Un Bolero da champagne - Premio Letterario Santa Margherita

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Un Bolero da champagne - Premio Letterario Santa Margherita
Un Bolero da champagne
di micaela miano
La raggiunse a Tokio per la prima al National Theatre. Il teatro era già pieno, il corpo di Penelope era
schizzato su tutte le locandine, sotto le lettere cubitali Ballet Béjart.
Quando la campanella trillò, scosse Nicolas che fissava imbambolato una delle locandine. Aveva in
mano il mazzo di rose e una bottiglia Dom Pérignon Rosé del 2000 e un box di Kyogashi e kamigashi.
Nicolas aveva sempre lo stesso stupore quando la vedeva ritratta sulle locandine. Guardò il biglietto e
cercò il suo palco. Entrò si tolse il cappotto, e si sedette dietro una signora profumatissima. Si rilassò
appoggiando lo sguardo su tutti gli spettatori. Lo champagne era sul tavolino del palco.
Nicolas l’avrebbe aspettata assopito sino al finale dello spettacolo. Conosceva il balletto e sapeva
quando sarebbe stato il momento di Penelope.
Il sipario si aprì e Nicolas chiuse gli occhi. Gli applausi intanto si erano attutiti nella testa di Nicolas che
si assopì su quel morbido scroscio di mani ingioiellate.
Quando sentì un flauto, Nicolas sbarrò gli occhi, Penelope era già sul tavolo rosso al centro della scena.
Un occhio di bue svelò la sua mano che si muoveva sinuosa sul primo tema del Bolero, poi apparve
l’altra. Entrambe erano come ali di colomba che fluttuavano nel buio gigante del boccascena.
Era sempre così la coreografia, ma per Nicolas era sempre come la prima volta. Si raddrizzò sulla
poltrona.
Con l’entrata del clarinetto Penelope mostrò le braccia lunghe e muscolose. Bianchissime. Che
sembravano affettare il nero con le figure geometriche dei suoi spigoli ossuti. Il corpo di Penelope si
svelava su quel Do maggiore ritmato dolcemente. Come un cigno che emergeva dal petrolio, mostrava
con rigore la preziosità di ogni parte del suo corpo, di ogni suo gesto.
E fu il momento del fagotto, dell’oboe, della tromba, del sax tenore e del sax soprano quando Nicolas si
emozionò.
Tanto gli esplodeva il cuore in petto. Si guardò in giro, guardò le facce degli altri spettatori per vedere se
avevano voglia di piangere anche loro. Nicolas li guardava per questo, e perché avrebbe voluto dire a
tutti che Penelope non sapeva che lui era lì per farle una sorpresa.
Lei che stava sul tavolo rosso e aveva le gambe coperte da una guaina nera e il seno nascosto da una tela
bianca. Mentre suonavano la celesta, il corno e il trombone.
Nicolas voleva dirlo alla signora profumatissima che Penelope l’aveva conosciuta che aveva 20 anni.
Che sotto quella lunga parrucca di capelli rossi Penelope aveva i capelli corti e biondi.
Nicolas avrebbe voluto dirlo al signore con il binocolo nel terzo palco a destra che Penelope indossava
gli anfibi neri, e vestiva a tinte unite.
Che Penelope era apparsa sulla prima pagina dei giornali di tutto il mondo perché durante il G8 aveva
stampato un bacio, con un rossetto rosso come il fuoco, sullo scudo protettivo di un poliziotto in tenuta
antisommossa.
Che il suo sembrava il volto di angelo caduto dal cielo con i capelli a spazzola, gli occhi scoloriti di nero
e le labbra in segno di pace per tutti gli uomini.
Che per lei i colori erano solo tre: il rosso e il bianco, come quelli che avevano invaso il palcoscenico.
E lei intanto si scioglieva e sudava per tutti gli uomini e le donne che quella sera la sognavano. E fu il
trionfo di clarinetti e fiati.
Il pubblico si gonfiò. E il cuore a Nicolas gli sbarrò il respiro. I passi di Penelope si fecero più veloci ed
esausti. La platea si preparò a risucchiarla.
In quel momento Nicolas si alzò in piedi. Il direttore d’orchestra si piegò, e cadde il buio. Come un
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sogno che svanisce.
Un applauso pieno e urgente si scaricò in tutto il teatro.
Quando Penelope se lo vide piombare in camerino, aveva appena vomitato e si sentiva debole, ma la
sorpresa la fece saltare di felicità. Gli si buttò con le braccia al collo.
«Ti amo, sono felice che sia qui!»
«Brindiamo alla mia stella…»
Lei prese la bottiglia di Dom Pérignon e i dolcetti giapponesi. Guardò Nicolas con occhi diversi.
«Possiamo brindare tra nove mesi?»
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