Questione di civiltà

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Questione di civiltà
Appunti 21
El g’aveva un camp de tennis ...
(da: Un milanese razzista)
Avevano prenotato il campo fino alle 21. Un bel pallone
gonfiabile del Centro Sportivo Cambini, e la partita contro il capo
ufficio e il suo vice era nel suo bello, perchè: “Volevamo mettere
loro in gola ... la pallina”. Senza preavviso, irrompono in palestra
quelli della Protezione Civile. Senza dir niente, ma con gran
frastuono irrompono con brandine pieghevoli, tavoli, ecc. “Mah,
non potete aspettare dopo le nove che finiamo la partita?”. Ci
guardano male”. Con i lettini, i tavoli e anche panche, pane e
cibo in scatola. Il tutto per ospitare una sessantina di persone alluvionate dall’esondazione del Seveso:
famiglie, bambini, e sopratutto rom. Una ventina di rom; di rom! I bambini si scatenano scorrazzando qua e
là, si arrampicano sugli attrezzi, gasati anche al pensiero che domani non ci sarà la scuola. I vecchi chiedono
un po’ di silenzio perché sono spossati e vorrebbero dormire subito. “Noi invece come facciamo?” chiedono
due ragazze rom, “Domani dobbiamo andare a lavorare presto”: fanno le badanti, dicono.
“Dai Ambroeus, andemm a fàa la doccia, prima che riven lour”.
L’adulterio diventa un business
(libera traduzione da Corriere Milano)
A Milano sono spuntati maxicartelli che promuovono incontri extraconiugali.
Già due anni fa le pubblicità del sito Gleeden avevano scatenato polemiche,
sopratutto per la frase rivolta al pubblico femminile: “Essere fedeli a due
uomini significa essere due volte fedeli”. Ora si ribadisce: “Il primo sito di
incontri extraconiugali pensato per le donne”. No comment.
Apre la villa a Paradiso
(da: Uno che non ci pensa nemmeno)
Alzi la mano chi non ha mai alloggiato in una pensione dal nome “Villa
Paradiso” almeno per una notte. Poche stelle e da ragazzo andava bene per
far tappa in qualche giro turistico. Pare proprio che porti il nome della località
in cui sta per essere inaugurata, sulle rive del lago, di poco a sud del
capoluogo. Settanta chilometri da Milano, ma questa è una clinica dove ha
sede “Liberty Life”. Attualmente in Svizzera sono già in funzione a Basilea,
Berna e Zurigo e si sentiva proprio il bisogno di aprirne una più vicina alla
frontiera italiana per far risparmiare un po’ di benzina a quei (si dice) tre (3)
italiani al mese che hanno 7/8.000 euro da spendere per il dolce riposo. Tutti i
particolari relativi a questo “Centro Benessere” saranno dettagliatamente
presentati ai clienti, prima di iniziare il soggiorno. C’è però anche un 40% che, arrivati decisi, all’ultimo
momento decidono di ricredersi e ritornano in Italia. Il suicidio assistito, il decidere di porre fine alla propria
vita anche se con la massima dignità, penso non rientri nelle facoltà di nessuno di noi.
Rifiuti, eccellenza brianzola
Una delegazione della Grande Mela è arrivata in visita nel Vimercatese per
capire come fare e cosa copiare per la raccolta della spazzatura a New York.
C’erano già venuti 9 anni fa quando il modello brianzolo era appena partito. Dal
’93 avevano cominciato la cultura degli abitanti alla raccolta differenziata dei
rifiuti, casa per casa. Funzionò e il modello fu proposto anche al resto d’Italia.
Non è stato semplice cominciare, è un modello che richiede impegno e
costanza. Ora ai 49 Comuni brianzoli aderenti chiede ai cittadini e alle attività
produttive di differenziare 25 tipi di rifiuti, mentre al Cem Ambiente assicurano di investire costantemente in
attrezzature e progetti per ridurre sempre di più i costi per gli utenti. Il costo medio annuo per abitante in
provincia di Monza e Brianza è oggi di Euro 107,40. Ciascuno può farsi i calcoli.
Devi svaligiare un bancomat?
A Inzago (il risultato è nella foto) e a Opera tre giorni dopo, è
stato sperimentato un nuovo esplosivo per aprire i bancomat.
1
Venezia addio?
Fa una certa impressione sentir
parlare così Maurizio Sammartini, il
discendente della famiglia Pisani
Moretta, proprietario dell’omonimo
palazzo sul Canal Grande. Una delle
più antiche famiglie patrizie di
procuratori, capitani e dogi.I primi a
lasciare la città furono quelli dei
sestieri più popolari. Se ne sono
andati in tanti e oggi Venezia conta
poco più di 57mila residenti. Troppo
costosa e quasi invivibile la città. E i
nobili? Avviliti, si rifugiarono in
campagna, non potendo fare più
nulla per la loro città. Venezia
sembra sfigurata, stordita da un
turismo soffocante. I canali sono un
teatro d’ingorghi, tra motoscafi, taxi e
gondole. «Devo tener chiuse le
finestre del salotto, perché non riesco
a sentire quando mi parlano al
telefono. Il Canal Grande sembra la
tangenziale» dice Sammartini. Per
capire la Venezia di oggi bisogna
anche guardarla da palazzi lussuosi
come questo e con gli occhi di chi si
sente la responsabilità di secoli di
bellezza e splendore. Si sente
schiacciato dalla paura di non essere
più in grado di reggere quel peso e di
rimanere solo, senza l’aiuto dello
Stato e privo degli antichi saperi della città. Maurizio Sammartini ha ereditato il palazzo nel 1968. Restaurato,
ospita ricevimenti esclusivi che servono a contribuire alle enormi spese di manutenzione: ogni anno è il cuore del
Carnevale, con il Ballo del Doge. Nel 1980 ha ospitato la cena del Primo Summit dei Capi di Stato europei svoltosi
in laguna.L’usura del tempo, inesorabilmente, sfila nei 3mila metri quadri del palazzo, ma non c’è ormai quasi più
nessuno a Venezia che tramandi i mestieri, senza i quali è impossibile evitare che questi patrimoni si salvino dal
degrado. Per restaurare le porte laccate in verde con decori floreali della stanza della musica, ora che l’artigiano
che se ne occupava non c’è più, andrebbero mandate a Firenze, in casse di sicurezza. Una operazione
costosissima. Per lavare le finestre all’inglese di metà Settecento, funzionanti anche se con spifferi, bisogna
montare un’impalcatura in calle. Marmisti, vetrai, doratori, decoratori non ci sono quasi più. E’ bastato un piccione
andato a morire nella grondaia, perché l’acqua tracimata rovinasse gli stucchi e riproponesse il problema
dell’artigiano che non c’è più. Però è arrivata la tassa sui rifiuti, a metro quadro ... !
Stato e filantropi, battete un colpo
(da un articolo di Sergio Rizzo)
L’Italia è piena di dimore storiche
che versano in una condizione di
deprecabile abbandono. Senza
differenza fra proprietà pubbliche
e private. Cade a pezzi il castello
visconteo trecentesco di Cusago,
alle porte di Milano. Come cade a
pezzi
la
settecentesca
e
meravigliosa reggia borbonica di
Carditello, nei pressi di Caserta,
da decenni di proprietà della
Regione Campania. Messa ripetutamente all’asta dalla banca creditrice dell’amministrazione regionale che
l’ha ipotecata, non ha ancora trovato un acquirente. Nessun privato è disposto a metterci un euro, né lo Stato
ha i soldi per comprarla e rimetterla in sesto. Lo Stato non si è mai posto seriamente il problema della tutela
di questi tesori. Il budget del nostro ministero dei Beni culturali è un quinto di quello francese. In Italia, il
Paese di Mecenate, non c’è un clima favorevole che attragga i nostri grandi imprenditori; che non brillano di
generosità. Nel 2011 le donazioni private italiane sono ammontate a 58 milioni di euro, metà dei quali investiti
dalle fondazioni bancarie, contro gli 8 miliardi di dollari dai soli primi 50 filantropi Usa.
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Ottant’anni di simpatia
Avendo esordito al cinema il 19 giugno 1934,
Paperino ha compiuto ottant’anni.
Simpatico e sfortunato, ha fatto il successo del
disegnatore Roy Lichtenstein e ha pure dato il
nome a un asteroide. Nel 1995 infatti, è stato
chiamato Donald Duck l’Asteroid 12410.
Qualcuno lo vede come un eterno
adolescente, sfrontato e insicuro, alle prese
con grandi potenzialità, e contraddizioni
altrettanto grandi. Ha profondità nel carattere,
nonostante sia un personaggio dei fumetti.
“La gallinella saggia” è il titolo del cortometraggio musicale con cui ha
debuttato: “Una gallinella saggia voleva piantare il grano e poi raccoglierlo per
fare ai pulcini delle belle torte fragranti, ma i due pigroni - il maiale Peter Pig e
il papero Donald Duck - si rifiutavano di aiutarla fingendo colossali mal di pancia. Alla fine, presentandosi i
due furbi per una fetta di torta, venivano serviti, visti i mal di pancia, con dell’olio di ricino”.
Nel 1984, i disegnatori italiani, in occasione del compleanno rifanno la storia: il papero è orfano, appena
uscito dall’uovo,viene trovato in una notte di tempesta da Paperone e Nonna Papera (che poi scopriranno
essere un loro parente). Per anni Paperino vive nella fattoria della nonna, prima di trasferirsi a Paperopoli.
Aneddoto. Cari Barks, quando preparava le storie di Paperino, si faceva aiutare dalla moglie Garè, pittrice,
che gli completava gli sfondi. Se disegnava l’interno del deposito di zio Paperone raccomandava alla moglie
di disegnare tutte le monete. “Sai che si sente derubato se ne dimentichi qualcuna”.
Albero genealogico. Rapporti familiari tra Paperino e gli altri parenti di Paperopoli secondo cari Barks, il suo
più grande disegnatore: le sorelle di zio Paperone, Matilda de’ Paperoni, madre adottiva di Gastone, e
Ortensia de’ Paperoni, madre di Paperino; Della Duck, madre di Qui, Quo e Qua nonché sorella gemella di
Paperino; Quackmore Duck, padre di Paperino e figlio di Nonna Papera; Gustavo Paperone, padre adottivo
di Gastone; Old “Scotty” McDuck, Gastone.
Professione? Scafista!
Anatomia di uno scafista: occhialini, baffetti, un pizzico
di peli sul mento, 28 anni, egiziano. Honeim Tarak ha la
faccia del bravo figlio. Che t’accoltella alle spalle. Già
per sette volte, contano gli investigatori, ha attraversato
il Mediterraneo: cinque volte l’hanno identificato a
Lampedusa, una volta l’hanno arrestato a Siracusa e
adesso l’hanno acciuffato ancora. Il giorno prima, Tarak
aveva portato in Sicilia 200 migranti siriani, aiutato da
due connazionali i quali, ai poliziotti hanno raccontato
d’essersi offerti come traghettatori. Nella Libia fuori
controllo, cambiano anche gli scafisti: i due complici non
sapevano come pagare il viaggio e gli organizzatori
hanno detto loro di salire in barca, puntare la Sicilia; a
un certo punto far partire l’Sos; tanto gli italiani, con l’operazione umanitaria Mare Nostrum, avrebbero provveduto
a salvarli. Quanto a Tarak, è scafista di professione. A lui il carcere non fa paura; in queste ore sta conservando
inalterato il sorriso innocente che aveva quand’era appena sbarcato. C’è già stato e soprattutto ne era già uscito.
Si sbagliano i poliziotti e si sbagliano i migranti che l’hanno indicato come capo della traversata. In cella, nel piccolo
penitenziario di Ragusa, Tarak ha confidato di sapere bene che la detenzione non durerà, che uscirà presto.
Sono 101 gli scafisti arrestati nel 2014. Ma poi bisogna aggiungere gli italiani. Per farlo, dobbiamo spostarci di
costa, andare dalla Sicilia al. Dal Salento arrivano le storie di un traghettatore tarantino e di due brindisini. Hanno
trasportato in Puglia 39 siriani e africani. Le traversate verrebbero organizzate nell’ambito di partnership criminali
con gli albanesi e, come strategia d’azione, potrebbe esser riproposto il modello del contrabbando di sigarette: le
navi con il carico in mare aperto e piccole imbarcazioni che fanno la spola.
Dalla Sicilia alla Calabria e alla Puglia, la linea dell’orizzonte e del fronte è infinita e aspetta altri cadaveri ancora.
Ma che morti saranno? Perché ci sono migranti che si spengono per fame, per sete, per stanchezza; e ci sono
migranti che si spengono per le botte, oppure per asfissia, schiacciati sul fondo dell’imbarcazione, stroncati dalla
mancanza di ossigeno. Forse la calca, forse le esalazioni del carburante.
Contrasto dell’immigrazione clandestina via mare
È iniziata in Spagna l’operazione Ulisse che vede Spagna, Francia, Portogallo, Italia e Regno Unito pattugliare
alcuni tratti delle coste del Mediterraneo allo scopo di rilevare e dissuadere le centinaia di piccole imbarcazioni
provenienti dalle coste africane.
(Andrea Galli – inviato del Corriere della sera)
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E’ quasi Natale
Il parroco emerito di Opera, 40 anni fa mi disse: “Il
Terzo Mondo oggi è qui”. Ma si riferiva ai bisogni
spirituali degli operesi. Oggi la sua premonizione si è
avverata: il terzo Mondo è arrivato tra noi, o dal mare o
dalle aziende milanesi che hanno chiuso.
Contemporaneamente sono rifiorite le Onlus che, come
una volta, ti riempiono di calendarietti, cartoncini per gli
auguri (che non usa più nessuno) e il bollettino postale.
Per Natale, le Onlus serie e quelle meno, si scatenano
facendo gara a chi commuove di più. Mia zia era solita
dividere il budget che si era proposta, un po’ a questo,
un po’ di più a quest’altro, finendo magari per premiare
i meno seri (se non addirittura i falsi). In questo
periodo, che di soldini ne girano meno, mi sembrereb
be più utile riversare l’attenzione sui “pochi ma buoni”.
Ricordate? Sottocasa, in viale Piave a Milano, da più di
cento anni operano in silenzio i Frati di San Francesco.
Li ho conosciuti soltanto una trentina di anni fa, quando
passai da loro per esaudire la richiesta di mia zia
suora, che cercava un libro scritto all’inizio del secolo
scorso dal frate che l’aveva preparata al monastero.
Non funzionava ancora la mega organizzazione, che,
sostenuta dal volontariato e da attrezzature al passo
coi tempi, oggi è in grado di assistere gratuitamente e
decorosamente un incredibile esercito di persone che
non riesce a sbarcare il lunario.
1943 – Caro fra Cecilio, sono Giovanna e l’8 agosto ’43
la RAF ha bombardato la mia casa popolare in piazza
Ascoli e lei mi ha dato la ciotola di legno con il latte
caldo. Avevo 10 anni, oggi ne ho 80, ma il ricordo di lei
è sempre vivo con i suoi bei occhi azzurri. Prenda
questo piccolo dono e preghi ...”.
Fra Cecilio fu testimone dei tragici fatti della seconda
guerra mondiale. Quando le bombe scendevano,
invece di andare nel rifugio andava a bussare alla porta
del tabernacolo affinché il Signore salvasse la città;
eppure il convento fu colpito diverse volte dalle bombe.
I frati tuttavia non smisero mai di preparare “grandi
caldaie di minestra” e dispensare ai bisognosi 70Kg di
pane, giornalmente, ottenuto da una donazione.
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