università degli studi di milano

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Facoltà di Medicina e Chirurgia
10ª EDIZIONE
MASTER UNIVERSITARIO DI I° LIVELLO
“CURE PALLIATIVE AL TERMINE DELLA VITA”
Anno Accademico 2009-10
“I NOSTRI MEDICI COME VIVONO LA MORTE DEI LORO
PAZIENTI ? RIFLESSIONI, EMOZIONI, SUGGERIMENTI
DALL’OSPEDALE CARDINAL MASSAIA DI ASTI.”
Elaborato di tesi della studente:
Valeria Bossotti - Infermiera
ASL AT Ospedale “Cardinal Massaia” - S.O.C Neurologia
Tutor: Dottoressa Rossana
Tutor: Dottoressa Tiziana
Becarelli
Bruno
1
“Morire, dice “Pillot”,
significa vivere una situazione di rottura e di crisi
che determina una sofferenza morale
in cui viene coinvolto anche il medico.”
*da ”Imparare a dirsi addio“ Adler Segre
“Ogni persona ha un romanzo nel cassetto,
che raccoglie e descrive l’unicità di un’esperienza.
Il medico non può trascurare questo vissuto di eccezionalità,
sia per identificarne i passaggi realmente originali,
al fine della cura,
sia per il rispetto anche formale dovuto ad ogni essere umano
che presenta all’altro le tracce del proprio vissuto.”
**da ”L’ammalato e il suo medico” Marco Trabucchi
“Si muore soli, quasi di nascosto.
Il desiderio intimo e profondo della maggior parte di noi
È di poter essere accompagnati sino alla morte.”
***da “Morire a occhi aperti” Marie De Hennezel
2
Ringraziamenti
Un ringraziamento particolare a tutte le persone care che mi sono state vicine durante il
Master, sostenendomi ed essendo di continuo stimolo nell’affrontare le difficoltà e i
momenti di fatica quotidiani e condividendo con me i numerosi momenti di gioia e
riflessione.
Al Direttore Generale dell’ASL-AT Architetto Luigi Robino, che mi ha permesso di
svolgere nella struttura in cui lavoro, i colloqui con il personale medico.
A Rossana Becarelli e a Tiziana Bruno che con la loro disponibilità, professionalità e
spiccata sensibilità per il malato e il personale medico, sono state di particolare stimolo
nello svolgimento di questa Tesi volendo che emergesse ogni particolare.
Ai colleghi Medici di Asti delle S.O.C di Neurologia, Medicina A, Oncologia e
Rianimazione che gentilmente si sono resi disponibili per il colloquio, dando la possibilità
di cogliere aspetti davvero originali e fondamentali.
Ad Adele, per la sua grande disponibilità, originalità e enfasi con cui si è lasciata coinvolgere
affinché questa tesi possa lasciare un segno e aiutare coloro che lavorano tutti i giorni
vicino alle persone malate facendo del loro lavoro anche un momento di crescita personale.
Ai compagni di Master e a tutti gli insegnanti con cui ho condiviso questo percorso ricco
di momenti carichi di significato ed emozioni.
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INDICE GENERALE
Presentazione
1
Riflessioni
2
Ringraziamenti
3
Premessa
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Introduzione
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Traccia dell’Intervista in profondità
10
Domande per l’intervista
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Campione esaminato
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Riflessioni emerse dal colloquio
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Frasi significative espresse dagli intervistati
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Gli oggetti significativi raccolti durante i colloqui
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Viaggiando tra i vissuti interiori
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Analisi del vissuto dei medici e degli infermieri
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Riflessioni e conclusioni
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Bibliografia
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4
Allegati:
 Codice Deontologico Medico
51
 Liberatoria dell’intervista
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 Abstract
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Premessa
Fin da subito, dentro di me, ero spinta fortemente dal voler fare una Tesi che raccontasse
di noi operatori ospedalieri che viviamo tutti i giorni, sulla nostra pelle, la sofferenza dei
malati e li accompagniamo al Termine della loro Vita. Momento a mio avviso di
fondamentale importanza e ricco di significato, a cui portare massimo rispetto.
Pensando bene, mi incuriosì la Tesi, a cui avevo partecipato l’anno prima come Infermiere
intervistata, su come vivono la morte gli Infermieri all’interno dei Reparti e decisi questa
volta di occuparmi dei Medici del mio Ospedale. Da lì a poco la proposta mi venne
avanzata da Adele di portare avanti la Tesi sua e di Cristiana e dal Professor Bruno
Andreoni.
Ho deciso di proporre un’intervista in profondità ai Medici, mantenendo la riservatezza sui
dati raccolti. Gli ambiti presi in esame nell’intervista in profondità sono quelli:
organizzativo, formativo, etico- deontologico e relazionale- emozionale.
Nell’Ospedale di Asti sono stati scelti i Reparti in cui i Medici vengono maggiormente a
contatto con la Morte dei loro pazienti: Neurologia, Medicina A, DH Oncologico e
Rianimazione. Non è stato per nulla facile trovare Medici disposti ad essere intervistati,
coloro che si sono resi disponibili ne sono poi rimasti molto soddisfatti perché parlando
della morte dei loro pazienti, hanno preso consapevolezza di molti aspetti personali relativi
a questa esperienza che quotidianamente vivono.
Molti di questi Medici hanno chiesto al termine dell’intervista di venire poi a conoscenza
dell’esito di tale lavoro. Mi auguro di poter presentare questa mia tesi, nell’azienda in cui
lavoro così da esaudire il desiderio dei medici che ho intervistato e condividere questa
esperienza con altri medici e con le infermiere di Asti. Penso sia un modo per poter portare
un valido contributo a livello organizzativo aziendale e non solo, al fine di lavorare in un
clima più sereno.
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…Palliative care education is desperately needed for those working with dying residents in nursing home
settings, including physicians. Such education may help care providers deal with their fears and feelings of
inadequacy, and stem high rates of employee turnover. Educational interventions also need to be
systematically evaluated to determine their impact on resident care outcomes that are meaningful in end-oflife care...1
L’educazione in cure palliative è estremamente necessaria per chi lavora con pazienti in fase
di fine vita in strutture, inclusi i medici. Tale educazione può aiutare gli operatori a gestire le
proprie paure ed il senso di inadeguatezza e può prevenire l’alto grado di turnover del
personale. E’ inoltre necessario valutare sistematicamente gli interventi educativi per
determinare il loro impatto sugli outcomes significativi nelle cure di fine vita.
1
Fonte: International Journal of Palliative Nursing, 2007, Vol 13 No 7 (Suzanne M Wowchuk, Susan McClement, John
Bond Jr)
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Introduzione
La realtà della morte oggi fa ancora paura anche a coloro che si scontrano con essa tutti i
giorni.
I medici spesso rimangono distanti dal paziente morente perché il morente “fa verità
dentro”, mette di fronte a vissuti della vita personale, spesso non sanno come comportarsi
o affrontare il parente, ancora più spesso si sentono falliti, le loro terapie e i loro sforzi non
sono riusciti ad allontanare la morte.
Il forte imbarazzo che si crea in loro non viene adeguatamente elaborato se non per
iniziativa personale, le aziende sanitarie non danno ancora loro la possibilità di sottoporsi a
colloqui con lo psicologo o creando un comitato etico con cui discutere.
Questo elaborato di Tesi vuole essere un modo per far comprendere quanto sia importante
anche per il medico l’essere compreso nelle difficoltà che si presentano nel gestire il
paziente morente, ma che troppo spesso vediamo ancora come estremo guaritore; con la
speranza di poter dare voce a vissuti, emozioni, suggerimenti che abbiamo raccolto durante
i colloqui.
Attraverso interviste in profondità a medici e direttori svolte nei Reparti di Medicina A,
Neurologia, Oncologia, Rianimazione ad Asti indagherò l’ambito organizzativo, formativo,
etico- deontologico, relazionale- emozionale.
Durante l’intervista annoterò su di un diario le emozioni vissute, svolgendo per quanto più
possibile il colloquio in un clima di serenità e fiducia mantenendo la massima privacy.
Mi interessa capire cosa pensa veramente il medico una volta tolto il camice, come vive la
quotidianità del stare vicino a un malato che magari sollecita in lui riflessioni, emozioni,
difficoltà, voglia di fare l’impossibile pur di non perderlo …
Sarebbe sciocco per un medico pensare di non venire mai a contatto con la morte, è questo
che fa la differenza di questo lavoro, ma non sempre si è così preparati ad affrontarla e a
gestirla per la mancanza anche di formazione.
Spesso il medico si corazza dietro il camice, i molti impegni, il linguaggio tecnico che è assai
di difficile comprensione per chi non è del mestiere, la molta burocrazia, trovando ben
poco il tempo di sedersi sul letto del paziente, parlargli, rispondergli alle domande che fa,
anche solo stare in silenzio ma far sapere che c’è, è lì, per lui.
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Con l’evolversi della tecnologia il medico è succube sempre di più della routine quotidiana
porgendo ben poca attenzione alla persona che comunque è ancora viva lì in quel letto e
non è detto che non senta e non abbia ancora qualcosa da comunicare.
L’ambito ospedaliero a differenza di quello domiciliare o ancora meglio dell’Hospice è
strutturato per guarire le persona ma là dove non è possibile bisogna creare comunque le
occasioni per relazionarsi con il paziente e curare l’aspetto comunicativo.
Ciò che vivono i pazienti e le loro famiglie negli ultimi giorni non lo possiamo sapere,
sarebbe bene che anche il medico contribuisse a curare l’accompagnamento in èquipe.
Stare accanto a una persona morente richiede un’ importante formazione personale anche
per far fronte al vortice di emozioni che si vengono a creare in quel momento oltre al fatto
di riconoscersi come mortali.
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TRACCIA DELL’INTERVISTA IN PROFONDITA’ PER I MEDICI
La traccia dell’intervista in profondità è stata consegnata per l’autorizzazione nel presidio in
cui è stata svolta la raccolta dati per poter procedere alle audio-registrazioni.
Obiettivi:
Lo scopo dell’elaborato vuole divenire occasione per capire i vissuti del medico di fronte al
morente, con l’intento di migliorare il loro pensare e agire personale.
AMBITO ORGANIZZATIVO
Cercherò di comprendere se i Reparti di degenza sono pronti ad accogliere il paziente
morente e la sua famiglia, predisponendo una stanza dedicata dove vi possano soggiornare
parenti e amici.
AMBITO FORMATIVO
Farò domande con lo scopo di comprendere se il medico ritiene importante di essere
formato sulla relazione d’aiuto e la comunicazione di cattive notizie o pensa che
l’esperienza possa bastare. Ancora se ritiene importante di poter venire supportato
psicologicamente e se ha argomenti su cui desidererebbe essere formato.
AMBITO ETICO-DEONTOLOGICO
Leggerò gli articoli n.16( il medico deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici
e terapeutici da cui non si possa attendere un beneficio o un miglioramento) e n.39(in caso
di malattia a prognosi infausta il medico deve improntare la sua opera ad atti e
comportamenti idonei a risparmiare inutili sofferenze al malato) del Codice Deontologico
Medico e chiedò di esprimere riflessioni in merito.
Farò domande inoltre su che cosa ne pensa il medico delle Direttive Anticipate,
Accanimento Terapeutico, Eutanasia e Trattamenti Chemioterapici- Radioterapici e
Nutrizionali in Fine Vita.
AMBITO RELAZIONALE-EMOZIONALE
Attraverso domande cercherò di capire quanto il medico basi la sua attività sul tecnicismo e
quanto sulla relazione, se condivide con i colleghi riflessioni in merito
all’accompagnamento e se avverte come più difficile accompagnare il paziente o la famiglia.
Inoltre raccoglierò riflessioni su che cosa rappresenta il morente per il medico e per chi si
rende disponibile vorrei mi raccontasse una storia di “buona morte” e una di “cattiva
morte”.
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DOMANDE PER L’ INTERVISTA
Ambito organizzativo
Come vede la possibilità di predisporre una stanza dedicata al paziente in fine vita dove vi
possono soggiornare parenti e amici fino alla morte, rispettando le volontà del malato?
Ambito formativo
Lei ritiene importante che sia data la possibilità al personale medico di venire formato alle
tecniche di relazione d’aiuto da utilizzare con il paziente in fine vita?
Pensa sia importante anche prevedere la formazione alla comunicazione delle “cattive
notizie” ai famigliari dei pazienti in fase di fine vita’?
Che importanza ha per lei il supporto psicologico al medico?
Se le fosse chiesto di proporre degli argomenti di formazione nell’ambito della “cura” del
paziente in fase di fine vita, che argomenti proporrebbe?
Gli argomenti da lei scelti per la formazione, lei come vorrebbe fossero trattati? Con lezioni
frontali, con discussione di casi, con focus Group?
I partecipanti secondo lei dovrebbero essere solo medici o l’équipe medico infermieristica
con cui lei già lavora?
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Ambito etico – deontologico
Le cito due Articoli del Codice Deontologico dei Medici, vogliamo parlarne dopo averli
letti?
Art.16: Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse, deve
astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa
fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della
qualità di vita.
Art.39: In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase terminale, il
medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili
sofferenze psichico- fisiche e fornendo al malato, trattamenti appropriati a tutela, per
quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della persona.
In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella terapia
di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di accanimento
terapeutico.
Cosa ne pensa delle Direttive Anticipate (ex Testamento biologico)?
Cosa ne pensa dell’accanimento terapeutico?
Che idee ha riguardo all’eutanasia?
Cosa ne pensa dei trattamenti chemioterapici- radioterapici, che sono mantenuti quando
ormai il paziente è in fine vita?
Cosa ne pensa dei trattamenti nutrizionali che sono mantenuti quando ormai il paziente è
in fine vita?
Si fa perché si ha paura di fallire, per i parenti …
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Ambito relazionale – emozionale
Durante ”la cura” al paziente in fase di fine vita quanto la sua attività medica si basa sul
tecnicismo e quanto sulla relazione?
Ama confrontarsi con i suoi colleghi medici e infermieri, durante ”la cura” al paziente in
fase di fine vita?
Che cosa rappresenta per lei il “morente”?
Avverte più difficile accompagnare il paziente in fase di fine vita o i famigliari? (“come si
sente quando parla dello stato di fine vita con un paziente” quest’aspetto è “dentro”alla
domanda.)
Le è capitato di trovarsi di fronte a un malato, sedersi sul letto e tenergli la mano per fargli
capire che “io ci sono, sono qui vicino a te”, com’è andata questa esperienza ……
Ha voglia di raccontare una storia che l’ha colpita nel “curare” una persona in fase di fine
vita?
Nel luogo in cui lavora, ha un ricordo di “buona morte” che le fa dire che il modo con cui
avete “Curato” è stato in sintonia con i bisogni della persona in fase di fine vita?
Nel luogo in cui lavora, ha un ricordo di “cattiva morte” che le fa dire che il modo con cui
avete “Curato” aveva forse bisogno di essere diverso?
Lei pensa ci sia un altro modo, rispetto all’attuale, per “curare” i pazienti in fase di fine vita?
La ringrazio per la disponibilità che mi ha “regalato” e la invito a dirmi se ha scelto un
oggetto che rappresenta la sua esperienza di “cura” al paziente in fase di fine vita.
Invitiamo ogni medico, in occasione dell’intervista, a portare un “oggetto” (frasi, libri,
oggetti.) che rappresenti la sua esperienza di cura al paziente in fase di fine vita. Questi
“oggetti” saranno parte integrante di questa Tesi.
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Modalità di somministrazione:
L’intervistatore annoterà su un diario, durante l’intervista, le proprie emozioni durante
l’incontro.
L’intervista sarà proposta in un clima di ascolto e fiducia, saranno prima fatte domande
orientate all’organizzazione, alla formazione, all’etica, alla deontologia per poi permettere
all’intervistato/a di cominciare una narrazione/racconto più intima, con il tempo e la
misura che preferisce, per permetterci di esplorare l’ambito relazionale ed emozionale.
Infatti, le questioni più sentite sono quelle che riguardano le emozioni sollecitate dai ricordi
delle “brutte morti” da cui possono scaturire osservazioni molto significative e profonde,
sui temi che stanno a cuore: cosa manca davvero agli operatori di fronte alla morte in
termini di sostegno, formazione, condivisione e di consapevolezza interiore.
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Campione esaminato
Ho eseguito: 12 interviste.
Campione: 5 dottoresse e 7 dottori.
Categoria: 9 medici di primo livello e 3 direttori di struttura.
Età in anni: minima 31 massima 57.
Reparti: calcolando anche i direttori
Medicina A: 10 medici, intervistati 4
Neurologia: 9 medici, intervistati 4
Oncologia: 7 medici, intervistati ma scelti dal Primario 3
Rianimazione: 8 medici, intervistato 1 con severa difficoltà a
contattarlo.
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RIFLESSIONI EMERSE DAI COLLOQUI CON I MEDICI DI ASTI
Ambito organizzativo
Come ha acutamente detto un medico: “Più casa e meno ospedale…”.
da “Imparare a dirsi addio” E.Adler Segre
o Come vede la possibilità di predisporre una stanza dedicata al paziente in
fine vita dove vi possono soggiornare parenti e amici fino alla morte,
rispettando le volontà del malato?
Dalle risposte è emerso quanto sia fondamentale e importante anche per i medici istituire
all’interno dei reparti di degenza una stanza dedicata al paziente morente e alla sua famiglia.
Il tutto si scontra però con i limiti imposti dall’organizzazione aziendale che non permette
di mantenere una stanza dedicata al morente, obbligando così il personale medico e
infermieristico a fare spostamenti di letto nel momento dell’aggravarsi, per cercare di
garantire al paziente morente un po’ di umanità e privacy, ma non sempre ci si riesce.
Spesso la famiglia che si scontra con il dolore della perdita del proprio caro deve
condividere un tempo e un luogo indispensabili con il vicino di stanza, le visite dei parenti
si devono ridurre al minimo per non disturbare il vicino, tenendo conto che non sempre il
vicino di letto è preparato a vivere la morte di un estraneo e ne può rimanere
impressionato.
I reparti che vivono più da vicino la morte dei loro pazienti come la Neurologia e la
Medicina esprimono una forte richiesta di istituire un Hospice per non far morire i pazienti
in Ospedale. Reputano che morire in Ospedale sia sterile perché le morti di alcuni pazienti
sono morti abbandonate a se stesse ed è quanto di meno dignitoso possa esserci.
Vorrebbero che i loro pazienti “morissero in vita”, una vita dignitosa fino alla fine.
Altro problema emerso è che al Nord si sta diffondendo l’abitudine di far morire il proprio
caro in Ospedale, non proponendo di portarlo a casa in estremis o richiedendo l’Assistenza
domiciliare integrata, anzi portandolo spesso e volentieri a morire in Pronto Soccorso.
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Il reparto di Rianimazione ha come progetto per il prossimo anno di far assistere i propri
pazienti ventiquattro ore al giorno da un parente, questo si spera contribuisca a risolvere i
problemi.
Ambito formativo
Ascoltare non è altro che dare, guarisce con il potere della generosità. E’ un dono gratuito che non chiede
nulla in cambio, un dono particolarmente prezioso per qualcuno che sta morendo. Per ascoltare bisogna
svuotarsi, essere disponibili a ricevere senza aspettative e senza giudizi, pronti a lasciarsi stupire.
da “Saper accompagnare” Frank Ostaseski
o Lei ritiene importante che sia data la possibilità al personale medico di
venire formato alle tecniche di relazione d’aiuto da utilizzare con il paziente
in fine vita?
I nostri medici lamentano una forte mancanza di conoscenze specifiche alla relazione
durante il corso degli studi, non sono assolutamente stati formati, non hanno ricevuto gli
strumenti adeguati. Ognuno con un lavoro di Fai da te e a propria discrezione o
predisposizione personale, si è costruito poi la capacità di relazionarsi, dialogare, rielaborare
le emozioni che derivano da questi vissuti. Anche i colleghi di lavoro hanno fatto da spalla
e da maestri, dipende molto dalla loro sensibilità e dall’esperienza. Buona cosa sarebbe
iniziare la formazione sin dai primi anni di università, ciò aiuterebbe i medici a superare
meglio la sofferenza dei loro assistiti che comunque si prova e si compartecipa.
Spesso il medico non ce la fa a relazionarsi con il paziente perché ha una sorta di rifiuto
perché ha fallito, si sente un fallito, non ha più margine terapeutico.
Tra i medici c’è chi nel post Laurea segue corsi di Psico-somatica o psico- oncologia per
poter lavorare meglio con pazienti e parenti che percepiscono in modo diverso l’evento
malattia, ma è dipeso da una loro scelta non da un programma organizzativo.
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Ci sono anche medici che pensano che la capacità di relazionarsi in maniera corretta è
d’importanza superiore a altre caratteristiche della professione. Viene visto come un dono
natura, ci sono persone che hanno comunque la capacità di mettersi in sintonia perché
sono in grado di sentire, ascoltare gli altri e automaticamente senza sforzo mettersi al livello
adeguato per poter avere una relazione corretta. Spesso le complicanze che ne derivano da
una cattiva gestione dei rapporti è fonte di stress per gli operatori e i pazienti.
Un medico ha fortemente sostenuto la tesi che il paziente con cui si riesce a creare una
relazione, un’empatia riesce a seguire le terapie in maniera molto più congrua rispetto al
paziente che non ha una relazione vera con il medico.
In Rianimazione molti medici sono stati formati in questo ambito soprattutto quelli che si
occupano di Prelievi d’organo.
o Pensa sia importante anche prevedere la formazione alla comunicazione
delle “cattive notizie” ai famigliari dei pazienti in fase di fine vita?
Molti medici vedono come molto importante anche quest’aspetto perché saper comunicare
cattive notizie nella maniera corretta aiuta anche ad affrontare le situazioni più difficili in
cui magari i parenti non sono emotivamente preparati ad affrontare situazioni nuove o
improvvise, con una malattia che magari porta a una morte ineluttabile in un paziente che
prima è sempre stato bene. Lamentano però nuovamente la mancanza di formazione anche
in quest’ambito, vorrebbero gli fossero forniti strumenti in più, criteri unici, omogenei e
omologati invece di essere lasciati all’iniziativa personale; rendendosi conto che
l’accettazione non è facile.
A volte nonostante tutta la buona volontà si rischia di fare dei danni, di essere fraintesi, si è
convinti di aver detto tutto quello che si voleva dire e invece non si è detto nulla o i
famigliari non hanno capito. Altre volte si esagera nel presentare le cose e si crea veramente
una situazione di angoscia che non è tollerabile.
Altre volte ancora ci si trova ad assecondare i parenti che non vogliono far sapere al
paziente, ma in realtà è scorretto perché si deve sempre comunicare la realtà senza togliere
il filo di speranza. La non comunicazione della realtà della malattia è un altro errore dato
dalla mancanza di formazione.
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In particolare mette in imbarazzo, tanto più la cattiva notizia coinvolge, tanto più si cerca di
evitarla perché a volte ci si sta male o ci si rende conto che si è poco capaci.
Ma è anche vero che un medico lamenta la sua difficoltà di comunicare con i famigliari,
quando le notizie non sono buone, deve quasi costringerli ad andare in studio e a non
ricevere le notizie al telefono perché è un po’ l’idea comune: il medico si fa fatica a trovarlo
e quando si trova, è già un successo, le cose che ti deve dire comunque te le dice.
Spesso hanno visto da studenti comunicare cattive notizie in corridoio, sulla porta della
camera del paziente, di corsa, tra una visita e l’altra..Stanno loro in prima persona cercando
di migliorare quest’aspetto ma non sempre ci riescono..In alcuni reparti vi sono salette dove
in tranquillità i medici seduti attorno a un tavolo parlano con i parenti, si cerca almeno di
farlo..
Per i medici rianimatori sono stati fatti dalla Regione Piemonte corsi specifici per
comunicare le notizie negative attraverso simulazioni di scenari di cattive notizie.
o Che importanza ha per lei il supporto psicologico al medico?
“Il medico non è il padrone del paziente, ma l’accompagnatore attento e in alcuni momenti il solo
vero compagno di strada, rispettoso di una storia e impegnato a costruire i piccoli spazi di futuro
che ogni uomo spera per sé e per chi a lui è caro, anche se oggi è incapace di decidere…”
da “L’ammalato e il suo medico” Marco Trabucchi
Culturalmente non è mai scontato per i medici...
Per alcuni medici ha tantissima importanza l’essere seguiti per alcune tappe del proprio
lavoro dalla figura dello psicologo. Si può far finta per un attimo uscendo dal lavoro di
dimenticare tutto, poi non si riesce, pesa, se non si riesce a esplicitare il disagio, la tristezza,
ci si porta qualcosa dentro. Non è che lo psicologo dia indicazioni, pillole di saggezza, ma
semplicemente ascolta, aiutando a prendere coscienza.
“A volte non riesci a capire qual’ è il tuo punto di rottura, c’è qualcosa che ti fa star male e
non riesci a capire cos’è e magari il fatto di parlarne ti permette di esplicitarlo e quindi di
non superarlo ma metabolizzarlo in qualche modo, un modo per prenderne
consapevolezza e superarlo”.
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Spesso è emersa l’utilità della figura dello psicologo nel burn-out, in cui come medico non
ce la fai più a reggere il peso di un lavoro che a volte porta a dover sopportare situazioni
emotivamente molto pesanti, specialmente quando hai fallito.
Un Primario intervistato aveva già organizzato circa dieci anni fa il supporto psicologico
d’èquipe, registrando un grande assenteismo durante le riunioni; c’era chi aveva da fare, chi
pensava ci fossero poi state altre occasioni non badando all’importanza della situazione
comunicativa che può aiutare il paziente ma anche il suo famigliare ad affrontare in modo
un po’ più consapevole la situazione di Fine vita. Forse come autodifesa o forse come
carenza di formazione.
Nessuno chiede loro come le vivono, cosa si portano dentro!
I medici della Medicina A avvertono il bisogno di qualcuno che li faccia fermare, pensare a
quanto abbia lasciato ogni esperienza, la somma o la sintesi di tutte queste esperienze dopo
anni di lavoro. “Subentrano aspetti come l’abitudine alla morte, alla malattia che poi è
anche un distacco che forse per certi versi è bene ma che se non adeguatamente valutato,
studiato, osservato, metabolizzato, può rimanere freddo a se e basta.” Una dottoressa mi
chiede di proporre il supporto psicologico!
“Se ci rifletti non puoi pensare che sia un incidente di percorso il fatto che tu possa essere
coinvolto emotivamente, in alcune cose spiacevoli, nella morte in generale. E’ importante
gestirlo oltre che come tua comunicazione, come tuo rapporto con la morte”.
Un medico afferma che il supporto lo si deve volere, non che venga imposto e continuo
non ha tanto significato.
Un solo medico ribadisce più volte che il supporto psicologico deve essere dato solo ai
colleghi che sono già formati alla relazione d’aiuto in quanto ha già uno spessore
psicologico di un certo tipo e lo psicologo può dare strumenti ulteriori a un medico che ha
già i suoi strumenti.
In Rianimazione non è vista come una priorità, può essere necessario ma è stata
organizzata l’attività lavorativa in modo da lavorare anche in Sala Operatoria, in
Ambulatorio..
o Se le fosse chiesto di proporre degli argomenti di formazione nell’ambito
della “cura” del paziente in fase di fine vita, che argomenti proporrebbe?
Molti medici hanno espresso la forte richiesta su come supportare il paziente ma
soprattutto la famiglia, spesso il malato durante tutto il percorso della malattia ha trovato
un suo adattamento alla vita e alla morte ma per il familiare è difficile..I medici giovani
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sono sicuramente molto interessati alla comunicazione medico-paziente e medico-parente,
il supporto psicologico e l’impotenza, all’inizio dell’attività lavorativa pesa il fatto di non
poter più fare niente, davvero tante volte non si può fare..
In Medicina A tra i medici si fa forte la richiesta di voler capire di più come comunicare la
prospettiva di vita al paziente, ai familiari, al care-giver, rendendo omogenea la
comunicazione di notizie che spesso è comunicata in modo differente da colleghi di altre
specialità, generando difficoltà per chi lo assiste in reparto.
Un oncologo sente l’importanza di venire formati sulla comunicazione anche non verbale,
il creare un ambiente sereno per il paziente, staccare il telefono per non essere disturbati, lui
stesso ammette che sono cose che non si riescono a fare.
Un Primario vorrebbe che i medici prima di tutto venissero a conoscenza di qual’ è la
propria formazione al rapporto psicologico con gli altri in generale cioè una rivisitazione
del proprio ruolo professionale e anche di relazione nell’ambito di organizzazione
dell’Ospedale. Questo dovrebbe essere per lui un passo in avanti fondamentale cioè una
situazione in cui ognuno ragionasse a che punto è personalmente del proprio percorso di
consapevolezza delle proprie motivazioni personali.
C’è anche chi non si sente per nulla preparato sulle Cure palliative, le Terapie del dolore, la
Nutrizione negli ultimi giorni di vita e l’Accanimento terapeutico e ne vorrebbe sapere di
più.
In Rianimazione il GIVITI ha stilato un bellissimo volume sul Fine vita in Rianimazione e
ci sono Gruppi di lavoro avviati sull’Etica in Terapia Intensiva.
Un unico medico solleva il problema che non è detto che tutti i colleghi ne possano trarre
beneficio, se non si è aperti mentalmente non è detto che il problema si risolva.
o Gli argomenti da lei scelti per la formazione, lei come vorrebbe fossero
trattati? Con lezioni frontali, con discussione di casi, con Focus Group?
o I partecipanti secondo lei dovrebbero essere solo medici o l’èquipe medico
infermieristica con cui lei già lavora?
Il modo in cui trattare gli argomenti va dalla lezione frontale che per qualcuno è noiosa alla
comunicazione attiva in piccoli gruppi, ai focus group, alla discussione di casi clinici.
La maggior parte dei medici vorrebbe che la formazione includesse la partecipazione del
personale infermieristico, dal momento che anche il personale infermieristico viene a
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conoscenza di patologia, gravità, evoluzione della malattia, questo potrebbe aiutare nelle
strategie terapeutiche.
Un medico della Medicina A propone che prima vi sia un coinvolgimento delle plurime
figure interdisciplinari mediche, il medico curante, il medico di reparto, l’oncologo e magari
anche altre figure poi in seguito con il personale infermieristico.
Un Primario sostiene la tesi che il personale infermieristico adegua un po’ il suo
atteggiamento, la sua attività in base a quello che è già stato deciso, secondo lui è il medico
ad avere bisogno del supporto, mentre dall’altro canto un suo collega Primario vorrebbe
rimettere insieme l’èquipe medico infermieristica per lavorare meglio insieme.
Ambito etico-deontologico
Le cito due Articoli del Codice Deontologico dei Medici, vogliamo parlarne dopo
averli letti?
Art.16: Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse,
deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si
possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un
miglioramento della qualità di vita.
Art.39: In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase
terminale, il medico deve improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a
risparmiare inutili sofferenze psichico -fisiche e fornendo al malato, trattamenti
appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità di vita e della dignità della
persona.
In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire nella
terapia di sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma
di accanimento terapeutico.
La medicina non ha imparato quando fermarsi.
da “Modi di morire” Iona Heath
Molti medici sono pienamente in accordo con ciò che pronunciano i due articoli di Legge,
ma lamentano il fatto che subentrano sempre altri fattori. I parenti si aspettano che si
possano ancora fare delle cose, ma in realtà non c’è il margine per poter agire. E’ difficile
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con i familiari dire “basta non posso più agire” e quindi a volte si va avanti si cerca di fare
ciò che non crea danni o sofferenze al paziente.
“Certe volte non sai realmente dove fermarti, non ci sono dei paletti, non è così
schematizzato, semplice, così come è detto da un articolo”.
Ogni anno che passa la tecnologia permette di dare di più, cambiano continuamente le
indicazioni, le Linee guida ma è chiaro che ci sono situazioni che di andare più in là non si
può.
E’ anche uno stress per il paziente…
Però si deve garantire un’idratazione o una terapia del dolore o una terapia antibiotica in
caso di infezione.
“Ammettere di fallire anche per noi è difficile”.
Un neurologo fa presente che l’aspetto medico- legale vincola molto il medico, anche se si
è parlato con chiarezza e si sono illustrate le prospettive, non si sa mai in futuro se magari i
parenti “fanno storie”. A volte non si sa dove è accanimento e dove è omissione così
confrontandosi con un collega consulente spesso si evitano crudeltà.
Un medico della Medicina A denuncia che la presa di posizione del paziente è ancora
troppo spesso non correttamente informata, al paziente devono essere date tutte le
informazioni per dare un giudizio, tutte, dalla più bella alla più brutta e non è corretto
nascondergli le cose o dirgli le cose per cui lui prenda la decisione in un certo senso o in un
altro. Bisogna assicurarsi che il paziente abbia capito bene, bisogna ripeterlo dieci volte.
Inversamente un medico della Medicina A lamenta il fatto che i pazienti o i parenti arrivano
in reparto con delle grandi aspettative, le richieste sono elevate, teme che non sia stato fatto
un buon lavoro di chiarezza, di conseguenza il lavoro è inverso, il problema è una richiesta
di procedure che non è molte volte realistico per quel tipo di paziente, per quel tipo di
gravità di malattia.
C’è chi dice anche che se il paziente è oncologico non bisogna accanirsi, bisogna dare
rispetto e qualità alla vita e se il paziente non è oncologico si deve fare tutto, assolutamente
tutto.
Un oncologo dice che le sfumature possono essere davvero tante, spesso il limite è sottile
ed è difficile da determinare, non è sempre il medico che crede di fare il miracolo. Spesso è
che il medico che non ha la preparazione sufficiente alla comunicazione risponde alla
richiesta di aiuto di un paziente con una terapia e questo porta di fatto a un accanimento
che però non è del tutto consapevole. Spesso il medico che improvvisa dal punto di vista
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della comunicazione e del rapporto con il paziente è convinto di fare la cosa giusta e invece,
“lui me l’ha chiesto e io gliel’ho dato” ma le sfumature sono molte di più. Per cui
l’enunciazione è giusta e io credo che sia l’obiettivo che dobbiamo sempre perseguire di
fare finché è giusto quello che si deve fare, di renderci conto quando è ora di cambiare
registro e di pensare più alla qualità di vita che alla lotta contro la malattia a tutti i costi.
In Rianimazione il Primario riferisce che quello che probabilmente negli altri reparti è
accanimento, in Terapia Intensiva è la normale terapia di un paziente, è un terreno minato.
o Cosa ne pensa delle Direttive Anticipate (ex Testamento Biologico)?
La maggior parte dei medici condivide a pieno le Direttive Anticipate ma non ha mai avuto
l’occasione di incontrare pazienti che abbiano scritto le loro volontà. Spesso sono volontà
espresse a voce dal paziente ancora in salute poi è sempre da riverificare nell’incombere
dell’evento malattia.
Una Neurologa anni fa ha lavorato con i pazienti malati di Sla, spesse volte è il malato che
dopo il percorso di malattia che dura da anni non è d’accordo a farsi tracheostomizzare e
detta le sue volontà.
In questo momento storico, un medico della Medicina A lamenta la dipendenza del
personale medico dalle volontà del parente che può essere la più disparata e questo crea dei
grossi problemi, se si avesse la possibilità di un testamento biologico chiaramente espresso
questo sarebbe di grande aiuto.
Un oncologo ha ricevuto le Direttive scritte ma in modo che legalmente in Italia non vale
ancora però ha cercato di rispettarle perché crede che sia giusto e corretto nei confronti del
paziente. Molte volte le Direttive vengono date ai familiari, è bene che le sappiano
accogliere anche se è difficile. Dare delle Direttive significa pensare al dopo e le stesse
Direttive sono “cosa voglio che facciate a me” e “cosa voglio che voi facciate quando io
non ci sono più”.
“I pazienti in fine vita che abbiano espresso e che esprimano ancora al momento della
discussione una loro opinione della loro qualità di vita, della loro morte, non si può fare che
prenderne atto”.
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o Che idee ha riguardo all’eutanasia?
La popolazione di medici intervistati si divide molto su chi è scettico, chi è fermamente
contrario e chi è favorevole.
Pesa però sui medici un grosso vincolo della Chiesa Cattolica che non permette l’eutanasia.
Tanti pensano a cosa vorrebbero se ci fossero loro in quello situazione o un loro caro, non
vorrebbero proprio vederli soffrire e quindi è giusto che ci sia una lucida e libera scelta sulla
propria vita e sul proprio destino.
C’è chi definisce eutanasia la sospensione delle misure di minima, di mantenimento, chi la
utilizzerebbe quando non si ha alternativa al controllo dei sintomi quotidiani.
Chi fermamente contrario deve trovare il modo di aiutare il paziente alleviando la
sofferenza, che sia sereno, non sia angosciato con gli strumenti che la medicina mette a
disposizione… ma utilizzando farmaci che accelerano il trapasso e probabilmente
accorciano la vita biologica è comunque una forma più lenta di eutanasia.
Nessuno ti da l’autorizzazione di farlo, è sempre un atto che procura la morte.
Una risposta dell’attuale società, la risposta unica e sola all’eutanasia è un servizio di Cure
palliative. Qualsiasi ambiente sanitario che si trovi a gestire un paziente in fase terminale se
ha un servizio di Cure palliative che risponda adeguatamente e congruamente alle
indicazioni attuali relative alla fase di Fine vita non si troverà direi quasi mai alla richiesta di
eutanasia e dico quasi mai per non essere presuntuoso. Una persona sola, una persona che
soffre, una persona che si sente nella sua terminalità un peso per la comunità, per i
familiari, per la struttura che lo gestisce, chiede l’eutanasia.
o Cosa ne pensa dei trattamenti chemioterapici- radioterapici, che sono
mantenuti quando ormai il paziente è in fine vita?
Secondo alcuni medici dovrebbero essere adottati criteri di buon senso perché sono più gli
effetti collaterali che i benefici, vengono visti un po’ come un accanimento.
Vale vivere qualche giorno in più se alla fine si vive peggio? Bisognerebbe mettere
realmente il paziente di fronte alla realtà, secondo molti il paziente non sceglierebbe i
trattamenti.
Un unico medico della Medicina A sostiene che bisogna fare tutto quello che fa stare
soggettivamente meglio il paziente, crede che sia corretto farlo quando il paziente è ancora
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in grado di avere una vita di relazione ed è in gradi di esprimere il parere di un consenso.
Nel momento in cui non abbia più una vita di relazione non ha senso.
Anche gli oncologi pensano che è necessario realmente comprendere se il trattamento è
utile ma per uno di loro è difficile stabilire quando è il Fine vita o no e questo non è sempre
facile, a volte anche un paziente moribondo può fare sorprese.
La radioterapia ha minimi effetti logistici, minimi effetti collaterali, può togliere sintomi
collaterali quindi spesso viene usata anche in Fine vita e sostenuta.
o Che cosa ne pensa dei trattamenti nutrizionali che sono mantenuti quando
ormai il paziente è in fine vita?
Tutti i medici si appellano al fatto che un paziente non può essere fatto morire di fame,
molti pazienti sono stati in coma per anni sostenuti da nutrizioni artificiali, anche qui non si
sa fino a che punto applicarla però forse in certi casi limite andrebbe sospesa.
C’è chi accetta una nutrizione artificiale per mesi e che non si può vedere in quella
condizione lì. E’necessario capire molto bene che cosa il paziente vuole, che idea ha della
sua vita, non è corretto utilizzarla a priori solo per il fatto che esiste, è necessario capire se
ha senso per quel paziente lì, in quel momento, rispetto al contesto finale della vita; così si
esprime un oncologo.
In Rianimazione il medico crede che nel fine vita si deve garantire al paziente tutti i
supporti vitali che possono essere necessari e quindi la nutrizione e l’idratazione sono
ovviamente fondamentali e non possono essere interrotti.
o Si fa perché si ha paura di fallire, per i parenti…
“Per il parente, poi se il paziente è giovane hai la coscienza a posto perché hai fatto tutto e per tutto, un po’
questo senso qui, soprattutto sia sui tumori che sulle patologie degenerative però un po’ per tranquillizzare i
sensi di colpa della famiglia e un po’ per inconsciamente dire a te ho fatto tutto e per tutto. Perché tu ti rendi
conto come medico che non c’è niente da fare, sarebbe stato opportuno accompagnarlo cercando di evitargli le
complicanze, tant’è vero che io vedo i parenti di medici difficilmente si accaniscono, quando hanno il
parente..”a dire lasciamo così”, non lo so io, ho visto colleghi che avevano i genitori addirittura li hanno
presi a casa, li hanno seguiti poi loro senza accanimento. Spesso vedo soprattutto che chi non è tanto dentro
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alla professione medica, eccetera, ha ancora questa idea del tentiamo il tutto e per tutto. Però secondo me è
stato un tormento. Lei non si rassegnava.
Vedo che l’idea che finché c’è vita c’è speranza e magari c’è una situazione terribile per cui giù farmaci, giù
esami. Però tante volte lo si fa per la famiglia”.
Ambito relazionale – emozionale
o Durante “la cura” al paziente in fase di fine vita quanto la sua attività
medica si basa sul tecnicismo e quanto sulla relazione?
La Kubler-Ross invita a stabilire il contatto umano, un “dialogo” con il morente e sollecita la riflessione
sulla propria umana “finitezza” per riscoprire, nella morte, la naturale conclusione, il compimento
dell’esistenza.
da “Imparare a dirsi addio” E. Adler Segre
La popolazione di medici intervistati si divide tra chi ritiene che la sua attività di medico si
basi allo stesso modo sia sul tecnicismo che la relazione, chi si sente coinvolto di più
emotivamente e chi pensa che il tecnicismo, il saper fare porta a sapersi relazionare bene.
Coloro che ritengono che il tecnicismo sia ugualmente importante che la relazione, cercano
il più possibile di dare delle informazioni il più precise possibile, cercando poi di curare
anche il lato umano.
Un neurologo ha definito che siccome si devono fare mille cose per far andare avanti la
macchina questa volendo non è fondamentale e quindi alla fine passa un po’ sotto gamba.
Un neurologo dice: “l’attività medica è vincolata dagli obiettivi aziendali che sono quelli di
un certo numero di prestazioni, i tempi di degenza sempre più ristretti che devono arrivare
a dieci giorni, su questi vi sono degli obiettivi aziendali nei ricoveri per acuti in neurologia.
Quindi non rimane molto tempo ai medici per porsi in una relazione adeguata, prolungata
con i parenti, la comunicazione della patologia…Ci si riconduce alla comunicazione dei dati
più importanti, comunicazione di dati anche tecnici perché siamo costretti in qual modo a
fornire dati molto tecnici che a volte è difficile spiegare in maniera semplice ai pazienti e ai
parenti…”
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Ma anche un medico della Medicina A si esprime così: ” il grosso problema di oggi è che
noi dal punto di vista tecnico dobbiamo fare molto di più di una volta, abbiamo tempi più
ristretti per gestire il paziente, abbiamo più pazienti, pazienti più complessi e quindi dal
punto di vista tecnico dobbiamo dare risposte migliori e più rapide rispetto a una volta.
Questo è senz’altro prevalente. Il problema è che noi avremmo bisogno di avere il tempo,
energie, risorse per l’altro aspetto e giorno dopo giorno abbiamo sempre meno tempo,
meno risorse per occuparci dell’ambito relazionale. Che sono altrettanto importanti, noi ci
sforziamo di farlo capire ai nostri amministratori ma loro purtroppo, non solo per colpa
loro, sono inseriti in un contesto dove c’è bisogno dell’efficienza economica e da questo
punto di vista non è che siano portati a fare particolare attenzione. Quando si fa un calcolo
di bisogno di risorse umane, si chiede ai nostri amministratori un’attenzione in questo
senso, lo sappiamo perfettamente che ho bisogno di visitare il paziente e poi parlargli
insieme cinque minuti, ma adesso il problema è che a mala pena riesco a visitarlo”.
Chi fa regnare nella sua attività l’ambito relazionale, dice di farsi coinvolgere e
impressionare, però piace molto parlare con loro, capire la volontà del paziente. Tutto
questo può essere complicato da incomprensioni, difficoltà, non sempre si trovano persone
disposte a parlare. Solo due medici della Medicina A hanno ammesso che il relazionarsi
dipende anche dalla volontà del medico di sapersi fermare.
Un oncologo dice: ”avere la consapevolezza che questo modo di relazionarsi è
fondamentale dal punto di vista professionale, dal punto di vista di gestione della salute
delle persone è fondamentale. Per cui con tutte le difficoltà che ci sono per esempio in
questo reparto, si è cercato di costruire un percorso del paziente che gli dia spazio per
essere ascoltato e per ricevere delle informazioni corrette, tipo il colloquio di accoglienza, il
percorso del consenso informato che non è mai un momento in cui uno riceve un foglio
che deve firmare ma è un ambito di tempo in cui ha delle occasioni, prima di iniziare la
cura, in cui incontrare le persone che glielo devono spiegare, finché alla fine se è d’accordo
esprime il suo consenso. Però certamente la comunicazione è un cardine di questo lavoro”.
I medici che sostengono fortemente il tecnicismo la definiscono indispensabile, tanto
meglio la si conosce tanto meglio si fa il proprio lavoro!
Un rianimatore dice: ” il tecnicismo è sicuramente molto importante perché evidentemente
se non si sa fare le parole non servono a nulla e quindi bisogna saper fare, saper fare
correttamente, non commettere errori, possibilmente commetterne il minor numero
possibile. Quando si è buoni tecnici si è anche capaci di mantenere una buona relazione
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con i pazienti, con i familiari e cercare di essere il più empatici possibili, capire le difficoltà;
essere un buon tecnico o un buon chirurgo non significa essere dei pazzi scostanti perché
la capacità di compenetrare i due aspetti della professione definiscono il buon medico, un
buon professionista sanitario, non soltanto un buon medico”.
o Ama confrontarsi con i suoi colleghi medici e infermieri, durante “la cura” al
paziente in fase di fine vita?
Molti medici amano confrontarsi con i colleghi, ma non sempre è possibile vista la fretta
che sovente li assilla, a volte c’è poco gioco di squadra o un clima che non sempre permette
la condivisione, ma piacerebbe venisse fatto di più.
Condividendo si vedono più sfaccettature di una situazione, magari un collega la vede in un
modo e un altro in un’altra ma la verità può darsi stia nel mezzo.
Un neurologo dice: ” è importantissimo, ovviamente il medico benché geniale, benché
mostruosamente conoscitore di tutte le nozioni, ecc..non può conoscere tutto.
Il confrontarsi con altri medici vuol dire condividere emozioni, ridurre la possibilità di
errore e aumentare le conoscenze perché ovviamente le conoscenze si basano anche
sull’esperienza. Condividere l’esperienza in ambito medico è essenziale, imperativo, sarebbe
impossibile altrimenti.”
Un Internista della Medicina A dice che per confrontarsi ci vuole risorse e risorse vuol dire
tempo e per poterlo fare si creano delle priorità. Quando ci si trova a discutere dei casi
spesso si parla di casi tecnici e si parla dei problemi relazionali solo quando questi sono
problemi. Insieme è più facile trovare una soluzione ma normalmente per tutte le altre
questioni, relazioni, non ci confrontiamo.
Un oncologo ritiene che sia fondamentale il dialogo in èquipe. Durante le riunioni
quotidiane d’èquipe del suo reparto ha notato che molti pazienti forse per paura del medico
riferiscono sintomi importanti all’infermiere anziché al medico, sintomi che addirittura non
sono emersi neanche alla visita d’ingresso ma che sono di importanza fondamentale.
Un collega oncologo ribadisce più volte che nessuno dei professionisti che assiste il
paziente è sufficiente da solo, confrontarsi significa avere più possibilità di riuscire ad
affrontare e a trovare la chiave giusta per quella situazione.
In Rianimazione il GIVITI, gruppo italiano valutazione interventi in terapia intensiva valuta
la capacità di lavorare in gruppo anche in attività di fine vita, cercando di far sì che le
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Rianimazioni che operano in modo diverso si adattino a lavorare allo stesso modo delle
altre Rianimazioni.
o Che cosa rappresenta per lei il morente?
Solo Dio ha il diritto di svegliarmi.
da “Oscar e la dama in rosa” E-E.Schmitt
Tutti i medici intervistati, ma dico proprio tutti si sono trovati molto spiazzati di fronte alla
domanda, hanno reputato fosse molto difficile e si sono presi del tempo per rispondere.
Un neurologo dice: ”rappresenta un individuo che ha il sacro santo diritto di vivere e di
morire, cioè di vivere fin che può, fin che il destino gliel’ha concesso e a un certo punto
passa a miglior vita, anche qui dipende dalla fede in cui uno crede. E’ l’ultima esperienza
vitale assolutamente personale che è unica per ciascun individuo. Cosa possa rappresentare,
è la fine di un ciclo forse, poi forse ne inizia un altro per quelli..dipende da quello in cui uno
crede, nel corpo, nello spirito, se sono due cose separate, se sono due cose unite. Ognuno
ha la sua interpretazione di quello che possa esserci dopo la vita. E’ uno che passa a miglior
vita cioè è la tappa finale della vita e poi chissà se ci si rivedrà poi tutti un giorno”.
Una neurologa dice: ” è una vita che si spegne per cui a volte mi capita di pensare che ha
fatto la sua vita, è stato bambino, è cresciuto, ha avuto una sua vita affettiva, ha dei figli, la
famiglia eccetera, se ha vissuto bene o male ma un po’ per curiosità mia personale, il suo
percorso. Ma chissà se ha vissuto felice.
Il giovane ti fa più impressione perché lo senti più vicino a te ed è sempre una vita che non
si è conclusa, in un certo senso poteva vivere, fare”.
Commossa una neurologa mi dice: ” è una situazione che mi mette paura, che poi io non
ho paura di morire ma la paura di essere così domani un giorno. Quello sì, io quando vedo
certi pazienti terminali e penso che se un domani quello dovesse capitare a me o alle
persone che amo starei malissimo. Se io dovessi scegliere vorrei andare a dormire e non
svegliarmi più. Mi fanno paura per il carico di dolori che si portano dietro e poi soprattutto
mi fa molto effetto pensare che una persona che è stata fino a quel momento attiva,
brillante, in gamba, di colpo diventa perdonami “una pianta grassa”, la bruttissima
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espressione che io stessa uso ridendo e per sdrammatizzare però se ci pensi un attimo alla
fine diventi solo più un corpo che deve essere accudito”.
Un medico della Medicina dice: ” sono quaranta anni che faccio questo mestiere e non ho
ancora una risposta corretta. Io sono un cattolico praticante e osservante quindi per me il
morente è una persona che termina una piccola parte della sua ragione d’essere e se ne apre
un’altra che spero sia lunga e luminosa per lui. A questa cosa qua io ci credo fermamente ed
è una cosa che mi permette di essere tutto sommato robusto sotto questo punto di vista
perché se uno secondo me non ha neanche questa cosa qua rischia dopo quaranta anni che
per lui la persona morente diventi niente altro che un letto libero e questo è un grosso
dramma”.
Se il paziente è lucido e ha un rapporto con il medico può essere molto difficile, pesante,
coinvolgente per il medico, per cui ci si può portare a casa anche l’angoscia.
Un Internista della Medicina A dice: ” quando vedo una persona che sta per morire mi ci
avvicino come se fosse la persona mia più cara, come se fosse sempre qualcuno di vicino a
te, che vorrebbe essere accompagnato come se accompagnassi qualcuno a te vicino, quasi
trasmettendo un po’ di affetto. Ci sono due aspetti: il lato umano in cui nel morente rivedi
qualunque persona a te cara e proiettando la persona a te cara cerchi di dare quell’aspetto
un po’ affettivo; professionalmente rappresenta il fallimento di quelle che sono state le
procedure, di tutti gli atti terapeutici che sono stati fatti su quel paziente ma molto spesso
questa parte diventa secondaria. Sta andando via una persona, quella persona. Molto spesso
io vedo quella persona e dico se mi trovassi in quella situazione, mi proietto nei parenti e lo
faccio diventare un po’ mio, per questo che ci soffro. Non è una cosa che si può spiegare, è
una sensazione più che altro che ti lascia il morente.”
Inversamente un collega della Medicina A dice: ” secondo me non rappresenta tanto, è
poco quello che rappresenta ma semplicemente perché è un corpo cui prendi una
pressione, una saturazione, quello che è stato in passato, un ricordo di come lo descrivono i
familiari, è quello che hai visto.”
Un oncologo dice: ” il morente rappresenta una persona viva che in quel momento riflette
sulla sua vita anche se non se ne rende conto e che dovrebbe essere aiutato a vivere questo
ultimo pezzo di strada che gli rimane nel modo più semplice possibile. Intanto il morente è
una persona che non dovremmo guardare come se fosse già morto, cosa che invece molti
fanno. Credo che la morte sia un punto di passaggio ma che sia vita fino a un attimo prima.
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Anche se non facciamo molto di più che esserci credo che conti moltissimo per la persona
che vive quel momento.”
o Avverte come più difficile accompagnare il paziente in fase di fine vita o i
famigliari?
Talora ciò che viene intimamente compreso dal malato viene rifiutato, combattuto da qualche
famigliare.
da “L’ammalato e il suo medico” Marco Trabucchi
La maggioranza dei medici avverte come più faticoso accompagnare i familiari in quanto
questi ultimi si aspettano che il medico faccia comunque sempre qualcosa anche quando
ormai non è più possibile. A differenza del paziente che tira fuori delle energie che uno non
si aspetterebbe, forse perché sono più consapevoli, accettano di più..
Una dottoressa della Medicina A dice: “molto spesso guardi il parente con la vergogna di
chi non può più fare niente, sei in imbarazzo, vistosamente in imbarazzo e molto spesso ti
allontani, il paziente invece lo guardi con l’occhio di una persona numerica, non lo puoi più
guardare con l’aspetto del medico, non gli stai più facendo niente; immedesimandoci con
l’occhio di una persona che può comprenderti, sa comprenderti e quindi ti da tutta la
massima solidarietà in quello che stai vivendo perché coinvolge tutti, non risparmia
nessuno, perché la morte è un evento della vita che non risparmiando nessuno ci tocca da
vicino. E il parente se riesce a cogliere questo aspetto di te, molto spesso lo riesce a cogliere
perché poi ti ringrazia per essergli stato vicino, alla fine forse hai colto il modo migliore con
cui potevi lasciare quella persona.”
Molte volte si viene anche coinvolti in beghe economiche, la tensione dei parenti deriva da
sensi di colpa, eredità…il problema è complesso, va a toccare quella che è stata la vita di
quella famiglia, a volte ci sono dei retroscena molto lunghi, rapporti più o meno facili.
Un oncologo dice: ” i familiari tendenzialmente sono comunque diametralmente opposti ."
Se c’è stata una cattiva relazione con il paziente e i familiari hanno sempre gestito il tutto,
diventa più facile perché loro sono convinti di aver già fatto tutto e quindi per un certo
verso è più facile, poi non riesci ad arrivare bene al paziente quindi spesso rimangono pochi
giorni dalla morte. Quando invece il familiare è a conoscenza e il paziente è più informato e
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più sereno, i familiari hanno più difficoltà perché si sentono più impotenti di fronte
all’approccio del paziente stesso nei confronti della stessa malattia perché spesso il paziente
informato è abbastanza rassegnato, fa il suo percorso e se accompagnato in maniera
adeguata riesce a trovare la forza di continuare a vivere ogni giorno quello che gli rimane.”
In Rianimazione il colloquio con i parenti avviene due volte al giorno, dando notizie molto
dettagliate, proprio per evitare problematiche da difetto di comunicazione.
o Le è capitato di trovarsi di fronte a un malato, sedersi sul letto e tenergli la
mano per fargli capire che “io ci sono, sono qui vicino a te”, com’è andata
quest’esperienza …
Capita, capita anche ai medici ma per momenti brevi, pochi ne parlano. Soprattutto capita
durante il corso di studi che definiscono lasciar loro ancora tempo. E poi è anche una
questione di carattere. Spesso è il paziente morente che te lo chiede..
Una neurologa dichiara il suo imbarazzo e il volere che questo momento sia dei parenti,
preferisce far capire alla famiglia che è emotivamente vicina, se le capita di far la Guardia
Medica Interdivisionale ci tiene a far le condoglianze ai parenti.
In Medicina gli approcci sono diversi, da chi considera doveroso sedersi accanto al paziente
perché saltando il problema tecnico ci si focalizza sulla relazione, a chi si avvicina di meno
al paziente terminale rispetto agli altri pazienti.
Un oncologo: ”molti pazienti mi hanno insegnato come vivere meglio la vita perché è solo
chi muore che ti insegna a vivere. Ci guadagni un momento di spessore della tua vita”.
o Nel luogo in cui lavora, ha un racconto di “buona morte” che le fa dire che il
modo con cui avete “Curato” è stato in sintonia con i bisogni della persona
in fase di fine vita?
Partendo dalla premessa che i medici tendono molto a rimuovere i vissuti …
“Una ragazza giovane, una leucemia, una ragazza a cui ho fatto tantissime trasfusioni, di
ventidue anni, una ragazza che aveva molta fede e una mamma molto disperata per la
morte di questa ragazza e la figlia che ha lavorato tantissimo per riuscire a convincere la
mamma a riuscire a vivere bene dopo perché lei se ne andava ma non se ne andava,
realmente andava nel mondo di Dio quindi ha lavorato tantissimo per far sì che la mamma
fosse serena. Gli ultimi giorni quando la ragazza era talmente prostrata che si accorgeva che
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le trasfusioni non gli cambiavano più la qualità di vita, lei di fronte la mamma e a me, ci ha
messo insieme e ha detto “digli di fronte a mia madre se le trasfusioni hanno un significato,
visto che io non trovo più beneficio o se sono solo tanto per farle scendere, se sono così
allora io non voglio più farle”. La mamma è stata inizialmente molto provata da questo suo
discorso ma di fronte alla realtà delle cose, la figlia non aveva torto, la situazione era tragica,
la trasfusione non cambiava, poteva allungare di qualche ora. La figlia ha scelto di non fare
più le trasfusioni e di rimanere in casa e non fare nient’altro. La figlia sembra che abbia
chiesto di mettere il letto accanto al suo e di morire serenamente, così è stato.”
o Nel luogo in cui lavora, ha un ricordo di “cattiva morte” che le fa dire che il
modo con cui avete “Curato”aveva forse bisogno di essere diverso?
Tutti i medici hanno premesso che i casi di morte improvvisa, inaspettata, imprevedibile,
rappresentano casi di cattiva morte, dove uno non se la aspetta, non la prevede.
“Mi ricordo il caso di una poverina di cinquanta e qualcosa anni che aveva dei meningiomi
purtroppo bruttissimi e maligni che continuavano a crescerne e c’era la figlia che non si
rassegnava per cui l’ha fatta operare quattro volte e quando lei era in coma non si
rassegnava perché sua madre è giovane, è vero è giovane però era in coma in una situazione
disperata e minacciando denunce ha fatto sì che noi accompagnassimo la paziente in coma
a Parma, Modena dove c’era un medico neurochirurgo che ancora l’ha sottoposta a pet..e
ormai la paziente era terminale, promettendo un intervento e noi l’abbiamo dovuta
accompagnare. Però secondo me è stato un tormento. Lei non si rassegnava. Vedo che
l’idea che finché c’è vita c’è speranza e magari c’è una situazione terribile per cui giù
farmaci, giù esami.”
“Paziente di cinquantatre anni, ingegnere, seguito per anni come paziente oncologico in
tutte le sue fasi per tumore all’intestino con carcinosi peritoneale, una persona attivissima
che ha girato il mondo per essere curato, è stato operato più volte poi si è fidato di noi e
l’abbiamo sempre curato. Sposato con due figli in età del Liceo, ha attraversato diverse fasi
che sono durate cinque anni, a un certo punto la malattia è andata in progressione, non più
contrastabile con la chemioterapia e abbiamo iniziato le Cure palliative a domicilio,
nutrizione non spinta, terapia del dolore..a un certo punto questo uomo si è reso conto che
soffriva troppo e ha avuto l’istinto paterno dicendo “non voglio che i miei figli mi vedano
in questa condizione nella casa in cui continueranno a vivere dopo che io non ci sarò più,
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allora ha chiesto di andare in ospedale. Era una situazione che avrebbe potuto essere gestita
in un Hospice se ci fosse stato, ma non c’è e non c’era altra soluzione che venire in
ospedale. Quando viene in ospedale purtroppo per lui in pronto soccorso incontra un
medico che gli dice “lei che cosa si aspetta che io faccia nella condizione in cui è”e lui ha
avuto il torto di dirle” mi scusi signora” e lei lo ha aggredito moralmente dicendo”mi deve
chiamare dottoressa perché io sono una dottoressa” e lui con le poche forze che aveva le
ha detto”allora lei mi deve chiamare ingegnere perché io sono ingegnere e se vuole che
comunichiamo a questo livello mi deve chiamare così”, a questo punto fatti accertamenti i
parametri ematochimici erano sufficienti e non era quello il problema, ma non voleva più
stare a casa, gli è stato rifiutato il ricovero. Lo avrebbero mandato a casa con le cure
domiciliari che aveva già..I familiari lo hanno fatto uscire, portato in ospedale a Casale
Monferrato dove è stato accettato, lì c’è un reparto di oncologia medica ed è morto due
giorni dopo. Ed è andato a morire in un ospedale in cui non è stato mai stato, perché è
stato rifiutato, perché non è stato preso in considerazione per una sua aspettativa umana,
comprensibilissima per cui dopo anni che non aveva avuto anni di ricovero ordinario, a
spese sue aveva girato per farsi curare, non ha mai chiesto un rimborso per interventi fatti
all’estero, poi quando gli mancano due giorni alla morte finisce in mano a qualcuno che
non l’ha mai visto e che si mette in una posizione assurda di rifiutargli il ricovero. Perché
non si mette in ascolto, non si pone il problema di come mai quell’uomo lì dopo cinque
anni si trova lì. E’ morto molto male e poteva andare molto meglio, per lo meno con il
conforto di essere preso in considerazione nel posto in cui era sempre stato curato, senza
essere rifiutato. Se ci fosse stato l’hospice non sarebbe successo.”
Dalla Rianimazione la cattiva morte è:
quando si tratta di pazienti giovani che arrivano in Sala Operatoria per traumi importanti o
complicanze da interventi chirurgici per cui si fanno degli sforzi incredibili per cercare di
salvarli e nonostante tutto non ci si riesce.
E lì la sensazione di dire ”forse qualcosa di più potevo farlo”, per il medico è molto
importante, sicuramente dà una frustrazione notevole, importante perché ci si impegna
molto, c’è la fatica fisica e mentale, lo stress psicologico e tutto questo fa si che se non ce la
si fa evidentemente, viene vissuta come una sconfitta personale, viene vissuta veramente
molto male.
E’ sicuramente la parte terrificante del nostro lavoro, accade anche in Sala Parto quando si
deve gestire un’importante emorragia materna e si vede una giovane donna che ti sta
35
scappando di mano, quelle sono morti importanti, traumatizzanti che a volte segnano la
vita di un anestesista per sempre oltre i problemi medico-legali, sono morti che lasciano un
segno, molto.
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FRASI SIGNIFICATIVE…
o Mi è successo ancora quando lavoravo a Torino che venisse data la notizia di un
decesso in corridoio e la persona a cui è stato detto è svenuta, quelle non sono poi
cose che dovrebbero accadere secondo me. Non siamo assolutamente formati e
secondo me sarebbe importante.
o D’altro canto la maschera di cinismo che talvolta si tira fuori non davanti a pazienti
o parenti ma alla macchinetta del caffè è poi solo un modo di sdrammatizzare le
cose. In qualche modo bisogna farlo ma se sente la battuta qualcuno che non è del
campo pensa che siamo tutti dei mostri, è solo fatto per alleggerire un attimo la
tensione.
o Recentemente mi è stato consigliato dalla Dietista di non mettere NPT a un
paziente in fine vita e mi è sembrato giusto anche se ho fatto fatica, mi sembra di
farlo morire di fame anche se dal punto di vista fisiologico per le necessità che
aveva lui quello che c’era di calorie nella peri era più che sufficiente però il concetto
era un po’ difficile da mandare giù.
o Io proporrei che non morissero in un reparto di Medicina Interna in maniera così
sterile, sono una sostenitrice degli hospice,i pazienti dovrebbero stare lì, morire “ in
vita”, una vita dignitosa fino alla fine; sicuramente le morti che facciamo fare ad
alcuni pazienti, sono morti abbandonate a se stesse è questo è quanto di meno
dignitoso ci sia .
o Io denuncio situazioni in cui ci sono oncologi che danno delle prospettive, delle
speranze che superano le aspettative nettamente e poi noi ci troviamo le
conseguenze di un paziente e parenti di un paziente che dicono ”ma come mi
avevano detto che sarebbe andato in un certo modo, sarebbe durato tanto, molto di
più di ora.” Quindi la comunicazione tra di noi, la comunicazione al paziente.
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o Molte volte il messaggio mi è giunto, la cosa più bella che ti dicono i parenti “per
mio padre lei è stato quasi un angelo custode”. La cosa che più ti tocca da medico è
quando a distanza di tempo “lei è stato o voi siete stati”, è ancora meglio, perché se
si coglie lo spirito di tutti, “voi lo avete accompagnato con lo spirito che va oltre
l’assistenza ma con un’umanità che è stata speciale”. Queste sono le cose che ti
restano di più delle persone che ti muoiono.
o Quando il paziente è in fin di vita o c’è una patologia molto grave e il parente se
vuole ricostruire il nucleo familiare ha sempre la possibilità di tenerlo a casa con
l’Adi, con altre strutture che sono sul territorio però pare che ci sia proprio l’idea di
farlo morire in Ospedale piuttosto che a domicilio. Io vengo dal sud, dalla Calabria
dove c’è molto l’idea di tenere il malato e soprattutto il coniuge caro a morire nelle
quattro mura casalinghe per poi fargli la veglia, insomma ci sono tutti e quanti i
propri rituali. Fare una cosa del genere non credo sia utile anche perché lo portano
loro in Pronto Soccorso, spesso e volentieri lo fanno morire in Pronto Soccorso.
o Certe volte noi ci accaniamo più per non entrare nei casini noi dal punto di vista
medico-legale che non tanto per il paziente che sappiamo già che è perso. Oppure
sono d’accordo ad accanirmi se è giovane, se ci sono delle possibilità, se ci sono
delle possibilità sempre e comunque bisogna accanirsi. Assolutamente.
Assolutamente.
o Certe volte quando morivano non facevo la constatazione di morte, aspettavo un
po’, gli facevo il tanatogramma e poi vedevo direttamente l’ecg piatto, non volevo
proprio vedere la faccia del morto, ora invece entro un pochettino meglio però
quando c’è qualche sera qualche cosa di particolare certe volte mi ricordo le facce di
questi pazienti, mi capita.
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o Il coinvolgimento emotivo che non è mai bello ovviamente ma che però penso
faccia parte di questo lavoro, è anche sciocco pensare che questo lavoro non abbia
coinvolgimenti emotivi, cioè come fai a pensare di stare di fianco a uno che sta per
morire o che può morire ed evitare il coinvolgimento emotivo. Il coinvolgimento
emotivo non è evitabile, magari avere gli strumenti per gestirlo nel modo più
corretto forse è il modo migliore, però tante volte nella realtà se tu puoi evitarlo lo
eviti, però secondo me riflettendoci ti rendi conto che è un lavoro in cui non puoi
escludere la morte da questo lavoro e quindi in generale il rapporto con le cose non
belle.
o Il fatto che tu possa provare angoscia per qualcuno, lo rende completamente
diverso rispetto a un altro tipo di lavoro.
o Io personalmente ritengo che nella mia vita per fortuna ad esempio ho avuto la
capacità molto spesso di saper parlare con le persone in maniera corretta e questo
mi è servito tantissimo in certe occasioni in cui dal punto di vista professionale ero
meno efficiente però la capacità di spiegare perché ho sbagliato o perché ho fatto
delle cose e non ne ho fatte altre, mi è servita a mettermi nella luce corretta nei
confronti dei pazienti.
o Io sento tantissimo la mancanza di un comitato etico ospedaliero, che secondo me
ci dovrebbe essere. Dove ci possiamo rivolgere quanto abbiamo dubbi, ma non
soltanto noi ma anche i familiari. Il supporto di qualcuno che sa dare il suo parere
ragionato e ci può essere di aiuto quando andare avanti e quando non andare
avanti.
o Il personale infermieristico adegua un po’ il suo atteggiamento, la sua attività in base
a quello che è stato deciso. Secondo me è il medico che ha bisogno di un supporto
su questo punto di vista.
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o Abbiamo un grosso vantaggio, possiamo decidere noi per quanto tempo
relazionarci con il paziente. Se il paziente è in angoscia e non abbiamo la risposta
possiamo sempre interrompere, pensarci su e tornare dopo.
o E’ una persona che si accorge, sa di essere nel percorso finale e quindi io sono dalla
parte se si parla del coltello, del manico. Io posso fare e posso disfare..
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OGGETTI SIGNIFICATIVI REGALATI ALLA FINE DEL COLLOQUIO
Prima di iniziare l’intervista in profondità ero solita ricordare al medico se avesse portato un oggetto
significativo che concretizzasse l’esperienza di cura al paziente in fine vita.
Solo un medico ha portato un ricordo..una cornice elettronica regalatogli da una paziente, che ora non è più
in vita. Il collega ha così pensato di collocarla sulla scrivania del suo studio per allentare la tensione nei
momenti “morti” in cui lui scrive o visita il paziente e il famigliare è lì che attende.
Egli pensa che sia un modo per non pensare costantemente alla propria malattia, alla propria situazione e
ne ha avuto un riscontro più che positivo.
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Viaggiando tra i vissuti interiori dei Medici dell’Ospedale di Asti…
Non è stato per nulla facile, riuscire ad accattivarsi i colleghi medici per svolgere i colloqui
per la Tesi..chi non aveva tempo, chi mi ha confessato un certo timore, chi non rispondeva
alle mail, chi mi ha detto”non le basta, siamo in tre su dieci”, strano ma vero chi si è reso
fin da subito disponibile solo perché sono l’infermiere del reparto i cui lavora, chi vedendo
i colleghi soddisfatti si è poi fatto avanti … Ma la puntualità si è concretizzata solo
occasionalmente. Spesso, nonostante fosse stato accordato prima che era necessario
svolgere il colloquio in un clima di estrema tranquillità spegnendo i telefoni, siamo stati
disturbati da telefoni che suonavano o colleghi che interrompevano, per non parlare di
coloro che tutto il tempo hanno tenuto il cellulare in mano non perdendo occasione per
guardarlo.
L’altro grande ostacolo è stata l’audio-registrazione, nonostante fatta firmare la liberatoria
spiegato che serviva unicamente a me per sbobinare i colloqui, ho notato che li infastidiva il
fatto di poter essere rintracciabili.
Con A. giovane medico del mio reparto, ho viaggiato tra i suoi ricordi, condividendo
importanti emozioni, si è commossa, mi ha commossa, si è creata una forte empatia tra di
noi; chi al contrario pur lavorandoci insieme è rimasto durante tutto il tempo molto
razionale, tenendo bene a bada le emozioni, non le ha sguinzagliate...
Ci sono stati Primari che si sono sentiti probabilmente in difficoltà a trovarsi al di là della
barricata, ho percepito il loro imbarazzo a esporsi, a esporre quello che hanno dentro,
cercando così forse per difendersi di puntualizzare meglio le domande postagli e
mostrandomi chiaramente di aver fretta “gli impegni mi aspettano”; chi invece mi ha
accolta, è stato disponibilissimo, ha parlato di sé e in profondità senza paura di essere
giudicato, addirittura ci siamo fermati a parlare anche dopo il colloquio, mi ha fatto vedere
un po’ di progetti che vuole realizzare, mi ha coinvolto e ha apprezzato il mio interesse.
Poche volte ho incontrato sguardi, moltissimi hanno sfuggito il mio sguardo, parlavano
guardando il soffitto, la cattedra, gesticolando molto e solo occasionalmente si sono rivolti
a me, quasi una vergogna che io fossi lì a sentire le loro cose...
Sono emersi molti ricordi legati al passato, a eventi accaduti nei precedenti luoghi di lavoro
o quando erano ancora in Specialità, ciò che vivono tutti i giorni in reparto è come se
tendessero un po’ a rimuoverlo.
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I giovani sono stati coloro che mi hanno dato maggiore disponibilità, hanno vissuto il tutto
come una bellissima occasione per sfogarsi, sono stati spontanei, semplici, genuini.
Tre rare eccezioni, di cui due primari, hanno affrontato il colloquio con calma, voglia di far
sapere che cosa pensano, con il forte desiderio che questa tesi possa divenire occasione per
raccontare che i medici non sono superman in grado di salvare tutti ma esseri umani che
portano il peso dell’accompagnare, lo vogliono fare bene e si lasciano prendere.
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ANALISI DEL VISSUTO DEI MEDICI E DEGLI INFERMIERI RIGUARDO
ALLA MORTE DEI LORO PAZIENTI
Confrontando le interviste in profondità dei medici con quelle delle infermiere, argomento
della tesi di due studentesse del 9° Master,sono emerse queste considerazioni….
Contatti..
Contattati i quattro Direttori di s.o.c. ognuno ha utilizzato una modalità diversa per
contattare i collaboratori.
In Oncologia il Direttore di s.o.c. ha valutato egli stesso i medici da intervistare; tre persone
comprese lui, in quanto a suo dire aveva notato poca sensibilità a precedenti colloqui con la
psicologa.
In Neurologia c’è stata da subito, da parte dei più giovani, molta sensibilità forse dettata dal
buon rapporto di lavoro che abbiamo; il Direttore di s.o.c. per motivi personali non è stato
possibile intervistarlo ma si era reso disponibile.
In Medicina A c’è stata sin da subito la disponibilità di due colleghe giovani e il Direttore di
s.o.c. ; più tardi un loro collega non più così giovane ha manifestato fortemente la voglia di
raccontare le sue difficoltà e ci teneva particolarmente.
In Rianimazione nonostante i numerosi contatti telefonici, le numerose mail inviate, il mio
presentarmi più volte in reparto e l’aver lasciato in bacheca medici l’invito, sono riuscita ad
intervistare solo il Direttore di s.o.c. grazie anche all’aiuto del Tutor di Tesi.
Con la maggior parte del personale medico è emersa una reale difficoltà a stabilire il
colloquio, a rispettare gli orari stabiliti ed è stato necessario contattarli più volte,
nonostante avessero espresso loro disponibilità.
Altri colleghi medici “giovani” hanno dall’altro canto accettato molto volentieri l’occasione
di essere intervistati, ” l’hanno definita una valvola di sfogo”.
Durante le interviste in profondità…
Non è stato possibile avere a disposizione un locale dedicato, ho dovuto effettuare le
interviste in sale riunioni piuttosto che nei loro studi. A volte anche per decisione
dell’intervistato nonostante la mia richiesta di luogo dedicato.
La maggior parte dei medici hanno preferito rimanere seduti durante l’intervista al di là
della scrivania.
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L’uso del registratore vocale ha creato un forte disagio nella maggior parte degli intervistati,
nonostante fosse stato spiegato precedentemente l’utilizzo e fosse stata fatta firmare la
delibera al trattamento dei dati. C’è chi mi ha chiesto cosa ne avrei fatta della registrazione.
Molti sono stati gli elementi di disturbo nonostante la mia precedente richiesta di
tranquillità e concentrazione, cellulari che suonavano con tanto di risposta, colleghi che
interrompevano l’intervista, alcuni semplicemente con il cellulare acceso, sulla scrivania e
non si perdeva occasione per guardarlo.
Alcuni durante il colloquio non mi hanno mai rivolto lo sguardo.
Contenuti…
E’ emerso in entrambe le due tesi, la necessità di lavorare in èquipe medico-infermieristica
per rispondere adeguatamente ai bisogni del paziente. Per il personale infermieristico è
forte la necessità di condividere le scelte clinico assistenziali. Tale modo di lavorare
comporta all’infermiere una maggiore responsabilità assistenziale, prevista dal Profilo
Professionale e dal Codice Deontologico.
Ambito emotivo-relazionale.
La precedente tesi mostra come il personale infermieristico abbia bisogno di condividere in
modo forte le emozioni vissute nel prendersi cura del paziente in fine vita, anche con il
personale medico.
Il gruppo infermieristico preso in esame si è “permesso” di esprimere le proprie emozioni
alle colleghe intervistatrici ,nonostante la maggior parte di loro non le conoscessero. Io
invece ho riscontrato da parte di molti medici intervistati un “controllo” calcolato delle
proprie nonostante io, mi sia messa in una condizione di ascolto. Gli infermieri hanno
raccontato molti ricordi di “cattiva morte” piuttosto che di buona morte, mentre i medici
tendono a rimuovere di più i ricordi di “cattiva morte” e a raccontare le “buone
morti”.Quasi inversamente proporzionale.
Rispetto a come si vive la morte dei pazienti, i medici hanno mostrato una grossa difficoltà
a rispondere subito dopo essere stata fatta la domanda, si sono presi tutti un attimo di
tempo e hanno quasi tutti fatto un bel sospiro con una pausa di silenzio dicendomi “dove è
andata a prendere questa domanda?”. Anche gli infermieri hanno vissuto come impegnativa
questa domanda espressa nei termini di “per l’infermiere che cosa rappresenta il morente?”;
si sono presi spesso una pausa, c’è chi ha “imprecato”; sono comunque emerse tante
risposte, si sono messi in gioco in prima persona.
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Formazione …
Sia per il personale infermieristico che per il personale medico è importante il supporto
psicologico per riuscire a prendere consapevolezza ed elaborare meglio i propri vissuti.
Entrambi i gruppi hanno fatto emergere di voler approfondire il counselling, la sedazione
terminale palliativa dei sintomi refrattari e l’uso appropriato della morfina per gestire il
dolore.
Il personale infermieristico pensa che sia auspicabile affrontare questi argomenti con il
proprio gruppo di lavoro, medici, infermieri, oss, e con periodicità.
La formazione etica per gli infermieri deve essere finalizzata a modificare l’approccio
clinico e assistenziale al malato, in fase di fine vita, da considerare, sempre come “persona”.
OGGETTI
MEDICI
Su 12 medici intervistati solo un medico si è ritrovato a parlare, forse per caso, di un regalo
fattogli da una paziente poco tempo prima di morire e che tutt’ora ha nel suo studio. Si
tratta di una cornice elettronica che viene utilizzata dal dottore per rilassare i pazienti e
familiari quando egli stesso scrive al computer.
INFERMIERI
Nella precedente Tesi gli Infermieri hanno dimostrato una grande sensibilità, portando
numerosi libri, foto, frasi, film, oggetti vari, regalatogli dai pazienti o che rappresentano ciò
che per l’infermiere è vivere l’assistenza alle persone.
“Si è respirata una maggiore attenzione al significato del dono, da parte di una persona, che
ora è racchiusa in quel ricordo.”
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Riflessioni e conclusioni
Analizzando i dati raccolti, esprimono l’importanza di creare stanze singole dedicate al Fine
Vita all’interno dei Reparti di degenza. Purtroppo nelle strutture ospedaliere ci si scontra
ancora molto con i limiti organizzativi imposti dalla Direzione, dovendo spesso e volentieri
occupare la stanza dedicata con ricoveri programmati che fanno sì che il morente condivida
ancora la camera.
La camera singola vuole riservare alla famiglia o ai cari di poter stare vicino al paziente nella
modalità che desiderano, creando un clima di condivisione, magari portando anche oggetti
da casa e permettendo loro nel momento della morte di vivere la fase unica e irripetibile del
cordoglio.
Passando all’ambito formativo i nostri medici ospedalieri si sentono ancora molto poco
formati alla relazione di aiuto e alla comunicazione di cattive notizie, forse dettato dal fatto
che durante la formazione universitaria non sono stati assolutamente formati in merito alla
relazione e il lavoro che spesso si trovano a fare è di fai da te. Qualcuno di loro in postLaurea ha per proprio interesse frequentato anni di formazione in psico somatica o psico
oncologia, certamente è dettato da una predisposizione personale a curare anche l’aspetto
relazionale.
Ancora la metà dei medici crede che il supporto psicologico non sia poi così necessario,
mentre per altri oltre a rappresentare una valvola di sfogo, rappresenta l’occasione per
capire quali sono i punti di rottura per cui non ci si riesce a relazionare.
Ciò che stupisce è che c’è una forte richiesta da parte dei medici di venire formati, anche
durante corsi di aggiornamento, alla comunicazione medico –paziente, medico –parente
perché ci si sente fortemente impreparati e si tocca con mano nella quotidianità.
La maggior parte vorrebbe coinvolgere anche il personale infermieristico, con la
formazione di piccoli gruppi, discutendo di pazienti assistiti. Un solo medico pensa che
l’attività infermieristica dipenda molto da quella medica.
Inoltrandoci nell’ambito etico –deontologico, i medici sono pienamente d’accordo sul non
accanirsi ma i parenti si aspettano che si possa fare comunque qualcosa e quindi si fa
cercando di non creare danni o sofferenze. I pazienti sono ancora molto poco informati. I
medici lamentano anche il fatto che non ci siano paletti medico –legali che li aiutino a dire
“oltre non si può andare”, poi se il paziente è giovane si cerca di fare di tutto.
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Nessun medico ha mai ricevuto Direttive Anticipate scritte, le condividono a pieno e se
capitasse di riceverle le rispetterebbero.
Mentre per quanto riguarda l’eutanasia c’è chi è molto scettico, chi è fermamente contrario
e chi è favorevole. Eutanasia per qualcuno significa sospendere le misure di minima, per
altri significa compiere atti che procurano la morte, per altri ancora la risposta è un servizio
di cure palliative.
I medici dei Reparti sono fermamente contrari a chemioterapia e radioterapia, se il paziente
venisse messo di fronte alla realtà forse non sceglierebbe di vivere qualche giorno in più ma
in quelle condizioni. Gli oncologi invece si esprimono dicendo che non si può sapere
quando è il fine vita e poi se il paziente chiede fortemente a volte si fa.
Invece sui trattamenti nutrizionali, sono tutti pienamente d’accordo di ridurli al minimo ma
non sospenderli, non vorrebbero vedere un paziente in fine vita con nutrizione parenterale
totale ma con idratazioni sì. Altrimenti si farebbero morire di fame.
Sondando l’ambito relazionale –emozionale i medici si dividono in chi ritiene molto
importante la relazione con il paziente anche per fondare una buona base di cura e chi
invece ribadisce che solo le parole non servono a nulla. Certo che il poco tempo è un
cattivo tiranno che contribuisce a ridurre ulteriormente il tempo di relazione.
Alla domanda: ”che cosa rappresenta per lei il morente”, tutti i medici hanno incontrato
molta difficoltà nel rispondere. Tra di loro c’è chi pensa che non rappresenta più nulla se
non una pressione o una saturazione, chi la definisce ancora vita e riflette su come magari
ha vissuto e su come vivrà al di là, chi si avvicina come se fosse un suo caro e ci soffre.
Certo è che i familiari sono più difficili da accompagnare rispetto il paziente, i medici
provano imbarazzo e vergogna per il non aver potuto salvare quella persona, a volte si
sentono impotenti, ma il parente ha delle alte aspettative nei loro confronti.
Pochi medici si siedono sul letto del loro paziente a tenergli la mano, preferiscono lasciare
questo momento ai parenti, si sentono di troppo nonostante manifestino la loro vicinanza
alla famiglia.
Infine ci siamo fatte raccontare episodi di buona e cattiva morte, è emerso che si può
parlare di buona morte quando il paziente e/o la famiglia hanno permesso di relazionarsi
con il medico e allearsi nelle scelte terapeutiche per il bene del paziente; cattiva morte
quando invece non si è riusciti o non si è potuto stabilire una relazione con il paziente o la
famiglia per cui c’è anche stato accanimento nel tentativo di tutelarsi da una famiglia che
non vuole accettare la situazione di fine vita.
48
BIBLIOGRAFIA
Siti internet:
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2007
Vito Mancuso, “La vita autentica”, Ed.Cortina 2009
50
51
FEDERAZIONE NAZIONALE DEGLI ORDINI
DEI
MEDICI CHIRURGHI E DEGLI ODONTOIATRI
CODICE DI
DEONTOLOGIA
MEDICA
16 DICEMBRE 2006
1
TITOLO I
OGGETTO E CAMPO DI APPLICAZIONE
Art. 1
- Definizione Il Codice di Deontologia Medica contiene principi e regole che il medicochirurgo e l'odontoiatra,
iscritti agli albi professionali dell'Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri,
di seguito
indicati con il termine di medico, devono osservare nell'esercizio della
professione.
Il comportamento del medico anche al di fuori dell’esercizio della professione,
deve essere consono
al decoro e alla dignità della stessa, in armonia con i principi di solidarietà,
umanità e impegno
civile che la ispirano.
Il medico è tenuto a prestare la massima collaborazione e disponibilità nei
rapporti con il proprio
Ordine professionale.
Il medico è tenuto alla conoscenza delle norme del presente Codice e degli
orientamenti espressi
nelle allegate linee guida, la ignoranza dei quali, non lo esime dalla
responsabilità disciplinare.
Il medico deve prestare giuramento professionale.
Art. 2
- Potestà e sanzioni disciplinari L'inosservanza dei precetti, degli obblighi e dei divieti fissati dal presente
Codice di Deontologia
Medica e ogni azione od omissione, comunque disdicevoli al decoro o al
corretto esercizio della
52
professione, sono punibili dalle Commissioni disciplinari con le sanzioni previste
dalla legge.
Le sanzioni, nell’ambito della giurisdizione disciplinare, devono essere
adeguate alla gravità degli
atti.
Il medico deve denunciare all’Ordine ogni iniziativa tendente ad imporgli
comportamenti non
conformi alla deontologia professionale, da qualunque parte essa provenga.
TITOLO II
DOVERI GENERALI
DEL MEDICO
CAP. I
Libertà, indipendenza e dignità
della professione
Art. 3
- Doveri del medico Dovere del medico è la tutela della vita, della salute fisica e psichica dell'Uomo
e il sollievo dalla
sofferenza nel rispetto della libertà e della dignità della persona umana, senza
distinzioni di età, di
sesso, di etnia, di religione, di nazionalità, di condizione sociale, di ideologia,in
tempo di pace e in
tempo di guerra, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali
opera.
La salute è intesa nell'accezione più ampia del termine, come condizione cioè
di benessere fisico e
psichico della persona.
2
Art. 4
- Libertà e indipendenza della professione L'esercizio della medicina è fondato sulla libertà e sull'indipendenza della
professione che
costituiscono diritto inalienabile del medico.
Il medico nell’esercizio della professione deve attenersi alle conoscenze
scientifiche e ispirarsi ai
valori etici della professione, assumendo come principio il rispetto della vita,
della salute fisica e
psichica, della libertà e della dignità della persona; non deve soggiacere a
interessi, imposizioni e
suggestioni di qualsiasi natura.
Il medico deve operare al fine di salvaguardare l’autonomia professionale e
segnalare all’Ordine
ogni iniziativa tendente a imporgli comportamenti non conformi alla deontologia
professionale.
Art. 5
- Educazione alla salute e rapporti con l’ambiente Il medico è tenuto a considerare l’ambiente nel quale l’uomo vive e lavora quale
fondamentale
53
determinante della salute dei cittadini.
A tal fine il medico è tenuto a promuovere una cultura civile tesa all’utilizzo
appropriato delle
risorse naturali, anche allo scopo di garantire alle future generazioni la fruizione
di un ambiente
vivibile.
Il medico favorisce e partecipa alle iniziative di prevenzione, di tutela della
salute nei luoghi di
lavoro e di promozione della salute individuale e collettiva.
Art. 6
- Qualità professionale e gestionale Il medico agisce secondo il principio di efficacia delle cure nel rispetto
dell’autonomia della
persona tenendo conto dell’uso appropriato delle risorse.
Il medico è tenuto a collaborare alla eliminazione di ogni forma di
discriminazione in campo
sanitario, al fine di garantire a tutti i cittadini stesse opportunità di accesso,
disponibilità,
utilizzazione e qualità delle cure.
Art. 7
- Limiti dell'attività professionale In nessun caso il medico deve abusare del suo status professionale.
Il medico che riveste cariche pubbliche non può avvalersene a scopo di
vantaggio professionale.
3
CAPO II
Prestazioni d'urgenza
Art. 8
- Obbligo di intervento Il medico, indipendentemente dalla sua abituale attività, non può mai rifiutarsi di
prestare soccorso
o cure d'urgenza e deve tempestivamente attivarsi per assicurare assistenza.
Art. 9
- Calamità Il medico, in caso di catastrofe, di calamità o di epidemia, deve mettersi a
disposizione
dell'Autorità competente.
CAPO III
Obblighi peculiari del medico
Art. 10
- Segreto professionale Il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò che gli è confidato o di cui
venga a conoscenza
nell’esercizio della professione.
La morte del paziente non esime il medico dall’obbligo del segreto.
Il medico deve informare i suoi collaboratori dell’obbligo del segreto
professionale. L’inosservanza
54
del segreto medico costituisce mancanza grave quando possa derivarne profitto
proprio o altrui
ovvero nocumento della persona assistita o di altri.
La rivelazione è ammessa ove motivata da una giusta causa, rappresentata
dall’adempimento di un
obbligo previsto dalla legge (denuncia e referto all’Autorità Giudiziaria, denunce
sanitarie, notifiche
di malattie infettive, certificazioni obbligatorie) ovvero da quanto previsto dai
successivi artt. 11 e
12.
Il medico non deve rendere al Giudice testimonianza su fatti e circostanze
inerenti il segreto
professionale.
La cancellazione dall'albo non esime moralmente il medico dagli obblighi del
presente articolo.
4
Art. 11
- Riservatezza dei dati personali Il medico è tenuto al rispetto della riservatezza nel trattamento dei dati personali
del paziente e
particolarmente dei dati sensibili inerenti la salute e la vita sessuale. Il medico
acquisisce la titolarità
del trattamento dei dati sensibili nei casi previsti dalla legge, previo consenso
del paziente o di chi
ne esercita la tutela.
Nelle pubblicazioni scientifiche di dati clinici o di osservazioni relative a singole
persone, il medico
deve assicurare la non identificabilità delle stesse.
Il consenso specifico del paziente vale per ogni ulteriore trattamento dei dati
medesimi, ma solo
nei limiti, nelle forme e con le deroghe stabilite dalla legge.
Il medico non può collaborare alla costituzione di banche di dati sanitari, ove
non esistano garanzie
di tutela della riservatezza, della sicurezza e della vita privata della persona.
Art. 12
- Trattamento dei dati sensibili Al medico, è consentito il trattamento dei dati personali idonei a rivelare lo stato
di salute del
paziente previa richiesta o autorizzazione da parte di quest’ultimo,
subordinatamente ad una
preventiva informazione sulle conseguenze e sull’opportunità della rivelazione
stessa.
Al medico peraltro è consentito il trattamento dei dati personali del paziente in
assenza del consenso
dell’interessato solo ed esclusivamente quando sussistano le specifiche ipotesi
previste dalla legge
ovvero quando vi sia la necessità di salvaguardare la vita o la salute del
paziente o di terzi
55
nell’ipotesi in cui il paziente medesimo non sia in grado di prestare il proprio
consenso per
impossibilità fisica, per incapacità di agire e/o di intendere e di volere; in
quest’ultima situazione
peraltro, sarà necessaria l’autorizzazione dell’eventuale legale rappresentante
laddove
precedentemente nominato. Tale facoltà sussiste nei modi e con le garanzie
dell’art. 11 anche in
caso di diniego dell’interessato ove vi sia l’urgenza di salvaguardare la vita o la
salute di terzi.
CAPO IV
Accertamenti diagnostici e trattamenti terapeutici
Art. 13
- Prescrizione e trattamento terapeutico La prescrizione di un accertamento diagnostico e/o di una terapia impegna la
diretta responsabilità
professionale ed etica del medico e non può che far seguito a una diagnosi
circostanziata o,
quantomeno, a un fondato sospetto diagnostico.
Su tale presupposto al medico è riconosciuta autonomia nella programmazione,
nella scelta e nella
applicazione di ogni presidio diagnostico e terapeutico, anche in regime di
ricovero, fatta salva la
libertà del paziente di rifiutarle e di assumersi la responsabilità del rifiuto stesso.
Le prescrizioni e i trattamenti devono essere ispirati ad aggiornate e
sperimentate acquisizioni
scientifiche tenuto conto dell’uso appropriato delle risorse, sempre perseguendo
il beneficio del
paziente secondo criteri di equità.
5
Il medico è tenuto a una adeguata conoscenza della natura e degli effetti dei
farmaci, delle loro
indicazioni, controindicazioni, interazioni e delle reazioni individuali prevedibili,
nonché delle
caratteristiche di impiego dei mezzi diagnostici e terapeutici e deve adeguare,
nell’interesse del
paziente, le sue decisioni ai dati scientifici accreditati o alle evidenze
metodologicamente fondate.
Sono vietate l’adozione e la diffusione di terapie e di presidi diagnostici non
provati
scientificamente o non supportati da adeguata sperimentazione e
documentazione clinicoscientifica,
nonché di terapie segrete.
In nessun caso il medico dovrà accedere a richieste del paziente in contrasto
con i principi di
scienza e coscienza allo scopo di compiacerlo, sottraendolo alle sperimentate
ed efficaci cure
disponibili.
56
La prescrizione di farmaci, sia per indicazioni non previste dalla scheda tecnica
sia non ancora
autorizzati al commercio, è consentita purché la loro efficacia e tollerabilità sia
scientificamente
documentata.
In tali casi, acquisito il consenso scritto del paziente debitamente informato, il
medico si assume la
responsabilità della cura ed è tenuto a monitorarne gli effetti.
È obbligo del medico segnalare tempestivamente alle autorità competenti, le
reazioni avverse
eventualmente comparse durante un trattamento terapeutico.
Art. 14
- Sicurezza del paziente e prevenzione del rischio clinico
Il medico opera al fine di garantire le più idonee condizioni di sicurezza del
paziente e contribuire
all'adeguamento dell'organizzazione sanitaria, alla prevenzione e gestione del
rischio clinico anche
attraverso la rilevazione, segnalazione e valutazione degli errori al fine del
miglioramento della
qualità delle cure.
Il medico al tal fine deve utilizzare tutti gli strumenti disponibili per comprendere
le cause di un
evento avverso e mettere in atto i comportamenti necessari per evitarne la
ripetizione; tali
strumenti costituiscono esclusiva riflessione tecnico-professionale, riservata,
volta alla
identificazione dei rischi, alla correzione delle procedure e alla modifica dei
comportamenti.
Art. 15
- Pratiche non convenzionali Il ricorso a pratiche non convenzionali non può prescindere dal rispetto del
decoro e della dignità
della professione e si esprime nell'esclusivo ambito della diretta e non
delegabile responsabilità
professionale del medico.
Il ricorso a pratiche non convenzionali non deve comunque sottrarre il cittadino
a trattamenti
specifici e scientificamente consolidati e richiede sempre circostanziata
informazione e acquisizione
del consenso.
E’ vietato al medico di collaborare a qualsiasi titolo o di favorire l’esercizio di
terzi non medici nel
settore delle cosiddette pratiche non convenzionali.
6
Art. 16
- Accanimento diagnostico-terapeutico –
Il medico, anche tenendo conto delle volontà del paziente laddove espresse,
deve astenersi
57
dall’ostinazione in trattamenti diagnostici e terapeutici da cui non si possa
fondatamente attendere
un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della
vita.
Art. 17
- Eutanasia Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare né favorire
trattamenti finalizzati a
provocarne la morte.
Art. 18
- Trattamenti che incidono sulla integrità psico-fisica I trattamenti che incidono sulla integrità e sulla resistenza psico-fisica del
malato possono essere
attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di
procurare un concreto
beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze.
CAPO V
Obblighi professionali
Art. 19
-Aggiornamento e formazione professionale permanente Il medico ha l’obbligo di mantenersi aggiornato in materia tecnico-scientifica,
etico-deontologica e
gestionale-organizzativa, onde garantire lo sviluppo continuo delle sue
conoscenze e competenze in
ragione dell’ evoluzione dei progressi della scienza, e di confrontare la sua
pratica professionale con
i mutamenti dell'organizzazione sanitaria e della domanda di salute dei cittadini.
Il medico deve altresì essere disponibile a trasmettere agli studenti e ai colleghi
le proprie
conoscenze e il patrimonio culturale ed etico della professione e dell'arte
medica.
7
TITOLO III
RAPPORTI CON IL CITTADINO
CAPO I
Regole generali di
comportamento
Art. 20
- Rispetto dei diritti della persona Il medico deve improntare la propria attività professionale al rispetto dei diritti
fondamentali della
persona.
Art. 21
- Competenza professionale Il medico deve garantire impegno e competenza professionale, non assumendo
obblighi che non sia
in condizione di soddisfare.
58
Egli deve affrontare nell’ambito delle specifiche responsabilità e competenze
ogni problematica con
il massimo scrupolo e disponibilità, dedicandovi il tempo necessario per una
accurata valutazione
dei dati oggettivi, in particolare dei dati anamnestici, avvalendosi delle
procedure e degli strumenti
ritenuti essenziali e coerenti allo scopo e assicurando attenzione alla
disponibilità dei presidi e delle
risorse.
Art. 22
- Autonomia e responsabilità diagnostico-terapeutica Il medico al quale vengano richieste prestazioni che contrastino con la sua
coscienza o con il suo
convincimento clinico, può rifiutare la propria opera, a meno che questo
comportamento non sia di
grave e immediato nocumento per la salute della persona assistita e deve
fornire al cittadino ogni
utile informazione e chiarimento.
Art. 23
- Continuità delle cure Il medico deve garantire al cittadino la continuità delle cure.
In caso di indisponibilità, di impedimento o del venir meno del rapporto di fiducia
deve assicurare
la propria sostituzione, informandone il cittadino.
Il medico che si trovi di fronte a situazioni cliniche alle quali non sia in grado di
provvedere
efficacemente, deve indicare al paziente le specifiche competenze necessarie
al caso in esame.
Il medico non può abbandonare il malato ritenuto inguaribile, ma deve
continuare ad assisterlo
anche al solo fine di lenirne la sofferenza fisica e psichica.
8
Art. 24
- Certificazione Il medico è tenuto a rilasciare al cittadino certificazioni relative al suo stato di
salute che attestino
dati clinici direttamente constatati e/o oggettivamente documentati. Egli è tenuto
alla massima
diligenza, alla più attenta e corretta registrazione dei dati e alla formulazione di
giudizi obiettivi e
scientificamente corretti.
Art. 25
- Documentazione clinica Il medico deve, nell’interesse esclusivo della persona assistita, mettere la
documentazione clinica in
suo possesso a disposizione della stessa o dei suoi legali rappresentanti o di
medici e istituzioni da
essa indicati per iscritto.
59
Art. 26
- Cartella clinicaLa cartella clinica delle strutture pubbliche e private deve essere redatta
chiaramente, con puntualità
e diligenza, nel rispetto delle regole della buona pratica clinica e contenere,
oltre ad ogni dato
obiettivo relativo alla condizione patologica e al suo decorso, le attività
diagnostico-terapeutiche
praticate.
La cartella clinica deve registrare i modi e i tempi delle informazioni nonché i
termini del consenso
del paziente, o di chi ne esercita la tutela, alle proposte diagnostiche e
terapeutiche; deve inoltre
registrare il consenso del paziente al trattamento dei dati sensibili, con
particolare riguardo ai casi di
arruolamento in un protocollo sperimentale.
CAPO II
Doveri del medico e diritti del cittadino
Art. 27
- Libera scelta del medico e del luogo di cura La libera scelta del medico e del luogo di cura da parte del cittadino costituisce
il fondamento del
rapporto tra medico e paziente.
Nell’esercizio dell’attività libero professionale svolta presso le strutture
pubbliche e private, la
scelta del medico costituisce diritto fondamentale del cittadino.
È vietato qualsiasi accordo tra medici tendente a influire sul diritto del cittadino
alla libera scelta.
Il medico può consigliare, a richiesta e nell’esclusivo interesse del paziente e
senza dar luogo a
indebiti condizionamenti, che il cittadino si rivolga a determinati presidi, istituti o
luoghi di cura da
lui ritenuti idonei per le cure necessarie.
9
Art. 28
- Fiducia del cittadino Qualora abbia avuto prova di sfiducia da parte della persona assistita o dei suoi
legali
rappresentanti, se minore o incapace, il medico può rinunciare all'ulteriore
trattamento, purché ne
dia tempestivo avviso; deve, comunque, prestare la sua opera sino alla
sostituzione con altro
collega, cui competono le informazioni e la documentazione utili alla
prosecuzione delle cure,
previo consenso scritto dell'interessato.
Art. 29
- Fornitura di farmaci Il medico non può fornire i farmaci necessari alla cura a titolo oneroso.
60
Art. 30
-Conflitto di interesse –
Il medico deve evitare ogni condizione nella quale il giudizio professionale
riguardante l’interesse
primario, qual è la salute dei cittadini, possa essere indebitamente influenzato
da un interesse
secondario.
Il conflitto di interesse riguarda aspetti economici e non, e si può manifestare
nella ricerca
scientifica, nella formazione e nell’aggiornamento professionale, nella
prescrizione terapeutica e di
esami diagnostici e nei rapporti individuali e di gruppo con industrie, enti,
organizzazioni e
istituzioni, nonché con la Pubblica Amministrazione.
Il medico deve:
- essere consapevole del possibile verificarsi di un conflitto di interesse e
valutarne l’importanza e
gli eventuali rischi;
- prevenire ogni situazione che possa essere evitata;
- dichiarare in maniera esplicita il tipo di rapporto che potrebbe influenzare le
sue scelte
consentendo al destinatario di queste una valutazione critica consapevole.
Il medico non deve in alcun modo subordinare il proprio comportamento
prescrittivi ad accordi
economici o di altra natura, per trarne indebito profitto per sé e per altri.
Art. 31
Comparaggio Ogni forma di comparaggio è vietata.
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CAPO III
Doveri di assistenza
Art. 32
- Doveri del medico nei confronti dei soggetti fragiliIl medico deve impegnarsi a tutelare il minore, l'anziano e il disabile, in
particolare quando ritenga
che l'ambiente, familiare o extrafamiliare, nel quale vivono, non sia
sufficientemente sollecito alla
cura della loro salute, ovvero sia sede di maltrattamenti fisici o psichici, violenze
o abusi sessuali,
fatti salvi gli obblighi di segnalazione previsti dalla legge.
Il medico deve adoperarsi, in qualsiasi circostanza, perché il minore possa
fruire di quanto
necessario a un armonico sviluppo psico-fisico e affinché allo stesso,
all'anziano e al disabile siano
garantite qualità e dignità di vita, ponendo particolare attenzione alla tutela dei
diritti degli assistiti
non autosufficienti sul piano psico-fisico o sociale, qualora vi sia incapacità
manifesta di intendere
61
e di volere, ancorché non legalmente dichiarata.
Il medico, in caso di opposizione dei legali rappresentanti alla necessaria cura
dei minori e degli
incapaci, deve ricorrere alla competente autorità giudiziaria.
CAPO IV
Informazione e consenso
Art. 33
- Informazione al cittadino Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi,
sulla prognosi, sulle
prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili
conseguenze delle
scelte operate.
Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di
comprensione, al
fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e
l’adesione alle proposte
diagnostico-terapeutiche.
Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere
soddisfatta.
Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in
tema di prevenzione.
Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare
preoccupazione e
sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando
terminologie non
traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza.
La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di
delegare ad altro
soggetto l’informazione deve essere rispettata.
Art. 34
- Informazione a terzi L'informazione a terzi presuppone il consenso esplicitamente espresso dal
paziente, fatto salvo
quanto previsto all’art. 10 e all’art. 12, allorché sia in grave pericolo la salute o
la vita del soggetto
stesso o di altri.
In caso di paziente ricoverato, il medico deve raccogliere gli eventuali
nominativi delle persone
preliminarmente indicate dallo stesso a ricevere la comunicazione dei dati
sensibili.
11
Art. 35
- Acquisizione del consenso –
Il medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza
l’acquisizione del
consenso esplicito e informato del paziente.
62
Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in
cui per la particolarità
delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze
delle stesse sulla
integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della
volontà della persona, è
integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33.
Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano
comportare grave rischio per
l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema
necessità e previa
informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna
documentazione del
consenso.
In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico
deve desistere dai
conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun
trattamento medico contro la
volontà della persona.
Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente
incapace, nel rispetto
della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento
terapeutico, tenendo
conto delle precedenti volontà del paziente.
Art. 36
Assistenza d’urgenza Allorché sussistano condizioni di urgenza, tenendo conto delle volontà della
persona se espresse, il
medico deve attivarsi per assicurare l’assistenza indispensabile.
Art. 37
- Consenso del legale rappresentante Allorché si tratti di minore o di interdetto il consenso agli interventi diagnostici e
terapeutici,
nonché al trattamento dei dati sensibili, deve essere espresso dal
rappresentante legale.
Il medico, nel caso in cui sia stato nominato dal giudice tutelare un
amministratore di sostegno deve
debitamente informarlo e tenere nel massimo conto le sue istanze.
In caso di opposizione da parte del rappresentante legale al trattamento
necessario e indifferibile a
favore di minori o di incapaci, il medico è tenuto a informare l'autorità
giudiziaria; se vi è pericolo
per la vita o grave rischio per la salute del minore e dell’incapace, il medico
deve comunque
procedere senza ritardo e secondo necessità alle cure indispensabili.
12
Art. 38
- Autonomia del cittadino e direttive anticipate -
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Il medico deve attenersi, nell’ambito della autonomia e indipendenza che
caratterizza la
professione, alla volontà liberamente espressa della persona di curarsi e deve
agire nel rispetto della
dignità, della libertà e autonomia della stessa.
Il medico, compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la
maturità del
soggetto, ha l’obbligo di dare adeguate informazioni al minore e di tenere conto
della sua volontà.
In caso di divergenze insanabili rispetto alle richieste del legale rappresentante
deve segnalare il
caso all’autorità giudiziaria; analogamente deve comportarsi di fronte a un
maggiorenne infermo di
mente.
Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà, deve
tenere conto nelle
proprie scelte di quanto precedentemente manifestato dallo stesso in modo
certo e documentato.
CAPO V
Assistenza ai malati inguaribili
Art. 39
- Assistenza al malato a prognosi infausta In caso di malattie a prognosi sicuramente infausta o pervenute alla fase
terminale, il medico deve
improntare la sua opera ad atti e comportamenti idonei a risparmiare inutili
sofferenze psichicofisiche
e fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della
qualità di
vita e della dignità della persona.
In caso di compromissione dello stato di coscienza, il medico deve proseguire
nella terapia di
sostegno vitale finché ritenuta ragionevolmente utile evitando ogni forma di
accanimento
terapeutico.
CAPO VI
Trapianti di organi, tessuti e cellule
Art. 40
- Donazione di organi, tessuti e celluleÈ
compito del medico la promozione della cultura della donazione di organi,
tessuti e cellule anche
collaborando alla idonea informazione ai cittadini.
13
Art. 41
- Prelievo di organi e tessuti Il prelievo di organi e tessuti da donatore cadavere a scopo di trapianto
terapeutico può essere
effettuato solo nelle condizioni e nei modi previsti dalla legge.
64
Il prelievo non può essere effettuato per fini di lucro e presuppone l’assoluto
rispetto della
normativa relativa all’accertamento della morte e alla manifestazione di volontà
del cittadino.
Il trapianto di organi da vivente è una risorsa aggiuntiva e non sostitutiva del
trapianto da cadavere,
non può essere effettuato per fini di lucro e può essere eseguito solo in
condizioni di garanzia per
quanto attiene alla comprensione dei rischi e alla libera scelta del donatore e
del ricevente.
CAPO VII
Sessualità e riproduzione
Art. 42
- Informazione in materia di sessualità, riproduzione e contraccezione Il medico, nell'ambito della salvaguardia del diritto alla procreazione cosciente e
responsabile, è
tenuto a fornire ai singoli e alla coppia, nel rispetto della libera determinazione
della persona, ogni
corretta informazione in materia di sessualità, di riproduzione e di
contraccezione.
Ogni atto medico in materia di sessualità e di riproduzione è consentito
unicamente al fine di tutela
della salute.
Art. 43
- Interruzione volontaria di gravidanza L’interruzione della gravidanza, al di fuori dei casi previsti dalla legge,
costituisce grave infrazione
deontologica tanto più se compiuta a scopo di lucro.
L’obiezione di coscienza del medico si esprime nell’ambito e nei limiti della
legge vigente e non
lo esime dagli obblighi e dai doveri inerenti alla relazione di cura nei confronti
della donna.
Art. 44
- Fecondazione assistita La fecondazione medicalmente assistita è un atto integralmente medico ed in
ogni sua fase il
medico dovrà agire nei confronti dei soggetti coinvolti secondo scienza e
coscienza. Alla coppia
vanno prospettate tutte le opportune soluzioni in base alle più recenti ed
accreditate acquisizioni
scientifiche ed è dovuta la più esauriente e chiara informazione sulle possibilità
di successo nei
14
confronti dell’infertilità e sui rischi eventualmente incidenti sulla salute della
donna e del nascituro
e sulle adeguate e possibili misure di prevenzione.
E’ fatto divieto al medico, anche nell’interesse del bene del nascituro, di attuare:
a) forme di maternità surrogata;
65
b) forme di fecondazione assistita al di fuori di coppie eterosessuali stabili;
c) pratiche di fecondazione assistita in donne in menopausa non precoce;
d) forme di fecondazione assistita dopo la morte del partner.
E’ proscritta ogni pratica di fecondazione assistita ispirata a selezione etnica e a
fini eugenetici; non
è consentita la produzione di embrioni ai soli fini di ricerca ed è vietato ogni
sfruttamento
commerciale, pubblicitario, industriale di gameti, embrioni e tessuti embrionali o
fetali.
Sono vietate pratiche di fecondazione assistita in centri non autorizzati o privi di
idonei requisiti
strutturali e professionali.
Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza.
Art. 45
-Interventi sul genoma Ogni eventuale intervento sul genoma deve tendere alla prevenzione e alla
correzione di condizioni
patologiche.
Art. 46
- Test predittiviI test diretti in modo esclusivo a rilevare o predire malformazioni o malattie su
base ereditaria,
devono essere espressamente richiesti, per iscritto, dalla gestante o dalla
persona interessata.
Il medico deve fornire al paziente informazioni preventive e dare la più ampia ed
adeguata
illustrazione sul significato e sul valore predittivo dei test, sui rischi per la
gravidanza, sulle
conseguenze delle malattie genetiche sulla salute e sulla qualità della vita,
nonché sui possibili
interventi di prevenzione e di terapia.
Il medico non deve eseguire test genetici o predittivi a fini assicurativi od
occupazionali se non a
seguito di espressa e consapevole manifestazione di volontà da parte del
cittadino interessato che è
l’unico destinatario dell’informazione..
E’ vietato eseguire test genetici o predittivi in centri privi dei requisiti strutturali e
professionali
previsti dalle vigenti norme nazionali e/o regionali.
15
CAP. VIII
Sperimentazione
Art. 47
- Sperimentazione scientifica Il progresso della medicina è fondato sulla ricerca scientifica che si avvale
anche della
sperimentazione sull’animale e sull’uomo.
Art. 48
66
- Ricerca biomedica e sperimentazione sull’uomo La ricerca biomedica e la sperimentazione sull'uomo devono ispirarsi
all'inderogabile principio
della salvaguardia dell'integrità psicofisica e della vita e della dignità della
persona. Esse sono
subordinate al consenso del soggetto in esperimento, che deve essere
espresso per iscritto,
liberamente e consapevolmente, previa specifica informazione sugli obiettivi,
sui metodi, sui
benefici previsti, nonché sui rischi potenziali e sul diritto del soggetto stesso di
ritirarsi in qualsiasi
momento dalla sperimentazione.
Nel caso di soggetti minori, interdetti e posti in amministrazioni di sostegno è
ammessa solo la
sperimentazione per finalità preventive e terapeutiche.
Il consenso deve essere espresso dai legali rappresentanti, ma il medico
sperimentatore è tenuto ad
informare la persona documentandone la volontà e tenendola comunque
sempre in considerazione.
Ogni tipologia di sperimentazione compresa quella clinica deve essere
programmata e attuata
secondo idonei protocolli nel quadro della normativa vigente e dopo aver
ricevuto il preventivo
assenso da parte di un comitato etico indipendente.
Art. 49
- Sperimentazione clinica La sperimentazione può essere inserita in trattamenti diagnostici e/o terapeutici,
solo in quanto sia
razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica
per i cittadini
interessati.
In ogni caso di studio clinico, il malato non potrà essere deliberatamente privato
dei consolidati
mezzi diagnostici e terapeutici indispensabili al mantenimento e/o al ripristino
dello stato di salute.
I predetti principi adottati in tema di sperimentazione sono applicabili anche ai
volontari sani.
Art. 50
- Sperimentazione sull’animale La sperimentazione sull'animale deve essere improntata a esigenze e a finalità
di sviluppo delle
conoscenze non altrimenti conseguibili e non a finalità di lucro, deve essere
condotta con metodi e
mezzi idonei a evitare inutili sofferenze e i protocolli devono avere ricevuto il
preventivo assenso di
un Comitato etico indipendente.
Sono fatte salve le norme in materia di obiezione di coscienza.
16
67
CAPO IX
Trattamento medico e libertà personale
Art. 51
- Obblighi del medico Il medico che assista un cittadino in condizioni limitative della libertà personale
è tenuto al rispetto
rigoroso dei diritti della persona, fermi restando gli obblighi connessi con le sue
specifiche funzioni.
In caso di trattamento sanitario obbligatorio il medico non deve richiedere o
porre in essere misure
coattive, salvo casi di effettiva necessità, nel rispetto della dignità della persona
e nei limiti previsti
dalla legge.
Art. 52
- Tortura e trattamenti disumaniIl medico non deve in alcun modo o caso collaborare, partecipare o
semplicemente presenziare a
esecuzioni capitali o ad atti di tortura o a trattamenti crudeli, disumani o
degradanti.
Il medico non deve praticare, per finalità diversa da quelle diagnostiche e
terapeutiche, alcuna
forma di mutilazione o menomazione, né trattamenti crudeli, disumani o
degradanti.
Art. 53
- Rifiuto consapevole di nutrirsi Quando una persona rifiuta volontariamente di nutrirsi, il medico ha il dovere di
informarla sulle
gravi conseguenze che un digiuno protratto può comportare sulle sue condizioni
di salute. Se la
persona è consapevole delle possibili conseguenze della propria decisione, il
medico non deve
assumere iniziative costrittive né collaborare a manovre coattive di nutrizione
artificiale nei
confronti della medesima, pur continuando ad assisterla.
CAPO X
Onorari professionali nell’esercizio libero professionale
Art. 54
- Onorari professionali Nell'esercizio libero professionale, fermo restando il principio dell’intesa diretta
tra medico e
cittadino e nel rispetto del decoro professionale, l’onorario deve essere
commisurato alla difficoltà,
alla complessità e alla qualità della prestazione, tenendo conto delle
competenze e dei mezzi
impegnati.
Il medico è tenuto a far conoscere il suo onorario preventivamente al cittadino.
La corresponsione dei compensi per le prestazioni professionali non deve
essere subordinata ai
68
risultati delle prestazioni medesime.
Il medico può, in particolari circostanze, prestare gratuitamente la sua opera
purché tale
comportamento non costituisca concorrenza sleale o illecito accaparramento di
clientela.
17
CAPO XI
Pubblicità e informazione sanitaria
Art. 55
- Informazione sanitaria Nella comunicazione in materia sanitaria è sempre necessaria la massima
cautela al fine di fornire
una efficace e trasparente informazione al cittadino .
Il medico deve attenersi in materia di comunicazione ai criteri contenuti nel
presente Codice in tema
di pubblicità e informazione sanitaria; l’Ordine vigila sulla corretta applicazione
dei criteri stessi.
Il medico collabora con le istituzioni pubbliche al fine di una corretta
informazione sanitaria ed una
corretta educazione alla salute.
Art. 56
- Pubblicità dell’informazione sanitaria La pubblicità dell’informazione in materia sanitaria, fornita da singoli o da
strutture sanitarie
pubbliche o private, non può prescindere, nelle forme e nei contenuti, da
principi di correttezza
informativa, responsabilità e decoro professionale.
La pubblicità promozionale e comparativa è vietata.
Per consentire ai cittadini una scelta libera e consapevole tra strutture, servizi e
professionisti è
indispensabile che l’informazione, con qualsiasi mezzo diffusa, non sia
arbitraria e discrezionale,
ma obiettiva, veritiera, corredata da dati oggettivi e controllabili e autorizzata
dall’Ordine
competente per territorio.
Il medico che partecipa, collabora od offre patrocinio o testimonianza alla
informazione sanitaria
non deve mai venir meno a principi di rigore scientifico, di onestà intellettuale e
di prudenza,
escludendo qualsiasi forma anche indiretta di pubblicità commerciale personale
o a favore di altri.
Il medico non deve divulgare notizie su avanzamenti nella ricerca biomedica e
su innovazioni in
campo sanitario, non ancora validate e accreditate dal punto di vista scientifico
in particolare se tali
da alimentare infondate attese e speranze illusorie.
Art. 57
- Divieto di patrocinio-
69
Il medico singolo o componente di associazioni scientifiche o professionali non
deve concedere
avallo o patrocinio a iniziative o forme di pubblicità o comunque promozionali a
favore di aziende o
istituzioni relativamente a prodotti sanitari o commerciali.
18
TITOLO IV
RAPPORTI CON I COLLEGHI
CAPO I
Rapporti di collaborazione
Art. 58
- Rispetto reciproco Il rapporto tra medici deve ispirarsi ai principi di corretta solidarietà, di reciproco
rispetto e di
considerazione della attività professionale di ognuno.
Il contrasto di opinione non deve violare i principi di un collegiale
comportamento e di un civile
dibattito.
Il medico deve assistere i colleghi senza fini di lucro salvo il diritto al ristoro
delle spese.
Il medico deve essere solidale nei confronti dei colleghi risultati essere
ingiustamente accusati.
Art. 59
- Rapporti con il medico curante Il medico che presti la propria opera in situazioni di urgenza o per ragioni di
specializzazione a un
ammalato in cura presso altro collega, previo consenso dell’interessato o del
suo legale
rappresentante, è tenuto a dare comunicazione al medico curante o ad altro
medico eventualmente
indicato dal paziente, degli indirizzi diagnostico-terapeutici attuati e delle
valutazioni cliniche
relative, tenuto conto delle norme di tutela della riservatezza.
Tra medico curante e colleghi operanti nelle strutture pubbliche e private, anche
per assicurare la
corretta informazione all’ammalato, deve sussistere, nel rispetto dell’autonomia
e del diritto alla
riservatezza, un rapporto di consultazione, di collaborazione e di informazione
reciproca al fine di
garantire coerenza e continuità diagnostico-terapeutica.
La lettera di dimissione deve essere indirizzata, di norma tramite il paziente, al
medico curante o ad
altro medico indicato dal paziente.
CAPO II
Consulenza e consulto
Art. 60
- Consulenza e consulto -
70
Qualora la complessità del caso clinico o l'interesse del paziente esigano il
ricorso a specifiche
competenze specialistiche diagnostiche e/o terapeutiche, il medico curante
deve proporre il consulto
con altro collega o la consulenza presso idonee strutture di specifica
qualificazione, ponendo gli
adeguati quesiti e fornendo la documentazione in suo possesso.
In caso di divergenza di opinioni, si dovrà comunque salvaguardare la tutela
della salute del
paziente che dovrà essere adeguatamente informato e le cui volontà dovranno
essere rispettate.
19
I giudizi espressi in sede di consulto o di consulenza devono rispettare la
dignità sia del curante che
del consulente.
Il medico, che sia di contrario avviso, qualora il consulto sia richiesto dal malato
o dai suoi
familiari, può astenersi dal parteciparvi, fornendo, comunque, tutte le
informazioni e l’eventuale
documentazione relativa al caso.
Lo specialista o consulente che visiti un ammalato in assenza del curante deve
fornire una
dettagliata relazione diagnostica e l’indirizzo terapeutico consigliato.
CAPO III
Altri rapporti tra medici
Art. 61
- Supplenza Il medico che sostituisce nell'attività professionale un collega è tenuto, cessata
la supplenza, a
fornire al collega sostituito le informazioni cliniche relative ai malati sino allora
assistiti, al fine di
assicurare la continuità terapeutica.
CAPO IV
Attività medico-legale
Art. 62
- Attività medico- legale L’esercizio dell’attività medico legale è fondato sulla correttezza morale e sulla
consapevolezza
delle responsabilità etico-giuridiche e deontologiche che ne derivano e deve
rifuggire da indebite
suggestioni di ordine extratecnico e da ogni sorta di influenza e
condizionamento.
L’accettazione di un incarico deve essere subordinata alla sussistenza di
un’adeguata competenza
medico-legale e scientifica in modo da soddisfare le esigenze giuridiche
attinenti al caso in esame,
nel rispetto dei diritti della persona e delle norme del Codice di Deontologia
Medica e
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preferibilmente supportata dalla relativa iscrizione allo specifico albo
professionale.
In casi di particolare complessità clinica ed in ambito di responsabilità
professionale, è doveroso
che il medico legale richieda l’associazione con un collega di comprovata
esperienza e competenza
nella disciplina coinvolta.
Fermi restando gli obblighi di legge, il medico curante non può svolgere funzioni
medico-legali di
ufficio o di controparte nei casi nei quali sia intervenuto personalmente per
ragioni di assistenza o di
cura e nel caso in cui intrattenga un rapporto di lavoro dipendente con la
struttura sanitaria coinvolta
nella controversia giudiziaria.
La consulenza di parte deve tendere unicamente a interpretare le evidenze
scientifiche disponibili
pur nell’ottica dei patrocinati nel rispetto della oggettività e della dialettica
scientifica nonché della
prudenza nella valutazione relativa alla condotta dei soggetti coinvolti.
L’espletamento di prestazioni medico-legali non conformi alle disposizioni di cui
ai commi
precedenti costituisce, oltre che illecito sanzionato da norme di legge, una
condotta lesiva del
decoro professionale.
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Art. 63
- Medicina fiscale Nell’esercizio delle funzioni di controllo, il medico deve far conoscere al
soggetto sottoposto
all'accertamento la propria qualifica e la propria funzione.
Il medico fiscale e il curante, nel reciproco rispetto del diverso ruolo, non
devono esprimere al
cospetto del paziente giudizi critici sul rispettivo operato.
CAPO V
Rapporti con l’Ordine professionale
Art. 64
- Doveri di collaborazione Il medico è tenuto a comunicare al Presidente dell’Ordine i titoli conseguiti utili
al fine della
compilazione e tenuta degli albi.
Il medico che cambia di residenza, trasferisce in altra provincia la sua attività o
modifica la sua
condizione di esercizio o cessa di esercitare la professione, è tenuto a darne
tempestiva
comunicazione al Consiglio provinciale dell'Ordine.
Il medico è tenuto a comunicare al Presidente dell’Ordine eventuali infrazioni
alle regole, al
72
reciproco rispetto e alla corretta collaborazione tra colleghi e alla salvaguardia
delle specifiche
competenze che devono informare i rapporti della professione medica con le
altre professioni
sanitarie.
Nell’ambito del procedimento disciplinare la mancata collaborazione e
disponibilità del medico
convocato dal Presidente della rispettiva Commissione di albo costituiscono
esse stesse ulteriore
elemento di valutazione a fini disciplinari.
Il Presidente della rispettiva Commissione di albo, nell'ambito dei suoi poteri di
vigilanza
deontologica, può convocare i colleghi esercenti la professione nella provincia
stessa, sia in ambito
pubblico che privato, anche se iscritti ad altro Ordine, informandone l'Ordine di
appartenenza per le
eventuali conseguenti valutazioni.
Il medico eletto negli organi istituzionali dell'Ordine deve adempiere all'incarico
con diligenza e
imparzialità nell'interesse della collettività e osservare prudenza e riservatezza
nell' espletamento
dei propri compiti.
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TITOLO V
RAPPORTI CON I TERZI
CAPO I
Modalità e forme di espletamento dell’attività professionale
Art. 65
- Società tra professionisti I medici sono tenuti a comunicare all’Ordine territorialmente competente ogni
accordo, contratto o
convenzione privata diretta allo svolgimento dell’attività professionale al fine
della valutazione
della conformità ai principi di decoro, dignità e indipendenza della professione.
I medici che esercitano la professione in forma societaria sono tenuti a
notificare all’Ordine l’atto
costitutivo della società, costituita secondo la normativa vigente, l’eventuale
statuto e ogni
successiva variazione statutaria ed organizzativa.
Il medico non deve partecipare in nessuna veste ad imprese industriali,
commerciali o di altra
natura che ne condizionino la dignità e l'indipendenza professionale e non deve
stabilire accordi
diretti o indiretti con altre professioni sanitarie che svolgano attività o effettuino
iniziative di tipo
industriale o commerciale inerenti l'esercizio professionale.
Il medico, che opera a qualsiasi titolo nell'ambito di qualsivoglia forma societaria
di esercizio della
73
professione:
- garantisce, sotto la sua responsabilità, l’esclusività dell’oggetto sociale
dell’attività professionale
relativamente all’albo di appartenenza;
- può detenere partecipazioni societarie nel rispetto delle normative di legge;
- è e resta responsabile dei propri atti e delle proprie prescrizioni;
- non deve subire condizionamenti di qualsiasi natura della sua autonomia e
indipendenza
professionale.
L’Ordine, al fine di verificare il rispetto delle norme deontologiche, è tenuto,
nell’ambito della
normativa vigente, a iscrivere in apposito elenco i soci professionisti e le società
costituite secondo
la normativa vigente, anche in ambito interprofessionale, alle quali partecipino i
professionisti
iscritti presso i rispettivi albi, nell’ambito delle linee di indirizzo e coordinamento
emanate dalla
FNOMCeO.
Art. 66
- Rapporto con altre professioni sanitarie –
Il medico deve garantire la più ampia collaborazione e favorire la
comunicazione tra tutti gli
operatori coinvolti nel processo assistenziale, nel rispetto delle peculiari
competenze professionali.
22
Art. 67
- Esercizio abusivo della professione e prestanomismoE' vietato al medico collaborare a qualsiasi titolo o di favorire, anche fungendo
da prestanome, chi
eserciti abusivamente la professione.
Il medico che nell'esercizio professionale venga a conoscenza di prestazioni
mediche o
odontoiatriche effettuate da non abilitati alla professione o di casi di
favoreggiamento
dell’abusivismo, è obbligato a farne denuncia all’Ordine territorialmente
competente.
TITOLO VI
RAPPORTI CON IL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
E CON ENTI PUBBLICI E PRIVATI
CAPO I
Obblighi deontologici del medico
a rapporto di impiego o convenzionato
Art. 68
- Medico dipendente o convenzionato Il medico che presta la propria opera a rapporto d'impiego o di convenzione,
nell'ambito di strutture
sanitarie pubbliche o private, è soggetto alla potestà disciplinare dell’Ordine
anche in riferimento
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agli obblighi connessi al rapporto di impiego o convenzionale.
Il medico dipendente o convenzionato con le strutture pubbliche e/o private non
può in alcun modo
adottare comportamenti che possano indebitamente favorire la propria attività
libero-professionale.
Il medico qualora si verifichi contrasto tra le norme deontologiche e quelle
proprie dell'ente,
pubblico o privato, per cui presta la propria attività professionale, deve chiedere
l'intervento
dell'Ordine, onde siano salvaguardati i diritti propri e dei cittadini.
In attesa della composizione della vertenza egli deve assicurare il servizio,
salvo i casi di grave
violazione dei diritti e dei valori umani delle persone a lui affidate e della dignità,
libertà e
indipendenza della propria attività professionale.
23
Art. 69
- Direzione sanitaria Il medico che svolge funzioni di direzione sanitaria nelle strutture pubbliche o
private ovvero di
responsabile sanitario in una struttura privata deve garantire, nell’espletamento
della sua attività, il
rispetto delle norme del Codice di Deontologia Medica e la difesa
dell’autonomia e della dignità
professionale all’interno della struttura in cui opera.
Egli comunica all’Ordine il proprio incarico e collabora con l’Ordine
professionale, competente per
territorio, nei compiti di vigilanza sulla collegialità nei rapporti con e tra medici
per la correttezza
delle prestazioni professionali nell’interesse dei cittadini.
Egli, altresì, deve vigilare sulla correttezza del materiale informativo attinente
alla organizzazione e
alle prestazioni erogate dalla struttura.
Egli, infine vigila perché nelle strutture sanitarie non si manifestino
atteggiamenti vessatori nei
confronti dei colleghi.
Art. 70
- Qualità delle prestazioni Il medico dipendente o convenzionato deve esigere da parte della struttura in
cui opera ogni
garanzia affinché le modalità del suo impegno non incidano negativamente
sulla qualità e l’equità
delle prestazioni nonché sul rispetto delle norme deontologiche. Il medico deve
altresì esigere che
gli ambienti di lavoro siano decorosi e adeguatamente attrezzati nel rispetto dei
requisiti previsti
dalla normativa compresi quelli di sicurezza ambientale.
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Il medico non deve assumere impegni professionali che comportino eccessi di
prestazioni tali da
pregiudicare la qualità della sua opera professionale e la sicurezza del malato.
CAPO II
Medicina dello Sport
Art. 71
- Accertamento della idoneità fisica La valutazione della idoneità alla pratica degli sport deve essere ispirata a
esclusivi criteri di tutela
della salute e della integrità fisica e psichica del soggetto.
Il medico deve esprimere il relativo giudizio con obiettività e chiarezza, in base
alle conoscenze
scientifiche più recenti e previa adeguata informazione al soggetto sugli
eventuali rischi che la
specifica attività sportiva può comportare.
24
Art. 72
- Idoneità - Valutazione medica Il medico è tenuto a far valere, in qualsiasi circostanza, la sua potestà di
tutelare l’idoneità psicofisica
dell’atleta valutando se un atleta possa intraprendere o proseguire la
preparazione atletica e
l’attività sportiva.
Il medico deve esigere che la sua valutazione sia accolta, denunciandone il
mancato accoglimento
alle autorità competenti e all'Ordine professionale.
Art. 73
- Doping Ai fini della tutela della salute il medico non deve consigliare, prescrivere o
somministrare
trattamenti farmacologici o di altra natura finalizzati ad alterare le prestazioni
psico-fisiche correlate
ad attività sportiva a qualunque titolo praticata, in particolare qualora tali
interventi agiscano
direttamente o indirettamente modificando il naturale equilibrio psico-fisico del
soggetto.
CAPO III
Tutela della salute collettiva
Art. 74
- Trattamento sanitario obbligatorio e denunce obbligatorie Il medico deve svolgere i compiti assegnatigli dalla legge in tema di trattamenti
sanitari obbligatori
e deve curare con la massima diligenza e tempestività la informativa alle
autorità sanitarie e ad altre
autorità nei modi, nei tempi e con le procedure stabilite dalla legge, ivi
compresa, quando prevista,
la tutela dell'anonimato.
Art. 75
76
Prevenzione, assistenza e cura della dipendenza da sostanze da abuso L’impegno professionale del medico nella prevenzione, nella cura e nel
recupero clinico e
reinserimento sociale del dipendente da sostanze da abuso deve, nel rispetto
dei diritti della persona
e senza pregiudizi, concretizzarsi nell’aiuto tecnico e umano, sempre finalizzato
al superamento
della situazione di dipendenza, in collaborazione con le famiglie e le altre
organizzazioni sanitarie e
sociali pubbliche e private che si occupano di questo grave disagio.
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DISPOSIZIONE FINALE
Gli Ordini provinciali dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri sono tenuti a
recepire il presente
Codice e a garantirne il rispetto delle norme, nel quadro dell’azione di indirizzo
e coordinamento
esercitata dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli
odontoiatri; sono
tenuti inoltre a consegnare ufficialmente o, comunque, ad inviare ai singoli
iscritti agli albi il
Codice di Deontologia Medica e a tenere periodicamente corsi di
aggiornamento e di
approfondimento in materia deontologica.
Le presenti norme saranno oggetto di costante monitoraggio da parte della
FNOMCeO al fine di
garantirne l’eventuale aggiornamento.
77
Luogo e data________
Gentile Dottore,
Cortesemente le chiederei di esprimere la Sua opinione rispondendo alle domande che le
rivolgerò durante questa intervista ,che ho preparato per la mia tesi di laurea del Master
”Cure Palliative al termine della vita”.
L’obiettivo di tale intervista è raccogliere dati ed informazioni utili a descrivere il seguente
argomento ”I nostri medici come vivono la morte dei loro pazienti? Riflessioni, pensieri,
emozioni, suggerimenti - ASL AT Ospedale C.Massaia Asti”
La informo che i dati da Lei forniti durante l’intervista e audio registrati , verranno trattati
osservando ogni cautela sulla riservatezza e Lei non potrà essere identificata/o in alcun
modo.
Grazie per la collaborazione.
La studentessa della 10° ed. Master
”Cure Palliative al termine della vita”
Università Statale di Milano
________________________
Firma dell’intervistato
__________________________
78
ABSTRACT Tesi
Titolo:
“I nostri medici come vivono la morte dei loro pazienti? Pensieri, emozioni, suggerimenti
dall’Ospedale Cardinal Massaia di Asti.”
Studenti:
Bossotti Valeria - Infermiere presso SOC Neurologia ASL AT Asti
Tutors:
Dott.ssa Rossana Becarelli Direttore Sanitario AOU San Giovanni Vecchio
Via Cavour 31 10123 Torino. Tel:3472737181 e-mail:[email protected]
Dott.ssa Tiziana Bruno R.A.D Dipartimento di Medicina ASL AT
Corso Dante 202 c/o Ospedale C.Massaia Asti
Tel:3357697896 e-mail: [email protected]
Indirizzo degli autori:
Bossotti Valeria: tel:3397604214 e-mail: [email protected]
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TESTO:
Introduzione:
Questa tesi attraverso il vissuto del personale medico vuole parlare di uno dei più grandi,
forti, tenaci tabù; parla della morte dei pazienti con la quale gli operatori si confrontano
ogni giorno.
Il vissuto emotivo dei medici diviene importante nel momento in cui si trovano a vivere in
prima persona la relazione con un paziente in fase di fine vita e la sua famiglia”. Morire,
dice “Pillot”, significa vivere una situazione di rottura e di crisi che determina una
sofferenza morale in cui viene coinvolto anche il medico” (da Imparare a dirsi addio Adler
Segre).
Il camice che porta il medico viene visto come infallibile, invincibile, così è inaccettabile
che il paziente muoia. Ma dentro quel camice c’è una persona che vive una” tempesta” di
emozioni, esattamente come noi.
Ho deciso di cercare di capire meglio cosa si prova, si vive, si cerca tutti i giorni nel
confronto con i morenti.
In questo modo, proseguirò, ampliando anche, la precedente tesi:
“GLI INFERMIERI CHE VIVONO LA MORTE DEI LORO PAZIENTI IN
OSPEDALE: PENSIERI E IDEE SU COME SI PRENDONO "CURA" DELLE
PERSONE ALLA FINE DELLA LORO VITA.”
Elaborata dalle studentesse:
Adele Calori - Coordinatrice Infermieristica ASL Asti Ospedale “Cardinal Massaia” - DH
Oncologia /Ematologia e Cristiana Gerosa – Infermiera Azienda Ospedaliera di Desio e
Vimercate - U.O.C. B.P.T. Della 9ª EDIZIONE MASTER UNIVERSITARIO DI I
LIVELLO “CURE PALLIATIVE AL TERMINE DELLA VITA” Anno Accademico
2008-9.
Scopo:
Mi piacerebbe che il vissuto anche del personale medico non rimanesse così nascosto,
perché sono convinta che la condivisione all’interno dell’èquipe di cura favorisca
l’approccio, così delicato, sia con il malato che con la famiglia.
Non stupendoci più se vediamo i medici e le infermiere, insieme, seduti nelle camere
dedicate al morente e alla famiglia proprio nel momento dell’ultima fase di vita, in un clima
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di serenità, cercando di accompagnarli nel modo più adeguato ai loro bisogni in quel
momento così importante ed impegnativo.
Al termine delle interviste, confronterò i vissuti dei medici, con quelli delle infermiere,
precedentemente coinvolte.
Avrò così la possibilità di rilevare aspetti comuni di questi vissuti e anche indicazioni per un
percorso di formazione comune per l’èquipe medico-infermieristica.
Materiale e metodi
Per la stesura della tesi saranno intervistati i Direttori e i loro collaboratori medici delle
SOC di:
Rianimazione,
DH- Oncologico e Cure Palliative,
Neurologia
Medicina A
L’intervista audio-registrato, indaga aspetti in ambito organizzativo, formativo, etico deontologico, relazionale -emozionale, dei medici nel loro quotidiano lavoro.
Inviterò ogni medico, in occasione dell’intervista di portare un “oggetto” (frasi, libri,
oggetti..) che rappresenti la sua esperienza di cura al paziente in fase di Fine vita. Questi
“oggetti” saranno parte integrante di questa Tesi.
Conclusioni e risultati
Il prendersi cura del paziente in Fine Vita ha ancora un gran bisogno di medici che
vengano formati già all’inizio del percorso universitario alla comunicazione medico
paziente e medico parente. Il linguaggio tecnico che sono abituati ad usare e la tecnologia
che si evolve in continuazione porta troppo spesso il medico a incombere agli impegni
burocratici e strutturali allontanandosi sempre più dal paziente come essere persona che ha
bisogno di comunicare sia con le parole che con il silenzio.
Se solo venisse fatto questo percorso di comunicazione già all’inizio della formazione, il
medico non si troverebbe spesso a utilizzare frasi fatte, a non saper come rapportarsi
davanti a domande che pone il paziente morente e la famiglia ma più semplicemente
sarebbe in grado di far comprendere che il medico non è invincibile, non ha una soluzione
per tutto e dietro quel camice c’è una persona che ha un gioco di emozioni, pensieri, che la
dove non può curare può prendersi cura.
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Ciò permetterebbe al medico di sapersi rapportare al paziente e famiglia riducendo disagi e
difficoltà ma per fare questo è necessario comunicare e bene non lasciando nulla per
scontato.
Si potrebbe iniziare finalmente a vedere il medico seduto sul letto del paziente che in
serenità è a disposizione della famiglia, allontanando dai nostri occhi l’idea che il medico è
già tanto che lo trovi e quando l’hai trovato va bene che ti dia comunicazioni anche in
corridoio.
Scrivono Bartoccioni, Bonadonna, Sartori:”Una cultura dell’accompagnamento nelle ultime
fasi della vita è un fatto di civiltà”.
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