Stato dell`arte Storytelling

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Stato dell`arte Storytelling
PREMESSA GENERALE
In termini narrativi lo Storytelling è una metodologia che, usando i principi della retorica e della
narratologia, crea racconti influenzanti in cui vari pubblici possono riconoscersi. Lo storytelling è
oggi massicciamente usato dal mondo dell'impresa, dal mondo politico e da quello economico, per
promuovere e posizionare meglio valori, idee, iniziative, prodotti, consumi. Le applicazioni di
questa disciplina sono molte, dall’ambito della letteratura a quello della politica, da quello aziendale
a quello scolastico. Il successo di questa disciplina è determinato dal fatto che il racconto è una
forma di comunicazione naturale e intuitiva, capace di coinvolgere le persone.
Il termine “Digital Storytelling” si deve a Joe Lambert e Dana Atchley che negli anni '90
realizzarono un sistema interattivo multimediale all’interno di una performance teatrale dove su di
un largo schermo sullo sfondo mostrava immagini e filmati di storie di vita. Il gruppo di artisti,
educatori e professionisti della comunicazione che via via si costituì attorno a loro è riuscito negli
anni ad allargare i campi di intervento del digital storytelling a molti contesti che spaziano dalla
scuola alle aziende, dall’arte all’impegno politico. Il centro da allora ha aiutato molte persone ad
utilizzare gli strumenti digitali per raccontare le loro storie di vita, dimostrando che le stesse
tecnologie che hanno creato distanza e frammentazione potevano essere usate in modo nuovo per riconnettere, creare nuovi legami, sentirsi partecipi di una comunità. La narrazione digitale diventa
insomma un collante culturale. La diffusione dei computer e di Internet ha permesso uno sviluppo
dello storytelling, il ricorso a blog, forum e social network infatti dà la possibilità di condividere le
proprie esperienze. Attraverso questi mezzi è in grado di emergere un tipo di conoscenza dal basso,
che può essere interessante. Una tendenza sviluppatasi con la rete è quella della condivisione delle
proprie esperienze, e lo strumento informatico permette anche la pubblicazione di materiale
multimediale. Internet permette inoltre di pubblicare testi e racconti in appositi siti, gratuita e priva
della figura dell’editore. In molti casi l’industria editoriale ha funzionato da filtro, escludendo dalla
pubblicazione molte opere, secondo canoni e criteri diversi. Sia per ragioni economiche, sia per
questioni inerenti alla qualità dell’opera.
Tra le applicazioni più importanti dello storytelling c’è la pedagogia. Il ricorso a storie può essere
infatti di facile comprensione per l’apprendimento del bambino. Nei libri scolatici delle scuole
elementari infatti, per rendere semplice un concetto si ricorre ad una storia o a dei personaggi. Una
tecnica simile è utilizzata anche nei corsi di lingue, molti sono organizzati con dei personaggi, che
tramite un dialogo o un testo mostrano un aspetto della lingua. La metodologia dello storytelling
consiste nell'uso di procedure narrative al fine di promuovere meglio valori, idee ed è incentrato
sulle dinamiche di influenzamento sociale. La narrazione ha un potenziale pedagogico e didattico,
dalla quale possiamo trarne peculiarità educative e formative intendendole sia come strumento di
comunicazione delle esperienze, sia come strumento riflessivo per la costruzione di significati
interpretativi della realtà. Dare rilievo alla narrazione, ai racconti dei soggetti che vengono coinvolti
nei processi educativi e formativi, rappresenta la svolta epistemologica sia per leggere fenomeni e
processi (narrazione come strumento di ricerca), sia per produrre azioni e cambiamenti intenzionali
(narrazione come strategia didattica). La narrazione è uno strumento per penetrare in profondità
nelle cause e nelle ragioni di eventi, i particolari che vengono raccontati costruiscono una storia,
diventano reali e determinano la storia stessa. Questa metodologia è una risorsa sia per l'educazione,
sia per la formazione, promuove uno sviluppo generativo tra l'esperienza, l'osservazione della stessa
e le intuizioni che ne derivano. Lo storytelling è fondamentale in diversi contesti educativi e
formativi con la prospettiva di life-long learning, sia in termini cognitivi che educativi. L'elemento
autobiografico nello storytelling è fondamentale perché la realtà diventa una presupposizione, un
indizio, una narrazione appunto che corrisponde ad un'interpretazione soggettiva.
Fin dall'infanzia lo storytelling contribuisce in maniera notevole all'alfabetizzazione, in quanto è
proprio la contestualizzazione di tale processo entro il quadro della narrazione che facilita la
costruzione di senso intorno all'apprendimento complesso della scrittura e della lettura. Bisogna
acquisire delle regole per comporre un testo. Il “raccontare” in forma narrativa strutturata permette
di creare le basi dell'alfabetizzazione, ovvero una prima costruzione di significati condivisi tra
adulto e bambino. È importante usare tale metodologia sin dalla prima scolarizzazione utilizzando i
tipi di testualità adeguati al grado di alfabetizzazione dei bimbi. Da alcuni anni la metodologia dello
storytelling ha trovato spazio anche nel campo della formazione degli adulti e dell'apprendimento a
livello di istruzione superiore. Mc Druy e Alterio ci forniscono appunto interessanti argomentazioni
in merito all'uso riflessivo sull'esperienza al fine di migliorare i processi di apprendimento.
Utilizzando il metodo di raccontare storie, diventa possibile situare l'apprendimento nei contesti
significativi e promuovere processi dialogici di interazione riflessiva attraverso lo sviluppo di
contesti collaborativi.
Lo storytelling è una metodologia che usa la narrazione come mezzo creato dalla mente per
inquadrare gli eventi della realtà e spiegarli secondo una logica di senso. L’atto del narrare, nello
storytelling, si ritrova nell’esperienza umana e si può rappresentare in varie forme (individuali o
collettive) che connettono pensiero e cultura. Soprattutto le emozioni dell’uomo – attraverso la
narrazione – trovano il mezzo più efficace di espressione. Il pensiero narrativo possiede una
molteplicità di significati, ma questi necessitano di essere tradotti, affinché si possano costruire una
o più forma di comunicazione che siano rielaborate dai soggetti secondo i termini della narrazione.
Il discorso narrativo permette di rendere comprensibile, comunicabile e ricordabile il vissuto.
Quindi, il pensiero narrativo organizza l’esperienza soggettiva e interpersonale; mentre il discorso
narrativo rende possibile la riflessione. Si tratta di un “processo interattivo” dal momento che il
discorso narrativo rende possibili interpretazioni molteplici per tutti i soggetti che entrano in
contatto con una certa storia. Attraverso il “racconto di storie” noi cerchiamo di “mettere ordine” e
di dare un senso attivo alle nostre caotiche esperienze quotidiane. Il nostro “vissuto umano” prende
forma, diviene comunicabile, comprensibile e può essere ricordato. Con il raccontare si compie una
sorta di “collegamento”, dalla duplice funzione:
Diretto all’interiorità: narrazione in funzione riflessiva;
Rivolto al contesto in cui si è immersi
Lo storytelling si sviluppa a partire dall’assunzione di due principi fondamentali: l’organizzazione
delle esperienze umane avviene grazie ai racconti e la narrazione è un processo che dota le persone
di una sensibilità culturale che li mette in grado di attivare processi riflessivi e formativi, soprattutto
nei gruppi. Il modo attraverso cui questi racconti vengono condivisi è il “discorso narrativo”,
traduzione del “pensiero narrativo” di cui tutte le persone sono dotate. Il discorso narrativo, per
essere efficace, deve possedere alcune caratteristiche specifiche: sequenzialità narrativa (l’ordine
dato in un racconto può non riflettere lo svolgersi cronologico dei fatti reali, né la contingenza delle
relazioni causa-effetto); particolarità (evidenziare dettagli che nella realtà potrebbero apparire poco
o non significativi); intenzionalità; verosimiglianza (percezione che l’ascoltatore deve avere
riguardo alla storia); componibilità (intreccio tra le varie parti del della narrazione e il suo insieme);
referenzialità (si riferisce a quanto la storia possa essere plausibile); appartenenza a un genere
(devono essere ben identificabili sia la fabula che l’intreccio).
Il discorso narrativo può esplicitarsi in varie modalità: orale, scritta, mediata. Il metodo più efficace
sembra essere quello orale tuttavia anche gli altri due metodi si stanno rivelando fruttiferi. Il testo
scritto si caratterizza soprattutto per due elementi: temporalità degli eventi e causalità della
concatenazione dei fatti. Aspetto fondamentale della narrazione dei racconti è l’interpretazione:
l’utilità del raccontare storie ed ascoltarle sta nel momento in cui viene superato lo scenario
dell’azione (quadro narrativo entro cui si dipana la storia) per integrarlo con lo scenario della
conoscenza (insieme degli stati interni e dei punti di vista dei personaggi). Il nocciolo dello
storytelling infatti sta nella correlazione che si instaura nella rappresentazione narrativa della realtà
tra i processi di interpretazione, quelli di proiezione e quelli di riflessione. Da qui si sviluppa la
metodologia dello storytelling, di cui l’idea di base nel suo utilizzo è lo sviluppo
dell’apprendimento riflessivo (reflective learning). Essa è definita per fasi nella sua realizzazione:
scelta della finalità e del target, (ossia definizione di quello che si vuole comunicare e a chi);
definizione dei tempi, della disponibilità delle persone coinvolte ed eventuale possibilità di
lavoro di gruppo;
realizzazione (passa prima attraverso la scelta del genere e la stesura della sceneggiatura);
feedback di valutazione da parte dell’audience.
IL DIGITAL STORYTELLING
I Digital Storytelling sono brevi storie di carattere personale o accademico che i digital
storytellers trasformano in video della durata di pochi minuti, aggiungendo la propria voce a
immagini, titoli, effetti e transizioni che scorrono sullo schermo, a volte accompagnati da suoni o
musica. La potenzialità di questo strumento sta nella possibilità che esso offre di coniugare due
mondi fra loro molto diversi: da un lato storie, fiabe, racconti, narrazioni autobiografiche, dall’altro
i nuovi media,
gli
strumenti
tecnologici
innovativi,
computer,
macchine
fotografiche,
telecamere e software come programmi di editing, di elaborazione delle immagini o dei suoni e così
via. Con lo sviluppo dei media digitali si è assistito ad un processo di ri-mediatizzazione delle
pratiche narrative tradizionali, le quali hanno acquisito una nuova forza e forma: combinando
la logica ipertestuale con la strategia multimediale gli eventi sono trasformati in parole, immagini,
suoni, video. L’impiego dei media nel racconto di storie amplifica le potenzialità espressive e
comunicative della narrazione e fanno riemergere la caratteristica tradizionale delle storie
collante culturale in grado
di
creare aggregazione sociale.
Il
potere aggregante
di
e
coinvolgente delle narrazioni digitali è relazionato alle possibilità offerte dalla rete e dai software
sociali che permettono la creazione di legami tra le persone impegnate in una rete di
connessioni globale in cui partecipare attivamente per la produzione e circolazione di contenuti.
Strumenti come web logs, youtube, flicker, social network, etc., permettono la condivisione da parte
degli utenti di storie personali, di interpretazioni personali della realtà, ma anche di
commentare e ampliare tali storie attraverso personali narrazioni. In questo modo la
narrazione attraverso le tecnologie ricrea e rinsalda i legami sociali della comunità coinvolta
e partecipe in
una nuova dimensione narrativa per la costruzione di significati e
interpretazioni condivise.
Le narrazioni digitali, come evidenziano Rodriguez Illera e Londono Monroy, hanno avuto una
rapida diffusione che ha riempito ogni spazio della comunicazione, immergendoci in un
universo narrativo che mescola differenti stili e canali comunicativi. Il presupposto di
partenza per la produzione di un digital storytelling è che tutti hanno una storia da raccontare,
le tecnologie potenziano il significato della storia da trasmettere, amplificando la voce del
narratore. Da una ricognizione della letteratura di riferimento emerge che esistono due modelli di
digital storytelling: un modello classico, sviluppato dal Center for Digital Storytelling di
Berkley, che prevede la narrazione di storie autobiografiche in formati digitali attraverso un audio
narrazione in prima persona e che presentano una struttura lineare e chiusa, simile a quella
della narrativa
tradizionale. L’altro modello, invece,
è
caratterizzato
da una maggiore
interattività, sono narrazioni, cioè, che offrono la possibilità di modificare la storia e cocostruirla divenendo co-autori, in quanto la struttura non è predefinita dall’inizio ed
utilizzano, infine, più elementi mediali (immagini, testi, audio, video, musica) senza l’impiego di
un audio narrazione. Le narrazioni digitali che appartengono al secondo modello rappresentano
i digital storytelling di nuova generazione che utilizzano gli strumenti e sfruttano le
potenzialità offerte dalla Web 2.0.
Le “story tales” possono essere definite come “blended telling stories with digital tecnology”. E’ il
carattere blended che ne fa uno strumento didatticamente valido, perché unisce l’abilità della
narrazione alle potenzialità tecnologiche. Leslie Rule definisce il digital storytelling come
l'espressione moderna dell'antico mestiere di cantastorie. Una Digital tale è una breve narrazione
(max 5 min) di un evento che integra diversi linguaggi: alcuni tipici della narrazione altri della
sceneggiatura. L'alunno impostando la narrazione e la sceneggiatura sviluppa alcune abilità:
capacità di scrittura e di espressione orale, abilità tecnologiche e sensibilità artistica. Possono essere
utilizzate immagini, fotografie, disegni (o altro materiale scannerizzabile) video, musica, la voce o
effetti sonori. Gli elementi essenziali non sono che una semplificazione, un punto da dove
cominciare perché ci sono infinite variazioni per costruire una narrazione digitale. Affinché uno
storytelling possa dirsi efficace è necessario che la narrazione abbia una struttura interna familiare a
chi la vedrà, in cui si possa identificare e in cui eventi e personaggi assumano un ruolo chiaro; è poi
essenziale la presenza di fattori che la rendano personale e possano suscitare delle emozioni. Joe
Lambert a tal proposito individua sette elementi che aiutano in un approccio personale allo
storytelling: punto di vista personale, una struttura della narrazione che sorprenda domande e
fornendo risposte non banali, inserimento di contenuti emotivi e coinvolgenti, un’efficace economia
della narrazione (si può dire molto con poco), un ritmo adeguato alle modalità narrative. La storia
non deve necessariamente avere un lieto fine, invece elemento importante e che accresce
l’attenzione nell’utente è la percezione di autenticità.
Jason Ohler, molto incentrato sull’uso educativo delle digital story tales, pone l’accento sulla
narrazione più che sulle nuove tecnologie: “una buona narrazione farà una buona digital story tell e
non il contrario”. Sostanzialmente Jason Ohler utilizza due approcci. Il primo, “computer based”
consiste nel basare la creazione di una storia principalmente attraverso il computer (immagine,
musica, usando programmi come iMovie o Moviemaker). Nell'altro approccio, chiamato “sfondo
verde” la storia viene narrata in modo tradizionale filmando il protagonista con uno sfondo neutro
per poi integrarlo con i multimedia. Questa seconda soluzione facilita la didattica perché l’alunno fa
un’ulteriore riflessione sull’uso delle nuove tecnologie. Alcune tecniche, affini alle Digital
storytelling hanno in comune alcuni elementi. I video annotation prevedono l’interattività nel
filmato o nelle immagini, cioè è possibile modificare il contenuto digitale creato dall’autore. I
photolanguage: sono raccolti in dossier fotografici utilizzati a scopi didattici o di orientamento, ma
non prevedono la voce narrante o le riprese. Il Digital storytelling è un metodo a sé stante che
utilizza alcune tecniche già note come la narrazione e la sceneggiatura unendole con creatività e
autenticità.
Le comunità di Digital tellers “sono le memorie della comunità, non la storia, non un archivio, non
un liste di autorità ma una memoria vivente, la coscienza dell’identità collettiva intrecciata in
centinaio di storie. Per parlare delle comunità è necessario parlare dei centri di formazione, essi
stessi comunità di Digital Storytellers. Uno dei centri più accreditati a livello mondiale è il Center
for Digital Storytelling negli Stati Uniti già citato sopra. Diretto da Joe Lambert con la
collaborazione di Nina Mullen, ha organizzato decine di workshop, lavorando con molte comunità
di adolescenti e di adulti intorno a un tema e una comunità. Un attività interessante del Centro sono
i casi di studio dove vengono raccolte Digital storytells locale e orali su svariati temi come
l'organizzazione sindacale, la prevenzione della violenza, l'handicap, i servizi sociali e salute ecc. E’
prevista una sezione dedicata all’educazione e all’uso delle Digital storytells nella didattica come ad
esempio nell'insegnamento della lingua oppure l'educazione artistica. Un esempio è la comunità
nata intorno alla Digital storytelling Iniziative del Public broadcasting for Northerm California
(KQED). Più di 500 studenti delle scuole superiori partecipano al progetto “Coming California”
sull’immigrazione in California. Quest’anno, il progetto include anche storie sul mito di sentirsi o
essere della California. Il centro prevede altresì un workshop per gli insegnanti e un follow up nella
scuola. Sostanzialmente, le Digital Storytells hanno la funzione di aggregare comunità. Un buon
esempio è la comunità di volontari che si “raccontano” attraverso le digital story tellers.
L’Associazione Community Service Volunteers (CVS) che le rappresenta, è una delle più
importanti associazioni di volontari in UK. Un altro punto di riferimento negli stati Uniti, è la
Digital Storytelling Association che ha eredito del lavoro del fondatore, artista e cantastorie dei
Digital storytelling Dana Winslow Atchley
Negli anni ’80, ha condotto molti workshop,
realizzando delle story tales anche per grande compagnie delle Usa come Coca Cola che si racconta
attraverso digital story tale. Anche in Europa si sono sviluppate delle correnti. In Inghilterra Daniel
Meadows circa 15 anni fa, ha creato Capture Wales and Telling Lives, il primo nucleo della BBC
dedicato alle Digital story tales. Basandosi sulla propria esperienza di fotografo/documentalista ha
anche un sito personale PhotoBus An adventure in documentary Photography.
Non è un caso che le narrazioni digitali siano nate negli Stati uniti dove costruire il proprio percorso
di apprendimento è la norma, dove il docente è visto come uno allenatore che affianca l’alunno
(Sclavi, 2003). Le materie disciplinari che potrebbero sviluppare il metodo sono molte. Il valore
aggiunto delle narrazioni digitali sono molto chiare nel sito della Carnegie Mellon University.
Mostra un frammento di una lezione di chimica in 3 versioni, la prima tradizionale, la seconda con
l'immagine e la terza integrate in una narrazione digitale. Usare le nuove tecnologie in modo
creativo permetterebbe all’alunno e al docente di costruire il materiale didattico insieme.
Le narrazioni digitali possono essere intese come documentazione visuale, memoria visiva di un
unico soggetto, l'alunno, di una classe, di un momento didattico ma possono rappresentare anche le
memoria e le conoscenze di un'intera scuola. Nell’ottica dell’autonomia scolastica potrebbero anche
assolvere ad una funzione di promozione dell’istituto dove non vengano solo presentati curricoli e
POF ma anche, qualcos’altro, quello che il knowledge management definisce la conoscenza
informale. Anche alcuni progetti europei come il progetto PENCIL, nell'ambito scientifico, di cui
INDIRE è partner, cercano di cogliere la conoscenza informale per trasformarla in risorse digitali.
Ad esempio, le narrazioni digitali degli alunni potrebbero dare uno spaccato significativo della vita
scolastica informale, dello stato emozionale dell’ambiente scuola. Le narrazioni digitali possono
potenzialmente costruire comunità tra scuole, nazionali e internazionali a seconda degli interessi
specifici. L’esperienza condotta all’INDIRE insieme ad alcune IRRE nell’ambito del progetto
Primule va in questo senso, anche se non si tratta di Digital storytelling ma di una documentazione
molto più ampia che permette attraverso 3 aree (vivi/trasferisci/rifletti l’esperienza) la
rappresentazione di un’esperienza didattica. Ecco che la scuola attraverso i Digital storytelling potrà
raccontarsi e ritrovare tutti gli elementi della trama narrativa: il tempo/i personaggi/gli alunni/il
contesto/il nesso causale.
Un altro lavoro, che dà un taglio utile per documentare l’attività della scuola è quello di Helen C.
Barrett, che utilizza le Digital tales per comporre il portfolio. Se visionate il seguente esempio,
l’insegnante intervista Vittoria, una bambina di circa 6 anni, che frequenta la prima elementare. Il
portfolio elettronico/digital story tales si propone di evidenziare le sue abilità di base (lettura
scrittura e calcolo) attraverso semplici domande come: Mi piace ...perché…ho imparato.
Interessante è la meta-riflessione di Tori, ormai in prima elementare, che ripercorre, sempre insieme
all’insegnante, il suo percorso alla scuola materna.
Per la produzione del digital storytelling bisogna possedere e/o acquisire determinate
competenze e conoscenze che riguardano le modalità tradizionali di scrittura e narrazione,
capacità creative, competenze tecnologiche e di produzione mediale e capacità di sviluppo di
progetti. I
digital
storytelling
possono
essere
un
momento
di
apprendimento
e
di
alfabetizzazione tecnologica, di sviluppo di capacità di sintesi, di ricerca e organizzative più
stimolanti e creative delle metodologie tradizionali. La metodologia dello storytelling è
ampiamente impiegata nei contesti formativi ed educativi come strategia di alfabetizzazione
alla lettura e alla scrittura in quanto oltre al semplice dominio dei segni grafici della
scrittura, l’uso delle narrazioni digitali favorisce l’acquisizione delle regole per la costruzione
del testo e quindi anche la gestione dei processi delle attività cognitive.
A tale riguardo, il presente progetto si inserisce nel contesto italiano caratterizzato da un forte
processo di digitalizzazione dei contesti educativi, scolastici e formativi. Tale processo è
mosso dalla necessità di creare delle infrastrutture adeguate, attraverso l’implementazione nel
sistema scolastico italiano della strumentazione tecnologica e della connessione in rete, che
permettano di rispondere alle esigenze intese in termini di sviluppo di competenze emergenti
dalla società dell’informazione. La Recommendation of the European Parliament and of the
Council del 18 dicembre del 2006, stabilisce che il compito dell’educazione e della formazione
è di offrire ai giovani la possibilità di sviluppare e acquisire le competenze chiave al fine
di consentire
un
maggiore
adattamento
ai
cambi
sociali
e
renderli
cittadini
attivi
(2006/962/EC). Tra le otto competenze individuate dalla Raccomandazione Europea, la
“competenza digitale” fa riferimento allo sviluppo di abilità tecniche, del pensiero critico, della
creatività nella produzione di contenuti, di capacità espressive attraverso nuovi linguaggi e
uso degli strumenti in modo innovativo. Il Ministero della Pubblica Istruzione italiana ha per
questo motivo avviato differenti programmi per lo sviluppo delle tecnologie didattiche al fine
di promuovere e favorire l’educazione degli studenti alla multimedialità, l’introduzione di questa
nella didattica per migliorare i processi di apprendimento-insegnamento.
In linea con il programma di introduzione delle ICT nelle scuole e lo sviluppo di
competenze digitali è il Piano di intervento “Scuola Digitale” promosso dal MIUR e
dall’Agenzia per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica. L’obiettivo è di sviluppare e
potenziare l’innovazione didattica attraverso l’uso delle tecnologie informatiche. Il progetto di
ricerca si svolgerà presso alcune classi delle scuole medie inferiori della Regione Puglia che
partecipano al progetto Cl@ssi 2.0, progetto facente parte del Piano di Intervento “Scuola
Digitale”. I digital storytelling, utilizzati come metodologia didattica per attività extrascolastiche, offriranno una opportunità di media literacy più stimolante e coinvolgente rispetto
ad altre metodologie didattiche, ma soprattutto immergono gli studenti
in
un
ambiente
tecnologico a loro noto che facilita l’acquisizione di competenze e abilità tecnologiche e l’uso
critico dei media. In tal senso la metodologia del digital storytelling, attraverso la manipolazione di
più codici e formati della narrazione orale, scritta, visuale, permette l’apprendimento e lo sviluppo
di competenze non solo alfabetiche ma anche compositive/espressive, tecnologiche e critiche.
La fase di ideazione e progettazione della storia in quanto narrazione composta anche da
elementi filmici, prevede una iniziale rappresentazione visuale attraverso gli strumenti del
visual portrait e dello storyboard. Il visual portrait o storymap è uno strumento che permette
di descrivere la storia nella sua struttura, cioè gli intrecci, gli eventi, gli elementi dinamici
che la caratterizzano al fine di creare una sorta di mappa emozionale della narrazione . La
costruzione dello storyboard consente di pianificare la storia da un punto di vista più tecnico,
ovvero di stabilire il contenuto della sceneggiatura e gli elementi e i codici comunicativi
che si utilizzeranno, attraverso il disegno delle scene e degli eventi. Entrambi gli strumenti
facilitano la visualizzazione dei componenti della narrazione, loro progressione, sulla base dei
quali è possibile selezionare e raccogliere le immagini, la musica, l’audio, etc., più utili per lo
sviluppo della propria storia. A seguito di questa fase preparatoria si ha la realizzazione della
narrazione digitale attraverso il montaggio dei differenti formati scelti e selezionati da ogni utente.
PRINCIPALI SOFTWARE SUL MERCATO
-) Contour Storyteller
-) Memory Miner
-) Frames 5
-) Soundlsides
-) ……
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