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SOMMARIO
ITINERARI MEDIALI
ANNO III
GENNAIO/FEBBRAIO 2002
N.1
SAGGI
Spedizione in abb. postale
45% Art. 2 comma 20/b
Legge 662/96
Filiale di Torino
Registrazione Tribunale
di Roma
n. 567/99 del 1-12-1999
Direttore responsabile:
Dario Edoardo Viganò
Direzione e redazione:
ACEC
Via Nomentana, 251
00161 Roma
Tel. 06 4402273
Fax 06 4402280
[email protected]
www.acec.it
Editore:
Effatà Editrice
Via Tre Denti, 1
10060 Cantalupa (To)
Tel. 0121 353452
Fax 0121 353839
[email protected]
www.effata.it
Hanno collaborato:
Ezio Alberione, Federico Calamante,
Silvia Colombo, Matteo Columbo,
Vincenzo Corrado, Livio De Marie,
Fabrizio Fiaschini, Luigi Filippi, Barbara
Franco, Alessandro Franzini, Raffaella
Giancristofaro, Stefano Gorla, Enrica
Mancini, Guido Michelone, Angelo
Pinto, Federico Pontiggia, Giovanni
Robertini, Giorgio Simonelli, Aldo
Maria Valli, Sara Ventroni, Stefano
Zenni.
5
Pop e musica
11
Musica e jazz
18
Musica e versi
di Guido Michelone
di Stefano Zenni
di Sara Ventroni
RUBRICHE
23
FILM ANALISI
Il nostro Natale
di Silvia Colombo
A tempo pieno
di Matteo Columbo
Santa Maradona
di Federico Calamante
Paul, Mick e gli altri
di Raffaella Giancristofaro
Gocce d’acqua su pietre roventi
di Giovanni Robertini
43
HOME VIDEO
I cavalieri che fecero l’impresa
Grafica: Guido Pegone
Il mestiere delle armi
Stampa: Tipografia Stargrafica
Grugliasco (To)
Quasi famosi
Canone di abbonamento:
Una copia: 6.20
Annuo (6 numeri): 26.00
Versamento su c/c postale
n.33955105 intestato a:
Effatà Editrice
Via Tre Denti, 1
10060 Cantalupa (To)
Shrek
di Alessandro Franzini
47
FUMETTO
Tremate, tremate
le streghe son tornate
di Stefano Gorla
51
TEATRO
Il banchiere errante
Finanzieri e mendicanti
di Barbara Franco
57
MUSICA
I teatri lirici e i nuovi media
di Angelo Pinto
Tora! Tora! 2001 (Autori Vari)
Opere complete (Giorgio Gaslini)
di Guido Michelone
62
TELEVISIONE
Tra la spazzatura che cresce, nuove domande
di Aldo Maria Valli
Cuore: un felice «tradimento»
di Giorgio Simonelli
73
NEW MEDIA
Multimedialità e... scuola
di Enrica Mancini
76
LIBRI
Giocare in famiglia
di Vincenzo Corrado
Internet per il cinema
di Luigi Filippi
78
AVVENIMENTI
19° Torino Film Festival Cinema Giovani
di Federico Pontiggia
E d itor iale
Media e musica
Diceva il filosofo latino Severino Boezio, attorno
al VI secolo dopo Cristo, nella sua Dottrina musicale che «la musica è parte di noi, e nobilita o
degrada il nostro comportamento»; in anni molto
più vicini, il poeta milanese Franco Fortini sosteneva in fondo un concetto analogo: «Se mangiate
un budino a forma di conchiglia, voi crederete che
la sostanza di quello che mangiate sia il budino. In
realtà quello che vi viene venduto, senza che voi ve
ne accorgiate, è la forma del budino. Così avviene per la musica».
Abbiamo dunque chiesto ad alcuni studiosi di partire da queste due riflessioni
per affrontare il discorso sulla musica attraverso gli itinerari mediali del nostro
tempo, con l’esigenza primaria di comprendere dove stia andando la comunicazione musicale. Oggi i percorsi del suono (pop, jazz, classico ecc.) sono molteplici,
ma tutta la musica non può fare a meno dei nuovi media e dei supporti tecnologici: dall’amplificazione ai concerti al cd digitale, dalla radio alla tv, dal videoclip
ad Internet, dal cinema al teatro, la musica vive una stagione indimenticabile.
Ma non è tutto oro quel
che luccica: ecco perché
«IM» avverte la necessità di
indagare anzitutto i rapporti
tra musica e pop (Michelone) nell’etimologia britannica di popular music, ossia tutto quanto è famoso per le masse nel macrocosmo
sonoro, con le voci dirette di grandi protagonisti. Così come risulta fondamentale un dibattito sulle relazioni tra musica e jazz (Zenni) per analizzare in profondità l’impatto del sound afroamericano su tutta la cultura del XX secolo. Ed
è infine doveroso riferirsi al connubio tra musica e versi (Ventroni), tra ritmo
sonoro e universo letterario, mediante la testimonianza a caldo di una insigne
poetessa contemporanea, che torna omericamente alle radici comuni della rima
e del canto.
A completare il quadro ci sono alcuni specchietti con le più importanti opere
discografiche in ogni settore, quasi una piccola enciclopedia per imparare ad
avvicinarci al «mistero» di un mezzo di comunicazione: il poeta Gibran diceva
infatti che «il segreto della musica risiede tra la voce di chi canta e il battito del
cuore di chi ascolta».
Dario E. Viganò
L’esigenza di comprendere
dove stia andando
la comunicazione musicale
F ilm A n a lis i
Drea De Matteo
R
(R-XMAs, USA, 2001)
REGIA: Abel Ferrara
INTERPRETI: Victor Argo, Lisa
Valens, Naomi Morales,
Drea De Matteo, Ice-T,
Lillo Brancato Jr
SOGGETTO: Cassandra De Jesus
SCENEGGIATURA: Abel Ferrara e
Scott Pardo
FOTOGRAFIA: Ken Kelsch
MONTAGGIO: Patricia Bowers,
Suzanne Pillsburg, Bill
Pankow
MUSICA: Sholly D
PRODUZIONE: Pierre Kalfon/
Studiocanal
DISTRIBUZIONE: Mars Film
DURATA: 1h e 22’
-Xmas è un titolo che si pronuncia come «Our Christmas»
(Il nostro Natale), ma la «r»
che lo precede si può leggere anche
come la R di «Restricted», cioè
la sigla che accompagna quei film
«vietati ai minori di 17 anni se non
accompagnati dai genitori». La X,
invece, oltre che come incognita,
riporta alla mente la lettera «infamante» con cui sono bollati i film
pornografici. All’interno della parola sotto cui vive il film – la parola «buona»
per eccellenza, che evoca immagini di bambini felici, famiglie unite sotto l’albero, regali e mattine di gioia – Ferrara fa in modo di mettere in evidenza le
lettere che nel lessico cinematografico indicano il divieto, il proibito, quello
che non si può vedere perché violento, pericoloso, addirittura osceno...
Film Analisi
Il nostro
Natale
IL
NOSTRO NATALE
Dinkins; appena prima quindi dell’arR-Xmas è ambientato a New York rivo del sindaco Giuliani che con la sua
nel Natale del 1993, quando il sin- politica della «tolleranza zero» impedaco della metropoli era ancora David dirà la circolazione della droga per le
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strade e sui marciapiedi
ziotto corrotto: la moglie
della città (a questo proha poche ore di tempo
posito Ferrara ha dichiaper raccogliere una grossa
rato: «Dal ’93 New York è
somma di denaro con cui
cambiata in tanti modi...
salvargli la vita e riaverlo
Una volta il mercato era
a casa.
in strada. Oggi, il ConsiDANNAZIONE
glio Comunale ha ripreso Uno sguardo lucido su
ossessioni
personali
e
E REDENZIONE
il controllo delle strade
devianze sociali.
Questo è il terzo film di
e il traffico di droga è
Ferrara – dopo Blackout e
diminuito e cambiato...
New Rose Hotel – girato
prima sapevi esattamente
senza l’apporto di Nichoin quale edificio, a che
las St. John alla scenegpiano e a che ora trovare
giatura (sembra che lo
la droga. E infatti c’era la
sceneggiatore entrato coi
fila. Ora invece è pieno
film di Ferrara nella legdi poliziotti... E la droga
genda e nella storia del
la puoi avere solo diretcinema faccia ora parte
tamente a casa, chiadi una congregazione crimando su un telefono Drea De Matteo e Lillo
Brancato
stiana vicina a «Militia
cellulare»).
Christi» e conduca ormai
Marito e moglie sono
due spacciatori: «grossisti» di roba, lavo- vita monastica). Ma a differenza dei
rano in casa – un bell’appartamento due film che l’hanno preceduto –
in un quartiere elegante – dopo che in cui il racconto si perdeva, si sfilacla loro bambina è andata a letto. ciava per tornare continuamente su se
Lui mescola, taglia, prepara le dosi. stesso in un continuo, ottuso tentativo
Lei riceve gli spacciatori di strada – di riavvolgere memoria e narrazione
per ricavarne una
che rivenderanno le
parvenza di senso
bustine nel Bronx –
– qui la narrazione
consegna i quantisi ritrova compatta,
tativi medi giornacoerente, inaspettalieri e incassa. La
tamente lineare e va
vigilia di Natale il
a comporre un apomarito viene rapito
logo morale di limdalla banda capegpida evidenza.
giata da un poli-
Marito e moglie
sono due spacciatori
lavorano in casa
dopo che
la loro bambina
è andata a letto
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Film Analisi
sibilità di cambiare vita e di
redimersi: la moglie avrà salva
l’anima salvando la vita di lui
e entrambi ritroveranno nell’unità famigliare e nell’affetto
per la loro bambina il motivo
del loro reciproco amore... Lontano da ogni compiacimento
autodistruttivo, da ogni celebrazione della sconfitta e da
ogni fascinoso maledettismo,
il regista americano utilizza
ancora una volta il genere (in
questo caso si riallaccia al film
di gangster di ascendenza scorLa moglie avrà salva l’anima salvando la vita
sesiana, non a caso il suo regista
di lui.
preferito) per innestarvi suggeAll’interno di una dialettica essen- stioni d’autore e dare vita alla parazialmente cattolica, Ferrara rintraccia bola.
un classico percorso di dannazione
A differenza dei film di Scorsese,
e redenzione che alle volte sembra i protagonisti non sono ciechi ai
avere la tenera ingenuità di un rac- «segni» di cui è prodigo il reale, ma
conto per bambini. Una favola nata- riescono a coglierne il senso, facendosi
lizia, appunto. Ai due coniugi – lei «distrarre». Con questo film, che all’indi origini portoricane e lui domi- terno della filmografia di Ferrara segna
nicano – che hanno
un ritorno all’ordine,
costruito la loro vita
una ripresa di conagiata e la sicurezza
trollo sulla materia e
economica della loro
uno sguardo più lucido
famiglia sullo spaccio
su personali ossessioni
di droga, viene data
e sociali devianze, Feruna possibilità. Il polirara moltiplica all’inziotto violento che rapisce il marito e terno dell’inquadratura i segni del
ricatta brutalmente sua moglie acqui- divino (madonne e crocifissi su ogni
sta pian piano le sembianze di un parete), mette in scena il miracolo (la
angelo nero che la notte della vigilia borsa di droga «miracolosamente» prefa intravedere ai protagonisti la pos- sente in casa, che darà la possibilità
Ferrara moltiplica
all’interno
dell’inquadratura
i segni del divino
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alla moglie di recuperare il denaro che
salverà le loro vite), cita al contrario
La vita è meravigliosa di Capra (l’angelo appare alla protagonista la notte di
Natale per sollevare il velo sul «come
potrebbe essere» la sua vita in positivo)
e riscrive la storia di Quei bravi ragazzi
di Scorsese; bravi ragazzi non più prigionieri del loro destino tragico.
LA
MORALE DELLA FAVOLA
Nella sua furia moralistica c’è posto
anche per una condanna della nostra
«società dei consumi» la cui ansia consumistica si evidenzia proprio nel periodo natalizio: dopo aver assistito alla
recita scolastica della figlia, il padre
vaga per negozi alla ricerca di una bambola speciale – una specie di Barbie
gigante in versione sadomaso – che
la bambina desidera ardentemente (il
plot è quello dell’inqualificabile Una
promessa è una promessa, film dove un
povero Arnold Schwarzenegger lotta
con ogni mezzo per venire in possesso
dell’ultimo esemplare di «Turbo Man»
per il figlio). Dopo essersela fatta fregare sotto il naso da un altro cliente, la
moglie riesce a recuperarla presso una
specie di «spacciatore» che rivende illegalmente l’articolo bramato da migliaia
di bambini. Proprio nel momento in
cui la moglie si separa dal coniuge
per andare a prendere il giocattolo, lui
viene rapito e scompare. Sembra quasi
che Ferrara, in assenza del suo sceneggiatore (e amico-nemico) storico,
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ripulisca dalle sue ambiguità i temi
e i materiali stridenti del «cattolico»
St. John, nel tentativo di materializzarne la presenza rassicurante – o benedicente – al suo fianco. Rimane una
cosa da segnalare: sembra che Ferrara
abbia rinunciato definitivamente allo
stacco netto di montaggio – il semplice
giustapporre inquadratura a inquadratura – per un uso esclusivo e ridondante della dissolvenza incrociata. Un
metodo di condurre la narrazione che
era presente anche in Blackout, dove
«l’uso insistito e reiterato della dissolvenza incrociata impedisce di considerarla una figura di significazione.
Le dissolvenze incrociate in Blackout
non producono senso, non lo spostano
né lo condensano, semplicemente lo
ottundono. Lo rendono impercettibile
o indecifrabile», secondo le parole di
Gianni Canova (L’alieno e il pipistrello,
Bompiani). In R-Xmas l’uso della dissolvenza incrociata invece sposta semplicemente il piano del racconto: non
siamo più nella città di New York, nel
1993. Non siamo più all’interno della
contemporaneità, nelle miserie della
cronaca. La suggestione della figura
retorica alza il film nei territori dell’allucinatorio e del visionario, caratteristiche a cui lo stile deve tributare i dovuti
onori per avere accesso alla porta del
magico e all’incanto della favola.
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Silvia Colombo
S ag g i
Pop e musica
Saggi
I
n che modo possiamo riflettere sulla musica oggi e di oggi? In tanti
modi. Uno, per esempio, sicuramente dal taglio critico singolare, è
quello di mettere a confronto svariate opinioni da parte di chi si
occupa professionalmente di musica, tanto a livello di studiosi quanto
nel calderone degli artisti medesimi.
Ecco quindi un confronto tra differenti opinioni derivate sia dai libri
che personaggi famosi hanno dedicato all’arte musicale (Baricco, Ferrarotti, Tagg, Sgalambro) sia dalle interviste che nuovi e vecchi protagonisti del sound giovanile hanno
rilasciato di recente a proposito dei
loro dubbi, dei loro sogni, delle loro
proposte, delle loro utopie. La scelta
è stata difficile, per l’alto numero di
importanti figure del pop internazionale. Alla fine si è optato per dieci
figure, fra cantanti o leader di gruppi,
che esprimessero la varietà dei contesti espressi attuali, fra rock, hip-hop,
minimalismo, funky ed ethno-music.
Immaginiamoci un dibattito virtuale con
alcuni tra i maggiori intellettuali di questi
ultimi anni nel nostro Paese, dove la
musica (non solo pop) vive da tempo una
serie di contraddizioni fortissime. Senza
dilungarci in problemi storici che tutti
conosciamo, pensiamo invece al fatto che da un lato siamo conosciuti come
il Paese del bel canto, ma dall’altro siamo agli ultimi posti nel mondo come
insegnamento scolastico della cosiddetta educazione musicale. Consumiamo, sì,
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DIECI
GRANDI INTERPRETI CLASSICI
1 Arturo Benedetti Michelangeli (pianoforte) interpreta (Italia 1971-88)
Claude Debussy, Preludi, Images, Children’s Corner.
2 Maria Callas (soprano, cantante lirica) interpreta (Grecia, 1955) Giuseppe Verdi, La traviata.
3 Wilhelm Furtwängler (direzione d’orchestra) interpreta (Germania
1948-52) Johannes Brahms, Le quattro sinfonie.
4 Glenn Gould (pianoforte) interpreta (Canada, 1955) Johann Sebastian
Bach, Variazioni Goldberg.
5 Herbert Von Karajan (direzione d’orchestra) interpreta (Austria, 1975-79)
Piotr Ilic Ciaikovskij, Le sei sinfonie.
6 Riccardo Muti (direzione d’orchestra) interpreta (Italia, 1990) Wolfgang
Amadeus Mozart, Don Giovanni.
7 David Oistrakh (direzione d’orchestra) interpreta (Urss, 1958) Ludwig
Van Beethoven, Concerto per violino in re mag. e Sonata a «Kreutzer».
8 Arthur Rubinstein (pianoforte) interpreta (Polonia, 1964) Fryderyck
Chopin, Le polacche.
9 Arthur Schabel (pianoforte) interpreta (Austria 1932-35) Ludwig Van
Beethoven, L’integrale delle sonate per pianoforte.
10 Arturo Toscanini (direzione d’orchestra) interpreta (Italia, 1949-53)
Ludwig Van Beethoven, Le nove sinfonie.
tanta musica, a livello di radio, televisione, concerti e dischi (soprattutto contraffatti), ma è quasi sempre la stessa. Molti generi (il jazz, la world music, il rock
alternativo, la classica d’avanguardia) continuano a rimanere di nicchia, nonostante la produzione migliori costantemente in senso qualitativo. Cerchiamo
allora di capire cosa stia accadendo.
LEGGERA E/O
CLASSICA
Il romanziere e musicologo Alessandro Baricco sostiene: «Se si chiedesse alla
gente, alla gente dei concerti, cosa mai distingua la musica colta da quella popolar-leggera, Berio da Sting, Vivaldi da Elvis, ci si farebbe un’idea dei mille equivoci che circolano intorno alla faccenda. È facile presumere che con quella
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TRENTA
AUTORI
«POP»
NELLA STORIA
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Johann Sebastian Bach, Toccata e fuga e Concerti brandeburghesi.
Ludwig Van Beethoven, Sinfonie Quinta e Nona e Sonate Per Elisa e Al
chiaro di luna.
George Bizet, Arie da Carmen.
Luigi Boccherini, Minuetto.
Johannes Brahms, Danze ungheresi.
Fryderyk Chopin, Notturni.
Piotr Ilic Ciaikovskij, Lo schiaccianoci e Capriccio italiano.
Antonín Dvorák, Sinfonia Dal Nuovo Mondo.
Edward Grieg, Peer Gynt.
Georg Friedrich Händel, Musica per i fuochi d’artificio e Hallelujah.
Franz Joseph Haydn, Sinfonie La pendola e Di Londra.
Franz Listz, Les Préludes.
Felix Mendelssohn, Marcia nuziale.
Claudio Monteverdi, Lamento di Arianna.
Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 40, Requiem, Farfallone amoroso.
Niccolò Paganini, Capricci.
Amilcare Ponchielli, Danza delle ore.
Nikolai Rimski Korsakov, Il volo del calabrone.
Gioacchino Rossini, Ouvertures e Figaro qua Figaro là.
Domenico Scarlatti, Sonate per clavicembalo.
Franz Schubert, Lieder per voce e piano e Sinfonia L’incompiuta.
Robert Schumann, Studi sinfonici.
Bedrich Smetana, Ma vlast.
Johann Strauss jr, Sul bel Danubio blu.
Johann Strauss sr, La marcia di Radetzky.
Richard Strauss, Così parlò Zaratustra.
Giuseppe Tartini, Il trillo del diavolo.
Giuseppe Verdi, La donna è mobile, Di Provenza, Va’ pensiero.
Antonio Vivaldi, Le quattro stagioni.
Richard Wagner, Le walkirie e Idillio di Sigfrido.
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Saggi
DELLA MUSICA CLASSICA
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intelligenza sintetica che è la controparte della desuetudine a riflettere, la gente
metterebbe a fuoco alcune argomentazioni-base del tipo “la musica colta è più
difficile, più complessa”, oppure “la musica leggera è un fatto di consumo e basta,
quella classica invece ha un contenuto, una natura spirituale, ideale”».
Più scientifica la definizione di musica di Philip Tagg, un etnomusicologo
nel senso pieno della definizione, in quanto ha investigato anche le sonorità più
vicine a noi: «Ho cercato di definire il significato del termine musica in questo
modo: quella forma di comunicazione tra gli uomini in cui stati d’animo e processi affettivi esperibili sono concepiti sotto forma di strutture sonore non verbali
e organizzate umanamente, e sono trasmessi sotto tale forma, da chi produce
questi suoni, a se stesso e ad altri che abbiano acquisito la capacità culturale, di
carattere sostanzialmente intuitivo, di decodificare il “significato” di questi suoni
sotto forma di risposte adeguate».
In tal senso non solo verrebbe ad annullarsi la dicotomia tra leggero e classico, ma
soprattutto spetterebbe a certi generi attuali
il compito di meglio plasmare la nostra
epoca, come del resto sostiene il sociologo
Franco Ferrarotti: «La nuova musica mi ha
fatto capire o, meglio, “sentire” la distanza e
la nuova disposizione interiore del mondo
giovanile odierno. Sentire invece di ragionare; percepire immediatamente invece di
riflettere, realizzare come persona nel dissolversi e nell’annientarsi nel magma della
“placenta sociale” del “gruppo dei pari”.
L’immagine, con la sua sinteticità fulminea, ha vinto sulla parola discorsiva; il
suono emotivamente ricco ha vinto sul
senso razionalmente univoco e specifico».
Con lui sembra essere d’accordo l’austero filosofo Manlio Sgalambro nel ribadire che «Il compito auspicato da Schönberg: “La musica non deve ornare,
dev’essere vera”, si adempie oggi nella musica cosiddetta leggera rovesciando su di
essa la responsabilità di fungere da materiale per una Philosophie der neuen Musik
che se ne riproponga il compito. Il rock è l’erede dell’onestà dodecafonica: non
suona ma “dissuona” [...]. Popular music, sì, ma senza populismo».
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E DISCHI
Ma come la pensano i musicisti?
Anche qui proviamo ad organizzare una tavola rotonda virtuale,
chiamando a raccolta alcuni dei
protagonisti della scena attuale,
nei vari settori della musica giovanile. Colin Greenwood degli inglesi
Radiohead, il gruppo più intellettuale del rock contemporaneo,
punta tutto sul disco come arte
e come testo: «Non vediamo l’ora
di finire un disco per cominciarne
un altro, questa è la verità. Un
album è solo la conferma di cui
hai bisogno, per capire se hai fallito
o hai fatto centro. Senza un disco
nei negozi è come continuare una
strada che non porta da nessuna
Saggi
CANZONI
parte». La cantautrice americana
Ani Di Franco privilegia anzitutto
i contenuti dei testi: «Nelle canzoni si deve parlare di tutto quello
che non viene trattato dalla televisione o che non è possibile leggere
sui giornali. Cantare i miei bisogni
di persona che vive in un determinato contesto sociale diventa allora
un atto politico capace di includere
una piccola storia nella Storia pensata con la S maiuscola».
È in fondo quanto alla fine rileva
il produttore e tastierista Brian
Eno, padre spirituale dell’avanguardia pop britannica: «Mi infastidisco quando i critici giudicano un
disco in base ai testi. Come se il
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significato della musica sia nelle parole
del cantante. Quello che si canta è per me
completamente immateriale, puoi cantare
di tutto se la musica funziona. Certo, non
proprio di tutto, sto generalizzando, le
canzoni non dovrebbero essere stupide».
Canzoni stupide o musica scadente è ciò
che rimarca Dave Gahan, leader del trio
inglese Depeche Mode: «Oggi mi capita
spesso di ascoltare musica scadente, ma
questo mi stimola a cercare di migliorare. Noi possiamo considerarci fortunati
perché non dobbiamo più inseguire il
successo a tutti i costi. Nella musica di
oggi ci sono troppe restrizioni, ma il paradosso è che molte di queste restrizioni
arrivano dai musicisti stessi».
PARLARE
LINGUE DIVERSE
Il problema, tuttavia, riguarda anche i fruitori, nonostante diversi protagonisti,
ad esempio il rocker australiano Nick Cave, puntino sulla libertà interpretativa:
«Volevo che tutti sapessero che ogni verso aveva un significato profondo. Ora
esigo, al contrario, che gli ascoltatori siano liberi di entrare e uscire dalla musica
in qualunque momento e di interpretare secondo cuore e coscienza». Non c’è da
stupirsi quindi che
alcuni tra i giovani musicisti blasonati, come
il rapper Eminem, possano fare autocritica:
«La gente si è finalmente
accorta che so fare le
rime. Ottime rime che
si fanno ascoltare e
che spaccano. Io magari
rappo su questioni
che agli altri rappers non
passano nemmeno per la mente, ma alla fine di ogni giornata io rimango il più
tremendo critico di me stesso».
A qualcuno invece basta semplicemente l’idea della musica come divertimento o identificazione, ad esempio Jason Kay degli inglesi Jamiroquai: «Vorrei
soltanto che, ascoltando le mie canzoni, si pensasse: “Voglio ballare” oppure
“Amo quello che ha scritto, è proprio quello che mi è successo ieri”. Ecco questo
per me è importante». Ma l’effetto della globalizzazione si fa sentire anche in
musica, come avverte James Di Salvio del gruppo canadese Bran Van 3000:
Forse il pop
angloamericano
è entrato in crisi
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Saggi
«Viviamo in un mondo in cui le voci possono essere campionate e i ritmi creati
in una stanzetta a Milano come a San Diego. Questo è pop oggi e in questo senso
lo siamo anche noi. Spesso si tende invece a chiamare pop qualsiasi cosa ascoltino
i diciottenni. Per me è solo marketing».
Forse, chissà, il pop angloamericano è entrato in crisi, anche se lo si continua
ad avere come modello di riferimento, secondo quanto sostiene il duo francese
Air: «In Gran Bretagna la musica pop agonizza e ci si rivolge verso cose fresche,
che in questo momento arrivano da Parigi; qui sta nascendo qualcosa. Noi non
abbiamo mai avuto una cultura pop, è la prima volta che cantiamo in inglese».
Forse la globalizzazione ha anche prodotto un
effetto positivo, nel far incontrare culture musiGuido Michelone
cali diverse come gli Afro-Celt Sound System,
Docente di Storia della Musica
un gruppo irlandese composto anche da perAfroamericana all’Università
cussionisti arabo-africani: «Noi parliamo lingue
Cattolica di Milano, ha dedidiverse. Eppure superiamo gli ostacoli. Il razcato parecchi libri sia ai sound
zismo sarà sconfitto, in futuro. Ne sono certo.
contemporanei sia ai rapporti
La mescolanza e la multietnicità fanno bene alla
tra musica e mass media.
cultura, alla musica, a tutto il pianeta». Ed è con
Lavora anche come autore
questo augurio alla tolleranza, alla libertà, alla
teatrale, in particolare nella
jazz-poetry con gli spettacoli
democrazia, al multiculturalismo anche nel pop
La scomparsa di Giuseppi
e in tutta la musica che dovrà giocarsi la sfida
Logan, Primo Levi remix, Mi
(impossibile?) per i suoni del Millennio appena
ricordo anni settanta, Tu jazz
iniziato.
too jazz.
DISCOGRAFIA
Afro-Celt Sound System, Sound Magic, 1996.
Air, The Virgin Suicides, 2000.
Bran Van 3000, Discosis, 2001.
Nick Cave, The Boatman’s Call, 1997.
Depeche Mode, Exciter, 2001.
Ani Di Franco, Out of Range, 1994.
Brian Eno, Music for Airports, 1979.
Jamiroquai, A Funk Odissey, 2001.
Radiohead, Kid A, 2000.
Arthur Schönberg, Variazioni per orchestra, 1928.
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