LU16 900: RASSEGNA DI REPORTAGE TELEVISIVI: Mobutu, re

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LU16 900: RASSEGNA DI REPORTAGE TELEVISIVI: Mobutu, re
LU16
900: RASSEGNA DI REPORTAGE TELEVISIVI:
Mobutu, re dello Zaire
Lunedì, 25 agosto 2003, ore:19.00
Relatore:
Gian Micalessin, Giornalista.
Moderatore:
Roberto Fontolan, Direttore di Ventiquattrore.tv.
Moderatore: Grazie della vostra partecipazione. Questa sera iniziamo un ciclo di trasmissioni, di
presentazione di reportage e documentari televisivi, che sono stati in gran parte trasmessi dalla
ventiquattrore.tv. che è un canale satellitare del gruppo Sole 24 ore.
Anche al Meeting dell’anno scorso abbiamo iniziato questa esperienza. Il ciclo dello scorso anno si
chiamava “Le guerre del dopoguerra” e avevamo proposto, grazie anche alla collaborazione di Gian
Micalessin, eroico free lance che da tantissimi anni lavora nella produzione, realizzazione – e vi
potrà anche raccontare con quali fatiche riesce a lavorare su questo fronte- nella produzione e
lavorazione i documentari televisivi. Uno dei pochi monumenti italiani in questo tipo di lavoro, che
in Italia è particolarmente negletto e sfortunato, mentre in altri paesi è un genere, quello del
documentario televisivo, del reportage, che gode di una certa fama, possibilità di trasmissione, e
dove il mercato è piuttosto ricco, sia in termini quantitativi che qualitativi.
L’anno scorso, dicevo, abbiamo presentato una serie intitolata “Le guerre del dopoguerra” con 4
situazioni di conflitto esplose o lasciateci in eredità dalla fine della seconda guerra mondiale,
conflitti con i quali tanta parte del mondo fa i conti quotidianamente, dalla Cecenia alla situazioni in
Medio Oriente.
Quest’anno la proposta di questo ciclo di reportage viene fatta sotto il titolo “900”, e i 5 reportage
che vedremo in queste serate simboleggiano 5 situazioni un po’ emblematiche del nostro tempo.
Questa sera, con una scelta un po’ coraggiosa, perché non è di grandissima attualità (però la
filosofia di queste serate non è quella dell’attualità, ma è quella dell’approfondimento nel tentativo
di comprensione attraverso il linguaggio della informazione visiva), questa sera, dicevo, abbiamo
pensato di aprire questo ciclo con un documentario molto interessante e anche un po’ curioso, un
po’ bizzarro anche per le immagini che vedrete, perché è molto in bianco e nero, perché è un
documentario storico, è la biografia, un portrait, all’inglese, è una biografia narrata di Mobutu che
per tanti anni è stato padre-padrone dello Zaire. Ed è un po’ emblematico di questo mezzo secolo di
storia africana, dalla fase dei grandi sogni di decolonizzazione e dell’ indipendenza – quindi dagli
anni 60 ai nostri giorni. Il dramma di questo continente ci risulta un po’ lontano forse perché, come
dicevo prima, non è molto di attualità, ma è veramente presente e drammatico. E’ un po’ la storia di
questo personaggio, che è un po’ quella di tanti dittatori, padri-padroni di tanti paesi dell’Africa,
che è un po’ emblematica di questa situazione.
Domani sera vedremo invece un reportage realizzato e curato da Gian, un reportage sulla Romania
a dieci anni dalla caduta del regime rumeno.
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Mercoledì avremo un altro reportage, un documentario visivo che è un’altra filosofia di
documentario ed è la ricostruzione di un caso che ha fatto enormemente discutere negli ultimi anni,
che è il caso dell’Arhur Andersen, che è una società di certificazione e di analisi finanziaria che è
stata protagonista, involontaria naturalmente, dello scandalo Enron, che molti di voi ricorderanno, è
lo scandalo che ha scosso le fondamenta del sistema societario e finanziario americano in questi
ultimi anni. Quindi un caso non di guerra, ma di capitalismo estremo, come è stato quello dell’
Arthur Andersen che poi ha pagato duramente questa complicità in queste vicende, infatti
praticamente la società o si è dissolta, o è fallita o è stata assorbita da altre società nel mondo. Ed è
interessante perché offre uno spunto di riflessione sull’attuale fase del mondo capitalistico
occidentale.
Giovedì un documentario che io ritengo straordinario dal punto di vista del linguaggio, della
lavorazione, delle tipo delle riprese e del montaggio. Si chiama Pretty colors, è stato fatto da un
registra svizzero ed è un lavoro sulle giovani generazioni di Los Angeles, una generazione perduta
tra i rave party e la droga. Un documentario molto interessante e molto drammatico.
Venerdì un caso di grandissima attualità, un documentario inglese dedicato alla costruzione del
muro, il famoso muro o barriera, a seconda delle traduzioni prevalenti, tra Israele e i territori della
West Benck della riva occidentale Palestinese. Sapete che questo è uno dei temi di grande
discussione (è stato discusso anche 2-3 settimane fa nel corso degli incontri tra Sharon e Bush).
Sarà molto interessante questo documentario, perché racconta in termini quotidiani, come la vita dei
villaggi palestinesi o dei villaggi israeliani, dei kibbutz , delle famiglie, viene cambiata, in qualche
caso sconvolta, in qualche caso addirittura devastata dalla costruzione di questo muro. E’ un
documentario che ha, come spesso questo generi di prodotti, ha certamente una simpatia, lo si
capirà, lo vedrete, per i palestinesi, quindi ha qualche aspetto che può essere anche discutibile in
termini puramente ideologici, però è certamente molto interessante, perché è molto bene
documentata e raccontata la modifica della vita quotidiana di tante persone e di come la guerra, il
conflitto, cambia la natura dei rapporti tra le persone.
Ho voluto semplicemente dare un quadro generale di ciò che vedremo in questa settimana, in questi
5 giorni.
L’andamento di queste serate, in realtà è molto semplice: noi facciamo una piccola presentazione
poi c’è la visione del documentario, poi chi desidera, può fermarsi per scambiare qualche domanda,
riflessioni o commenti su quello che si è visto insieme.
Cedo per qualche istante la parola a Gian, poi vedremo insieme il filmato.
Gian Micalessin: Gran parte delle cose che dico le capirete guardando il filmato.
Diceva Roberto, un filmato forse non di attualità, perché tutta l’Africa non è di attualità, ma è
proprio guardando questo tipo di lavori, questo tipo di documentari che si scopre come le linee della
geopolitica si articolino lentamente, si sviluppino lentamente.
Chi era Mobutu ? Era uno dei personaggi chiave dell’Africa postcoloniale. Uomo a cui si
affidavano grandi speranze per lo Zaire, uno dei paesi più grandi e più ricchi dell’Africa, un
dittatore che iniziò la sua parabola che lo portò ad essere uno dei più importanti uomini (se vi
ricordate una delle sfide mondiali di Cassius Clay si svolse a Kinshasa che doveva essere la
capitale dell’Africa). Ma cosa segna soprattutto la caduta di Ses Mobutu ? Segna la fine
dell’influenza francese all’interno dell’Africa e la nascita dell’influenza americana. Influenza
americana che dovrebbe essere riportata a più alto livello dalla visita di Bush dello scorso periodo,
comunque ne parliamo alla fine del filmato.
(Visione del Reportage)
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Moderatore: Grazie per la pazienza. Anche per l’ultima parte che aveva un po’ di danni nel
passaggio dalla versione originale beta la VHS, c’è qualche danneggiamento all’immagine
polifonica.
Però ritengo che sia stato piuttosto interessante. Avete visto quanti ingredienti nella storia di un
dittatore, quante cose interessanti, quanti nomi che ritornano, che sono presenti ancora oggi nella
nostra attualità: Valerie Giuscard d’Estain, Bush padre… Che cosa ha formato la storia incredibile
di quest’uomo, che non è una storia isolata nel panorama di questo continente.
Gian Micalessin: Come ho detto prima, secondo me Mobutu costituisce una parabola importante
nell’Africa, soprattutto se lo guardiamo alla luce di quello che è successo poi in Zaire. Quello che
era poi stato rappresentato come il liberatore, è stato ucciso pochi anni dopo da una congiura di
palazzo. Ma la congiura di palazzo è stata solamente l’epilogo di una guerra di ambito quasi
mondiale, combattuta all’interno dello Zaire, all’interno del Congo, tra le diverse fazioni e le
diverse tribù del Congo, appoggiate da una serie di potenze straniere, tra cui, da una parte, il
Ruanda, l’Uganda e una serie di altre nazioni e dall’altra parte una serie di nazioni come l’Angola e
la Namibia che sono intervenute direttamente con i loro eserciti all’interno del Congo.
Questa lotta spietata che ha causato centinaia di migliaia di morti e che continua a causarne tuttora
senza che si trovi un accordo di pace, dimostra come poi, alla luce di quello che viene dopo, alcuni
dittatori possano quasi sembrare meno peggio di quello che erano, perché alla fine, a conti fatti, il
nostro amico di cui abbiamo visto la storia regnò per trent’anni, dilapidò interamente la ricchezza
dello Zaire: il paese era una cosa tremenda, io ci andai nel 95 per raccontare la tragedia di Ebola che
era scoppiata a 600 km da Kinshasa , e nel posto in cui era scoppiata la tragedia di Ebola si arrivava
solamente con gli aerei privati perché non c’erano più strade e anche perché lungo le strade
l’esercito, che non riceveva più la paga, razziava chiunque passasse. Però, con il senno di poi,
vediamo come quest’uomo fosse quasi meno peggio di quello che è venuto adesso. Sarei curioso,
con il senno di poi, di andare in Zaire oggi e sentire cosa dice la gente quando gli parli di Mobutu .
Forse alcuni direbbero: “beh, forse non era così male”, come è capitato a moltissimi dittatori
quando sono morti.
E d’altra parte è importante a mio avviso che la fine di Mobutu segna anche la fine dell’influenza
francese nell’Africa centrale. La Francia appoggia fino all’ultimo Mobutu , paga addirittura dei
reparti di mercenari per sostenerlo fino alla fine, combattono molti ragazzi francesi al suo fianco,
combattono anche molti serbi, al suo fianco; perché la Francia vede la caduta di Mobutu come la
fine del suo ruolo all’interno dell’Africa e come l’inizio dell’ascesa americana, del controllo
americano sull’Africa centrale.
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