mangiamo la carne

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MANGIAMO LA CARNE
Leggete i paragrafi, trovate la frase con lÕidea principale e scrivetela nelle righe vuote
STORIA DELLA CARNE NELLÕALIMENTAZIONE
AllÕorigine dellÕalimentazione umana cÕ• la caccia alla selvaggina, perchŽ frutta, bacche e radici non bastavano pi•. LÕuomo caccia gli animali
per procurarsi le pelli con cui difendersi dal freddo. Ne assaggia le carni
e le trova di suo gradimento. La carne prediletta del
cacciatore preistorico Ž quella equina che scompare a
poco a poco dalla mensa, sostituita da altri tipi di
carne, fra questi la volpe di cui era particolarmente
apprezzato il cervello, la lepre considerata per˜
inferiore alla volpe come qualitˆ, il cinghiale,
abbondantissimo. I metodi di cottura sono ovviamente quelli primitivi del semplice arrosto allo
spiedo. Lentamente, si arriverˆ ad insaporire
le carni con erbe odorose e ad accompagnarle con salse. Nella Grecia pre-ellenica la caccia Ž diffusissima. LÕuomo ha imparato a
addestrare i celebri levrieri di Creta e i gatti
semi-selvaggi per cacciare selvaggina
composta dagli stessi tipi di selvatici dei
nostri giorni: lepri, cinghiali, cervi, camosci, anitre, galli cedroni, fagiani, pavoni,
pernici, beccacce, quaglie e uccellini minuti.
A Roma la selvaggina Ž fra i grandi protagonisti delle imperiali scorpacciate. La campagna romana Ž ricchissima di cinghiali ma i cittadini
dellÕUrbe preferiscono i cinghialotti teneri e saporiti delle colline
dÕUmbria, che si nutrono con le ghiande dei fitti querceti. Per˜ non tutto
lÕanimale Ž apprezzato: soltanto alcune parti della testa, lingua e cervello in primo luogo, e la lombata. Il resto viene buttato ai servi. Favore
godeva la carne di cervo e quelle di capriolo, daini, antilopi, gazzelle di
Numidia, mufloni di Corsica. E poichŽ era difficile organizzare ogni volta
delle battute per catturarli (e costoso, anche) si erano organizzati in
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Roma e negli immediati dintorni dei veri e propri allevamenti che provvedevano al quotidiano rifornimento delle mense dei ricchi. Erano
conosciuti e apprezzati, pi• o meno, quasi tutti i volatili grandi e piccoli:
tordi, merli, pernici, quaglie, beccafichi, ortolani, passeracei vari, gallinacei dÕogni sorta, dal fagiano allÕurogallo, e via
dicendo. I tordi, in particolare, venivano allevati
con mille cure in grandi gabbie, alimentati
dapprima con lenticchie, miglio e mirto,
infine ingrassati con farina e fichi tritati.
Comunque col tempo rispetto alla caccia,
che comportava la necessitˆ di sopprimere subito lÕanimale e consumarlo al
pi• presto, prevale il concetto di allevamento degli animali da carne,
soprattutto suini, bovini, ovini, caprini e gallinacei vari, per sfruttarli anche per altre necessitˆ ed averne
sempre a disposizione per il consumo
alimentare. Si introduce dapprima
lÕallevamento intensivo di suini un poÕ
in tutta Europa dalla preistoria ad oggi
e successivamente anche dei bovini
utilizzati anche per i lavori dei campi. La
storia dellÕallevamento comincia con lÕaddomesticamento degli animali. LÕuomo cos“ non • pi• costretto a seguire i branchi di animali selvaggi
per vivere, diventa sedentario e si organizza progressivamente intorno
ai villaggi.
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FIORENTINA SOPRA OGNI COSA
La Chianina, la razza pi• grossa del mondo, i cui vitelloni arrivano a
1,80-1,85 metri al garrese, • ancora allevata con metodi tradizionali
negli allevamenti delle province di Siena e Arezzo e la
sua carne • considerata oggi prodotto fra i pi•
pregiati e tradizionali.
La bistecca • tagliata nella lombata ed ha
quindi lÕosso nel mezzo a forma di T con,
dalle due parti, il filetto ed il controfiletto. Le
bistecche che non hanno la T si chiamano costate ed
hanno il solo controfiletto. Sono molto meno saporite di quelle a
T che sono le uniche vere Fiorentine. La stagionatura o frollatura deve
durare dai 10 ai 14 giorni dalla macellazione, ma • lÕesperienza del
macellaio a determinare il momento migliore per il consumo. Il grado di
frollatura ha infatti una grande importanza per la destinazione culinaria
delle carni.
Una volta pronta per la cucina, la Chianina va interpretata nel gusto e nei
sapori delle pietanze pi• tradizionali della Valdichiana. Comunque va
messa fuori dal frigorifero un paio dÕore prima della cottura e deve
essere tagliata alta circa 5 cm. Il peso non deve essere inferiore ad un
chilo (senn˜ sono bracioline!).
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BISTECCA: MADE IN ITALY
La bistecca • spesso ritenuta un simbolo dellÕidentitˆ italiana: bistecca, e non costata o lombata, come proprio la purezza linguistica delle
Òrisciacquature in ArnoÓ avrebbe dovuto
imporre allÕitaliano moderno parlando delle
Fiorentine. Per non parlare della braciola, che fa
riferimento al combustibile di cottura invece che allÕanatomia, e che pure affonda le sue radici nella tradizione linguistica
toscana. Ma quando si parla di braciola non cÕ• dubbio che, nellÕaccezione comune, ci si riferisce alla carne del maiale.
Per la precisione, i macellai definiscono oggi lombata la parte in corrispondenza alle vertebre lombari, la metˆ della schiena dalla parte della
coda. Mentre lÕadiacente taglio rivolto verso la testa • invece quello
delle ÒcostateÓ. Ma la nomenclatura • poi complicata a seconda dellÕetˆ
della bestia, e soprattutto della cittˆ. Cos“ la lombata di manzo fiorentina, ad esempio, diventa ÒlomboÓ a Roma, ÒsottofilettoÓ a Torino, e
Òroast beefÓ a Milano.
ÒNon deve essere troppo cotta perchŽ il bello • che, tagliandola, getti
abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocerla, il fuoco la
rinsecchisce, e se la condite avanti con olio o altro come molti usano,
saprˆ di moccolaia e sarˆ nauseanteÓ, come afferma il grande storico
della cucina italiana Pellegrino Artusi.
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CARNE ITALIANA GARANZIA DI QUALITË
Le razze italiane da carne rappresentano una garanzia per la
qualitˆ e lÕorigine. Questa semplice considerazione non •
emersa nel frenetico succedersi delle dichiarazioni sul caso
Òmucca pazzaÓ. La strada della tracciabilitˆ e della sicurezza
alimentare e ambientale - per garantire i consumatori - pu˜
essere percorsa se cÕ• un concreto impegno delle istituzioni e
degli operatori economici. Si tratta di esempi di come volontariamente gli imprenditori agricoli abbiano deciso di spendersi
per costruire un rapporto di fiducia con i consumatori fondato
sulla trasparenza dellÕinformazione.
Quello dellÕetichettatura della carne • un esempio importantissimo di garanzia che i consumatori italiani possono avere sulla qualitˆ
delle carni che acquistano in macelleria e al supermercato.
Gli allevatori delle razze italiane da carne rispondono a precisi disciplinari di produzione. Le loro carni sono certificate da specifici programmi
di etichettatura volontaria approvata dal ministero per le Politiche
Agricole. Le stesse garanzie che occorre chiedere per le importazioni di
carne e bovini dallÕestero.
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LE RAZZE ITALIANE
Chianina - Ha il manto bianco, le corna brevi e arti pi• lunghi rispetto
alle altre razze pregiate. é il bovino pi• grande del mondo, detentore tra
lÕaltro del record assoluto con il toro ÒDonettoÓ che, a otto anni, pesava
1.750 chili. Diffusa originariamente nella media valle del Tevere e nella
Val di Chiana, da cui prende il nome, oggi viene allevata soprattutto in
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Umbria, Bassa Toscana e Alto Lazio. Considerando che deve la sua fama
soprattutto alla prelibatezza della celebre bistecca ÒfiorentinaÓ, non •
difficile capire perchŽ • considerata una delle migliori carni del mondo.
Ha cominciato a diffondersi oltre confine nel secondo dopoguerra, raggiungendo lÕAsia, la Cina, la Russia, lÕAustralia e le Americhe.
Marchigiana - Allevata in tutta lÕItalia centrale, ma originaria delle Marche, come suggerisce il nome, • diffusa oggi anche in Campania, Sicilia e allÕestero in Canada,
Stati Uniti e America Latina. Il manto ha sfumature grigie
sulle spalle e intorno agli occhi, la testa • leggera, il
collo corto. Si caratterizza per lÕottima capacitˆ di adattamento in terreni anche difficili.
Romagnola - Ha un mantello grigio chiaro, con sfumature pi• grigie in
diverse parti del corpo. Presenta un notevole sviluppo muscolare e robustezza degli arti. é considerato il bovino pi• resistente al clima tra le razze
bianche. Il suo allevamento • diffuso nelle province di Forl“, Bologna,
Ravenna e Pesaro. AllÕestero • abbastanza diffuso in Canada, Inghilterra,
Scozia, Australia e Nuova Zelanda.
M a r e m m a n a - Allevata nel Lazio e nelle province di
Grosseto, Pisa, Livorno e Arezzo, ha il manto grigio con tendenze al grigio scuro nei maschi, con corna lunghe a
forma di mezza luna nei maschi e di lira nelle femmine.
Per le doti di frugalitˆ e resistenza alle malattie, • considerato il miglior bovino fra le razze ad allevamento
brado. Tra lÕaltro, anche in passato • stato utilizzato per
irrobustire altri esemplari, come testimonia lÕinvio di
alcuni bovini maremmani da parte dei Granduchi di
Toscana per rinsanguare le vacche Pustza dei loro possedimenti in
Ungheria.
Podolica - Mantello da grigio a grigio chiaro, collo corto e muscoloso.
Diffusa soprattutto nellÕItalia meridionale, ha incredibili doti di adattabilitˆ che le hanno consentito di trasformarsi in unico elemento di valorizzazione di pascoli poveri. Con il suo latte viene prodotto anche il famoso
ÒcaciocavalloÓ.
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Piemontese - AnchÕessa particolarmente robusta, • conosciuta per
la caratteristica della cosiddetta Ògroppa doppiaÓ, consistente nella
presenza di fasce muscolari particolarmente sviluppate in presenza delle cosce. Originaria del Piemonte, si trova in massima concentrazione nella provincia di Cuneo. Le basse quantitˆ di colesterolo fanno della sua carne la pi• magra di tutto lÕuniverso bovino.
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CARNE E RELIGIONI
Le religioni rivelate e le filosofie a sfondo religioso non hanno prescrizioni rispetto ai metodi dÕallevamento, ma ne hanno diverse rispetto alla
macellazione e al consumo di carne. Contrariamente allÕopinione diffusa, lÕinduismo non • vegetariano, vieta solo il consumo di carne bovina.
Solo la casta dei bramini, per ragioni di purezza rituale, non dovrebbe
toccare carne. Molto pi• rigorosi i giainisti i quali, oltre alla dieta vegetariana, dovrebbero girare con una mascherina davanti alla bocca per
evitare di ingoiare i microbi.
"Kosher" e "halal" sono i metodi dÕuccisione prescritti
dalla religione ebraica e musulmana rispettivamente;
simili perchŽ basati sul taglio della giugulare cos“
da ottenere una carne senza sangue. Entrambe
le religioni proibiscono inoltre assolutamente
la carne di maiale. Gli ebrei ortodossi inoltre
non associano nello stesso pasto o piatto alimenti animali di tipo diverso (es. burro e
uova) nŽ mangiano pesci "senza lische".
Il cristianesimo prescrive un giorno di magro - il
venerd“ - dove si mangia solo pesce. Il cristianesimo
delle origini, per˜, e i Padri della Chiesa, ritenevano
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la carne impura. Alcuni vangeli apocrifi riferiscono il precetto di "non
uccidere" anche agli animali, richiamandosi alla Genesi (dove, prima
del diluvio universale, uomo e animali si nutrivano di soli vegetali).
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TUTTE LE CARNI
I salumi sono costituiti soprattutto da carne suina e apportano molti pi•
grassi della carne fresca. Per questo • meglio farne un consumo limitato, anche perchŽ contengono molto sale e spezie, aggiunti
per assicurarne la conservazione. Le carni ÒalternativeÓ
alle bistecche, come il pollo, il tacchino e il coniglio hanno lo stesso potere nutritivo del vitello e del manzo, ma sono meno grasse.
Una cottura senza condimenti, in tegami adatti, abbassa la quantitˆ di grassi nei piatti a base di carne. Lo stesso risultato positivo si ottiene anche con la cottura alla griglia, dedicando attenzione per˜ a non mettere la carne a contatto con la fiamma,
evitando cos“ che si formino dei composti tossici.
Le carni sono suddivise in base al colore che assumono dopo la
macellazione in carni bianche, carni rosse e carni nere. Sono
considerate bianche le carni degli animali da cortile come: polli,
galline, capponi, anitre, tacchini, faraone, piccioni, oche. Sono
carni rosse quelle degli animali da macello come bovini, bufalini, ovini, equini, caprini, suini. La selvaggina rientra nelle carni
nere: cinghiale, cervo, capriolo, fagiano, pernice, quaglia, anitra selvatica.
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DA CHE COSA DIPENDONO TENEREZZA E SAPORE
Tenerezza, colore, sapore: elementi essenziali per giudicare la qualitˆ di
una carne, ma tuttÕaltro che scontati. A cominciare dalla morbidezza, che dipende da fattori genetici, dallÕetˆ dellÕanimale, ma
anche dal tipo di alimentazione e dal periodo di macellazione.
La crescita del vitello deve inoltre procedere a ritmi controllati, senza rallentamenti - che favoriscono lÕincremento dei
tessuti connettivi e quindi lÕindurimento della carne - nŽ, al
contrario, accelerazioni che portano invece allÕaccumulo di grasso.
Per quanto riguarda lÕalimentazione, le particolari doti di
gusto che hanno reso pregiate le carni delle razze bianche sono dovute alla presenza di prodotti naturali quali
fieno e cereali nella dieta quotidiana di questi bovini. Dagli
stessi fattori dipendono anche il sapore e il colore della carne,
sebbene in questÕultimo caso giochi un ruolo importante soprattutto lÕetˆ di macellazione (non oltre i 18-20 mesi) e la frollatura, un processo di maturazione biochimica in ambiente sterile e refrigerato che
serve ad esaltare la sapiditˆ della carne e la sua tenerezza.
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NELLA CARNE UN PIENO DI ENERGIA
Forse non tutti lo sanno, ma le carni magre sono costituite al 75 per cento
da acqua. Per il resto si tratta di proteine, grassi (in media 3 per cento), e
molto ferro, facilmente assimilabile dallÕorganismo e contenuto in particolare nelle frattaglie (soprattutto fegato e milza). La carne • inoltre ricca
di vitamine del gruppo B, tra cui la B12, utile come antianemico. Alcune di
queste sono per˜ sensibili alle alte temperature ed • per questo che •
consigliabile non esagerare con la cottura.
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Per conservare alla carne tutti i suoi principi nutritivi e
la sua digeribilitˆ, gli esperti consigliano inoltre di
cuocerla arrosto, al forno o alla griglia, piuttosto
che consumarla lessa o cucinata in umido.
LÕimportante • mettere la bistecca sul supporto di cottura quando questo • giˆ molto caldo, in
modo da consentire al suo esterno la formazione di
una patina leggera che trattenga i succhi nutrienti
della carne.
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TRANSUMANZA E ALPEGGIO,
NON FACCIAMOLI MORIRE
La transumanza ha sempre rappresentato unÕimportante attivitˆ per tutta
lÕeconomia del Mezzogiorno, legata comÕera alla lavorazione e commercializzazione della lana. Il tramonto di questÕattivitˆ inizi˜ con i francesi nei
primi anni del XIX secolo; essa and˜ via via spegnendosi fino a scomparire del tutto nonostante lÕimpegno dei Borboni di riportarla in vita.
Oggi sulle montagne ancora si vedono greggi e mandrie pascolare; gli
animali delle mandrie pi• piccole, in alcune zone vi arrivano a bordo di
camion, ma il numero • talmente ridotto che non fa pi• storia.
I tratturi, dallÕAppennino abruzzese alla costa pugliese, rischiano di
scomparire sotto lÕincalzare del ÒprogressoÓ anche se alcuni tratti sono
ancora percorribili.
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LÕalpeggio, oggi che le dure equazioni economiche ne hanno stravolto
gli equilibri ambientali e umani • soprattutto uno spaccato della cultura
montanara che va estinguendosi. Immortalata in romanzi e film, lÕantica
usanza comune a tutte le popolazioni alpine di lasciare paese e famiglia a
valle per accompagnare la mandria in quota in cerca di erba fresca, ha
scandito per secoli lÕesistenza mai facile delle operose genti di montagna.
Mesi di isolamento e duro lavoro, alloggiati in umili capanne, in bal“a del
meteo, con la responsabilitˆ del proprio e dellÕaltrui bestiame, invocando una lattazione abbondante per poterne ricavare formaggi da vendere. Mosso da esigenze di sopravvivenza, lÕalpeggio si • tuttavia trasformato in un rituale, condito di piccoli gesti di saggezza o di propiziazione.
E anche ora che il progresso ha portato allo spopolamento dei nostri
alpeggi, chi ancora vi si dedica lo fa s“ aiutato dagli strumenti di oggi, ma
con la stessa passione di ieri.
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