vengono prese da un Consiglio di Amministrazione non residente, composto da funzionari provenienti dai ministeri delle finanze degli stati membri che si incontrano una decina di volte all’anno, per esaminare una media di circa 30 progetti ogni seduta. Questo processo sbrigativo comporta che, una volta che un progetto riesce ad insinuarsi nella lista sottoposta al vaglio della BEI, ha praticamente la garanzia di riceverne il sostegno. I progetti sono sottoposti alla BEI principalmente dagli stati membri (e dalla Commissione Europea), il che spesso porta ad una politica guidata da favori reciproci tra gli stati. La BEI, che ha 1.300 dipendenti, rispetto agli oltre 10.000 impiegati della Banca Mondiale, non ha neanche la capacità e l’esperienza per analizzare i progetti secondo una prospettiva di sviluppo. I progetti sono esaminati quasi esclusivamente da economisti o ingegneri, con il sostegno di una piccola unità di valutazione per lo sviluppo sostenibile, la quale non è in grado di seguire tutti i progetti e di solito è emarginata nella fase di pianificazione e di valutazione. Il tasso di rendimento ed altri parametri econometrici rappresentano i criteri principali nel processo di selezione dei progetti. © Peter Sinkamba Uno degli scarichi della miniera di rame Mopani in Zambia Tuttavia, il problema è soprattutto di natura ideologica. La BEI si richiama ad un’ideologia anacronistica di crescita dei profitti, che parafrasando le sue parole può essere guidata solo dal settore privato. Questa convinzione ha portato ad un’evidente tendenza a finanziare progetti su larga scala realizzati da grandi aziende. Più dell’80% del Fondo Investimenti, il fondo principale per i progetti nell’area ACP, è destinato al settore privato, che spesso richiede il denaro più come assicurazione contro i rischi politici che per il reale finanziamento del progetto. Per esempio il progetto della miniera di Tenke nella Repubblica Democratica del Congo, è stato proposto dal Freeport McMoran, il più grande conglomerato minerario al mondo. Risulta pertanto difficile capire perché, una società privata così grande (con un trascorso di errori in campo sociale ed ambientale), meriti delle sovvenzioni di denaro pubblico dalla BEI o tantomeno cosa ne ricavi la collettività in cambio di questo denaro. Le grandi società non sono nemiche dello sviluppo per definizione ma l’esperienza insegna che, non dovendo render conto a nessuno, cercano di massimizzare i profitti a spese delle comunità locali e dell’ambiente e che tendono ad accentuare le tendenze all’instabilità politica e all’autoritarismo. L’ideologia della “crescita economica” non tiene conto delle conseguenze sociali nelle società organizzate; contrariamente a quanto afferma un noto aforisma economico americano, la crescita economica non è come un’alta marea che solleva tutte le barche, ma un sistema che arricchisce alcune classi e settori, mentre produce effetti limitati se non addirittura negativi sugli altri. Ciò spesso rischia di causare polarizzazioni sociali e conflitti, oltre al declino di industrie che richiedono investimenti a lungo termine, non potendo reggere il confronto con le coorporation occidentali che rappresentano vere e proprie “macchine da soldi”. Quindi, cosa dovrebbe sostenere la BEI? Le analisi più innovative sullo sviluppo si concentrano sugli effetti distributivi della crescita economica — chi ci guadagna e chi ci perde e come assicurare che, sia i profitti che i costi, siano ripartiti più equamente tra diversi gruppi sociali. Questa visione presuppone una maggiore partecipazione ai progetti, ed il coinvolgimento delle comunità direttamente interessate nelle fasi di pianificazione ed esecuzione, in modo che i progetti stessi possano arrecare beneficio alle popolazioni locali ed avere una più alta probabilità di successo. Infine, uno sviluppo a lungo termine ha bisogno di industrie che producano un buon valore aggiunto, sviluppino competenze e promuovano autonomia - praticamente il contrario del modello basato sulla “estrazione di materie prime per l’esportazione” e sull’esclusivo impiego di manodopera locale non qualificata” spesso sostenuto dalla BEI. 15 3. Perché la BEI ha bisogno di essere riformata 3.1. Deficit democratico - A chi risponde la BEI e quali interessi tutela? Esaminando più attentamente il modo in cui la BEI agisce nella pratica, viene da domandarsi: a chi risponde la BEI e attraverso quali meccanismi? Alla Commissione Europea, al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Mediatore Europeo, ai governi nazionali interessati, oppure ai comuni cittadini? Come si possono analizzare le operazioni di prestito della BEI ed influire su di esse? E chi tutela le comunità danneggiate dai progetti? E’ difficile trovare una risposta certa a tutte queste domande, dato che la BEI è organizzata in modo tale che il controllo di gestione e l’identificazione di responsabilità precise risultino molto difficili. Cooperazione con le istituzioni UE La BEI gestisce la cooperazione con le istituzioni UE soprattutto attraverso i) l’ufficio di Bruxelles – sotto l’autorità del Segretariato Generale della BEI – responsabile di mediare con le istituzioni UE su questioni politiche; ii) il Dipartimento di sostegno alla politica strategica, presso la Direzione Generale dei Progetti della BEI, che ha sede in Lussemburgo, con il compito di fare da collegamento tecnico con le istituzioni UE. Il ruolo della Commissione Europea L’attuale organizzazione delle istituzioni limita il controllo delle attività della BEI da parte della Commissione Europea. La BEI afferma di collaborare con la Commissione anche attraverso la presenza di un rappresentante permanente di quest’ultima all’interno del Consiglio di Amministrazione della Banca. I meccanismi precisi per garantire che questo rappresentante esprima preoccupazioni per conto della Commissione ed, il modo in cui la Commissione definisce i suoi pareri, resta sconosciuto al vasto pubblico. La Commissione può anche esaminare i prestiti concessi dalla BEI ai progetti, con una procedura interna – la “consultazione interservizi” – in cui la BEI fornisce informazioni alla Commissione attraverso le diverse Direzioni Generali (DG), che hanno facoltà di controllare i progetti ed esprimere dei pareri a riguardo. I dati provenienti dalle varie DG sono coordinati dalla DG Affari Economici e Finanziari (ECOFIN). Tuttavia, tale pratica si rivela abbastanza inefficiente, in quanto i rappresentanti 16 della Commissione raramente esprimono delle preoccupazioni. Questo per diversi motivi, tra cui la limitata disponibilità di personale dedicato al controllo della BEI, la scarsa di quantità e qualità delle informazioni fornite dalla BEI sui progetti e le brevi scadenze fissate per esprimere commenti. Infine, seppure la BEI affermi spesso che il suo collegamento con la Commissione equivale ad un’autorizzazione ai propri investimenti, la Commissione in realtà esprime un semplice “parere di conformità”, in cui si segnala soltanto l’opinione della Commissione sul rispetto delle procedure. La Commissione svolge un ruolo minore all’interno del ciclo dei progetti della BEI, senza alcun potere di veto ed un progetto può proseguire il suo percorso verso il finanziamento nonostante eventuali preoccupazioni espresse dalla Commissione. Il ruolo del Consiglio Europeo La BEI partecipa alle riunioni del Consiglio dell’ECOFIN, mettendo a disposizione la propria esperienza su questioni economiche. Il Consiglio richiede spesso alla BEI di attuare nuove iniziative europee attraverso la fornitura di adeguati strumenti finanziari. In linea di principio, il Consiglio Europeo può presentare delle proposte alla BEI, ma questo non gli garantisce in alcun modo alcun controllo sulla banca. I membri dell’ECOFIN sono anche membri del Consiglio dei Governatori della BEI, che dovrebbe teoricamente assicurare una coerenza tra le politiche dell’Unione e gli obiettivi della BEI. Il ruolo del Parlamento Europeo La cooperazione tra il Parlamento Europeo (PE) e la BEI è minima. Il Parlamento esamina le attività della BEI esclusivamente su sua iniziativa e produce una relazione basata sul Rapporto Annuale della BEI. Di solito, la relazione del PE si vota nella prima metà del secondo anno successivo alla pubblicazione della Relazione della BEI (es: nella prima metà del 2008 si vota la Relazione 2006). A partire da questa relazione annuale, la Commissione parlamentare per i Problemi Economici e Monetari (EMAC) e, più recentemente, la Commissione per il Controllo di Bilancio (CONT), fornisce commenti e raccomandazioni sulle conseguenze delle operazioni di prestito della BEI4 oltre che sulle sue operazioni e sul suo rendimento. Le relazioni del PE sono spesso critiche nei confronti della BEI: esse invocano una maggiore integrazione tra la Commissione e la BEI ed una maggiore trasparenza sulle operazioni di prestito. In esse, si invita anche la BEI ad instaurare un maggiore e migliore dialogo con le organizzazioni della società civile e a controllare l’uso che viene fatto dei prestiti globali. Tuttavia, queste raccomandazioni non sono vincolanti ed è difficile valutare quanta considerazione venga loro accordata dalla BEI. Infatti, nonostante molte di queste raccomandazioni siano state ribadite più volte nelle relazioni annuali del PE, la BEI continua a non applicarle. 4. Le relazioni annuali della BEI sono disponibili sul suo sito internet www.eib.org, in tre lingue: –inglese, francese e tedesco. Il ruolo dei governi nazionali I governi nazionali hanno un’influenza limitata sulle decisioni della BEI. Il Consiglio dei Governatori è composto da ministri degli Stati Membri ed ha il compito di stabilire gli orientamenti della politica della BEI. Tuttavia, essi si riuniscono solo una volta l’anno, che evidentemente non basta per controllare le attività della BEI. La BEI ha sempre mantenuto un basso profilo politico nei sistemi nazionali degli stati membri. L’accesso a denaro a buon mercato garantito dalla BEI e la sua costante riluttanza a condividere informazioni sulle proprie operazioni di prestito perfino con i suoi stessi azionisti, hanno fatto sì che gli Stati Membri non abbiano quasi mai esercitato sulla Banca la pressione che avevano la facoltà di usare. Ciononostante, questa situazione sta lentamente cambiando, man mano che il raggio d’azione della BEI si estende e che essa diventa più conosciuta. I governi nazionali richiedono sempre più frequentemente alla BEI di fornire maggiori elementi sul rispetto del principio di addizionalità e dell’idoneità dei progetti sostenuti a ricevere denaro pubblico. La società civile e le popolazioni direttamente interessate dai progetti Acesso all’informazione Nella sua prima “Politica di accesso all’infomazione” approvata nel 2006 a seguito di una consultazione pubblica, la BEI afferma di “rispondere ai cittadini dell’Unione” attraverso gli Stati Membri. Ciò costituisce un certo progresso, considerato che nel 1998 il Direttore della Comunicazione della BEI affermò che la BEI rispondeva solo al mercato. Sicuramente questa politica rende più chiaro il quadro istituzionale della BEI ed i sui rapporti con la Corte di Giustizia Europea, la Corte dei Conti Europea, l’Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode ed il Mediatore Europeo. Questo documento, inoltre, prevede la divulgazione di informazioni sulle politiche, le strategie e le operazioni di assunzione ed erogazione prestiti della BEI. Queste disposizioni sono però fortemente limitate da alcune restrizioni alla divulgazione, soprattutto per quanto riguarda le informazioni che continuano ad essere considerate “commercialmente confidenziali”. La BEI deve inoltre ottemperare alle disposizioni della Convenzione di Aarhus, 17 che prevede il diritto di accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale nei riguardi di istituzioni ed enti dell’Unione Europea.5 In pratica, ottenere informazioni rilevanti dalla BEI e soprattutto ottenerle in tempi utili prima dell’approvazione del finanziamento di alcuni progetti, è ancora abbastanza difficile. L’esperienza dimostra che è difficile capire quali siano i piani della BEI e quindi esprimere eventuali preoccupazioni. In alcuni casi, i progetti che appaiono sul sito internet della BEI vi sono pubblicati solo dopo la loro approvazione. Inoltre il problema delle consultazioni pubbliche resta tutt’ora irrisolto, la BEI non ha nessuna procedura o strumento per garantire un efficace confronto con le comunità interessate dai suoi progetti e continua a basarsi esclusivamente sull’azione dei promotori degli stessi progetti. I cittadini danneggiati ed il Mediatore Europeo La BEI continua a finanziare progetti in paesi, dove i cittadini interessati dalle sue operazioni godono di una limitata libertà di espressione e di limitati diritti politici che non permettono loro di esprimere pubblicamente le loro preoccupazioni o l’eventuale dissenso. Possono essere annoverati fra questi progetti: il progetto minerario di Tenke Fungurume, i progetti idroelettrici di Gilgel Gibe in Etiopia, l’oleodotto ed il gasdotto tra il Ciad ed il Camerun e la diga di Nam Theun II in Laos. 5. Per ulteriori informazioni, consultare il documento della BEI, “Access to environmental information” (Accesso alle informazioni in materia ambientale) ed il comunicato stampa “EIB applies the Aarhus Regulation on public access to environmental information” (La BEI applica le disposizioni della Convenzione di Aarhus sull’accesso del pubblico alle informazioni) del 27.06.2007 18 Il ruolo del Mediatore Europeo è stato rafforzato negli anni, seppure non ci sia ancora un stato un vero cambiamento per le popolazioni danneggiate dai progetti. Nonostante il Mediatore conduca delle indagini quando è contattato da singoli individui, le sue decisioni non sono vincolanti per la BEI. Il mandato del Mediatore è soprattutto di trattare casi all’interno dell’Unione, il che non conferisce alcun diritto di presentare ricorsi ad individui e comunità danneggiati dai progetti finanziati in paesi terzi. Tuttavia, il Mediatore ha recentemente annunciato che, potrà occuparsi di casi al fuori del territorio UE per motivi di cattiva amministrazione, ossia il mancato rispetto da parte di un’istituzione delle proprie leggi e delle proprie politiche. Come ciò possa effettivamente avvenire in pratica è ancora da verificare. 3.2.Dove finiscono i vostri 50 miliardi di euro? La BEI concede diversi tipi di prestito – prestiti individuali, che finanziano progetti e programmi specifici (oltre i 25 milioni di euro); prestiti intermediati (o globali), linee di credito erogate a banche ed istituzioni finanziarie per sostenere piccole e medie imprese; meccanismi di finanziamento strutturato per prestiti di primo grado e garanzie per progetti, soprattutto di natura infrastrutturale, ad alto margine di rischio. Riguardo i prestiti individuali, la BEI finanzia progetti in molti settori. In teoria, essi dovrebbero ottemperare agli obiettivi fissati dalla BEI al fine di contribuire agli obiettivi economici e politici dell’Unione ed ai mandati che l’Unione conferisce alla BEI per i paesi terzi, al fine di sostenere le proprie “politiche di sviluppo e cooperazione nei paesi partner”. In linea di massima, l’interpretazione di questi obiettivi tende ad essere abbastanza vaga ed indefinita, concedendo così alla BEI un ampio spazio di manovra riguardo cosa finanziare. Dove finanzia effettivamente la BEI La fetta principale del portfolio della BEI è destinata agli stati membri della UE: circa l’87 % nel 2006.I prestiti erogati a paesi extra UE ed ai cosiddetti Paesi partner sono relativamente modesti rispetto al volume complessivo, ma in costante crescita (oltre 5,9 miliardi di euro nel 2006) rendendo la BEI uno dei maggiori finanziatori pubblici che opera nel Sud del mondo. La BEI eroga prestiti in diversi settori: la parte più cospicua è destinata al settore finanziario, di cui il 50% è costituito dai prestiti globali, seguiti da prestiti per progetti su larga scala nei settori di trasporti, energia, industria e telecomunicazioni. (figura 1). Solo una piccola percentuale dei prestiti BEI concessi negli ultimi 10 anni è stata destinata a progetti riguardanti istruzione, salute ed agricoltura. Figura 1. Statistiche sui finanziamenti della BEI suddivisi per settore Agricoltura 0% 1% 1% Istruzione 3% Energia 10% Sviluppo Urbano 3% Ambiente 5% Trasporti 28% Settore finanziario 30% Telecomunicazioni 5% Salute 2% Servizi postali 1% Infrastrutture 2% non definito Agricoltura Ricostruzione dei danni Istruzione Energia Ambiente Settore finanziario Salute Industria Infrastrutture Varie Servizi postali Telecomunicazioni Trasporti Sviluppo Urbano Industria 8% Se si esaminano i diversi settori finanziati dalla BEI, viene da chiedersi se essa effettivamente persegua i propri obiettivi e le proprie politiche e perfino se i finanziamenti concessi a paesi al di fuori dell’Unione concorrano al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo UE. 19 La BEI ed il settore minerario: Uno dei settori in cui la BEI si dimostra più attiva è quello minerario (che secondo la classificazione per le statistiche BEI, figura sotto la voce prestiti per il Settore industriale), in particolare nei paesi ACP. Nonostante la BEI affermi che il settore minerario contribuisce allo sviluppo, in realtà i prestiti erogati in questo campo vanno soprattutto a vantaggio di grandi multinazionali che estraggono sistematicamente le risorse naturali africane per esportarle verso l’Europa, gli Stati Uniti o i paesi emergenti (come la Cina, che produce enormi quantità di manufatti prodotti a partire dalle materie prime importate per poi riesportare tali prodotti verso i paesi ricchi). Inoltre, il contributo apportato dal settore minerario alla diminuzione della povertà ed allo sviluppo economico è estremamente discutibile (box 1 sull’argomento) Per esempio, le condizioni del contratto per la miniera di rame Mopani in Zambia, finanziata dalla BEI, prevedono che al governo zambiano spetti solamente lo 0,6% dei ricavi. Mentre i ricchi paesi del Nord restano i principali beneficiari delle operazioni minerarie, i paesi che ospitano tali operazioni devono subire le pesanti conseguenze sociali ed ambientali derivanti da estrazioni su larga scala: sfollati interni, disboscamento, inquinamento idrico ed atmosferico, corruzione, violazioni di diritti umani, conflitti, ecc. Tra il 2000 ed il 2006, oltre l’80% dei finanziamenti della BEI in Zambia è stato destinato a progetti in campo minerario, di cui 188 milioni di euro sono stati investiti in progetti su rame e cobalto. E questo nonostante la UE finanzi in Zambia un Programma di Diversificazione del Settore Minerario per estrarre altri materiali diversi dal rame ed il cobalto6 La BEI ed i prestiti nel settore energetico: Uno delle attuali priorità della BEI è finanziare progetti nel settore energetico, prestando un’attenzione particolare ad aumentare i fondi per “energie sostenibili, competitive e sicure”. Nonostante gli impegni assunti nella promozione delle energie rinnovabili, la BEI sta aumentando i prestiti finalizzati a progetti nel settore dei combustibili fossili (Figura 2), finanziando la costruzione di oleodotti e gasdotti in regioni caratterizzate da instabilità politica, alti tassi di povertà, basso rispetto dei diritti umani ed alti livelli di corruzione. Tra i progetti controversi nel settore energetico sostenuti dalla BEI ricordiamo l’oleodotto Ciad-Camerun, il West African Gas Pipeline – un gasdotto che trasporta gas dal delta del Niger – e gli oleodotti in Mozambico ed in Egitto. Anche se è necessario riconoscere una crescente consapevolezza della BEI sulla necessità di investire nel settore delle energie rinnovabili, nel periodo 2002-2006, i prestiti accordati ai settori petrolifero e gas sono stati QUATTRO VOLTE SUPERIORI rispetto a quelli stanziati per le energie rinnovabili. Nello stesso periodo, su un totale di 23,7 miliardi di euro investiti nel settore energetico, 11,3 miliardi di euro sono andati a finanziare combustibili fossili, mentre alle energie rinnovabili è stata destinata solo una cifra che va dai 3 ai 3,6 miliardi di euro, a seconda se si consideri o no l’energia idroelettrica un’energia rinnovabile. Non è possibile invece quantificare gli investimenti per l’efficienza energetica, tranne che per uno o due progetti specifici, dato che sono inclusi in altri progetti. Figura 2: Investimenti BEI in campo energetico 2% 35% 6. Per ulteriori informazioni sulle operazioni di prestito della BEI nel settore minerario, si può consultare la relazione “European Investment Bank: six years financing the plundering of Africa”, Novembre 2007, pubblicata da Friends of the Earth France. La relazione è disponibile on-line http://www.amisdelaterre.org/Nouveau-rapoprt-des-Amis-de-la.html 42% 3% 13% 20 3% 2% Gas Carbone Energia idroelettrica Energia rinnovabile Petrolio Distribuzione elettrica Altri Analizzando i prestiti accordati dalla BEI al settore energetico nell’area ACP durante il periodo 1994 – 2007, risulta che, tranne investimenti notevoli nel settore elettrico, oltre a gas e petrolio, si è rivolta particolare attenzione all’energia idroelettrica (Figura 3). Mentre i piccoli progetti idroelettrici si possono considerare fonti di energia rinnovabile, i finanziamenti della BEI ai paesi ACP sono per lo più destinati alla costruzione di grandi dighe, che hanno delle conseguenze sociali ed ambientali catastrofiche, tra cui lo spostamento forzato intere comunità locali. Inoltre, le grandi dighe di solito forniscono energia costosa e quindi non accessibile alla popolazione locale (o comunque alle sue fasce più povere), andando invece a servire progetti industriali, come quelli minerari. Numerosi esempi di finanziamenti BEI a progetti molto controversi riguardanti dighe, dimostrano che la BEI non segue le raccomandazioni della Commissione Mondiale sulle Dighe, che sono attualmente ritenute buone pratiche a livello internazionale. Tra questi progetti ricordiamo il progetto idroelettrico di Nam Theun II in Laos, con un finanziamento di 1,45 miliardi di dollari, il quale ha causato lo sfollamento forzato di 6.200 indigeni ed ha avuto conseguenze avverse per 120.000 agricoltori; la diga molto contestata di Bujagali in Uganda, finanziata con 799 milioni di dollari, o gli impianti idroelettrici di Gilgel Gibe in Etiopia, attualmente oggetto di un’inchiesta per sospetta corruzione. Figura 3: Numero di progetti finanziati dalla BEI in paesi ACP nel settore energetico periodo 1994-2007 Electricity 27 Oil 6 Geothermal 2 Gas 9 Hydro 14 La BEI ed il settore “ambientale” Se la BEI afferma che una grande percentuale dei suoi prestiti rientra nella categoria dei progetti “ambientali”, bisogna analizzare più attentamente la definizione che la BEI fornisce riguardo all’“ambiente”. La classificazione di Sostenibilità ambientale si riferisce ai cinque campi di interesse ambientale della BEI – qualità della vita urbana, impegno su questioni ambientali e sanitarie, lotta ai cambiamenti climatici, salvaguardia della natura, della flora e della fauna ed infine protezione delle risorse naturali e gestione dei rifiuti.” Nelle sue operazioni di prestito, la BEI considera i progetti per l’“ambiente urbano” come progetti “ambientali”, il che genera qualche confusione. Infatti, seppure alcuni di questi progetti abbiano degli impatti positivi, come per esempio il miglioramento dei sistemi di acqua potabile, del trattamento delle acque reflue e degli impianti di depurazione dei liquami, essi non si possono classificare come progetti ambientali. E’ altrettanto sconcertante vedere gli inceneritori inclusi nella categoria dei progetti “ambientali”, date le loro emissioni di diossine cancerogene e le loro produzioni di scarti altamente tossici. Altro esempio sorprendete è, vedere annoverati fra i progetti ambientali, una piantagione di eucalipti e la costruzione di una fabbrica di pasta per carta derivata dall’eucalipto in Brasile, entrambi progetti dall’enorme impatto ambientale. Prestiti globali Uno degli aspetti più misteriosi della BEI è rappresentato dai cosiddetti prestiti globali, che costituiscono uno dei settori più importanti del portfolio della BEI. La BEI fornisce fondi ad intermediari finanziari (IF), spesso grandi banche private, le quali provvedono a ridistribuire la liquidità a beneficiari locali. L’obiettivo dichiarato dei prestiti globali è promuovere le piccole e medie imprese (PMI), che hanno bisogno di piccoli prestiti, difficili da gestire per la BEI. Sui prestiti globali vi è una totale mancanza di trasparenza riguardo al modo in cui questo denaro viene distribuito ed utilizzato. La BEI fornisce una lista degli intermediari a cui accorda linee di credito ma è impossibile individuare i prestiti globali non solo da parte di semplici cittadini, ma anche da parte di istituzioni nazionali. Coal 2 21 La BEI non rilascia quasi nessuna informazione su come i fondi vengono investiti e per ogni richiesta rimanda agli stessi intermediari, che non hanno alcun obbligo di divulgare informazioni. Data questa limitata capacità della BEI, la possibilità di seguire l’erogazione di prestiti globali nei dettagli diviene anch’essa molto discutibile. I prestiti globali sono tristemente noti per essere forse la fonte primaria di attività legate alla corruzione nella finanza per lo sviluppo, come da anni sostengono nelle loro campagne gli attivisti che si battono contro la corruzione. 3.3 Sussidi alle grandi imprese – come aiutare i ricchi ad arricchirsi ancora La BEI eroga prestiti sia ad enti pubblici che ad imprese private. Tuttavia, essa predilige le grandi imprese del nord del mondo, comportandosi come una banca orientata agli interessi suoi clienti, piuttosto che come un’istituzione guidata dagli obiettivi di sviluppo europei. Le statistiche mostrano che, tra il 1993 ed il 2004, oltre il 90 % dei prestiti della BEI in America Latina è stato concesso ad imprese con sede principale in Europa oppure a grandi società transnazionali. Società come Gas de France, Repsol, British Gas e Shell ricevono milioni di euro per contratti nei settori del petrolio e del gas. In America Latina, le imprese private locali hanno ricevuto il 2% del totale dei prestiti erogati dalla BEI per progetti individuali. Vi sono altri numerosi esempi che vedono la BEI finanziare grandi imprese come, ad esempio, i prestiti accordati alla Esso per la costruzione dell’oleodotto Ciad-Camerun, ad AES Sonel, ecc. Grandi società minerarie traggono grande vantaggio dalle condizioni favorevoli dei prestiti della BEI. Freeport McMorgan, First Quantum, Glencore – la prima società svizzera per profitti, vincitrice del Public Eye award nel 20087 – sono tutti azionisti di maggioranza di progetti sostenuti dalla BEI. Queste società sono anche state richiamate per la loro condotta irresponsabile nei paesi del Sud del mondo e soprattutto per la loro mancanza di attenzione verso i diritti umani. 22 3.4. Progetti dannosi — e questo sarebbe sviluppo? Tra gli obiettivi principali della politica di prestito della BEI vi sono i principi di “addizionalità” e”sostenibilità”: l’impiego delle proprie risorse per finanziare progetti che altrimenti non avrebbero potuto essere realizzati, che producono valore aggiunto sia in termini economici che sociali e che promuovono lo sviluppo sul lungo termine. Tuttavia, in pratica, la BEI spesso eroga prestiti a progetti sulla con l’obiettivo base di ottenere profitti a breve termine. Che i prestiti concessi per la realizzazione di grandi centri commerciali ed ipermercati portino un reale sviluppo locale, come afferma la BEI, è quantomeno discutibile. Analogamente, varrebbe la pena chiedersi in che modo i 21,4 milioni di euro concessi in prestito alla TUI Hotels per la costruzione di alberghi nelle isole Canarie e ad Algarve ottemperino con gli obiettivi della BEI. I progetti sostenuti al di fuori dell’UE forniscono degli esempi ancora più sbalorditivi, come ad esempio il villaggio vacanze Westin Roco Ki Beach and Golf Resort nella Repubblica Dominicana oppure l’Albion Resort ed il Bel Ombre Hotel alle Mauritius, che hanno ricevuto più di un prestito. Non è chiaro come la BEi giustifichi il valore aggiunto di questi progetti ed il modo in cui essi contribuiscono alla lotta alla povertà in questi paesi. Finanziare grandi alberghi non può in alcuno modo definirsi promozione dello sviluppo sostenibile. Altri prestiti sono stati concessi a Kenya Geraniums, Fabulous Flowers in Botswana e alla ditta di confezionamento di frutti di mare Seph-Nouadhibou in Mauritania. Queste sono classiche industrie da esportazione, che fanno un uso intensivo ed inefficiente delle risorse e materie prime locali creando pochi posti di lavoro non qualificati con poco o nessun valore aggiunto e limitatissimi benefici economici per le comunità. 7. I Public eye award sono assegnati ogni anno dalle ong Dichiarazione di Berna e Pro Natura, alle multinazionali che si sono contraddistinte per la peggiore condotta in campo sociale ed ambientale. Glencore ha ricevuto il Public Eye Swiss Award nel 2008. Glencore ha ricevuto un prestito di 48 milioni di euro dalla BEI per il progetto della miniera di rame di Mopani nel 2005, di cui la società svizzera è la maggiore azionista. © Michael Fuller Miniera di rame a cielo aperto in Zambia APPROFONDIMENTO - BOX 1: “I finanziamenti della BEI al settore minerario in Africana promuovono lo sviluppo sostenibile ?” La maggior parte delle somme finanziate dalla BEI sono destinate a filiali di grandi multinazionali aventi sede in paesi ricchi fuori dall’Africa. Questo significa che i prestiti concessi non concorrono allo sviluppo del settore privato africano. Inoltre, considerando l’aumento dei prezzi delle materie prime sui mercati finanziari ed i profitti delle società minerarie, a partire dal 2002, è evidente che queste imprese non hanno bisogno dei prestiti alle condizioni vantaggiose della BEI. Nonostante il settore minerario frutta a queste grandi multinazionali straniere cospicui guadagni, i vantaggi finanziari per i paesi ospiti sono molto meno evidenti: Il settore minerario offre pochi posti di lavoro e soprattutto per gli uomini. Spesso, viene presa manodopera precaria e si mette fine ad attività tradizionali (estrazioni su piccola scala, agricoltura, pesca, allevamento). La maggior parte degli stati africani, influenzati dalla Banca Mondiale dal FMI, applicano aliquote fiscali basse per gli investitori stranieri e di conseguenza non traggono beneficio dai redditi provenienti dallo sfruttamento delle loro materie prime. Un’indagine su 40 società minerarie ha evidenziato che i profitti di queste società sono aumentati di otto volte tra il 2002 ed il 2005, mentre in Zambia la percentuale di guadagno per il governo si è dimezzata 23 APPROFONDIMENTO – Box 2: I finanziamenti BEI alle grandi dighe: il Lesotho Highlands Water Project Le grandi dighe: La BEI è coinvolta in numerosi progetti di grandi dighe in Africa – che sono di solito definiti progetti di “energia pulita” – con costi sociali ed ecologici spesso molto alti e vantaggi economici spesso ambigui. Il Lesotho Highlands Water Project (LHWP) è il più grande programma di trasferimento di acqua tra bacini e consiste di un sistema di grandi dighe e tunnel per conservare l’acqua e trasferirla dal bacino del fiume Arancione sugli altipiani del Lesotho fino alle aree industriali del Sudafrica, nella provincia di Gauteng / Johannesburg. E’ inoltre prevista una centrale idroelettrica a Muela, per fornire elettricità al Lesotho. La fase 2 del progetto, che prevede la costruzione di altre tre dighe sugli altipiani del Lesotho, è allo stadio progettuale, ma manca un accordo definitivo per potere procedere. Nel 1986, il governo sudafricano dell’apartheid ed il governo militare del Lesotho, firmarono l’accordo per la realizzazione del Lesotho Highlands Water Project. Poco prima della firma del trattato, un colpo di stato militare che si è poi rivelato architettato dal regime dell’apartheid, portò al potere in Lesotho il governo militare. La dura repressione che caratterizzò gli ultimi anni del vecchio regime sudafricano è nota a tutti; allo stesso tempo, anche in Lesotho ogni attività politica fu vietata a seguito del golpe del 1986. In questo quadro politico, il Lesotho Highlands Water Project fu progettato nella segretezza e le decisioni furono prese senza trasparenza o discussione pubblica. Ma fu anche celata al pubblico un’altra storia interessante riguardante gli accordi finanziari che resero possibile questo progetto da diversi miliardi di dollari. Nonostante il regime di apartheid in Sudafrica all’epoca fosse soggetto a sanzioni economiche internazionali, il governo sudafricano cercava dei modi di raccogliere capitali all’estero. Le istituzioni finanziarie internazionali non potevano figurare come finanziatrici del regime di apartheid, il Lesotho Highlands Water Project fu presentato come progetto per la riduzione della povertà in Lesotho. La BEI si unì ad altre istituzioni finanziarie nel sostenere il progetto con lo scopo dichiarato di sostenere la strategia del governo del Lesotho che prevedeva l’esportazione dell’“acqua eccedente”. Questa appariva una situazione vantaggiosa per tutti. Il Lesotho avrebbe esportato acqua ed usato gli introiti delle royalties 24 dell’acqua per investire in programmi sviluppo, mentre Given this political context, the LHWPdiwas conceived in il Sudafrica ricevuto riconoscenza l’acqua ecsecrecy andavrebbe decisions were con taken without transparency cedente propria industriale attorno alla regione or publicnella debate. Alsoarea hidden from public view was the di Johannesburg, di Gauteng. rather interestingnella storyprovincia of the financial arrangements that made this multi-billion dollar project possible. A quel punto, la Banca Mondiale guidò l’impresa e la BEI Although South Africa’s apartheid regime was subject la concedendo prestiti per 20 milioni dollari to seguì, international economic sanctions at theditime, theper la diga diAfrican Katse /Fase 1A (1993)was e 99seeking milioni di dollari per la South government ways to raise diga di Mohale 1Binternational (1998). capital abroad./Fase Since financial institutions could not be seen as funding the Apartheid regime, they Conseguenze progetto Lesotho portrayed the del project as a in poverty reduction project for Il progetto è spesso descritto come una meraviglia Lesotho. dell’ingegneria caratura mondiale ed ha ricevuto svariati The EIB joined di other financial institutions in financpremi di ingegneria e costruzione in Sudafrica da istituzioni ing the project with the stated goal of supporting the tipo la Concrete Society strategy of South Africa (Società SudafLesotho government’s to export ‘excess water’. ricana del Calcestruzzo, ndt). A parte gli aspetti Apparently a win-win situation, Lesotho wouldrelativi export all’ingegneria, le conseguenze del progetto per water and use però, the receipt of water royalties to invest quanto riguarda la riduzione della povertà, l’ambiente e la in development programmes while South Africa would salute pubblica, sono state a dir poco disastrose. be grateful to receive the additional water in its dry Il Lesotho attualmente esporta acqua verso il Sudafrica, industrial heartland around the Johannesburg region, ma il piccolo regno delle montagne è spesso afflitto da Gauteng province. gravi siccità, la maggior parte della This is wherementre the World Bank took the leadpopolazione and the EIB non ha accesso ad acqua pulita. followed, providing lending of USD 20 million for Katse Il 18 luglio 2007, l’Ufficio delle Nazioni Unitefor perMohale il CoorDam/Phase 1A (1993) and USD 99 million dinamento Affari Umanitari ha lanciato un appello Dam/Phasedegli 1B (1998). umanitario per il Lesotho: “Sulla scia della più grave siccità degli ultimi 30 anni, il regno ha dichiarato uno stato di emergenze ed ha fatto appello agli aiuti internazionali per oltre 400.000 persone che hanno bisogno di aiuti alimentari urgenti.” Questa cifra corrisponde a più del 20% della popolazione del paese. Oltre alla mancanza di cibo, è sopraggiunta una grave scarsità di acqua per il consumo umano e animale. Anche la FAO ed il PAM hanno confermato l’esistenza della crisi. Oltre 27.500 persone a monte ed un numero stimato di 152.000 abitanti dei villaggi del Lesotho che vivevano lungo le sponde del fiume Senqu sotto le dighe Katse e Mohale sono state danneggiati a diversi livelli a causa del progetto. Ad oggi, i problemi legati alla perdita di mezzi di sussistenza non sono stati affrontati in modo adeguato. Le popolazioni degli altipiani hanno dovuto cedere al progetto la loro terra, le loro fonti d’acqua ed i loro boschi (Mohale ha allagato terreni tra i più coltivabili del paese). Eppure, i programmi di risarcimento non hanno restituito alla popolazione i mezzi di sussistenza perduti. Per le comunità a valle, invece, non si è ancora deciso sui risarcimenti. Corruzione Vi è un altro aspetto sorprendente del progetto in Lesotho. L’Alta Corte del Lesotho ha condannato l’amministratore delegato (attualmente detenuto) del Lesotho Highlands Water Authority, ente parastatale del Lesotho, responsabile del progetto, insieme a molte altre rinomate società internazionali che avevano pagato tangenti. Nel 1999, oltre 12 aziende e consorzi multinazionali sono stati dichiarati colpevoli di aver corrotto l’amministratore delegato del progetto. Una volta giudicato colpevole l’amministratore delegato, tre grandi imprese europee furono accusate e dichiarate colpevoli – due delle quali, Acres International e Lahmeyer – sono state messe al bando dalla Banca Mondiale. Lahmeyer International è stata successivamente aggiunta alla lista nera della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. La reazione della BEI ai casi di corruzione ha lasciato molti osservatori perplessi. Non solo ha condotto una verifica ispettiva interna che ha riscontrato che non vi era stato uso improprio dei propri fondi, ma ha successivamente continuato ad accordare prestiti alla Lahmeyer. Korinna Horta, Difesa Ambientale Korinna Horta, ottobre 2007 Difesa Ambientale 25 BOX 3: PROGETTO DELL’OLEODOTTO CIAD - CAMERUN “Il progetto avrà un impatto economico positivo sul Camerun e rappresenterà una vera svolta per il Ciad, che è uno dei paesi meno sviluppati al mondo.” Comunicato stampa della BEI, 22.6.2001 Questo oleodotto, lungo 1.070 chilometri, parte da tre giacimenti di petrolio nel bacino di Doba nel Ciad meridionale ed attraversa il Camerun verso l’Atlantico, rappresentando attualmente il più grande investimento in terraferma in Africa. Il costo stimato del progetto è di 4,2 miliardi di dollari, che comprendono la trivellazione di 300 pozzi di petrolio nei giacimenti di Doba nel sud del Ciad e l’installazione di un terminale offshore, un terminale marino a Kribi ed un oleodotto marino che collega una struttura galleggiante offshore di stoccaggio e carico. Il progetto fu promosso, con l’intenzione dichiarata, di arrivare a ridurre la povertà ed ottenere milioni di dollari di proventi per il Ciad provenienti dall’esportazione del petrolio. Il Gruppo Banca Mondiale fu il primo a dare via libera al progetto nel 2000, seguito dalla BEI, per permettere il coinvolgimento finanziario di Exxon Mobil (40 %), Petronas – la società petrolifera di stato malese – (35 %) e Chevron (25 %). La BEI ha concesso prestiti per un totale di 144 milioni di euro al, Ciad, al Camerun ed ai tre membri del consorzio petrolifero. © Korinna Horta E’ interessante notare che la maggior parte dei fondi sono andati direttamente al consorzio petrolifero. Visto che tra i mandati europei non vi è il sostegno alle più grandi società petrolifere del mondo, siano esse europee o no (ed in questo caso nessuna delle tre lo era) ci deve essere stata una forte convinzione che le società petrolifere potessero svolgere una doppia funzione e comportarsi anche da operatori per lo sviluppo. Eppure, non vi era alcun precedente in cui progetti petroliferi o di altre industrie estrattive avessero svolto questo ruolo in paesi con una governance carente. I precedenti, invece, mostravano che i risultati erano di solito paesaggi avvelenati, distruzione dei mezzi di sostentamento, violazioni dei diritti umani, corruzione e conflitti armati. 26 di base del benessere umano, come la salute e l’istruzione. Inoltre, il 25 settembre 2007, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato l’invio di contingenti di pace in Ciad e nella Repubblica Centro Africana: 3000 caschi blu europei (per lo più francesi) e 300 poliziotti ONU. Nel rapporto del 18 luglio 2007 dell’International Advisory Goup (Gruppo Consultivo Internazionale, organo consultivo della Banca Mondiale, ndt), l’FMI e la Banca Mondiale rilevano che una gran parte degli oneri straordinari sono stati destinati alla difesa nazionale. In Camerun, perfino vicino la capitale del paese, si possono visitare comunità che patiscono grandi sofferenze a causa dei problemi ambientali generati dal progetto. Invece di portare sviluppo economico e migliori condizioni di vita nelle regioni più povere, i finanziamenti di questo progetto petrolifero ha solo generato un conflitto armato ed ulteriore miseria tra la gente. Korinna Horta, ottobre 2007 Difesa Ambientale © Korinna Horta Per coprire i rischi politici dell’investimento Given this political context, the LHWP was dovuti conceived in all’instabilità politica della regione una guerra secrecy and decisions were taken reduce withoutda transparency civile durata un decennio, il Gruppo or public debate. Also hidden fromBanca publicMondiale view was the (GBM) la BEI, trovano stratagemma, praticamente rather einteresting storyuno of the financial arrangements un infallibile per assicurarsi la restituzione dei thatsistema made this multi-billion dollar project possible. prestiti erogati: consorzio petrolifero deposita parte Although SouthilAfrica’s apartheid regime was la subject dei proventi del petrolio destinata al Ciad su di un conto to international economic sanctions at the time, the a Londra. La BEI ed il GBM prelevano le rate deitoprestiti South African government was seeking ways raise erogati da questoSince conto,international prima che i fondi rimanenti siano capital abroad. financial institutions resi accessibili al governo del Ciad. could not be seen as funding the Apartheid regime, they portrayed the project as a poverty reduction project for A dispetto di tutte le promesse, a partire dal compleLesotho. tamento del progetto 2003 einstitutions dall’inizio dei di The EIB joined other nel financial in flussi financpetrolio che hanno reso il Ciad il più giovane paese africano ing the project with the stated goal of supporting the esportatore di petrolio, ilstrategy progettotohaexport solo dimostrato di Lesotho government’s ‘excess water’. acutizzare i problemi del paese. Haexport fomenApparentlyulteriormente a win-win situation, Lesotho would tato la and violenza, impoverito gliwater abitanti dei giacimenti e, nei water use the receipt of royalties to invest territori percorsi dall’oleodotto, ha aumentato le pressioni in development programmes while South Africa would sulle popolazioni indigene generato water nuovi problemi be grateful to receive the eadditional in its dryambientali. Allo stesso tempo, produzione diregion, circa 118 industrial heartland aroundcon theuna Johannesburg milioni di province. barili fino al 30 settembre 2005, la ExxonMobil, la Gauteng più società petrolifera mondo anche capo Thisgrande is where the World Bankaltook the che leadèand thea EIB del consorzio petrolifero, ha registrato profitti record. followed, providing lending of USD 20 million for Katse La BEI aveva1A dichiarato cheUSD il suo99 finanziamento dipendeva Dam/Phase (1993) and million for Mohale dal rispetto delle condizioni sociali ed ambientali fissate Dam/Phase 1B (1998). per il progetto. Ma i governi, ed in particolar modo le dittature, possono fare tutte le promesse di questo mondo e poi dimenticarsene appena iniziano a vedere i soldi. Difatti, tutte le promesse furono disattese. Nel Ciad meridionale, il consorzio con a capo la ExxonMobile sta espropriando ancora più terre agli agricoltori di quanto si fosse inizialmente previsto. A sette anni dall’inizio del progetto, il piano di sviluppo regionale che era stato promesso per la regione ancora non si vede. La disperazione è diventata un modus vivendi e la gente – specialmente gli abitanti della regione che produce petrolio –- si è ulteriormente impoverita. In questi ultimi anni, il Ciad ha perso altre posizioni all’interno dell’Indice di Sviluppo Umano delle Nazioni Unite, che misura gli indicatori 27 4. Riformare la BEI 4.1 Necessità di un approccio basato sullo sviluppo sostenibile Dal rapporto della Commissione Brundtland, “Il futuro di tutti noi” (1987), dove per la prima volta si definisce il principio di sviluppo sostenibile, questo concetto ha ricevuto sempre maggiore riconoscimento. E’ stato adottato da un gran numero di organizzazioni nazionali, internazionali e non governative; è stato perfezionato, adattato ed adottato da diversi attori operanti nel settore della governance, delle istituzioni, dell’impresa e della società civile. Nonostante la sua ambiguità ed il suo essere aperto a varie interpretazioni, l’idea di sviluppo sostenibile ha elaborato alcuni principi e valori di base per rispondere ai bisogni presenti e futuri di sviluppo umano, economico e sociale considerando i limiti imposti dal sistema ecologico del pianeta. Un approccio basato sul concetto di sviluppo sostenibile richiede che questioni economiche, sociali ed ambientali siano affrontate insieme, nel tentativo di unire ambizioni di sviluppo al bisogno di preservare la ricchezza ecologica del pianeta. Lo sviluppo sostenibile racchiude un’ampia visione del benessere dell’uomo, ed adotta una prospettiva a lungo termine nel pianificare le attività umane del presente. Se il concetto di sviluppo sostenibile è ormai universalmente accettato a livello mondiale, il modello di sviluppo classico, basato esclusivamente sull’ideologia della crescita, si è affermato in tutto il mondo. Esso non prendi in considerazione neanche i bisogni del presente, tanto meno considera quelli delle generazioni future. Secondo la Valutazione degli Ecosistemi per il Millennio dell’ONU (2005), che rappresenta la valutazione più esauriente delle conseguenze dei cambiamenti degli ecosistemi, negli ultimi 50 anni, “gli esseri umani hanno modificato gli ecosistemi più rapidamente e profondamente che in qualsiasi altro periodo della storia, soprattutto per soddisfare la crescente domanda di prodotti alimentari, acqua dolce, legname, fibre vegetali e combustibile. Ciò ha prodotto un’ampia, ed in larga misura irreversibile, perdita di biodiversità sulla terra Inoltre, l’attuale sistema economico globale si contraddistingue per un’enorme e crescente disuguaglianza. Oltre 2,5 miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno, mentre, negli ultimi dieci 28 anni, l’accumulazione della ricchezza a livello globale ha visto una straordinaria accelerazione. La disuguaglianza è oggi maggiore di quanto non lo fosse 10 anni fa. Alla luce delle attuali tendenze negative a livello planetario, l’UE ha rivisto la propria Strategia per lo Sviluppo Sostenibile (SSS dell’UE) ed ha prodotto una nuova versione nel 2006. L’UE afferma che lo sviluppo sostenibile vuol dire “salvaguardare la capacità del nostro pianeta di sostenere la vita in tutta la sua diversità e si basa sui principi della democrazia, della parità di genere, della solidarietà, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti fondamentali, comprese libertà e pari opportunità per tutti. Esso è volto al costante miglioramento della qualità della vita e del benessere sul nostro pianeta per le generazioni attuali e future.”8 La Strategia dell’UE per lo Sviluppo Sostenibile mira a stabilire un alto grado di protezione ambientale, uguaglianza e coesione sociale, prosperità economica e promozione dello sviluppo sostenibile in tutto il mondo. Questa strategia prevede che tutte le istituzioni dell’UE debbano “garantire che le principali decisioni politiche si basino su proposte che sono state sottoposte ad una valutazione d’impatto di alta qualità, soppesando in modo equilibrato le dimensioni sociali, ambientali e economiche dello sviluppo sostenibile e tenendo conto della sua dimensione esterna e dei costi dell’inazione”. La BEI riceve, così, il chiaro mandato di “stimare i suoi prestiti in base al contributo che essi offrono al conseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio” e sostenere, attraverso i suoi investimenti, lo sviluppo sostenibile. 8. Consiglio Europeo, 2006, Nuova strategia dell’UE in materia di sviluppo sostenibile, 10917/06 di selezione dei progetti” ai fini dello “sviluppo sostenibile”. Scopriamo così che “nella maggior parte dei casi ”, i progetti finanziati dalla BEI – promuovendo la crescita – hanno un impatto indiretto ma significativo sul conseguimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio, ed in particolare nel raggiungimento dell’obiettivo 1 (riduzione della povertà estrema).9 Purtroppo a causa dell’assenza di criteri di prestazione vincolanti, di valutazioni di impatto e di standard sociali ed ambientali, non sembrano esserci prove a sostegno di questa tesi. Ma i dati raccolti direttamente sul campo dimostrano il contrario, ovvero che la maggior parte dei benefici economici derivanti dai progetti non producono a livello locale impatti economici e sociali in una prospettiva di sviluppo. 9. Banca Europea per gli Investimenti 2006: The EIB - a development partner and the Millennium Development Goals; 19/06/2006; http://www.eib.org/about/ news/the-eib-a-development-partner-and-the-millennium-development-goals.htm © R. Cyglicki Nonostante lo sviluppo sostenibile sia dichiarato come un principio fondamentale di tutte le sue attività, la BEI, continua a perseguire un modello di sviluppo opposto. Molti documenti della BEI contengono dichiarazioni e impegni per lo sviluppo sostenibile, fra i quali, The EIB and its Contribution to Sustainable Development (La BEI ed il suo Contributo allo Sviluppo Sostenibile, 2001), il Corporate Social Responsibility Statement (Dichiarazione sulla Responsabilità Sociale d’Impresa, Maggio 2005) e il Piano Operativo d’Impresa (2007-2009) (PAB). In questi documenti la BEI dichiara che i suoi orientamenti riguardo alle attività di prestito all’interno dell’Unione corrispondono a quelli della strategia dell’UE in materia di Sviluppo Sostenibile (SSS dell’UE). Fuori l’UE, la BEI afferma di apportare “importanti contributi” allo sviluppo sostenibile attraverso “il rigore necessario nell’applicazione dei criteri 29 Un “modello di sviluppo” datato: con il suo approccio semplicistico sviluppo, la BEI è molto arretrata rispetto alle discussioni attuali sui complessi legami tra la crescita, la povertà e la sostenibilità ecologica. Per la BEI, il contributo dei suoi prestiti allo sviluppo si concretizza semplicemente promuovendo la crescita. La banca opera sulla base di una povera equivalenza fra “crescita”, “generazione di reddito” e sviluppo. In pratica, non vi è quasi nessuna prova che la BEI contribuisca allo sviluppo sostenibile. Come illustrato in questa guida, la BEI, con i suoi finanziamenti, sta contribuendo allo sviluppo insostenibile, provocando la distruzione dell’ambiente, i cambiamenti climatici, l’esaurimento delle risorse naturali, l’impoverimento, i conflitti sociali, ecc. Citiamo solo alcuni di questi problemi: BEI = Banca per le Estrazioni Industriali: mentre il mondo si trova a far fronte ai cambiamenti climatici provocati dall’attività dell’uomo, alla perdita della biodiversità, alla povertà assoluta ed al degrado ambientale, la BEI continua ad essere il maggiore finanziatore pubblico internazionale di progetti estrattivi (petrolio, gas e miniere) che hanno effetti ambientali e sociali devastanti.10 Sostegno agli attori più forti del processo di globalizzazione: piuttosto che essere di aiuto ai poveri, la BEI si rivela un “partner di sviluppo” per i suoi clienti preferiti: le grandi imprese occidentali. Cosa dovrebbe fare la BEI Le pressioni sugli ecosistemi peggioreranno ulteriormente in modo significativo nella prima metà di questo secolo, a meno che non si produca un cambiamento radicale negli atteggiamenti e nelle azioni degli uomini. Secondo la Nuova Strategia di Sviluppo Sostenibile dell’UE, la sfida principale è “cambiare gradualmente i nostri attuali consumi e schemi di produzione non sostenibili e l’approccio non integrato di fare politica”.11 La BEI ha molto poco da offrire per far fronte a queste sfide. Al fine di promuovere uno sviluppo che sia valido dal punto di vista ambientale e sociale, la BEI deve cambiare drasticamente. Gas in fiamme sul Delta del Niger 30 © Elizabeth Bast Prima di tutto, deve assumere un atteggiamento attivo. Invece di minimizzare il danno attraverso la “gestione dei rischi ambientali e sociali” (“non fare danni”), un approccio basato sullo sviluppo sostenibile richiede un “agire positivo”. La dimensione del rispetto dei diritti umani e quella del rispetto dell’ambiente (4.3 e 4.4.) sono parti integranti dell’approccio basato sullo sviluppo sostenibile. 10. Secondo il Bank Information Center (BIC) (Associazione non governativa statunitense che promuove trasparenza ed attenzione agli aspetti sociali dello sviluppo nelle attività della Banca Mondiale, ndt) la BEI ha concesso 1,1 miliardi di dollari alle industrie estrattive nel 2006. Questo corrispondeva al 49 % dei finanziamenti globali accordati da tutte le istituzioni finanziarie internazionali per le industrie estrattive in quell’anno. 11. Consiglio Europeo, 2006, Nuova strategia dell’UE in materia di sviluppo sostenibile, 10917/06 Per guidare la selezione e la realizzazione dei progetti nei paesi in via di sviluppo, la BEI ha bisogno di elaborare una chiara “strategia per lo sviluppo sostenibile”. C’è bisogno di un approccio coerente che sostituisca i vari mandati attraverso i quali la BEI opera in questi paesi. Questo nuovo approccio può essere realizzato in parte prendendo le distanze dall’idea tradizionale di “crescita illimitata”. Gli indicatori attualmente usati per orientare le scelte legate allo sviluppo – i dati sui conti nazionali come il Prodotto Interno Lodo (PIL) – non tengono conto dell’esaurimento delle risorse e dei danni all’ambiente. Da qui l’urgenza di nuove criteri per misurare la ricchezza che, invece, considerino l’esaurimento delle risorse ed i danni ambientali al fine di rendere la crescita economica “sostenibile”. Per garantire che tutti i progetti da essa finanziati in futuro contribuiscano ad uno sviluppo sostenibile, la BEI deve cambiare drasticamente le sua operazioni di prestito, le sue pratiche, le sue procedure di valutazione dei progetti ed indirizzare il suo portfolio su altri progetti. La BEI deve adottare delle misure urgenti se vuole impegnarsi a garantire l’efficacia delle proprie operazioni. Un approccio basato sullo sviluppo sostenibile comprende l’adozione dei più alti standard internazionali in materia sociale ed ambientale che considerino le dimensioni dell’ambiente, dei diritti umani e della protezione sociale. L’uso diffuso e sistematico delle valutazioni di impatto ambientale e sociale, che integrano in maniera coerente i diversi aspetti dello sviluppo sostenibile, deve divenire una fase obbligatoria del processo decisionale della BEI che preceda l’approvazione del progetto da parte del CdA. 31 La BEI deve dotarsi di obiettivi, indicatori e sistemi di rendicontazione basati sullo sviluppo sostenibile per le sue attività di project finance. Usati come strumenti strategici per orientare le proprie politiche, gli Indicatori di Sviluppo Sostenibile (ISS), riportano l’idea generica di sostenibilità dalla teoria alla pratica, combinando dati di natura economica, sociale ed ambientale in modo coerente. La sfida da affrontare per la BEI sarà garantire che gli Indicatori di Sviluppo Sostenibile (ISS) siano integrati nei meccanismi politici tradizionali, invece di costituire un semplice “complemento” ambientale e sociale ai sistemi statistici, di misurazione e di rendicontazione attualmente in uso. Gli ISS devono potere influenzare le decisioni politiche più importanti. Inoltre, la BEI ha bisogno di elaborare dei chiari criteri di esclusione. La BEI non deve sostenere e finanziare progetti che possono contribuire ad aumentare tensioni sociali o addirittura conflitti armati, cambiamenti climatici, distruzione ambientale o violazioni dei diritti umani. La BEI deve finanziare progetti infrastrutturali che siano rispettosi dell’ambiente e socialmente accettati. Le scarse risorse pubbliche devono essere destinate a progetti che cambino i metodi insostenibili di sfruttamento di risorse e riserve naturali, invertendo la tendenza e la crescente disuguaglianza globale. La BEI ha bisogno di una radicale riorganizzazione istituzionale al fine di sviluppare le capacità necessarie per diventare una banca per lo sviluppo sostenibile. Alla luce dell’adozione della nuova SSS da parte dell’UE, la BEI “sta rivedendo le sue tecniche di individuazione, istruttoria e monitoraggio dei progetti per garantire che si tenga adeguatamente e coerentemente conto del fattore sostenibilità nell’analizzare il valore aggiunto di un progetto.”. Questo processo deve essere trasparente e deve essere condotto in maniera partecipativa, coinvolgendo diverse parti interessate. Lo sviluppo sostenibile si definisce nella pratica. E un’ampia partecipazione pubblica nei processi decisionali è un requisito fonda- 32 mentale al fine di conseguire uno sviluppo sostenibile. La BEI dovrebbe stabilire dei meccanismi efficaci per garantire un monitoraggio ed una supervisione indipendenti, facendo applicare l’osservanza delle regole e prevedendo azioni correttive. Ciò è particolarmente importante per evitare che la BEI continui a mascherare o un ripulita di facciata ad attività deleterie per la società e per l’ambiente. 4.2 Riforma della BEI: l’approccio basato sui diritti umani “Venti anni fa, poche imprese avevano delle politiche ambientali. Oggi, invece, l’ambiente è un tema predominante di interesse aziendale. Lo stesso dovrebbe accadere per quanto riguarda i diritti umani. Avere una forte politica di rispetto dei diritti umani ed una valida strategia attuativa vuol dire gestire i rischi ed assicurare la propria reputazione. I diritti umani sono una questione fondamentale.” Mary Robinson, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani, 2000 L’UE ed i diritti umani Quando fu costituita la Comunità Europea, si pose l’accento sui diritti economici piuttosto che sui diritti umani. Il Trattato di Parigi del 1951 e successivamente il Trattato di Roma del 1957 – che istituì la BEI – si occuparono di ambiti economici ben definiti. Il fattore economico ha spesso costituito sia la giustificazione che l’obiettivo di molte attività dell’UE, nonostante l’Unione sia da sempre impegnata per il rispetto dei diritti umani, impegno che ha origine nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 e che si è poi successivamente rafforzato. Riferendosi all’articolo 220 del Trattato, la Corte di Giustizia Europea ha asserito che i diritti umani fondamentali sono i principi fondanti dell’ordinamento giuridico europeo che affondano le radici nelle tradizioni costituzionali degli Stati Membri e nei trattati internazionali da essi sottoscritti. Il più importante di è la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo. Nel 1977, il Parlamento Europeo, la Commissione Europea e il Consiglio dei Ministri Europei firmarono una dichiarazione congiunta con la quale si impegnavano a rispettare i diritti fondamentali. Trattati successivi hanno accentuato ulteriormente l’impegno dell’UE per il rispetto dei diritti umani.12 Di recente, nel dicembre del 2007, l’Unione ha adottato la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che definisce i diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini residenti nell’Unione Europe. La carta si compone di sei sezioni, che trattano di dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia e diventerà giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. 12. Nella sua introduzione, l’Atto unico europeo del 1986, cita per la prima volta la promozione della democrazia e dei diritti fondamentali. Tuttavia, l’Unione Europea è una parte contraente della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. Il trattato di Amsterdam ha emendato l’Articolo 6 del Trattato UE, dichiarando esplicitamente che l’Unione Europea si fonda su principi di libertà, democrazia, diritti umani, libertà fondamentali e stato di diritto. L’Articolo 7, invece, stabilisce i meccanismi politici per prevenire le violazioni dei principi citati nell’Articolo 6 da parte degli Stati Membri. Questo meccanismo è confermato nell’Articolo 7 del Trattato di Nizza, che conferisce un ruolo più incisivo al Parlamento Europeo. 33 Politiche di sviluppo europee e diritti umani Tutte le dichiarazioni e gli accordi UE in materia di sviluppo citano l’importanza dei diritti umani. Il Consenso europeo per lo sviluppo afferma che “ogni persona dovrebbe godere di tutti i diritti umani nel rispetto dei trattati internazionali”. La Strategia dell’UE per lo Sviluppo Sostenibile individua, nella promozione e nella salvaguardia dei diritti umani, uno dei principi alla base delle politiche europee, da raggiungere “lottando contro tutte le forme di discriminazione e contribuendo alla lotta contro la povertà.” L’Articolo 9 dell’Accordo di Cotonou, il trattato principale che regola il partenariato europeo con i paesi di Africa, Caraibi e Pacifico, afferma che “Il rispetto dei diritti dell’uomo, dei principi democratici e dello stato di diritto, sui quali si fonda il partenariato ACP-UE, costituiscono elementi essenziali dell’ accordo”. Nonostante questi forti impegni politici, garantire ed assicurare il rispetto dei diritti umani nel quadro delle operazioni di sviluppo dell’Unione è ancora difficile, a causa dei prevalenti interessi economici e politici che guidano la politica estera europea e della mancanza di politiche operative specifiche a difesa dei diritti umani finalizzate ad adottare un approccio allo sviluppo basato sul rispetto dei diritti umani. Riguardo l’orientamento adottato dalla BEI nella valutazione dei progetti fuori dall’UE, si afferma che i diritti umani e le responsabilità che ne derivano sono una parte integrante dell’attenzione per attenuare gli effetti negativi e migliorare gli effetti positivi, che la BEI favorisce l’adesione alle varie convenzioni internazionali ed altre leggi che regolano la protezione e la promozione dei diritti umani nei paesi in cui opera e che essa non concede fondi in paesi dichiarati “vietati” per i finanziamenti UE13. Una dichiarazione simile appare molto carente e contiene un linguaggio molto generico, considerando la complessità dell’argomento e soprattutto il bisogno di individuare tutte le responsabilità per le violazioni dei diritti umani, in un quadro di operazioni economiche e finanziarie che coinvolge diversi attori nella gestione e nell’attuazione dei finanziamenti. Si ricorda che la BEI concede prestiti soprattutto nel settore privato e sulla base di progetti. Rispetto ad altre istituzioni finanziarie internazionali, questo restringe notevolmente il raggio dei finanziamenti della BEI e determina il bisogno di introdurre adeguati processi di due diligence, per il rispetto dei diritti umani nel valutare le imprese e gli intermediari finanziari destinatari dei prestiti. La BEI ed i diritti umani Per riassumere il problema, i mandati esterni della BEI non presentano tuttora degli adeguati standard per valutare il rispetto dei diritti umani e così la Banca continua a sostenere progetti che producono una serie di violazioni di tali diritti (sfollamenti forzati, impoverimento delle comunità locali, notevole degrado di ambienti sociali e culturali, deterioramento delle condizioni sanitarie e di vita, ecc). La procedura interna della BEI contiene solo degli impegni generici per la salvaguardia e la promozione dei diritti umani. Non vi è invece una politica distinta dedicata ai diritti umani e, inoltre, non è chiaro quali siano i parametri internazionali, le leggi e le convenzioni di riferimento della BEI nello svolgimento delle sue operazioni. 34 13. “The Social Assessment of Projects outside the European Union 1: the Approach of the European Investment Bank” (“La valutazione sociale dei progetti realizzati al di fuori dell’Unione europea: l’impostazione della Banca europea degli investimenti”) approvato dalla BEI il 2 ottobre 2006. Project financing e diritti umani Nell’ambito dell’attuale architettura finanziaria globale individuare con precisione le responsabilità relative alle violazioni dei diritti umani collegate alle operazioni finanziate da fondi internazionali, resta ancora una delle più grandi sfide per chi si batte per la difesa dei diritti umani. I grandi progetti realizzati in campo energetico ed in quello delle infrastrutture, che spesso producono notevole degrado ambientale e violazioni dei diritti umani, coinvolgono numerosi attori: istituzioni finanziarie internazionali, agenzie statali nazionali, governi, banche e società private che giocano nelle operazioni ruoli diversi (committenti, esecutori materiali, subappaltatori, ecc.). In questa lunga catena, è spesso molto difficile individuare le responsabilità rispetto a specifiche violazioni. Mentre gli stati nazionali hanno fondamentalmente la responsabilità di garantire il rispetto e la promozione dei diritti umani, appare evidente che la BEI deve adottare un atteggiamento attivo verso gli impegni europei sui diritti umani contenuti nei trattati e negli accordi dell’Unione. Nel 2003, un passo avanti in questo campo è stato compiuto con l’approvazione delle Norme sulle Responsabilità delle Compagnie Transnazionali ed Altre Imprese Riguardo ai Diritti Umani dell’ONU. Nonostante queste norme siano state elaborate soprattutto per società multinazionali, esse introducono il concetto di sfera di influenza, affermando che “entro le loro rispettive sfere di attività e di influenza”, ogni attore ha “l’obbligo di promuovere, assicurare l’attuazione, rispettare, garantire il rispetto e proteggere i diritti umani”. Il concetto di sfera di influenza è particolarmente importante rispetto alle istituzioni finanziarie pubbliche e private, che non violano direttamente i diritti umani, ma che rendono tali violazioni effettivamente possibili attraverso i loro fondi. Attraverso il principio di sfera di influenza, è effettivamente possibile introdurre il concetto di complicità: la normativa internazionale prevede i concetti di complicità indiretta e complicità silenziosa. Il primo caso prevede che l’azienda tragga un vantaggio diretto da abusi dei diritti umani commessi da altri; la complicità silenziosa, invece, si riferisce alla mancata denuncia da parte di ditte o istituti finanziari di violazioni di diritti umani presso le autorità competenti, oltre al mancato esercizio della loro influenza per prevenire tali abusi. © Régine Debatty La BEI deve di sviluppare una chiara politica operativa sui diritti umani, onde evitare il rischio di complicità silenziosa nelle sue operazioni relative a progetti realizzati in paesi extra-europei. Il rispetto delle legislazioni nazionali non è sufficiente, consideratala mancanza di capacità o volontà da parte di alcuni di questi paesi di rispettare impegni sui diritti umani assunti attraverso accordi internazionali e/o leggi nazionali. 35 Buone pratiche in materia di diritti umani Negli ultimi anni, oltre alle norme ONU, si sono fatti vari tentativi per ribadire il ruolo delle imprese nella promozione dei diritti umani. Gli esempi più conosciuti sono l’iniziativa Global Compact delle Nazioni Unite, le Linee Guida dell’OCSE destinate alle imprese multinazionali, i Performance Standards promossi dalla International Financial Corporation (IFC), agenzia del Gruppo della Banca Mondiale che eroga finanziamenti al settore privato – che rappresentano le linee guida con maggiore riconoscimento nel mondo finanziario – e gli Equator Principle, sottoscritti da 51 dei maggiori gruppi bancari del mondo. Queste iniziative hanno finora mostrato diversi limiti: alcune sono iniziative volontarie, mentre altre sono inefficaci, attuate male e realizzate attraverso un approccio verticistico, ma hanno almeno il merito di accrescere le aspettative sulla condotta tenuta da aziende private e finanziatori. Inoltre recentemente, grazie a importanti processi di consultazione pubblica che hanno coinvolto diversi attori – come la Commissione Mondiale sulle Dighe e la Extractive Industries Review14 – sono state prodotte raccomandazioni che contengono forti riferimenti al rispetto ed alla promozione dei diritti umani. In particolare, la partecipazione ai processi decisionali è stata riconosciuta come un fattore chiave per prevenire attivamente le violazioni dei diritti umani. Creare un precedente nella finanza pubblica globale La BEI dovrebbe incorporare queste pratiche nelle sue politiche e, laddove possibile, favorire e promuovere simili iniziative che coinvolgano più parti. Questo comunque non basterebbe a rispettare gli impegni UE sui diritti umani contenuti nel Trattato UE e nelle politiche europee di sviluppo. Il fatto che gli azionisti della BEI siano solo i governi degli Stati Membri e la Commissione Europea – a dif- 14. Rapporto sul settore estrattivo commissionato dalla Banca Mondiale e pubblicato nel 2004 (ndt) 36 ferenza di altre banche di sviluppo multilaterali, che sono partecipate da paesi con legislazioni anche molto diverse tra loro –costituisce un’opportunità unica di racchiudere i principi e gli obblighi previsti dalle leggi internazionali sui diritti umani nella prassi quotidiana della BEI. La BEI dovrebbe essere ampiamente riformata utilizzando un approccio basato sui diritti umani. A tale scopo, la BEI dovrebbe adottare le seguenti raccomandazioni: Adottare una politica operativa obbligatoria che inserisca ed attui gli obblighi in materia di diritti umani nelle attuali prassi di valutazione dei progetti. In particolare, la BEI dovrebbe inserire una valutazione di impatto sui diritti umani per tutte le sue operazioni, che prenda spunto dai modelli innovativi disponibili a riguardo. Questa valutazione avrà il compito di analizzare attentamente i trascorsi delle aziende che ricevono fondi BEI. Inserire nei contratti di prestito delle norme e delle disposizioni che contribuiscano a garantire che i committenti ed i subappaltatori del progetto rispettino i diritti umani, stabilendo il diritto del finanziatore a cessare il contratto ed applicare sanzioni in caso di mancato rispetto di tali disposizioni. Escludere dal progetto tutti gli accordi come gli host government agreements15, gli accordi per l’acquisto di energia ed i production sharing agreements16 oltre che qualsiasi clausola di stabilizzazione che possa influire sulle leggi in materia di diritti umani nel contesto del progetto; Escludere dal finanziamento qualsiasi progetto abbia luogo in regioni dove si riscontrano violazioni della libertà di espressione e di altri diritti civili e politici che impediscano alle comunità coinvolte di esprimere le loro preoccupazioni riguardo il progetto o di partecipare alle fasi di programmazione e realizzazione. 15. Accordo tra il governo ospite ed i committenti del progetto (ndt) 16. “Accordi per la divisione della produzione”: contratti a lungo termine, solitamente nel campo degli idrocarburi, per la divisione della produzione tra governo ospite e committente del progetto e che regolano lo sfruttamento delle riserve (ndt) Inserire il rispetto degli standard lavorativi fondamentali in tutte le operazioni della BEI attraverso un’attenta valutazione preventiva delle conseguenze di ogni prestito sui diritti dei lavoratori, stabilendo una collaborazione con l’OIL (l’Organizzazione Internazionale del Lavoro); Attualmente, solo i cittadini dell’Unione Europea hanno la possibilità di presentare ricorsi riguardo le attività della BEI attraverso il Mediatore Europeo. La BEI dovrebbe adottare un meccanismo di responsabilità e di conformità completo, che garantisca uguale diritto a ricorrere anche a cittadini provenienti da paesi terzi danneggiati dalle sue operazioni. Questo meccanismo dovrebbe avere i seguenti requisiti: essere totalmente indipendente nelle sue attività di inchiesta volte ad assicurarsi che le attività finanziate dalla BEI ottemperino a tutte le politiche in materia di diritti umani, sociali ed ambientali; fornire dei rimedi efficaci alle comunità danneggiate; avere il diritto di applicare una serie di sanzioni alle imprese La BEI dovrebbe adottare le raccomandazioni elaborate dall’ Extractive Industry Review, e della Commissione Mondiale sulle Dighe17. © Sebastien Godinot 17. Per maggiori informazioni sulla Commissione Mondiale sulle dighe: http://www.dams.org 4.3 Riformare la BEI: l’approccio ambientale I progetti energetici ed infrastrutturali, che costituiscono una parte importante del portfolio di prestiti della BEI, hanno un’enorme potenzialità di causare danni sociali ed ambientali. Sulla carta, la BEI afferma chiaramente di sostenere e promuovere gli obiettivi della UE, compresi la protezione ed il miglioramento dell’ambiente, come previsto all’Articolo 2 del Trattato sull’Unione Europea18. Tuttavia, nella pratica, la BEI non è dotata di una soddisfacente politica sociale ed ambientale. La BEI attua una distinzione tra i progetti da attuare in territorio europeo e quelli da realizzare al di fuori della UE. All’interno dell’Unione, afferma che tutti i progetti finanziati devono ottemperare alle politiche ed agli standard UE in materia di ambiente19. Al di fuori dell’UE, invece, la BEI adotta un approccio più flessibile ed orientativo, per cui i progetti vengono solo “confrontati” con le leggi ed i parametri europei, per poi essere comunque sottoposti a condizioni locali come l’accessibilità economica, le condizioni ambientali locali, le buone pratiche internazionali ed i costi di applicazione. 18. “La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l’instaurazione di un mercato comune e di un’unione economica e monetaria e mediante l’attuazione delle politiche e delle azioni comuni di cui agli articoli 3 e 3A, uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell’insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica e che rispetti l’ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra gli Stati membri.” 19.EIB Environmental Statement (Dichiarazione sull’ambiente della BEI, 2004) 37 Il sistema di gestione ambientale, che sintetizza le considerazioni generali della dichiarazione sull’ambiente, non è stato disponibile al pubblico per molto tempo. Nel 2007 però, la BEI ha pubblicato il suo Environmental and Social Practices Handbook (Manuale delle pratiche ambientali e sociali). Questo manuale è destinato al personale interno e contiene una serie di note di orientamento su vari argomenti di carattere ambientale e sociale, per cui si può considerare una sorta di sistema di gestione ambientale, nonostante manchi di chiarezza e non abbia carattere vincolante. Gli organi di governance interna della BEI, che ha nel suo CdA solo gli Stati Membri e la Commissione Europea, le conferisce delle precise responsabilità riguardo al perseguimento degli obiettivi europei di sviluppo sostenibile e di giustizia sociale e rappresenta un’opportunità per definire dei metodi più avanzati per salvaguardare l’ambiente ed i diritti dei beneficiari. Questi obiettivi si possono raggiungere attraverso le attività seguenti20: La BEI dovrebbe chiarire quali leggi e normative europee ed internazionali è pronta a rispettare nella realizzazione dei suoi progetti in paesi terzi ed in che modo intende controllare il rispetto di queste leggi nei progetti da essa finanziati. La BEI dovrebbe tradurre le note di orientamento illustrate nel Manuale in chiare politiche operative obbligatorie con forza esecutiva, in modo da comunicare allo staff interno, ai promotori ed ai soggetti coinvolti il proprio totale impegno per il rispetto di leggi e norme internazionali universalmente riconosciute quali i diritti umani. Il chiarimento dei criteri di valutazione sarebbe per il personale un’ importante contromisura degli incentivi istituzionali per la concessione di prestiti. E’ necessario inoltre garantire che tali 20. Per ulteriori analisi sulle proposte, consultare anche: Christopher Wright “European Investment Bank: promoting sustainable development, “where appropriate”, novembre 2007 e Steven Herz “An Environmental Policy Framework for the European Investment Bank for Non-EU Lending: The Need for Clear, International Standards-based Approach”, novembre 2006 38 criteri vengano applicati a meno che non vi sia un motivo impellente per la loro deroga con una definizione precisa di queste circostanze eccezionali. Criteri chiari e verificabili comportano che le persone eventualmente danneggiate possano ritenere la BEI ed i promotori del progetto responsabili nel caso in cui gli impegni presi per mitigare gli effetti negativi dei progetti non vengano rispettati. All’interno dell’UE, la BEI “applica la presunzione di legalità e di conformità delle leggi nazionali con la normativa UE, quando ritenuto appropriato. Il soggetto promotore ha il compito di osservare le normative, mentre le autorità competenti sono responsabili della regolamentazione e di far rispettare tale normativa.”21 Questa impostazione permette alla BEI di sottrarsi alla responsabilità di controllare il rispetto delle leggi da parte dei suoi clienti. La BEI dovrebbe almeno condurre delle indagini a seguito di indicazioni di problemi provenienti da ONG o da persone direttamente interessate. Al fine di adottare un approccio basato sul rispetto dell’ambiente, la BEI deve ottenere il consenso delle comunità locali e delle popolazioni indigene, prima di procedere con qualsiasi progetto e deve fissare delle procedure chiare e trasparenti di consultazione pubblica con le comunità direttamente coinvolte e con la società civile, nel rispetto delle buone prassi internazionali, tra cui si citano le raccomandazioni della Commissione Mondiale sulle Dighe o la Legge delle Nazioni Unite sul Previo, Libero e Informato Consenso relativo al rispetto dei diritti degli indigeni. Attualmente, la BEI approva alcuni progetti prima del completamento della Valutazione di Impatto Ambientale (VIA). Inoltre, la responsabilità di condurre la VIA spetta al soggetto promotore del progetto, che ha un interesse implicito ad eseguire una valutazione favorevole. Sarebbe opportuno eseguire una Valutazione di Impatto Ambientale verificata da soggetti indipendenti, che entri a far parte del processo decisionale della BEI prima dell’approvazione dei progetti da parte del CdA. 21. EIB Environmental Statement (Dichiarazione sull’ambiente della BEI, 2004) Dato che alcuni settori hanno problemi ed esigenze particolari, la BEI dovrebbe elaborare delle specifiche politiche settoriali relative al clima all’ energia, alle dighe, alla biodiversità, alle foreste, alla pesca, al settore estrattivo, all’agricoltura sostenibile ed ai prodotti chimici. Per adottare un vero approccio basato sull’ambiente, la BEI dovrebbe impegnarsi a non finanziare alcune tipologie di operazioni. Dovrebbe stabilire delle “zone proibite” e delle “tecnologie proibite” quali: progetti che comportano una significativa conversione o degrado di importanti habitat naturali, e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali o che prevedono la produzione di sostanze vietate. grandi progetti minerari che non rispettano le raccomandazioni espresse nell’ Extractive Industries Review della Banca Mondiale grandi dighe che non rispettano le raccomandazioni della Commissione Mondiale sulle Dighe progetti nel settore dei combustibili fossili e progetti aeronautici centrali nucleari ed il ciclo del combustibile nucleare grandi piantagioni forestali a fini industriali e di agrocombustibili. Inoltre la BEI sta impiegando notevoli risorse in prestiti globali, sui quali ha poche informazioni ed un controllo molto limitato. Dovrebbe quindi prestare più attenzione a questo tipo di prestiti. Attualmente, secondo quanto afferma il Manuale delle pratiche ambientali e sociali, il personale della BEI conduce valutazioni di crattere ambientale sui progetti in modo occasionale. La BEI dovrebbe fissare delle linee guida vincolanti in materia ambientale per la concessione di prestiti globali che prevedano la sistematica valutazione di eventuali impatti ambientali. Le linee guida dovrebbero inoltre prevedere disposizioni obbligatorie per gli intermediari finanziari su come valutare l’impatto ambientale per i prestiti da essi erogati a loro volta, oltre all’obbligo di una rendicontazione trasparente sui prestiti globali e sul loro utilizzo. La BEI è coinvolta anche nel finanziamento di equity , per quali afferma di utilizzare come indicatori gli standard dalle Istituzioni Finanziarie Internazionali. Non è chiaro comunque se si prendono come riferimento i parametri delle IFI più alti o quelli più bassi. La BEI dovrebbe impegnarsi a garantire che gli standard ambientali, presi come riferimento, siano sempre i più alti ed assicurare una rendicontazione trasparente in questo settore di prestiti. I contratti tra il governo e le ditte promotrici di progetti del settore estrattivo, dovrebbero essere sistematicamente controllati per verificare che non contengano deroghe in materia ambientale e che tipo di svantaggi comportino per il paese ospitante in quanto a condizioni di production sharing e royalties La BEI dovrebbe assumere personale dedicato con competenze adeguate in campo ambientale e dovrebbe fornire una formazione efficace, un adeguato sostegno finanziario, chiare linee di responsabilità ed una struttura interna di incentivi che premi l’eccellenza in materia ambientale. 39 5. Breve guida pratica per contattare la BEI 5.1. Consultazione del sito internet della BEI – dove cercare i progetti finanziati dalla BEI, i dati ed altre informazioni utili Come per molte altre cose che riguardano la BEI, anche il suo sito internet è una strana creatura che è necessario addomesticare. La BEI gestisce il suo sito in modo che non si possa fare affidamento a lungo termine sui suoi link perché “Questi riferimenti web rimangono validi fino al successivo aggiornamento delle informazioni sul sito (che avviene su basi giornaliere)”22… Quindi, per trovare informazioni, bisogna seguire la struttura del sito – sulla quale forniamo qualche indicazione utile: Il sito si trova all’indirizzo: www.eib.org Dal sito principale, si può cambiare la lingua verso il francese o il tedesco. Il sito principale contiene le voci seguenti: ‘About’ (Presentazione) – contiene informazioni generali sulla missione della BEI, la sua struttura organizzativa inclusi gli organi direttivi, la strategia, le figure chiave ed i principali recapiti. Conviene consultare la struttura per vedere chi è nella dirigenza, nel CdA e nel Consiglio dei Governatori. Vi si trovano anche i vari dipartimenti della BEI. ‘Products’ (Prodotti) – descrive i prodotti ed i servizi finanziari offerti dalla BEI ‘Projects’ (Progetti) – descrive il ciclo dei progetti, gli argomenti trattati e le regioni in cui opera la BEI. Inoltre, in questa sezione si può controllare se un progetto che interessa è in fase di approvazione sotto la voce ‘Projects to be financed’ (Progetti in fase di approvazione), dove si può cercare per paese, per settore o anche per fase di avanzamento del progetto: under consideration, approved o signed (“in fase di istruttoria”, “approvato” o “firmato”). Ricordiamo che se un progetto non è pubblicato sul sito, non significa necessariamente che la BEI non lo stia valutando – la Banca si riserva il diritto di mantenere le 22. Da una corrispondenza fra ONG e BEI 40 informazioni riservate se vi sono degli interessi commerciali. Questo dovrebbe valere solo per progetti del settore privato, ma in pratica succede anche per quelli che riguardano enti pubblici. Quando il progetto è inserito nella Relazione Annuale (pubblicata ogni anno nel periodo della riunione annuale di giugno), è spostato alla voce ‘Projects financed’ (Progetti finanziati). In caso non si consoca lo stato di avanzamento di un progetto, si consiglia sempre di cercare il progetto sotto entrambe le voci. Mentre la descrizione dei progetti da finanziare contiene circa una pagina di informazioni, la descrizione dei progetti già finanziati cita solo il paese, il nome del progetto e l’importo. ‘Capital Markets’ (Mercati dei Capitali) – mostra le operazioni della BEI di reperimento della liquidità sul mercato azionario. ‘InfoCentre’ (Centro Informazioni) – contiene sezioni spesso utili con notizie, eventi, comunicati stampa e pubblicazioni. 5.2. Richiedere informazioni – mettete alla prova la BEI Secondo la Politica di Accesso all’Informazione della BEI, pubblicata il 12 aprile del 2006, si possono richiedere informazioni sui progetti. Procedura di divulgazione di informazioni sui progetti (in linea di principio) Informazioni anticipate sui progetti. Le sintesi sui progetti in fase di istruttoria dovrebbero comparire sul sito internet della BEI circa due mesi prima della decisione del CdA. Tuttavia, queste scadenze sono spesso trascurate. E’ possibile che alcuni progetti nel settore privato non siano pubblicati prima della loro approvazione da parte del CdA e, in alcuni casi, neanche prima della firma del prestito. Nome del documento Accessibilità La BEI spiega che questa misura viene applicata molto di rado e serve a tutelare gli interessi commerciali. Di conseguenza, vi chiediamo di informarci se doveste notare un caso simile. La Sintesi non tecnica (Non-Technical Summary, NTS) di una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) dovrebbe essere allegata o collegata tramite un link alla sintesi del progetto che appare sul sito internet. Per i progetti in paesi extra UE, va pubblicato l’equivalente della sintesi non tecnica con la dichiarazione sull’impatto ambientale. Anche in questo caso, ciò non sempre accade nella pratica. Sintesi su argomenti relativi a progetti di particolare interesse (Topical Projects Briefs). Se i progetti suscitano un interesse particolare da parte del pubblico, si preparano e pubblicano delle sintesi, solitamente dopo l’approvazione del progetto. Informazioni sui progetti / documenti disponibili su richiesta Per capire meglio il processo di valutazione della BEI, si ricorda che ogni progetto di solito genera i documenti seguenti, che svolgono un ruolo importante nel processo decisionale. Alcuni di questi documenti restano riservati (sottoposti a limiti di divulgazione), mentre altri dovrebbero essere resi disponibili su richiesta o divulgati una volta verificati secondo il principio di presunzione di accessibilità della BEI (cfr tabella seguente). Nota d’informazione preliminare Il documento è riservato, ma si possono richiedere informazioni alla BEI se il soggetto promotore del progetto ha richiesto un finanziamento Proposta di autorizzazione dell’istruttoria Il documento è riservato, ma si può chiedere alla BEI in quale fase di avanzamento sia l’istruttoria del progetto Richiesta di parere della Commissione europea o degli Stati membri dell’UE Il documento di per sé è riservato, ma si può chiedere alla BEI in quale fase di avanzamento sia l’istruttoria del progetto Parere della Commissione Europea E’ considerato un documento di terzi. La BEI si consulta con terzi per valutare se l’informazione contenuta nel documento sia riservata. Non è stato ancora testato se e cosa la BEI e la Commissione soni pronte a divulgare. Parere degli Stati Membri E’ considerato un documento di terzi. La BEI si consulta con terzi per valutare se l’informazione contenuta nel documento sia riservata. Proposta di negoziazione dell’ operazione, com-prese le opiioni dei vari servizi della BEI Il documento è riservato, ma si possono richiedere informazioni sociali ed ambientali a partire dal rapporto di istruttoria della BEI. Proposta dal Comitato Direttivo della BEI al Consiglio di Amministrazione sul finanziamento di un progetto Le proposte provenienti dal Comitato Direttivo al Consiglio di Amministrazione sono divulgate su richiesta solo per i progetti del settore pubblico a seguito della loro approvazione – tuttavia, in alcuni casi, il CdA può opporsi alla divulgazione. Per i progetti nel settore privato, le proposte non sono divulgate, ma può risultare utile richiederle solo per dimostrare una più grande attenzione verso la BEI e verificare la sua risposta. Richiesta formale di finanziamento da parte del soggetto promotore del progetto Riservato Contratto di prestito La BEI non si oppone alla diffusione di informazioni da parte di soggetti promotori dei progetti, mutuatari, o altre parti competenti circa i loro rapporti ed accordi con la BEI. Tuttavia, la BEI di per sé non divulga informazioni sui tassi di interesse dei prestiti e sui contratti di prestito Le regole della BEI per l’accesso alle informazioni su richiesta (in linea di principio) Fase 1 Richiesta La richiesta di accesso alle informazioni si può fare per scritto oppure a voce. Le richiesta vanno inoltrate al Dipartimento Comunicazione e Informazione oppure a [email protected]. Naturalmente, si possono anche contattare i singoli dipendenti o funzionari. Quando una richiesta giunge alla persona sbagliata all’interno della BEI, il personale deve inoltrarla immediatamente al dipartimento competente. 41 Fase 2 Risposta Di regola, le richieste devono essere esaminate dalla BEI e ricevono risposta prontamente o comunque al massimo entro 15 giorni lavorativi dalla ricezione. Tuttavia, se il problema sollevato è complesso e la BEI non riesce a rispondere entro i termini, essa deve informarne il richiedente al massimo entro 10 giorni lavorativi a partire dalla ricezione della richiesta. Le risposte a richieste complesse vanno comunque evase entro 30 giorni lavorativi. Fase 3 Domande di conferma, se necessario In caso di rifiuto totale o parziale o di mancata risposta da parte della BEI ad una richiesta entro i termini prestabiliti, il richiedente ha facoltà di presentare alla Banca una richiesta di conferma entro 15 giorni lavorativi dalla data di ricezione della risposta da parte della Banca. La Banca dovrà evadere una richiesta di conferma quanto prima o comunque entro i successivi 15 giorni dalla ricezione di tale richiesta. Il termine prestabilito può essere eccezionalmente prorogato di ulteriori 15 giorni lavorativi nell’eventualità di una richiesta concernente un documento o una risposta molto complessa, sempre che al richiedente vengano fornite in anticipo le necessarie motivazioni. 5.3. Come presentare un ricorso alla/sulla BEI: Ricorso al Segretario Generale Se la richiesta di informazioni non viene esaminata dal personale della BEI in conformità agli standard e le procedure vigenti, si può presentare ricorso formale al Segretario Generale della BEI. Nota – i ricorsi devono essere presentati in forma scritta, entro 20 giorni lavorativi dalla data della corrispondenza che costituisce l’oggetto della denuncia. La BEI deve notificare l’avvenuta ricezione del ricorso immediatamente, e la risposta del segretario generale dovrà essere fornita entro 20 giorni lavorativi dalla data di ricezione dello stesso. I ricorsi devono essere indirizzati al Segretario Generale, 100 boulevard Konrad Adenauer, L-2950 Lussemburgo Posta elettronica: [email protected] 42 Ricorso al Mediatore Europeo In caso di rifiuto totale o parziale o di mancata risposta da parte della BEI ad una richiesta, ci si può rivolgere al Mediatore Europeo, che esamina tutti i possibili casi di cattiva amministrazione nelle attività delle istituzioni e negli organi UE e che riferisce al Parlamento Europeo. Il ricorso può essere presentato in qualsiasi fase, tuttavia, precedenti esperienze hanno mostrato che il Mediatore preferisce che il pubblico esperisca prima tutte le procedure possibili previste dalla BEI. Sito del Mediatore Europeo: www.ombudsman.europa.eu Le denunce si possono presentare attraverso posta ordinaria, posta elettronica oppure attraverso un formulario elettronico disponibile sul sito del Mediatore. Il formulario di denuncia è disponibile su: http://www.ombudsman.europa.eu/form/it/default.htm Per i cittadini o di residenti di paesi terzi Ai sensi del Trattato UE, il Mediatore Europeo si occupa dei cittadini o residenti in uno Stato membro dell’UE. Tuttavia, si consiglia anche a ONG con sede al di fuori dell’UE di utilizzare questo meccanismo di ricorso contro la cattiva amministrazione della BEI, dato che il Mediatore può accettare di esaminare questi casi. La stessa BEI ha istituito un organo di ricorso aggiuntivo per i cittadini o residenti in paesi fuori dall’UE nel caso in cui un ricorso sia respinto dal Mediatore unicamente perché non ha origine all’interno dell’UE. I ricorsi possono essere presentati all’ Ispettorato Generale della BEI, un Meccanismo di Ricorso Indipendente ([email protected]) il cui grado di affidabilità resta comunque alquanto incerto. Ispettore Generale, 100 boulevard Konrad Adenauer, L-2950 Lussemburgo Posta elettronica: [email protected] 5.4. Come si denuncia una frode o un episodio di corruzione? Per denunciare sospette frodi o corruzione in progetti finanziati dalla BEI, bisogna contattare l’Ispettorato Generale (IG) La BEI garantisce che tutti i ricorsi verranno considerati strettamente confidenziali. Si può contattare l’Ispettore Generale con le proprie denunce in diversi modi. via posta elettronica: [email protected] via fax : +352 43 79 42 97 via posta tradizionale (indicando sulla lettera ‘Strictly confidential’ (Strettamente confidenziale): Ispettorato Generale, Indagini contro le frodi Banca Europea per gli Investimenti 100 boulevard Konrad Adenauer, L-2950 Lussemburgo In alternativa, si può contattare direttamente l’OLAF (Ufficio europeo per la lotta antifrode) telefono: +32 2 29 84 940 o +32 2 29 55 944 fax: +32 2 99 33 42 sito internet: http://ec.europa.eu/anti_fraud/contact_us/index_it.html 5.5. Uffici della BEI La sede principale della BEI si trova in Lussemburgo: 100, boulevard Konrad Adenauer L-2950 Lussemburgo Tel: (+352) 43 79 1 (centralino) Fax: (+352) 43 77 04 La BEI ha degli uffici esterni a Vienna (Austria), Bruxelles (Belgio), Parigi (Francia), Berlino (Germania), Atene (Grecia), Roma (Italia), Varsavia (Polonia), Lisbona (Portogallo), Bucarest (Romania), Madrid (Spagna), Londra (Regno Unito), Fort-de-France (Caraibi), Giza (Egitto), Nairobi (Kenya), Rabat (Marocco), Sydney (Australia), Dakar (Senegal), Tshwane (Pretoria, Sudafrica), e Tunisi (Tunisia). Gli indirizzi degli uffici elencati sopra si trovano nella sezione ‘Info Centre’, alla voce ‘Contact’ (Contatti). “La BEI non ha la capacità di valutare adeguatamente i suoi progetti e la consequenza è che i soldi dei contribuenti finiscono alle imprese private per finanziare oleodotti e grandi infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, dove non esiste nessuna garanzia che non vi siano violazioni dei diritti dei lavoratori e non si provochino danni ambientali”. Richard Howitt, Parlamentare Europeo 43 è una campagna promossa da: Europa Centrale ed Orientale: Central and Eastern Europe Bankwatch Network (CEE Bankwatch) Francia: Les Amis de la Terre Germania: urgewald e WEED Italia: Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM-Mani Tese) Olanda: BothEnds Regno Unito: Bretton Woods Project Contatti e informazioni: Email: [email protected] www.counterbalance-eib.org CEE Bankwatch Network Jicinska 8 Praha 3, 130 00 Czech Republic www.bankwatch.org Both ENDS Nieuwe Keizersgracht 45 1018 VC Amsterdam The Netherlands www.bothends.org Bretton Woods Project c/o Action Aid Hamlyn House Macdonald Road London N19 5PG United Kingdom www.brettonwoodsproject.org Campagna per la Riforma della Banca Mondiale (CRBM) Via Tommaso da Celano 15 00179 Roma Italia www.crbm.org Les Amis de la Terre 2B rue Jules Ferry 93100 Montreuil France www.amisdelaterre.org urgewald Prenzlauer Allee 230 D-10405 Berlin Germany www.urgewald.de Weltwirtschaft, Ökologie & Entwicklung (WEED) Eldenaer Str. 60 D-10247 Berlin Germany www.weed-online.org