Unità 1 - Simone per la scuola

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Unità 1 - Simone per la scuola
Unità 1
I modelli matematici di previsione1
Contenuti
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•3
•4
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Introduzione
L’intelligenza artificiale
e i sistemi esperti
nella ricerca sociale
I modelli matematici:
quando, come, perché
La ricerca operativa
La simulazione
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•7
•8
I limiti dei modelli matema- Efficienza ed efficacia
tici: complessità e raziona- dei modelli matematici
lità limitata
L’effetto farfalla
e la teoria del caos
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto
innanzi a gli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in
lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche,
senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un
aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
Galileo Galilei, Il Saggiatore
❱❱ 1.Introduzione
Finalmente il sogno di Galileo si è avverato: gran parte dell’intellighenzia mondiale,
e un numero consistente di rappresentanti dei ceti dirigenti politici ed economici del
mondo sviluppato, si sono convinti che sia possibile creare dei modelli matematici
che riproducono la realtà e che possono rivelare come si evolverà il sistema (manageriale, sociale, di gestione delle risorse…) che a loro interessa.
In verità, l’esigenza non è da oggi che si presenta: è dalla notte dei tempi che l’umanità è alla ricerca di metodi capaci di prevedere ciò che avverrà da domani in poi. È
una questione di fede: si possono interrogare gli dei, avere sogni premonitori, fare
analisi storiche di tutti i casi simili precedenti che si conoscono per arrivare ad una
soluzione sensata, sperando che ciò che è già successo prima continuerà a succedere….
Le scienze statistiche, poi, nel corso della loro evoluzione, hanno messo a punto una
serie di strumenti, anche sofisticati, per prevedere l’andamento del futuro a partire da
quanto si è verificato nel passato.
Mai come in questi ultimi decenni, però, con gli straordinari sviluppi delle tecnologie
informatiche e dell’intelligenza artificiale, si sono costruiti sistemi di calcolo molto
1 Tutto questo capitolo è stato redatto con il contributo significativo della tesi di laurea di Fabrizio Zucca, Knowledge Based Decision Support System: applicazione alla selezione di portafoglio, Università Bocconi, Discipline economiche e sociali, Milano, 1990.
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I modelli matematici di previsione
elaborati, che riescono, in pochi secondi, a selezionare centinaia e centinaia di casi
simili, a metterli in relazione fra loro, a “processare” migliaia di variabili, dando risultati differenziati a seconda dei dati che vengono inseriti, e non solo, a simulare
situazioni, e anche ad imparare dagli errori precedenti.
Questi strumenti di modellistica vengono utilizzati per prevedere le dinamiche evolutive di vari fenomeni, naturali o anche sociali. In fin dei conti, un modello è una
riproduzione semplificata della realtà, ossia un’astrazione che considera solamente
le principali caratteristiche di quello che è il reale oggetto di studio. Un modello
matematico, sebbene possa sembrare limitato, in quanto non riproduce completamente la situazione, permette di selezionare ed esaminare gli aspetti più importanti di un
problema. E non è poco: se si dovessero considerare tutti i dettagli di un problema,
ottenendo anche un’ottima simulazione, ci si troverebbe ad affrontare un insieme di
dati difficilmente correlabili tra loro e quindi la loro analisi sarebbe impossibile, o di
utilità strettamente limitata sul breve periodo.
La stesura di un modello matematico di previsione abbraccia moltissimi campi della
scienza pura e applicata perché consente ad una prospettiva matematizzata di modellizzare il fenomeno o il sistema in oggetto. Si tratta di una metodologia di ricerca che
è entrata nell’uso comune anche nelle scienze sociali, specialmente quando si studiano i sistemi complessi, ad alto numero di variabili, o le conseguenze di scelte politiche, energetiche, demografiche a medio e lungo termine. In definitiva, si può dire che
non esista settore scientifico in cui, oggi, non si faccia largo uso di modelli matematici, anche a sproposito, senza tener conto di quella che, come le altre, è soltanto una
tecnica di ricerca con i suoi limiti.
In alcuni casi, poi, l’impiego di un modello matematico e il ricorso a potenti elaboratori diventa una scelta obbligata: si pensi allo studio di macrosistemi a molti gradi
di libertà come il mercato del lavoro globalizzato, l’economia mondiale che cerca di
reagire alla crisi, l’aumento della popolazione a livello planetario, e lo spostamento
di gruppi consistenti da una parte all’altra del pianeta, la concentrazione delle ricchezze e la desertificazione di aree vaste… In questi casi, studiare il sistema riproducendolo in laboratorio, applicando il rigore dell’approccio scientifico “galieiano” di
stampo induttivo-sperimentale diventa impossibile: bisogna quindi creare dei “laboratori virtuali”, ovvero dai supercalcolatori su cui viene fatto girare il modello matematico, che simula la realtà, eventualmente validato sulla scorta dei dati passati, e dal
cui output emergono le proprietà cercate del sistema studiato.
Non bisogna mai scordarsi, però, che nemmeno un buon modello può offrire garanzie
di sicurezza assoluta. Ma è comunque un indispensabile strumento per il progresso
della ricerca.
Tuttavia, un conto è riuscire riprodurre, in maniera semplificata, il funzionamento di
un sistema sociale, come hanno fatto gli esperti del gruppo di Donella Meadows che
hanno dimostrato il pericolo legato all’esaurimento delle risorse non rinnovabili legate alla sovrappopolazione del pianeta già del 1972, un conto è intervenire anche
soltanto su alcuni elementi del sistema. A questo punto, diventa cruciale sostituire gli
indugi con l’azione. Abbiamo davanti il problema della sovrappopolazione, dell’inquinamento, dell’effetto serra, etc. Si può discutere, pianificare, aspettare, costruire
scenari ed elaborare modelli matematici avanzatissimi… ma intanto il tempo passa.
Così, per esempio, quando si parla dell’esaurimento delle risorse, e dell’accaparramento delle fonti non rinnovabili da parte del Nord del mondo, la popolazione continua a crescere, le differenze aumentano, nessuno dei “decisori” intende decidere:
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così facciamo un uso inappropriato dei modelli matematici: i loro risultati sono in
continua evoluzione e noi vogliamo cambiare niente adesso!
E forse, “poi” sarà troppo tardi.
❱❱ 2.L’intelligenza artificiale e i sistemi esperti nella ricerca sociale
Non esiste una definizione universalmente accettata per l’intelligenza artificiale.
C’è chi pensa sia un sistema per far “pensare” i computer: ma l’idea di base sta
nell’equivalenza fra i termini pensare ed elaborare, ed è fondata sul fatto che, in entrambi i casi, si tratta di manipolare simboli, e che questo avvenga in una macchina
elettronica, o nel cervello umano, non fa differenza.
C’è invece chi ritiene che l’intelligenza artificiale si interessi alla costruzione di programmi per computer che possano imitare il comportamento umano (creando così un
modello dell’uomo) e quindi che siano in grado di risolvere dei problemi che pensiamo richiedano l’intelligenza della nostra specie.
Dallo studio dell’intelligenza artificiale emerge un vasto settore interdisciplinare di
ricerca che comprende psicologia, filosofia, linguistica e informatica che si chiama
scienza cognitiva: in questo senso, l’intelligenza artificiale è una branca della scienza
cognitiva. Ma, sebbene siano cinquant’anni ormai che esperti di ogni angolo del
mondo ci provino, nessuno è ancora riuscito a creare un programma intelligente come
la mente umana. Herbert Simon ed Allen Newell, i due pionieri, il primo specialista
in scienze umane (dalla psicologia all’economia alle scienze politiche), il secondo un
matematico che, negli anni ’50, costruirono i primi programmi di intelligenza artificiale, misero in evidenza i due concetti di base per poter definire un comportamento
intelligente: i simboli e la ricerca2.
La ricerca, attraverso la manipolazione e l’elaborazione dei simboli, elaborerà dei
processi di creazione, modificazione e distruzione. Un sistema di simboli fisico è una
macchina che produce una collezione di strutture di simboli che evolve nel tempo.
L’intelligenza artificiale può essere applicata su tre aree fondamentali:
1. La robotica, che si interessa al problema del controllo delle reazioni fisiche, connesse al meccanismo della percezione.
2. La linguistica, che si interessa alla comprensione del linguaggio naturale, per fornire le conoscenze necessarie per capire i sistemi di comunicazione scritti e orali.
3. Il problem solving (risoluzione dei problemi), che, attraverso simulazioni matematiche descritte da equazioni complesse e costruzioni di particolari programmi per
computer, i sistemi esperti, cercano di risolvere questioni come farebbero gli uomini.
I sistemi esperti dovrebbero comportarsi come dei professionisti specialisti nel settore in cui il ricercatore sta svolgendo un’indagine, o che sta approfondendo.
Vediamo quindi quali sono le sue caratteristiche principali:
a) Performance, che si divide in:
a. efficacia: gli esperti hanno la capacità di giungere a soluzioni utilizzando una
conoscenza incerta e non completa;
b. efficienza: gli esperti riescono a definire una soluzione nel tempo disponibile.
2 Allen Newell, Herbert Simon, Computer Science as Empirical Enquiry: Symbols and Search, Communication of Association for
Computing Machinery, New York USA.
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b) Discriminazione: gli esperti sono in grado di scartare le informazioni irrilevanti.
Questa capacità è molto sviluppata in diagnostica, dove sofisticati criteri di classificazione sono impiegati per sfrondare velocemente lo spazio di ricerca.
c) Riconoscimento del modello: gli esperti riescono a riconoscere i problemi che
stanno affrontando come esempi di tipologie con cui sono familiari. Imparano a
percepire ricorrenze nei problemi e ad associare la soluzione a queste particolari
ricorrenze.
d) Conoscenza del dominio: si tratta della conoscenza acquisita attraverso la pratica: essere esperti significa anche e soprattutto conoscere la materia, oltre alle
metodologie e alle strategie di problem solving.
e) Conoscenza inconscia: non appena gli individui incamerano sempre più nozioni,
perdono la consapevolezza di ciò che hanno imparato, e non riescono più ad esplicitare interamente la loro conoscenza.
Si può affermare che la conoscenza che si vuole rappresentare sulle basi di un sistema
esperto è proprio quella basata sull’inferenza (cioè sul processo per cui, logicamente,
si passa da una proposizione accolta come vera ad un’altra, e via via fino alla soluzione di un problema) che negli esseri umani esperti è diventata in gran parte inconscia, e che per questo loro non sono in grado di spiegare, ma che, al contrario, viene
esplicitata nella costruzione di modelli matematici esperti.
È facile immaginare come questi potentissimi sistemi di calcolo possono aiutare il
ricercatore sociale: selezionando e mettendo un relazione un numero elevatissimo di
dati e di situazioni, sia in maniera sincronica che diacronica, si possono paragonare
fra loro eventi simili che si sono conclusi in maniera diversa, poi metterli in rapporto
con altre serie di dati e di situazioni e, analizzando fattore per fattore ciò che ha portato alla conclusione, azzardare spiegazioni che possono rivelarsi, finalmente, sensate e non basate sulla pura ideologia di riferimento.
❱❱ 3.I modelli matematici: quando, come, perché
Il modello può essere considerato l’analogia di un comportamento, la rappresentazione astratta del sistema allo studio. È un potente mezzo di aiuto ai decisori perché
consente, se è ben fatto, di prevedere l’evoluzione nel tempo (nel futuro, ma anche
nel passato) di un sistema complesso, e quindi di capire come evitare gli errori (nel
caso si debba progettare un’azione) o quali errori siano stati commessi per cercare di
evitarli (quando si vuole condurre un’indagine a ritroso per individuare le cause e le
conseguenze di un’azione).
Un modello matematico si basa su tre concetti: input, processi e output.
Input
Processi
Output
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Sono gli elementi che entrano nel sistema. Ovvero: i dati e le risorse
disponibili, di qualunque natura, sia economica che sociale che intellettuale. Se cambiano, ovviamente, cambiano i risultati.
Sono gli elementi e i procedimenti necessari per fornire gli output,
ovvero, i risultati.
Descrivono il prodotto finito, o la conseguenza di appartenere a quel
determinato sistema: in ultima analisi, sono i risultati. In un buon modello, possono cambiare notevolmente anche in base a variazioni minime degli input.
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I modelli matematici di previsione
I modelli matematici possono assumere diversi gradi di astrazione e possono essere
classificati in questo modo:
a) Iconici: quando sono descrittivi della realtà, come i mappamondi, i modelli di
automobili, etc.: consistono in una replica fisica del sistema, di solito costruita su
scala diversa;
b) analogici: la rappresentazione simula il sistema,cioè si comporta allo stesso modo,
in maniera simbolica. I modelli analogici utilizzano le proprietà di un sistema per
rappresentarne un altro insieme. Un esempio può essere una visualizzazione a due
dimensioni: tavole, grafici, diagrammi.
c) matematici e quantitativi: si tratta del metodo di rappresentazione col grado di
astrazione più elevato, ed esprime le relazioni fra le variabili attraverso formule
matematiche. Di solito vengono elaborati per fornire delle previsioni: economiche,
belliche, ma anche meteorologiche.
Nell’ambito dei modelli matematici si possono distinguere:
1) modelli deterministici: in questo tipo di modelli, nessuna variabile può assumere
più di un valore per volta. In genere, vengono associati all’idea di fenomeni regolari, prevedibili, che si ripetono nel tempo. Per esempio: si è in presenza di una
crisi finanziaria quando la domanda di denaro da parte delle aziende è superiore all’offerta da parte delle banche e degli investitori;
2) modelli stocastici: sono quelli in cui almeno una variabile è incerta, ed è descritta da una funzione di variabilità. Per la risoluzione di questo tipo di modelli vengono spesso usate tecniche di simulazione. Per esempio: la determinazione della
mortalità in una nazione in seguito all’abbassamento delle prestazioni del sistema
sanitario nazionale;
3) modelli statici:sono quelli che non prendono in considerazione il tempo che passa
e che cambia la situazione, che formulano leggi considerate assolute. Per esempio,
la regola della domanda e dell’offerta, tanto cara agli economisti liberisti, secondo
la quale il mercato agirà come fattore risolutore delle ineguaglianze economiche
e sociale e favorirà comunque il migliore. In effetti, la legge della domanda e
dell’offerta è un modello matematico di determinazione del prezzo nell’ambito del
sistema matematico denominato tecnicamente, con termine intuitivo, mercato;
4) modelli dinamici: prendono in considerazione variabili che cambiano nel tempo,
sono in evoluzione, oppure possono aiutare a risalire ad una causa (o ad una variabile) andando a ritroso. Il metodo fondamentale di risoluzione di questi modelli è la simulazione. Per esempio, il modello World 3 elaborato da Donella Meadows
sui limiti dello sviluppo mondiale, di cui si parlerà più avanti.
❱❱ 4.La ricerca operativa
Si dice che la ricerca operativa sia nata in Inghilterra durante la seconda guerra mondiale, per cercare di risolvere problemi strategici e tentare di prevedere dove i tedeschi
avrebbero posizionato i loro sommergibili e sferrato le loro offensive. Il nuovo metodo si diffuse rapidamente nell’intero emisfero anglofono sviluppato; al termine del
conflitto, lavoravano in questo settore più di 700 ricercatori appartenenti alle più
svariate discipline. Nell’immediato dopoguerra, l’approccio caratteristico della ricerca operativa venne riconvertito ad usi civili, e impiegato nella risoluzione di problemi complessi: principalmente, la localizzazione ottimale degli impianti industriali, la
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gestione dei flussi di traffico, lo stoccaggio delle scorte, la standardizzazione della
produzione, la programmazione economica, i trasporti pubblici…
Ben presto ci si rese conto che la costruzione di un modello matematico era un potente aiuto nella risoluzione dei problemi che possono incontrare i ricercatori ma,
anche, i decisori.
❱❱ 5.La simulazione
La modellistica si distingue per l’attenzione riservata alla struttura relazionale dei
fenomeni studiati.
I principali modelli utilizzati nella ricerca sono tre: matematici, statistici, simulativi.
• Nei modelli matematici il ricercatore è interessato alle funzioni che legano fra
loro le variabili, senza preoccuparsi troppo della loro interpretazione empirica.
Questa metodologia di indagine, infatti, appartiene più alle ricerche di orientamento teorico che pratico. Questi modelli non sono costruiti sui dati: sono ipotizzati dallo studioso, che lavora soprattutto sui linguaggi formali e la teoria.
• Con i modelli statistici (sociometrici, econometrici) ci si focalizza sulla costruzione delle funzioni che legano le variabili. Svolgendo indagini come queste, si
lavora direttamente sui dati: è proprio dalla variazioni dei dati che si ricavano le
funzioni che mettono in rapporto le variabili fra loro. Il ricercatore deve essere in
grado di sviluppare dati statistici e di fare ricerche empiriche, attraverso la metodologia della statistica multivariata, quel settore della statistica che contiene e
dipende da variabili diverse. Si tratta di un metodo complesso, adatto a sistemi in
cui entrano in gioco molti fattori. I sistemi causali sono l’esempio più noto di
questi modelli.
• Nei modelli simulativi l’attenzione è concentrata sul funzionamento del modello,
e si utilizzano le tecnologie informatiche. Il modello simulativo viene costruito e
manipolato per mezzo dell’uso dell’elaboratore digitale (il normale computer che
abbiamo in casa), che, letteralmente, fa i calcoli, o attraverso l’uso dell’elaboratore
analogico, una macchina (che può anche essere una componente di computer) che
riproduce fisicamente il fenomeno che si sta studiando, tramite impulsi elettrici.
In ultima analisi, con il termine simulazione si intende la costruzione di un modello
concettuale della realtà che consente di valutare e prevedere lo svolgersi dinamico
di una serie di eventi o processi susseguenti all’imposizione di certe condizioni da
parte del ricercatore. Si tratta di strumenti sperimentali di analisi molto potenti, impiegati in ambiti scientifici e tecnologici diversi, che comprendono anche le scienze
sociali, che si avvalgono delle enormi possibilità di calcolo offerte dall’informatica.
Attraverso le tecnologie informatiche viene elaborato un modello matematico che
simula l’insieme di processi che hanno luogo nel sistema valutato e il cui insieme
permette di comprendere le logiche di funzionamento del sistema stesso.
La simulazione permette la gestione di un grandissimo numero di variabili e di relazioni contemporaneamente, riproducendo il funzionamento di sistemi complessi.
Attraverso questa metodologia di studio, si acquisisce una maggiore informazione
sull’evoluzione del sistema nel tempo, sulle conseguenze che la struttura relazionale ha sullo stato delle singole variabili; si effettua la previsione di specifici stati del
sistema, aggiungendo o sottraendo una variabile; si ottimizzano gli obiettivi, e si
facilita la risoluzione dei problemi progettuali.
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Mediante la simulazione analitica, si possono sottoporre a controllo empirico le conseguenze dei punti di partenza (postulati) del sistema; quindi, si possono confermare,
dimostrare, oppure indebolire, le teorie a cui si rifà il modello.
In sintesi, le finalità della simulazione analitica sono tre:
a) Teoriche (come funziona il sistema, quali sono le conseguenze dei postulati teorici che abbiamo posto).
b) Previsionali (cosa succede nel sistema se introduciamo determinati input).
c) Operative (attinenti alla fattibilità di un progetto o alla soluzione di un problema
pratico).
Nell’ambito delle simulazioni, acquisisce notevole importanza la simulazione del
funzionamento dei processi produttivi, come il funzionamento del mercato, ma anche
i flussi migratori, il degrado ambientale, l’evoluzione demografica della popolazione…
Insomma, quei processi che causano problemi e che dovrebbero – e potrebbero – essere modificati dall’azione prima della conoscenza (quindi dalla ricerca) e poi dalla
volontà umana (e qui si gioca il ruolo dei politici e dei decisori). Tali sistemi sono
infatti caratterizzati da elevata complessità, numerose interrelazioni tra i diversi processi che li attraversano, guasti, incidenti, imprevisti di varia natura nei segmenti che
li compongono (pensiamo al ruolo che svolge una catastrofe o una guerra), indisponibilità al cambiamento per mancanza di volontà politica dei governanti.
La simulazione, consentendo l’analisi della realtà ad un elevato livello di dettaglio e
padroneggiando facilmente la complessità del sistema, fa sì che alla fine sia possibile ottenere un gran numero di informazioni utili (sempre, naturalmente, che si intenda farne uso). Il prezzo da pagare per tale completezza si misura in termini di tempo:
per arrivare a dei dati sufficientemente sensati e tali da dare la possibilità di ottenere
un modello della realtà che sia verosimile le operazioni di programmazione possono
essere molto lunghe, devono essere svolte da un gruppo interdisciplinare di ricercatori, e diventano molto costose.
Malgrado l’enfasi sia incentrata sulla dinamica del sistema, poi, i criteri con cui si è
costruito il modello rimangono fondamentali. In mancanza di solide basi empiriche,
teoriche e statistiche, la ricerca simulativa si traduce in mere congetture ed esercitazioni speculative, che servono soltanto per formulare costruzioni ipotetiche prive di
fondamento.
❱❱ 6.I limiti dei modelli matematici: complessità e razionalità limitata
Gli scenari per cui vale la pena costruire modelli matematici di previsione sono sicuramente difficili da risolvere, perché sono complicati e complessi: sono influenzati
da un numero altissimo di fattori interni, sono immersi in un ambiente che li condiziona, sono estremamente faticosi da costruire in termini di risorse umane, ed economicamente costosi da finanziare.
Per tutti questi motivi, bisogna rassegnarsi a non considerarli infallibili, a valutare
bene se vale davvero la pena di elaborarli, e ad ancorarli saldamente alla realtà dei
fatti, altrimenti rimangono pure esercitazioni accademiche utili soltanto ad entrare in
una pubblicazione scientifica e a suscitare sterili dibattiti universitari.
Ma quel è la differenza fra complesso e complicato?
Si dice di un problema che è complicato se per descriverlo è necessario utilizzare un
numero elevato di variabili e di relazioni, ma è possibile la sua formalizzazione.
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Un problema è complesso se si manifesta in aspetti molteplici e contrastanti, e quindi non è possibile una sua formalizzazione ( può essere molto difficile).
L’ambiente di un sistema è composto da numerosi elementi che stanno al suo esterno
e che lo condizionano, nel senso che non sono dei veri e propri input, output o processi, ma hanno un impatto sulla performance (cioè sul comportamento, sullo sviluppo, sull’evoluzione) del sistema e quindi influenzano in maniera spesso pesante il
raggiungimento degli obiettivi per cui si è costruito il modello. Solitamente, si tratta
di fattori che non possono essere manipolati dal ricercatore e, in molti casi, nemmeno dal decisore, o possono essere determinati solo marginalmente, o, addirittura,
vogliono essere lasciati proprio così come sono.
Si tratta, in gran parte delle situazioni, delle condizioni politiche, di stabilità sociale,
di proprietà, oppure anche del background culturale da cui si origina il problema che
si vuole risolvere: per esempio si pretende di elaborare complicatissimi modelli matematici che aiutino i governanti a risolvere i problemi legati alla discriminazione
professionale delle donne, trascurando il fatto che la società patriarcale di origine le
obbliga al doppio lavoro, in famiglia e fuori, per cui di partenza non possono avere
le stesse possibilità dei colleghi maschi. Quindi, per quanti inputs io immetta nel sistema, il condizionamento ambientale ex ante sarà talmente forte da vanificare i miei
sforzi ( da renderli inefficaci).
In ultima analisi, si può affermare che i limiti sono imposti dalla complessità del
mondo in cui viviamo, dall’incompletezza e dall’inadeguatezza della conoscenza
umana, dall’inconsistenza della preferenze e delle credenze individuali, dai conflitti
ideologici tra la gente e i gruppi di persone, e dall’inadeguatezza dei sistemi di calcolo a nostra disposizione3.
Quindi, anche in questo caso, dobbiamo abbandonare i sogni di una razionalità completa anche in presenza di un modello matematico ben fatto.
In primo luogo, il problema decisionale si presenta sempre con goals contrastanti, e
spesso espressi con unità di misura diverse, tanto che non è possibile definire una
soluzione ottima: pensiamo per esempio all’obiettivo di massimizzare i profitti estraibili dalle risorse di un certo territorio, e all’obiettivo di conservare le materie non
rinnovabili presenti nel sottosuolo della stessa regione. I guadagni saranno espressi
in dollari, la salvaguardia dei minerali rari in tonnellate per ettaro…
Inoltre, la razionalità completa prevede anche l’informazione perfetta, e questa non
è ottenibile a causa di vincoli di tempo (per raccogliere le informazioni possono occorrere mesi, anche anni talvolta) e di soldi (il lavoro di ricerca e l’implementazione
dei dati costano, e non è detto che sia conveniente se non esistono risorse ingenti a
disposizione).
In effetti, la razionalità ha un costo che è determinato da:
1. costi di raccolta delle informazioni
2. costi di costruzione e di valutazione dei modelli matematici
3. costi di gestione del modello
4. evoluzione del modello, che deve essere aggiornato e implementato per continuare a funzionare (flessibilità) perché la situazione cambia
5. costi di negoziazione per imporre le nuove regole
6. vincoli temporali
3 Herbert Simon, Decision Making and Problem Solving, Interfaces, Settembre-Ottobre 1987; 17: 11 - 31.
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In conclusione, quando si affronta un problema, non si deve cercare soltanto di minimizzare i costi del sistema, ma anche quelli di razionalità.
Razionalità che comunque non sarà mai assoluta ma che in ogni caso lascerà spazio
all’errore, all’arbitrio, alla discrezionalità dei decisori.
❱❱ 7.Efficienza ed efficacia dei modelli matematici
L’efficienza tende a minimizzare il rapporto fra il prodotto fornito dal sistema ed i
fattori produttivi impiegati per realizzarlo.
L’efficienza misura l’uso degli input (o delle risorse) che servono per ottenere un
risultato.
L’efficacia, invece, è misurata dalla valutazione che l’utente fa del processo realizzato. Quindi, mentre l’efficienza può essere valutata in maniera abbastanza imparziale,
più o meno matematica, l’efficacia dipende dalle valutazione che stanno a monte, e
che obbediscono a considerazioni di ordine economico, politico, sociale, bellico.
Le componenti con cui si può valutare l’efficacia nell’applicazione di un modello
matematico, per esempio, possono essere:
a) tempo di risposta;
b) affidabilità;
c) riservatezza;
d) flessibilità organizzativa4;
nel caso in cui una multinazionale voglia lanciare sul mercato un nuovo prodotto che
ha appena brevettato e per cui occorra modificare i ritmi di produzione e renderli più
veloci. Per esempio, pensiamo al lancio del nuovo Ipad2 da parte della Apple. Ciò
che si vuole ottimizzare è il rapporto costi (ricerca, organizzazione della nuova linea
di produzione, marketing del prodotto, formazione del personale….) e guadagni:
intesi in senso classico ovviamente, cioè produzione di capitale che va in tasca alla
proprietà: azionisti di maggioranza e Steve Jobs, tanto per essere chiari.
Per cui è necessario:
a) essere veloci, per battere la concorrenza che è sempre in agguato;
b) essere affidabili, perché si è già organizzata una campagna pubblicitaria costosa,
e la gente aspetta da mesi l’arrivo del nuovo apparecchio entro una certa data e lo
ha già prenotato;
c) riservatezza, perché è proprio sul copyright e sull’elaborazione di un nuovo procedimento (anche di lavoro) che si basa il guadagno conseguente al lancio del
prodotto;
d) flessibilità organizzativa: il mio modello matematico deve aiutarmi mentre le
mie maestranze non sono ancora pronte per produrre il massimo, devono abituarsi ai nuovi ritmi di lavoro ma il prodotto è già sul mercato e quindi devono soddisfare le richieste della clientela.
Pensiamo invece ad un altro caso: il governo di una regione vuole riconvertire gli
impianti che funzionano coi combustibili fossili in sistemi che utilizzano energie
rinnovabili, coinvolgendo la popolazione attraverso le metodologie partecipative.
4 Walter De Ambrogio, Complementi di ricerca operativa, Università Bocconi, Milano, 1987.
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Quindi fa predisporre ad un gruppo di ricercatori un modello matematico che possa
aiutarlo in tutte le fasi di avanzamento del progetto e nel processo decisionale, perché
ciò che si vuole minimizzare non è il costo, per ottimizzare il guadagno, visto che
non esiste profitto in quanto è un ente pubblico che organizza il progetto, ma la dismissione dei combustibili inquinanti, massimizzando il guadagno sociale, cioè la
condivisione e l’aderenza alle nuove regole da parte della popolazione, e minimizzando il costo ambientale riducendo il più velocemente possibile l’impiego dei derivati da carbone e petrolio.
A questo punto, visto che le motivazioni di partenza sono diverse, i dati su cui valutare l’efficacia possono cambiare, e trasformarsi in questo modo:
a) tempo di risposta;
b) affidabilità;
c) massima pubblicità;
d) possibilità di implementazione del modello attraverso la partecipazione.
A livello operativo, si vuole procedere sulla base del metodo sperimentato dal governo islandese per modificare la Costituzione: un sistema informatico complesso in cui
ogni cittadino può inserirsi tramite connessione internet e portare i suoi suggerimenti e le proposte di modifica. Alla fine, il sistema stesso fornisce ai decisori finali (il
Parlamento) gli strumenti su cui fondare la riforma e le nuove regole.
In questo caso, bisogna:
a) essere veloci, perché ogni mese in più corrisponde ad un costo ambientale che si
vuole eliminare in quanto considerato comunque intollerabile;
b) essere affidabili, perché se il cittadino non ha fiducia nelle sue istituzioni non
parteciperà al processo e, soprattutto, non osserverà le nuove regole, o si alzeranno i livelli di conflittualità sociale;
c) pubblicizzare al massimo il modello matematico, informare le persone su come
inserirsi ed entrare nel sistema operativo, organizzare corsi di alfabetizzazione
informatica per chi non è in grado di usare il computer, formare operatori che
aiutino quelli che comunque non sarebbero in grado di utilizzare le IT che però
intendono partecipare al processo;
d) elaborare un sistema facile da usare e veloce da modificare, ma abbastanza progredito da essere in grado di raccogliere gli input inseriti da postazioni diverse.
Purtroppo, l’efficacia non implica necessariamente l’efficienza; anzi, spesso e volentieri, un sistema può essere efficace, ma non efficiente, se raggiunge i suoi obiettivi
ad un costo altissimo, o considerato troppo alto.
Per esempio: da parte della stragrande maggioranza dei governi, i costi ambientali
dei combustibili fossili e nucleari non sono minimamente considerati, quindi non
vengono inseriti nei modelli matematici che consentono il calcolo dei costi energetici di una nazione, e aiutano i decisori a prendere posizione a favore dell’una o dell’altra fonte. Questo perché i governanti considerano intollerabili, in quanto troppo alti
da sostenere, i costi ambientali; e quindi, insostenibili.
Allo stesso modo, l’efficienza non implica necessariamente l’efficacia: un modello
matematico può essere efficientissimo; ma, se non viene calato nella realtà, è difficile che diventi anche efficace.
È il problema di tanti modelli matematici teorici: quelli, per esempio, che hanno
calcolato che le risorse alimentari prodotte dal nostro pianeta sarebbero più che suf10
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ficienti a nutrire l’intera popolazione terrestre. Peccato che non misurino il costo di
una guerra globale che strappi alle nazioni del Nord del mondo il privilegio di mangiarsi e di buttare via gran parte del cibo disponibile.
❱❱ 8.L’effetto farfalla e la teoria del caos
È una secca giornata estiva. Un uomo passeggia in un bosco per godersi un po’ di
fresco. Dopo aver fumato una sigaretta, getta il mozzicone in una piccola radura. Il
mozzicone cade su un fazzoletto di carta gettato da un villeggiante (tanto la carta non
inquina!). Il fazzoletto prende fuoco e trova facile esca in un arbusto secco, ucciso da
un coleottero. L’arbusto prende fuoco. Le fiamme si levano più alte. C’è un leggero
venticello. Qualche scintilla e prende fuoco un arbusto lì vicino. Il fuoco, attizzato
dal vento, si propaga ad altri tre alberi. Ognuno dei quattro alberi in fiamme ne incendia altri quattro: gli alberi in fiamme diventano 20, poi 100 e poco dopo tutto il
bosco è in preda alle fiamme. Tutto questo per un piccolo parassita che ha ucciso un
piccolo arbusto e per un mozzicone di sigaretta caduto su un fazzoletto usato.
Questa la sintesi della conferenza che, nel 1979, il fisico Edward Lorenz presentò alla
Conferenza annuale della American Association for the Advancement of Science, in
cui ipotizzava come il battito delle ali di una farfalla in Brasile, in seguito di una
catena di eventi, potesse provocare una tromba d’aria nel Texas. L’insolita quanto
suggestiva relazione, diede il nome al cosiddetto butterflyeffect, effetto farfalla. Da
allora, il poetico lepidottero divenne il simbolo dell’insufficienza degli umani sforzi
di fronte alla complessità del creato.
L’espressione “Effetto farfalla” si ritiene in genere sia stata ispirata da uno dei più
celebri racconti fantascientifici di Ray Bradbury: Rumore di tuono (A Sound of Thunder) pubblicato nel 1952. In realtà uno dei padri dell’informatica, il matematico inglese Alan Turing, anticipava il concetto già in un saggio del 1950, Macchine calcolatrici ed intelligenza, dichiarando: “Lo spostamento di un singolo elettrone per un
miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra
due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa
di una valanga, o la sua salvezza”.
In parole povere, l’effetto farfalla ribadisce che una singola azione può determinare
imprevedibilmente il futuro: utilizzando invece un linguaggio più formalizzato, fa
vedere come un aspetto cruciale, che incide notevolmente sulla capacità di previsione di un modello matematico di un sistema è la “dipendenza sensibile dai dati iniziali”. Se una piccola variazione dell’input produce una forte variazione dell’output, la
creazione di un modello ‘efficiente” sul fronte della previsione diventa enormemente più difficile, e le previsioni a lungo termine possono risultare impossibili. Si parla
in questo caso di sistema o modello non-lineare. In un sistema di questo tipo, l’errore sulla previsione cresce esponenzialmente nel tempo.
Nei sistemi lineari, invece, una piccola variazione nello stato iniziale di un sistema
(fisico, chimico, biologico, economico) provoca una variazione corripondentemente
piccola nel suo stato finale: per esempio, colpendo leggermente più forte una palla
da biliardo, questa andrà più lontano. In realtà, bisogna ricordarsi che anche semplici sistemi lineari possono manifestare questa sensibilità alle condizioni iniziali. Al
contrario, sono non lineari le situazioni di un sistema in cui piccole differenze nelle
condizioni iniziali producono differenze non prevedibili nel comportamento successivo.
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I modelli matematici di previsione
È impossibile prevedere il comportamento che un sistema di questo tipo avrà dopo
un intervallo di tempo anche piuttosto breve. Infatti, per calcolare il comportamento
futuro del sistema, anche se descritto da un’equazione molto semplice, è necessario
inserire i valori delle condizioni iniziali. D’altra parte, nel caso di un sistema complesso non lineare, data la grande sensibilità del sistema agli agenti che lo sollecitano,
un piccolo errore nella misura delle condizioni iniziali, oppure una modifica apparentemente irrilevante dei dati immessi (ed ovviamente anche il loro successivo arrotondamento durante il calcolo) cresce esponenzialmente con il tempo, producendo
un radicale cambiamento dei risultati. Questo significa che i dati relativi alle condizioni iniziali dovrebbero essere misurati con un’accuratezza teoricamente infinita, e
ciò é praticamente impossibile.
Un fenomeno con forte dipendenza dai dati iniziali è detto “caotico” sebbene possa
essere per sua natura intrinsecamente deterministico. La disciplina che studia questi
fenomeni è la dinamica non-lineare che rientra nella teoria del caos. Un sistema può
anche comportarsi in modo caotico in certi casi e in modo non caotico in altri. Per
esempio, da un rubinetto non chiuso le gocce cadono in una sequenza regolare; variando leggermente l’apertura del rubinetto, si può far sì che le gocce cadano invece
in modo irregolare, appunto caotico. Ancora, il movimento regolare di un pendolo
fissato ad un appoggio elastico, diventa caotico.
Dal punto di vista sociale: la diseguaglianza di classe può essere regolata e contenuta
da un sistema di leggi e di regole sul mercato del lavoro, da una cultura che l’accetta
e la rende naturale, e non fornisce ai disgraziati gli strumenti per rendersi conto della
loro situazione, da una religione che impone l’umiltà e la non violenza, da un sistema
scolastico che divide i bambini fin dalla più tenera età, dai quartieri ghetto in cui si
concentrano i poveri. Ad un certo punto, in base ad un fattore imprevedibile, che in
molti altri casi non ha provocato reazioni collettive (l’uccisione di un ragazzo da
parte della polizia) si scatena la rivolta.
È evidente che il modello matematico elaborato per studiare l’andamento del mercato del lavoro e la possibilità di far accettare nuovi ritmi e orari più prolungati, maggiore precarietà e “flessibilità” e minori protezioni, che funzionava egregiamente
prima, fallisce miseramente dopo… D’altra parte nessun modello matematico può
mettere in conto la distruzione sistematica dei mezzi di produzione, o la guerra…
Eppure sono cose che accadono ogni giorno in gran parte del pianeta.
In effetti, spostando l’angolo di visuale del problema, si può affermare che la stragrande maggioranza dei fenomeni sociali è soggetta ad un alto grado di imprevedibilità; quindi nella costruzione dei modelli matematici che li rappresentano, è necessario tener conto dell’elevatissimo grado di complessità insito nei comportamenti
umani.
Dal punto di vista matematico, molti di questi sistemi possono essere modellizzati
con equazioni differenziali alle derivate parziali. Le soluzione di queste equazioni
spesso utilizzano funzioni esponenziali (cioè che aumentano man mano) e quindi
anche una modesta variazione dei dati in ingresso si ripercuote sulla soluzione con
un andamento esponenziale, potendo quindi alterare in modo determinante l’andamento del modello in funzione del tempo.
La conseguenza pratica dell’effetto farfalla è che i sistemi complessi, come il clima
o il mercato azionario, sono difficili da prevedere su una scala di tempo utile. Questo
perché ogni modello finito che tenti di simulare un sistema, deve necessariamente
eliminare alcune informazioni sulle condizioni iniziali — ad esempio, quando si si12
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I modelli matematici di previsione
mula il tempo atmosferico, non è possibile includere anche lo spostamento d’aria
causato da ogni singola farfalla. In un sistema caotico, questi errori di approssimazione tendono ad aumentare via via che la simulazione procede nel tempo e, al limite, l’errore residuo nella simulazione supera il risultato stesso. In questi casi, in sostanza, le previsioni di una simulazione non sono più attendibili se spinte oltre una
certa soglia di tempo.
L’effetto farfalla (l’espressione metaforica della Teoria del Caos), in conclusione, sottolinea come nella maggior parte dei sistemi biologici, chimici, fisici, economici e sociali, esistano degli elementi che, apparentemente insignificanti, sono in grado, interagendo fra loro, di propagarsi e amplificarsi provocando effetti imprevedibili, fino alla
catastrofe5.
5 Marcello Guidotti, L’effetto farfalla, Il Contemporaneo, gennaio 1994; e poi riadattato da: L’uomo, la Scienza
e… i Media, è stato ripubblicato suhttp://www.nemesi.net/farf.htm
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