Tesi - Rodolfo Graziani

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Tesi - Rodolfo Graziani
Il maresciallo d’Italia:
una valutazione di Rodolfo Graziani attraverso il suo
monumento ad Affile.
Piazza San Sebastiano, Affile
Studente n. 4105103
V13241 Tesi
Relatore: Dottor David Laven
1
Il Maresciallo d’Italia:
una valutazione di Rodolfo Graziani attraverso il suo
monumento ad Affile
Victoria Witkowski
Studente numero 4105103
Storia
Relatore: Dottor David Laven
V13241 Tesi
Data di domanda: 02/05/2013
2
Ringraziamenti:
Per la solerte collaborazione per la stesura di questa tesi ringrazio: mia madre, mio padre, i miei
nonni, il Dottor David Laven, la Dottoressa Nicoletta Nefri, il Dottor Alessandro Cannavò, il Dottor
Marino Vigano, il Sindaco Dottor Viri, il Dottor Angelo Del Boca, il Dottor Luigi Ganapini, il
Dottor Emanuele Bettini, il Dottor James Walston, il Dottor Antonio Morone, il Dottor Richard
Pankhurst, Fabio La Ferla.
3
SOMMARIO
Questa tesi di 10.089 parole analizza e descrive il modo in cui il Maresciallo Rodolfo Graziani è
considerato sia a livello nazionale che internazionale durante tutto il suo processo riguardo le
conseguenze della Seconda Guerra Mondiale e la caduta del Fascismo in Italia, e le ragioni di tali
valutazioni.
Il primo capitolo valuta le rilevanze storiche e come i precedenti studiosi hanno impattato sulle
visioni popolari di Graziani. Per questi capitoli saranno usate le seguenti fonti primarie, le quali
includono: autobiografia di Graziani, Una vita per l’Italia, e articoli di giornali pubblicati nel 1948
dal Manchester Guardian, The Times, The New York Times, e Picture Post. Le fonti saranno
utilizzate per sostenere che Graziani fu sempre e solo processato per la sua collaborazione con i
Nazisti tra il 1943 e il 1945, come risulta a conferma dei suoi crimini di guerra.
La seconda metà della tesi valuta il ritratto contemporaneo che si ha di Graziani sia in Italia che in
scala globale, attraverso il dibattito scaturito dall’erezione del monumento a lui dedicato nell’agosto
del 2012, “il Sacrario del Soldato Maresciallo d’Italia”, nella regione Lazio. Per questa parte sarà
appropriato analizzare i giornali italiani insieme a delle interviste condotte con vari studiosi italiani
e con il Sindaco di Affile, nell’aprile 2013. Tali ricerche porteranno alla conclusione che il ricordo
di un criminale di guerra è superfluo e offensivo, ma che la sua colpevolezza non era piena. Le
ragioni di queste male interpretate percezioni riguardo Graziani in Italia saranno, quindi,
giustificate.
4
Contenuti
Sommario
p. 4.
Elenco delle immagini
p. 6.
1. Introduzione
p. 7.
2. Storiografia
2.1 Le campagne italiane nell’Africa settentrionale e orientale
p. 10.
2.2 Angelo Del Boca e le guerre coloniali italiane
p. 14.
2.3 Valutazione del carattere di Graziani
p. 18.
2.4 La memoria post-coloniale in Italia
p. 20.
2.5 Il ricordo del Fascismo
p. 22.
2.6 Graziani nella cultura popolare
3. Il processo a Graziani
4. Interviste orali
5. Un pomeriggio con il Sindaco di Affile
6. Conclusioni
p. 24.
p. 25.
p. 31.
p. 35.
p. 40.
Bibliografia
5
Elenco delle immagini
In ordine di apparizione
L. Golia, Africa, Colonialismo e Fotografia, Il Caso Italiano. (Messina, 1989):
“Un Graduato ed un sottufficiale con una prostituta Eritrea, p. 225.
“Un partigiano Etiopico catturato in uno scontro a fuoco con le camicie nere”, p. 210.
A. Del Boca & N. Lablanca, L’Impero Africano del Fascismo nelle fotografie dell’Istituto Luce
(Roma, 2002):
“Addis Abeba, Bambini, Maggio 1940”, p. 106.
“Quoram, Il Clero Copto rende omaggio al Maresciallo Graziani, 1936”, p. 174.
“Dintorno di Addis Abeba, un soldato italiano posa vicino a un cadavere, 1936”, p. 153.
Fotografie scattate durante la mia visita ad Affile, 11 Aprile 2013.
Monumento al Parco Radimonte, Affile.
Piazza del Parco Radimonte, Affile.
Articolo del giornale Il Secolo, 1955.
Immagini di affilani che hanno combattuto la Seconda Guerra Mondiale.
Cartello stradale di Affile, rimosso nel 1948.
Graffiti neo-fascisti, Affile 2013.
Il processo a Graziani:
“I manganelli iniziano a parlare di nuovo: i sostenitori fascisti cercano di entrare nell’aula di
tribunale. Poi fanno riferimento alla Campagna d’Abissinia”. Immagini del New York Times, (15
ottobre 1948), p. 5.
6
1. INTRODUZIONE
La figura in questione ha da sempre riscosso ed ottenuto un indubbio fascino, dovuto all’ardente
tenacia che ha dimostrato durante la sua vita e il successivo posto occupato nella memoria nazionale
nel periodo storico del fascismo italiano. Rodolfo Graziani ha deciso di dedicarsi alla carriera
militare all’età di 20 anni, prima della formazione del Partito Fascista e, dalla conclusione della
Prima Guerra Mondiale, ha raggiunto il prestigioso titolo di più giovane ufficiale di grado superiore
nell’Esercito Regio. Con il grado di Colonnello partecipò personalmente alla pacificazione della
Libia dal 1929. La ribellione costante dell’opposizione locale fu causata dalla violenta repressione
dell’esercito italiano, istigata dal regime di Mussolini, fattore che ha fatto guadagnare a Graziani
l’infausto titolo di “macellaio di Fezzan”. Con il ruolo di Governatore coloniale fu direttamente
responsabile della costruzione di campi di lavoro, impiccagioni di massa e di uso illegale di gas
tossici. Tra i Libici è conosciuto come “macellaio” mentre per gli Italiani Graziani rappresenta il
“pacificatore della Libia”, colui che ha restaurato la gloria e il prestigio internazionale dell’Italia;
proprio il Bel Paese, che per lungo tempo è stata indicata come la “minore delle grandi potenze”, e a
livello nazionale era indicata come una semplice “espressione geografica”, voleva arrivare ad una
vera unificazione nazionale con lo scopo di creare un moderno Impero Romano1. Grazie al successo
della sua prima campagna, gli fu lasciato il comando della seconda invasione italiana dell’Abissinia
nel 1935, accanto a Pietro Badoglio, con lo scopo di vendicare l’umiliante sconfitta di Adowa nel
1896, per cui Graziani guadagnò il titolo di Viceré dell’Africa orientale italiana.
Il mio interesse per Graziani non è scaturito, comunque, dal suo ruolo in queste battaglie
coloniali, ma dal dibattito internazionale che è sfociato successivamente all’erezione di un
monumento, presumibilmente dedicato a Graziani, nell’agosto del 2012. Avevo già sentito parlare
del Maresciallo ancor prima del completamento del monumento, e la mia conoscenza è da
attribuirsi al suo ruolo importante all’interno del regime fascista, ma non ero a conoscenza della
cospicua eredità che aveva lasciato dopo la sua morte nel 1955. La mia curiosità riguardo questa
figura controversa mi ha condotto ad un eclettico sentiero di informazioni disconnesse riguardo la
vita di Graziani e alla scoperta di numerosi articoli giornalistici che sono stati pubblicati negli anni
passati. Ho fatto di questo il mio compito, ossia di cercare di collegare i punti tra il passato ed il
presente e di fare un resoconto sul silenzio che circonda la figura di quest’uomo, tra il processo di
Graziani del 1948, la recente commemorazione e il rinnovato interesse verso di lui, sia in Italia che
all’estero. Nonostante molti libri di testo storico menzionino la sua figura, molto poco è stato scritto
1
K. Von Metternich, “Letters to Lord Palmerstone”, Memoirs, vol. 7: 19th November 1849, (Columbia,
1996).
7
riguardo Graziani, riguardo la sua carriera nelle colonie o come Ministro della Difesa nella
Repubblica di Salò dal 1943 al 1945, portando così all’impossibilità di ottenere un’analisi
dell’uomo, senza una fluente conoscenza della lingua italiana. La sua figura appare brevemente
citata in alcune tesi europee e americane, riguardo la Lega delle Nazioni o la Crisi Etiope, ma
apparentemente merita non più di una menzione. Questo inconveniente non ha rappresentato un
ostacolo ma ha aumentato la mia curiosità, obbligandomi ad iniziare il mio lavoro altrove, e
sorprendentemente mi ha portato a Milano e Roma in modo da continuare le mie ricerche con una
serie di interviste e visite negli archivi.
L’intenzione di questa tesi è di giudicare come Graziani è stato disegnato nella storia post-coloniale
e se questo ha influito sulla sua memoria nell’Italia moderna. Facendo questo, il mio scopo è di
provare a rispondere alle seguenti domande: nel passato come è stato rappresentato Graziani dagli
studiosi europei? È stato descritto come un convinto Fascista, un criminale di guerra o un eroe
nazionale? Cosa era esattamente per Roma e come fu recepito dagli Alleati? Successivamente
considererò come questo percorso ha portato ad una certa amnesia sociale riguardo il passato
fascismo italiano che ha inghiottito la popolazione italiana. Intraprenderò un giudizio sul
monumento stesso e indagherò sulle reazione italiane riportate della stampa e nelle interviste faccia
a faccia. Per completare questo compito sarà programmata una visione d’insieme storica su
Graziani nel contesto di questo lavoro di tesi. Saranno intrapresi valutazioni dei reportage
giornalistici intorno al processo in modo da comprendere il contesto internazionale e come questo
avvenimento è stato registrato dalla stampa americana ed inglese.
La parte finale di questa tesi tenterà di fornire le risposte sul perché Graziani fu celebrato in questo
modo anche dopo mezzo secolo dalla sua morte e come questa celebrazione è stata considerata dalla
stampa locale. Questo capitolo conterrà un quadro generale delle mie ricerche e la mia visita alla
città di Affile, offrendomi anche un’intuizione della politica italiana e nella manipolata memoria
nazionale riguardo gli aspetti più oscuri del suo immediato passato. Questa tesi d’attualità è dovuta
alla polarizzazione causata dalle recenti elezioni presidenziali, prolungata dal fallimento dei
parlamentari di trovare un accordo riguardo l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Il
precedente premier italiano Silvio Berlusconi, il più duraturo Primo Ministro al potere da
Mussolini, è stato lungamente conosciuto per le sue affiliazioni con i partiti della destra, in
particolare con i separatisti della Lega Nord e di Alleanza Nazionale. Anche se Berlusconi non è al
governo, è comunque il principale azionista Mediaset, non solo la più grande rete televisiva del
paese ma possiede, inoltre, 3 dei 6 canali TV nazionali e perciò ha il pieno controllo dei principali
mezzi di comunicazione, manipolando le notizie, come aveva fatto Mussolini.
8
Il fascismo italiano è apparso recentemente nei titoli della stampa britannica a seguito della nomina
di Di Canio come allenatore della squadra di calcio del Sunderland, per cui la sua visione politica di
destra ha fatto nascere polemiche dato che, in passato, è stato multato per il suo saluto fascista ai
suoi fan a Roma2. A giudicare da questa discussione e da quello che circonda la memoria di
Graziani sembra apparente che il neo-fascismo in Italia rimane dilagante. Questo fenomeno è
intrinsecamente legato alla disillusione attuale che sta sperimentando la maggior parte della
popolazione ed è, quindi, il risultato della continua politica del trasformismo e della corruzione.
Credo che sebbene l’Italia fascista fu innegabilmente uno sgradevole regime, molte fasce della
popolazione italiana guardano al passato con nostalgia. Secondo l’ISTAT i livelli di disoccupazione
hanno raggiunto il record di 25,1%, e sono aumentati di un milione in soli 12 mesi 3. Affermerò che,
anche se è innegabile che il monumento dedicato a Graziani ad Affile sia stato offensivo sia su scala
nazionale che internazionale, e data la crisi economica, i 180.000 euro dovevano essere concessi per
una causa necessaria; secondo le mie ricerche potrebbe essere uno sbaglio dare la colpa al sindaco
del paese. La mia tesi ha anche indicato che la stampa ha parzialmente male interpretato lo scopo
della costruzione del monumento che è anche dedicato a tutti gli Affilani che hanno combattuto
nella Seconda Guerra Mondiale, una pratica commemorativa comune durante tutto il dopo guerra.
2
“Paolo Di Canio, Sunderland, & Italian Fascism”, BBC Sport Online, (2th April 2013),
http://www.bbc.co.uk/sport/0/football/22000125, <accessed 24/04/2013>
3
ISTAT, “Unemployment Rate in Italy”, The Italian National Institute of Statistics (February 2013),
http://www.istat.it/en <accessed 24/04/2013>
9
2. STORIOGRAFIA
2.1 LE CAMPAGNE ITALIANE NELL’AFRICA SETTENTRIONALE E
ORIENTALE
I primi resoconti riguardo la politica estera fascista sono relativamente vaghi e spesso focalizzati
sopra le ambizioni imperiali italiane in Europa e Africa. Ogni menzione dell’Etiopia e della Libia si
riferisce alla disapprovazione delle Nazioni Unite per l’invasione dell’Etiopia e include una non
ammissione del coinvolgimento di Graziani. Il lavoro di Macartney e Cremona, pubblicato prima
della Seconda Guerra Mondiale, sottolinea il fatto che la Gran Bretagna stava ancora tentando di
placare l’Italia, così riconoscendo che l’Italia era “un paese mancante di questi materiali che sono
essenziali per lo sviluppo della grande industria, e ha una densa popolazione in continua crescita” 4.
Questo è un ovvio tentativo per giustificare il bisogno italiano di creare un impero, e più
specificatamente descrive gli Abissini come “aggressivi”, suggerendo che l’Italia ha il diritto di
rispondere dichiarando guerra5. Solo una decade dopo il processo di Graziani, la tesi di Schaefer
appare meno comprensiva nei confronti dei colonizzatori italiani, ma continua a riferirsi agli Etiopi
come “arretrati” e con il bisogno di una guida coloniale6.
A seguito di un silenzio durato più di 30 anni, un libro scritto dall’esperto etiope Alberto Sbacchi
argomenta il fatto che la colonizzazione italiana fu un periodo “trascurato dagli storici a causa della
scarsità di fonti materiali”, mentre lui ha personalmente lottato per cercare dati per la sua ricerca7.
Quindi la ricerca di Sbacchi è basata sulla documentazione proveniente dal vecchio Ministero degli
Italiani in Africa e da archivi privati. Sbacchi è stato il primo storico a fornire un’intuizione sulla
personalità di Graziani ottenendo l’accesso agli archivi privati e ritenendolo “nevrotico e isterico”,
caratteristica che risulta evidente nella corrispondenza tra Graziani e Mussolini, corrispondenza che
lo ha fatto apparire come un uomo autoritario8. Sbacchi attribuisce la responsabilità a Mussolini, il
quale ha ordinato a Graziani di seguirlo ciecamente. Quando in Eritrea due attentatori cercarono di
uccidere Graziani nel 1937 al palazzo del Viceré, l’idea comune fu che Graziani avesse
personalmente ordinato ai Carabinieri di aprire il fuoco sulla folla; tuttavia Sbacchi continua
affermando che la relazione dei testimoni insinua che essendo gravemente ferito e incapace di
4
P. Cremona & M. Macartney, Italy’s Foreign & Colonial Policy 1914-1937 (London, 1938), p. 282.
Cremona & Macartney, Italy’s Foreign & Colonial Policy, p. 285.
6
L. Shaefer, The Ethiopian Crisis: Touch of Appeasement? (N.Y., 1961), p. VIII.
7
A. Sbacchi, Ethiopia Under Mussolini: Fascism & the Colonial Experience, (London, 1985), p. XIX.
8
Sbacchi, Ethiopia Under Mussolini, p. 48.
5
10
parlare non era per lui possibile dare ordini9. Del Boca afferma che Graziani si trovava sulla strada
verso l’ospedale quando fu dato l’ordine di sparare “all’impazzata”10. Sbacchi, però, non lo assolve
completamente dalla sua responsabilità, mentre è convinto che “Graziani stava opprimendo
l’Etiopia con la sua campagna militare e la sua disposizione che lo faceva sembrare un dittatore”11.
Spiega, nelle sue ricerche, pubblicate solo una decade dopo, l’evidenza dell’uso del gas mostarda
sulla popolazione civile etiope, ignorando il Protocollo di Ginevra del 1925. Fu stabilita una filiale
chimica dell’amministrazione degli Italiani-Africani orientali e successivamente Badoglio e
Graziani “spruzzarono villaggi, pascoli, fiumi e laghi, con lo scopo di terrorizzare la popolazione
civile”12. Anche se Mussolini aveva originariamente ordinato che il gas poteva essere usato solo per
le emergenze, nel 1936 autorizzò ogni richiesta di Graziani per l’uso dell’iprite e delle bombe al
fosgene. Sbacchi rimane uno dei pochi storici a sottolineare il fatto cruciale che “gli italiani non
erano i soli ad utilizzare i gas velenosi”, come la Francia li aveva utilizzati per la conquista del
Marocco, che, come spiega la Lega delle Nazioni è una “politica per moderare piuttosto che opporre
l’occupazione italiana”, facendola equamente responsabile per i crimini italiani in Africa13. Rochat
è d’accordo a proposito del fatto che l’uso dei gas fu molto diffuso e sul fatto che Mussolini diede a
Graziani carta bianca sperando in un rapido e calmo consolidamento delle colonie italiane, fatto che
credeva potesse essere manipolato in suo favore da editori e istituzioni14. Rochart sottolinea il ruolo
di Graziani nell’espulsione di 100.000 cirenaici nei campi di concentramento, e la colpevolezza del
Generale di aver ordinato l’uccisione di altri soldati italiani, disertori15. Keller recentemente ha
stimato che 30.000 etiopi furono uccisi nella settimana che ha seguito l’attentato a Graziani, ma le
fonti italiane riferiscono solo di 200 morti16.
Goglia ha adottato un approccio metodologico differente, in modo da riempire l’assenza delle fonti
italiane su questo argomento, valutando le fotografie private delle colonie, dato che i contenuti
pubblici erano stati manomessi. Lui è convinto che “è necessario che gli storici prendano coscienza
delle nuove possibilità di ricerca e si preparino ad appropriarsi della fotografia” 17. La guerra in
Libia fu la prima guerra accompagnata dai mass media dell’epoca, e questo significa che
9
Sbacchi, Ethiopia Under Mussolini, p. 190.
A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale, Vol. III: La Caduta dell’Impero (Roma, 1979), p. 83-86.
11
Sbacchi, Ethiopia Under Mussolini, p. 53.
12
Sbacchi, Legacy of Bitterness, (Eritrea, 1997), p. 60.
13
Sbacchi, Legacy of Bitterness, p. 73-74.
14
G. Rochart, Le Guerre Italiane: Dall’Impero d’Etiopia alla Disfatta (Torino, 2005), p. XV.
15
Rochart, Le Guerre Italiane, p. 41.
16
Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale, Vol. III, p. 87.
17
L. Goglia, Africa, Colonialismo, Fotografia: Il Caso Italiano (Messina, 1989), p. 9.
10
11
dall’invasione dell’Etiopia c’era un’ampia testimonianza fotografica della natura del ruolo italiano
di colonizzatore attentamente portato come ricordo in Italia. Entrambe le foto collocate da Giglio
mostrano soldati italiani in posa con donne italiane con souvenir esotici, torture di ribelli, o vittime
civili durante l’assedio di Addis Abeba.
12
Fonti di Luigi Goglia
“Un Graduato ed un sottufficiale con una prostituta Eritrea”, Africa, Colonialismo e Fotografia, p. 225.
“Un partigiano Etiopico catturato in uno scontro a fuoco con le camicie nere”, Africa, Colonialismo e
Fotografia, p. 210.
13
2.2 ANGELO DEL BOCA E LE GUERRE COLONIALI ITALIANE
Nessuna ricerca, comunque, è paragonabile alla dedizione con cui Angelo Del Boca ha compiuto
una completa visione d’insieme ne Gli Italiani in Africa orientale. Ha adottato la fotografia come
approccio metodologico e ha completato una collezione di fotografie ufficiali delle spedizioni
coloniali del regime dell’Istituto LUCE, iniziate nel 1925. Questa indagine lo ha portato alla
conclusione che sotto il Fascismo la fotografia divenne un mezzo cruciale per la propaganda “per la
celebrazione degli istituti e dei personaggi del fascismo”18. Malgrado le chiare intenzioni di queste
immagini, Del Boca afferma che il loro valore come fonti storiche è andato perduto e non è stato
ridotto19. Come mostrano gli esempi sottostanti, i giovani etiopi sono immortalati mentre salutano i
soldati italiani, i capi etiopi fanno i loro omaggi a Graziani e alcuni soldati sembrano felici di farsi
ritrarre accanto ai civili locali. Goglia, comunque, ammette che “la fotografia ufficiale presenta
ovviamente i suoi limiti”, quindi la ricerca di Del Boca non lo ha portato da nessuna parte20.
Lo studio rigoroso di Del Boca riguardo la corrispondenza di Graziani ha mostrato la sua sfacciata
richiesta dell’uso delle armi chimiche nel 1936, e lo studioso ha ritrovato un telegramma, spedito da
Graziani a Lessona, in cui si legge la richiesta di avere “la massima libertà d’azione per l’impiego
dei gas asfissianti”, e il permesso di bombardare l’area di Gogoru senza preoccuparsi del fatto che
gli ospedali fossero colpiti o meno21. Il Maresciallo d’Italia ha sempre ammesso ad un gruppo di
giornalisti che “naturalmente, la mia non è una difesa passiva”, e fece, inoltre, una richiesta di
14.000 uomini, 13.400 pistole e 784 mitragliatrici22. Lessona accettò “per il timore che il suo
passato libico lo facesse considerare un sanguinario, resse il governo dapprima con indulgenza
eccessiva”23. Nelle memorie private di Graziani, dichiarò “non ho mai incontrato sulla terra, e credo
non esiste al mondo gente più odiata di costoro, basterebbe che l’Italia lasciasse fare, e tutti
sarebbero scannati dall’odio delle genti locali”24. Graziani stava così non solo riaffermando la
credenza della superiorità degli italiani sopra i popoli di Amahara, di cui l’imperatore Helie Salassie
era un membro etnico, ma stava anche legittimando la loro invasione per salvare questi popoli
“barbarici” da loro stessi.
18
Del Boca & N. Lablanca, L’Impero Africano del Fascismo nelle fotografie dell’Istituto LUCE, (Roma,
2002), p. 11.
19
Del Boca & Lablanca, L’Impero Africano, p. 13.
20
Goglia, Africa, Colonialismo e Fotografia, p. 34.
21
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. II: La Conquista dell’Impero (Roma, 1979), p. 504-505.
22
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. II, p. 508-509.
23
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. III, p. 16.
24
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. III, p. 80.
14
Il massacro di Debra Libanos ha avuto luogo nella zona montuosa di Amahara, e perciò Graziani
divenne paranoico dopo l’attentato che lo stava per uccidere tanto da ordinare il massacro di 297
monaci e 23 laici che lui credeva coinvolti. In modo prevedibile, le versioni italiane del massacro
contrastano di molto le relazioni etiopi dato che gli italiani sostengono che erano stati preparati 20
bombardieri per realizzare l’attacco e che gli etiopi avevano nascosto 80 bombe sotto i loro vestiti25.
Le fonti etiopi suggeriscono che non c’era una cospirazione e che l’attacco coinvolse i due imputati
originali i quali attaccarono senza complici, una versione che convince Del Boca26. Inoltre lo
studioso non è miope da credere che queste misure di repressione coloniale fossero il mero risultato
della dittatura di Mussolini, come viene spesso affermato dagli storici della sinistra, mentre la prima
fase del colonialismo italiano era capeggiato da governi Liberali27. Ha anche incluso esempi degli
ultimi 5 telegrammi spediti da Mussolini a Graziani i quali mostrano l’approvazione alla sua
richiesta di usare i gas, un forte bombardamento e autorizzando una “politica del terrore e dello
sterminio contro i ribelli e le popolazioni complici”28. Un esempio della corrispondenza è il
documento riportato di seguito:
S.E. Graziani, 27 Ottobre 1935
Sta bene per azione giorno 29 stop autorizzato impiego gas come ultima ratio per sopraffare
resistenza nemico e in caso di contrattacco.
Mussolini.29
Rochart ha riferito che le debolezze della sua ricerca e di quella di Del Boca sottolineano che
molte fonti Africane furono inaccessibili e che la mancanza di interesse di altri studiosi limitò lo
scopo dell’analisi30. Quello che rimane chiaro nelle ricerche di Del Boca è che “Badoglio e Graziani
avrebbero comunque vinto la guerra anche senza ricorrere ai gas”, che fa dell’uso del veleno
chimico sui civili innocenti un’offensiva imperdonabile31.
25
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. III, p. 91.
Del Boca, Gli Italiani in Africa, Vol. III, p. 91-92.
27
Del Boca (ed.), Le Guerre Coloniali del Fascismo, (Bari, 1991), p. 233.
28
“I telegrammi operativi di Mussolini”, in Del Boca (ed.), I Gas di Mussolini: Il Fascismo e la Guerra
d’Etiopia (Roma, 1996), p. 162.
29
Del Boca, “I telegrammi operativi di Mussolini”, p. 148.
30
Rochart in Del Boca, Le Guerre Coloniali, p. 175.
31
Del Boca, Le Guerre Coloniali, p. 238.
26
15
Fonti di Angelo Del Boca
“Addis Abeba, Bambini, Maggio 1940”, L’Impero Africano del Fascismo, p. 106.
“Quoram, Il Clero Copto rende omaggio al Maresciallo Graziani, 1936”, L’Impero Africano, p. 174.
16
“Dintorni di Addis Abeba, un soldato italiano posa vicino ad un cadavere, 1936”, L’Impero Africano, p.
153.
17
2.3 VALUTAZIONE DEL CARATTERE DI GRAZIANI
Anche se Graziani scrisse numerosi libri riguardo le sue campagne coloniali, le biografie sopra di
lui non sono state ritenute essenziali. Il giornalista fascista Sandro Volta ha dedicato una tesi
sull’esperienza di Graziani in Etiopia nel 1936 ma, sorprendentemente, al momento, i proprietari del
copyright ne impediscono l’accesso per una consultazione. La maggior parte di queste biografie
sono fuori dall’ipotesi psico-analitica di Mayda che mirava a “rendergli giustizia al di là degli
stereotipi e delle leggende”32. Come uno studioso di sinistra, Mayda utilizza gli archivi del Corriere
della Sera e dell’Unità, ma intervista anche conoscenti diretti, in modo da presentare
un’argomentazione ed un lavoro bilanciato. Nei suoi studi giudica Graziani come un uomo sicuro di
sé nel suo ruolo di Generale, dovuto ad un’ampia esperienza e ad una costante sfida dei suoi
superiori, era evidentemente coraggioso in battaglia, ma non ha mai esitato ad attribuire la
responsabilità per i suoi errori ai suoi inferiori33. De Felice tenta di collegare la sua infallibile
disciplina ai suoi crimini di guerra, dichiarando che “era un ufficiale, sia pure di alto grado, che
obbediva a degli ordini”34. Tuttavia, questo gioco di responsabilità è venuto fuori ed è diventato,
così, una ricerca inutile, dato che, evidentemente “la disciplina militare non può coprire tutti i
crimini”35.
Chiaramente intelligente, determinato e convinto del suo ruolo di ministro coloniale, Graziani fu
all’oscuro della credenza che “l’Africa lo conosceva”, e questa cieca credenza nel diritto naturale
degli europei di rivendicare l’Africa, ha portato ad una sorta di miopia mentre le sue battaglie per le
conquiste duravano di più di quanto ci si aspettasse36. Mayda non ha mai dubitato della tranquillità
con cui Graziani ha compiuto le aggressioni militari, ma le attribuisce anche alla sua educazione.
C’è stata una storia di violenza nella sua famiglia e suo padre era “un uomo severissimo”37. Ci sono
comunque, aspetti positivi del suo carattere che sono stati descritti da differenti intervistatori, i quali
lo dipingono come “generoso, comunicativo, passionale, comprensivo”, sempre puntuale e gran
lavoratore38. Mayda ha notato un cambiamento del suo carattere dopo l’attentato che lo stava per
uccidere, portandolo alla paranoia e all’aggressività39. Le fonti Britanniche riguardo Graziani sono
32
G. Mayda, Graziani, L’Africano: da Neghelli a Salò, (Firenze, 1992), Ringraziamenti.
Mayda, Graziani, p. 6-9.
34
Del Boca, L’Africa nella Coscienza degli Italiani: Miti, Memorie, Errori, Sconfitti, (Milano, 2002), p. 123.
35
C. Augias, Intervista originata dal ritrovamento di un diario inedito di Graziani, (24 gennaio 1988).
36
Mayda, Graziani, p. 8.
37
Mayda, Graziani, p. 54.
38
Mayda, Graziani, p. 26.
39
Mayda, Graziani, p. 50.
18
33
sempre state molto negative, ritraendolo come “vile”, ignorante ed incompetente sul campo di
battaglia.
19
2.4 LA MEMORIA POST-COLONIALE IN ITALIA
Non è una sorpresa che questo tema ha avuto recentemente un’importanza tale da essere paragonato
al periodo del regime che si era instaurato soltanto mezzo secolo fa. Coincide anche con l’ascesa
nella storia sociale e la conseguente estasi scaturita nelle classi più umili piuttosto che in coloro che
hanno il potere. Lo studioso inglese Walston chiama questo singolare fenomeno italiano
“repressione della memoria storica”, mentre i “negativi effetti del fascismo sono scoppiati anche
fuori dall’Italia” in contrasto con l’apologia politica del governo giapponese per il suo
comportamento durante tutta la Seconda Guerra Mondiale, per esempio40. La sua ricerca ha rivelato
la natura dei campi di concentramento fatti costruire da Graziani in Libia nel 1930, dove molte
persone morirono per fame e malattie, in pessime condizioni. L’apparente motivo di questo “scopo
repressivo” era di “neutralizzare” e rimuovere tutti gli importanti appoggi che avevano tra la
popolazione, e hanno dimostrato successivamente che Graziani li aveva utilizzati in larga scala in
Etiopia41. Walston ha anche richiesto le memorie Libiche e ha scoperto che ”le esecuzioni avevano
luogo sempre a mezzogiorno…e gli italiani portavano tutti quanti ad assistere alla morte dei nostri
fratelli”42. Inoltre Walston ha espresso il suo sdegno verso gli storici italiani, i quali ancora negano
l’uso dei gas velenosi nelle guerre in Africa43. Comunque, Pankhurst afferma che recentemente il
Ministero Italiano della Difesa ha ammesso l’uso di armi chimiche illegali ma i dettagli rimangono
comunque vaghi44.
Finalmente gli studiosi italiani hanno iniziato a commentare riguardo le questioni legate alla
memoria, così come ha fatto Morone, il quale afferma che “la lunga fine del colonialismo italiano
produsse i suoi effetti… rallentando la decolonizzazione della storia”45. Sostiene che dopo la caduta
del Fascismo, la nuova Repubblica non ha avuto il desiderio di correggere le false credenze che
erano emerse, e ha invece deliberatamente mantenuto il mito degli “italiani brava gente” i quali
trattavano i loro coloni con maggiore rispetto in contrasto a come venivano trattati dalle altre
potenze europee46. Del Boca descrive le difficoltà a cui si è trovato di fronte contro i portavoce delle
forze armate mentre stava cercando i documenti per le sue ricerche relative ai crimini di guerra di
40
J. Walston, “History & Memory of the Italian Concenyration Camps”, The Historical Journal, 40/1,
(1997), p. 169.
41
Walston, “History & Memory”, p. 170.
42
Walston, “History & Memory”, p. 173.
43
Walston, “History & Memory”, p. 179.
44
R. Pankhurst, “Italian Fascist War Crimes in Ethiopia”, North-East African Studies, 1/2, (1999), p. 137.
45
A, Morone, “L’Eredità del Colonialismo per la Nuova Italia” in Gironda, Nani, Petrungaro, Imperi
Coloniali, p. 83.
46
Morone, “L’Eredità del Colonialismo”, p. 84-85.
20
Graziani, e veniva anche chiamato “bugiardo” ed “anti-italiano”47. Sembra assurda questa apparente
perdita di memoria e ha anche stimato che “una famiglia su dieci in Italia possiede sicuramente un
oggetto di provenienza coloniale”48. È elevata la probabilità che i cittadini di età superiore ai 65
anni esponevano oggetti relativi alle spedizioni coloniali, in modo da sottolineare e difendere
l’onore italiano49.
La recente collezione di saggi riguardante questo tema ha lo scopo di focalizzarsi su differenti
approcci grazie al contributo di vari studiosi internazionali. Dondi era alle prese con “il problema
della continuità culturale in Italia e così… la sopravvivenza della mentalità fascista nella
Repubblica”50. Descrive l’apparato politico immediatamente posteriore alla guerra ereditato dallo
stato fascista (non aveva quindi subito alcuna riforma), e risulta che gli stessi ufficiali fascisti
dettavano e controllavano la politica, mentre la burocrazia non era stata sostituita51. Dopotutto
poteva essere naif credere che la mentalità inculcata dal regime poteva essere così facilmente
cancellata, dato che Mussolini stava governando l’Italia da oltre 20 anni, crescendo i bambini con la
convinzione incessante del bisogno della guerra e un sistema educativo riformato.
47
Del Boca, L’Africa nella Coscienza degli Italiani, p. 120-121.
Del Boca, L’Africa nella Coscienza degli Italiani, p. 5.
49
Del Boca, L’Africa nella Coscienza degli Italiani, p. 10.
50
M. Dondi, “The Fascist Mentality after Fascism”, in R. Bosworth & P. Dogliani (eds.), Italian Fascism:
History, Memory & Representation (N.Y., 1999), p. 141.
51
Dondi, “The Fascist Mentality”, p. 142-145.
48
21
2.5 MEMORIZZANDO IL FASCISMO
L’analisi teorica delle memorie è un approccio metodologico abbastanza recente, utilizzato soltanto
negli ultimi 10 anni. Nell’incipit della critica letteraria di Spargo si legge che:
“durante il ventesimo secolo la vita divenne, per molte persone, un’esperienza caratterizzata da
misure atroci, una letteratura (o in effetti promemoria visivi) deve essere indirizzata verso un ethos
progressivo, focalizzandosi sulle esperienze astratte piuttosto che aggiungere costruzioni di
culture”52.
In questo contesto l’esigenza di dimenticare diventa sempre più comprensibile nel caso dell’Italia,
un paese recentemente unificato con divisioni linguistiche e culturali innate, caratterizzato da
legami fragili che la tengono unita. In maniera più specifica, riguardo la memorizzazione è stato
notato che “la dimensione utopica della cultura commemorativa presenta simultaneamente il
movimento di rappresentanza collettiva e la materialità di una vita concreta” 53. In altre parole,
l’insinuazione di Parr si basa sul fatto che l’erezione di un monumento pubblico è una decisione
cosciente, che porta alla creazione di memoriali tangibili ed estetici che fanno allusione alla realtà.
È stato anche argomentato che “un grande cambiamento ha avuto luogo nella cultura
commemorativa contemporanea: dal monumento al memoriale; dalle narrazioni delle pietre
monolitiche di arti “ufficiali” alle diverse, soggettive e spesso conflittuali espressioni intraprese da
un pubblico”multiplo”, una nozione che sembra riflettere pienamente il Monumento di Graziani54.
Gli argomenti che circondano la creazione di monumenti riguardanti la cultura in Italia sottolineano
il ruolo sfacciato che i memoriali hanno avuto “nel forgiare attitudini ufficiali e pubbliche nel
passato imperiale”55. Dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i cittadini erano attenti a
rimuovere le insegne stradali dedicate ai gerarchi fascisti, utilizzate per sottolineare l’importanza
dell’Italia e ancora sparpagliate nelle strade, le quali portano il nome di battaglie coloniali o accordi.
A Roma, per esempio, c’è Viale Etiopia e Piazza Addis Abeba, utilizzate per creare un microcosmo
rimandante all’impero56. Anche durante il fascismo le campagne per il ricordo visivo dei morti sono
state intensificate con la creazione di martiri, e le piazze sono state battezzate come luoghi ideali per
52
Spargo & R. Ehrenreich, After Representation? The Holocaust, Lietrature & Culture, (London, 2009), p. 2.
E. Parr, Deleuze & Memorial Culture: Desire, Singular Memory & the Politics of Trauma (Edinburgh,
2008), p. 3.
54
E. Doss, The Emotional Life of Contemporary Memorials, (Amsterdam, 2008), p. 5.
55
K. Henneberg, “Monuments, Public Space, & the Memory of Empire in Italy”, History & Memory, 16/1,
(2004), p. 39.
56
Henneberg, “Monuments, Public Space”, p. 43.
22
53
la creazione di monumenti57. Appare così curioso che il monumento di Graziani non è situato al
centro della piazza della città ed è comunque invisibile dal suo centro, suggerendo che il comune
era preoccupato riguardo le critiche che avrebbe potuto ricevere per la sua erezione.
La storiografia che circonda lo sviluppo del carattere di Graziani e le guerre coloniali italiane in
Africa fornisce uno scenario cruciale per la comprensione del ruolo che ha avuto sotto il Regime
Fascista e come questo fosse ripetuto dalla stampa durante il suo processo. La politica della
memoria e delle tradizioni basate sulla costruzione di monumenti nell’Italia contemporanea è
essenziale ed è contestualizzata in base all’ambiente in cui è stato eretto il monumento a Graziani.
57
Dogliani & Bosworth, Italian Fascism, p. 13.
23
2.6 GRAZIANI NELLA CULTURA POPOLARE
Le descrizioni di Graziani nella cultura popolare sono poco numerose, ma il film prodotto nel 1981
sotto il governo del colonnello Gheddafi, il Leone del deserto, è essenziale per comprendere come
Graziani è stato visto dagli anglofoni. Sorprendentemente il film è stato censurato in Italia, in
quanto rappresentava un “danno per l’onore dell’esercito” dato che la pellicola ritrae l’ossessione di
Graziani nel catturare il leader della resistenza Beduina, Omar Mukhter in Libia 58. È stato
finalmente mandato in onda nel 2009 durante una visita ufficiale di Gheddafi avvenuta per una
riconciliazione tra i due paesi, ma è stato mostrato su un canale poco conosciuto e a tarda ora, per
diminuire l’influenza che queste figure mostrate e descritte potevano avere sul pubblico59. Fin
dall’inizio Mussolini e Graziani sono mostrati come leaders assetati perennemente da una continua
ricerca di vittorie fasciste oltreoceano, come rappresenta la scena iniziale in cui i leaders libici sono
uccisi dalla fanteria italiana. I libici si contrappongono agli italiani spietati, dato che loro lasciano
illeso un giovane soldato italiano che era stato catturato, mentre Graziani urla “bruceremo i loro
campi, renderemo la loro terra arida”60. Graziani è rappresentato sotto una luce negativa ed
individualistica, dato che lo si sente urlare “il mio nome, una pagina importante nella storia
militare”, e cerca di raggiungere le priorità di gloria internazionale a discapito della sofferenza
umana, affermando anche “un giorno per la gloria e la memoria di Roma è più importante per me
che una generazione nella memoria della Libia”61. In Italia comunque c’è un’assenza completa di
riferimenti alla figura di Graziani nella cultura popolare.
58
G. Andreotti, “Write & Wrong Review”,
http://othmanabdullah.wordpress.com/2012/06/12/umar-mukhtar-lion-of-the-desert/, (12th june 2012) ,
<accessed 26/04/2013>.
59
Opening Line”, Lion of the Desert, (1981), (London, 2005), <accessed 25/04/2013>
60
R. Graziani played by O. Reed, Lion of the Desert, h: 00:57.
61
Graziani, Lion of the Desert, h:00:58.
24
3. IL PROCESSO A GRAZIANI
Graziani è stato ufficialmente processato per i suoi crimini di guerra nel 1948, dopo ripetuti ritardi
dovuti alla sua cattiva salute, e gli furono inflitti 19 anni di prigione per la sua collaborazione con i
gerarchi nazisti mentre era a capo del Ministero della Difesa, durante la Repubblica di Salò istituita
da Mussolini. Ma scontò solo quattro mesi per aver solamente “eseguito gli ordini”. Malgrado
numerose richieste da parte dei ministri Etiopi verso le Nazioni Unite, riguardo la richiesta di
incarcerare Graziani per le atrocità che aveva causato nell’Africa orientale, queste suppliche furono
respinte dai leader degli stati membri. Come è sostenuto da Del Boca “tutti i maggiori responsabili
dei genocidi africani sono rimasti impuniti”, sottolineando che non solo Graziani riuscì a scampare
alla sua condanna, ma anche i generali Lessona, Badoglio e Del Bono non furono mai processati,
nonostante i loro nomi fossero stati inseriti nella lista dei dieci leaders fascisti creata dalla
Commissione per i Crimini di Guerra delle Nazioni Unite62. Morone attribuisce questo silenzio
internazionale come un tentativo deliberato di garantire un governo di destra in Italia agli albori
della Guerra Fredda, che stava inquietando e preoccupando gli alleati63. Inoltre, è stato suggerito
che “la portata dei crimini di guerra doveva essere contenuta in dimensioni trattabili”, anche se tutti
furono responsabili per i crimini di guerra avvenuti prima e durante la Seconda Guerra Mondiale la
lista non fu mai completata64. Gli Alleati avevano solamente bisogno di Norimberga e di pochi altri
criminali processati per dare così un esempio di estrema rigidità e di garantire un potere bilanciato il
quale non doveva nuovamente essere minacciato. Del Boca si trova d’accordo con questa ipotesi ma
ammette la sua sorpresa sul fatto che la sinistra italiana ha trascurato la questione, dato che erano
ideologicamente legati all’anti-fascismo e al colonialismo65.
Non deve essere dimenticato che nel 1936 la Lega delle Nazioni ha rifiutato lamentele ufficiali da
parte del governo etiope “riguardo ulteriori violazioni da parte delle truppe italiane contro le
Convenzioni stabilite sulle leggi e i costumi in tempo di guerra”, e ha invece scelto di investigare
sulle lamentele italiane a proposito dell’uso illegale delle armi etiopi e dei proiettili ad espansione,
quando l’Etiopia stava cercando, giustamente, di conquistare le prime posizioni66. Avendo letto un
articolo riguardante il futuro delle colonie italiane dal 1948 appare evidente che gli Alleati hanno
62
Morone in Gironda, Nani, Petrungaro, Imperi Coloniali, p. 84.
Morone in Gironda et al., Imperi Coloniali, p. 84.
64
E. Pedaliu, “Britain & the Hand-over of Italian War Criminals to Yugoslavia”, Journal of Contemporary
History, 39/4, (2004), p. 506.
65
Del Boca, L’Africa nella Coscienza degli Italiani, p. 119.
66
Annex 56, “Documentatio Relating to the Dispute Between Ethiopia & Italy”, League of Nations Official
Journal, (February, 1936), p. 241.
25
63
chiuso un occhio sulla cattiva condotta italiana in Etiopia giustificando una credenza di superiorità
razziale e dando, in questo modo, una continua estensione al ruolo Inglese e Francese nell’Africa
nel 1948. Nell’articolo, si legge, le ex colonie italiane sono viste in termini di potenziali entrate per
lo stato, così come era avvenuto per la Gran Bretagna “nessuno di loro è economicamente ricco o
autosufficiente, ma sono comunque strategicamente importanti”67. L’unico accenno al futuro delle
popolazioni locali sono affermazioni riguardanti il fatto che gli africani non sono adatti a governarsi
reciprocamente, legittimando in questo modo, il ruolo italiano di amministratori, dato che sono
“sinceramente devoti ai nativi”68. Si trova qui una risonanza con l’autobiografia di Graziani il quale
sosteneva il suo diritto etnico “d’estendere senza indugio la nostra occupazione ai territori
occidentali” ma è più diretto riguardo la popolazione Abissina, che chiama “inumana”; appellativo
dovuto al loro precedente ruolo di assassini di soldati italiani at Adowa, per cui suggerisce che i
suoi genitori avrebbero potuto essere uccisi se avessero combattuto nel 189669. Questa è una
giustificazione ridicola per rendere sgradevoli i nativi dato che nessuno dei suoi genitori era
presente nella Battaglia di Adowa, e furono fatte dallo stesso Graziani differenti speculazioni per
mostrare un disperato tentativo di difendere il suo ruolo di Colonizzatore.
A causa dell’inaccessibilità negli archivi dei giornali italiani, sono stato utilizzati gli archivi
giornalistici britannici e americani per valutare come la stampa internazionale ha riportato il
processo a Graziani. Secondo i 37 articoli che ho esaminato, soltanto sette ritengono Graziani
responsabile di crimini coloniali. La maggior parte di questi articoli è stato stampato su 3 pagine
così da essere indicato come una notizia dell’estrema importanza, e questo mi ha creato sorpresa
collegandomi al fatto che il nome di Graziani sia stato dimenticato dal mondo anglofono per circa
mezzo secolo. Il Generale fu ritenuto responsabile per la “collaborazione con i tedeschi dopo
l’armistizio”, una frase comune che appare in oltre 10 articoli70. Pochi giornalisti approfondirono le
ricerche mostrando un’immagine scellerata di Graziani basandosi su testimonianze che affermavano
che Graziani “propose un decreto che introduceva la pena di morte per il rifiuto a rispondere alla
chiamata fascista alle armi e minacciava repressioni contro le famiglie colpevoli”71. La reazione di
Graziani fu che “doveva essere considerato come un prigioniero di guerra e non come un criminale
di guerra”, mentre quando Mussolini pianificava di scappare in Svizzera, Graziani ritornò
fedelmente dalle sue truppe, ripetendo che “ha sempre agito per proteggere i reali interessi
67
“The Italian Colonies”, Manchester Guardian, (27th March 1948), p. 4.
“The Italian Colonies”, p. 4.
69
R. Graziani, Una Vita per l’Italia, <Ho difeso la Patria>, (Milano, 1986), p. 57-61.
70
“Neo-Fascists in a Scuffle”, Times London, (10th October, 1948), p. 3.
71
“Senator Parri’s Charges”, Times Correspondent, (2nd November, 1948), p. 3.
68
26
italiani”72. Secondo le testimonianze ha affermato di aver collaborato con gli invasori tedeschi, a
causa di “le serie prospettive a cui andava incontro l’Italia” e la guerra contro i partigiani fu
“apparentemente un monopolio delle forze tedesche”. Il senatore Parri ha comunque riportato di
aver detto che Graziani “non fu ucciso dai partigiani quando fu catturato solo perché gli alleati
avevano richiesto che gli fosse consegnato vivo”73. Quest’affermazione non suggerisce solo che
Graziani fu disprezzato dai partigiani, ma anche che gli alleati si sono dimostrati più umani nei
riguardi dei prigionieri fascisti.
Gli articoli includono anche relazioni di vecchi compagni, arrivate in difesa di Graziani e i quali,
riguardo al suo compito, affermano che si sta assistendo ad una pratica di ”infangamento di un
grande soldato che ha onorato l’Italia”74. Graziani stesso ha utilizzato questi complimenti per
difendersi, affermando che “ho marciato per la democrazia e il fascismo. Avrei potuto marciare
anche domani sotto un governo comunista se avessi pensato che lo scopo fosse stato giusto” 75.
Queste affermazioni creano delle domande giornalistiche riguardo la sua relazione con la dittatura
fascista, ma guidano i giornalisti alla conclusione che “lui si è mostrato, nel complesso, un
irriducibile seguace degli ideali fascisti”76. Secondo Mayda, egli fu inflessibile per non essere
punito per la sua subordinazione a Mussolini ma, evidentemente non lo ha frenato dalla sua incauta
convinzione delle acquisizioni imperiali italiane77. Ganapini afferma che Graziani fu un soldato
professionale ed efficiente e cercò di forzare il suo esercito ad essere “apolitico” affidando la loro
lealtà all’Italia e non a Mussolini78. Rimane impossibile spiegare la ricerca di Graziani di una
carriera militare in Africa e sotto la Repubblica di Salò, ma è un dato di fatto che divenne soldato
prima della nascita del partito fascista e così, possibilmente, utilizzò il regime di Mussolini per il
suo scopo personale.
I giornalisti furono entusiasti di commentare il suo comportamento durante il suo processo,
descrivendolo come vigoroso e aggressivo, e in un articolo fu riportato che uscì come una furia
dalla corte in cui si stava tenendo il processo79. Il Manchester Guardian lo ritrae come
imprevedibile dato che “parlava in modo teatrale, alcune volte gridando, alcune volte bisbigliando”
72
“Graziani on Trial: Sympathy Among Public for accused”, Times, (11th October, 1948), p. 3.
“Graziani Trial Uproar”, Times, (4th November, 1948), p. 3.
74
“The Graziani Trial: Mudslinging a Great Soldier”, Times Correspondent, (22nd October, 1948), p. 3.
75
“Trial of Marshal Graziani Opens: Acted in Best Interests of Italy”, Manchester Guardian, (11th October,
1948), p. 5.
76
“Graziani on Trial”, Times, (11th October, 1948), p. 3.
77
Mayda, Graziani, p. 9.
78
L. Ganapini, I Corpi Armati della RSI, (Milano, 1999), p. 119.
79
“Graziani Uproar”, Times, (4th November, 1948), p. 3.
27
73
e a intermittenza “si abbatteva e piangeva” prima di ricominciare nuovamente a gridare ed
infuriarsi80. Comunque, non tutti i resoconti erano negativi, come quello da parte del corrispondente
dell’Irish Times, Van Hock, che descrive una figura intrigante rispetto a quella citata da altre fonti:
“si dovrebbe conoscere Graziani per capire il motivo per cui attirava le masse, più alto di sei piedi
(1.80 cm), largo di spalle, uno sguardo duro nei suoi severi occhi infossati, la mascella pronunciata,
combinava la disciplina prussiana con il temperamento romano”81.
La maggior parte delle fonti, comunque, inoltre, descrive Graziani come costantemente criticato
dalla Gran Bretagna e giudicato come se lui li avesse “sempre odiati” 82. Un altro tema importante
negli articoli è l’ampio supporto che Graziani ha avuto da parte della popolazione romana durante
tutto il suo processo e ci sono numerosi articoli che descrivono “confortanti simpatizzanti” e orde di
dimostratori fuori la Corte di Cassazione durante la durata del processo 83. Il New York Times ha
diffuso immagini riguardo i disordini dei neo-fascisti alla vigilia del processo di Graziani84.
The Truncheons Start to Talk Again: Fascist supporters succeed in getting inside the courtroom. Then they
cheer any reference to the Abyssinian Campaign. Pictures, NYT, (15th October, 1948), p. 5.
80
“Graziani Weeps”, Manchester Guardian, (25th October, 1948), p. 6.
R. Hock, “The Way of The World”, Irish Times, (16th October, 1948), p. 5.
82
“Graziani Hates the British”, Irish Times, (15th October, 1948), p. 1.
83
“Graziani’s Defence, Cheered by Sympathisers, Daily Telegraph, (12th October, 1948), p. 5.
84
Pictures, NYT, (15th October, 1948), p. 5.
81
28
Come scritto sopra la sezione fotografica, persino dopo la caduta dell’impero italiano, i sostenitori
di Graziani celebrarono ancora patriotticamente il breve periodo dell’Italia imperiale. L’articolo più
esplicito fu scritto dal New York Times e iniziava in questo modo: “Graziani, conquistatore
d’Etiopia, il quale ha ordinato l’uccisione di 1000 etiopi” e terminava con la semplice risposta di
Graziani “ho difeso la mia patria”85. Così Graziani non ha mai negato il suo ruolo nell’esecuzione di
30 Libici a giorno, ma ha continuato ad affermare, nella sua autobiografia, che stava solamente
eseguendo gli ordini86. Nell’unico articolo focalizzato sul suo ruolo in Abissinia, Graziani fu attento
ad “attribuirsi il merito di aver disobbedito a un ordine provenente da Roma di uccidere tutti i capi
tribù abissini”, ma il tono di quest’articolo dà a questa affermazione un senso di dubbio 87. Appare
comunque curioso che mentre il Manchester Guardian dichiara che “milioni di italiani adesso
leggono e discutono i discorsi di difesa di Graziani quali, quotidianamente riempiono differenti
colonne di giornali”, seguendo le ricerche che ho condotto nei pressi del monumento, la
maggioranza dei cittadini italiani oggigiorno nega di conoscere Graziani88.
Sono d’accordo che “gli italiani non sono stati gli unici a compiere queste azioni”, anche gli inglesi
hanno abbandonato i codici internazionali di guerra durante la Guerra di Boera e con grande
evidenza è accaduto lo stesso in Vietnam da parte dell’esercito americano89. Quindi per gli alleati
c’è stato un interesse a perdonare e dimenticare, specialmente con l’arrivo della Guerra Fredda e
divennero favorevoli alla nascita di un governo italiano di destra, tanto che lo stesso Badoglio
rappresentò il loro leader favorito per il governo dell’Italia anche se aveva avuto dei trascorsi nel
periodo fascista. Sostengo che Graziani avrebbe dovuto essere processato per i suoi crimini nelle
colonie africane, ma seguendo le sue stesse parole, è divenuto il capro espiatorio, dato che fu
l’unico fascista ad essere processato per alto tradimento davanti la Commissione per i Crimini di
Guerra delle Nazioni Unite e non ci fu nessun equivalente italiano del Processo di Norimberga.
Graziani morì nella sua casa di famiglia ad Affile nel 1955 e trascorse gli ultimi giorni della sua vita
a “fare l’agricoltore, badare alle stalle, giocare a tresette all’osteria” 90. Questa sua vita durante il
dopo guerra, vissuta umilmente tra gli abitanti di Affile, dovrebbe spiegare la loro attuale
indifferenza per Graziani e il loro incoraggiamento per il monumento, in quanto è visto come un
soldato regolare che ha socializzato con i propri nonni, la più importante figura di questo piccolo
85
“No Title”, NYT, (11th October, 1948), p. 14.
Graziani, Una Vita, p. 9.
87
“Graziani’s Role in Abyssinia, Times, (12th October, 1948), p. 3.
88
“Defence & War Crimes Trial”, Manchester Guardian, (14th October, 1948), p. 5.
89
P. Palumbo, A Place in the Sun: Africa in Italian Colonial Culture from Post-Unification to Present,
(California, 2003), p. 18.
90
Mayda, Graziani, p. 311.
86
29
paese, ed è spesso ricordato come un eroe locale. I suoi compagni d’armi e i suoi sostenitori
continuarono a scrivergli lettere fino alla sua morte e attraverso gli anni l’immagine di Graziani
eroe di guerra sembra aver eclissato l’immagine di Graziani criminale di guerra. Inoltre in un
intervista si è suggerito un legame tra “il Movimento Uomo Qualunque” fondato dall’attore comico
Giannini nel 1946 e il recente Movimento Cinque Stelle portato avanti da Grillo, iniziato online91.
Questi movimenti riflettono l’attuale disillusione del paese dovuto ad un clima di continua
instabilità politica, e sono essenziali per l’affermazione del neo-fascismo negli ultimi anni e il
desiderio di rivivere le glorie passate così come era stato per Graziani.
91
Interview with Anonymous: No. 1, (Milan, 5th April, 2013).
30
4. INTERVISTE ORALI
Nel periodo successivo al processo di Graziani, si assisteva ad un’insicurezza politica mentre l’Italia
lottava per riguadagnare la propria fragile identità nazionale nel dopo guerra. Sia l’estrema destra
che l’estrema sinistra si trovavano in una lotta continua, usando la tattica del terrore, impiegando
una “strategia di tensione” in modo da spaventare l’opinione pubblica italiana. Il movimento
comunista Brigate Rosse catturò e uccise il leader del Partito Cristiano-democratico Aldo Moro nel
1978, e l’attentato dinamitardo alla stazione di Bologna del 1980, per opera dell’organizzazione
neo-fascista Nuclei Armati Rivoluzionari portò alla morte di 80 persone. Mentre stavo portando
avanti il mio lavoro, gli studiosi hanno fatto differenti constatazioni riguardo il periodo fascista,
prodotte durante il ventesimo secolo, come esempio di censura governativa. James Walston ha
parlato nel documentario della BBC di “eredità fascista”, descrivendo l’uccisione col gas da parte di
Badoglio e Graziani nelle zone presidiate dalla Croce Rossa, e tale documentario è andato in onda
in Gran Bretagna nel 1989, ma fu immediatamente comprato dalla RAI e mai mostrato nelle
televisioni italiane92. Walston fu l’unico intervistato di lingua inglese ed è importante notare che
sono stata capace di portare a compimento questa tesi su tale argomento solo grazie al mio fluente
italiano, il che focalizza la mancanza di corrette ed efficaci traduzioni riguardo tale argomento e la
conseguente inaccessibilità al mondo anglofone, e questo è il motivo per cui sono rimasta per lungo
tempo all’oscuro riguardo i crimini di guerra italiani.
In questa intervista Walston parla di un certo interesse riguardo il fascismo dalla metà degli anni
’90, e divenne apparente quando il ricordo fascista divenne apertamente pubblicizzato nei negozi e
in tutta Roma93. Questo è sempre stato il caso della casa natale di Mussolini a Predappio, dove la
vendita di vino nero e altre “stupidaggini” sono diventate normali nelle strade principali.
Nell’anniversario della Marcia di Roma compiuta da Mussolini nel 1922, pellegrini neo-fascisti
celebrarono la sua ascesa al potere e visitarono la sua tomba, sorvegliata tutto l’anno da seguaci con
la Camicia Nera. L’interno del memoriale di Graziani simula l’interno della tomba di Mussolini
dato che contengono un enorme busto idealizzato, retaggio dell’antica tradizione romana, ed
entrambi i monumenti hanno delle semplici pareti bianche per evitare la distrazione dal busto
centrale, con un classico soffitto a cupola. Il Lazio, particolarmente, è conosciuto per le sue alte
proporzioni neo-fasciste, e molti “seguaci” si associano con la squadra di calcio della S.S. Lazio.
Emanuele Bettini afferma che il Lazio non è, comunque, l’unica regione con reliquiari fascisti, dato
che il politico fascista Farinacci è sepolto a Cremona, terra natale di Bettini, dove suo nipote
92
93
Interview with James Walston, (17th April 2013).
Interview with James Walston.
31
commise suicidio sulla sua tomba94. In aggiunta, c’è anche il “campo dieci” a Milano luogo in cui
sia i partigiani che i fascisti sono stati seppelliti. C’è stata recentemente una controversia riguardo
questo cimitero, quando il sindaco ha visitato il campo per rendere i suoi omaggi ai partigiani
caduti, ma non togliendo la fascia nazionale quando ha visitato le tombe dei fascisti, e fu accusato
di apologia fascista95.
L’intervistato ha anche affermato che ognuna di queste azioni “sono tutte state decisioni politiche,
non è mai neutro, a qualcuno sempre serve”96. Un rappresentante di un’associazione italiana non
governativa ha affermato che la scelta di riabilitare Graziani con l’erezione di un monumento a lui
dedicato, fu un tentativo di rivivere il mito degli “italiani bravi colonizzatori” e “mitizzare un
passato in cui si stava meglio” che evidentemente ha creato un gesto politico nostalgico97. Walston
non è d’accordo sull’affermazione che “Berlusconi ha sinceramente creduto al fatto che Mussolini
avesse fatto buone cose, non aveva un agenda politica” il quale, però, ne sembra convinto malgrado
il suo carisma eccentrico e i suoi discorsi comici, dato che l’intelligente magnate della televisione
con anni di esperienza in politica, ha fatto accidentalmente questo discorso politico durante un
giorno commemorativo italiano nel gennaio di quest’anno98. Una delle più illuminanti interviste che
ho portato avanti è stata con un giovane milanese, sostenitore neo-fascista che è stato onesto e ha
seguito le sue visioni, il quale crede che monumenti come quelli eretti ad Affile devono essere
necessari perché “bisogna ricordarlo sempre”99. Lo storico di sinistra Ganapini attribuisce questa
amnesia sociale al fatto che le nuove generazioni italiane devono affrontare una storia manipolata. È
irremovibile che “c’è proprio un ignoranza di pubblico” dato che la sua esperienza
nell’insegnamento gli ha fatto capire che i giovani italiani hanno “nessuna conoscenza della vera
storia italiana”100. Bettini è d’accordo che “le scuole italiane cancellano la storia, non lo sanno
nemmeno cos’è successo nel 1943” e fanno un confronto con la Gran Bretagna affermando che i
documentari riguardo gli aspetti negativi del loro colonialismo sono, alla fine, stati mostrati in Gran
Bretagna, dando così alla popolazione l’opportunità di cambiare le proprie idee e credenze101.
Questo dovrebbe anche spiegare la mancanza della conoscenza pubblica non solo sullo stesso
Graziani, ma anche sul disinteresse generale riguardo l’erezione del monumento. Morone sottolinea
94
Interview with Emanuele Bettini, (15th April 2013).
Interview with Anonymous: No. 1.
96
Interview with Anonymous: No. 1.
97
Interview with Anonymous: No. 7 (23rd April 2013).
98
Interview with Walston.
99
Interview with Fabio LaFerla (28th April 2013).
100
Interview with Luigi Ganapini (8th April 2013).
101
Interview with Bettini.
95
32
una nozione interessante che riguarda coloro che protestavano contro il monumento di Graziani, che
probabilmente ignoravano il fatto che fu un criminale di guerra coloniale102. La Ferla è sicuro che
Graziani è famigliare non solo a tutti i supporter fascisti ma è anche certo nella sua convinzione che
“chi non sa chi fosse Graziani farebbe meglio a tornare a scuola”103. Le mie ricerche hanno portato
all’impressione che c’è una mancanza di consapevolezza riguardo Graziani e la sua carriera, come
prevedibile la reazione pubblica al monumento stesso fu minima rispetto alle lamentele di Walston
sul fatto che il monumento non era “abbastanza problematico”, l’unica obiezione che fa è riguardo
il locale criticismo a Brescia in risposta alla ricostituzione di un simbolo dell’era fascista nella
piazza della città, ma non ci sono opinioni relative al monumento di Affile104. Ovviamente ci sono
state le obiezioni dell’ANPI e le proteste locali ma Ganapini è d’accordo che “non c’è stata un onda,
solo una marea”, riferendosi anche alla stampa italiana che ha evidenziato la notizia105. Lo storico
etiope Pankhurst ha commentato le reazioni etiopi, i quali erano giustamente sconvolti al riguardo,
ma questo non corrisponde al generale punto di vista italiano106.
Morone ha constatato la mancanza di reazione da parte della stampa italiana mentre quella
internazionale ha dato ampio spazio all’argomento107. Ganapini ha direttamente incolpato la stampa
per la mancanza di annunci circa il monumento, ma ha attribuito tutto ciò a un generale problema di
comunicazione del paese108. L’unico articolo degno di nota è stato pubblicato dal Corriere Della
Sera a firma di Gian Antonio Stella, intitolato “Quel mausoleo della crudeltà che non fa indignare
l’Italia”, che accusa essere “una vergogna per celebrare la memoria di chi fu il più sanguinario
assassino del colonialismo italiano”109. Comunque, anche se l’articolo fu pubblicato un mese dopo
l’inaugurazione, e ha avuto poco spazio nel fondo pagina di sinistra della prima pagina del giornale,
l’articolo è apparso anche nella sezione delle notizie regionali: l’Unità ha anche dedicato una pagina
per l’intervista al presidente dell’ANPI che ha rilanciato l’appello “per rilanciare la cultura antifascista”110.
La domanda che sembra essere più importante durante il dibattito è la seguente: è stato giusto
criticare così duramente il monumento a Graziani quando l’ANPI aveva la libertà e i fondi per
102
Interview with Antonio Morone (8th April 2013).
103
Interview with La Ferla
104
Interview with Walston.
105
Interview with Ganapini.
106
Interview with R. Pankhurst (22nd April 2013).
107
Interview with Morone.
108
Interview with Ganapini.
109
G. Stella, “Quel Mausoleo alla Crudeltà che fa indignare l’Italia”, Corriere della Sera, (30th September
2012), p. 25.
110
J. Bufarini, “Smuraglia: quel Sacrario per Graziani è una vergogna”, L’Unità, (8th September 2012), p. 12.
33
erigere molti monumenti dedicati alla resistenza partigiana? Molti ignorano la domanda, mentre
altri rispondono che “il movimento partigiano ha contribuito alla liberazione dell’Italia e non è
militarizzato”, in contrasto con l’opinione di La Ferla che “i partigiani erano dei banditi che hanno
solo devastato l’Italia”, simboleggiando la diffusa polarizzazione politica presente in Italia. Graziani
non meritava un memoriale ma anche se in minore portata, i partigiani sono stati responsabili di
torture ed uccisioni verso i loro concittadini, un fatto che è stato taciuto per troppo tempo. Quello
che rimane evidente è che sia la destra che la sinistra sono responsabili della manipolazione del
recente passato del proprio paese.
Nella mia opinione la citazione di Dogliani condensa le peculiarità dei rapporti degli italiani con la
loro storia quando afferma che “una revisione del processo di erezione di monumenti del recente
passato italiano identifica contraddizioni e manipolazioni” sperimentate dalla società attuale111.
111
Dogliani, Italian Fascism, p. 26.
34
5. UN POMERIGGIO CON IL SINDACO DI AFFILE, 11 APRILE
2013
Affile si trova a 60 chilometri di distanza da Roma e il viaggio per raggiungerlo mi ha portato via
quattro ore, compreso un viaggio in treno e due viaggi su bus periferici che mi hanno permesso di
raggiungere il paese collocato su di una collina. Durante il mio viaggio ho chiesto ad alcuni
passeggeri, originari della zona, se conoscessero il monumento, ma sorprendentemente hanno tutti
negato la conoscenza di Graziani o il memoriale a lui dedicato, chi realmente e chi per evitare
domande personali. Il sonnolento paese ha solo una piazza con pittoreschi vicoli medioevali che si
irradiano verso il centro storico. A un ora dal mio arrivo, il sindaco era stato avvisato della mia
presenza grazie al passaparola dei cittadini che mi vedevano come una straniera in quel piccolo
paese. Ercole Viri mi ha accolta in maniera calorosa e mi ha immediatamente offerto un caffè prima
di accompagnarmi, insieme al maresciallo dei Carabinieri, verso il monumento.
Il monumento è collocato in una zona poco appariscente, che non da nell’occhio, fuori dal centro
cittadino con una strada lunga. Il monumento è più piccolo di quanto mi aspettassi e non così
imponente, collocato alla destra di una piazza circondata da tavoli da picnic. L’inaugurazione
ufficiale del monumento ha avuto luogo l’11 agosto 2012, ma il complesso è rimasto incompleto. Il
sindaco ha pianificato di costruire una piscina per bambini, e ha immaginato un luogo all’aperto
destinato alla popolazione durante i mesi più caldi.
L’esterno del monumento è stato disegnato da architetti romani ed è stato eretto, probabilmente, in
stile imperiale, per cui sono stati utilizzati i tradizionali materiali locali, tra cui il travertino e il
calcare. L’interno del monumento ha una pianta di 50 piedi (circa 15.2 metri) con un soffitto a
cupola non terminato e con un pavimento in pietra che sembra non sia stato mai spazzato. I cimeli
di Graziani si trovano intorno al suo busto e includono anche alcuni articoli di giornali di destra
scritti nel periodo del dopo guerra che dipingono Graziani come “quel gran soldato”,
“l’appassionato omaggio del suo popolo”112. Tutte le medaglie d’onore di Graziani sono messe in
primo piano accanto a due fotografie raffiguranti il Generale e i suoi soldati affilani, alcuni dei quali
erano parenti del sindaco e del carabiniere che orgogliosamente li additano. L’ultimo oggetto è
un’insegna stradale recante il suo nome, ovviamente staccata dopo il processo e che qualcuno ha
pensato di poter utilizzare di nuovo in un immediato futuro.
112
“Al maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, l’appassionato omaggio del suo popolo”, Il Secolo d’Italia,
(15th Jenuary, 1955), p. 3.
35
Successivamente mi hanno mostrato il locale cimitero, dove è collocata la tomba della famiglia
Graziani, ma quello che ho trovato più interessante riguardo il cimitero è la chiesa del XII secolo
con affreschi originali; il sindaco mi ha anche confidato che la giunta regionale ha ignorato la
richiesta di fondi per provvedere alla sua ristrutturazione. Questo mi è sembrato curioso perché
hanno garantito dei fondi pubblici per la costruzione del monumento, ma non per il restauro di
un’autentica opera d’arte medievale, un tesoro culturale di cui l’Italia va fiera. Durante l’intervista il
sindaco è stato di grande aiuto e mi ha assicurato che avrei potuto chiedergli tutto quello di cui
avevo bisogno per la stesura della mia tesi, paragonandomi ai vari giornalisti internazionali che
negli anni passati sono stati ad Affile. Il sindaco mi ha rivelato che l’idea della costruzione del
mausoleo è stata decisa da alcuni cittadini locali, i quali comprarono il terreno dove attualmente
sorge e fecero la prima richiesta per la sua erezione nel 1957 113. I fondi per il monumento sono
arrivati dalla Giunta regionale della Regione Lazio che ha approvato il piano nel 2009, quando Viri
ha ottenuto la maggioranza da parte dei membri che la formavano, anche se appartenevano al
centro-sinistra; questa affermazione, però, mi lascia dubbiosa perche la governatrice Renata
Polverini è stata eletta nel 2008 e ha notoriamente simpatie di destra114.
Il sindaco Viri mi ha spiegato le ragioni dei cittadini che hanno favorito l’erezione del monumento,
affermando che “era un soldato normale, un volontario così bravo che combatteva nelle colonie già
a 36 anni, il nostro più grande cittadino”115. Lui apparentemente aveva “tanti valori morali” e il suo
più grande successo fu il suo ruolo di Maresciallo d’Etiopia116. Ha riconosciuto le critiche ovvie nei
riguardi della costruzione del monumento a Graziani e ha onestamente affermato che “lui è un
personaggio scomodo, un eroe e un criminale di guerra”, ma ha smentito che alcuni affilani abbiano
partecipato al processo117. Avendo mantenuto il ruolo di sindaco per 5 anni, quello che appare
evidente dal nostro incontro è che Viri è orgoglioso di Affile e che è felice di aver finalmente
ottenuto dei riconoscimenti, senza preoccuparsi delle connotazioni negative. Lui ha sottolineato il
fatto che se non fosse stato per il monumento avrei ignorato l’esistenza della città, e mi ha detto di
aver ricevuto interviste da molti giornalisti di testate importanti come la BBC. Mi ha rivelato il suo
desiderio di aprire un hotel e mi ha assicurato del fatto che Affile ha molte attrazioni da offrire
come passeggiate in campagna, facendomi pensare che il monumento sia un tentativo per attrarre
attenzioni internazionali ed entrate economiche favorite dal turismo.
113
Interview with Ercole Viri, (11th April 2013).
114
Cronaca di Roma, “Il Mausoleo di Graziani Lite con querela sui fondi”, Corriere della Sera (23rd October
2012), p. 2.
115
Interview with Viri.
116
Interview with Viri.
117
Interview with Viri.
36
Rispondendo alle mie domande riguardo l’erezione del monumento e la recente popolarità che sta
riavendo il neo-fascismo il sindaco ha affermato che “non c’entra il fascismo, non c’è connessione,
l’apologia del fascismo non esiste perché il fascismo non c’è più” malgrado i graffiti fascisti che ho
trovato su una porta ad Affile118. Questa dichiarazione sembra improbabile dato che un bar del
paese ha la biografia di Mussolini collocata visibilmente e più tardi ho scoperto che molti affilani si
sono uniti allo sforzo bellico solo perché Graziani era un leader di primo piano. Il carabiniere ha
concluso dicendomi “la gente crede che tutti gli affilani si mettano camice nere per strada, ma
questo è un grande ed errato pregiudizio” un idea che viene giustificato come generalizzazione
fuorviante, cosa che non può essere fatta. Viri sorprendentemente è d’accordo sul fatto che “che lo
condannassero è chiaro”, ma torna a difendere l’onore di Graziani affermando:
“purtroppo il soldato deve sempre uccidere e come lavoro Graziani è stato mandato in Etiopia e
Libia con l’esercito italiano non fascista. Si, ha ammazzato partigiani durante la guerra civile perché
tutti l’hanno fatto. Anche gli americani hanno usato il gas. Non ha discriminato in base al colore
della pelle, era il periodo internazionale di colonizzazione”.
Queste affermazioni non sono accurate dato che Graziani fu realmente un generale fascista quando
arrivò in Etiopia e nella sua autobiografia ha ammesso di credere alla superiorità della razza
europea, comunque è anche vero il fatto che i partigiani hanno ucciso molti fascisti, perciò questo è
un altro esempio del fatto che Graziani è stato ricordato soltanto per il suo ruolo nella Repubblica di
Salò ma non è stato assolto dai crimini che ha commesso durante il colonialismo in Africa. Ho
lasciato Affile portandomi un calendario dedicato al Maresciallo d’Italia, il quale gli abitanti
sperano un giorno di poter vendere ai turisti che raggiungeranno il paese, con un introduzione che lo
raffigura come “la figura tra le più amate e criticate”, un dato che è certamente vero 119. Il calendario
contiene delle immagini di Graziani nel sui ufficio o sul suo cavallo, fotografie della sua casa che il
sindaco pensa, eventualmente un giorno, di aprire come museo, nello stesso modo della casa-museo
di Mussolini a Predappio.
118
119
Interview with Viri.
Calendario: Maresciallo d’Italia: Rodolfo Graziani, (2013).
37
Documentazione fotografica della mia visita ad Affile
Monumento a Parco Radimonte, Affile
Piazza del Parco Radimonte
38
Articolo del giornale Il Secolo d’Italia, 1955.
Immagine di combattenti affilani per la II Guerra Mondiale.
Segnale stradale di Affile, rimosso nel
1948.
Graffiti neo-fascisti, Affile 2013.
39
6.CONCLUSIONI
Fin dagli inizi del 2013, sono state condotte, online, differenti petizioni per rimuovere il
monumento, mentre dal 1952 la legislazione ha reso colpevole “ogni tipo di apologia”, che può
portare all’arresto per più di 4 anni120. Non solo questo sembra altamente ipocrita vedendo anche i
legami espliciti di Berlusconi con dei fascisti durante il suo governo, ma è anche strano che molte di
queste petizioni siano state portate avanti da cittadini non italiani, per esempio gli studenti somali di
Roma121. Prontamente Pankhurst ha pronunciato un breve discorso dopo l’inaugurazione del
monumento “l’onore di Graziani, che plausibilmente è stato portato avanti da persone che
conoscevano poco il suo ruolo effettivo, ma il Vaticano, il cui rappresentante ha partecipato alla
cerimonia, avrebbe dovuto saperlo”. Questo sembra un giudizio equo ed è stata l’unica
dichiarazione che ha dato la colpa ai membri influenti della società italiana; anche se sbagliano, la
popolazione del posto sapeva poco di lui122. La reazione pubblica è stata molto rapida in confronto
alla reazione dell’Italia, intesa come governo.
Questo mostra il fatto che la Giunta della Regione Lazio ha garantito i fondi per questo memoriale e
quindi dovrebbe esserne ritenuta responsabile. Non si può negare che a Affile c’è una predominanza
politica di destra, ma le loro tendenze politiche sono altrettanto valide come i pareri dei membri
dell’ANPI, dato che si vive in un paese apparentemente “democratico” la libertà di parola è
concessa a tutti, ed è un diritto civile. Solo dopo due settimane dalla mia visita ad Affile, con
sorpresa ho scoperto che il sindaco Viri è attualmente indagato per appropriazione indebita di fondi
regionali123.
Nonostante le affermazioni della Giunta che non sapeva che i fondi sono stati utilizzati per questo
monumento quando sono stati concessi, questo dovrebbe essere visto come l’ennesima falla della
Giunta e non del sindaco, che credo sia stato usato come capro espiatorio. Ogni anno fondi regionali
sono stanziati per la conservazione del patrimonio culturale, se la loro versione dei fatti è corretta e
il piano inviato dalla città non è ingannevole, la Giunta dovrebbe comunque essere ritenuta
120
No. 645, “Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione, Legge Scelba
1952,
http://www.fvgsolidale.regione.fvg.it/infocms/repositPubbl/table12/6/allegati/3-1952-L645.pdf <accessed
25/04/2013.
121
I. Scego, “A Somali Writer’s Campaign against a Fascist Monument”,
http://amitavghosh.com/blog/?p=5823 (15th April 2013).
122
Pankhurst, Speech by Professor Richard Pankhurst on Rodolfo Graziani outside the Italian Embassay in
London, Don Levine Online (31 Agust 2013).
123
“Affile, indagato sindaco per apologia al fascismo”, La Repubblica (24 Aprile 2013).
40
responsabile per l’incuria e per il fatto di aver trascurato di indagare sul progetto prima che fosse
avviato. Inoltre gli articoli di giornale hanno trascurato di informare la popolazione pubblica che il
monumento è dedicato a tutti gli affilani che hanno combattuto nella Seconda Guerra Mondiale, non
propriamente a Graziani. Sono stati ricordati quindi i cittadini di Affile e il nome di Graziani non è
neanche presente all’esterno del monumento. Pertanto l’aspetto offensivo di questo monumento è
evidentemente Graziani, e sembrerebbe ipocrita da parte della Giunta demolire il monumento dopo
aver concesso 180.000 euro per erigerlo. L’unica soluzione possibile è quella di rimuovere
l’armamentario dedicato a Graziani all’interno del monumento, così almeno la memoria dei soldati
locali può rimanere intatta.
Essendo mezza italiana ho trascorso abbastanza tempo con i membri della famiglia a capire che
la maggioranza della popolazione è delusa dalla mancanza di tentativi dello stato per soddisfare le
loro richieste moderate che si sono manifestate per mezzo secolo. È quindi sorprendente che vi sia
una totale mancanza di rispetto per le autorità locali e una diffusa evasione fiscale. Al fine di sedare
l’aumento della popolarità del neo-fascismo nel prossimo futuro, il governo deve agire e non
reindirizzare la colpa più in basso nella scala delle autorità, come consigli locali, che come Affile
sono senza poteri per contrastare le autorità regionali e nazionali.
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