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Via Roma, 125 - 04019 TERRACINA (LT) ( 0773 702877 – Fax 0773 702083 [email protected] DIPARTIMENTO BIENNIO COMUNE ADOLESCENTI IMMIGRATI UN'OCCASIONE PER RIPENSARE LA SCUOLA "Qualche volta viene voglia di levarseli di torno (i ragazzi più difficili). Ma se si perde loro, la scuola non è più la scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati". (Don Lorenzo Milani) Forse è tempo di tornare a Barbiana! … alcuni dati e una riflessione 1 2 C'è un disagio giovanile in Occidente che ha l'onore della cronaca solo quando diventa tragedia. Un disagio che in Europa ha ormai un'icona: le banlieu di Parigi, la protesta assordante dei giovani figli di immigrati scoppiata due anni fa e ormai archiviata dalla cronaca, ma che brucia ancora sottopelle. Ragazzi nati in Francia ostaggi di due mondi. Troppo magrebini per essere francesi eppure troppo francesi per essere magrebini: ovunque cittadini di serie B, dall'identità sospesa, traditi e arrabbiati. Una protesta che fu un pugno nello stomaco della vecchia Europa, che forse si considerava a torto più aperta e cosmopolita. Hanno fallito tutti i nostri modelli d’integra-zione? Che fine faranno questi ragazzi? Domande che rimbalzarono in Italia, che puntarono i riflettori sulle nostre periferie, mentre a scuola i compagni di banco dei nostri figli erano sempre più colorati e plurilingue. Allora, come oggi, le domande sono le stesse: la scuola, questa scuola è in grado di accogliere aspirazioni e differenze, di mediare conflitti, di aprire prospettive, di creare nuovi orizzonti comuni di vita e di valori? Possiamo, insomma, dimenticare Parigi? Il Responsabile del Dipartimento Biennio Comune Prof. Emilio Ialongo 3 CONFRONTI MODELLI D'INTEGRAZIONE FUSIONE (USA, AUSTRALIA) È il cosiddetto Melting pot: ossia il miscuglio di popoli che nel tempo dovrebbe portare a una società omogenea, frutto della fusione delle singole culture. Il modello non sembra dare i frutti sperati in quanto ghetti e discriminazioni sono ancora molto presenti negli Stati che l'hanno adottato. ASSIMILAZIONISTA (FRANCIA) L'immigrato deve "assimilare", fare propria la cultura del Paese ospitante, dimenticando la propria. Cosa che si sta rivelando assai difficile: nella pratica le radici riaffiorano creando scompensi affettivi, psicologici e sociali. MULTICULTURALE (OLANDA, GRAN BRETAGNA, SVEZIA) Si dà alle diverse culture un valore e una dignità propri, accettando il pluralismo. Il limite è dato dal fatto che le culture non entrano in relazione tra loro, ma creano "piccole patrie", autosufficienti e impermeabili. SEPARATISTA (GERMANIA) In questo modello scolastico, i bambini stranieri vivono in classi separate, dove s'insegna la lingua nuova, ma anche si mantiene quella originaria. La prospettiva è quella di un rientro, presto o tardi, in patria. Gli scambi relazionali sono limitati al mondo produttivo. 4 lNTERCULTURALE (ITALlA ) È il nostro modello, almeno a giudicare dalle circolari ministeriali che dai primi anni '90 ne esaltano il valore etico e sociale. È il modello della pedagogia del dialogo, dello scambio, della contaminazione reciproca, del riconoscimento delle culture e degli individui. Il limite di questo modello è che spesso vive solo nelle "Carte" e fatica, senza risorse e progettualità concrete, a farsi strada nella pratica quotidiana. UN’IMMIGRAZIONE MOLTO SPECIALE Sulla carta l'Italia è all'avanguardia: il nostro modello d’integrazione, recitano le circolari ministeriali, è quello interculturale: il nostro Paese, cioè, non si limita a convivere con le diverse culture (multiculturismo) ma ha deciso di interagire con esse. A che punto siamo? "Si deve fare ancora molta strada ma l'Italia ha davanti a se l'occasione di costruire una vera società interculturale, pacifica e feconda, è l'affermazione sorprendente di Graziella Favaro, pedagogista e membro del Comitato Scientifico sull'integrazione degli alunni stranieri del Ministero dell'Istruzione; la nostra immigrazione, ormai giunta a 3 milioni di unità, è diversa da tutti gli altri flussi migratori europei. Abbiamo le carte per creare concretamente un nuovo modello, tagliato su misura, a cominciare proprio dalla scuola". E gli assi nella manica sono molti. I nostri immigrati provengono da più paesi e vivono soprattutto nei piccoli centri piuttosto che nelle grandi città, come avviene all'estero: ciò significa che, salvo eccezioni, non ci sono concentrazioni di un'unica nazionalità, con conseguente creazione di ghetti e di gruppi chiusi. 5 Altra caratteristica tutta italiana è che l'immigrazione per il 50 per cento è al femminile ed è ormai un dato comprovato che "le immigrate sono più propense alle relazioni, ad accorciare le distanze con la popolazione ospitante, a rivolgersi ai servizi". Ma ciò che più sorprende è un altro dato: la popolazione immigrata in Italia ha un tasso di scolarizzazione superiore rispetto alla popolazione autoctona, vale a dire che in proporzione ci sono più diplomati e laureati tra gli immigrati che tra gli italiani. Con conseguenze di grande portata: "Un genitore più istruito -continua Favaro -può sostenere molto più attivamente l'integrazione positiva dei suoi figli e ha grandi aspettative nei confronti della scuola e della società". Luci su cui si addensano possibili ombre, se non si presta sufficiente attenzione ai rapidi cambiamenti in corso. E i cambiamenti più importanti stanno avvenendo proprio nella scuola. Il primo riguarda il numero di alunni nelle nostre classi: dalle 50 mila unità del 1995/96 alle oltre 500 mila del 2006/07. Un'ascesa rapidissima, unica in Europa. In alcune regioni del Nord ci sono classi in cui la presenza di alunni immigrati eguaglia, e a volte addirittura supera, quella degli italiani. Alunni, tra l'altro, di provenienza e culture diversissime. Il secondo cambiamento, forse il più significativo, è l'inserimento improvviso e massiccio di migliaia di adolescenti nella nostra scuola superiore, fino a soli due anni fa neppure toccata dal fenomeno. In appena un anno gli studenti iscritti alle superiori hanno avuto un incremento pari al 38,2 per cento contro il 13,6 per cento della scuola primaria e il 14,5 per cento delle medie. Un cambiamento dovuto soprattuttto ai ricongiungimenti fami1iari. Anche il dato interno al nostro istituto rileva un incremento: gli allievi immigrati, nell’anno scolastico 2006-2007 erano il 4,9 per cento del totale degli allievi; nell’anno scolastico 20072008 sono il 5,2 per cento degli iscritti. 6 Nel frattempo, la seconda generazione di immigrati, i bambini nati qui, per intenderci, sono ormai avanti negli studi e presto confluiranno alle superiori che di fatto stanno diventando il nuovo avamposto, il luogo di confine dove avverrà, e forse è già iniziata, la seconda fase, quella più difficile, della grande avventura dell'interculturalità in Italia. SCUOLA SUPERIORE: la nuova sfida Per un bambino piccolo è più facile inserirsi: un po' perchè il suo livello di sviluppo lo rende più flessibile, un po' perchè le scuole materne ed elementari sono strutturalmente più accoglienti e preparate, confrontandosi da tempo con il fenomeno. Un adolescente è più esposto e fragile: "Oltre alle sfide legate alla sua età -afferma Favaro- deve affrontare quelle causate dall'immigrazione: la paura del viaggio, il distacco dai legami affettivi sedimentati fino a quel momento, l' apprendimento di una nuova lingua e di nuovi codici di comportamento, lo sforzo di stabilire una quotidianità con un genitore che magari non vede da anni, l'essere continuamente in bilico tra due culture". A ciò si aggiunge la precarietà tipica della vita di molti immigrati: cambi improvvisi di lavoro e città, che per i più giovani si traducono in ulteriori distacchi e difficoltà. Pesano anche le etichette razziali, purtroppo sempre più frequenti, e il dover spesso fare da genitori ai propri genitori: "Molti ragazzini fanno da ponte tra gli adulti e la nostra società, parlano con i medici, con gli insegnanti: un'iperresponsabilità che inverte il ruolo genitore - figlio". Un fardello degno di Sisifo, proprio nell'età dell' incertezza. Ragazzi in bilico quindi, che spesso approdano alla scuola superiore un pò come marziani sulla terra. E le conseguenze dell'atterraggio sono già visibili. Le difficoltà si manifestano in diversi modi: abbandono scolastico, risultati scolastici più scadenti rispetto ai coetanei italiani; scelta di studi secondari di secondo grado più brevi e meno esigenti. 7 Qualche numero per capire il divario: il risultato scolastico degli alunni stranieri è inferiore rispetto ai coetanei italiani di 3,2 punti percentuali alle elementari; 7,9 alle medie; 12,8 alle superiori. Limitata anche la scelta della prosecuzione degli studi: più del 40 per cento dei ragazzini immigrati scelgono gli istituti professionali, contro il 20 per cento della media nazionale. Divari pericolosi che alla lunga potrebbero diventare voragini, costruire barriere e vulnerabilità sociale, azzerare il vantaggio che le caratteristiche positive della nostra immigrazione oggi ci stanno offrendo. Fatta la diagnosi, individuati i punti di forza e di debolezza, noi al Filosi come ci stiamo muovendo? Abbiamo predisposto nell’anno scolastico 2007-2008, un servizio per aiutare gli allievi frequentanti il nostro istituto nell’apprendimento della lingua italiana, prima quella di base poi quella dello studio; nel primo trimestre un corso di alfabetizzazione al quale seguirà un corso di potenziamento linguistico nel pentamestre. Su proposta ed elaborazione della Dirigenza scolastica è stato avviato un progetto volto ad iniziative educative e culturali integrative delle attività scolastiche (L.R. n. 29/92) mirante a creare un Laboratorio di ricerca sulle tradizioni culinarie del territorio locale e delle terre di provenienza degli immigrati, onde favorire il rafforzamento delle competenze relazionali per l’integrazione sociale. 8 Ben coscienti che questo è un primo passo perché in un immediato domani dovremmo approntare iniziative per smussare il divario di risultati e opportunità con i coetanei, valorizzando le differenze, l’esperienza, la lingua, la cultura che questi ragazzi possono trasferire ai nostri, combattendo ogni discriminazione e pregiudizio, oggi purtroppo sempre più diffusi tra i giovani. È una sfida che richiede fatica, disponibilità! Come docenti non siamo preparati: troppo veloce il fenomeno. Si è passati dalla curiosità della prima ora alla paura. Le nostre classi sono sempre più complesse perché complessa è la società. Sono presenti diversità di genere, di classi sociali, di famiglie variamente composte. Vi sono allievi con disabilità, con carenze affettive. In ultimo ci sono gli alunni stranieri. Vi è un panorama variegato che ogni mattina, quando ci chiudiamo alle spalle la porta dell’aula, dobbiamo ripensare. Dobbiamo imparare ad accettare la ricchezza immensa di sentirci addosso “un’identità multipla”, fluida, ricca di tanti apporti e perciò aperta ed accogliente. È necessario, allora, ridare priorità all’ascolto e alla relazione educativa che spesso abbiamo tralasciato per il “programma”, il “pagellino”, il “giudizio”. Gli alunni stranieri forse sono venuti in tempo nelle nostre classi per ricordarci che un ripensamento è possibile. 9 PARERE DELLA PSICOLOGA (Claudia Bruni esperta di prevenzione in ambito scolastico) Quali sono le difficoltà maggiori di un adolescente straniero? Il passaggio dall'infanzia all'adolescenza può essere in varia misura caratterizzato da ansie di tipo depressivo, per ciò che si lascia e le parti di sé che si perdono, o di tipo persecutorio, di fronte al non senso dei cambiamenti, o ancora di tipo confusionale, prodotte dall'insieme di noto e ignoto. Gli adolescenti stranieri, in particolare quelli che si ricongiungono ai genitori già in Italia, è come se dovessero lasciare contemporaneamente due paesi: quello dell'infanzia e quello delle origini e ciò amplifica ulteriormente la sensazione di incertezza e transizione. Un rischio può essere quello di rimanere su una gamba sola, assimilandosi totalmente alla cultura ospitante oppure, all’opposto, irrigidendosi difensivamente sulle proprie origini. Come si può allora stare in piedi e muoversi? Bisognerebbe davvero poter contare su tutte e due le gambe. Per poter così attraversare e riattraversare il ponte tra le due sponde. Quali sono le ricchezze che un adolescente immigrato può trasmettere ai compagni e alla società ? Mi viene in mente la bella immagine del mantello di Arlecchino fatto di tanti diversi tessuti di tutti i colori e di tute le forme. Perché la nostra identità non può esser fatta di tante parti in un dosaggio sempre diverso a seconda delle circostanze della vita? Perchè non può essere la somma delle nostre diverse appartenenze senza immaginarne una unica che diviene spesso strumento di esclusione delle altre? Un ragazzino straniero può aiutarci a uscire dalle nostre strette divise monocolore attraverso la sua fatica di vestirsi da Arlecchino. 10 C'e' qualcosa che noi non riusciamo a cogliere, ma che può ferire un ragazzo immigrato? Nel rispetto dell'universalità dell'umano bisogna riconoscere che la differenza è fondamentale. È dunque importante evitare il pregiudizio di volerci considerare tutti uguali. Esso comporta il rischio di non valorizzare la diversità, di negarla, di fingere di non vederla. Così facendo rendiamo i ragazzini stranieri invisibili, ferendoli per non esserne feriti. Per entrare in contatto reale con un adolescente straniero che cosa dovrebbe fare un compagno di scuola, un insegnante, una famiglia italiana che si trova a incontrarlo? Un compagno potrebbe chiedergli come si chiama, da dove viene, dove vorrebbe andare..., certo. Ma non dovrebbe mai dimenticarsi di chiedergli anche come sta. Un insegnante dovrebbe ricordarsi e ricordare ai suoi allievi che è il nostro sguardo che rinchiude gli altri in una sola limitante appartenenza, ma è anche il nostro sguardo che può aiutarli a liberarsi da questa. Una famiglia italiana dovrebbe riflettere sul fatto che se il lontano diventa vicino ci si sente meno minacciati e ci si può aprire a uno scambio reciproco e arricchente. È una sfida ma anche un regalo che nella complessa epoca in cui viviamo ci possiamo fare. Si ringrazia la prof.ssa Muccitelli e le allieve Palmieri e Marzella della 2°F per la collaborazione nel lavoro grafico. Per chi voglia approfondire la problematica, si consigliano i seguenti testi: Claudia Bruni – Ascoltare altrimenti. Adolescenti stranieri a scuola. Ed. Franco Angeli. Graziella Favaro, Monica Napoli – Ragazze e ragazzi nella migrazione. Ed. Guerini. 11 ISTITUTO PER PROFESSIONALE DI STATO I SERVIZI COMMERCIALI, TURISTICI E SOCIALI “ALESSANDRO FILOSI” 12