Capitale di rischio: la ricerca del partner e la redazione del Business
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Capitale di rischio: la ricerca del partner e la redazione del Business
Strumenti e tecniche finanziarie Venture capital Capitale di rischio: la ricerca del partner e la redazione del Business Plan di Giuseppe Rana e Guidalberto Gagliardi PricewaterhouseCoopers Transaction Services N ella prima fase del processo di investimento nel capitale di rischio, per l’imprenditore è fondamentale preoccuparsi di reperire risorse finanziarie ma soprattutto catturare interesse e consensi dal «giusto» interlocutore. Alla ricerca del partner su misura Il processo di investimento nel capitale di rischio viene distinto in attività di venture capital e private equity. Anche se tali termini in alcuni casi vengono utilizzati come sinonimi, in realtà si distinguono per la fase del ciclo di vita dell’impresa oggetto d’investimento: il venture capitalist investe in imprese in fase di startup, mentre il private equity in imprese già avviate che si trovino in fase di sviluppo o di ristrutturazione. La scelta del «giusto» investitore istituzionale costituisce un aspetto fondamentale per reperire capitale di rischio. Dato che gli investitori in genere sono specializzati per settore d’investimento, stadio dell’investi- mento, valore dell’investimento o area geografica, l’imprenditore o aspirante tale deve indirizzare la scelta verso quel potenziale partner che presenti preferenze e caratteristiche d’investimento compatibili con le proprie necessità finanziarie, al fine di avere reali aspettative di riuscita. D’altra parte l’imprenditore per trarre il massimo beneficio dall’investimento deve valutare se il venture capitalist o private equity investor abbia esperienza in investimenti simili, se abbia nel proprio portafoglio società concorrenti, che tipo di visibilità abbia sul mercato e quale network di relazioni possa fornire; in altre parole capire il processo d’investimento seguito dal potenziale partner. Le principali tipologie d’investimento si distinguono in: . early stage financing (seed financing e start up financing), . expansion financing, . replacement capital, buy-out e turnaround (1) (Tavola 1). Early stage financing Con l’early stage financing, l’investitore supporta la fase di sperimentazione di un nuovo prodotto/servizio da lanciare sul mercato (seed financing) del quale non si conosce la validità tecnica o, superata questa primissima fase, quella nella quale occorre finanziare l’avvio dell’attività, prima però che sia stata provata la validità commerciale del nuovo prodotto/servizio (start up financing). In tali situazioni l’investitore assuNota: (1) Per maggiori approfondimenti sulla classificazione delle operazioni in capitale di rischio, si veda: AIFI-PricewaterhouseCoopers, Guida al capitale di rischio, Milano, 2000 (reperibile anche sul sito www.aifi.it). Sempre sul sito dell’AIFI (Associazione Italiana degli Investitori Istituzionali nel Capitale di Rischio), si trovano informazioni sui principali investitori che operano sul mercato italiano. 37 Amministrazione & Finanza n. 18/2001 L’investimento istituzionale nel capitale di rischio è divenuto negli ultimi anni la via più utilizzata per trasformare concretamente nuovi progetti imprenditoriali in realtà aziendali di successo o per rafforzare e consolidare percorsi di crescita già avviati. Si tratta di un apporto temporaneo (in genere dai 3 ai 5 anni), da parte di operatori specializzati, di risorse finanziarie sotto forma di partecipazione (in genere minoritaria) al capitale sociale d’imprese non quotate con interessanti prospettive di sviluppo in termini di prodotti/servizi. Gli investitori istituzionali, altrimenti definiti «finanziari» in contrapposizione a quelli detti «industriali» o «strategici», finalizzano il loro intervento al conseguimento di capital gain mediante la cessione della partecipazione acquisita. Un investitore istituzionale non si limita sovente a fornire capitali ma, per il buon esito dell’investimento, è interessato a partecipare attivamente alla gestione, attraverso l’apporto di competenze professionali strategiche, finanziarie, di marketing e di un network di contatti. Sia l’investitore che l’imprenditore hanno lo stesso obiettivo: creare valore azionario. Strumenti e tecniche finanziarie Venture capital me un elevato grado di rischio in quanto, mancando un passato aziendale, non può che affidarsi alla storia personale degli azionisti/management. D’altra parte gli interventi di venture capital non richiedono di solito grandi investimenti (sono abbastanza frequenti operazioni inferiori a 5 miliardi di lire). vamente di management buy out, management buy in o employee buy out. L’intervento degli investitori istituzionali copre anche le situazioni di crisi aziendale. Con le operazioni di turnaround financing, infatti, l’investitore si sostituisce a chi non è più in grado di proseguire nell’attività (comunemente con l’assunzione, almeno temporanea, di una quota di maggioranza), gestendo tutte le fasi connesse alla ristrutturazione ed al rilancio. Expansion financing L’expansion financing si configura come un intervento volto a sostenere imprese già consolidate e mature che necessitano di capitali per consolidare la crescita, sostenere lo sviluppo della capacità produttiva o la strategia commerciale, al fine di ampliare la quota di mercato o il grado di internazionalizzazione dell’impresa. L’investitore in questo tipo di supporto ha informazioni non solo previsionali ma anche storiche per poter vagliare l’opportunità di investire o meno; il che comporta un minor rischio rispetto all’early stage financing. Gli investitori istituzionali concentrano l’attenzione su progetti caratterizzati da un elevato potenziale di sviluppo, cioè su iniziative nelle quali l’apporto di capitale e di competenza professionale da parte loro potrebbe accelerare il processo di creazione di valore. In altri termini, essi privilegiano imprese con valide prospettive di crescita dimensionale e reddituale, con un imprenditore competente, credibile e trasparente ed un management con consolidata esperienza nel settore. La «semplice» disponibilità di tali elementi non è però condizione sufficiente per raggiungere lo scopo atteso. È fondamentale, infatti, formalizzare in maniera efficace il proprio progetto imprenditoriale e le relative strategie d’implementazione in un documento che sia idoneo ad essere sottoposto ai potenziali partner identificati. Per chi si presenta alla porta di un venture capitalist o private equity investor alla ricerca di capitale, il Business Plan rappresenta lo strumento fondamentale per dimostrare la fattibilità e profittabilità del progetto imprenditoriale che deve essere finanziato; è il documento attraverso cui l’investitore valuta l’opportu- Il venture capitalist investe in imprese in fase di start-up, mentre il private equity in imprese già avviate che si trovino in fase di sviluppo o di ristrutturazione. Amministrazione & Finanza n. 18/2001 38 Replacement capital o Buy Out Con il replacement capital o buy out l’investitore sostituisce una parte dell’azionariato non più interessato all’attività aziendale; ciò si verifica ad esempio in seguito a cambi generazionali, che comportano problemi di condivisione di strategie tra i vari azionisti; quando ad entrare nel capitale insieme all’investitore istituzionale sono il management della società obiettivo, management esterno o, talvolta, un più folto gruppo di dipendenti della società obiettivo, si parla rispetti- Il biglietto da visita dell’imprenditore: il Business Plan Tavola 1 . Ciclo di vita dell’impresa e tipologia d’intervento degli investitori istituzionali Strumenti e tecniche finanziarie Venture capital L’executive summary Un Business Plan dovrebbe iniziare con un executive summary, redatto in modo da attirare l’attenzione del lettore e convincerlo ad investire un pò del suo tempo nella lettura dell’intero documento. Si tratta della sezione più importante e dovrebbe essere redatta per ultima, assicurandosi che solo le informazioni fondamentali trattate nel piano siano incluse: solo il 5% dei Business Plan ricevuti dagli investitori è letto per intero, oltre l’executive summary (3). L’executive summary dovrebbe descrivere sinteticamente il settore in cui la società opera ed i prodotti/servizi offerti e che intende offrire in futuro. Occorre definire il mercato target in base a recenti stime sull’attuale ampiezza (dati da associazioni di categoria, ricerche di mercato...) e sul tasso di crescita atteso in futuro, identificare la quota di mercato che la società intende acquisire, i maggiori clienti (se la società è già operativa o se ha già concluso accordi commerciali), riportare le strategie di vendita e di distribuzione utilizzate nel settore e spiegare quali si è scelto di seguire. Altro aspetto fondamentale da trattare è la composizione di azionariato e management della società, con indicazione delle loro competenze e precedenti esperienze lavorative; il management deve ispirare fiducia per le sue capacità di gestione del business più che per le conoscenze tecniche del prodotto. L’executive summary dovrebbe concludersi con l’eventuale indicazione dei risultati raggiunti negli ultimi anni e la sintesi del piano economico-finanziario futuro, nonché l’ammontare delle risorse finanziarie richieste per attuare le strategie descritte e la forma di impiego. Il «Piano» Il piano si articola di solito in sezioni nelle quali si esaminano con sufficiente dettaglio la società e il settore in cui opera, i prodotti/servizi offerti, il mercato e le strategie di marketing, il processo produttivo, il management e azionisti ed i dati economico-finanziari. La prima sezione del piano deve descrivere in modo sintetico il processo di creazione dell’impresa, gli eventi più importanti che hanno influenzato il business nel corso del proprio ciclo di vita, nonché l’attuale forma e dimensione della società (key figure economico-finanziarie degli ultimi 3 anni) e la sua missione futura (gli obiettivi che si propone di raggiungere nel medio/lungo periodo). È necessario fornire all’investitore un’analisi del settore in cui l’impresa opera, descrivendo quali sono le forze che agiscono ed in che modo influenzano la redditività degli operatori; in tal senso, occorre tenere conto dei fattori macro-economici, del potere contrattuale di fornitori e clienti, d’eventuali barriere all’entrata, del grado di concorrenza, dei propri vantaggi competitivi, della presenza di prodotti sostitutivi. Una sezione deve anche descrivere in modo semplice i prodotti/servizi offerti, le caratteristiche distintive (tecniche o commerciali) che li rendono unici o difficilmente imitabili. Alla base del piano di marketing e delle proiezioni di vendita ci deve essere un’analisi credibile del mercato obiettivo, da cui emerga l’attuale dimensione e il suo tasso di crescita. È necessario individuare il segmento di mercato in cui si vuole operare, descrivere le caratteristiche della domanda (es. elasticità al variare del prezzo di vendita) e dei clienti che si vuole servire, definire il posizionamento rispetto ai concorrenti. Dal piano di marketing dovrà risultare la quota di mercato che, dato il previsto mix di prodotti, si potrà raggiungere attuando determinate strategie di prezzo, di distribuzione e di attività pubblicitaria. La sezione sul processo produttivo dovrà indicare la capacità produttiva dell’impresa, la flessibilità della stessa (in termini di tempi e costi) ad assorbire un’espansione del business, il possesso d’eventuali vantaggi competitivi relativi ai processi industriali, la necessità di mano d’opera e di materie prime, gli accordi di fornitura. Gli investitori, soprattutto nei casi di start-up, investono sul management, sul suo track record professionale, sul suo affiatamento e sulla sua motivazione. Occorre descrivere (allegando in appendice il curriculum professionale) chi ricopre posizioni chiave all’interno dell’impresa, che mansioni svolge, quali competenze possiede, quali risultati ha raggiunto in passato, se vi sono competenze che invece mancano e devono essere ricoperte. Il Business Plan (4) si conclude con le proiezioni che devono tradurre e rispecchiare le linee strategiche descritte nel piano in dati patrimoniali, economici e finanziari. Bisogna proiettare l’attività della società per i successivi 3/5 anni e redigere uno stato patriNote: (2) Per dati e fonti più precise si può consultare il sito www.pwcglobal.com. (3) Cfr. nota 2. (4) Per qualche suggerimento in merito alla redazione di un Business Plan si può consultare il sito www.pwcmoneytree.com. 39 Amministrazione & Finanza n. 18/2001 nità di investimento ed il potenziale ritorno. Ed è per questo che deve essere redatto in modo chiaro, completo ed attraente. Alcune ricerche (2) indicano che solo 10 progetti su 1000 esaminati dagli investitori vengono effettivamente finanziati; tra quelli scartati ci sono diversi progetti che avrebbero potuto funzionare ma che non sono stati adeguatamente presentati. Il Business Plan rappresenta lo strumento fondamentale per dimostrare la profittabilità di un progetto e per questo motivo deve essere redatto in modo chiaro, completo ed attraente. Strumenti e tecniche finanziarie Venture capital moniale, un conto economico ed un rendiconto finanziario che accolgano i flussi economici e finanziari che si prevede si manifesteranno sulla base delle assunzioni fatte; è utile mostrare dei flussi mensili fino al momento in cui si prevede il raggiungimento del punto di pareggio economico. Per l’investitore è importante che i numeri siano coerenti con la strategia prescelta. Occorre partire con il piano delle vendite, da cui far derivare i volumi necessari a costruire il piano degli acquisti e dei costi di produzione (diretti, indiretti, fissi, variabili). Il piano delle vendite rappresenta quindi il pivot del piano economico-finanziario. È utile includere un’analisi di sensibilità sui cosiddetti value driver, per capire come vari la redditività programmata al variare di fattori critici. A livello patrimoniale è necessario considerare i livelli di capitale circolante e capitale fisso richiesti per supportare il livello di vendite programmato. Fondamentale è per l’investitore il rendiconto finanziario che mostra il cash flow generato/assorbito nel tempo dalla gestione e di conseguenza la quantità di risorse finanziarie richieste dal progetto, la tempistica e il modo di utilizzo. 40 Il prezzo è giusto? Amministrazione & Finanza n. 18/2001 L’imprenditore non può però limitarsi ad identificare i partner compatibili e a preparare una presentazione completa, corretta ed accattivante. È, infatti, importante che egli comprenda i meccanismi logici che governano il processo d’investimento della possibile controparte. In virtù di tale consapevolezza, l’imprenditore può affinare la propria proposta, esplorare fonti di finanziamento meno «onerose» in termini di perdita di controllo o, qualora intenda dismettere totalmente la propria quota, rivolgersi ad acquirenti con caratteristiche differenti (investitori strategici, altri soci attuali...). Il processo d’indagine preliminare di fattibilità viene sviluppato dall’investitore istituzionale secondo due direttrici: da un lato egli impiegherà un modello di valutazione più o meno sofisticato e formale (e variamente accettabile Uno degli elementi dal punto di vista teorifondamentali co) (5), dall’altro terrà che viene preso conto dei suoi obiettivi in considerazione di guadagno. L’interadall’investitore zione delle due analisi è il prezzo massimo definirà alcuni imporche egli è disposto a pagare tanti termini della straper una certa quota tegia negoziale dell’indi capitale del target, vestitore come il valore basato sul possibile massimo attribuibile al futuro valore di mercato target e la quota di pardella società e dato il proprio tecipazione corrisponparticolare obiettivo dente ad un certo invedi ritorno dell’investimento. stimento. Le metodologie di valutazione La metodologia di valutazione differisce, tra l’altro, a seconda del settore di appartenenza del target. Una di quelle più utilizzate da parte degli investitori finanziari è quella dei «multipli» che consente di determinare rapidamente il valore del capitale economico dell’impresa target sulla base di parametri di società quotate operanti nello stesso settore (multipli di mercato) o di parametri derivanti da operazioni sul capitale di società comparabili non quotate (multipli di transazione). Il metodo dei multipli ha tra i principali pregi la semplicità e l’immediatezza ma non è del tutto convincente dal punto di vista teorico. Ne consegue che la prima, tempestiva valutazione effettuata sulla base dei multipli viene di solito utilizzata solo come metro per determinare la fattibilità dell’operazione. La determinazione del prezzo massimo L’altro elemento che in fase preliminare viene preso in considerazione dall’investitore riguarda il prezzo massimo che egli è disposto a pagare, dati i suoi obiettivi di profitto e il possibile valore di mercato del target al momento del disinvestimento. Avendo come fine la realizzazione di un utile dalla cessione della partecipazione, infatti, l’investitore considera sin dal momento dell’investimento la possibilità di smobilizzo (6) e il tasso di ritorno che può lucrare. Egli ipotizza, sulla base delle proiezioni disponibili, il possibile futuro valore di mercato della società e, dato il proprio particolare obiettivo di ritorno (solitamente espresso in termini di «IRR»), stima il prezzo massimo che è disposto a pagare per una certa quota del capitale del target. A puro titolo di esempio si propone una Tavola a doppia entrata (7) da cui si può dedurre il tetto di valore che, ad alcune condizioni, l’investitore attribuirebbe al 100% del capitale di un’ipotetica società (Tavola 2). Cosı̀, se si stima che il valore della società acquisita alla fine del periodo d’investimento (5 anni) sia di 20 milioni di euro e che l’investitore voglia garantirsi un IRR del 40%, la somma massima che l’investitore sarà disposto a sborsare per acquisire il 40% della società sarà pari di 1,5 milioni di euro (3,719 3 40%). Note: (5) Nell’ambito dell’abbondante letteratura sulla valutazione delle imprese, si segnalano i recenti lavori di Mario Massari, Finanza aziendale: valutazione, McGraw-Hill, Milano, 1998 e di Michael Livian Valutazioni.com, Bloomberg-Egea, Milano, 2000. (6) Le strategie di disinvestimento sono tra gli argomenti affrontati in: PricewaterhouseCoopers Transaction Services (a cura di), Fusioni e acquisizioni, Amministrazione&Finanza ORO, n. 4/2000, Ipsoa Editore, Milano. (7) Elaborazione degli autori da Three keys to obtaining venture capital, PricewaterhouseCoopers. Strumenti e tecniche finanziarie Venture capital Pivuc SpA è una media impresa veneta che opera da diversi anni nella lavorazione di materiale plastico realizzando prodotti destinati ad applicazioni industriali per clienti che operano in settori in crescita. La società dispone di un valido portafoglio di prodotti e tecnologie che intende valorizzare espandendo la propria penetrazione commerciale. In tale ottica, il management ha predisposto un piano di sviluppo che richiede un’iniezione di mezzi propri per circa 12 miliardi di lire. Gli attuali soci hanno deciso di cogliere l’occasione per aumentare la visibilità dell’impresa e si sono quindi attivati alla ricerca di un investitore istituzionale interessato a partecipare all’iniziativa con una quota di minoranza. Si sono cosı̀ presentati con un articolato Business Plan ed una lettera di confidenzialità a Marco Tari, Investment Executive del fondo chiuso P.E. Italia. Tari ha valutato positivamente i due imprenditori ed ha quindi incaricato un suo collaboratore di approfondire la loro proposta. L’analista di P.E. Italia ha letto l’executive summary di Pivuc SpA e, analizzando le grandezze economico-finanziarie degli ultimi tre esercizi e del budget per l’anno in corso, ha identificato un EBIT medio ponderato di 6,5 Mld. Dopo una ricerca di un campione di società comparabili, l’analista è pervenuto ad una gamma di multipli dell’EBIT tra 5x e 7x. L’applicazione del multiplo medio di 6x al dato ritenuto rappresentativo della redditività operativa di Pivuc ha dato luogo ad un valore economico di 51 miliardi di lire che, dedotto l’indebitamento netto della società pari a 9 miliardi, si traduce in una valutazione per il 100% del capitale corrispondente a 30 miliardi. Su tali basi, la sottoscrizione dell’aumento di capitale di 12 miliardi attribuirebbe all’investitore istituzionale una quota del capitale della Pivuc di poco inferiore al 29%. Se si considera che il fondo P.E. Italia ha per il suo portafoglio di investimenti un obiettivo di IRR del 35%, una valutazione post aumento di capitale di 42 miliardi corrisponde, prevedendo un’exit a 5 anni, ad un valore futuro della società veneta di 188 miliardi. Applicando il multiplo di 6x all’EBIT previsto dal Business Plan di Pivuc SpA nel quinto anno - 34 miliardi - e considerando la posizione finanziaria netta attesa per quella data, un debito di 5 miliardi, l’analista ha ipotizzato un valore finale di 203 miliardi. L’Investment Executive di P.E. Italia, tenuto conto che l’opportunità presenta un buon margine rispetto ai parametri del fondo, ha quindi deciso di approfondire l’analisi dell’operazione. Conclusioni Se un progetto supera «indenne» l’analisi preliminare cosı̀ esemplificata, l’investitore avvia un’indagine più formale ed approfondita del target (8) ed una più raffinata elaborazione della valutazione secondo metodologie variamente complesse e tipiche (DCF, EVA, opzioni reali...). Gli esami condotti indipendentemente dall’investitore istituzionale e dall’imprenditore (o dai loro consulenti) daranno luogo a valori teorici del target e ad una possibile struttura della transazione che si potranno trasformare in un prezzo e in un contratto solo in seguito alle trattative tra le parti ed al bilanciamento delle relative forze contrattuali. Nota: (8) Per una disamina del processo d’analisi del Business Plan e delle specifiche due diligence realizzate su incarico di investitori istituzionali si rimanda a: G. Gagliardi, «Analisi critica del piano di investimento: le proiezioni economiche» e «Analisi critica del piano di investimento: i flussi di cassa prospettici», pubblicati rispettivamente su Amministrazione&Finanza n. 24/2000 pag. 29 e n. 3/2001 pag. 47 e a G. Tinuper, «Due diligence finanziaria: l’investimento è ‘‘garantito’’», in Amministrazione&Finanza, n. 6/2001 pag. 31. Tavola 2 . Tetto massimo di valutazione del 100% della società target al variare del tasso di ritorno (comprensivo di eventuali dividendi) e del valore futuro (in migliaia di euro) Valore di mercato del target tra 5 anni 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 50% 1.317 2.634 3.951 5.267 6.584 45% 1.560 3.120 4.680 6.241 7.801 40% 1.859 3.719 5.578 7.437 9.297 35% 2.230 4.460 6.690 8.921 11.151 30% 2.693 5.387 8.080 10.773 13.466 IRR 41 Amministrazione & Finanza n. 18/2001 Il caso pratico