una nuova frontiera contrattazione

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ISTITUTO
RICERCHE
ECONOMICHE
E SOCIALI
UNA NUOVA FRONTIERA
per la
CONTRATTAZIONE
La contrattazione di secondo livello
e i lavoratori immigrati
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INDICE
A cura di Veronica Padoan
INTRODUZIONE
di Giovanni Minali
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Segreteria della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano
1.
1.1.
Percorso e finalità della ricerca
Fasi dell'indagine e fonti di analisi
2.
Immigrazione e contrattazione di secondo livello:
i nodi e le sfide
1990-2000
Dal 2000 ad oggi
Le specificità della Fillea
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Il vademecum: una proposta
Le disposizioni rivolte ai lavoratori italiani ed immigrati
Le disposizioni rivolte ai soli lavoratori immigrati
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16
19
2.1.
2.2.
3.
3.1.
3.2.
IDEE PER RACCOGLIERE UNA SFIDA
di Riccardo Piacentini
Responsabile Dipartimento Politiche dell’Immigrazione – CdLM Milano
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INTRODUZIONE
La Camera del Lavoro Metropolitana di Milano e l’IRES Nazionale, con il
presente vademecum, hanno cercato di rispondere ad una domanda che da
tempo la Cgil, a tutti i suoi livelli organizzativi, si sta ponendo: “In cosa
consiste la rappresentanza dei lavoratori migranti? È sufficiente esercitarla
in termini di tutela e assistenza individuali? Quali strumenti contrattuali
sono stati utilizzati per rispondere alle istanze specifiche di chi lavora in
Italia provenendo da un altro Paese? Quali ancora possono essere
immaginati?”.
Inevitabile che a Milano queste domande si pongano con maggiore forza ed
urgenza, se sul territorio lombardo risiede quasi un quarto dell’intera
popolazione immigrata in Italia, e se di questa porzione il 41,5% è
concentrato nella sola provincia di Milano. Si tratta di persone e di lavoratori
con caratteristiche precise, analizzate e studiate in numerose ricerche: una
popolazione giovane, ad elevata natalità, e con un tasso di occupazione
altissimo (l’86%, cioè 12 punti in più rispetto alla media nazionale).
In valore assoluto, si tratta di una realtà di 350.000 lavoratori regolarmente
occupati, che sostengono la nostra economia dalle fondamenta, garantendo
servizi essenziali (ristorazione, pulizie, assistenza alla persona, edilizia,
lavoro domestico, trasporti) senza i quali non sarebbe neppure
immaginabile l’attuale tenore economico-finanziario di uno dei principali
motori d’Europa.
La Cgil, naturalmente, si è sempre occupata dei bisogni dei lavoratori
migranti. Sin dalla costituzione dei primi Uffici Immigrati alla fine degli
anni Settanta, la nostra organizzazione si è adoperata per dare assistenza a
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decine di migliaia di immigrati e alle loro famiglie, promuovendo la loro
integrazione sociale e lavorativa, la coesione familiare, il soddisfacimento di
bisogni primari (regolarità del soggiorno, lavoro, casa), ponendosi nei loro
confronti come interlocutore affidabile e attento, rispetto a istituzioni statali
e locali lente e burocratiche, quando non del tutto assenti.
Il quadro legislativo che negli anni si è costruito in materia di immigrazione
(oggi dominato dalle norme della legge Bossi-Fini) non può certamente dirsi
favorevole ad una piena integrazione. La prassi delle “sanatorie”
periodiche, la mancanza di un’efficace programmazione degli ingressi
regolari nel nostro Paese, un meccanismo d’ingresso per lavoro subordinato
irrazionale e ipocrita, i mille balzelli e ostacoli burocratici di cui sono
costellate le procedure. Nonostante quanto propagandato da forze politiche
di ispirazione autoritaria e razzista, si tratta in tutti i casi di elementi che
ostacolano la regolarità invece di favorirla, e che di conseguenza alimentano
sconforto, disperazione, irregolarità. In casi estremi delinquenza e
criminalità organizzata: di cui i più deboli sono vittime, non responsabili.
Nell’ultimo decennio, poi, quello che inizialmente appariva come fenomeno
nuovo e transitorio ha assunto i contorni di un elemento strutturale di tutte
le moderne società europee e occidentali. I numeri sopra richiamati
descrivono perfettamente questo dato, proiettandolo sul nostro territorio in
termini di nuovi bisogni, di richieste di servizi (asili, consultori, luoghi di
aggregazione), di una maggiore attenzione e sensibilità a nuove lingue,
religioni e culture.
Anche il sindacato, in questa inedita cornice, ha dovuto interrogarsi sulle
sue politiche (organizzative e contrattuali) in materia di immigrazione. La
Cgil di Milano ha cercato di farlo, promuovendo innanzitutto la massima
partecipazione dei lavoratori migranti all’attività sindacale e favorendo il
loro ingresso nei gruppi dirigenti delle Federazioni di categoria. A livello
confederale ha poi trasformato il vecchio Centro Stranieri, orientato
esclusivamente all’assistenza individuale, nell’attuale Dipartimento Politiche
dell’Immigrazione: una struttura trasversale e di raccordo tra tutte le
strutture sulle politiche dell’immigrazione, in cui convivono la visione
confederale e complessiva del tema, le esperienze e le istanze delle Categorie
e dei differenti settori produttivi, l’attenzione all’assistenza individuale
maturata in anni di servizio allo sportello.
Questa pubblicazione è stata concepita e realizzata nel pieno di questa
elaborazione politico-organizzativa, come strumento di agile consultazione
per tutti i nostri funzionari, delegati ed attivisti che si trovino ad affrontare
il tema sui luoghi di lavoro e ai tavoli di trattativa. Lo scopo è di dare
quindi poche e precise coordinate di azione rivendicativa, così come sono
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state condivise da tutti i soggetti che le hanno promosse (Confederazione
milanese e Federazioni di Categoria).
È il risultato di una fruttuosa collaborazione tra CGIL di Milano e Ires
Nazionale, che ha offerto la sua professionalità e il suo rigore scientifico per
affrontare in maniera seria e meditata un tema spesso trattato in modo
superficiale o, peggio, pieno di preconcetti.
Naturalmente ogni Categoria e ogni rappresentanza sindacale in azienda,
nella sua autonomia, avrà modo di integrare lo schema proposto elaborando
propri punti di lotta e di rivendicazione contrattuale. Abbiamo tuttavia
ritenuto auspicabile che lo facessero in un quadro e all’interno di un
orientamento per quanto possibile univoco, esplicito e chiaro.
Giovanni Minali
Segreteria Camera del Lavoro Metropolitana di Milano
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1. PERCORSO E FINALITÀ DELLA RICERCA
L’idea di elaborare un vademecum sulla contrattazione di secondo livello,
con particolare riferimento alle specifiche esigenze dei lavoratori immigrati,
è il risultato di un percorso di ricerca, che oramai dura da anni, tra la
Camera del Lavoro Metropolitana di Milano e l’Osservatorio sulle Migrazioni
dell’Ires Nazionale. L’obiettivo principale è stato quello di istituire un osservatorio sul fenomeno migratorio nel territorio della provincia di Milano, non soltanto sulle condizioni di lavoro degli immigrati impiegati nei diversi ambiti
produttivi all’interno della provincia di Milano, ma anche sul rapporto che
questi hanno con le organizzazioni sindacali di questo paese1.
Dopo aver cominciato ad esplorare il sistema di relazioni che intercorre tra
i lavoratori immigrati e le strutture sindacali considerando il punto di vista,
le percezioni ed opinioni dei lavoratori, per aver un quadro il più completo
ed esaustivo possibile, si è pensato di osservare queste relazioni dal punto
di vista dei sindacalisti stessi e considerando il loro principale strumento di
intervento, ovvero quello della contrattazione, con particolare riferimento a
quella di secondo livello, aziendale e territoriale.
Occuparsi di questo tema è abbastanza complicato sia da un punto di vista
scientifico, data la quasi totale assenza di studi e ricerche in materia, ma
soprattutto da un punto di vista sindacale. Infatti spesso accade che nel
momento in cui nelle sedi sindacali si affronta il tema della contrattazione
rispetto a quei comparti produttivi dove la presenza dei lavoratori immigrati è consistente, si delineano due atteggiamenti, per certi versi contrapposti,
che hanno portato al delinearsi di un dibattito interno al sindacato. Infatti,
da una parte ci sono coloro che ritengono che i lavoratori stranieri siano
portatori di specifiche istanze e che di conseguenza le questioni ad essi
legate devono essere affrontate separatamente, portando quindi ad una
contrattazione parallela, che non è affatto da auspicare, anche perché una
gestione separata dei diritti è facile che divenga fonte di contrasti tra italiani e stranieri all’interno dello stesso luogo di lavoro, e non solo. Dall’altra
parte ci sono coloro che partono dal presupposto che prima di tutto si tratta di lavoratori, quindi portatori delle medesime esigenze e soprattutto degli
stessi diritti. Gli immigrati avranno le loro specificità, ma l’obiettivo comune
è quello di uniformare e ricondurre ad un’unica sintesi le istanze dei lavoratori italiani e stranieri.
1 Nel corso della prima survey è stato affrontato il tema delle discriminazioni nel mondo del
lavoro, attraverso interviste rivolte a lavoratori italiani e stranieri, hanno. Nella seconda survey
è stato invece trattato il tema della sindacalizzazione, considerando il parere e la percezione
che i lavoratori immigrati hanno del sindacato, rispetto anche a loro livello di partecipazione
alle attività sindacali.
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Prima di entrare nel merito vero e proprio dei temi che costituiscono questa
proposta di vademecum, è interessante osservare come nel corso degli anni
la presenza dei lavoratori stranieri abbia iniziato ad affermarsi lentamente
nelle questioni affrontate dalla contrattazione di secondo livello, soprattutto
in quei settori del mercato del lavoro dove la presenza di lavoratori stranieri è considerevole. Allo stesso tempo però in altri comparti, durante la fase
della contrattazione, non viene dato ancora il giusto spazio alle necessità
ed alle esigenze di coloro che provengono da paesi terzi. Inoltre, un altro
aspetto che è emerso in questa fase di ricognizione del materiale esistente,
è il fatto che ad oggi non esiste un’uniformità tra le diverse categorie nel
momento della contrattazione di secondo livello rispetto ai lavoratori immigrati, così come non esiste un’uniformità rispetto ai contenuti ed al linguaggio, né, in termini più generali, rispetto alla costante e giusta attenzione che
deve esser posta alle specificità di questa parte dei lavoratori.
L’obiettivo principale dell’indagine è quello di tracciare delle linee guida
per la contrattazione di secondo livello, partendo dalle esigenze e specificità dei lavoratori immigrati. Nel costruire questa proposta di vademecum si
è stabilito di salvaguardare due aspetti, apparentemente distinti, ma allo
stesso tempo convergenti. Da una parte il primo intento comune è stato proprio quello di evitare di fornire indicazioni per una “contrattazione separata”, non creando due livelli di diritti distinti in base al paese di provenienza: italiani e stranieri. Ma al contrario, uniformare il più possibile i termini
della contrattazione, visto che molte delle questioni che ad oggi sembrano
interessare soltanto i lavoratori immigrati, in realtà riguardano tutti i lavoratori, come ad esempio la tanto sentita questione delle ferie continuative che
vedremo più avanti. Anche perché questa gestione separata dei diritti, fino
ad oggi ha prodotto una pericolosa tensione tra lavoratori italiani e stranieri nei luoghi di lavoro, come è stato tra l’altro testimoniato da diversi sindacalisti nel corso dell’indagine. Dall’altra parte però alcune questioni presenti negli accordi sindacali riguardano in modo puntuale solo coloro che provengono da paesi terzi, e queste specificità vanno debitamente individuate
e tutelate.
Nel corso della ricerca, per lavorare in modo più concreto possibile, sono
state individuate cinque categorie in particolare, ritenute maggiormente rappresentative di altre rispetto alla presenza di lavoratori immigrati, impiegati a Milano e nella sua provincia: Filcams, Fillea, Filt, Fiom e Fp. La scelta di
queste categorie è abbastanza intuibile, visto che rappresentano al loro
interno quei comparti del mercato del lavoro dove la presenza di immigrati
è molto consistente. Nel caso della Filcams ovviamente da una parte c’è
tutto l’ambito che riguarda i servizi alla persona e quindi l’ampio bacino del
lavoro domestico e di cura. Dall’altra parte c’è tutto il settore del turismo,
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che in una città come Milano ha un ruolo trainante. In ciascuno dei comparti indicati la presenza di lavoratori stranieri è molto alta. Nel caso della
Fillea il settore dove gli immigrati rappresentano la metà degli occupati è
quello delle costruzioni. La Filt registra una crescente presenza di lavoratori
provenienti da paesi terzi nell’ambito della logistica delle merci e negli
appalti ferroviari. La Fiom che registra presenze sempre più significative di
lavoratori immigrati proprio all’interno delle media e della grande industria.
Infine, per la Fp, la presenza più considerevole di immigrati si registra nell’ambito della sanità privata e delle cooperative sociali.
1.1. Fasi dell’indagine e fonti di analisi
Nella prima fase dell’indagine è stata svolta una ricerca desk, attraverso
l’analisi degli accordi sulla contrattazione di secondo livello all’interno dei
quali fossero presenti degli espliciti riferimenti ai lavoratori provenienti da
paesi terzi e con riferimento a tutte le categorie della Cgil. Per individuare
questi riferimenti le fonti utilizzate sono state, l’Archivio sulla Contrattazione
di primo e di secondo livello, presente nel sito della Cgil2 e l’Archivio sulla
Contrattazione di primo e di secondo livello, presente nel sito della Fillea3.
Consultando questi database si è potuto in parte osservare come attraverso
lo strumento della contrattazione aziendale e territoriale, il sindacato abbia
cercato di tutelare le istanze specifiche dei lavoratori immigrati, nel corso
degli ultimi vent’anni.
Nella seconda fase invece, si è stabilito di creare dei momenti di incontro
con i referenti delle categorie, che rappresentano appunto quei settori del
mercato del lavoro dove gli immigrati sono maggiormente presenti4. Nel
corso di questi incontri, i diversi esponenti delle categorie, da una parte
hanno descritto come con la contrattazione aziendale e territoriale vengono
difese le esigenze dei lavoratori provenienti da paesi terzi, dall’altra hanno
articolato e lanciato nuove proposte su come affrontare questi temi.
Infine, nella terza ed ultima fase dell’indagine, con tutto il materiale che è
stato raccolto sia durante la fase di ricerca desk sia nel corso degli incontri
con i rappresentanti delle categorie, si è proceduto alla stesura di questa
proposta di vademecum, che dovrebbe costituire un utile strumento per tutte
le categorie, al fine di porre le basi per una contrattazione di secondo livello il più possibile uniforme tra lavoratori italiani e stranieri.
2 http://www.cgil.it/contrattazione/default.aspx
3 http://www.filleacgil.it/contrattazione.htm
4 Nei mesi di novembre e dicembre 2010, si sono tenuti due incontri dove sono stati presenti i
soggetti proponenti della ricerca, ovvero la Segreteria e il Dipartimento Immigrazione della
Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, l’Osservatorio sulle Migrazioni dell’Ires ed i
rappresentanti della Filcams, Fillea, Filt, Fiom e Fp.
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2. IMMIGRAZIONE E CONTRATTAZIONE DI SECONDO LIVELLO:
I NODI E LE SFIDE
L’evoluzione del percorso della contrattazione di secondo livello, rispetto ai
lavoratori immigrati, si può ricostruire e seguire attraverso la consultazione
di due importanti database precedentemente citati. Ovvero, il database
sulla contrattazione, di primo e di secondo livello, presente nel sito della
Cgil, dove sono stati individuati 35 accordi nei cui testi sono state affrontate questioni che hanno visto coinvolti i lavoratori provenienti da paesi terzi.
Si tratta esclusivamente di accordi aziendali, distribuiti a partire dal 1996
fino al 2010. Inoltre, stando a questo database le categorie che hanno operato almeno una volta in questa direzione sono la quasi totalità. Ovvero si
tratta della Filcams, Filcea, Filtea, Fiom, Flai e Fp. Per quanto riguarda invece l’altro database, quello relativo alla Fillea, sono stati individuati 17 accordi territoriali di secondo livello, all’interno dei quali sono stati individuati riferimenti puntuali rivolti ai lavoratori immigrati.
2.1. 1990-2000
Attraverso questi due strumenti e consultando le poche ricerche che sono
state condotte sull’argomento, proviamo qui di seguito a tracciare il percorso con il quale le specifiche istanze ed esigenze dei lavoratori immigrati
sono entrate a far parte della contrattazione, ed in modo particolare della
contrattazione di secondo livello.
Le prime indagini risalgono all’inizio degli anni Novanta ed all’inizio del
20005 e nascono con l’obiettivo appunto di capire quanta attenzione viene
posta da parte delle strutture sindacali, attraverso lo strumento della contrattazione, nei confronti dei lavoratori immigrati. Quello che emerge dai risultati di queste ricerche è che, ai diversi livelli contrattuali, sono quasi inesistenti dei riferimenti puntuali ai lavoratori immigrati. Nonostante in quegli
anni la presenza di persone provenienti da paesi terzi fosse decisamente
significativa all’interno del mercato produttivo nazionale, le organizzazioni
sindacali non hanno posto la giusta attenzione a questa componente dei
lavoratori, che già all’epoca presentavano ovviamente le loro specificità,
come ad esempio la questione legata alle pratiche relative ai permessi di
soggiorno. Quindi nel corso degli anni Novanta, nella contrattazione di
primo e di secondo livello, gli accordi nei quali è stato fatto un esplicito rife5 Vedi: Faye A.B. Lavoro e non solo: un bilancio dell'esperienza contrattuale per gli immigrati
1986-1995. Materiali Rassegna Sindacale, 1990. Mottura G., Pinto P. Immigrazione e
cambiamento sociale. Strategie sindacali e lavoro straniero in Italia, Ediesse, Roma, 1996.
Mottura G. Immigrati e sindacato, in Pugliese E. (a cura di), Rapporto immigrazione. Lavoro,
sindacato, società, Ediesse, Roma, 2000.
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rimento ai lavoratori immigrati rappresentano una parte decisamente esigua, rispetto al totale. Inoltre, osservando più da vicino questi accordi, si è
potuto osservare come a tutti i livelli della contrattazione, i temi che riguardavano direttamente coloro che provenivano da paesi terzi erano essenzialmente tre. La formazione linguistica, in misura decisamente minore la
formazione professionale ed il tema delle ferie continuative.
Rispetto ad altre importanti questioni invece non è stata data la giusta e
necessaria attenzione, come ad esempio l’attivazione di permessi particolari relativi alle ricorrenza religiose; la possibilità di tradurre in altre lingue sia
il contratto stesso, così come le norme relative alla sicurezza; incentivare la
presenza di delegati stranieri all’interno delle categorie e nei luoghi di lavoro; la possibilità che nei luoghi stessi di lavoro vengano istituiti degli sportelli dedicati alle pratiche relative al permesso di soggiorno; il fornire il vitto e
l’alloggio a coloro che non sono residenti del territorio in cui lavorano.
Dalle prime analisi il quadro generale della contrattazione non ha subito
particolari evoluzioni e miglioramenti. Difatti, sia a livello nazionale, che
aziendale e territoriale, i riferimenti puntuali ai lavoratori immigrati sono
rimasti insufficienti e soprattutto non c’è alcun tipo di uniformità nel trattare
questa materia sia rispetto alle modalità di intervento e di elaborazione, sia
tra le categorie e all’interno dei diversi territori nazionali, intesi come distribuzione tra il Nord, il Centro ed il Sud del paese.
I temi a lato elencati nella tabella toccano diversi aspetti dei diritti e delle esigenze dei lavoratori immigrati e non solo. Difatti, molte delle disposizioni coinvolgono in egual misura anche i lavoratori italiani e come vedremo più avanti,
questo rappresenta uno dei principali obiettivi della proposta di vademecum.
2.2. Dal 2000 ad oggi
Ad oggi le istanze di coloro che provengono da paesi terzi sembrano aver
trovato un nuovo e maggior spazio all’interno della contrattazione, con un
particolare riferimento alla contrattazione di secondo livello.
Sicuramente la questione delle ferie continuative costituisce uno degli
argomenti trattati nella quasi totalità dei contratti individuati, proprio perché
rappresenta una delle maggiori problematiche poste dai lavoratori immigrati al sindacato.
Un altro aspetto molto sentito e che compare più volte all’interno degli accordi è quello che prevede l’apertura di uno specifico servizio, un’azione di tutela individuale volta a favorire il lavoratore immigrato, proprio presso i luoghi di lavoro, al disbrigo di diverse pratiche quali ad esempio il rinnovo del permesso di soggiorno.
Un’ulteriore questione, che negli anni scorsi non aveva ancora trovato molto
spazio all’interno dei contratti di secondo livello, riguarda alcune specifiche
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AMBITI TEMATICI
Formazione
Informazione
CONTENUTI
- La formazione linguistica e professionale
- Attivazione di sportelli interni ai luoghi di lavoro che
possano favorire il disbrigo delle pratiche relative ai
permessi di soggiorno.
- Informazioni ai lavoratori in più lingue e delegati
stranieri.
Ferie e permessi
- Ferie continuative.
- Permessi particolari per ricorrenze religiose.
Condizioni di lavoro - Disposizioni alla mensa in base ai precetti religiosi.
- Malattia contratta durante il ritorno in patria e
modalità di certificazione-informazione del datore di
lavoro.
- Tutela della pari opportunità per i lavoratori
appartenenti alle categorie deboli: quindi insieme ai
portatori di handicap, donne, giovani e immigrati.
- Impegno delle parti per la piena attuazione delle
leggi che garantiscono la permanenza (o anche la
cittadinanza) degli immigrati nel nostro paese, come
condizioni per sottrarli allo sfruttamento.
Integrazione
- Miglioramento delle condizioni di inserimento
lavorativo e di integrazione sociale.
- Vitto e alloggio per i lavoratori immigrati assunti.
Varie
- Monitoraggio dei flussi nel mercato del lavoro
settoriale e sulla legislazione in materia.
- Chiamata o richiamo alle armi in patria.
disposizioni riguardanti la dimensione religiosa che infatti investe diversi ambiti dei luoghi di lavoro. Da una parte infatti ci sono le disposizioni
relative alla mensa, e l’esempio più diffuso ed esplicito per intendere la questione, si riferisce a coloro che praticano la religione musulmana e che non
possono consumare carne di maiale. Dall’altra parte c’è la questione legata ai permessi particolari per poter celebrare determinate festività religiose,
che non sono previste dal calendario lavorativo italiano.
Inoltre, all’interno di alcuni contratti si fa riferimento al fatto che bisogna
favorire la candidatura di lavoratori stranieri per le cariche di
rappresentanti sindacali nel luogo di lavoro. Questa proposta
molto spesso viene introdotta all’interno dei contratti di secondo livello come
una di quelle pratiche che favoriscono i processi di integrazione socio-lavorativa degli immigrati.
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Non va dimenticato l’interessante riferimento presente in uno dei contratti
aziendali della Fiom di Modena, nel quale tra i diversi riferimenti ai lavoratori stranieri, è stata affrontata la questione alloggiativa. Difatti nell’accordo l’Azienda si impegna a favorire il reperimento di alloggi ai lavoratori che provengono da altre regioni italiane o da paesi stranieri.
Le specificità della FILLEA
Per la categoria della Fillea, è stato consultato un archivio specifico, riferito agli accordi territoriali di categoria. Il settore delle costruzioni infatti
si caratterizza per una significativa presenza di lavoratori immigrati, che
tra l’altro è destinata a crescere6, e che a Milano e nella provincia rappresentano oltre il 50% del totale dei lavoratori. I rappresentanti di questa categoria dunque nel corso degli ultimi anni hanno cercato di valorizzare al massimo le specifiche esigenze di coloro che provengono da
paesi terzi e di tradurle nella pratica degli accordi territoriali. Questo percorso è stato intrapreso non solo attraverso l’elaborazione di linee guida
relative alla contrattazione di secondo livello, rivolte in particolare ai
lavoratori immigrati, ma anche all’interno del programma nazionale di
formazione dei quadri della Fillea.
Rispetto al primo ambito è interessante osservare che all’interno di questa
categoria sono state affrontate, diffusamente su quasi tutto il territorio
nazionale, alcune tematiche in particolare, tralasciate in parte dalle altre
categorie. Primo fra tutti il tema della formazione, non soltanto quella linguistica, ma anche quella professionale e sulla sicurezza. Inoltre, all’interno di diversi contratti è stata sottolineata la necessità di traduzioni in più
lingue, non soltanto per i contratti stessi e le principali norme di legge del
settore delle costruzioni, ma anche per le guide relative alla sicurezza.
Così come tradurre in più lingue tutta la segnaletica presente nei cantieri, o i materiali di presentazione della Cassa Edile e della Scuola Edile.
Altri contribuiti interessanti sono stati forniti rispetto a possibili soluzioni
alloggiative di tutti i lavoratori che non risultano essere residenti nel territorio dove è situato il luogo di lavoro. A tal proposito è interessante osser-
6 Galossi E. e Mora M., I lavoratori immigrati nel settore delle costruzioni. V Rapporto IresFillea, 2010.
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vare il contratto provinciale integrativo, del luglio del 2006, degli edili
dell’industria nella provincia di Bologna7, nel quale sono state disposte
misure volte a favorire la residenzialità della manodopera straniera ed
extra-regionale nella provincia bolognese, attraverso l’intervento della
Cassa Mutua Edile, e rappresenta uno dei primi tentativi di uniformare le
esigenze di tutti lavoratori, italiani e stranieri, cercando soluzioni comuni.
Questo stesso approccio volto al miglioramento delle condizioni abitative
dei lavoratori edili non residenti, è presente anche nel contratto provinciale integrativo della provincia di Piacenza8, ed anche in questo caso viene
offerto lo stesso trattamento per i lavoratori italiani e stranieri. Inoltre, in
numerosi contratti territoriali della Fillea, è presente un riferimento esplicito al periodo del Ramadan, rispetto al quale è previsto per i lavoratori di
religione musulmana, al posto del servizio della mensa, il riconoscimento
di un’indennità sostitutiva del pranzo. Per concludere, un ulteriore tema
che è stato affrontato da questa categoria è quello dell’assistenza sanitaria, attraverso l’attivazione all’interno dei protocolli di sorveglianza sanitaria - con il coinvolgimento delle strutture del Sistema Sanitario
Nazionale e di quelle convenzionate con il C.T. P. - per le visite mediche.
Attraverso questo protocollo si è voluta porre la giusta attenzione agli elementi culturali, propri dei lavoratori stranieri, rispetto alle visite mediche,
ad esempio con la presenza di mediatori linguistico-culturali presenti nelle
strutture medico-ospedaliere9.
Un ulteriore esempio in materia di immigrazione e contrattazione, che ha
riguardato la categoria della Fillea, è stata la piattaforma per il rinnovo
del contratto integrativo provinciale edili industria – artigiani e cooperative, con particolare riferimento alle provincie di Milano, Lodi e MonzaBrianza. Il testo di questo accordo offre senza dubbio un interessante
esempio di come la contrattazione di secondo livello possa svolgere la
sua funzione di regolamentazione e disciplina della materia del lavoro in
modo del tutto omogeneo, senza porre in essere nessuna differenza di
trattamento e di fruibilità dei diritti tra i lavoratori stessi, italiani e stranieri. Ovviamente poi esistono alcune questioni che vedono coinvolti e
riguardano esclusivamente i lavoratori stranieri e nella fattispecie di questo accordo il riferimento puntuale è ai corsi di lingua italiana, che verranno attivati attraverso l’importante sistema degli enti bilaterali.
Inoltre, è stato precedentemente osservato come questa categoria abbia
affrontato e posto al centro la questione della presenza dei lavoratori
7 http://www.filleacgil.it/integrativi/IntegrativoBologna10.7.06.pdf
8 http://www.filleacgil.it/integrativi/Piacenza_Integrativo%20Edili%202006.pdf
9 http://www.filleacgil.it/integrativi/FOedili.ind_03.HTM
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immigrati, anche rispetto al piano formativo nazionale per i quadri dirigenti della Fillea. Difatti a tal proposito la Fillea ha istituito, tra il 2009
ed il 2010, un master per i funzionari Fillea-Cgil “Sindacato
Multietnico”10, ovvero un corso di formazione sindacale rivolto a tutti i
dirigenti e funzionari Fillea, italiani e stranieri, all’interno del quale è stata
dedicata una particolare attenzione alle tematiche che interessano direttamente i lavoratori stranieri, come ad esempio la conoscenza della normativa italiana relativa all’immigrazione (Schengen, le modalità di ingresso e di soggiorno, l’ingresso ed il soggiorno per lavoro, la sicurezza
sociale ed i diritti degli abitanti stranieri); così come dei laboratori per la
promozione e l’incentivazione del dialogo interculturale; la conoscenza
delle politiche e dei rapporti sindacali internazionali, con particolare riferimento al diritto del lavoro rispetto al distacco di lavoratori comunitari e
non comunitari1. Inoltre, è stato anche istituito un modulo facoltativo di
perfezionamento della lingua italiana per i dirigenti ed i funzionari stranieri.
Infine, nel marzo del 2009, il Dipartimento Edilizia Fillea Nazionale ha
elaborato delle linee guida per la contrattazione territoriale, fornendo
indicazioni puntuali anche rispetto ai lavoratori immigrati, proprio in virtù
della loro presenza oramai strutturata all’interno di questo settore del mercato del lavoro. In questo caso l’attenzione è stata posta su diverse ed
importanti questioni tra cui, la formazione, definita in termini di corsi di
informazione/formazione preventivi all’assunzione. In questi corsi sono
state previste delle ore per l’apprendimento della lingua italiana, la presenza di un mediatore linguistico-culturale. Inoltre, è stato previsto, presso la Scuola Edile, la possibilità di sostenere dei colloqui/esami per il
riconoscimento dell’attestato delle qualifiche acquisite nel paese d’origine. Attraverso queste linee guida la categoria ha cercato anche di orientare, in parte, i fondi della Cassa Edile a favore di alcune esigenze dei
lavoratori immigrati, come la possibilità di concedere dei contributi economici per sostenere i costi legati al permesso di soggiorno, così come
riconoscere un contributo per la perdita di una giornata lavorativa per il
disbrigo delle pratiche relative al permesso di soggiorno. Infine, è stato
proposto di estendere i 3 giorni di congedo parentale. Così come di proporre, di concerto con il sistema bancario, un servizio che aiuti i lavoratori ad inviare le rimesse nei loro paesi d’origine.
10 http://www.filleacgil.it/Programma_Formazione_nazionale/
Master%20funzionari%20Sindacato%20Multietnico.html
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3. IL VADEMECUM: UNA PROPOSTA
Quindi, alla luce di quanto osservato, qui di seguito verranno proposte delle
indicazioni e delle linee guida, da considerare come uno strumento utile ai
delegati sindacali per la contrattazione, quando in una data azienda o in un
determinato territorio si registra la presenza di lavoratori che provengono da
paesi terzi. I termini nei quali però si deve declinare questa specifica e diffusa attenzione ai lavoratori stranieri non devono essere affatto escludenti,
andando a proporre modelli di contrattazione separata, decisamente pericolosi per tutta la classe dei lavoratori. Ovvero, come è stato già ampiamente
osservato, il principale obiettivo del vademecum è quello di uniformare il più
possibile le esigenze e le richieste di tutti i lavoratori, siano essi italiani o stranieri. Ovviamente esistono degli aspetti che riguardano in modo specifico soltanto coloro che provengono da altri paesi, come ad esempio i servizi preposti per le pratiche relative al permesso di soggiorno. Così come i corsi di lingua italiana. Comunque, fatte poche e puntuali eccezioni, all’interno delle
contrattazione di secondo livello bisognerebbe procedere verso una maggiore omogeneità di trattamento, considerando che quelle tematiche che ad oggi,
negli accordi aziendali e territoriali vengono dedicate esclusivamente ai lavoratori immigrati, nella pratica invece riguardano anche i lavoratori italiani,
come ad esempio, primo fra tutti, il già citato tema delle ferie continuative.
Elencheremo quindi tutti gli aspetti e le questioni che ad oggi, all’interno della
contrattazione di secondo livello, riguardano sicuramente i lavoratori immigrati e che sono emersi nel corso degli incontri tenutosi durante l’indagine. In
molti casi si tratta di disposizioni che coinvolgono tutti i lavoratori, e qui di
seguito ne verrà proposta un’interpretazione il più uniforme possibile tra i
lavoratori italiani ed immigrati. Dunque, i temi in questione sono:
AMBITI TEMATICI
Formazione
Informazione
Ferie e permessi
Condizioni di lavoro
Integrazione
Varie
CONTENUTI SPECIFICI
- I corsi di lingua italiana
- I corsi di formazione professionale e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro
- La traduzione multi lingue dei contratti di lavoro e del materiale
informativo
- Le agevolazioni rispetto alle pratiche relative al permesso di soggiorno
- Le ferie continuative
- Le disposizioni ed i permessi relativi ai precetti e pratiche religiose
- Incentivare la presenza di delegati stranieri
- La condizione alloggiativa dei lavoratori non residenti
- Utilizzo dei fondi degli enti bilaterali e delle casse di assistenza
- L'istituzione di protocolli di sorveglianza sanitaria
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3.1. Le disposizioni rivolte ai lavoratori italiani ed immigrati
Prima di entrare nel merito di ogni singola questione presente nella contrattazione di secondo livello, che verrà qui di seguito affrontata nell’ottica di
fornire un rapido strumento di consultazione ai principali protagonisti della
contrattazione, ci occuperemo della terminologia che viene utilizzata nei
testi degli accordi, relativamente ai lavoratori immigrati, offrendo alcune
indicazioni per rendere il più uniforme possibile il linguaggio.
Innanzitutto è stato osservato che i lavoratori che provengono da paesi terzi,
all’interno dei contratti di secondo livello vengono chiamati in modi differenti. “Immigrati”, “migranti”, “extracomunitari”, “stranieri”, “provenienti da
paesi terzi”. Alcuni di questi termini sono, in parte inesatti (es. migranti) ed
in parte sono caduti in disuso (es. extracomunitari).
Al momento della stesura di un accordo sindacale è importante porre la giusta attenzione ai termini utilizzati, da una parte per non incorrere in diciture poco corrette, e dall’altra per uniformare la terminologia all’interno dei
contratti. Dunque il modo più corretto per riferirsi a questo gruppo di lavoratori è, immigrati, stranieri, o persone che provengono da paesi terzi.
Un altro aspetto sul quale è importante porre la giusta attenzione riguarda
il fatto che attualmente nei contratti, tutte le disposizioni e misure che si riferiscono ai lavoratori stranieri, vengono trattate separatamente, in capitoli
puntuali a questi dedicati, anche se spesso si tratta di temi che coinvolgono
tutti i lavoratori.
Al momento della stesura dell’accordo, è importante che la divisione in capitoli di un testo di un accordo, avvenga considerando il tema, come ad esempio la formazione professionale e sulla sicurezza, o le ferie continuative, e
non rispetto al paese di provenienza dei lavoratori.
Qui di seguito verranno affrontate quelle questioni che ad oggi sono trattate separatamente per i lavoratori italiani e stranieri, in una sorta di “contrattazione parallela”, ma che invece rientrano nell’ambito dei diritti universali
e generali di ogni lavoratore e che quindi non devono indirizzarsi verso una
diversità di trattamento. Qui di seguito tali questioni verranno proposte in
una prospettiva di contrattazione uniforme tra lavoratori italiani e stranieri,
offrendo appunto delle linee guida che possono essere utili al sindacalista
al tavolo di trattativa.
Le ferie continuative
La possibilità di cumulare le ferie per poter recarsi nel paese d’origine, che
molto spesso prevede un viaggio intercontinentale per essere raggiunto, rappresenta una delle richieste più sentite da parte dei lavoratori stranieri, ma
allo stesso tempo costituisce uno dei maggiori terreni di scontro con i colleghi italiani, i quali a loro volta rivendicano le stesse esigenze, soprattutto
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coloro che vivono in una regione diversa da quella in cui lavorano. Basti ad
esempio pensare a quanti provengono dalle regioni del Sud, ma lavorano
nel Nord del paese: anche per questi lavoratori la possibilità di poter godere di ferie cumulative è molto importante. Quindi è proprio per questo che
nel corso degli incontri i rappresentanti delle diverse categorie coinvolte,
forti soprattutto della loro esperienza nei luoghi di lavoro, hanno pensato di
riformulare la questione delle ferie continuative all’interno dei contratti.
Ovvero proporre come discriminante per poterne beneficiare non più il
paese di provenienza, ma il fatto di avere o meno la residenza in un determinato territorio: in questo modo, con una clausola così formulata, vi rientrerebbero tutti i lavoratori che sono lontani dal proprio luogo d’origine e
non solo quindi coloro che provengono da paesi terzi.
Rispetto alla fruibilità delle ferie continuative, nel caso in cui all’interno di
una data azienda, o in un determinato territorio, alcuni dei lavoratori provengano da paesi terzi, o da regioni diverse da quelle dove ha sede il posto
di lavoro, è opportuno procedere nella stessa direzione, fornendo ad
entrambi questi gruppi di lavoratori la stessa possibilità nel poter cumulare
le ferie, in modo tale da avere più giorni di ferie consecutivi, utili a raggiungere il paese d’origine, sia esso in un’altra regione italiana o in un altro
paese.
Formazione professionale e sulla sicurezza
nei luoghi di lavoro
All’interno del mercato del lavoro italiano le diverse parti sociali sembrano
non dare il giusto peso al ruolo della formazione professionale e sulla sicurezza. Sarebbe auspicabile incentivare in generale la realizzazione di corsi
professionali, non solo al momento dell’assunzione, ma anche durante la
propria attività lavorativa e promuovere una formazione permanente.
In particolare, rispetto ai lavoratori immigrati si devono considerare altri due
aspetti. Da una parte infatti c’è la questione del riconoscimento delle qualifiche e delle competenze acquisite all’estero, tema questo ovviamente molto
sentito dai lavoratori stessi, ai quali il più delle volte non viene riconosciuta
l’equipollenza dei titoli ottenuti in altri paesi, sia per l’assenza di puntuali
accordi tra l’Italia ed i paesi d’origine, sia per le grandi lentezze e difficoltà del percorso burocratico-amministrativo che devono intraprendere per
tale riconoscimento. Dall’altra parte c’è il fatto che per coloro che provengono da paesi terzi sono comunque necessari ulteriori moduli formativi relativi a questioni più generali, quali ad esempio fornire le informazioni più
importanti relative alla normativa italiana sul lavoro, con riferimenti puntuali al settore produttivo di competenza.
I corsi di formazione professionale, così come il riconoscimento delle com17
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petenze pregresse, sono dunque importanti per tutti i lavoratori, anche ai fini
di un giusto inquadramento contrattuale, per evitare il fenomeno, diffuso
soprattutto tra i lavoratori stranieri, per cui la maggior parte di loro si trova
relegato nelle qualifiche più basse, senza alcuna valorizzazione e specificazione delle proprie conoscenze. Ovviamente non vanno dimenticati i corsi
relativi alle norme sulla sicurezza.
I corsi di formazione professionale e di sicurezza sul lavoro, devono essere
rivolti a tutti i lavoratori, italiani e stranieri, nelle stesse modalità. Non dimenticando che si dovrebbero però istituire dei moduli aggiuntivi, rivolti a coloro che provengono da altri paesi, relativi a questioni più generali, come ad
esempio alcune informazioni rispetto alla normativa italiana.
I precetti religiosi
Il tema relativo ai precetti religiosi si presta facilmente ad interpretazioni
ambigue ed equivoche. Molti ritengono erroneamente che tali disposizioni
coinvolgano soltanto coloro che provengono da paesi terzi, in quanto portatori di altre culture e religioni. In realtà, come noto, la religione professata e praticata prescinde dal paese di provenienza; pertanto, quest’ultimo
non può essere il presupposto per interpretare ed applicare tutte le disposizioni relative ai precetti religiosi. Tale presupposto va piuttosto ricercato nel
concetto di libertà religiosa dell’individuo, così come garantito dall’art. 19
della nostra Costituzione.
In particolare, il riferimento alle disposizioni religiose all’interno dei contratti si presenta rispetto a due questioni fondamentali. Innanzitutto, le disposizioni relative alla mensa, ovvero il fatto di rispettare determinate regole alimentari, così come la possibilità di prevedere l’indennità sostitutiva del pranzo per chi, in determinati periodi dell’anno e in osservanza della propria
fede religiosa, si astenga dal pasto diurno (es. Ramadan per l’Islam). In
secondo luogo, una questione sempre più sentita è quella che riguarda i permessi retribuiti a coloro che non si riconoscono nella tradizione religiosa cattolica, con uno sfasamento dei giorni di festività osservati rispetto al nostro
calendario.
Nel momento in cui sono presenti lavoratori che praticano religioni diverse
da quella cattolica, a prescindere dal loro paese d’origine, questi devono
essere messi nelle condizioni di poter praticare il proprio culto. Questo va
garantito nel rispetto delle norme igienico-alimentari (es. servizi mensa),
oltre che nei termini di poter godere di permessi speciali retribuiti, per poter
celebrare quelle festività, relative ad altri culti, per le quali non sono previsti particolari giorni di vacanza. Infine, è importante un riferimento puntuale rivolto solo a coloro che professano l’Islam, per i quali, durante il periodo del Ramadan vengono stabilite delle indennità sostitutive dei pasti.
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Utilizzo dei fondi degli enti bilaterali
e delle casse di assistenza
È interessante osservare come alcune categorie nella fase della contrattazione pongano sempre più attenzione all’utilizzo dei fondi e dei servizi degli
enti bilaterali e delle casse di assistenza nel sostenere alcuni bisogni dei
lavoratori. Attualmente non viene posta la giusta attenzione alla destinazione di questi fondi all’interno della contrattazione.
Rispetto ai lavoratori immigrati sono state proposte diverse possibili destinazioni nell’utilizzo di questi fondi. Fornire un contributo per le spese delle pratiche relative al permesso di soggiorno; attivare la prestazione sanitaria da
estendere ai familiari che si trovano nel paese d’origine; contribuire al pagamento del biglietto aereo per ritornare a casa almeno una volta all’anno;
sostenere il pagamento delle spese per l’asilo dei figli.
Alcune di queste proposte possono riguardare anche i lavoratori italiani,
come ad esempio il contribuito per il pagamento del viaggio per ritornare
nel proprio luogo di origine, per visitare la famiglia, così come un sostegno
per le spese per l’asilo per i figli. A queste proposte di destinazione dei fondi
se ne possono aggiungere delle altre, sempre in virtù del principio per cui
l’utilizzo di questi fondi sia fruito in egual misura da tutti i lavoratori.
La questione alloggiativa dei lavoratori non residenti
La condizione alloggiativa per i lavoratori che non risiedono nello stesso territorio dove si trova il luogo di lavoro è una questione di vitale importanza.
Ovviamente in questo contesto rientrano non solo coloro che provengono da
paesi terzi, ma anche coloro che provengono da altre regioni diverse da
quelle dove a sede il luogo di lavoro. In questo modo quindi si possono evitare soluzioni discriminatorie e probabilmente questo tipo di soluzione rappresenta uno dei primi tentativi di uniformare i trattamenti contrattuali dei
lavoratori italiani e stranieri.
Per quanto concerne la condizione alloggiativa l’invito è a proseguire in
questa direzione, ovvero, anche in questo caso, non considerare i lavoratori beneficiari di determinate disposizioni rispetto all’abitare in base alla
nazionalità, ma in base al fatto di non essere residenti del territorio dove si
trova il luogo di lavoro, quindi includendo e disponendo lo stesso trattamento anche per coloro che provengono da un’altra regione italiana.
3.2. Le disposizioni rivolte ai soli lavoratori immigrati
In questa seconda parte verranno presentate quelle tematiche che riguardano esclusivamente coloro che provengono da paesi terzi, poiché questi,
nonostante siano prima di tutto lavoratori, allo stesso tempo, poiché provengono da un altro paese, sono sottoposti ad un determinato sistema di norme
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e procedure e quindi portatori di specifiche esigenze, prime fra tutte quelle
relative alla lingua e al permesso di soggiorno.
I corsi di lingua italiana
I corsi di lingua italiana riguardano ovviamente soltanto i lavoratori stranieri. Prima di tutto però è importante porre l’attenzione rispetto alla terminologia utilizzata all’interno dei contratti. Accade infatti che nella maggior parte
dei contratti che sono stati consultati viene fatto riferimento a dei corsi di
alfabetizzazione, che in teoria dovrebbero essere rivolti soltanto a coloro
che non sanno leggere e scrivere in nessuna lingua, neanche nella propria
lingua madre, mentre nella maggior parte dei casi questi lavoratori sono
ampiamente alfabetizzati.
Proprio per questo motivo, sarebbe più corretto utilizzare l’espressione corsi
di lingua italiana per lavoratori immigrati e non corsi di alfabetizzazione, ma
nel contratto specificare la possibilità di istituire differenti livelli di corsi di lingua italiana, in base alle conoscenze linguistiche dei lavoratori interessati.
La traduzione multilingue dei contratti
e del materiale informativo
I testi dei contratti e del materiale normativo ed informativo, come ad esempio le disposizioni relative alla sicurezza, tradotti in più lingue, ad oggi
sono ancora poco diffusi. Addirittura, come è stato osservato da alcuni delegati nel corso degli incontri, in molti casi il lavoratore straniero non conosce
affatto il contenuto del contratto che va a firmare. Il recupero della lacuna
linguistica rappresenta così una concreta modalità per evitare di sottoscrivere condizioni contrattuali svantaggiose o ingannevoli, se non addirittura atti
pregiudizievoli (dimissioni in bianco, rinunce, transazioni…).
La traduzione in più lingue è dunque molto importante, anche nel rispetto
del principio delle pari opportunità.
Non ci si deve però limitare soltanto alla traduzione del testo del contratto individuale, ma si vuole estendere tale pratica a tutti i documenti ed alle disposizioni che vengono comunicati ai lavoratori, quindi dal materiale informativo, alle
disposizioni sulla sicurezza, a tutta la segnaletica presente nei luoghi di lavoro.
Incentivare la presenza di delegati stranieri
Incentivare la presenza di delegati stranieri nei luoghi di lavoro deve essere uno
degli obiettivi del sindacato. Difatti l’esigenza di una sempre più consistente presenza di delegati stranieri, oltre ad essere un degli indicatori del crescere e del
consolidarsi del numero di immigrati all’interno del mercato del lavoro italiano,
rappresenta anche un importante indicatore di quanto i lavoratori stranieri partecipino alle attività sindacali. Infatti le poche ricerche condotte sull’argomento,
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così come diverse testimonianze riportate dagli stessi delegati sindacali, italiani
e stranieri, hanno sottolineato il fatto che più consistente è il numero di delegati
stranieri nei luoghi di lavoro, maggiore è il numero di lavoratori immigrati che si
iscrive al sindacato, proprio perché ritiene di sentirsi più rappresentato.
Questo discorso ovviamente è ancora più sentito in un territorio come quello
di Milano e della sua provincia dove la presenza di immigrati all’interno del
mercato del lavoro è la più alta d’Italia. Allo stesso tempo però non bisogna
sostenere l’idea per cui è solo attraverso una crescente rappresentanza di
delegati di origine straniera che si incentiva una maggiore partecipazione
dei lavoratori immigrati alle attività sindacali ed alla tutela dei diritti in generale. Anzi, bisogna assolutamente scongiurare il fenomeno per il quale “gli
stranieri rappresentano gli stranieri”, perché in questo modo si andrebbe ad
alimentare un meccanismo di rivendicazione separata dei diritti.
Si deve sicuramente incentivare una maggiore presenza di delegati provenienti da paesi terzi all’interno dei luoghi di lavoro, senza perseguire l’idea
che i delegati stranieri debbano rappresentare i lavoratori immigrati ed i
delegati italiani gli autoctoni.
Agevolazioni rispetto alle pratiche relative
al permesso di soggiorno
Vista l’importanza del permesso di soggiorno nella vita lavorativa, e non solo,
degli immigrati, i delegati sindacali di diverse categorie hanno proposto di
agevolare i lavoratori stessi nel disbrigo delle pratiche relative al documento
di soggiorno attraverso l’attivazione di alcuni servizi dedicati. Prima di tutto è
stato pensato di istituire nei luoghi di lavoro dei servizi adibiti proprio alla
gestione di tali pratiche – che vanno dal rinnovo del titolo di soggiorno, alle
procedure relative al ricongiungimento – in modo tale che il lavoratore non sia
costretto a perdere giornate di lavoro per recarsi negli uffici preposti.
Oppure è stato ipotizzato di attivare dei permessi speciali dedicati proprio
allo svolgimento di queste pratiche che fanno parte della vita di ogni lavoratore immigrato. Infine, nel corso degli incontri alcuni dei rappresentanti di
categoria presenti hanno anche proposto un maggior coordinamento tra i
luoghi di lavoro e le strutture dell’Inca che si dedicano ai permessi di soggiorno e a tal proposito si auspica che il percorso già intrapreso con alcuni
delegati all’immigrazione, attraverso degli specifici corsi di formazione,
possa continuare e coinvolgere il maggior numero possibile di delegati11.
11 In questo caso ci si riferisce ad un corso di formazione tenutosi nel 2010, presso la Camera
del Lavoro Metropolitana di Milano, rivolto ai delegati all’immigrazione, dedicato alla
prenotazione on-line degli appuntamenti all’Inca per le pratiche di richiesta / rinnovo dei
permessi di soggiorno e di ricongiungimento familiare direttamente nei luoghi di lavoro,
tramite una semplice connessione Internet.
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Lo spirito di fondo è quello di far sì che le strutture sindacali presenti nel
luogo di lavoro agevolino, in base a disposizioni presenti nel contratto,
l’espletamento delle procedure relative al permesso di soggiorno. Questo
sostegno si può realizzare attraverso diverse modalità. Istituire nei luoghi di
lavoro degli sportelli preposti allo svolgimento di tali pratiche; attivare dei
permessi lavorativi specifici per le procedure relative al permesso di soggiorno; intensificare un maggiore coordinamento con le strutture dell’Inca.
I protocolli di sorveglianza sanitaria
All’interno di alcuni contratti aziendali e territoriali sono state previste particolari disposizioni relative all’assistenza sanitaria dei lavoratori provenienti
da paesi terzi. Queste misure puntuali consistono essenzialmente nel predisporre all’interno delle strutture sanitarie dei servizi di mediazione linguistico-culturale, attraverso l’attivazione dei protocolli di sorveglianza sanitaria.
Difatti la proposta che alcune categorie cercano di portare avanti, è quella
di inserire all’interno di tali protocolli la presenza di mediatori, per superare le difficoltà legate alla lingua e per mettere a confronto le tradizioni culturali, sociali ed igenico-sanitarie, con fini di profilassi preventiva.
All’interno dei protocolli di sorveglianza sanitaria bisogna predisporre delle
misure volte a porre la dovuta attenzione alle tradizioni culturali dei lavoratori stranieri, ovvero attraverso la presenza di mediatori linguistico-culturali
presso le strutture sanitarie ed ospedaliere. Nell’attuare questa disposizione
è previsto il coinvolgimento delle strutture del Sistema Sanitario Nazionale
e di quelle convenzionate con i C.T.P. per le visite mediche.
Per concludere riportiamo in maniera schematica di seguito le disposizioni
sopra analizzate relative alla contrattazione rivolta sia ai lavoratori italiani
e stranieri sia quelle specifiche per i soli lavoratori immigrati.
Le disposizioni per i lavoratori italiani ed immigrati
- Ferie continuative;
- Formazione professionale e sicurezza nei luoghi di lavoro;
- Precetti religiosi;
- Utilizzo fondi Enti bilaterali e delle casse di assistenza;
- Questione alloggiativa dei lavoratori non residenti;
Le disposizioni specifiche per i lavoratori immigrati
- Corsi di lingua italiana;
- Traduzione multilingue dei contratti e del materiale informativo;
- Incentivare la presenza di delegati stranieri;
- Agevolazioni per le pratiche relative al permesso di soggiorno;
- Protocolli di sorveglianza sanitaria.
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IDEE PER RACCOGLIERE UNA SFIDA
La costituzione del Dipartimento Politiche dell’Immigrazione, sancita nei
dispositivi dell’ultima Conferenza di Organizzazione della Camera del Lavoro
Metropolitana di Milano, sta rappresentando una sfida quotidiana per l’intera
CGIL milanese, e la pubblicazione di questa indagine costituisce un’importante
risposta affermativa a quell’impegno.
A prescindere dai risultati raggiunti e riportati nero su bianco in queste pagine,
è comunque significativo che per la prima volta le Federazioni di Categoria di
un territorio come il nostro si siano strette periodicamente intorno a un tavolo
per condividere ed elaborare le proprie politiche contrattuali in materia di
immigrazione. Il metodo di lavoro seguito per la conduzione dell’indagine
(condotta dall’Osservatorio sulle Migrazioni dell’Ires Nazionale) costituisce
quindi un valore in sé e rappresenta un significativo avanzamento nel modo di
collaborare delle nostre strutture sindacali, anche su materie così rilevanti e
delicate.
A questo proposito va detto che quanto il Dipartimento Immigrazione saprà
essere un effettivo centro di sintesi delle politiche della Cgil milanese in materia
di immigrazione, dipenderà in larghissima misura dal contributo e dagli stimoli
provenienti dalle esperienze sul campo raccolti dalle Categorie e dai loro
funzionari e delegati. In mancanza, rischia di rivelarsi poco più che una buona
intenzione.
Fortunatamente non partiamo da zero, e abbiamo alle spalle la recente
esperienza dei “delegati all’immigrazione” con cui abbiamo portato
direttamente nelle aziende, attraverso delegati formati appositamente dalle
strutture confederali, il servizio di prenotazione all’Inca dell’appuntamento per
il rinnovo del permesso di soggiorno o per il ricongiungimento familiare, per
un totale di circa quaranta delegati formati ed una vastissima platea di
potenziali richiedenti (oltre che di potenziali iscritti per le Categorie).
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Da un punto di vista organizzativo, questa è stata l’occasione per mettere
mano ai nostri canali di comunicazione interna, e per progettare un sistema
informatizzato di trasferimento dei dati “in tempo reale” tra Categorie,
Dipartimento Immigrazione e Patronato Inca. In quest’ottica abbiamo anche
provato a rendere più efficace la nostra comunicazione su internet, attraverso il
nostro nuovo sito (www.cgil.milano.it/immigrazione), concepito anch’esso
come strumento di lavoro per i nostri funzionari e delegati, su cui condividere e
reperire documentazione e informazioni, oltre che come tradizionale “vetrina”
dei nostri servizi.
Accanto a questo ambito di intervento sta poi l’incessante (e faticosa) attività
di “contrattazione sociale” ovvero quell’insieme di rapporti, prassi e protocolli
più o meno formalizzati che il Dipartimento Immigrazione, insieme alle altre
associazioni sul territorio, ha intessuto nel tempo e percorre quotidianamente
con gli organi istituzionali preposti al rilascio dei permessi di soggiorno e alle
procedure di ricongiungimento, emersione e regolarizzazione dei lavoratori
stranieri. Anche in quei frangenti, per un sindacato confederale, si misura la
capacità di tutela dei diritti dei lavoratori migranti, entro un quadro normativo
e burocratico che troppo spesso prescinde dalle reali condizioni di vita e di
lavoro di questi nuovi cittadini, contribuendo anzi ad aggravare le loro vite
familiari e professionali di ulteriori incertezze e ritardi.
I circoli virtuosi avviati da iniziative come quella del presente vademecum
vanno quindi al di là del mero “servizio” al cittadino immigrato, incoraggiando
al contrario un atteggiamento, rispetto alla tematica del lavoro straniero, che
non trascuri la natura sindacale delle nostre azioni e l’intreccio tra tutte le
strutture della nostra organizzazione.
Abbiamo detto nuovi metodi di lavoro, intreccio delle strutture, presenza dei
servizi del sindacato nelle aziende, più efficace comunicazione interna ed
esterna, contrattazione con le istituzioni e il territorio. Queste sono alcune delle
direttrici strategiche su cui la Camera del Lavoro di Milano sta impegnando
risorse e assumendo iniziative. È sufficiente? Forse la risposta la si può
intravedere considerando la natura più profonda del nostro impegno, che ci
chiede di rappresentare e tutelare collettivamente (in primo luogo contrattando
migliori condizioni con le controparti) gli interessi di chi lavora e partecipa alla
ricchezza del Paese.
Di tutti questi approcci, quindi, la contrattazione di secondo livello rappresenta
forse la frontiera più interessante e inesplorata di quanto il sindacato, e in
particolare la Cgil, possa ancora fare per meglio rappresentare e tutelare i
lavoratori stranieri. Possiamo considerare questa pubblicazione, vero e proprio
strumento di lavoro per funzionari e delegati che si trovino ad affrontare il
tema, come un piccolo passo in avanti lungo questo complesso ma affascinante
cammino.
Riccardo Piacentini
Responsabile Dipartimento Politiche dell’Immigrazione – CdLM Milano
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